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L’ECONOMIA, SENZA UNA SANA GESTIONE, NON DECOLLA. MA QUALCHE VIRTUOSO C’È, COME IL BOTSWANA

NON SOLO UNA TERRA DI MINIERE DI •

N •

ROBERTO CAJATI

egli ultimi quattro o cinque anni la percezione dell’Africa da parte della business community internazionale e di una vasta schiera di osservatori sembra essere cambiata rispetto al pessimismo senza appello che ha dominato incontrastato fin dall’avvio dell’indipendenza. L’immagine del continente era costituita sostanzialmente da carestie,

governi corrotti, guerre civili elevatissima mortalità infantile ed epidemie. Oggi molti di questi mali continuano ad affliggere l’Africa; tuttavia vari indicatori mostrano alcuni parziali miglioramenti e, soprattutto, crescono i buoni esempi di paesi che, oltre a crescere a ritmi elevati, hanno saputo intervenire con decisione anche in ambito sociale e politico. Il numero dei conflitti interetnici è diminuito e la comunità degli Stati africani, rappresentata dall’Unione Africana, si sta dando una struttura in grado di intervenire per prevenire i conflitti e consentire un ritorno alla stabilità, laddove le guerre interetniche hanno lasciato una scia di lutti e devastazioni. La positiva percezione degli ultimi anni non è dunque il semplice risultato dell’osservazione degli indicatori di sviluppo economico. Questi, com’è noto, hanno mostrato a livello aggregato continentale segnali positivi. Nel periodo 2000-2008 il Pil africano (tenendo conto della parità di potere d’acquisto) è cresciuto annualmente del 4,9% contro una media mondiale del 3,8%, ed è cresciuto il doppio rispetto a quello degli anni ’80 e ’90. Gli investimenti diretti esteri (Ide) verso l’Africa hanno visto un incremento notevole negli ultimi 10 anni e si sono attestati nel 2008, prima della crisi finanziaria, 16

intorno agli 87 mld. di dollari, poco al di sotto di quelli verso la Cina ed il doppio di quelli diretti verso l’India. Anche gli indicatori sociali hanno segnato indiscutibili progressi, anche se non omogenei tra paese e paese. Secondo la Banca Mondiale i tassi di povertà sono comunque diminuiti mediamente in maniera significativa: la proporzione degli africani che vivono al di sotto di 1,25 $ al giorno si è ridotta dal 59% del 1996 al 50% del 2009. I pessimisti evidenziano che gran parte di queste performance sono il frutto del boom dei prezzi delle materie prime di cui l’Africa è ricchissima. Tuttavia i più attenti analisti, come la società di consulenza McKinsey, calcolano che la crescita africana sia dovuta soltanto per un terzo alle risorse naturali. Tali giudizi sono confermati dalla dottrina economica, che ha sempre evidenziato che i paesi produttori di materie prime e petrolio, a fronte di altissimi tassi di crescita del Pil nei periodi di boom dei prezzi delle commodities, hanno mediamente tassi di sviluppo inferiori nel medio lungo periodo, rispetto a paesi non altrettanto dotati di risorse naturali, ma che attuano buone politiche economiche. Le economie basate sulle industrie estrattive scontano infatti due fat-


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