Busto Domani 4/2021: Ottobre

Page 1

Bimestrale indipendente d’informazione

Busto Domani - ANNO XL – N° 4 OTTOBRE 2021 - Copia Omaggio





Editoriale Sergio SergioColombo Colombo- -Direttore Direttore“Busto Busto Domani Domani”

Gli esempi del passato

I

l Report “Quale visione per la scuola del futuro”, con l'adesione di Docenti dell'Università Unitelma Sapienza di Roma e inserito in “Busto Domani”, rappresenta il contributo dell'Associazione Enrico dell'Acqua per esplorare il complesso mondo della scuola. Inoltre, la creazione del Polo didattico al Collegio Rotondi di Gorla Minore, evidenzia un'operazione non solo culturale nonostante l’esplosione pandemica abbia condizionato il programma di un’area ricca di prospettive. Due “interventi” in grado di suscitare un vasto interesse tra la popolazione non più ancorata alle tradizionali occupazioni. La metamorfosi dell’industria bustocca proiettata verso un terziario avanzato, sollecita quindi un rinnovamento dai concreti sviluppi. La Busto del futuro si candida a recitare un ruolo di primo piano con innovative professionalità, banco di prova per le giovani generazioni. Infatti, nonostante il calo del commercio sostituito dalla grande distribuzione e l'incremento dagli acquisti on-line che ha mutato le caratteristiche della gente che vedeva nel negozio anche riferimenti di socialità, la città ha retto alle non marginali trasformazioni. Le maggiori difficoltà si notano nell’associazionismo nonostante la dedizione del volontariato che deve fare i

Mostra Tessile e Malpensa: due eccezionali realizzazioni dell’imprenditoria bustocca.

della Dirigenza incide poi negativamente venendo a mancare quella socialità un tempo prioritaria. Senza ricorrere a nostalgici aneddoti, la costruzione del palazzo esposizioni di Viale Borri è stato l’eccezionale compendio dell’intervento pubblico (Comune) e privato (banca locale) che hanno avviato il grande sviluppo dell’Alto Milanese. Come non ricordare la “Mostra del Tessile”? Inaugurata dal presidente della Repubblica Einaudi, si è inserita tra le maggiori rassegne internazionali richiamando a Busto Arsizio operatori da diversi continenti. Una testimonianza eccezionale per un centro, allora attorno ai 70 mila abitanti, che ha generato la creazione di una miriade di PMI complementari al settore tessile, e prodotto occupazione e

conti con il groviglio delle recenti disposizioni legislative: un problema in più per chi dedica tempo e passione all’attività solidaristica dove spesso la solitudine accompagna l’impegno. Tuttavia Busto può (ancora) considerarsi un’oasi felice perché non mancano i benefattori che (con discrezionalità) operano, come l’anonimo che - da anni - elargisce assegni a benemerite associazioni consentendo loro una continuità assistenziale altamente meritoria. Generalizzando, forse è in declino lo stimolo degli istituti di credito che nel recente passato partecipavano ad iniziative socialmente utili mentre oggi, spersonalizzando il rapporto con il cliente, il contatto si è burocratizzato. Il frequente cambiamento -5-

benessere. Un sogno trasformato in realtà e alimentato dal quella imprenditoria privata che non ha esitato a sostenere economicamente l'istituzione che ha onorato l'ingegno della nostra gente e la tradizionale passione bustocca. Tempi memorabili, anche se (un po’ frettolosamente) passati nell’oblio. L’augurio è che il sindaco di Castellanza Cerini, territorialmente competente, ricordi adeguatamente questo evento nella fase di edificazione dell’area per tramandare una nobile storia che ha trasformato il territorio conosciuto e apprezzato come la “Manchester d’Italia”. Senza dimenticare l’aeroporto di Malpensa, un’altra straordinaria intuizione dell’imprenditoria bustocca che ha consentito di unire continenti lontani come ha ricordato il Presidente degli Stati Uniti J.F. Kennedy sbarcando il 30 Giugno 1963 all’Aeroporto della brughiera. In attesa del rilancio imposto dall’emergenza sanitaria ma anche ignorato dalla politica che ha privilegiato l’Aeroporto di Roma Fiumicino. E interpretando il pionierismo di Enrico Dell’Acqua che ha aperto al mondo le vie di comunicazione al commercio internazionale, la città ha acquisito una straordinaria credibilità e prestigio: indelebili esempi non solo per il futuro.


Economia Antonio Laurenzano - Tributarista

C

Riforma fiscale, l’autunno caldo del Governo

orsa ad ostacoli per il Fisco del futuro. Diversamente dalla road map iniziale che ne prevedeva l’approvazione in Consiglio dei Ministri entro luglio per restare nei tempi del Recovery Plan, il disegno di legge delega per la riforma fiscale è slittato in autunno. A rallentare la corsa ha contribuito l’intricata matassa delle differenti posizioni nella maggioranza oltre alle difficoltà nella individuazione delle risorse richieste per alcuni interventi in cantiere. La riforma fiscale, con quella della pubblica amministrazione, della giustizia e della concorrenza, è destinata ad accompagnare l’attuazione del PNRR, concorrendo a realizzare gli obiettivi di equità sociale e miglioramento della competitività del sistema produttivo. Una risposta alle debolezze strutturali del Paese. In particolare, con la riforma del fisco il Governo vuole semplificare la complessità delle norme che si sono sovrapposte negli anni in maniera frammentaria generando un ordinamento tributario complesso che ha causato un freno per gli investimenti, anche dall’estero, oltre a un deleterio contenzioso tributario con i contribuenti. Si punta ora a ridefinire un sistema fiscale certo ed equo con “un’opera di raccolta della legislazione fiscale in un testo unico”, per garantire la certezza del diritto. Dopo la Riforma Visentini

Le prospettive della riforma fiscale sono analizzate da Antonio Laurenzano, esperto tributarista e apprezzato opinionista di “Busto Domani”.

prevede di recuperare dall’evasione circa 13 miliardi per l’anno 2024.

degli Anni 70, è tempo di una riforma organica e strutturale del sistema fiscale, una nuova cornice normativa al centro della quale si pone la revisione dell’Irpef con il duplice obiettivo di snellire la procedura del prelievo e ridurre gradualmente il carico fiscale, preservando la progressività della tassazione e l’equilibrio dei conti pubblici. Una revisione che, non potendo operare interventi in deficit, dovrà fare i conti con la lotta all’evasione. La riduzione del tax gap rappresenta una priorità del Governo nella consapevolezza che l’ampiezza della riforma, e quindi il suo esito finale, dipenderà dalla compatibilità finanziaria (taglio della spesa pubblica con una efficace spending review) e dalla disponibilità di nuove risorse. Grazie alle misure di accertamento e agli incroci di informazioni delle banche dati, si

Nel disegno di riforma dell’Irpef entra la razionalizzazione delle “tax expenditure” (detrazioni, deduzioni e crediti d’imposta, aliquote ridotte) per ridurre la numerosità delle spese fiscali, semplificare il sistema e reperire entrate tributarie aggiuntive. Significativo il dato che emerge dalla giungla degli “sconti fiscali”: quelli legati alle deduzioni (abitazione principale e oneri deducibili) valgono circa 35,5 miliardi di euro, quelli legati alle detrazioni ammontano a 70 miliardi di euro (in crescita le spese per recupero edilizio e mobili). Un totale di 105,5 miliardi di euro. Un fisco più semplice dovrebbe fare piazza pulita di questi bonus che contribuiscono però a contenere il carico fiscale. Ma mettere ordine -6-

nelle tax expenditure senza ridurre le aliquote significa aumentare la pressione fiscale. Una strada inaccettabile nel post-pandemia. La riduzione della pressione fiscale dovrà essere il punto d’arrivo della riforma con un quadro normativo da armonizzare a livello comunitario con Bruxelles in vista di un’auspicabile Unione fiscale europea, per evitare la concorrenza sleale fra gli Stati membri, un dumping fiscale che fa perdere all’Italia 8 miliardi di dollari all’anno. Paesi come l’Irlanda, l’Olanda e il Lussemburgo sono veri e propri paradisi fiscali nell’area Euro, che attuano pratiche fiscali aggressive a danno delle economie degli altri Stati membri e che grazie a queste distorsioni, nel facilitare le delocalizzazioni delle imprese, registrano elevatissimi tassi di crescita.

RILANCIARE L’ECONOMIA

Numerose le proposte per il Fisco che verrà. Le misure per i soggetti Irpef riguardano la riduzione del numero delle aliquote dalle attuali cinque a tre, una “no tax area” per i


Economia

redditi fino 12mila euro, la tassazione del 20% per quelli sino a 30mila, del 30% fino a 70mila e del 42% per i redditi superiori. Oggi l’Irpef è quasi esclusivamente un’imposta sui redditi da lavoro dipendente e assimilati che costituiscono l’84% dell’imponibile, generando oltre l’80% dell’intero gettito tributario. Tutti d’accordo per una profonda revisione del meccanismo delle aliquote che gravano in particolare sui redditi del ceto medio dipendente. Una necessità per ridare potere d’acquisto e competitività alla classe media italiana che negli ultimi anni è stata quella più colpita dalla pressione fiscale. Meno tasse anche per le imprese: riduzione dell’aliquota Ires dal 24 al 20%, eliminazione dell’Irap, riduzione del prelievo sui dividendi, oggi tassati al 26%, per attirare risparmi a lungo termine e favorire la ricapitalizzazione delle imprese e quindi crescita economica. Ma il vero nodo da sciogliere all’interno della composita maggioranza di Governo è rappresentato dal Catasto con la revisione delle categorie e l’aggiornamento delle rendite, rapportate non più al numero dei vani ma ai metri quadrati delle singole unità immobiliari, per avvicinare in modo progressivo il valore fiscale a quello di mercato. Le rendite catastali dovrebbero aumentare del 30-40%. Inoltre, attraverso la mappa-

tura del territorio, si mira a fare emergere le “case fantasma”, gli edifici cioè non registrati sulle mappe catastali, costruiti in odore di abusivismo edilizio. Un’operazione, nel suo complesso, fortemente divisiva a livello politico per i risvolti legati alla tassazione ai fini Irpef e IMU. Potrebbe cioè toccare al solito mattone farsi carico di un maggiore prelievo tributario. La partita comunque resta aperta. Sarà un autunno decisivo per il futuro del Paese. Rilanciare l’economia, ridurre le differenze con l’Unione europea, rendere competitivo il nostro sistema produttivo. Lo ha ribadito in una recente intervista al Sole24Ore Antonio Patuelli, presidente dell’ABI: “L’’Italia in autunno dovrà intraprendere la riforma fiscale che si è impegnata a realizzare. L’Ue attende misure di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, l’alleggerimento delle imposte sul lavoro e la neutralità dei saldi delle riforme fiscali sul bilancio dello Stato. Occorre favorire un clima di fiducia, incoraggiare gli investimenti di risorse nazionali e internazionali per una crescita dello sviluppo solida e prolungata.” Al Governo Draghi il difficile compito di conciliare progetti e realtà per un Fisco in sintonia con i principi di solidarietà, equità e capacità contributiva sanciti dalla Costituzione. -7-


Sanità Adelio Colombo - Medico di base

Vaccini e libertà

V

accinazione anti-covid: non c’è argomento più attuale, discusso e controverso. Una recente analisi pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” a fine luglio, mostra che dal novembre 2020 ai giorni nostri l’attenzione al tema dei vaccini anti-Covid-19 ha raggiunto picchi di attenzione e discussione senza precedenti. Dalla stessa indagine emerge anche un elevato tasso di quelle che vengono attualmente definite “fake news”, soprattutto per quel che riguarda la pericolosità degli effetti avversi dei vaccini stessi. C’è tanta discordia anche tra gli addetti ai lavori … e non è sempre agevole discriminare il falso dal non falso (non parlo di vero e non vero perché “verità” è parola troppo impegnativa). Vaccinarsi o non vaccinarsi? Questo è il dilemma! Il dubbio è governato dalla paura (nulla di male, dubbio e paura sono una grande risorsa per l’umanità). Si sottopone al vaccino chi, pur con il timore degli effetti avversi, ha paura della malattia e sa che, se contratta in forma grave, può anche far morire. In questi casi prevale la fiducia nella scienza, che rassicura sull’efficacia e sulla tollerabilità del vaccino, ma anche l’attenzione alla collettività, la convinzione che vaccinarsi sia l’unica via d’uscita da questa pandemia. Questa è l’opinione prevalente, visto che ad oggi in Italia il 74%

La drammatica esperienza vissuta dal medico Adelio Colombo non lascia dubbi sull’efficacia delle vaccinazioni, ampiamente documentata nell’articolo.

be unire nel nome del bene comune, ma a volte assistiamo a brutti episodi di conflittualità e dissidio, animati spesso da spirito di protagonismo o, peggio, da motivi economici... I soliti scenari di debolezza umana nei confronti dei quali ingenuamente pensiamo debbano essere immuni gli uomini di scienza, i saggi, quelli che ci governano e hanno il dovere di tutelare la nostra salute, così come recita l’articolo 32 della costituzione. Da qui lo sconcerto, la sfiducia e la presa di distanza dei cittadini dalla cosiddetta società scientifica: se gli uomini di scienza non sono d’accordo tra loro, di chi dobbiamo fidarci? Quale criterio scegliere? È necessario informarsi, vagliare, non accettare nulla supinamente. Un punto di riferimento ci deve pur essere: occorre separare i fatti

di soggetti sopra i 12 anni è stato vaccinato (con ciclo completo). Chi non si sottopone al vaccino lo fa o per paura degli effetti avversi, che di fatto ci sono e in casi rarissimi sono stati anche letali, o per scetticismo e sfiducia nei confronti della scienza, o perché convinto che questi vaccini siano “frettolosi”, dettati cioè da una situazione emergenziale, non sufficientemente collaudati, quindi pericolosi. Che io mi ricordi (ed è da mezzo secolo che faccio il medico), non c’è mai stata tanta controversia su una campagna vaccinale. Chi è in grado di vagliare e giudicare l’onestà intellettuale di chi ci dice come comportarci? Chi ci dà notizie affidabili? Chi e perché ci racconta balle? La ricerca scientifica dovreb-

dalle opinioni. Il pregiudizio è il peggior nemico della conoscenza e per giunta spesso si accompagna all’arroganza. Solo grazie alla ricerca, all’osservazione, allo studio oggettivo e indipendente da interessi di parte sono migliorate le nostre conoscenze, in ogni campo, e in questo caso su virus, batteri e agenti patogeni anche letali, sul loro modo di diffondersi e di contagiare gli esseri umani e infine su come combatterli.

L’INTUIZIONE DI JENNER

Sono passati oltre due secoli da quando il medico inglese Edward Jenner, considerato il padre dei vaccini, ebbe l’intuizione geniale che portò a debellare definitivamente il virus del vaiolo: egli osservò che i contadini contagiati da vaiolo bovino, una volta superata la malattia, non si ammalavano di vaiolo umano, molto più grave. Decise di iniettare nel braccio di un ragazzo del materiale purulento prelevato dalla pustola di una donna che aveva contratto il vaiolo bovino da una vacca (da qui il termine “vaccino”). (continua a pagina 10)

-8-


Sanità Sergio Colombo - Direttore “Busto Domani”

L’eccellenza del reparto di Ortopedia

S

ono trascorsi 60 anni da quando è stato istituito il reparto di Ortopedia del nostro Ospedale, dopo la separazione dalla Chirurgia Generale. Il Professor Renato Bombelli, che ne fu il primo primario, introdusse tecniche innovative della Chirurgia dell’anca. Chirurghi ortopedici da tutto il mondo venivano a Busto per assistere agli interventi del professore e ad imparare le nuove tecniche all’avanguardia. Marco Merlo, attuale Primario dal 2010, ricorda il suo “maestro” con ammirazione e gratitudine. “Nel 1989 ero negli Stati Uniti -ricorda Merlo- e il Professor Bombelli era l’unico ortopedico italiano, col professor Campanacci di Bologna, conosciuto. Bombelli si era già autorevolmente affermato nel mondo sanitario, e pazienti da tutta Italia e dall’estero venivano a Busto per farsi operare, elevando in questo modo, il nostro Ospedale a presidio internazionale. Oggi la tradizione continua. Le nuove tecniche mininvasive consentono al paziente, dopo l’intervento di protesi d’anca, di camminare in tempi rapidissimi, di guidare l’auto dopo 20 giorni dall’intervento. La lunga convalescenza appartiene all’album dei ricordi e per il paziente rappresenta una grande iniezione di fiducia”. L’Ospedale cittadino è “cresciuto” negli anni: oltre alla

L’alta professionalità del reparto di Ortopedia bustocco, Primario il dott. Marco Merlo, continua la tradizione dell’eccellenza dell’Ospedale di Busto Arsizio.

ci penalizzerà enormemente. Purtroppo il nostro grido d’allarme non è raccolto dalle istituzioni regionali e dalle forze politiche che gestiscono la Sanità lombarda. Spiace vedere il nostro Ospedale, nato più di cento anni fa’, perdere il suo prestigio in così poco tempo. I cittadini di Busto Arsizio e dintorni sarebbero i primi penalizzati in questo depauperamento, con tutte le difficoltà di trovare strutture e medici in grado di garantire una copertura alla loro richiesta di salute. E qui il Primario (quasi) si commuove considerando le potenzialità disponibili in una fase dove la sanità pubblica è chiamata a recitare un ruolo di primo piano non solo per le emergenze comunitarie.

chirurgia dell’anca, il reparto di Ortopedia, esegue interventi di Chirurgia del Ginocchio, della Mano, del Piede, della Spalla, di Ortopedia Pediatrica, trattamenti con cellule staminali e interventi di Traumatologia. Un’eccellenza che onora la città. Nel 2019 -ricorda il Primario- sono stati eseguiti 2600 interventi ortopedici. Dal 2020, a causa del Covid, il numero di interventi si è drasticamente, meno della metà rispetto al 2019. Le liste d’attesa per gli interventi sono ormai diventate impossibili da gestire. Oltretutto, il dopo Covid, presenta orizzonti oscuri per la carenza di personale. Soprattutto la riduzione di Anestesisti che lasciano l’Ospedale attratti da strutture private o da condizioni di lavoro meno pesanti, -9-

“L’Ospedale di Busto Arsizio ha una storia prestigiosa, apprezzata nel mondo sanitario, ma oggi fatichiamo (anche) a gestire l’ammalato, Il reparto di Ortopedia, composto da 8 miei collaboratori validissimi, ha le carte in regola per un rilancio in grado di riaffermare una tradizione che ha fatto scuola”. Autore di 137 pubblicazioni su riviste internazionali, membro effettivo di associazioni ortopediche italiane e internazionali, il dottor Merlo - con la sua collaudata equipe medica- è in grado di rilanciare l’attività ortopedica per riportarla all’era preCovid. Con la possibilità di riprendere le visite di colleghi italiani ed esteri, che vengono a continuare assistere agli interventi chirurgici per imparare le tecniche miniinvasive dell’anca. Inoltre il reparto di Ortopedia è frequentato dagli Specializzandi della Scuola di Specialità di Ortopedia dell’Insubria, diretta dal Professor Surace, che svolgono il loro periodo di apprendimento, con soddisfazione. E il Primario Merlo, bustocco DOC, nonostante il notevole carico di lavoro quotidiano, sarebbe entusiasta di una condivisione istituzionale, onde riaffermare il valore della chirurgia innovativa propedeutica al passo con i tempi con l’ospedale di Busto Arsizio protagonista!


Sanità

Il ragazzo non si ammalò mai di vaiolo umano, anche se posto a stretto contatto con il virus responsabile della malattia, che allora mieteva migliaia di vittime. Era diventato, diremmo oggi, immune al virus del vaiolo. Da allora medici e ricercatori, sulle basi di questo principio, idearono e svilupparono vaccini contro malattie devastanti che ora sono sotto controllo e in alcuni casi praticamente debellate, grazie anche all’obbligo vaccinale: basti pensare al tetano, alla difterite, alla poliomielite, al morbillo … quest’ultimo, prima della diffusione su vasta scala del vaccino, si calcola abbia fatto una media di due milioni e mezzo di vittime all’anno nel mondo. Senza dubbio i vaccini sono tra le scoperte più grandi e rivoluzionarie della medicina moderna. Il vaccino per definizione è un trattamento preventivo. Come ricorda l’ISS (Istituto Superiore di Sanità) è un farmaco che induce il sistema immunitario a produrre anticorpi capaci di combattere i microrganismi responsabili di una malattia. A livello globale si stima che le vaccinazioni nel loro complesso prevengano ogni anno fino a 3 milioni di decessi e in questa stima possiamo includere ora anche l’effetto anti-covid. I vaccini, e così anche quelli contro Covid-19, non sono tutti uguali, ma utiliz-

zano tecnologie e approcci differenti per produrre nell’organismo una risposta immunitaria che impedisca lo sviluppo della malattia. Contro il virus Sars-Cov-2, responsabile della pandemia Covid-19, ve ne sono di due tipi: vaccini a vettore virale (AstraZeneca e Jonson&Jonson) e vaccini a RNA messaggero (Pfizer e Moderna). Sono i quattro vaccini in uso in Italia, autorizzati dall’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) e dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Si somministrano per via intramuscolare nella spalla. L’efficacia è sovrapponibile nei quattro vaccini e, allo stato attuale, per la vaccinazione con ciclo completo, è stimata intorno al 78% nel prevenire l’infezione, 94% nel prevenire l’ospedalizzazione, 96% nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva, 96,6% nel prevenire il decesso. COVID 19 è l’acronimo di Corona Virus Disease (Malattia da Coronavirus), 19 (2019) è l’anno di identificazione del virus. Parlo di identificazione e non di isolamento, perché c’è chi, come Stefano Scoglio, sostiene che il virus Sars-Cov-2, responsabile della malattia, non sia mai stato isolato. Come avranno fatto a fotografarlo al microscopio elettronico e a preparare un vaccino mirato? Siamo seri quando si parla di salute! Qui si sta giocando sulle parole...

In realtà di Sars-Cov-2 e della sua struttura conosciamo molto più di altri virus contro i quali ci vacciniamo da molti anni senza problemi. Il premio Nobel Luc Montagnier è convinto che questi vaccini non siano sicuri. Egli sostiene che non ci si dica come stanno attualmente le cose, che ci vogliano nascondere gli effetti secondari. Sostiene che esistono terapie efficaci a poco costo, quindi esistono i mezzi per lottare contro la pandemia. Aggiunge che il motivo per il quale si preferisce continuare solo con le vaccinazioni non è scientifico ma politico, e se attualmente un vaccino non è sicuro, bisogna usare altri mezzi invece della vaccinazione...

IL RESPONSO DELLA SCIENZA Ma stiamo scherzando? Ci rendiamo conto che siamo di fronte a una malattia altamente contagiosa, potenzialmente letale, che si può arrestare solo con un effica-

- 10 -

ce trattamento preventivo, quindi con i vaccini? L’Agenzia europea per i medicinali (EMA), della quale mi fido più che di Montagnier, ha già approvato come efficaci e sicuri i quattro vaccini che ben conosciamo, con una “autorizzazione condizionata” sì, ma che per questioni burocratiche potrebbe diventare “standard” addirittura nel 2023. I vaccini funzionano e il rapporto rischio/beneficio è del tutto favorevole. Che fare? Aspettare quella data? Quanti milioni di morti per Covid dovremo ancora contare? Con le cure mediche curiamo il singolo malato, ma non possiamo sperare di curare l’intera umanità. È ampiamente dimostrato che i farmaci antivirali non sono utili contro Sars-Cov-2, e men che meno, ovviamente, gli antibiotici. Il siero iperimmune, ricavato da soggetti immunizzati dal contatto con il virus, contiene anticorpi, proteine particolari che decadono rapidamente, a differenza del vaccino, il quale stimola il sistema immu-



Pianeta Scuola Sergio Colombo*

U

n deferente ringraziamento al Magnifico Rettore dell’Università Unitelma Sapienza prof. Biagini e ai Docenti e collaboratori dell’Ateneo per aver condiviso la realizzazione del Report finalizzato ad approfondire le prospettive del pianeta scuola. La straordinaria attualità del tema, in una fase emergenziale che ha purtroppo condizionato l’apprendimento, sollecita adeguate riflessioni perché coinvolge il futuro delle giovani generazioni. Se nulla sarà come prima, il ruolo degli educatori è necessariamente proiettato verso prospettive innovative per ottimizzare aspetti formativi determinanti per lo sviluppo psico-fisico dell’allievo. Anche se la dispersione scolastica nella nostra area ad alta densità industriale è (fortunatamente) contenuta rispetto alla media nazionale, occorrerà riservare particolare attenzione a quell’alternanza scuola-lavoro già positivamente avviata prima dell’esplosione pandemica e che rappresenta il valore aggiunto di un orientamento formativo ad apprendimento più efficace. Anche per queste motivazioni l’Associazione Dell’Acqua ha avviato nel 2016 il Progetto di Educazione Sanitaria che ha già coinvolto circa 30.00 studenti ed Istituti Comprensivi di Busto, Gallarate, Castellanza e Valle Olona ponendo al centro la salute come bene primario da difendere dalle incursioni che deteriorano rapporti per una crescita equilibrata. La consultazione in alcuni Istituti comprensoriali ha confermato come la formazione rappresenti un valore aggiunto per armonizzare il processo di rinnovamento previsto dalla riforma scolastica. Così, nel 2019 è stato varato il corso “formare per informare” riservato ai docenti che ha registrato, anche negli anni successivi, il sold-out. Di livello le tematiche approfondite: “Alcool, droghe, cervello e giovani”. Un argomento di straordinaria attualità perché l’uso di qualsiasi droga danneggia i sistemi di neuro-trasmissione dei neuroni anche in modo irreparabile. E risulta ancor più dannoso se l’uso di droghe ed alcool avviene in giovane età, quando il cervello è ancora in fase di maturazione. A seguire il tema “Per una sessualità consapevole”: le conoscenze possono guidare i giovani a sviluppare le capacità di cui hanno bisogno per prendere decisioni sulla

loro salute, conoscere cosa è sano e cosa non lo è nei rapporti relazionali e favorire un migliore approccio ad una sessualità emergente e consapevole. Non poteva mancare l’analisi sul bullismo, un fenomeno sorprendente in quanto la sofferenza psicologica e l’esclusione sociale sono sperimentate sovente da bambini che, senza sceglierlo, si ritrovano a vestire i panni della vittima subendo umiliazioni da coloro che invece ricoprono il ruolo di bullo. Particolare attenzione è stata riservata alle moderne tecnologie. Dobbiamo pensare al web come un mondo virtuale simile a quello reale. Non basta essere educatori digitali, occorre creare rete affinché ai ragazzi arrivino messaggi chiari e soprattutto coerenti anche per arginare pericolose invasioni di campo. Recenti episodi hanno infatti evidenziato un disagio che sollecita mirati interventi in una fase di generale depressione che coinvolge soprattutto i giovani costretti dalla DAD a riscoprire motivazioni di vera socialità relazionale: il distanziamento fisico e l’isolamento in ambiente domestico con tutti i problemi di convivenza, potrebbe provocare un impatto negativo sulla salute dei minori. Quasi una sfida per un radicale miglioramento formativo che poi si riflette sull’impatto sociale e culturale del Paese in quanto recuperare valori e ideali rappresenta una priorità che investe educatori e genitori: un cambiamento, conseguenza del Covid-19, in grado però di generare migliori prospettive se il pianeta scuola si avvarrà di una metodologia in linea con le esigenze di una società civile.

* Direttore Responsabile di Busto Domani e Presidente Associazione E. Dell’Acqua

- 12 -


La mission dell’ateneo

L

’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha avuto ripercussioni molto serie sulla gestione dell’attività didattica nelle scuole e nelle università, che hanno dovuto portare a compimento la formazione attraverso la cosiddetta didattica a distanza (DaD). L’analisi dell’impatto immateriale del Covid è un tema molto impegnativo per ricercatori e studiosi, specie nelle sue interrelazioni con i campi della socializzazione formale e scolastica, della comunicazione tradizionale e digitale e, in una parola, con il modello di sviluppo culturale italiano. Nella prospettiva che il PNRR possa porre le basi per un ridisegno e una ripresa di quello che è il motore del mutamento, da noi individuato nella scuola e nell’università, riflettiamo sul rapporto tra domanda di cambiamento dei comportamenti sociali e risposte politico-istituzionali1. La variabile più incisiva è però connessa a quelli che possiamo definire mutamenti culturali legati alla pandemia; intanto, dobbiamo segnalare una prima novità importante che consiste nella presa d’atto che il clima d’opinione favorevole a un diverso investimento sulla formazione e sulla qualità comunicativa ha trovato nella lunga stagione del Covid un riscontro sociale ben più ampio rispetto al passato, anche recente2. La questione è più chiara in

ha bisogno di una percezione pubblica di simpatia, che finora è sostanzialmente mancata, sollecitando anche la comunicazione a una diversa economia della sua attenzione.

LA CENTRALITÀ DELLA PERSONA

Autore è il Magnifico Rettore Antonello Folco Biagini, professore ordinario dal 1986 presso la Sapienza Università e Presidente della Fondazione Roma Sapienza.

termini di riflessione sulla cosiddetta ‘catastrofe educativa’, denunciata ancora una volta da Papa Francesco, anche perché i temi della ricerca, dell’Università e della scuola hanno ottenuto una notevole inversione in termini di attenzione da parte dei cittadini, dei media e degli opinionisti, anche grazie a una concentrazione sul disagio di studenti e docenti rispetto a un eccesso di demagogia nei confronti della Didattica a Distanza (DaD). La riprova è presto detta: abbiamo potuto constatare un ritorno di forza della comunicazione più intermediata che conosciamo, e cioè quella televisiva e radiofonica. Il trend positivo si dimostra ancor più schiacciante osservando uno dei macrogeneri contemporanei: il giornalismo e l’informazione. Sotto

questo importante angolo di osservazione in tempi di insicurezza sulla salute, i risultati sono ancor più sorprendenti e forse non solo congiunturali: è in questo campo, infatti, che troviamo forme di valorizzazione, prima ridotte ai minimi storici in termini di scelte di mercato, ma anche una nuova capacità di far interagire diversi generi informativi fino, addirittura, ai siti istituzionali, prima pressoché inesistenti nella percezione collettiva. Riflettere sui comportamenti della comunicazione è importante poiché una buona parte degli esseri umani si forma idee, giudizi e pregiudizi basandosi su di essa, e molto spesso rimanendo trincerato all’interno di bolle informative, magari esclusivamente digitali. È fondamentale tenerne conto perché la scuola

- 13 -

Occorre attentamente considerare che le condizioni che si aprono sono più favorevoli per alimentare una vertenza pubblica sulla formazione, fondata su un elemento distintivo che deve ispirare le scelte strategico-politiche del futuro prossimo: rimettere le persone al centro. Per sostenere questo obiettivo etico, al crocevia tra il rafforzamento e costante aggiornamento del ruolo docente e le politiche per gli studenti, è decisiva la specifica riflessione offerta dal capability approach. Esso, frutto di una felice intuizione del filosofo e Premio Nobel per l’economia Amartya Sen risalente al 1979, prende le mosse da una definizione di sviluppo inteso quale “processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani” e pone l’evidenza sull’inadeguatezza del PIL come solo elemento di misurazione del benessere civile e complessivo di una società, aprendo le porte al superamento di una petulante centralità delle visioni eco


Antonello Folco Biagini

nometriche. A partire da quella svolta, l’approccio delle capacitazioni ha avuto un successo singolare facendo sì che, nel giro di poco più di 20 anni, i documenti istituzionali sovranazionali parlino esplicitamente di «possibilità di sviluppare le capabilities: ossia ciò che le persone possono fare o essere nel corso della propria vita» (United Nations Development Programme, 2001). È in questo contesto che un grande Ateneo telematico come UnitelmaSapienza deve continuare, con le sue mission fondanti (didattica, ricerca e Terza missione), a valorizzare il proprio patrimonio formativo e scientifico, ponendo particolare attenzione alla dimensione locale e ad una penetrazione capillare sul territorio nazionale. A tal proposito, basti pensare che UnitelmaSapienza conta 18 Poli Didattici distribuiti sul territorio nazionale, che garantiscono, nel rispetto di precisi standard logistici e tecnologici richiesti, lo svolgimento di esami in presenza e on line, nonché assistenza e orientamento agli studenti. La scelta di offrire una formazione universitaria radicata nella contemporaneità e, al tempo stesso, promuovere e attuare costantemente la parità di opportunità tra le generazioni, sostenendo un nucleo di valori fondamen-

della persona e sul pieno soddisfacimento del progetto di realizzazione individuale e professionale per cui gli studenti si impegnano. Si tratta solo di offrire loro tutta la nostra tradizione, dedizione e competenza. Per un approfondimento su questo tema cfr. Mediacovid. Ritorno alla mediazione, in “Formiche”, n. 170, giugno 2021. 2 Ho trattato questi temi nel mio recente libro Antivirus. Una società senza sistemi immunitari, Castelvecchi, Roma 2020. 1

tali, è la sfida che vogliamo cogliere. Tale approccio deve comportare un reale “benessere della persona”, anche in termini di qualità della formazione, e deve saper rimettere al centro lo studente e le sue specifiche necessità. La partnership in atto da tempo tra UnitelmaSapienza e Collegio Rotondi, attraverso la costituzione di un Polo, si configura allora come vera e propria alleanza per intercettare esigenze formative sempre più pressanti e specifiche, soprattutto alla luce dei recenti accadimenti correlati alla pandemia da Covid-19. Il Collegio Rotondi e UnitelmaSapienza sono chiamati a tracciare insieme un segno indelebile nella filiera formativa che si configuri sempre più come smart, digitale e vicina al mondo del lavoro. Per offrire oggi, come ieri, percorsi incentrati sulla cura - 14 -


Ripensare il sistema scolastico italiano

L

a pandemia ha per un lato messo in evidenza la fragilità del sistema “scuola italiano”, dall’altro ha spostato l’attenzione dall’urgenza di una vera riforma della scuola all’urgenza di tipo organizzativo e logistico dettata dalla necessità di far ripartire la scuola. Evidentemente non si può pensare ad un nuovo anno scolastico segnato ancora dalla “Dad” o dalla “Did”: tale modello si è dimostrato utile nel momento dell'emergenza, ma non può diventare la normalità. La preziosità di tale modalità didattica non deve essere persa ma, a mio modesto parere, integrato con la didattica comunemente riconosciuta come tradizionale. La definizione stessa di “didattica tradizionale” risente di un retaggio culturale e tradizionale che rischia di imbrigliare una vera riforma della scuola. La pandemia ha fatto emergere un problema annoso della scuola legato alle classi troppo numerose, e agli spazi talvolta piccoli e non curati. lo scorso anno molti studenti non hanno potuto partecipare alle lezioni in presenza, a causa mancata progettualità di revisione dei trasporti. Parrebbe comunque chiaro che il problema non è immediatamente la gestione degli studenti all'interno della scuola, ma come gli studenti possono raggiungere la scuola in sicurezza. Ritengo pertanto altamente discriminante il fatto che tutte le scuole superiori abbiano dovuto adattarsi alle

mazioni e attraverso le fonti verificarne l'autenticità. In Italia solo il 5% dei laureati che escono dalle università italiane hanno competenze digitali e imprenditoriali che li rendono pronti al futuro.

LE SOFT SKILL

Il Rettore del Collegio Rotondi don Andrea Cattaneo ha sottolineato il valore delle “soft skill” e la figura del docente formatore ed educatore per gestire il futuro della scuola.

indicazioni ministeriali circa la sospensione delle lezioni o l'alternanza di lezioni presenza, proprio a causa dei trasporti. La scuola non può risentire di carenze strutturali che penalizzano la didattica. La didattica programmata con forme di alternanza di presenza scuola e didattica on line non può diventare assolutamente la normalità. Non possiamo sostenere un terzo anno scolastico in questa modalità. E’ evidente che ne risenta in maniera pesante l'insegnamento. Ed è proprio su questo tema che occorrerebbe focalizzare la nostra attenzione per ripensare il “sistema scuola italiano”. Nonostante le varie riforme annunciate dai ministri che si sono susseguiti, siamo ancora fermi a un sistema scolastico non capace di interagire con le nuove generazioni e le loro esigenze. Occorre ripensare la lezione, che non deve essere

più una lezione nozionistica e frontale. Occorre sempre di più percorrere la strada di un insegnamento che coinvolga lo studente attraverso nuove metodologie come quella del problem solving. Occorre pensare a una didattica che doni agli studenti gli strumenti per un vero discernimento per orientarsi all'interno del grosso problema dell’infodemia. Nella nostra società fortemente caratterizzata e influenzata dai social è facile acquisire informazioni o indicazioni in maniera rapida: occorre pertanto donare agli studenti gli strumenti utili per discernere tra le varie informazioni la verità delle stesse. La confusione spesso dettata dalle tante informazioni che vengono recepite e non verificate deve essere placata da una capacità critica di lettura della verità. Lo studente deve essere in grado di riconoscere le infor-

- 15 -

È importante che la formazione non si limiti a donare delle nozioni basilari, ma che porti lo studente a sviluppare una visione critica e ragionata dei problemi. Attraverso il coding, un problema complesso va analizzato in maniera critica e scomposto in problemi più piccoli in modo da individuare cosa sia fondamentale e cosa no, e quali di questi sotto-problemi siano già stati in qualche modo risolti, da noi o da altri, in modo da adattare e riutilizzare la soluzione. Esponendo i ragazzi a questo processo si insegna loro il valore della sperimentazione e del “fallimento”, che è parte integrante e naturale del processo, e a non arrendersi se all’inizio la soluzione proposta non funziona. Rafforzando le radici nella nostra cultura attraverso lo studio dell’arte, della letteratura, della musica, della matematica e delle scienze porremo forte attenzione alle “soft skills” considerandole al pari di qualsiasi altra materia di studio. Quello delle soft skills è un tema estremamente attuale in ambito formativo. La nuova cultura aziendale prevede un forte investimento sulle cosiddet


Don Andrea Cattaneo

te competenze trasversali dei collaboratori, utilissime per potenziare la produttività sul lavoro. Ma cosa sono esattamente queste competenze trasversali? Per “soft skill” si intende una particolare abilità e competenza di un soggetto propedeutica all’interazione efficace e produttiva con gli altri, sia sul posto di lavoro che al di fuori di esso. Non si tratta di competenze tecnico-specialistiche: tutte quelle conoscenze relative allo svolgimento della professione ricadono sotto il cappello delle “hard skills”. Per “soft skills” o competenze trasversali intendiamo quegli attributi personali, i tratti del carattere, le abilità comunicative necessarie nella vita di tutti i giorni. Per questo occorre avere una buona base di conoscenze che sappiano costruire il carattere di una persona, che sappiano formare la sua identità: radici forti e profondamente ancorate alle tradizioni. Proprio perchè non si tratta di abilità tecniche, ma di attitudini che hanno a che fare con l’interazione con gli altri e con la conoscenza di sé è fondamentale che la scuola formi gli adulti di domani con forti conoscenze storiche e culturali. Il compito primario della scuola che vuole formare i ragazzi dalle “salde radici” è quello di rafforzare le “abilità soft” che sono quelle che ti consentono di capire gli altri, di carpire emozioni e sentimenti. Sono abilità molto più difficili da acquisire, almeno

Al Collegio Rotondi di Gorla Minore è stato inaugurato il 22 Settembre 2020 - con la collaborazione dell’Associazione Enrico Dell’Acqua di Busto Arsizio - il Polo Didattico di Unitelma Sapienza.

in modo convenzionale, e anche più difficili da misurare. Al contrario le “hard skills”, rappresentano quelle competenze specifiche e trasmissibili, che possono essere definite e misurate: supponiamo che si voglia migliorare le abilità nell’utilizzo di uno strumento basterebbe frequentare un corso, leggere degli articoli e fare pratica per affinare le tue abilità. Ma la scuola non si può ridurre a questo!

IL DOCENTE FORMATORE A noi sta a cuore che ogni ragazzo possa sviluppare una vasta gamma di “soft skills interne” che lo rendano pronto per affrontare il futuro; mi limito a ricordarne alcune: fiducia in se stessi, autocritica, attitudine alla crescita e al miglioramento costante, perseveranza; accanto alle abilità

trasversali interne, possiamo citare: abilità comunicative, capacità di autopromozione, di lavorare in gruppo, gestione dei conflitti, influenza e leadership. All’interno delle soft skills rivestono un ruolo prioritario il creative coding e la robotica: con lo scopo di rendere i ragazzi consapevoli della crescente pervasività dell’informatica nella società, in modo che sappiano leggere e capire il mondo che li circonda, senza dimenticare l’aspetto relazionale e psicologico. È fondamentale provvedere a una didattica che potenzi le softs skills (flessibilità e capacità di adattamento; motivazione e orientamento agli obiettivi; creatività e proattività; capacità di lavorare sotto pressione; gestione del tempo e capacità di organizzazione; capacità di lavorare in team) indispensabili per qualificare un futuro collabo-

- 16 -

ratore. Perché la scuola deve avere come orizzonte quello di formare la classe dirigente del domani, e la classe dirigenziale la si forma non solo attraverso una didattica fatta di conoscenze, a volte reperibili anche in modo immediato attraverso la rete, ma la si forma attraverso esperienze dirette che prevedano una complementarietà educativa imprescindibile. La scuola italiana è ancora ferma alle hard skills che sono fondamentali (conoscenza delle lingue, matematica, scienze, linguaggi informatici). Ma questo non basta. Si pensi anche alle prove Invalsi o all’esame di maturità: sono ancora prove legate alle conoscenze mentre dovrebbero essere l’occasione per premiare e valorizzare le competenze acquisite da un alunno in tutto il suo percorso scolastico. Si tratta dunque di ripensare la figura del docente che deve diventare il formatore, l’educatore. Per questo la pluralità nella scelta educativa e scolastica deve essere rispettata e valorizzata. La vera riforma scolastica deve partire dall'alto. Bisogna formare i formatori: cioè iniziare oggi ed educare la classe dirigente che nei prossimi 10 anni sarà chiamata a gestire il mondo della scuola. Se continueremo a gestire l'emergenza, senza avere una lungimiranza di pensiero, ci troveremo sempre impantanati in un sistema scolastico non capace di valorizzare i talenti dei ragazzi.


Il ruolo delle università

I

l 23 novembre il Sole24ore pubblicava un articolo dal titolo “L’università con le lezioni online fa il pieno di iscritti: matricole su del 7%. Corre il Centro-Sud”. Una buona notizia per tutti noi, visti i timori dilaganti di una possibile perdita di immatricolazioni dovuta alla pandemia da Covid-19. Questo importante risultato ha evidenziato come, quando si adottano misure serie ed efficaci per garantire il diritto allo studio, i giovani rispondono. Tra queste misure, sicuramente l’aumento della no-tax area è stata una delle più importanti, ma non la sola presa dall’allora Ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi, a cui va il nostro più sentito ringraziamento. Ma gestita l’emergenza, è ora arrivato il momento di ripartire proprio da quello che questa complicata situazione ci ha insegnato. Una prima riflessione va secondo me ai risultati positivi che abbiamo ottenuto e alle nuove consapevolezze. Oggi sappiamo che è possibile raggiungere con la didattica tutti gli studenti, anche quelli che non sono mai entrati in un’aula universitaria. La pandemia ha imposto alle università un’attenzione totale agli studenti, alle loro difficoltà, alle loro esigenze. Questo metterli al centro ha consentito di fare in poco

Tiziana Pascucci, Prorettrice per le Politiche per l'orientamento e il tutorato di Sapienza Università di Roma.

tempo grandi cose, come trasferire tutta la formazione in DAD, digitalizzare tutti i processi (dagli esami alle lauree), coinvolgere gli studenti nella ricerca delle migliori soluzioni. Così anche le università in presenza hanno fatto pratica con gli strumenti digitali, utili per supportare gli studenti in difficoltà o in ritardo con lo studio: a partire dal semplice accesso alla registrazione delle lezioni fino ai più sofisticati software per la didattica innovativa nelle classi virtuali. Tutte esperienze in grado di dare una consistente spinta di innovazione, ad esempio, nelle azioni di tutorato. Inoltre, nell’emergenza siamo involontariamente entrati con le nostre lezioni nelle case dei nostri studenti, ascoltati e seguiti dai familiari. Non

escludo che questa esperienza aumenterà l’attenzione e gli investimenti sulla formazione permanente degli adulti, aspetto ancora poco centrale nel nostro Paese. A seguire, una riflessione sugli aspetti critici che ci troviamo ad affrontare a seguito della pandemia. Molti atenei a settembre 2020 non hanno potuto effettuare le prove di accesso per molti corsi di studio di primo livello. Questo ha consentito l’immatricolazione di molti studenti, dei quali però non abbiamo potuto valutare preventivamente la preparazione in ingresso e, di conseguenza, l’eventuale presenza di debiti formativi e quindi carenze conoscitive da colmare. Le attività mirate di tutorato hanno subito anch’esse un certo ritardo. Quindi il

- 17 -

timore che a seguito di un aumento di immatricolati si possa registrare un aumento di ritardi o abbandoni è presente. Sappiamo inoltre che la DAD ha provocato alcune difficoltà di apprendimento negli studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Le università, in collaborazione con le scuole superiori, possono e debbono farsi carico di queste situazioni, trovando insieme il modo di recuperare conoscenze o competenze che fossero state rallentate o interrotte dalla pandemia. Ma cosa dicono gli studenti universitari dell’esperienza DAD? Dall’analisi delle risposte alle schede OPIS sappiamo che l’esperienza di didattica a distanza ha complessivamente funzionato, anche grazie ai consistenti investimenti che hanno permesso alla didattica di non fermarsi. Gli studenti hanno dato prova di una buona reazione allo stress prodotto dalla pandemia, riuscendo a seguire le lezioni anche se costretti a rimanere chiusi in casa. Oggi rileviamo, però, in alcuni casi, anche una difficoltà alla ripartenza: a rientrare in aula, a riprendere i ritmi imposti dallo studio in presenza, a lasciare quella fluidità spazio-temporale in cui la pandemia ha posto gli studenti. Una difficoltà la registriamo anche in riferimento alla


Tiziana Pascucci

scelta della laurea magistrale, probabilmente perché sono mancate quelle tipiche occasioni di orientamento al secondo livello fatte di incontri con docenti e con studenti senior, visite in laboratorio, partecipazione a seminari o conferenze, ecc.

L’ORIENTAMENTO FORMATIVO Completo con ulteriori riflessioni. Abbiamo avuto una prova eccezionale di quanto la realtà sia complessa, e di quanto il mondo del lavoro cambi sempre più velocemente: si stima che tra soli due anni un quarto dei lavoratori sarà impiegato in mansioni che ancora non esistono. Nascono nuove professioni che in breve tempo si affermano e a volte spariscono. Nel mare della fluidità, navigano le università che tuttavia hanno delle regole a volte rigide in cui inserire l’offerta formativa: le classi di laurea, i settori scientifico disciplinari, gli ordinamenti, i codici ISTAT, ecc. Queste due realtà con cui dobbiamo fare i conti provocano spesso quel disallineamento tra gli sbocchi occupazionali previsti dal corso di studi e l’occupazione del laureato. Si chiama mismatch, e seppure sia una parola che spaventa le università, se lo leggiamo al contrario diventa un’interessante lettura della realtà che

cambia. Se questa è la situazione attuale, come facciamo a fare orientamento? Che mondo professionale raccontiamo ai nostri futuri studenti? L’orientamento delle università finora ha seguito un approccio informativo: informare i giovani dell’offerta formativa del proprio Ateneo, mostrare i percorsi universitari. Su questo serve un cambiamento. Dobbiamo sicuramente passare da un orientamento informativo ad un orientamento formativo e attivo, dove i giovani sono guidati e orientati nella consapevolezza delle proprie capacità, competenze e passioni. Per navigare all’interno di carriere senza confini, ci vogliono competenze. Sono pronte le università,

siamo pronti noi docenti, a contribuire alla crescita delle competenze dei nostri studenti per gestire la propria carriera? Questo richiede ai docenti di guardare oltre la classe: osservare il mondo del lavoro, la società, le persone, innovare la didattica esponendo gli studenti a molteplici discipline e modi per guardare ai problemi; mostrando loro problemi complessi e difficili da risolvere già durante la formazione; accompagnandoli nella scoperta di nuovi valori. Lo sapevamo prima e ce lo confermano le ricerche pedagogiche: gli studenti apprendono meglio quando sono coinvolti, supportati, incoraggiati alle sfide con i docenti al loro fianco. Gli studenti hanno un chiaro bisogno di occasioni di appren-

- 18 -

dimento che siano rilevanti per il mondo reale, spostandosi dalla classe tradizionale a forme di apprendimento più efficace. L’impegno di Sapienza, in particolare, è per politiche di orientamento attive e per l’attenzione alla crescita delle competenze che vanno oltre le discipline (chiamiamole competenze trasversali o soft skills o competenze di vita, ecc.): vanno dalla capacità di lavorare in gruppo alla conoscenza delle lingue, dalle competenze digitali alla capacità di risolvere problemi valutando costi e benefici delle scelte, alle capacità di ascolto, ecc.: competenze richieste sempre più e in tutti i lavori, e che la formazione universitaria deve contribuire a sviluppare. È utile ricordare che siamo in un sistema in cui alcune delle parole chiavi sono: reclutamento, matricola, chiamata, missione, upgrade. Termini caratteristici dell’università che stanno lì a ricordarci il nostro retaggio culturale: le università nate come luogo per indottrinare e non certo per educare, come avveniva in caserma. In conclusione, sono convinta che l’emergenza sia stato un acceleratore di un processo di innovazione (che in parte era già partito): ora deve diventare un momento di ripensamento e rilancio del Paese, a partire dalle Università.



L’educazione al centro

U

na delle lezioni più vistose che il Covid ci ha impartito è la necessità di ri-partire dalla scuola. La forza di questa emergenza che non abbiamo finito di patire ha reso questa linea di politica sociale ben più forte che in passato, e induce tutti noi ad alzare la scommessa formativa. È del resto ormai acquisita l’idea di chiamare la nostra come società della conoscenza e a questo adagio, entrato ormai nel linguaggio comune, si aggiunge la profonda “mediatizzazione” delle nostre vite. Se queste parole non sono sventate o un ossequio alle mode, ne dovrebbe discendere un progetto di cambiamento anche curriculare, ma con ambizioni più ampie, tese a rinnovare una nuova scommessa con i giovani post-Covid. Il cambiamento va vissuto come cognitivo, di postura educativa e responsabile accettazione di una sfida che può rendere migliori tutti i soggetti che concorrono alla comunità educante. È così che quasi automaticamente si produce un radicale miglioramento del benessere formativo, che ha un evidente impatto su quello sociale e culturale del paese, soprattutto se saprà antagonizzare le criticità e i disagi che i giovani hanno patito per oltre un anno e meglio elaborare una generica polemica pubblica contro la DaD, che talvolta assume i toni del populismo. Del resto, sappiamo tutti che la sfida aperta è esattamente il contrario: se la comunicazio-

Mario Morcellini, Direttore dell'Alta Scuola di Comunicazione e Media Digitali di UnitelmaSapienza.

ne non entra più decisamente nello specifico discorso pedagogico, la scuola perde velocità e allineamento con gli studenti, persino quando persegue e riesce a conseguire qualità formativa. Il suo destino rischia di diventare secondario rispetto alle pratiche comunicative non educate degli utenti, attuando una dimissione di fatto dal compito che gli uomini hanno sempre onorato, di educare i nuovi venuti. Le difficoltà psicologiche e sociali patite dai giovani nella lunga fase della pandemia rappresentano un tema ben più ampio delle difficoltà di una prolungata didattica a distanza, che assume un’urgenza diversa soprattutto per chi ritiene la formazione universitaria una scelta di empowerment dei progetti di futuro degli studenti. La letteratura pur pregevole connessa all’impatto del Covid si concentra, con ricerche purtroppo prevalentemente

qualitative, sui casi più acuti di difficoltà di integrazione e di “capacità di ripresa”. Quel che bisognerebbe oggettivamente tematizzare sono i comportamenti maggioritari, e dunque la fiducia nel futuro e il desiderio di investimento in un progetto di continuità degli studi, poiché è altamente probabile che questo sia l’anno segnato da una riarticolazione più complessa degli indici di iscrizione e immatricolazione. La letteratura che si è interrogata sui limiti della formazione mediata dalle tecnologie va incrociata combinandola con ricerche psicologiche, sociologiche e comunicative per immaginare politiche di accompagnamento alla conclusione degli studi medio-superiori in vista degli step successivi. È su questi temi che UnitelmaSapienza, in perfetta sintonia e condivisione con il Collegio Rotondi, ha già in passato organizzato mo-

- 20 -

menti di riflessione pubblica, promuovendo un webinar con un duplice obiettivo: da un lato, mettere a sistema gli spunti più coerenti per delineare la profondità del disagio avvertito dagli studenti, facendo dunque il primo passo per un’ elaborazione da parte dei ragazzi e delle stesse famiglie; dall’altro, immaginare su questa base incontri di orientamento e formule nuove di “accompagnamento” modulati sulle specificità di una stagione in cui il ritardo dall’uscita dal Covid, e l’accumularsi di frustrazioni e disagi, obbligano tutti noi a un diverso sforzo di contiguità agli studenti e di comunicazione dell’offerta formativa che sia davvero vissuta in termini di “cura della domanda”. È difficile negare infatti che il contesto sia diventato oggi più favorevole a una svolta culturale che permetta di mettere a terra una piccola rivoluzione, per di più a basso costo, misurando finalmente quanto le politiche pubbliche sono disposte a fare per mettere in sicurezza la funzione della scuola. Tutti ci riempiamo la bocca di frasi che dichiarano l’impossibilità di tornare alla situazione pre-Covid; ed è vero che non sarà un riavvolgimento del nastro a farci raggiungere una vera exit strategy. Vale per la scuola quel che vale per ognuno di noi: il Covid ha indicato l’insufficienza del nostro modello culturale di sviluppo, e dunque esige che tutti noi affrontiamo


Mario Morcellini

questo nodo perché solo da questo passaggio di verità la scuola potrà diventare più adeguata al tempo e al mondo della comunicazione, e dunque più capace di parlare ai suoi utenti. Diciamolo in altre parole: per uscire dalla crisi ci vogliono progetti e tra questi vanno privilegiati, anche in sintonia profonda con il Next Generation EU, quelli che davvero possono contribuire a rigenerare il clima formativo nelle nostre scuole. Prendiamo atto, infatti, che si tratta di programmi più agevoli da promuovere quando c’è una chiamata straordinaria di innovazione, finendo per rappresentare una risposta anche psicologica e securitaria alla gravità della crisi pandemica.

LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO

Cerchiamo ora di argomentare le ragioni non certo accademiche ma di buon senso che attestano la necessità di ri-partire dalla scuola. Già da questo slogan dovrebbe discendere un progetto di cambiamento che, più che curriculare, va vissuto come in termini di sensibilità e filosofia formativa, accettando responsabilmente una sfida che renderà migliori tutti i soggetti che concorrono alla comunità educante. È così che automaticamente si produce un radicale miglioramento del benessere formativo, che ha un evidente impatto su quello sociale e culturale del paese. Siamo dunque di fronte a un

Quale prospettiva educativa per la scuola di domani?

bivio: sappiamo che dobbiamo cambiare per non dimenticare la lezione del Covid e ci è altrettanto chiaro dagli studi e dalle sperimentazioni, che una riforma degna di questo nome non può permettersi il lusso di lasciare lo scettro dell’educazione in appalto alla comunicazione o ai device digitali. Occorre dire alle istituzioni e alla politica che tanti soggetti, movimenti e individui hanno accumulato ricerche e saperi sui deficit della formazione contemporanea, accompagnati sempre dalla capacità di apprestare risposte invece che lamentare la scarsa qualità culturale del mondo in cui ci tocca vivere e lavorare. A chi osserva senza pregiudizi legati all’ortodossia accademica la produttività didattica e pedagogica della scuola, il nodo consiste nell’aumentata distanza tra la permanente forza della tradizione e la fortuna invasiva delle nuove culture mediali

Queste ultime si avvantaggiano dell’apparire a ragazzi e giovani più paritarie rispetto alla verticalità del gesto formativo, e più compatibili con le loro abitudini di acquisizione di contenuti digitali e dedizione ai device, del resto così evidenti nel tempo non scolastico. Questa frattura va sciolta: la scuola italiana non può permettersi il lusso di chiudere gli occhi su come i suoi utenti effettivamente si comportano. È già un tragico segno di disattenzione delle élite politiche e delle classi dirigenti non prendere atto di quanto i device digitali sono entrati da padroni nelle priorità di comportamento dei bambini prima ancora di conoscere i loro maestri1, con ciò stesso avviando un ulteriore tratto di ridimensionamento della sua storica funzione che lo chiama ad essere il primo portavoce della società rispetto a utenti che sempre erano tabula rasa rispetto alla voce

- 21 -

della scuola. Tutto questo è cambiato senza che nessuno si sia reso conto delle conseguenze in termini di attribuzioni di peso e di priorità alla figura docente. Già questa situazione in cui avviene una vera e propria “anticipazione cognitiva” delle tecnologie (in questo caso soprattutto tablet e smart device) rispetto al canone formativo a cui la scuola è storicamente associata, merita una diversa attenzione dalla politica e dalle istituzioni, chiamate oggi più di sempre a uno sforzo di diversa comprensione. La battaglia è tra il rinvio dei problemi o la presa d’atto che si delinea, oggi, una precisa responsabilità a non adottare la strategia di imperniare sulla scuola un vero e proprio piano regolatore della conoscenza e del padroneggiamento dei linguaggi e delle tecnologie digitali. References M. Morcellini, Passaggio al futuro: la socializzazione nell'età dei mass media, FrancoAngeli, Milano 1992. Comunicazionepuntodoc, Se la tecnologia stressa la formazione, n.18, Fausto Lupetti Editore, Bologna 2018. M. Morcellini, “La promozione della nuova cultura digitale: una sfida educativa per un Paese civile e moderno”, in Marianna Sala (a cura di) Libro Bianco media e minori, Rubbettino, Soveria Mannelli 2021. 1 Il riferimento specifico è al numero monografico della rivista Comunicazionepuntodoc, Se la tecnologia stressa la formazione, n. 18, Fausto Lupetti Editore, Bologna 2018; sono ritornato sul tema anche in “La promozione della nuova cultura digitale: una sfida educativa per un Paese civile e moderno”, in Marianna Sala (a cura di) Libro Bianco media e minori, Rubbettino, Soveria Mannelli 2021.


Futuro e (è) cambiamento

Q

uando si parla di società o delle sue istituzioni (e la scuola è una di queste) il termine “futuro” non può essere accolto semplicemente nella sua valenza temporale: il futuro di una società non è solo il giorno, il mese o l’anno che viene dopo l’”oggi”, il futuro è un insieme di condizioni, di pratiche e di valori diversi da quelli in vigore nel presente. Dunque non c’è distinzione tra passato, presente e futuro se non ci sono punti di frattura ed elementi di cambiamento. Esattamente come nella fisica aristotelica (Fisica, IV, 10, 218 a) il tempo esiste solo se vi è movimento, nella società il tempo trascorre solo quando vi è spostamento da una condizione a un’altra. Ma, come giustamente nota Juri Lotman in La cultura e l’esplosione: prevedibilità e imprevedibilità (Feltrinelli, 1993), non tutti i cambiamenti sociali avvengono contemporaneamente; può, ad esempio, capitare che in alcune società contemporanee un discreto livello di avanzamento tecnologico conviva con strutture sociali e forme antropologiche vecchie di millenni. Per questo motivo, l’associazione tra “futuro” e “progresso” è tutt’altro che pacifica, tanto più che il concetto stesso di progresso contiene in sé quello del miglioramento e la percezione del miglioramento o del peggioramento

Alessandro Perissinotto è il Delegato alla comunicazione dell’Università di Torino.

è legata all’accoglimento o al rifiuto di un sistema di valori (tanto per fare un esempio di estrema semplicità, l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d’America fu elemento di progresso per gli Stati del Nord e di regresso economico per quelli del Sud). Questa premessa ci serve per affermare che, contrariamente a quanto si potrebbe credere e forse auspicare, non è affatto certo che la pandemia di Covid 19 che ha sconvolto il mondo possa segnare un punto di separazione tra passato e futuro nella scuola. In altri termini, non è detto che l’uso delle tecnologie introdotto durante la didattica emergenziale possa diventare uno stabile fattore di cambiamento. E se ho utilizzato il termine “didattica emergenziale” e non l’abusato “Di-

datta a Distanza” (o DaD) è perché ciò che si è fatto per affrontare, appunto, l’emergenza, non è che un pallido fantasma di ciò che la DaD potrebbe rappresentare per l’innovazione nella scuola, un fantasma che spaventa e che, come ogni spirito maligno, deve, secondo molti, essere esorcizzato. Per spiegare cos’è accaduto a partire dalla primavera del 2020 userò un breve racconto metaforico. Immaginiamo che ci sia una nave da guerra, un incrociatore. Su quell’incrociatore, negli anni, alcuni ufficiali hanno cercato di spiegare all’equipaggio l’uso di nuovi strumenti e soprattutto hanno cercato di far svolgere esercitazioni di salvataggio, ma, vuoi per mancanza di polso, vuoi per la riottosità dei sottoposti e di molti pari grado, solo pochi volonterosi

- 22 -

hanno seguito le indicazioni degli ufficiali più illuminati. E fatidicamente, anche per quell’incrociatore, viene il giorno della tempesta e del naufragio. I volonterosi, che si erano preparati all’evenienza, calano in mare le scialuppe e invitano i compagni a seguirli, ma quelli, i riottosi, invece di intraprendere le uniche manovre in grado di superare l’emergenza, si mettono ai cannoni (unica parte della nave che conoscono bene) e sparano sulle scialuppe. È andata così. L’incrociatore è, ovviamente, la scuola e i volonterosi sono quanti, a partire dal 2012, hanno varato, promosso e messo in pratica il Piano Nazionale per la Scuola Digitale. I riottosi sono gli altri, quelli che hanno subito passivamente i corsi di aggiornamento, quelli che hanno sempre ritenuto che le tecnologie fossero un corpo estraneo rispetto alla scuola, quelli che, senza minimamente avvertire la contraddizione, affermavano sui social che la telematica è disumanizzante. E, anche se non era difficile attenderselo, dispiace constatare che i più attivi nel cannoneggiamento della DaD sono stati gli intellettuali di area umanistica. Mi riferisco principalmente, ma non esclusivamente, all’appello pubblicato il 18 maggio 2020 sul quotidiano La Stampa da Massimo Cacciari e firmato


Alessandro Perissinotto

da una ventina di docenti universitari. Quel manifesto è la realizzazione di un apparente ossimoro, è un capolavoro del conservatorismo di sinistra. Vorrei esaminarne qui un passaggio breve, ma indicativo: «La prospettiva che emerge è quella di una definitiva e irreversibile liquidazione della scuola nella sua configurazione tradizionale, sostituita da un’ulteriore generalizzazione e da una ancor più pervasiva estensione delle modalità telematiche di insegnamento. Non si tratterà soltanto di utilizzare le tecnologie da remoto per trasmettere i contenuti delle varie discipline, ma piuttosto di dar vita ad un nuovo modo di concepire la scuola, ben diverso da quello tradizionale.» Quello che spaventa gli intellettuali non è l’uso della tecnologia, ma il cambiamento in sé, l’attentato alla tradizione. La loro scelta, per ciò che attiene la scuola, è, aprioristicamente, quella del passato, di un passato che non conosce cambiamenti né opportunità di trasformarsi in futuro.

LA SFIDA Ma, naturalmente, questa sparuta avanguardia della retroguardia non è sufficiente, da sola, a garantire l’immobilismo nella scuola: è la tradizione stessa, fatta di programmi e di persone, a costituire, con la sua inerzia, la sicurezza

Un ventaglio di soluzioni sono emerse in tempi brevissimi dal mondo dell’insegnamento per superare l’emergenza pandemica.

che nulla cambierà e che tutti gli sforzi fatti durante la pandemia verranno presto archiviati come un ricordo sgradevole che si tende a confinare nei recessi della memoria. Di tanto in tanto faccio un esperimento che, più che a una ricerca sociologica, assomiglia a un ozioso gioco di società; chiedo a quelli che, come me, si stanno approssimando alla sessantina se la scuola frequentata dai loro figli è tanto diversa da quella che abbiamo frequentato noi: la risposta è quasi sempre negativa e, fatti salvi alcuni temi di stretta attualità, ci si accorge che gli argomenti trattati e soprattutto i metodi didattici (spiegazione frontale, compiti a casa, verifica orale e scritta) non sono affatto mutati. Poi faccio appello ai ricordi della generazione dei nonni, degli scolari del dopoguerra,

e la constatazione è identica: nulla è cambiato. Niente a che vedere con l’eterno ritorno nietzschiano: nella scuola, il succedersi di passato, presente e futuro non è ciclico, semplicemente non esiste. Il mio pessimismo è dettato da molti fattori e da analisi di fenomeni (negazionismo, difesa dei privilegi, appello al “si è sempre fatto così”) che sono ancora troppo recenti per poter assumere una sistematicità scientifica, ma soprattutto dalla sensazione di un’occasione persa, soprattutto per la scuola (nell’università il ruolo trasformativo degli studenti può forse lasciare aperto uno spiraglio). Quando la pandemia ha stravolto da un giorno all’altro il mondo dell’insegnamento, la scuola e l’università, in tempi brevissimi (assai più brevi di

- 23 -

quelli impiegati, ad esempio, dalla grande distribuzione o dal mondo produttivo), sono state in grado di proporre sistemi che permettessero di continuare, in mutate forme, il servizio educativo e formativo per il quale sono nate. Certo, si sono riscontrate differenze di organizzazione e di efficacia tra le varie realtà, ma, in sostanza, la risposta è stata pronta. Se questo è accaduto è perché le tecnologie per la didattica in rete erano pronte da almeno 25 anni (mi si perdonerà se, a titolo di esempio, segnalo che la mia tesi di dottorato, discussa nel 1997 presso l’Università di Bergamo, aveva come titolo “Il ruolo dell’ipertesto nella didattica delle letterature”) e perché un manipolo di volenterosi, pagando il prezzo della generale diffidenza, ha continuato a perfezionarle e a sperimentare. Se la scuola e l’università avessero saputo far tesoro di quelle ricerche prima che scoppiasse la pandemia, avremmo avuto ben di più di una didattica emergenziale. Il rischio è ora che, passata l’emergenza, la didattica integrata e sostenuta dalle tecnologie torni a essere un hobby per pochi (al pari della didattica partecipata, della flipped classroom e così via) e una scuola che non accoglie costantemente la sfida della sperimentazione è una scuola che non conosce futuro.


La lezione del virus: l’opportunità di un’eucatastrofe della scuola

I

l neologismo tolkeniano ‘eucatastrofe’ indica l’epilogo insperatamente positivo di un evento tragico e malefico, come quando Gandalf imprigionato nella Torre di Isengard fugge miracolosamente prelevato da un’aquila. La mia tesi è che la crisi pandemica può aprire ad eventi positivi, di rinnovamento e rivelarsi anche una formidabile opportunità. C’è un ‘prima’ e un ‘dopo’ il coronavirus. Questo evento ha evidenziato ciò che è vitale per la società: salute e istruzione. È chiaro ormai che se non si investe in ciò che rende sano un paese, non c’è futuro. La scuola ha risposto il più delle volte in modo rapido ed efficace alla rivoluzione impostale, mettendo mano alla didattica digitale a distanza per garantire, anzitutto, il contatto degli alunni con la scuola e i compagni. In questo senso, potremmo dire che è stata proprio la scuola, non la pandemia, il “cigno nero” di questo tempo1. È apparso imperativo integrare didattica frontale e didattica laboratoriale, ampliando la rosa di strumenti disponibili. D’ora in poi occorrerà imparare a valutare il risultato finale (outcome) più che il risultato giornaliero (output). Oggi è necessario rivedere l’intero progetto didattico cominciando con l’accettare

Clara Rech, Direzione Generale per lo studente, l’inclusione e l’orientamento scolastico del Ministero dell’Istruzione.

la ‘conazione’ (crasi tra ‘conoscenza’ e ‘azione’) tra la scuola e i mondi al di fuori di essa, a cominciare dal mondo del lavoro. Il termine viene utilizzato da Zamagni2 per significare la necessità di piena fusione tra i due concetti. Il sapere va usato in senso trasformativo. Tutti i docenti e tutti gli studenti devono essere in grado di servirsi di questo modello integrato tenendo in massimo conto ogni aspetto che riguardi l’inclusione, soprattutto dei ragazzi più fragili come quelli con disabilità, bisogni speciali, disagi di natura economica, sociale o culturale. Questo significa investimenti non più rimandabili in termini di persone, strumenti e risorse economiche, una autentica Riforma dell’orga-

nizzazione della scuola di cui parla esplicitamente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza3 approvato dal Parlamento. Del resto, la didattica a distanza ha un’origine antica. Nasce da un’altra emergenza, quella di eliminare, nel secondo dopoguerra, la piaga dell’analfabetismo col ricorso agli strumenti tecnologici dell’epoca, la radio e la televisione: tutti ricordano il maestro Manzi o la Scuola Radio Elettra. Oggi con il digitale, si parla di Data Literacy - Media Education. I media sono la “pelle dalla cultura”4, sono ormai il Terzo Spazio in cui ci si educa, caratterizzato da contesto informale, logica di peering, orientamento esperienziale, piacere di stare insieme, assenza di appren-

- 24 -

dimenti “insegnati”. Luoghi di narrazioni che aiutano il processo di costruzione identitaria e contribuiscono alla percezione di autoefficacia. Integrare le due didattiche presuppone un lavoro collegiale di ricerca e di azione che richiede tempo e passione ma la scuola deve essere ricerca, altrimenti diventa delega. D’altronde chi altri potrebbe essere chiamato a svolgerlo se non i docenti che sono i professionisti della didattica? Sarà sicuramente necessaria tanta formazione e un serio aggiornamento professionale ma quel che più conta è la disponibilità a lasciarsi coinvolgere. Basterebbe iniziare dall’analisi del verbo ‘insegnare’ nella lingua ebraica, il cui significato è ‘scoccare una freccia’ e anche ‘mostrare la via’. L’insegnante fa proprio questo con il suo alunno, scocca tante frecce che devono colpire mente e cuore, scatenando la voglia di conoscere, la passione della scoperta. E facendo questo mostra una via, una direzione di vita che deve essere appunto dinamismo, percorso verso una mèta: non c’è davvero professione più esaltante! IL VALORE DELLA CULTURA Anzitutto va ripensata la cornice dell’incontro insegnante-studente, il ‘dove’: si


Clara Rech

ricostruisce virtualmente lo spazio dell’aula con i suoi riti; il ‘quando’: trovare giusti ritmi di pausa e di applicazione; il ‘come’ e il ‘cosa’: preparare con cura materiali essenziali, adatti al digitale, chiarire le consegne, anche per ridurre il supporto richiesto alla famiglia. Infine il ‘quanto’, la valutazione, che dovrà essere attenta al processo anche più che al prodotto. L’insegnante e lo studente possono raggiungere insieme quella ‘zona di sviluppo prossimale’ teorizzata da Vygotskij6 ancora nella prima metà del secolo scorso perché solo con l’aiuto degli altri lo studente può muoversi dallo sviluppo attualmente raggiunto a quello prossimo del suo potenziale. Occorre che dirigenti e docenti, insieme a studenti e genitori, sappiano lavorare insieme da veri protagonisti. Certamente è necessario rimettersi in gioco ma il protagonismo non è un fiore di campo, è un fiore di serra: non nasce spontaneo ma deve essere coltivato e curato nel tempo. Le reazioni degli adolescenti alla pandemia sono state radicali e diverse ed esigono la massima attenzione sociale. Secondo alcuni, come il sociologo Nicola Ferrigni7, o i ricercatori dell’Università di Bristol e dell’University of California8, sono state costruttive e positive. Secondo altri, come Stefano Vicari9, sono dram-

Il termine ‘cigno nero’ è tratto dalla frase del poeta latino Giovenale “rara avis in terris nigroque simillima cygno”, Iuv., Satire, VI, 165, ed it. Decimo Giunio Giovenale, trad. it. Ettore Barelli et al., BUR, Milano 1976 2 Intervista a Radio Vaticana, 9 aprile 2020 https://www.vaticannews. va/it/vaticano/news/2020-04/ osservatore-romanozamagni-ecnomia-coronavirus-futuro.html Testo disponibile sul sito del Governo https://www.governo.it/s 3 ites/governo.it/files/PNRR.pdf 4 Espressione di Derrick De KercKhove in D. De Kerckhove, La pelle della cultura. Un’indagine sulla nuova realtà elettronica, trad it. M. Carbone, Costa & Nolan, Genova 2000 5 Il concetto di “terzo spazio” è al centro della riflessione di John Potter, College of Education della University of London e Julian McDougall, University of Bournemouth, nel loro libro Digital Media, Culture & Education. Theorising Third Space Literacies, Springer, 2017 6 Lev Vygotskij, Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche, a cura di L. Mecacci, Roma-Bari, Laterza, 1990 (nona edizione del 2001) 7 https://www.unilink.it/ateneo/eventi/9-rapporto-di-ricerca-nazionale-dellosservatorio-generazione-proteo 8 h t t p s : / / s p h r. n i h r. a c . u k / news-and-events/new-report-shows-young-peoples-ment a l - h e a l t h - i m p r ov e d - d u r i n glockdown/https://greatergood. berkeley.edu/article/item/how_teens_are_making_meaning_out_ of_the_pandemic 9 S. Vicari è il responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma: https:// www.huffingtonpost.it/entry/i-giovanissimi-si-tagliano-e-tentano-il-suicidio-mai-cosi-tanti-ricoveriprima-della-pandemia_ it_6006f714c5b697df1a09146e 10 Ministero dell’Istruzione, Nota n. 643 del 27 aprile 2021 del Capo Dipartimento Stefano Versari. Si rimanda al sito di riferimento per la didattica dell’arte www. Anisa.it. 1

Nell’illustrazione di Ted Nashmit, l'aquila Gwaihir che salvò Gandalf dall'esilio sulla torre del malvagio stregone Saruman.

maticamente allarmanti per la sofferenza espressa. In assenza dei compagni che serve da ammortizzatore per sfogare l’assorbimento della paura che respirano intorno a loro, i giovani compiono atti di violenza contro di sé o contro gli altri. La famiglia e la scuola devono intervenire corroborandosi vicendevolmente in stretta collaborazione. La scuola può ricorrere a discipline più facilitanti lo stare insieme, come quelle dell’area C.A.M.P.U.S. (Computing, Arte, Musica, vita Pubblica, Sport), menzionata nella recente nota ministeriale uscita a seguito del PNRR10. In particolare, l’arte11 dà l’opportunità di esprimere emozioni e sentimenti riducendo l’ansia e favorendo l’autostima. Educazione e Istruzione possono essere il vaccino della

psiche di cui abbiamo bisogno ogni qual volta veniamo sollecitati da cambiamenti esistenziali profondi come quello che stiamo vivendo. Oggi possiamo inaugurare un nuovo umanesimo, riscoprendo il valore della cultura, prodotto di educazione e istruzione, che ha ripreso di diritto la centralità nella vita di tutti noi, senza la quale non possiamo che ingrigirci, impoverirci, disumanizzarci. In conclusione, credo che dobbiamo vivere questo tempo tragico e doloroso anche come una grande occasione di crescita: se riusciremo ad operare questa eucatastrofe, avremo trovato il modo migliore per sanare molti mali della scuola e per indurre nei nostri figli un atteggiamento più sicuro e fiducioso nel presente per il futuro.

- 25 -



Sanità

nitario dell’individuo a produrre esso stesso anticorpi. È assurdo pensare di risolvere una pandemia tirando avanti per anni con corticosteroidi, idrossiclorochina, anticorpi monoclonali e ossigenoterapia ... Meno male che quelle di Luc Montagnier sono parole di un esperto, di un premio Nobel ... Forse non aveva torto un altro premio Nobel, Niels Bohr quando affermava che l’esperto è una persona che ha fatto in un campo molto ristretto tutti i possibili errori... Reazioni avverse da vaccini anti-covid indubbiamente esistono, come in ogni terapia. Esse sono in gran parte note, oggetto di studio e di monitoraggio. A volte non vi è alcuna evidenza del rapporto causa-effetto. L’EMA attesta che i vaccini autorizzati sono “sicuri ed efficaci” e che tutti hanno soddisfatto gli standard europei di sicurezza, efficacia e qualità. La sicurezza dei farmaci viene monitorata anche a mesi dalla loro approvazione attraverso aggiornamenti mensili che studiano i sospetti casi avversi potenzialmente legati ai vaccini. EMA sottolinea che, per tutti e quattro i vaccini autorizzati, nella grande maggioranza gli effetti collaterali rilevati sono deboli e a breve termine, si risolvono spontaneamente in pochi giorni, come in altri vaccini (reazioni cutanee in sede di iniezione, febbre,

mal di testa, dolori diffusi, nausea) e che seri problemi di sicurezza sono estremamente rari. L’effetto avverso più temuto è il rischio trombotico, evento estremamente raro, più di centomila volte maggiore in caso di malattia che non come conseguenza del vaccino: se la probabilità di avere una trombosi dopo vaccinazione anti-Covid-19 è circa di 1 su un milione, sono invece 164mila su un milione i pazienti che possono sviluppare una trombosi in corso di infezione Covid-19. Quello che dobbiamo temere è la malattia Covid-19 e non il vaccino! Se ne sono dette tante, troppe su questi vaccini, evidentemente allo scopo di scoraggiare ulteriormente gli indecisi. Altra clamorosa bufala circolata nel marzo scorso riguarda il cosiddetto fenomeno AdE (Antibody-dependent Enhancement), secondo il quale se si vaccina un paziente che ha già gli anticorpi per la malattia per cui viene vaccinato, questo rischia di morire stroncato da un infarto o da un’embolia. L’assurdità di questa affermazione è palese: ogni richiamo di vaccinazione è fatto ad una persona che è già stata almeno in parte immunizzata con la prima dose e quindi possiede già anticorpi specifici. Dovremmo dunque abolire i richiami? Questo è un esempio di come non sia così difficile smascherare una

fake news, che di fatto è stata presto smentita dallo stesso Dottor Salvucci, al quale era stata attribuita. A proposito di bufale, concediamoci ora una nota umoristica. Anche l’esperto Donald Trump ha voluto dire la sua. Ha fatto la sua proposta terapeutica per i malati di Covid: iniezioni di disinfettante e raggi ultravioletti... ma per fortuna non ha avuto seguito.

LA DISINFORMAZIONE

Penso che l’errore più dannoso, in tutti i campi e in particolare in quello della salute, sia la disinformazione. Il problema è etico e l’errore di chi ci informa diventa quanto meno colposo. Qui non siamo nel campo della curiosità accademica, questo è un problema di salute pubblica e individuale. Se dei rischi ci sono, è atto libero e responsabile di ogni singolo cittadino scegliere o meno di rischiare. Fatta salva la buona fede di ogni opinione, non rimane che una certezza: il dovere di rispettare la libertà degli uni e degli altri, senza derisioni o aria di sufficienza, senza

- 27 -

arroganza, soprattutto senza rabbia e senza violenza! Beninteso, libertà nel rispetto reciproco e del bene comune. In questo senso la libertà di ciascuno trova il suo limite nel rispetto della libertà dell’altro. Questo limite può giustificare provvedimenti in qualche modo restrittivi, come alcune imposizioni ritenute di pubblica utilità da chi ha responsabilità di governo. Nel campo della salute pubblica e personale è la stessa Costituzione a salvaguardare l’individuo: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Certo è una grossa responsabilità da parte delle istituzioni imporre un obbligo di legge nei confronti di un trattamento che, per quanto validato come “sicuro ed efficace” dagli enti di controllo, non è comunque scevro da criticità e da rischi, come del resto ogni trattamento terapeutico. Per quanto riguarda la vaccinazione anti-covid l’obbligo vaccinale è stato surrogato dall’introduzione del ben noto Green Pass, che, essendo un attestato di avvenuta immunizzazione ed essendo imposto come obbligatorio per determinate mansioni e categorie di cittadini, è di fatto una limitazione della libertà individuale, in nome


Sanità

di quella che viene ritenuta una maggior tutela della salute pubblica. L’obbiettivo è anche quello di favorire il ripristino delle libertà della vita quotidiana, allentando progressivamente le norme di protezione (uso di mascherine, disinfezione delle mani, distanziamento) sulla base degli effetti prodotti dalla vaccinazione su larga scala. Siamo comunque ottimisti: l’umanità non si estinguerà né per questa né per altre pandemie, pur continuando a lottare e a soffrire. Se dobbiamo rassegnarci a convivere con questo virus ... e convivenza sia! Ma con un virus sempre meno circolante, meno contagioso, meno aggressivo, in una umanità sempre più immunizzata, un po’ come è successo per il virus H1N1 responsabile della ben nota pandemia “spagnola” del 1918 (50 milioni di morti in tutto il pianeta) e successive epidemie influenzali. Ma dovremo anche adattarci e convivere con le continue mutazioni di Sars-Cov-2, un po’ come è successo per l’influenza. Ammetto la mia inguaribile passione per il “relativismo” e penso non senza un po’ di amarezza che sia possibile dimostrare tutto e il contrario di tutto, ma una esperienza personale ha pesato sulla mia opinione e sul mio comportamento: un ricovero della durata di tre settimane nel novembre dello scorso anno

per insufficienza respiratoria severa in polmonite da Sars-Cov-2, con fame d’aria, sofferenza e disagi da terapia intensiva. Tutto questo nonostante la precoce e copiosa terapia medica da me instaurata a domicilio, come da protocollo. Penso che chi ha vissuto quei momenti come li ho vissuti io, e ce ne sono tanti, non possa che essere favorevole alla vaccinazione: dopo sette mesi, a giugno mi sono fatto vaccinare, senza dubbi e senza problemi. Non che abbia voluto fare come chi ha chiuso lo sportello quando è già scappato il porcello, ma è che tra le tante cose che non sappiamo c’è anche la durata della immunità indotta dalla malattia, e un’esperienza come quella non vorrei proprio ripeterla. Né me la sentivo di attendere la definitiva benedizione dell’EMA nel 2023, con il rischio che arrivi prima la benedizione del prete... Le emergenze non possono aspettare, vale la pena di correre il rischio minore, e questa pandemia è un’emergenza. A chi mi chiede un parere, consiglio la vaccinazione, ma a chi ha già preso una decisione diversa non ho nulla da obbiettare, dal momento che ritengo si tratti di una scelta motivata e responsabile, ma soprattutto perché sono convinto che si tratti di una scelta irreversibile. Da ultimo, per “par condicio”, per rispetto dell’opinione e del comportamento di

chi ha deciso di non sottoporsi a questo vaccino, desidero qui riportare le ragioni di Angela, un’amica con la quale ho pacatamente discusso questo argomento.

LE MOTIVAZIONI CONTRARIE

Perché decidere di non vaccinarsi? Entro subito nel merito dicendo che la scelta di non vaccinarmi riguarda esclusivamente questo “vaccino sperimentale” anti-SARS-CoV2. Anche i non addetti ai lavori sanno che un vaccino, per essere reputato tale, necessita anni di ricerca preliminare e di sperimentazione clinica prima di essere commercializzato in totale sicurezza. Comprendo che la necessità di dover mettere a punto quanto prima un vaccino che arrestasse il propagarsi di questo virus abbia fatto sì che si stringessero i tempi accelerando la durata delle varie fasi ma, a maggior ragione, questo ha fatto nascere in me dubbi e reticenze sulla sua reale sicurezza ed efficacia. Scelta motivata da cono-

- 28 -

scenze attinte a quali fonti? Ho molto letto in merito, sia in rete, sia attingendo a varie fonti cartacee e visive, italiane ed estere. Ho visionato video in cui, con grande professionalità e competenza, ma soprattutto scevri da qualsivoglia condizionamento ideologico, scienziati illustri hanno espresso in tutta onestà le loro considerazioni e punti di vista contrapponendo i rischi agli ipotetici benefici. Alcune fonti di informazione sono più affidabili di altre? Quali e per quali motivi? Le fonti di informazione italiane, nella quasi totalità assoggettate a condizionamenti politici ed economici, sono poco attendibili in quanto tutte parimenti allineate sulla necessità di vaccinarsi, imponendo una corrente di pensiero univoca che ha raggiunto toni davvero grotteschi e imbarazzanti. Con arroganza e vile astuzia si stanno limitando le nostre libertà generando un clima di caccia alle streghe. Mi sarebbe per contro piaciuto che, sui mezzi di informazione nazionali e locali, l’argomento fosse stato trattato con un leale contradditorio e confronto fra scienziati di diversa idea e formazione, con l’unico intendimento di porre le persone in grado di attuare una scelta consapevole e non imposta con subdola coercizione mentale.


Sanità

Perché non questo vaccino, quali alternative? Non possiamo fingere di non sapere che le reazioni avverse, a seguito dell’inoculazione di questo “vaccino”, esistono e sono spesso gravi. I mezzi di informazione tradizionali tendono tuttavia a non darne contezza, a vantaggio di una narrazione terroristica volta a enfatizzare la morte di persone “non immunizzate” e a negare qualsiasi correlazione fra effetti avversi e vaccini. Ma ciò che più ha condizionato la mia scelta è il fatto che non si conoscono, per ammissione stessa delle case farmaceutiche che hanno messo a punto i vaccini, quali e di quale entità potranno essere le conseguenze a lungo termine. A impensierirmi ulteriormente vi è poi una totale assenza di studi sulle interazioni vaccino-farmaci assunti da un individuo. Riguardo alle alternative, come ben sappiamo, queste esistono ma non vengono deliberatamente prese in considerazione, né tantomeno divulgate. “Tachipirina e vigile attesa” hanno mietuto e seguitano a mietere vittime. Le persone che contraggono il virus vengono ancora oggi lasciate a loro stesse in attesa che la situazione degeneri e non sia più recuperabile. Medici quali l’esimio dott. De Donno, lui sì un vero ‘Eroe’, hanno salvato decine di potenziali vittime con il siero iperimmune ma sappiamo quali resistenze, politiche e non, essi abbiano incontrato.

Il gruppo Terapie Domiciliari, di cui fanno parte migliaia di medici che credono in tali cure, si sta da tempo adoperando per prestare ai pazienti Covid, su tutto il territorio nazionale e sin dall’insorgere dei primi sintomi, un protocollo di cure che si rivelano essere altamente efficaci. Ma di tutto ciò non si parla. Si preferisce insistere, fino a esercitare una vera e propria coercizione, sulla necessità di iniettare un siero le cui potenzialità nocive non sono ad oggi note. Libertà di scelta in questo caso implica anche responsabilità verso la collettività. Cosa obietteresti a chi afferma che vaccinarsi è un dovere civile e morale? Questo è il leit motif che, in maniera artata, viene utilizzato per incidere sulle coscienze e far sentire in colpa coloro che hanno liberamente scelto di non vaccinarsi. Se, come si sostiene, coloro che hanno ricevuto il vaccino sono “immunizzati” dal contrarre la malattia, quale sarebbe la mia responsabilità di non vaccinato verso la collettività? Perché verrei meno al mio dovere civile e morale? Perché dovrei sentir gravare su di me la responsabilità di poter contagiare chi, scientemente o meno, si è vaccinato? Tanto più sapendo per certo che i vaccinati possono essi stessi essere fonte di contagio e contagiarmi a loro volta? Ma allora, e ancora, perché ac-

cettare di iniettarmi una sostanza che non mi garantisce l’immunità ma potrebbe per contro crearmi problemi, più o meno gravi, a breve e/o a lungo termine? Per definizione il “vaccino”, è un “prodotto che stimola il sistema immunitario di una persona a generare immunità a una malattia specifica, proteggendo la persona da quella malattia”. Perché, durante l’approvazione di Pfizer l’ente governativo statunitense CDC e la FDA hanno modificato tale definizione (adattandola evidentemente a subentrate e impellenti necessità di fuorviare le menti) definendo il vaccino "una preparazione che viene usata per stimolare la risposta immunitaria del corpo contro le malattie”? La differenza di espressione è sottile ma assolutamente sostanziale.

- 29 -

CONDOGLIANZE Un tragico destino ha spezzato la vita, sull’autostrada A4, di Christian Tallarida, un giovane dal brillante avvenire. Incredulità e stupore hanno accompagnato la notizia che si è abbattuta su Orazio Tallarida e non ci sono parole che possano lenire una così grande sofferenza. Ci stringiamo alla famiglia Tallarida in un forte e commosso abbraccio, partecipando al suo immenso dolore.

7G Gabry CENTRO GOMME CRESPI S.A.S.

lun-ven 8.00-12.00 / 14.00-19.00 sabato 8.00 - 12.00

Corso Italia, 25 21052 Busto Arsizio (VA) tel. 0331.633.589 fax 0331.653.182 centrogommecrespi@gmail.com


Istruzione Ufficio Stampa LIUC

Tra ricerca e prospettive HR manager del futuro Come sta cambiando la funzione HR nelle nostre aziende? Quali nuove sfide si prospettano per chi lavora in quest’ambito? E ancora, il manager HR può diventare un vero e proprio business partner? Attorno a questi temi si sviluppa la survey dal titolo “L’HR del futuro: competenze e sfide”, promossa dal Centro di Ricerca sul Cambiamento, la Leadership e il People Management della LIUC Business School, in collaborazione con Bosch TEC ed Hays Executive. Un’iniziativa che si inserisce nell’attività del Centro, da anni dedicato all’analisi e all’approfondimento dei nuovi modelli di management, del livello di engagement dei collaboratori e del rapporto con i capi. I risultati saranno presentati in forma aggregata nel corso di un Workshop che si terrà nel mese di febbraio 2022.

La Finanza privata Sono stati oltre 15 gli operatori, italiani e internazionali che si sono detti pronti a investire capitali per progetti di infrastrutture nei settori dell’energia, della mobilità e della digitalizzazione con obiettivi di finanza sostenibile. Questo è un nuovo paradigma operativo che gli intermediari dovranno seguire per ripensare, anche in ottica Esg, a una nuova frontiera degli investimenti. Gli operatori si sono confrontati sulle modalità e i focus di intervento in un webinar organizzato da AIFI in collaborazione con ExSUF, il Centro di Eccellenza delle Nazioni UNITE su Finanza sostenibile per le Smart Cities, attivo presso la LIUC - Università Cattaneo. “Viviamo un momento storico per prendere e intraprendere azioni decisive, in cui è fondamentale avere una progettualità in grado di attrarre l’interesse di operatori che possono operare su scala mondiale, e che vanno ad allocare le proprie risorse dove ci sono le condizioni di maggior convenienza, ma anche di maggior trasparenza e rapidità”, ha dichiarato Anna Gervasoni, direttore generale AIFI e presidente del Centro ExSUF.

Primati La Classifica Censis delle Università italiane (edizione 2021/ 2022) premia la didattica di Ingegneria gestionale della LIUC che risulta al primo posto, sia per le lauree triennali sia per le magistrali, tra gli Atenei non statali. Una bella soddisfazione, unita al buon risultato sul fronte della didattica anche per Economia aziendale che risulta al terzo posto, sempre in entrambi i corsi di laurea. Nella classifica generale curata dal CENSIS, la LIUC è inserita, come di consueto, tra gli Atenei non statali di piccole dimensioni (fino a 5.000 studenti) e risulta al terzo posto. Se per l’anno accademico 2020 – 2021 si registra un au-

mento delle immatricolazioni del 4,4% in Italia, confermando un andamento positivo ormai da sette anni, resta la necessità di interventi e investimenti di lungo periodo per il diritto allo studio che vede il nostro Paese penultimo in Europa (dopo l’Italia solo la Romania) per numero di giovani di 25 – 34 anni in possesso di un titolo di istruzione terziaria (il 28,9% nel 2020 a fronte di una media Ue del 40,5%), come rileva lo stesso Censis.

Formazione L’Università della Birra è un progetto promosso da HEINEKEN Italia. Costituita a fine 2017, si pone l’ambizioso obiettivo di generare cultura, implementare valore e creare nuove opportunità di business per la filiera di riferimento attraverso la divulgazione di know-how e la costruzione di solide competenze professionali. La formazione, rivolta ai professionisti attivi nel canale Ho.Re.Ca. e nella distribuzione moderna e ai dipendenti dell’azienda, mette a sistema il patrimonio di conoscenze accumulato da HEINEKEN Italia nel corso della sua storia e ulteriori preziose expertise derivanti dalla sinergia con quattro parti. Cultura Birraria, Competenze Commerciali, Gestione Aziendale e Trasformazione Digitale: questi i 4 pillars su cui ruota l'offerta formativa attraverso un percorso di apprendimento teorico e pratico, proposto con codici e linguaggi innovativi e costantemente aggiornato nei contenuti, nelle tecnologie e nelle modalità di fruizione (in aula e online). Il corpo docenti comprende sia professionisti di HEINEKEN Italia sia esperti coinvolti nel progetto in qualità di visiting professor.

Cultura e impresa Come promuovere la cittadinanza attiva all’interno di una classe di studenti di Scuola Secondaria di Secondo grado incentrata sull’interazione tra impresa, cultura e una delle aree tematiche dell’Agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo Sostenibile, nello specifico l’Obiettivo n. 8 “Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti”. È questo il tema della proposta formativa gratuita della LIUC per i docenti chiamati da novembre 2021 a febbraio 2022 a 30 ore di formazione (comprensive di attività in aula e studio individuale) certificate ai fini del riconoscimento di crediti formativi. La proposta nasce dalla collaborazione di Archivio del cinema industriale e della comunicazione d’impresa, Fondazione Dalmine, Fondazione Giuseppe Merlini, Museimpresa, Società Nazionale Debate Italia e LIUC - Università Cattaneo. Il corso utilizza l’approccio del debate, quale metodologia utile allo sviluppo del pensiero critico, e intende diffondere tale metodo applicato alla didattica.

- 30 -


Dibattito aperto Erica d’Adda Senatrice XVII Legislatura

I

Pari opportunità nel mondo post Covid

l ritiro delle forze armate americane dall’Afghanistan, che nel pieno agosto vacanziero ha posto in luce il dramma di un paese, ha emozionato in particolare per la sorte di donne e bambine. Dopo la fuga dei talebani da Kabul nel 2001, per le donne delle città si era aperto qualche spiraglio. Avevano potuto lavorare, studiare, gettare il burqa alle ortiche. Ora il possibile ritorno all’interpretazione estremista della legge islamica genera sconforto e paura. Se questo ci ricorda che il nostro sistema democratico, per quanto imperfetto, è l’unico nel quale la parità politica e sociale fra uomini e donne ha raggiunto traguardi importanti, non scordiamo che permangono inuguaglianze e forti resistenze culturali. Per discuterne, il 18 giugno scorso ho organizzato con il Pd di Busto Arsizio un incontro: “Pari opportunità. Le donne fra disuguaglianze e necessità di riscatto”. Le ospiti intervenute sono Daria Colombo, delegata a Milano alle Pari Opportunità, giornalista e scrittrice, e Francesca Puglisi, bolognese, già sottosegretaria al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Propongo brevi spunti nati dalla discussione. I temi della disoccupazione femminile, della disuguaglianza retributiva, della rappresentanza politico-istitu-

L’On. D’Adda è costantemente impegnata nella difesa delle pari opportunità.

zionale e manageriale, della formazione nelle discipline tecnico scientifiche e della denatalità interessavano il dibattito politico già nel periodo pre-pandemico. Tra le cause principali che impediscono alle donne di esprimere appieno il proprio potenziale c’è lo squilibrio nei compiti di cura familiare, acuito dai retaggi culturali e dall’assenza di sufficienti strutture per l’infanzia e per gli anziani. I dati sulla disuguaglianza delle donne collocano l’Italia in un imbarazzante quattordicesimo posto nella graduatoria dei paesi europei, posizione che l’emergenza sanitaria ha contribuito a peggiorare. La crisi ha avuto infatti un impatto maggiore sull’occupazione e le prospettive di impiego delle lavoratrici, che le vede impiegate in settori

più esposti al rischio sanitario e nei settori più colpiti dalla crisi economica, come il terziario e il turismo. La sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole non ha messo in discussione una visione culturale che considera il lavoro di cura essenzialmente appannaggio femminile, finendo per rendere lo stesso smartworking una “gabbia” in cui le donne sono state assorbite da maggiori carichi lavorativi. La convivenza forzata delle famiglie disfunzionali, inoltre, è diventata esplosiva sia durante che dopo i lockdown. In un paese in cui gli omicidi sono statisticamente in diminuzione, i femminicidi aumentano e con essi le varie forme di violenza. Occorre un rinnovato impegno dello

- 31 -

Stato nel mettere a frutto il potenziale del sistema legislativo, che trova resistenze pesanti nell’applicazione pratica. L’equilibrio di genere poi, non è solo un problema di equità, non è una “concessione” al gentil sesso. Esso ha un impatto sull’intera società e vale circa il 6% del Pil: l’eliminazione del divario salariale e l’aumento del tasso di occupazione femminile potrebbero generare fino a 110 miliardi aggiuntivi. È tutto il paese che paga queste disuguaglianze, non solo le donne. Si apre ora l’opportunità offerta dai finanziamenti europei, che il governo ha sviluppato nel PNRR, dove il tema delle donne -e dei giovani- interseca in modo trasversale ogni capitolo di intervento. Saranno in grado i nostri comuni di intercettare questa occasione? Una domanda inevitabile, nel momento in cui si va al rinnovo delle amministrazioni cittadine. La crisi ci costringe a fare i conti con le nostre debolezze ma, se non ci fermiamo all’accezione negativa del termine e ne riscopriamo il senso etimologico: “separare comprendere, riflettere”, ne potremo valorizzare la capacità di trasformazione dell’esistente. In caso contrario, il declino economico e culturale intercetterà il nostro destino, donne e uomini, nessuno escluso.


Diario cittadino

“Carolina. Una vita per la vita” di Mario Sansalone

La biografia dell'ostetrica Carolina Castiglioni, cui per prima ha conferito il premio Una Vita per la Vita nel 2002, costituisce un valido esempio etico e clinico. Nata alle Fornaci di Fagnano Olona nel 1919, ha individuato e voluto per sé la prospettiva professionale di essere ostetrica quando era ancora difficile da concepire e non ben inquadrata legalmente. Sotto i voli a bassa quota dei bombardieri, già nel 1943 correva senza alcun timore, di notte come di giorno, per le sue prime prestazioni professionali. Il suo rigore morale e la sua certezza diagnostica l'hanno posta gradualmente al centro dell'attenzione a Fagnano e nei comuni vicini. Con il progresso dell'assistenza sanitaria ha proseguito la sua professione, fino all'inizio del nostro millennio, quando aveva ormai più di novanta anni. Il libro, scritto da Carmelo Corrado Occhipinti e pubblicato dalla Casa Editrice Albaccara, raccoglie gli elementi biografici mettendo a fuoco le condizioni della nascita, dell'inizio della professione negli anni Quaranta, dello sviluppo dell'assistenza sanitaria fino all'epilogo della vita di Carolina. Attraverso le testimonianze di coloro che l'avevano conosciuta, il volume ne riporta le più significative nell'ultima parte. A parlare sono mamme, figli e mariti che rievocano la sua figura, in un crescendo commovente e significativo. Albaccara Casa Editrice, l'autore e il curatore (figlio di Carolina) intendono proseguire nella raccolta di testimonianze.

I promessi sposi, “I dü muusi dul lagu da Com” rivivono in bustocco

L

e vignette di Silvia Cassani - azzeccate e significative - abbinate a testi in dialetto bustocco. Questo è “I dü muusi dul lagu da Com”, una rivisitazione in vernacolo dei Promessi sposi. Ma a conferire una marcia in più a questo geniale arrangiamento sono i disegni ritratti da una ragazza autistica che, sostenuta da Carla Carenzi, l’ex dirigente della scuola elementare Chicca Gallazzi, ha interpretato con la sua sensibilità il romanzo del Manzoni. Così in una novantina di pagine si ripercorrono le tappe fondamentali che hanno scandito le peripezie di Renzo e Lucia: dal divieto di don Rodrigo all’aiuto di Fra Cristoforo, dal no di Azzeccagarbugli al tradimento della monaca di Monza, e ancora dalle rivolte di Milano alla carestia e non ultima, dalla peste al fatidico sì dei dü muusi. Insomma il meglio del testo manzoniano rivive in dialetto bustocco. Autori della “metamorfosi”, nomi di punta che la sanno lunga del dialetto di casa nostra: Enrico Candiani, Mario Colombo, Angelo Crespi Masèn, Giuseppe Gabri, Luigi Giavini, Augusta Grilli, Ginetto Grilli e Antonio Tosi Pedèla. Purtroppo nell’elenco “c’è un solo rammarico - come afferma nella prefazione la giornalista Marilena Lualdi - che lungo questa impegnativa e appassionata strada abbiamo perso una poetessa come Carla Mocchetti. Anche lei avrebbe dovuto partecipare, con la sua arte. Ma lo fa, perché ciascuno di noi la ricorda con gratitudine e quindi in ogni pagina troverete anche lei”. I personaggi prendono vita, respirano e piangono, fanno emozionare grazie alla mano di Silvia. “Che ci mostra la pusillanimità di don Abbondio - dice la mamma Chiara De Bernardi - e l’arroganza di don Rodrigo, la fumosità di Azzeccagarbugli, la dolcezza di Lucia, l’esuberante e candida forza di Renzo, la saggia praticità di Agnese, la sofferenza cattiva di Gertrude dal cui velo fuoriescono ciocche di capelli rossi i vistosi orecchini. E pagine toccanti come “L’addio monti” o il rapimento di Lucia sono narrati con pochi tocchi che dicono tutto”. Dunque la cultura puó anche essere solidale. “In questo caso - sostiene il presidente della Famiglia Sinaghina Rolando Pizzoli - lo è in maniera tutta sinaghina”. E rivaluta il dialetto: “Il bustocco è una lingua che si è evoluta nei secoli, con le sue regole, le sue coniugazioni e costruzioni sintattiche. Un mondo affascinante e variegato per le sue innumerevoli sfumature e sfaccettature per definire un concetto o anche per esprimere la stessa parola; un mondo troppo spesso rilegato con leggerezza alle cose “vecchie e superate”, ma che per secoli è stata la principale, se non unica lingua dei nostri antenati”. Insomma “questo volume è la dimostrazione di come la cultura, intesa come agire culturale, possa trascendere se stessa. Andare oltre, raggiungendo un orizzonte immaginifico, in cui significati e significanti danzano avvinti, liquidi, in una dimensione potenzialmente infinita”, afferma nell’introduzione il vicesindaco e assessore all’identità e cultura Manuela Maffioli.

- 32 -

Laura Vignati


Diario cittadino

Bustocco DOC

È ritornato. Con due importanti assegni depositati nelle cassette postali di Anffas e Aias, poco dopo la ricorrenza di S. Giovanni: l’anonimo benefattore ha ripreso la consueta elargizione incurante dell’emergenza sanitaria. Uno splendido gesto che esalta l’autentico spirito bustocco perché interpreta quella nobile tradizione che ha fatto grande la città. Un imprenditore di successo – è possibile inquadrarlo così? – che riserva straordinaria attenzione ai giovanissimi meno fortunati alleviando il dolore e le preoccupazioni dei genitori. Un gesto di solidarietà di eccezionale significato, compiuto con semplicità, discrezione e senza nulla chiedere. Un capolavoro d’altruismo in una fase sociale dove l’assalto al guadagno facile e irregolare rappresenta, purtroppo, la regola. Merita quindi un affettuoso apprezzamento e illimitata gratitudine: grazie, e ancora mille volte grazie, “Bustocco Doc” e un forte e riconoscente abbraccio da tutta la redazione di “Busto Domani”!

Teatro Sociale

Fa parte della storia della città in quanto la sua costruzione risale al 1891 e molti ricordano ancora i “palchetti” che l’aristocrazia bustocca d’allora frequentava. La lirica, con le sue selezionate opere, ha attraversato infatti un lungo periodo conferendo al Teatro Sociale dignità e prestigio. Poi le immancabili trasformazioni dovute a situazioni contingenti e il rilancio a cura di Delia Cajelli che dal Teatro Sociale è stata – per molti anni – appassionata e autorevole interprete. Quindi il recente acquisto attraverso la Fondazione del Varesotto che ha assicurato una gestione in linea con i tempi e impostato un programma ricco di interessanti prospettive. Attualmente la sala teatrale è composta da 658 posti (425 in platea e 233 in galleria), oltre al nuovo ridotto al primo piano, intitolato a Luigi Pirandello, riportato in vita grazie all'associazione culturale Educarte. “Busto Domani” dedicherà sul prossimo numero un ampio servizio per evidenziare un centro culturale che, negli anni, ha onorato la città.

Plauso

Avendo frequentato per motivazioni professionali alcuni Ministeri romani per decenni, è ancora vivo il ricordo – amaro – di quella burocrazia. Erano i tempi degli uscieri che permettevano il colloquio con il superiore… dopo il tradizionale compenso. Fortunatamente i tempi sono cambiati e ha suscitato interesse, la disponibilità, l’attenzione e la collaborazione della giovane impiegata – figura esile con gli occhiali – dell’ufficio Cimiteri del nostro Comune. Con discrezionalità ha ricostruito le procedure mettendo a proprio agio l’interlocutore: una piacevole sorpresa per chi critica l’eccessiva invadenza della burocrazia che rappresenta – tra l’altro - un costo annuale miliardario per la collettività. L’esempio dell’impiegata pubblica bustocca merita quindi un plauso. Sarà anche un’eccezione, ma è degna di considerazione perché alimenta la speranza contro (l’inquietante) inquinamento burocratico. Un segnale estremamente positivo.

Ospedale unico

Dai tempi dell’Assessore Regionale Gallera, il dibattito politico è continuato con alterne fortune anche perchè all’impegno economico previsto - per ora - in 500 milioni, manca il piano per la riconversione delle costruzioni esistenti di Busto Arsizio e Gallarate. Un progetto che aiuterebbe a superare le perplessità di molti in quanto la zona prescelta è già potenzialmente congestionata. Inoltre urge valorizzare il sistema sanitario affinché il pubblico possa competere con le strutture private, con innegabili benefici per la collettività, in quanto il pianeta sanità (pubblica) registra disservizi che si riflettono in particolare su utenti già in difficoltà economica e che l’emergenza sanitaria Covid ha drammaticamente evidenziato. A queste, si aggiungono alcune incertezze politiche, ad iniziare dal Comune di Gallarate che si è dimostrato restio alla nuova costruzione. La politica “ospedaliera” di Regione Lombardia deve essere bilanciata da una attenzione alla medicina di prossimità che in questi anni è stata pesantemente penalizzata.

Panchine

Nei mesi scorsi ne sono state posizionate parecchie soprattutto in sostituzione di quelle obsolete. Un intervento mirato ad ingentilire il centro cittadino: peccato che l’inciviltà di pochi comprometta un’iniziativa apprezzata. Anche se il caso è marginale, riteniamo opportuno segnalare la panchina installata davanti alla Coop di Viale Duca d’Aosta che, come documenta la foto – oltre a scritte oltraggiose – rappresenta il ricettacolo di immondizia perché, soprattutto i giovani, acquistano la tradizionale birretta per poi abbandonare i vetri a terra. Se non ci fossero i tesi rapporti tra Amministrazione Comunale e Coop, con un po’ di buona volontà, il problema sarebbe facilmente risolvibile. Tuttavia per ripristinare un po’ di decoro in un’area frequentata e disseminata dagli “scontrini-spesa” della Coop, non rimane che un rimedio: la sua continua sistemazione a cura della Cooperativa. Nell’interesse di tutti.

Enel

Il pre-annuncio via SMS è accattivante – il contenuto…della fattura un po’ meno, non solo per gli aumenti tariffari per energia elettrica e gas. A complicare il tutto è il sistema di fatturazione: tra l’emissione del documento e il saldo richiesto intercorrono, nella migliore delle ipotesi, 10/12 giorni. Un po’ poco soprattutto per molte famiglie – il 46% quest’anno non è andata in ferie per mancanza di liquidità – che devono programmare le scadenze dei pagamenti con grande attenzione. E poiché siamo in emergenza, è necessario qualche intervento di sostegno. Ad esempio, consentendo il saldo ad almeno 30 giorni data fattura come da prassi commerciale e/o frazionando il pagamento, dopo un certo ammontare, in due rate. Una richiesta motivata che giriamo ai Parlamentari varesini – auspicando un loro decisivo intervento – iniziando dal Senatore Galliani che pare scomparso, da tempo, dai radar di casa nostra. Qui, in gioco, c’è la concretezza della politica.

- 33 -


Problemi & Problemi

Sussurri e grida L’Italia...brucia Con puntualità...cronometrica, in estate, l’Italia - specialmente nel meridione - brucia. Distrutti migliaia di ettari di macchia mediterranea la cui riproduzione richiede decine d’anni oltre al danno, incalcolabile, all’ambiente. E, quasi sempre, l’origine è dolosa. Una piaga che si trascina da troppo tempo nonostante il grande impiego di macchine, mezzi e canadair e con gli ingenti costi, come al solito, a carico della collettività. Nell’era della digitalizzazione e dei droni, monitorare da parte delle Regioni i territori di competenza non appare un sogno proibito, in attesa di dichiarare le aree inedificabili e commercialmente prive di valore, oltre a spalancare le porte del carcere a questi pericolosi soggetti. Insomma è il momento di agire con determinazione, prima che sia troppo tardi, per tutelare - con l’incolumità dei cittadini - il martoriato pianeta. Il fine giustifica i mezzi: un aforisma sempre d’attualità.

Roma città aperta La Raggi televisiva suscita anche empatia. Come Sindaca di Roma...è bene sorvolare. La recente performance riguarda il bonus ai dipendenti della Pubblica Amministrazione capitolina. Cassonetti stracolmi di rifiuti, buche che assomigliano a voragini, metro costantemente in riparazione, bus che bruciano. Per questo ottimo lavoro, sono scattati i premi: 36 milioni, uno slancio di generosità in netto contrasto con la realtà di Roma Capitale. Un esempio dei miracoli della politica, ovvero: come spendere (male) i soldi pubblici nonostante i proclami al rigore morale dei cinque stelle. Con Di Maio capolista di promesse non mantenute ad iniziare dall’acciaieria di Taranto dove è in gioco la sopravvivenza dei lavoratori. Purtroppo la storia continua, nonostante l’emergenza sanitaria ed economica con il blocco dei licenziamenti che ha ridimensionato, almeno provvisoriamente, le preoccupazioni di migliaia di famiglie.

Extraterrestre in... autostrada Liguria “impossibile” da raggiungere e, in particolare, la riviera di ponente. Strettoie continue, segnalazioni di rallentamento infinite, gallerie in perenne riparazione per la felicità degli automobilisti. Perché, qualche volta, si avvista un operaio. Una visione che ricorda gli extraterrestri per la loro rarità. La commedia continua da oltre un anno con gravi danni all’inquinamento, all’economia non solo dell’area e agli automobilisti costretti a subire costi supplementari. E i politici? Dopo aver solennemente annunciato, urbi et orbi, la revoca della concessione ai Benetton il cui bancomat autostradale continua a drenare contanti, è ritornato l’assordante silenzio. Sino a quando? Ormai siamo entrati nella comicità nonostante le assicurazioni del Presidente della Liguria Toti. Ai cartelli “stiamo lavorando per voi” occorrerebbe aggiungere “e incassando per noi”. Che tristezza! - 34 -

☞ Pace fatta tra Grillo e Conte. Ma dai! ☞ Green pass. Contestato ovunque tu sia. ☞ Vaccinarsi? Un optional per i Parlamentari ☞ Galeotta fu la spigola. Al pranzo dei Cinque Stelle. ☞ Tramonto per Forza Italia? Berlusconi permettendo. ☞ A Busto è rinata la DC. Non si è accorto nessuno. ☞ La riforma della giustizia. Senza il grande Bonafede. ☞ Autostrade per l’Italia? O per i Benetton? ☞ Cartabia e la giustizia. Targata Canegrate. ☞ On. Salvini. Il gattopardo della politica. ☞ Ministro Lamorgese. Se ci sei, batti un colpo! ☞ Il Presidente Conte. Di doman...non c'è certezza! ☞ L'assalto alla CGIL. Un'incursione preannunciata. ☞ Autostrade liguri. Un’odissea infinita. ☞ Vertice del centro-destra Con le urla della Gelmini ☞ Elezioni. Esulta il PD Un po’ meno Italia Viva ☞ Pandemia infinita Non resta che sperare in Speranza ☞ Elezioni del Capo dello Stato Ovvero: l’inventario delle candidature



PRODUZIONE e VENDITA SERRAMENTI in PVC

LINEA FUTURO snc

via Sapri, 9/11 | 21054 Fagnano Olona VA tel. 0331 618502 | fax 0331 612997 | lineafuturo@libero.it


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.