Busto Domani 1/2022

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Bimestrale indipendente d’informazione

Busto Domani - ANNO XLI – N° 1 FEBBRAIO 2022 - Copia Omaggio


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Editoriale Sergio SergioColombo Colombo- -Direttore Direttore“Busto Busto Domani Domani”

La ricreazione è terminata

C

on la riconferma di Mattarella a Presidente della Repubblica, si è aperta una nuova fase per la politica italiana dopo le (non esaltanti) recenti consultazioni tra i partiti. Senza sottovalutare che ci accompagna la preoccupante situazione pandemica, l’esplosione dei costi per l’energia, una ripresa economica improvvisamente rallentata con settori – dal commercio al turismo tanto per esemplificare – fortemente penalizzati. E i partiti? Prosegue il “tutti contro tutti”. Una contrapposizione che ha logorato destra e sinistra mentre Renzi, che con il 2,5% di Italia Viva ha liquidato Conte valorizzando la scelta di sette anni fa di Sergio Mattarella, continua a preoccupare il PD. Intanto Berlusconi, nonostante i problemi fisici e delusioni varie, sta ridisegnando il futuro di Forza Italia e un grande centro anche se il consenso degli elettori è ai minimi storici. Poi c’è l’incognita Salvini che – dopo non aver brillato in strategie in occasione dell’elezione di Mattarella – è alla ricerca di una riconversione identitaria: adesione al Governo, ma con improvvise incursioni nel campo dell’opposizione mettendo così in difficoltà il Presidente Draghi che certo non ama l’equilibrismo dei partiti. Avanza la Meloni, forse la più coerente con la linea programmatica tracciata e che non concede sconti ai

mentari che, tra l’altro, hanno scarsa propensione con l’attività lavorativa.

Il Presidente della Repubblica ha giurato soffermandosi a lungo sul concetto di «dignità»

compagni di viaggio, mentre prosegue lo stop and go del PD in attesa di una convinta coalizione politica: un sorvegliato speciale... che spera in un futuro migliore e che Letta preannuncia a fasi alterne.

– anche se manca un anno alla scadenza del Parlamento – in una confusa campagna elettorale per la riconquista di leadership scadute. E Salvini ha dato ampia prova di privilegiare il consenso-voto pur non trascurando i problemi del Paese. Un groviglio procedurale che coinvolge i partiti, ad iniziare dai 5Stelle dove lo scontro Conte-Di Maio mette in discussione un movimento che ha ormai abbandonato le stimmate del movimento tradendo le nobili motivazioni dell’esordio. Quell’invocata onestà - politica ed economica – è rimasta un libro dei sogni e se non fosse per il reddito di cittadinanza abbondantemente elargito nel meridione, l’asticella del 35% dei consensi - oggi più che dimezzati - sarebbe destinata ad ulteriormente scendere rinviando a casa molti parla-

All’orizzonte si staglia quindi un panorama con molte incognite nonostante l’elevata considerazione internazionale di Draghi. La sua permanenza a Palazzo Chigi consente di intercettare le risorse economiche europee, ad iniziare dal PNRR, ed evitando l’assalto secondo un collaudato stile italiano. Pur con le difficoltà a reperire e calmierare i costi delle materie prime, e con la pericolosa situazione ucraina che non consente una visione tranquillizzante, il Governo si è impegnato a rispettare il crono-programma imposto dall’Europa. Perché il rischio è di entrare -5-

Nelle pagine di Busto Domani, con l’autorevolezza degli autori, sono sviluppati questi importanti concetti con al centro la realtà locale. Il grande tema di Malpensa, in attesa di un nuovo decollo operativo a sostegno dell’area, rappresenta un valore aggiunto atteso da tempo. Al pari della riforma sanitaria regionale che pone come primario il bene-salute ad iniziare dai bambini e dal mondo della scuola. Il successo del Progetto di Educazione Sanitaria, avviato dall’Associazione Dell’Acqua nel 2016 e che ha già coinvolto oltre 25.000 studenti, rappresenta quindi un significativo contributo oltre ad evidenziare l’attuale disagio giovanile. Non manca il riferimento alla meritocrazia: l’affermazione internazionale di una nostra concittadina che ha conquistato la leggendaria “Genius Green Card” negli Stati Uniti d’America, testimonia la volontà di un rinnovamento non più rinviabile: un articolato processo in grado di alimentare fiducia e speranza tra la gente se prevarranno l’impegno solidale e il sacrificio personale. Insomma, la ricreazione è terminata, per parafrasare una significativa affermazione pronunciata dall’Avvocato Gianni Agnelli in un’affollata assemblea pubblica.



L’intervista Area comunicazione UNIVA

Busto Arsizio crea valore per il Paese “La manifattura italiana, protagonista assoluta della ripresa economica nel 2021, è costituita da una serie di sistemi locali che già prima della pandemia, sotto la spinta di Industria 4.0, avevano vissuto un boom in termini di crescita di fatturato, produttività, competitività, export”. Tra le realtà territoriali indicate dall’economista Marco Fortis in un recente articolo de Il Sole 24 Ore, come traino del Paese c’è anche Busto Arsizio. È da questo dato che parte l’intervista al Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Roberto Grassi. Nell’analisi fatta da Fortis sulla base delle tabelle di Fondazione Edison, Busto Arsizio risulta essere il sesto sistema locale in Italia per rapporto tra valore aggiunto sul fatturato. Con un dato di 31,8 il sistema produttivo bustocco si piazza dietro alle sole Borgomanero, Catania, Sassuolo, Ancona, Frosinone. E con Varese che si piazza 11esima rinsaldando ulteriormente le capacità manifatturiere del territorio. Se lo aspettava? Solo chi non conosce bene e in profondità le capacità competitive del nostro sistema industriale può rimanere stupito dei primati che ci vengono ancora oggi di volta in volta riconosciuti dai rapporti pubblicati da centri studi di prestigio come Fondazione Edison. Busto Arsizio è e rimane una delle aree più industrializzate d’Italia.

di noi stessi e per capire su quali pilastri economici e sociali, già ben saldi nelle nostre comunità, costruire un futuro di benessere. Va tutto bene dunque?

Roberto Grassi è Presidente e Amministratore Delegato della Grassi Spa di Lonate Pozzolo, leader in Europa nel settore abbigliamento tecnico e professionale. Oltre a Presidente di UNIVA, ricopre importanti incarichi istituzionali.

Quella di Varese è una delle province più manifatturiere d’Europa per valore aggiunto prodotto e per numero di addetti che lavorano nei settori produttivi. È questa la chiave di lettura del nostro territorio. È ancora questa, quella manifatturiera, la più importante vocazione del Varesotto. Troppo spesso si vaneggia di modelli di sviluppo alternativi a quello industriale, senza, invece, avere il coraggio e la capacità di valorizzare le nostre caratteristiche principali che ci contraddistinguono in Italia e a livello internazionale.

rito anti-impresa è purtroppo diffuso in tutto il Paese. In provincia di Varese, però, facciamo ulteriormente fatica a risolvere quella che, in un recente editoriale del magazine di Univa, Varesefocus, ho definito l’incapacità di autorappresentazione e di mancanza di consapevolezza e conoscenza che abbiamo di noi stessi. Tutto questo ci lega ad una visione nostalgica del passato. Un amarcord deleterio. Pensiamo ancora a quando ci definivano la Manchester d’Italia, ma la realtà è che oggi molti a Manchester dovrebbero invidiare la capacità di Busto Arsizio di creare valore per il proprio Paese.

Secondo lei perché? In generale c’è una cultura anti-industriale che fatichiamo a contrastare. È un po’ come giocare in casa, ma avere il tifo contro. Ciò non è una caratteristica esclusiva del nostro territorio, questo spi-

Qual è la lezione che si trae? Dovremmo guardare proprio a studi scientifici come quelli di Fondazioni Edison per avere una giusta interpretazione -7-

Assolutamente no. La percentuale di imprese che investono in digitale è ancora troppo bassa, alcune filiere produttive si stanno smagliando, abbiamo gap di competenze nel reperimento delle risorse umane. C’è molto da fare e su cui lavorare. Abbiamo di fronte a noi sfide epiche che impongono la trasformazione dei nostri modelli organizzativi sia in termini di territorio, sia di società, sia di imprese. Pensiamo alla transizione ecologica, alla digitalizzazione, alle smart cities, al tema della demografia, solo per fare alcuni esempi. I primati di oggi rischiano di scomparire presto se non saremo all’altezza di queste sfide. In tutti questi fronti aperti, però, il driver di crescita principale è rappresentato sempre e comunque dall’impresa. È proprio l’impresa il primo attore sociale su cui puntare e investire. E qui a Busto Arsizio, così come più in generale in tutta la provincia di Varese, abbiamo una delle più alte densità di presenza di imprese manifatturiere per chilometro quadrato di tutto il Paese. Da una parte c’è chi questo dato non lo vede e non lo conosce. Dall’altro c’è chi ne è consapevole, ma lo interpreta come un difetto o un ostacolo al


L’intervista

progresso. Invece, è al contrario la nostra prima arma di sviluppo e di attrattività di risorse e di persone. Chi crede di poter creare sviluppo in Italia senza imprese e senza industria ha fatto male i calcoli con storia, presente e futuro. Facciamo, però, esempi concreti. Su quali dossier il territorio dovrebbe, secondo Univa, avere un approccio diverso, meno anti-impresa, come lei sostiene? Ne abbiamo uno dietro l’angolo: Malpensa. Il nostro aeroporto, di fronte al crollo dei voli passeggeri causato dalla pandemia, è riuscito comunque a crescere, contrastando il crollo occupazionale, attraverso le attività cargo. Da Malpensa passa ormai il 70% del traffico merci del Paese, con incrementi annui in termini di volumi del 34%. Sono ritmi impressionanti, segno della vitalità del nostro sistema industriale e delle capacità dell’aeroporto di fare da porta sul mondo del made in Italy. Ormai però siamo

mancato allargamento dell’area cargo farà perdere occasioni di creazioni di posto di lavoro, già oggi molto probabili. Quelle merci che non partiranno da Malpensa con destinazione il mondo partiranno comunque, ma da altri porti e aeroporti del Nord Europa. Con una scelta locale miope faremo le fortune di infrastrutture straniere e delle loro comunità che già si sfregano le mani per i nostri autogol. Con benefici nulli in termini ambientali. Perché quegli aerei che non decolleranno da Malpensa verranno sostituiti dai camion che intaseranno le nostre autostrade con destinazione Francia e Germania. Non ci vediamo proprio nulla di sostenibile in tutto questo scenario. A farne le spese sarà l’intero nostro sistema economico locale, compreso quello bustocco. Dovremmo invece aiutare i piani di sviluppo di Sea e i suoi progetti per fare di Malpensa il centro di una nuova mobilità più sostenibile.

vicini alla saturazione. Nei prossimi tre anni con questi ritmi verranno raggiunti i livelli che fino a qualche tempo fa erano previsti per il 2035. Cresciamo più di quanto ci fossimo mai immaginati. Ed è per questo che il Masterplan presentato da Sea non prevede nessuna occupazione di nuovo suolo per i passeggeri, ma solo un allargamento per l’area cargo, un’espansione del tutto sostenibile e nemmeno paragonabile a quella prevista fino a qualche tempo fa quando si parlava ancora di terza pista. Come imprenditori, dunque, non capiamo i parerei contrari degli enti locali al piano di sviluppo di Sea. Secondo il ragionamento delle amministrazioni, probabilmente, ogni occupazione di nuovo suolo non è sinonimo di sostenibilità. Ma non lo è nemmeno la decrescita, la perdita di posizioni di competitività o la disoccupazione. Anche fermare il progresso e l’espansione delle imprese non è sostenibile. Il

In che modo? Come molti altri settori, anche l’industria aeronautica è in profonda trasformazione. Gli aerei moderni sono sempre meno inquinanti e meno rumorosi. E lo sviluppo corre a ritmi forsennati verso nuovi modelli di mobilità aerea a lungo, medio e cortissimo raggio. Dobbiamo avere lo sguardo su questi scenari quando prendiamo oggi deci-8-

sioni sul territorio. Malpensa può essere protagonista sugli scenari dell’idrogeno e delle reti di vertiporti necessarie alla creazione di un’advanced air mobility in Lombardia e Nord Italia. Malpensa a parte, qual è oggi la situazione nelle imprese del territorio? Quali le maggiori preoccupazioni? Abbiamo vissuto un 2021 di ripresa. I dati sui livelli produttivi e la forte crescita dell’export sono lì a dimostrarlo. Da settembre in avanti però è andata crescendo la preoccupazione per l’andamento dei costi di reperimento delle materie prime, dei semilavorati e, soprattutto, dell’energia. Preoccupazioni che ora si sono trasformati nelle aziende in veri e propri allarmi. In provincia di Varese sono presenti molti settori per loro natura energivori. Pensiamo al tessile, alla gomma-plastica, alle cartarie, alla siderurgia. Imprese che si stavano riposizionando con successo sulle nuove catene globali del valore e che, anche se a fatica, stavano ritornando a crescere con ritmi anche più sostenuti di quelli dei nostri stretti competitor europei o internazionali. Ora, però, le bollette sono arrivate su livelli che in alcuni casi rendono diseconomico produrre. Ci sono linee che si stanno fermando, pur di fronte a portafogli ordini pieni. È una contraddizione su cui intervenire al più presto. Come Paese e come Europa.


L’intervista Redazione Busto Domani

La riforma sanitaria regionale

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ia libera dal Pirellone alla legge di potenziamento della sanità lombarda. Dopo una maratona che ha visto protagonista l’aula del Consiglio regionale per 15 giorni e 110 ore complessive di dibattito il provvedimento è stato approvato grazie ai voti della maggioranza di centrodestra. Ne abbiamo parlato con il relatore del progetto di legge, Emanuele Monti, che è anche il Presidente della Commissione Sanità e Politiche Sociali della Lombardia. Presidente, più volte avete detto che questa legge è stata scritta con i lombardi. Cosa significa? Il percorso che ha portato all’approvazione di questa legge viene da lontano e guarda al futuro. In Commissione Sanità, che ho l’onore di presiedere, abbiamo ascoltato la voce di oltre 200 stakeholder tra medici, operatori sanitari, sindaci, associazioni di volontariato, enti del terzo settore e corpi intermedi. Abbiamo volutamente privilegiato un approccio di costruzione dal basso di una legge che ha l’obiettivo chiaro di dare più salute ai lombardi. E poi ci sono stati dieci giorni di maratona in Aula... Partito democratico e i 5 Stelle hanno preferito le pro-

tà lombarda del futuro?

Emanuele Monti, varesino e Presidente della Commissione Sanità e Politiche Sociali della Lombardia, è stato l’autorevole relatore della legge che guarda al futuro attraverso la sostenibilità ambientale delle strutture del sistema sanitario.

teste alle proposte. Erano senza idee e non hanno presentato un progetto di legge alternativo a quello della maggioranza, a differenza di come fecero nel 2015 quando venne approvata la riforma Maroni. Ci hanno tenuto in Consiglio regionale per dieci giorni, con sedute notturne e nel fine settimana, ma non abbiamo mollato perché il nostro obiettivo era, è e rimane la salute dei lombardi. Altri hanno preferito fare lo scoop giornalistico, facendosi anche espellere per aver occupato i banchi della presidenza. Un brutto spettacolo per la politica regionale.

abbiamo voluto coinvolgere maggiormente i sindaci, il Consiglio delle Autonomie Locali e la commissione del Consiglio regionale competente sui principali atti di indirizzo sanitario di Regione Lombardia come il Piano Sociosanitario Lombardo, il Piano Regionale della Prevenzione e le linee guida per la redazione, da parte delle aziende sanitarie locali, dei Piani organizzativi aziendali strategici. I nostri amministratori hanno un ruolo cruciale per la tutela della salute dei propri cittadini e quindi abbiamo voluto integrarli maggiormente nella programmazione sanitaria, sociosanitaria e sociale.

Che ruolo avranno ora i sindaci nell’ambito della programmazione sanitaria?

Ha parlato delle associazioni di volontariato. Il loro ruolo quale sarà nella sani-

In tema di autonomie locali, -9-

Le mettiamo al centro delle scelte strategiche del sistema sanitario lombardo: insieme a loro programmeremo gli scenari attuativi della legge e definiremo i percorsi diagnostico terapeutici. Una bella dimostrazione di come Regione Lombardia metta al centro il cittadino/paziente anche in scelte molto importanti. Possiamo dire di aver scritto insieme a loro questa legge e insieme a loro la attueremo. E per quanto riguarda i medici di famiglia invece? Riprendiamo l’elemento principale della riforma Maroni del 2015: tanta attenzione alla cronicità. Abbiamo istituito un fondo ad hoc di 5 milioni di euro dedicato al finanziamento di progetti innovativi di telemedicina, teleassistenza e telemonitoraggio dei pazienti cronici. Vogliamo mettere i medici di famiglia nelle condizioni di poter offrire una presa in carico più efficace ed ispirata ai modelli dei Paesi del nord Europa che hanno una conformazione geografica e demografica simile a quella lombarda. Questo stanziamento si aggiunge ai 170 milioni già previsti per lo sviluppo complessivo della telemedicina che, in linea con quanto ci chiede l’Europa, sarà un uno


L’intervista

strumento aggiuntivo di medicina di prossimità. A livello nazionale a che punto siamo sui medici di famiglia? La Lombardia ha dimostrato tutta la propria lungimiranza ed ha anticipato tutti ancora una volta, chiedendo a gran voce un intervento serio del Governo su questo problema che riguarda tutto il Paese. Sia tramite ordini del giorno, sia durante il dibattito abbiamo chiesto che il Governo metta mano in maniera seria e puntuale alla medicina di famiglia. Le carenze di medici di medicina generale, la miopia nella programmazione delle borse di studio per gli specializzandi e un quadro normativo di settore al quanto farraginoso si stanno ripercuotendo sulle famiglie lombarde. Serve una presa di posizione divenuta improcrastinabile.

dei medici di famiglia riuniti in associazione o in cooperativa ed opereranno in sinergia con le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità. I medici che lavoreranno al loro interno, potendo effettuare prestazioni ed esami a bassa intensità che oggi sono disponibili solamente all’interno delle strutture ospedaliere, limiteranno le liste d’attesa e promuoveranno l’appropriatezza clinica. Tanta attenzione alla sostenibilità ambientale. È così? Spazio anche per l’ambiente e la sostenibilità. Guardiamo al futuro attraverso la sostenibilità ambientale delle strutture del sistema sanitario. Mettiamo in legge che l’efficientamento energetico, l’utilizzo di materiali ecosostenibili e gli investimenti strutturali e tecnologici volti a mitigare l’impatto ambientale siano prioritari nell’agenda di governo di questa Regione.

Per quanto riguarda le risorse, quanto stanziate? La legge prevede uno stanziamento complessivo di 2 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi arriveranno dal PNRR e 800 milioni dalle casse regionali. Abbiamo praticamente raddoppiato i fondi europei con risorse nostre proprio con l’obiettivo di potenziare in maniera seria la medicina territoriale. Questi sono i fatti, agli altri lasciamo le parole. I tempi di attuazione quali sono? Siamo già partiti. A Milano prima di Natale è stata inaugurata la prima Casa della Comunità ed entro tre anni vogliamo completare la realizzazione di tutte le nuove strutture sanitarie territoriali. È un piano ambizioso ma che l’eccellenza lombarda, riconosciuta a livello internazionale, può permettersi.

Oltre alle Case e agli Ospedali di Comunità, di cui si fa tanto parlare, avete istituito gli Ambulatori Sociosanitari Territoriali. Di cosa si tratta? Una delle principali novità riguarda l’istituzione di questo nuovo livello d’assistenza che interagirà con Ospedali e Case della Comunità. Gli Ambulatori Sociosanitari Territoriali saranno la casa

L’aula del Consiglio Regionale

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☞ Anche Di Maio ha scritto un libro. L’Italia letteraria esulta. ☞ Salvini: ascolto tutti, poi decido io. È vero, purtroppo! ☞ Contagi e novax. Un problema tra i problemi. ☞ Fratelli d’Italia e Lega. Uniti, ma divisi. ☞ Grillo indagato. Il fascino del dollaro. ☞ Letta e il PD. Girovagando tra le correnti. ☞ Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva, Coraggio Italia. Manca il quinto partito: Povera Italia. ☞ Rapporti Stato-Regioni. Come le parallele convergenti democristiane. ☞ Bollettini ufficiali Covid. Il più grande contorsionismo politico. ☞ Votazioni quirinalizie. Il trionfo del bianco. ☞ Riformare la riforma. Della giustizia. ☞ Bonus edilizio 110%. Un bonus truffaldino? ☞ Via le mascherine all’aperto. Ma resta l’agguato Covid. ☞ Non piove da 60 giorni. Come al solito: governo ladro! ☞ Il futuro politico di Draghi. Un quiz per giornalisti. ☞ Scontro Di Maio-Conte. Quasi una commedia. ☞ Politici al lavoro. Per il bene del Paese: ma dai!


L’intervista Marilena Lualdi - Giornalista Professionista

La Genius Green Card a Milena Origgi

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a ottenuto la “genius green card” per abilità straordinarie nel campo della formazione vocale da parte degli Stati Uniti d’America: un primato made in Busto. Milena Origgi è nata nella nostra città, è una vocal coach e ha creato il metodo Inborn Voice. Ecco la sua straordinaria storia, per cui l’associazione Enrico Dell’Acqua ha deliberato di candidarla a “socio d’onore”. Com’è nata l’idea di Inborn Voice, qual è stata la scintilla che l’ha condotta in questa direzione? Inborn Voice è nata da un’esigenza non mia, ma delle persone che mi circondavano. Infatti la mia carriera di Vocal Coach si è sviluppata, come si suol dire, “a grande richiesta”. Io ero una cantante professionista e non era mia intenzione dedicarmi al coaching, tanto meno all’insegnamento della tecnica vocale, ma ogni qual volta qualcuno dei miei amici mi chiedeva consigli legati all’uso della voce, otteneva risultati talmente eclatanti che tutti erano incuriositi dal “cosa avesse fatto”. Poi il passa parola ha fatto il resto. In pratica ero già rinomata prima ancora di iniziare la carriera. Sempre più persone volevano ritrovare la propria voce, la capacità di provare ed esprimere emozioni. Dato che all’epoca non esisteva nulla di simile, tutti

Il prestigioso riconoscimento internazionale assegnato alla bustocca Origgi è attribuito anche ai premi Nobel quasi a sottolineare l’universalità dell’attestato.

volevano assolutamente lavorare con me e mi spronavano a dare una forma più continuativa e a credere nelle mie capacità di Coach. Fu allora che battezzai il mio metodo “Inborn Voice”, ovvero la voce che è nata con noi e che vuole ritornare ad echeggiare in questo mondo. Da allora si può dire che sono diventata la Voice Coach italiana più copiata al mondo, anche se pochi hanno saputo davvero cogliere il mio intento, ovvero liberare la voce delle persone da tanti preconcetti e problemi inutili. Tanti “copioni” in realtà utilizzano le mie idee solo per attirare clienti, a lato pratico poi sono dei semplici “insegnanti di canto” con qualche nozione di PNL, il che è diametralmente opposto al mio metodo e alla mia visione della voce umana. Io insegno ad esprimere idee, a comuni-

care l’amore, a trasferire conoscenze e, perché no, anche a “vendere” meglio sé stessi e le proprie idee ai più grandi manager del pianeta e alle principali aziende italiane basandomi sulle emozioni profonde e sul concetto di base che la nostra mente, mente!

sentono estranea. Spesso si ricordano di essere stati bambini molto espansivi, ora si ritrovano ad essere adulti silenziosi e incapaci persino di provare emozioni. Il mio metodo è semplice da mettere in pratica ma difficile da spiegare, perché non è legato al “pensare”, ma al “sentire”. Spesso viene definito dai miei clienti come una “magia”, non per nulla in America mi chiamano “la guru della voce”. Sono famosa anche perché insegno ad usare la voce senza utilizzare i classici e oramai obsoleti “vocalizzi”, anzi utilizzo persino esercizi “silenziosi”. La reazione più comune di chi lavora con me e sperimenta il metodo Inborn Voice è proprio la sorpresa. Si riscopre una vocalità espressiva pur senza apparentemente avere fatto nulla per ottenerla.

Può descrivere il metodo e l’attività ai nostri lettori?

Ha avuto riscontro immediato o il successo dell’iniziativa ha richiesto tempo?

Il mio metodo è semplice: togliere e non aggiungere. Anziché pretendere di insegnare, di immettere nuove idee, nuove tecniche, il metodo Inborn Voice mira a rimuovere quelle parti della comunicazione interpersonale che non sono corrette o che sono usate a sproposito. Sblocco le potenzialità naturali della voce, quelle che si avevano da bambini. Molte persone non riconoscono più la propria voce, la

Il successo per me è stata un’onda che mi ha preso e portata fino ad ottenere il riconoscimento più grande: essere la prima e unica persona al mondo (per di più di origine Italiana) ad ottenere la “genius” green card per abilità straordinarie nel campo della formazione vocale da parte degli Stati Uniti d’America. Lo stesso riconoscimento che diedero ad Albert Einstein e che riservano ai premi No-

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L’intervista

bel. Chiaramente ogni cosa richiede tempo, ma tutto è nato grazie ad un dono e all’incontenibile passaparola legato al successo. Una persona alla volta sono arrivata a Milano aprendo il mio primo studio. Una persona alla volta sono arrivata a Londra dove ho aperto il mio secondo studio. E di persona in persona sono arrivata negli Stati Uniti dove ho studi un po’ dappertutto, da New York a Los Angeles. Qual è oggi la portata della sua attività in termini di numeri e Paesi? La soddisfazione più grande è avere clienti tra i principali manager di tutto il pianeta, gli stessi che vengono intervistati dai Tg di tutto il mondo quando presentano le ultime novità delle loro aziende. I miei clienti sono sparsi dalle isole Hawaii ad Hong Kong. Insegno online, anche in inglese, e lo faccio da quasi 20 anni. Oggi tutti più o meno improvvisano delle lezioni online. Invece il metodo Inborn Voice si può dire che è nato grazie all’online più di 20 anni fa. Infatti ad inizio millennio fare una lezione online era pionieristico. Nessun’altra vocal coach può vantare la mia esperienza online o la mia varietà di clienti. Ci tengo a sottolineare che scelgo sempre con cura i clienti, ma ci tengo a riservare sempre spazi anche per semplici mamme, impiegati e persone

INVITATA A BUSTO ARSIZIO I contatti avviati con Milena Origgi sono finalizzati ad organizzare, nel prossimo Maggio a Busto Arsizio, la cerimonia per la sua proclamazione a “socio d’onore” dell’Associazione Enrico Dell’Acqua che annovera: Gigi Farioli (Sindaco di Busto Arsizio 2006-2016); Lino Faccincani (Imprenditore e mecenate); Antonella Gisti (Presidente Estate Spa); Piergiacomo Grampa (Vescovo Emerito di Lugano). L’evento si propone di testimoniare l’eccezionale successo della nostra concittadina con l’ideale riferimento a Enrico Dell’Acqua, il pioniere dell’esportazione italiana. L’intensa collaborazione di Origgi con aziende leader nel mondo rappresenta anche una grande opportunità per l’imprenditoria per relazionarsi con questa “cittadina del mondo” che onora Busto Arsizio. comuni che desiderano profondamente colmare il vuoto espressivo che riscontrano in famiglia, nelle relazioni sentimentali o sul lavoro. E quali sono le prospettive per il futuro? Portare sempre di più il mio messaggio in giro per il mondo con i miei workshop, eventi di una giornata intera a numero chiuso, dove porto le persone a riscoprire la propria Inborn Voice con un trattamento full immersion, travolgente e rivelatorio. Da Parigi a Londra, passando per tante altre città europee o asiatiche, voglio dare l’opportunità a quante più persone possibile di ritrovare la propria voce più profonda ed espressiva. Riservo sempre almeno due date per l’Italia: Milano e Roma. Sarò nuo-

vamente a grande richiesta il 15 maggio a Milano e a Roma il 5 giugno 2022. Trovate tutte le informazioni sul mio sito www.inbornvoice. com. Chiaramente tutti preferirebbero incontri privati, ma il mio tempo è limitato e consiglio a tutti di provare almeno una volta uno dei miei workshop, dicono che si pos-

sa davvero rinascere. Lei è nata a Busto Arsizio: qual è stata la sua formazione? La mia formazione è di natura classica e orientale, ma nulla di quello che si può imparare da un libro è parte del mio metodo Inborn Voice. Anzi, la mia esperienza personale, se vogliamo il mio “dono”, serve proprio alle istituzioni più prestigiose, come l’Università Cattolica del Sacro Cuore, per costruire i futuri corsi di “personal development” o di “communication skills”. In futuro, quando la fisica quantistica sarà più comprensibile, probabilmente si scoprirà che tutto il mio “essere” si potrà trasformare in un “sapere”, per ora solo pochissimi dei miei allievi possono intraprendere un percorso di formazione per diventare a loro volta dei coach Inborn Voice.

La Origgi è stata la prima Italiana a meritare la Green Card “dei geni” grazie alle sue abilità straordinarie nel Vocal Coaching

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L’intervista

Lei ha ottenuto la Green card “genius”, un grande riconoscimento. Cosa significa per lei vivere e lavorare in America? Andare in America non è stato semplice, tutti sanno quanto sia difficile farlo senza un datore di lavoro che ti sponsorizza. Io ho fatto tutto da sola, con grandi sacrifici, senza sponsor e senza inganni. Sono partita per risolvere un problema per me fondamentale, ovvero trovare un fuso orario che mi consentisse di lavorare online con tutto il mondo senza dover fare le ore piccole. Ho scelto Boston come destinazione perché è li che si trovano le principali università degli Stati Uniti: Harvard e il MIT. Tutti me lo avevano sconsigliato in quanto è la parte degli Us dove è più difficile iniziare un’attività per via dell’enorme concorrenza. Ma anche in questo caso è bastato trovare un cliente per arrivare, nel giro di 5 anni a conquistare l’altra costa e persino la Silicon Valley. Cosa apprezza particolarmente di questo Paese e c’è qualcosa che le manca dell’Italia?

Dell’America apprezzo la meritocrazia, presente in buona parte del tessuto sociale. Chiunque voglia impegnarsi per ottenere un risultato, lo può ottenere. Anche l’accesso al credito è più a misura d’uomo che in Italia. Apprezzo la voglia di essere coesi e di aiutare senza troppi pregiudizi. Inoltre la parte che mi ha conquistata è stata la natura, i suoi paesaggi così pazzeschi e forti dall’oceano al deserto fino ai Geyser ed il Grand canyon. Per il resto direi che le differenze sono sempre meno marcate. Dell’Italia mi manca chiaramente ed immensamente la mia famiglia che pazientemente mi supporta e mi aspetta con tanto amore.

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Recensione Franco Azimonti Giornalista, curatore d’arte

Magini: fotografare con la penna

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iuseppe Magini, o meglio "Pinuccio", ha da sempre coltivato l'amore per il bello inteso nelle più ampie espressioni. Tra queste vi è un iniziale amore per la fotografia " come per la penna, la foto vale ciò che vale l'uomo che se ne serve" (John Steinbeck). Certamente Pinuccio con la sua macchina fotografica sapeva fermare l'attimo che forma un'immagine, eppure ciò non lo rendeva pienamente soddisfatto: voleva fermarsi, desiderava godere del tempo del sapersi fermare. Ecco allora la scelta di fotografare con la penna, forse confortato da un pensiero di H.Cartier Bresson "La fotografia è una reazione immediata, il disegno è una meditazione". Pinuccio diventa così il "pellegrino" che vuole, che sa fermarsi armato da una penna, da fogli di vario genere e dimensioni, a volte "rubati" dal quotidiano girovagare, per la necessità di "appuntare" luoghi, persone, momenti. Schede, disegni, appunti raccolti in varie fasi nei molti luoghi scoperti o già conosciuti. Fermarsi e poi disegnare, prima con gli occhi, poi con la purezza dei tratti di penna o matita. Il disegno puro, come elemento primario, come fondamentale strumento di formazione e conoscenza: il disegno come anima dell'opera, particolarmente quando viene interpretato con il solo uso del nero su carta

RICORDANDO PINUCCIO

"I disegni - diceva Leonardo da Vinci -fissano sulla carta un'idea, materializzano un'immagine che va formandosi, danno corpo a un pensiero che sta crescendo e cerca la sua migliore espressione"

bianca. Per Vittorio Storaro, maestro della luce, il nero è da vedersi come il colore del concepimento. In questa raccolta delle opere grafiche di Giuseppe Magini, viene evidenziata la capacità di narrare le tante cose e i vari eventi che il vissuto quotidiano ci consegna. Ma, soprattutto, la scoperta delle molte storie che troppo spesso vengono dimenticate. Storie interpretate da Pinuccio attraverso immagini, architetture, momenti, paesaggi, appunti e racconti. Negli ultimi anni ho visto spesso Pinuccio accompagnarsi al suo "bastone", divenuto fedele amico nei suoi percorsi sempre alla ricerca di nuove emozioni da annotare "fermando l'attimo in una immagine, in una forma che resti se non eterna, unica, inconfondibile". (Silvio Raffo) In Giuseppe Magini, "Pinuc-

cio" mi piace vedere un viandante, il viandante di Johann W.Goethe: un viaggiatore errante, un avventuriero dello spirito, colui che intraprende un viaggio volto alla scoperta di se stesso e al raggiungimento della pace interiore fortemente desiderata. "Se non sai dove vai, volgiti per vedere da dove vieni" narra un proverbio indiano. I disegni di Pinuccio, i suoi appunti possono contenere un contributo...

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Ho conosciuto “il Pinuccio” e l’ho frequentato per anni. In particolare, vivendo l'Architettura di Busto, ho potuto incontrarlo spesso per vivere l'esperienza della città e per approfondirne temi e problemi. Vita non facile quella di Pinuccio, in un mondo in cui gli episodi di Architettura hanno sottolineato un ambiente in continua trasformazione. Con i paesaggi ed i dettagli (la sua Busto vecchia, il Ticino e la brughiera, le campagne e le cascine, ma anche il frutto dei suoi viaggi a Firenze e in Italia), Pinuccio ci ha raccontato e descritto, con la propria sensibilità, il suo (e nostro) mondo vissuto. Come quando si annota qualcosa di cui si vuole mantenere il ricordo, Pinuccio annotava - disegnandoli - parte dei luoghi e delle architetture per farli propri, per assimilarli nel suo io e nella sua memoria. Sono non solo un esercizio grafico, di quando ancora gli Architetti disegnavano a mano e mettevano nel disegno anche il tempo del lavoro necessario al far proprio l'ambiente e l’oggetto della rappresentazione. Oggi gli Architetti lavorano a computer e rivedere i disegni di Pinuccio, con la sua linea morbida, mi porta un pò di nostalgia... Ma il ricordo di un amico mi parla ancora e mi invita a curiosare sulla realtà dei suoi sogni. L’amico e collega Paolo Torresan


Economia Antonio Laurenzano - Tributarista

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La ripresa economica e il patto di stabilità

opo il Recovery Plan for Europe con l’ambizioso progetto Next Generation EU varato per fronteggiare la recessione pandemica, due nuovi capitoli si aggiungeranno nel 2022 alla complessa storia comunitaria: l’atto finale della Conferenza sul futuro dell’Europa in corso dallo scorso 9 maggio e la riforma del Patto di stabilità e crescita. Un tema quest’ultimo di grande rilevanza nella politica di bilancio dei Paesi europei. Un accordo tra i Paesi membri dell’Ue che richiede il rispetto di alcuni parametri di bilancio e ruota attorno a due cardini: il deficit pubblico (differenza tra entrate e uscite, comprese le spese per interessi) che non deve superare il 3% del Pil e il debito pubblico che non deve superare il 60% del Pil. Parametri molto rigorosi, più volte terreno di scontro fra i falchi del Nord e i Paesi cicala del Sud Europa. Le norme del Patto di stabilità e crescita (Stability and Growth Pact), secondo i principi contenuti nel Trattato di Maastricht del 1992, “mirano a evitare che le politiche di bilancio vadano in direzioni potenzialmente problematiche e a correggere disavanzi di bilancio o livelli del debito pubblico eccessivi.” Di fatto si vuole evitare che gli squilibri interni e la mancanza di rigore di un singolo Stato per… allegra finanza

La moralizzazione della finanza pubblica: quasi una sfida per l’Italia per ottimizzare le risorse europee.

possano mettere a rischio la sua stessa tenuta e quella dell’Ue. Per i Paesi “trasgressori” la Commissione Ue può promuovere una procedura d’infrazione che attraverso un avvertimento preventivo e una serie di raccomandazioni si conclude con una sanzione. Nel marzo 2020 la Commissione Von der Leyen, per limitare l’impatto socio-economico della pandemia, aveva proposto l’attivazione della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità, autorizzando i singoli Paesi membri a elargire contributi senza il rischio di raccomandazioni correttive o di sanzioni in caso di sforamento del deficit e del debito pubblico. Maggiore flessibilità della finanza pubblica per sostenere l’economia durante la crisi, tutelando imprese e famiglie. Nella previsione di condizio-

ni economiche dell’Ue ante crisi per il 2023, il Meccanismo europeo di stabilità (MES) lo scorso ottobre è intervenuto nel dibattito lanciato dalla Commissione europea per la revisione del Patto di stabilità con una importante proposta: tetto del deficit sempre al 3%, ma limite del rapporto tra debito pubblico e Pil al 100% (invece dell’attuale 60%). In un panorama economico radicalmente stravolto dalla crisi pandemica, il MES sostiene che nel medio termine le nuove misure delle regole europee, con un allentamento ragionato e motivato dei vincoli sul debito, possano favorire la graduale eliminazione delle misure fiscali discrezionali legate alla pandemia, rilanciare l’economia e nel lungo termine rafforzare l’impegno del singolo Stato

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verso posizioni di bilancio sostenibili. Ridurre cioè l’indebitamento senza ricorrere a tasse più alte e a tagli alla spesa sociale, ma attraverso una maggiore crescita sostenuta da investimenti pubblici. “Abbiamo bisogno di più spazio di manovra e di margini di spesa sufficienti per prepararci al futuro e per garantire la nostra piena sovranità.” Lo hanno scritto di recente in una lettera congiunta sul Financial Times il premier Draghi e il presidente francese Macron. Tornare infatti all’obiettivo pre-crisi di debito del 60% del Pil potrebbe minare la ripresa economica e potenzialmente indebolire l’impegno verso le regole comunitarie. A distanza di anni, arriva dunque la conferma di un parametro, quello del debito al 60% del Pil, “irrealistico”, reso ancor più inaccettabile dagli effetti devastanti della crisi. A certificare il flop dell’austerità è il MES e cioè il suo direttore generale, il tedesco Klaus Peter Regling, il “falco della Troika”. Con buona pace della Grecia e di tutti quei Paesi, Italia di Mario Monti compresa, che hanno dovuto fare i conti in passato con i severi diktat di Bruxelles: misure lacrime e sangue. Ma la revisione del Patto di stabilità non è operazione facile, serve l’unanimità dei 27 Stati membri e quindi una


Economia

unità d’intenti in un contesto socio-economico modificato dalla pandemia. Non ci sono alternative: senza nuovi parametri buona parte dell’area euro finirebbe sotto infrazione. Per le finanze pubbliche, la regola del Six-Pack sulla riduzione del debito imporrebbe agli Stati altamente indebitati surplus primari maggiori rispetto alla media degli avanzi primari generati da aumenti di tasse e tagli alle spese. L’Italia, in particolare, se non venissero riformate le stringenti regole europee oggi in vigore, dovrebbe ridurre il debito pubblico (2.734,4 mld di euro, pari al 156,3% del Pil) di quasi il 5% del Pil all’anno, oppure passare sotto… la Forche Caudine di un “Patto di stabilità stupido”, secondo il giudizio di Romano Prodi (Le Monde, ottobre 2002). Un ritorno al passato sarebbe molto rischioso. Archiviata la stagione dell’au-

sterità con le sue ricadute negative sul ciclo economico, è auspicabile una riforma del Patto di stabilità in grado di legittimare, attraverso una politica fiscale comune, la governance economica dell’Ue, rafforzarne il suo ruolo nell’economia globale per uno sviluppo sostenibile. Per difendere capacità produttiva e posti di lavoro è necessaria una linea finanziaria espansiva, con misure e sostegni concreti, di immediata attuazione, perché il costo dell’esitazione potrebbe essere irreversibile, l’inerzia consegnerebbe al futuro un’economia devastata. Oggi l’Europa è chiamata a scelte coraggiose e innovative. Sapranno falchi e cicale mettere da parte contrasti e pregiudizi per imboccare finalmente la strada della reale integrazione economica e politica dell’Europa? A vent’anni dall’arrivo della moneta unica nelle nostre tasche, è ancora lungo il camminino per un’Europa più

coesa e più unita. Per l’Italia, in particolare, il rilancio dell’economia dovrà passare attraverso un solido piano di riforme strutturali accompagnato a una responsabile azione di moralizzazione della finanza pubblica per programmare al meglio l’utilizzo delle risorse comunitarie. Una sfida da vincere in un rafforzato quadro della politica economica europea per un futuro dell’Ue di grandi speranze.

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Economia Ivan Spertini - Socio KPMG

Le sfide del nuovo anno

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l 2021 è stato un anno davvero singolare per il territorio. Accanto a segnali sicuramente positivi quale una ripresa dell’export ( gennaio-giugno 2021 + 16,4% sul 2020, ma rispetto ai livelli pre-Covid 2019 -2,8% contro un +4,1% Italia), ed alle sfide veramente impensabili a seguito della pandemia (prezzi delle materie prime in crescita e difficoltà di reperimento, costo dei noli e ritardi nelle supply chain) senza dimenticare la crescita vertiginosa della bolletta energetica, vi sono state alcune eccellenze che fanno sperare per il futuro. Il 2021 ad esempio è stato l’anno della maggiore operazione di tutti i tempi sul territorio con Eolo, proiettata a livello internazionale. Ma accanto a questa operazione complessa (ha comportato una emissione di Bond sul mercato US) e gigantesca rispetto ai numeri ai quali siamo abituati, vi sono state varie operazioni di M&A che hanno dimostrato la vitalità delle nostre aziende sia nell’ acquisire aziende (anche all’estero) che cedere parte del proprio capitale: se non fossero sane e gli imprenditori non fossero capaci, queste transazioni, a mercato, non ci sarebbero. Quindi è bene ricordare i campioni storici del territorio, ma non trascurare che

cio si fa probabilmente qualche domanda sulla “cultura” o su altre “problematiche” della azienda in questione...

IL TEMA ESG

Sostenibilità è il pass per rimanere nei mercati internazionali.

nuove realtà e nuovi operatori sono cresciuti anche negli ultimi anni, magari in altri business rispetto al passato, ma comunque con forti radici sul territorio e quindi impatti positivi sulla occupazione e sulla rilevanza per la nostra provincia. Gli argomenti caldi, oltre a quanto indicato sopra, a nostro parere sono alcuni ancora validi e sempre più rilevanti: la crescita dimensionale (e organizzativa), la crescita della cultura aziendale e la credibilità verso l’esterno presso gli stakeholders in senso ampio a livello nazionale (fornitori, clienti, banche) ma ormai in quasi tutti i casi a livello globale. Paradossalmente questi aspetti sono quasi ormai più importanti che il prodotto/ servizio o il pricing, per la semplice ragione che arrivano

“prima” e possono diventare cause ostative a rimanere sul mercato o ad avere accesso ai tender e a certi clienti o certi “tavoli”. Su questi aspetti abbiamo visto molte aziende che sono state in grado di fare, con il tempo, questi passi fondamentali, anche in periodi tutt’altro che semplici, spesso accompagnati da realtà come KPMG, con ad esempio l’Audit di bilancio (Certificazione di bilancio) obbligatorio per legge per quasi la totalità delle società, ma soprattutto apprezzato da fornitori, clienti, banche, investitori. Ormai avere un bilancio “certificato” è quasi scontato, sopra una certa dimensione e da un auditor riconosciuto a livello internazionale, quale KPMG. Oggi se non è così, qualunque lettore del bilan-

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Accanto a questi spunti appena citati i temi oggi “nuovi” ma non per questo meno rilevanti sono Cyber Security e ESG. La sicurezza informatica, diretta conseguenza della crescente digitalizzazione, non è semplicemente installare un antivirus ma vuol dire processi, comunicazione organizzativa e ancora una volta cultura e formazione, il tutto in maniera strutturata e professionale. Qui alcune aziende stanno facendo molto con un supporto dall’esterno, spesso indispensabile per un assessment o ad esempio per un “penetration test” o un “audit” dei processi organizzativi. Il tema ESG (la Sostenibilità: Environment, Social, Governance) è forse ancora più rilevante perché impatta tutte le aziende, tutte le funzioni aziendali (dalle vendite, alla produzione, agli acquisti e anche l’accounting) e quindi la strategia aziendale per la continuità nel medio periodo. Come molti hanno già sperimentato, gli stimoli, anche violenti, arrivano dai clienti, dal sentire pubblico, dalle


Economia

autorità (con anche i 230 miliardi del PNRR), dal sistema bancario e finanziario (sotto impulso della BCE e della UE). In breve, o l’azienda “cambia” e lo dimostra in modo verificabile dall’esterno oppure rischia (nel breve) di essere esclusa da molti mercati di sbocco e ad avere maggiori difficoltà ad accedere al credito ovvero perdere attrattività per eventuali investitori. E la sostenibilità non può essere comunicata se non vi è la “sostanza”. Il green washing (falsa sostenibilità) è molto pericolosa: addirittura sono già arrivate le prime sentenze di tribunale che la puniscono; e siamo solo all’inizio… ma ancora peggio è la perdita di credibilità verso clienti e non solo. In oltre 30 anni di professione non riusciamo a ricordare un impatto così pervasivo e globale sul mondo delle aziende, anche per le aziende più “tradizionali” o concentrate sulla produzione o la vendita in senso stretto: tocca o sta toccando veramente tutti. Purtroppo della sostenibilità ne parlano moltissimi “esperti” ma temiamo che l’argomento sia meno conosciuto, e più complesso, di quanto appare. Quindi, riteniamo, da mettere in cima alle priorità con un approccio “serio” e professionale, non per

“buonismo” (naturalmente ci vuole anche una cultura della sostenibilità) ma soprattutto per rimanere sul mercato. Su ESG/ Sostenibilità stanno arrivando a breve standard quantitativi obbligatori di reporting, con impatto su tutte le società, dettati dalla UE, dove KPMG è direttamente parte nel processo di loro definizione.

Busto Domani

21052 BUSTO ARSIZIO Villa Tovaglieri Viale Volta, 11 bis Tel. 340.5960377

info@enricodellacqua.org bustodomani81@gmail.com

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SCUOLA, SANITÀ E FORMAZIONE Nonostante la situazione pandemica condizioni i rapporti interpersonali, fulcro delle organizzazioni senza scopo di lucro, l’Associazione Enrico Dell’Acqua ha avviato un’articolata programmazione. Ancora in evidenza il Progetto di Educazione Socio-Sanitaria che ha già coinvolto oltre 25.000 studenti con circa 500 incontri oltre all’azione estesa agli ambiti famigliari per una maggior socializzazione. Un risultato significativo grazie alla disponibilità di un’équipe medica che ha esaminato selezionate problematiche che incidono sulle giovani generazioni e che, spesso, portano ad atti di violenza. L’adesione - ad oggi - di una quindicina di Istituti Scolastici sottolinea l’impegno degli educatori per una scuola non più nozionistica e con al centro lo sviluppo della personalità individuale. Non è un caso che il PNRR, al capitolo istruzione e ricerca, impegni 28 miliardi in quanto nella modernizzazione tecnologica l’Italia è al 24° posto su 27 in Europa. La DAD è stata una soluzione che ha consentito di continuare a infondere nei ragazzi dosi di cultura e, contemporaneamente, di “stare insieme”, sia pur virtualmente, anche se il senso di passività e di allontanamento dall’impegno scolastico e sociale è emerso chiaramente. Si profila così una scuola diversa da quella tradizionale, che mostri grande attenzione ai bisogni degli alunni, genitori e docenti e favorisca la crescita equilibrata della società. E il corso “Formare per Informare”, giunto alla terza edizione, anche se programmato in modalità da remoto, rappresenta un valido contributo per i Docenti schierati in prima linea ad affrontare una pandemia educativa senza precedenti. Il Corso si propone di tessere sul territorio una rete di saperi collegati al benessere psico-fisico, fornendo ai Docenti elementi informativi utili al quotidiano impegno didattico affinché li traducano in operazioni condivise. Un ulteriore contributo è rappresentato dal bimestrale Busto Domani (edito dall’Associazione) che ha pianificato l’approfondimento di problematiche di interesse per la collettività tra cui la recente riforma sanitaria varata da Regione Lombardia. Uno strumento informativo che ben si inquadra in questa fase di innovativa sperimentazione e che evidenzia realtà e prospettive di un’associazione che ha nel pioniere dell’esportazione italiana il faro che illumina il percorso. Ha sottolineato il Presidente Sergio Colombo: "contribuire alla valorizzazione di un’area in linea con l’atteso rilancio dell’aeroporto di Malpensa e, conseguentemente, del suo sviluppo industriale, è un ulteriore impegno calendarizzato dall’Associazione".


Attualità Antonio Chierichetti Avvocato Amministrativista

Malpensa, una grande opportunità

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dalla vigente normativa urbanistica.

alpensa può essere il perno di una strategia di sviluppo territoriale più complessivo di quello meramente aeroportuale. Indubbiamente Malpensa è un’infrastruttura di importanza fondamentale per tutta la vasta area che la circonda e che ricomprende numerosi comuni della provincia di Varese. Alla crescita di Malpensa quale hub internazionale si ricollegano ampiamente anche le possibilità di un effettivo rilancio economico delle imprese presenti nel territorio entro un ambito molto più largo di quello meramente aeroportuale. Nello stesso tempo l’affermazione di Malpensa deve però avvenire attraverso un cammino pianificato e programmato, quindi mediante una concertazione che eviti impatti negativi per l’ambiente e che risulti sostenibile per le persone e le imprese che si trovano nelle vicinanze. Oggi sarebbe anacronistico credere di potere realizzare lo sviluppo di un grande aeroporto come Malpensa senza la partecipazione e la responsabilizzazione degli enti locali e delle parti socio-economiche interessate, all’interno di una visione strategica condivisa ed in una cornice istituzionale comune. Masterplan e Piano d’Area non sono certo la stessa cosa. In questi ultimi tempi

L’adozione del PTRA non è obbligatoria ma ve ne sono tutti i presupposti. Un nuovo Piano d’Area di Malpensa non sarebbe certo una novità dato che il primo piano territoriale d’area venne approvato con la legge regionale 12 aprile 1999, n.10, con efficacia decennale. Malpensa opera attraverso due scali passeggeri e uno merci: Terminal 1, dedicato a clientela business e leisure su rotte nazionali, internazionali e intercontinentali; Terminal 2, dedicato al traffico low-cost di alta fascia; Cargo conferma Malpensa quale primo aeroporto italiano per merce trasportata.

si è riaccesa l’attenzione dei media intorno al progetto del Masterplan aeroportuale in rapporto alla relativa procedura di valutazione dell’impatto ambientale. Si tratta di un progetto riguardante opere di ampliamento e riqualifica della dotazione infrastrutturale airside e land side, strutture edilizie nel loro complesso a servizio dell’attività aeroportuale, nonché interventi di riordino del sistema della viabilità interna. Dalle associazioni ambientaliste ai comitati locali, dai comuni limitrofi all’aeroporto alle associazioni imprenditoriali, sono state espresse osservazioni e richieste rispetto alle previsioni del Masterplan che rappresentano aspettative assolutamente legittime ma

insufficienti. Si deve infatti sottolineare che sarebbe più opportuno chiedere che il futuro di Malpensa e quindi di tutta la vasta area circostante, che si estende molto al di là del sedime aeroportuale, non dipenda solo da un Masterplan aeroportuale ma sia invece inquadrato in una pianificazione territoriale molto più ampia (alle cui previsioni anche il Masterplan si dovrebbe conformare), che ricomprenda quindi anche, tra gli altri, i Comuni di Busto Arsizio e di Gallarate. Lo strumento di governo del territorio adeguato a garantire questa finalità è già individuato dalla vigente legislazione regionale nel Piano Territoriale Regionale d’Area (PTRA), secondo la disciplina prevista, sin dal 2005,

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Purtroppo un nuovo piano d’area Malpensa, in questi anni, non è più stato approvato dalla Regione e oggi ci si trova di fronte ad una carenza pianificatoria territoriale che certo non può essere colmata dal Masterplan aeroportuale il quale ha funzioni progettuali ben diverse e un ambito di intervento conseguentemente molto più limitato. Non basta infatti stabilire cosa fare dentro l’aeroporto ma serve impostare una strategia di pianificazione territoriale molto più ampia. Per dimostrare la necessità di adottare un nuovo e aggiornato PTRA per la vasta area circostante Malpensa - che ricomprenderebbe qualche decina di Comuni - potremmo considerare, oltre all’ormai decaduto piano d’area del 1999, anche il recente PTRA intorno all’aeroporto bresciano di Montichiari. Esso è uno strumento di governance e di programmazione territoriale che Regione Lombardia ha approvato nel


Attualità

2011, applicando la vigente legge urbanistica regionale del 2005, ritenendolo prioritario per la complessità delle azioni che concorrono allo sviluppo del sistema aeroportuale lombardo, alla promozione della competitività regionale e al riequilibrio dei territori (infatti sono compresi nell’ambito del PTRA dell’aeroporto di Montichiari alcuni Comuni del bresciano come quelli di Castenedolo, Ghedi, Montichiari e Montirone). Evidentemente l’adozione di un nuovo PTRA risulterebbe ancor più rilevante e prioritaria per l’area intorno a Malpensa al fine di portare avanti azioni amministrative condivise e preventivamente concertate fin dall’inizio e a tutti i livelli, attraverso procedure precise e chiaramente regolamentate. Applicando dunque la vigente normativa regionale un nuovo Piano d’Area Malpensa rappresenterebbe lo strumento più adeguato per coinvolgere le numerose amministrazioni locali, Comuni e Provincia di Varese, interessate insieme alle parti socio-economiche, nella definizione delle sinergie di sviluppo sia dell’aeroporto che del territorio circostante. Di particolare rilievo sono le attuali normative regionali che affidano al PTRA la funzione di approfondire,

a scala di maggior dettaglio, gli obiettivi urbanistico-territoriali ed infrastrutturali che devono essere perseguiti. Infatti, Malpensa ha una rilevanza che va molto al di là del proprio sedime aeroportuale. Il PTRA, anche con l’urgenza imposta dal PNRR, è preposto a dettare i criteri necessari al reperimento e alla ripartizione delle risorse finanziarie e dispone indicazioni puntuali e coordinate riguardanti il governo del territorio, anche con riferimento alle previsioni insediative, alle forme di compensazione e ripristino ambientale, ed alla disciplina degli interventi sul territorio stesso (ad esempio può individuare la localizzazione di una zona economica speciale). Si tratta dunque dello strumento giuridico che consente di passare dalle rivendicazioni e dalle proteste a decisioni pianificatorie vincolanti e a fatti concreti a vantaggio dell’interesse generale del territorio. Di particolare rilievo è infatti la norma regionale che stabilisce che le sue disposizioni e i contenuti possono avere efficacia diretta e cogente nei confronti dei comuni e delle province compresi nel relativo ambito. Va tenuto conto che la procedura istruttoria del PTRA prevede il coinvolgimento istituzionale diretto, oltre che degli enti locali, anche delle parti socio-economiche e dei soggetti portatori

di interessi diffusi ambientali e imprenditoriali. La formazione del PTRA di Malpensa non sarebbe in ogni caso di una partita da giocare esclusivamente sul tavolo della Regione. La legge infatti attribuisce alla Giunta regionale la facoltà di deferire in tutto o in parte l'elaborazione alla provincia o alle province territorialmente interessate (nel caso di Malpensa la Provincia di Varese, insieme eventualmente alla Città metropolitana di Milano se coinvolta nell’ambito del PTRA), o comunque avvalersi della collaborazione di tali enti. In concreto oggi il primo passo sarebbe quello, da parte di Regione Lombardia, di avviare senza indugio – con l’urgenza dettata anche dal PNRR - il procedimento per la formazione del nuovo PTRA Malpensa, magari su istanza della stessa Provincia di Varese o dei Comuni maggiormente interessati a dive-

nire partecipi di questa essenziale azione amministrativa, anziché restarne spettatori. Infatti, se è vero che il destino ambientale e socioeconomico del territorio dipende in larga parte da quello di Malpensa, è vero anche viceversa.

Busto Domani 21052 BUSTO ARSIZIO Villa Tovaglieri Viale Volta, 11 bis Tel. 340.5960377

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L’aeroporto ideato dall’imprenditoria bustocca è da anni in attesa di un adeguato rilancio

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Sanità Simonetta Cherubini - Primario Pediatrico

A

Vaccinazione antiCovid in età pediatrica

ll’inizio sembrava che l’infezione da SARSCOV2 risparmiasse l’età pediatrica, ma presto la realtà smentì le prime impressioni basate sulla mancanza di conoscenze e di casistica. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, dall’inizio dell’epidemia al 9 novembre 2021, sono stati confermati 791.453 casi di infezione nella fascia 0-19 anni, 8.451 ospedalizzazioni, 249 ricoveri in terapia intensiva, 36 decessi. Inoltre, in poco più di due mesi, dal 25 agosto al 9 novembre 2021, è stato registrato un incremento pari a 24.398 casi nella fascia di età 6-10 anni, con aumento dei ricoveri in ospedale e nelle terapie intensive proprio di quei bambini con età non eligibile per la vaccinazione. I dati si arricchiscono se consideriamo i 239 casi di MIS-C (sindrome infiammatoria multi-sistemica del bambino) registrati da marzo 2020 a giugno 2021, complicanza che ha colpito anche bambini esenti da patologie pregresse. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi l’infezione colpisce la fascia in età pediatrica in modo più lieve rispetto alla popolazione adulta, ma i dati disponibili non permettono di escludere i rischi correlati all’infezione da SARS-CoV-2 nei bambini, con conseguenze gravi sia a breve che a lungo termine. In attesa di un vaccino desti-

Le cifre, impressionanti, confermano l’esigenza della vaccinazione per prevenire l’infezione nei bambini.

nato all’età pediatrica, le Società Scientifiche e i Pediatri sono stati molto attivi non solo nell’attività clinica quotidiana, ma nella campagna informativa e di sostegno alle famiglie attraverso i canali social. Dopo l’autorizzazione da parte delle agenzie regolatorie americana ed europea per l’uso del vaccino antiCovid-19 per gli adolescenti da 12 a 18 anni, i pediatri hanno lavorato in sinergia per l’implementazione della campagna vaccinale, per divulgare una corretta informazione e per combattere le fake news: la risposta da parte dei giovani è stata superiore alle aspettative. Un’altra pietra miliare è stata posta il 1° dicembre 2021, con una nota dell’AIFA che comunicava l’approvazione per l’estensione del vaccino Comirnaty (Pfizer)

per la fascia di età 5-11 anni, a dose ridotta, in due dosi distanziate di tre settimane. Venivano riferiti elevati criteri di efficacia e sicurezza.

LA COMUNICAZIONE La campagna vaccinale è stata intensa, a tutti i livelli e con le diverse modalità di comunicazione possibili, a ricordare lo scopo e i benefici del vaccino: • prevenire l’infezione nei bambini, in considerazione della possibilità di sequele importanti. Prioritaria la protezione dei bambini più a rischio, più fragili perché portatori di patologia cronica. • Salvaguardia della salute pubblica, in quanto la fascia adolescenziale e pediatrica è serbatoio virale

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per la diffusione dell’infezione nella popolazione, mettendo a rischio le persone più anziane e quelle fragili. • Contenimento dei focolai infettivi: la diffusione della vaccinazione è a scapito della circolazione del virus, riducendo il rischio di nuove varianti più contagiose e capaci di ridurre l’efficacia dei vaccini odierni. • Salvaguardia del benessere della popolazione in senso lato: la vaccinazione è una misura necessaria per consentire il ritorno ad una vita sociale completa. Bambini e ragazzi hanno già rinunciato agli aspetti più belli della loro età e per molti le conseguenze sono state devastanti: Il distanziamento sociale dapprima, poi il lockdown e l’utilizzo della DAD hanno avuto un impatto fortemente negativo sugli stili di vita causando impoverimento intellettivo ed educativo, abbandono della scuola, cattiva gestione del tempo libero evidenziando ulteriormente le disuguaglianze economiche. La salute mentale di bambini e adolescenti è in grave sofferenza, con conseguente disagio della famiglia: sono aumentati i disturbi del sonno, del comportamento alimentare, i sintomi di ansia, le sindromi depressive, gli atti di autolesionismo in età adolescenziale. Abbiamo i vaccini, l’arma


Sanità

più potente per combattere la Pandemia: vaccinarsi significa proteggere la propria salute e quella degli altri. Ovviamente, rimangono irrinunciabili le indicazioni già consolidate relativamente alle regole di prevenzione e biocontenimento, prevedendo l’utilizzo di presidi di protezione, detersione delle mani, distanziamento sociale. IL RUOLO DEI PEDIATRI La Società Italiana di Pediatria (SIP), ancora una volta ha dichiarato la propria disponibilità nella campagna vaccinale per l’implementazione della vaccinazione anche nella fascia 5-11 anni. I pediatri invitano le famiglie a confrontarsi per l’acquisizione di tutte le informazioni corrette necessarie, evitando di subire informazioni inadeguate e fuorvianti. Un gruppo di Pediatri della Società Scientifica ha preparato un manifesto contenente le note informative più importanti per sensibilizzare gli adolescenti e le famiglie, per aiutare a comprendere l’importanza della vaccinazione, per ridimensionare l’ansia genitoriale in merito ai rischi, per smentire paure ingiustificate e prive di evidenze scientifiche relativamente agli effetti collaterali a breve e a lungo termine. I dati degli USA riferiti a 7 milioni di ragazzi vaccinati hanno registrato

poche segnalazioni di effetti collaterali di breve durata e lievi, quali la dolenzia in sede di iniezione, cefalea e dolori articolari e muscolari lievi. Nel nostro territorio sono state predisposte sedi vaccinali organizzate molto bene ed efficienti, a misura di bambino, prevedendo la presenza di medici pediatri e infermieri vaccinatori: dal 16 dicembre 2021 al 23 gennaio 2022 sono state somministrate 14285 dosi ai bambini della fascia di età 5-11 anni, precisamente 10834 prime dosi e 3451 bambini hanno concluso il ciclo con la seconda dose. Le vaccinazioni vengono effettuate da lunedì a venerdì il pomeriggio, il sabato e la domenica tutto il giorno. La prenotazione è online. Dal 31 gennaio 2022 l’hub vaccinale di Malpensa Fiera ha cessato l’attività spostata nel maxi-hub dell’ex Caserma Militare dell’Aeronautica di Gallarate. I Pediatri di Famiglia e Pedia-

tri Ospedalieri sono parte attiva nella campagna vaccinale, sostenendola fattivamente e lavorando presso le sedi vaccinali perché “più si è, più si vaccina, più si combatte il virus, meno ci si ammala e prima si tornerà ad una vita serena”. La Medicina da sempre si presta alla formulazione di frasi e sentenze d’effetto, una di quelle più attuali recita che “la prevenzione inizia prima di nascere”: nulla di più vero, anche per diffondere l’informazione e implementare la campagna di vaccinazione contro il Covid-19 in epoca gestazionale. Il 22 settembre 2021 un documento dell’Istituto Superiore di Sanità, in base alle evidenze disponibili, sosteneva l’indicazione alla vaccinazione alle donne in gravidanza e in allattamento, ribadendo i profili di sicurezza ed efficacia del vaccino, a fronte degli effetti della malattia da Covid-19 sulla salute della madre e del feto/

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neonato. In considerazione della crescente consapevolezza della sicurezza della vaccinazione in gravidanza, si raccomanda la vaccinazione della gestante nel secondo e terzo trimestre, con effetto protettivo sulla mamma e sul feto/neonato. Non è mai troppo tardi per decidere di vaccinarsi e può essere fatto durante l’allattamento: la mamma va rassicurata che il suo bambino non viene esposto a rischi, anzi, tramite il latte riceve la protezione anticorpale contro SARS-CoV-2. Le più recenti note informative de EMA/AIFA indicano che, a dispetto della maggior contagiosità della variante Omicron, la vaccinazione continua a fornire un elevata protezione contro la malattia grave e riduce i ricoveri ospedalieri, ancora di più per coloro hanno ricevuto la terza dose. In sostanza, si ammalano più persone vaccinate, ma con manifestazioni cliniche non gravi nella maggior parte dei casi: è importante ricordare che i rischi correlati ad una malattia sono superiori a quelli correlati al vaccino: l’abbiamo imparato nei decenni precedenti e dall’esperienza degli ultimi due anni. Non abbiamo la percezione di molte malattie gravi che sono scomparse grazie ai vaccini perché non le abbiamo mai conosciute, non ne abbiamo alcun ricordo... per nostra fortuna.


Sanità Adelio Colombo - Medico di Base

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Ancora Covid... e la fiducia nella scienza

iamo alla Omicron, ma l’alfabeto greco ha 24 lettere e la Omicron è solo al 15°posto... Si parla anche di Deltacron (una “bufala”?) e mentre scrivo già sento parlare di Omicron 2. Forse si comincia a pensare che non basterà l’alfabeto greco. Però c’è da dire che l’orientamento dei virologi è nel confidare comunque in un graduale indebolimento del virus, come è nella natura delle cose, o meglio, come ci insegna la storia naturale. Non è facile fare il punto della situazione, né fare previsioni e trovare soluzioni di fronte a una realtà così mutevole e complessa. Si deve “navigare a vista”. Il virus Sars-Cov-2, qualunque sia la sua origine, che sia il prodotto di un esperimento di ingegneria biologica accidentalmente sfuggito a un laboratorio cinese, o il prodotto della naturale evoluzione di qualche ceppo virale, o altro ancora, di certo ha colto di sorpresa le nostre difese e, ancor peggio, ha messo in crisi le nostre capacità intellettive e razionali. Ancora una volta l’intera umanità è stata messa a dura prova, anche sul piano etico, affettivo, psicologico... in una parola, umano. Abbiamo visto di tutto: da un lato l’approccio scientifico, con i tentativi di una razionale pianificazione, dall’altro le reazioni di panico e il negazionismo; da un lato l’impulso solidale e la dedizione professionale del personale sanitario, dall’altro l’insofferenza e

che destano preoccupazione, perché hanno indici più elevati di trasmissibilità e di virulenza; un altro gruppo è il risultato di mutazioni poco rilevanti del genoma virale e riveste solo interesse scientifico; altre ancora sono varianti “sotto monitoraggio”.

Il Dottor Adelio Colombo ha brillantemente tracciato i confini tra covid e scienza, tra libertà e pregiudizi, ricordando inoltre l’immortale messaggio di Dante Alighieri.

la depressione. Ma dobbiamo registrare una netta prevalenza della fiducia nella razionalità e nella scienza. Anche i rapporti umani ne hanno risentito, soprattutto là dove sono stati oggetto di maggiori coercizioni. E così hanno convissuto e convivono solidarietà e sospetto, e non è raro incontrare chi ti redarguisce perché non hai la mascherina, o non ce l’hai sul naso o non sei alla distanza giusta, e lo fa ovviamente per la tua e la propria salvaguardia... homo homini virus (l’uomo è un virus per l’altro uomo), forse oggi direbbe Plauto, celebre commediografo latino. Che il virus Sars-Cov-2 fosse insidioso fu ben presto noto e si previde subito quanto ci avrebbe messo in difficoltà. Mutare è nella natura dei virus, in particolare di RNA virus, come i coronavirus.

Le mutazioni genetiche si verificano comunemente in tutti i viventi, dalla forma più elementare (virus) alla forma più evoluta (homo sapiens): esse sono alla base dell’evoluzione che seleziona i mutamenti più adatti all’ambiente. L’aggressore muta per aggredire meglio, l’aggredito muta per migliorare le sue difese. È una continua competizione per la sopravvivenza, a tutti i livelli, competizione che normalmente si placa in un equilibrio, un compromesso di accettabile convivenza.

CAUSE ED EFFETTI Uno studio condotto dal settembre 2020 al marzo 2021 ha prodotto una classifica su base epidemiologica delle varianti di Sars-Cov-2 finora osservate. Un primo gruppo è costituito da varianti

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Archiviate ormai le originarie Alfa, Beta, Gamma, con i loro danni e devastazioni, ora la pandemia è sostenuta prevalentemente da due varianti: una è la già nota Delta, l’altra è la più recente Omicron. Stiamo forse assistendo a una competizione fra queste ultime. Omicron ha ora raggiunto una netta prevalenza e questo fatto pare possa portare qualche vantaggio. Una speranza, questa, che ha un presupposto scientifico: Omicron è un virus molto diffusivo, tanto che il tasso di contagio (il ben noto indice Rt) è recentemente aumentato, ma è un virus meno aggressivo, che si è adattato alle vie respiratorie superiori, non colpisce di norma i polmoni ed è quindi meno letale. I più recenti studi statistici indicano che la variante Omicron comporta un mi-


Sanità

nor rischio di ricovero, di necessità di ricorso alla terapia intensiva e di morte rispetto alla variante Delta. A causa di Omicron, cinque volte più contagioso di Delta ma molto meno dannoso, ci stiamo muovendo verso uno scenario di “endemia”, condizione in cui si stabilisce uno stato di convivenza vera e propria con il virus, come nel caso dell’influenza. Ma, in contrasto con questa previsione (tutto sommato abbastanza ottimistica), assistiamo a un dato inquietante e a prima vista contraddittorio: il numero dei morti per Covid per ora non accenna affatto a decrescere. Questo si può spiegare: Omicron, per quanto più “mite”, è comunque pericoloso per soggetti anziani e debilitati, soprattutto se non vaccinati; inoltre su questo dato può influire il criterio di definizione della causa di morte, che spesso, almeno in Italia, non distingue fra morte “per Covid” o “con Covid”: è evidente che non basta la positività del tampone per esprimere un giudizio clinico su quale sia stata la vera malattia terminale. Gli epidemiologi sostengono poi che tra le varie “curve” del bollettino che ci viene quotidianamente somministrato dai media, il dato relativo ai decessi sia l’ultimo a scendere, quindi ancora una volta dobbiamo avere pazienza... Sono tanti gli interrogativi ancora aperti. Come si spiega, ad esempio,

una distribuzione del contagio così diversa da zona a zona? Conosciamo i dati allarmanti della diffusione della pandemia nella nostra zona durante le ultime festività: in provincia di Varese ed in particolare a Busto Arsizio, vi è stata un’impennata di contagi. E tutto questo nonostante la capillare adesione alla vaccinazione da parte della nostra popolazione, il proverbiale senso civico che vige dalle nostre parti e l’osservanza diffusa delle norme di prevenzione. Può contare il fatto che la nostra è una zona ad alto livello di scambi, molto aperta e trafficata, ma questo è un motivo insufficiente e poco convincente. Quando non si trova una risposta scientificamente plausibile, si invoca il “caso”. Infatti trovare una risposta a questo interrogativo vorrebbe dire aver trovato una buona parte della soluzione alla pandemia: ma è evidente che, come è regola tra noi umani, nulla è assoluto, perfetto, ogni giudizio è parziale, limitato e fallace, e questo vale anche per ogni rimedio, per ogni argine si tenti di opporre a questa pandemia. Ma tutto questo non ci deve scoraggiare. La ricerca è ancora una volta la nostra vera alleata: conoscere il “nemico invisibile”, individuarne i comportamenti per rivelarne i punti deboli, in una strategia globale contro una pandemia. C’è molto da riflettere.

IL RUOLO DEL VACCINO Assistiamo a comportamenti del tutto autonomi e disomogenei tra Stato e Stato sull’uso più o meno rigoroso delle mascherine, delle norme di distanziamento, di isolamento, su protocolli terapeutici, sull’utilizzo di tamponi antigenici rapidi e di tamponi molecolari e sull’interpretazione dei relativi risultati, su norme di prevenzione, campagne vaccinali... ma non dobbiamo dimenticare che se vogliamo davvero sperare, se non nella vittoria finale, almeno in un efficace controllo della situazione, non possiamo prescindere da un programma di campagna vaccinale planetaria! È inoltre sempre più evidente e pressante l’indicazione a vaccinare giovani e bambini, popolazioni tra le quali è ormai dimostrato che i Coronavirus, diversamente da quanto si pensava all’inizio della pandemia, circolano abbondantemente. E intanto sono in arrivo i nuovi farmaci antivirali, che in ogni caso non sono alternativi al vaccino, non essen-

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do un trattamento preventivo, ma potranno curare chi ha contratto la malattia in forma grave. È difficile decidere in un campo così minato da incertezze … l’indecisione, o meglio, le decisioni arbitrarie e scarsamente motivate, regnano ancora sovrane, soprattutto là dove, in alcuni Stati, si ondeggia pericolosamente fra restrizioni e liberalizzazioni di comportamenti sull’uso di mascherine, al chiuso piuttosto che all’aperto, distanziamenti, isolamenti, quarantene, obblighi vaccinali, certificati, green pass. In Italia il travaglio legislativo che ha portato alla pubblicizzazione della campagna vaccinale, all’obbligo vaccinale per gli over 50, all’obbligo del green pass per un gran numero di attività e di accessi a luoghi pubblici, obbedisce a criteri scientifici plausibili, anche se alcune norme su tamponi, mascherine e quarantene, soprattutto in ambito scolastico, hanno prodotto in alcune circostanze dubbi e sconcerto. Si tratta comunque di decisioni che, nella sostanza, ritengo valide e opportune. Prova ne sia che hanno scatenato le proteste dei no-vax. Quale è stato e quale è il ruolo del vaccino? In tutto questo bailamme la sola cosa certa è che il vaccino ha funzionato e funziona, nonostante la comparsa di nuove varianti. Certo non è la panacea, ha mostrato alcuni limiti, più di quanto si


Sanità

pensasse all’inizio. Anche per questo è stato preso di mira dai soliti bastian contrari, ma certo è ad oggi l’arma più efficace che abbiamo per contrastare questa pandemia. Ed è anche tutto sommato ben tollerata, con un rapporto rischio/beneficio decisamente a favore del beneficio.

dir poco irritante di chi nega, contesta, travisa, contro ogni evidenza, i risultati degli effetti della campagna di prevenzione vaccinale, condizionando gli indecisi, con effetti dannosi per l’intera società.

LA SALUTE, BENE PRIMARIO Riporto solo 2 dati: quanti tra i morti per Covid non erano vaccinati? Stando all’ultimo bollettino dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) il tasso di decessi tra i non vaccinati è circa 20 volte superiore rispetto a chi ha ricevuto la terza dose di vaccino. Tra i ricoverati per Covid in terapia intensiva 3 su 4 non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino. È noto, ed è importante considerare anche sul piano etico, il danno alla tutela della salute pubblica indotto da chi ha rifiutato di proteggersi col vaccino, con il rischio di contrarre Covid in forma grave e finire in ospedale. I non vaccinati ricoverati per Covid nelle terapie intensive molto probabilmente non sarebbero finiti lì se si fossero vaccinati, e non avrebbero sottratto spazio ed energie ad altri pazienti che necessitano di terapie intensive per altre patologie spesso severe … Basterebbero questi dati a confutare le argomentazioni dei cosiddetti no-vax. Ma assistiamo quotidianamente all’atteggiamento a

io non posso e non devo fare qualsiasi cosa a piacer mio. Se il non sottopormi a un trattamento sanitario preventivo, nel nostro caso il vaccino, mette a rischio, oltre alla mia salute, la salute degli altri, è costituzionalmente previsto l’obbligo vaccinale: per altri vaccini, come c’è da molti anni, e per questo vaccino.

VIVERE È CONVIVERE

L’articolo 32 della nostra Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Il testo, di per sé chiaro e fondamentale, va letto alla luce di una corretta interpretazione del concetto di libertà. C’è una libertà “di” e una libertà “da”. Libertà di agire nel rispetto degli altri. Libertà dalla schiavitù dell’ignoranza, del pregiudizio, dell’arroganza. In una società civile, di uomini e donne liberi, la libertà di ciascuno trova il suo limite nel rispetto della libertà dell’altro. Se la libertà di fare quello che voglio è oggettivamente un pericolo per l’altro,

Quali prospettive? Ormai abbiamo capito che Coronavirus non ha alcuna intenzione di togliere il disturbo. Come già è accaduto per altre pandemie, la speranza è che il bollettino quotidiano sia sempre meno simile a un bollettino di guerra. Questa esperienza ci ha fatto fare un bel ripasso. Con buona pace di chi non ama i paragoni, non possiamo fare a meno di riandare alla tragica esperienza della prima pandemia influenzale, la ben nota “spagnola” del 1918: allora i morti furono circa 50 milioni in tutto il pianeta nell’arco di due anni. Ora coi mezzi di cui disponiamo, abbiamo “limitato il danno” a poco più di 5,5 milioni: una cifra ancora enorme, ma sensibilmente minore. Questa è la storia naturale di ogni pandemia. La comparsa di un nuovo virus, sconosciuto all’umanità, ci trova sprovvisti di qualsiasi difesa immunitaria, come è successo nel 1918 con il virus H1N1, responsabile dell’in-

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fluenza, e nel 2019 con il virus Sars-Cov-2, responsabile di Covid. Ciò provoca dapprima pandemie devastanti, destinate però a una attenuazione nel tempo grazie all’induzione di difese immunitarie nell’uomo (nel caso Covid in gran parte anche per merito del vaccino). La famosa “luce in fondo al tunnel” è la cosiddetta endemizzazione: una inevitabile convivenza con Coronavirus, così come è accaduto per i virus influenzali. Ancora una volta una conferma ed un insegnamento sono arrivati, per l’umanità e per ciascuno di noi: la vita è evoluzione, adattamento all’ambiente, con le sue risorse e le sue ostilità. È utopico, impensabile un mondo in cui tutto fili liscio, dove non ci siano avversità. Vivere è convivere, con i virus e con le loro varianti, coi vaccini e coi loro richiami. Vivere è convivere con l’altro, coi no-vax e, quel che è peggio, coi pregiudizi, l’arroganza e l’ignoranza. Ed è solo cercando di contrastare e limitare quest’ultima che l’umanità può salvarsi e migliorare. Da sempre l’antidoto a tutto questo sono la ricerca e la conoscenza. Il messaggio è quello ben noto e immortale che l’Alighieri mette in bocca a Ulisse da un infimo girone dell’inferno: “Considerate la vostra semenza / fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza”.


L’argomento del giorno Giuseppe Strazzi - Editorialista

Il disagio giovanile, oggi

N

el cercare di delineare i tratti culturali prevalenti nelle attuali giovani generazioni, mi pongo subito un compito impegnativo, dal momento che intendo prendere le distanze da alcuni schemi di analisi sui giovani che reputo da tempo troppo convenzionali. L’ipotesi controcorrente è che da troppi anni sia prevalsa nel nostro Paese una lettura eccessivamente semplicistica e riduttiva della condizione giovanile che non rende ragione né dei processi che caratterizzano la grande maggioranza dei giovani d’oggi, né della specificità culturale e di condizione di vita rispetto a generazioni precedenti. La prima immagine da cui vorrei prendere le distanze è quella del disagio. Da molto tempo sottolineo la necessità di operare una distinzione di fondo tra il disagio della grande maggioranza dei giovani e quello dei cosiddetti “a rischio”, alle prese con condizioni di vita particolarmente problematiche. Più in generale, propongo la necessità che non si ricorra più al termine di disagio come categoria interpretativa di fondo per “leggere” e comprendere la condizione di vita e gli orientamenti culturali della maggior parte dei giovani d’oggi alle prese con particolari problemi di “crescita” personale e sociale, relativi alla difficoltà di trovare sbocchi occupazionali, di tendere a un’occupazione congruente con gli studi fatti, di raggiungere un’autonomia

gi e imperativi culturali, quali “lasciare la casa” o “lasciare la chiesa”. C’è anche l’onere di valutare quale tipo di società e di uomo si intenda promuovere assumendo determinate prospettive di analisi, quali criteri etici siano alla base della nostra visione del mondo e della presenza sociale.

STILI DI VITA L’approfondita analisi di Strazzi offre interessanti motivazioni sulle condizioni di vita e gli orientamenti culturali delle giovani generazioni

di vita a tutti gli effetti (anche se sembrano far di tutto per dilazionare l’idea stessa di una vita autonoma), nell’elaborare modelli affettivi e sessuali rispondenti alla sensibilità emergente, ecc. Senza dubbio i giovani di ieri erano alle prese con condizioni di inserimento sociale oggettivamente più difficili, mentre oggi prevale un’incertezza soggettiva pur in un contesto caratterizzato da varie garanzie e da non pochi ammortizzatori. Ma il diffondersi dell’incertezza e dell’insicurezza psicologica non può essere un motivo sufficiente per considerare l’insieme dei giovani come disagiato. Un uso indebito e estensivo di questo concetto non rende ragione né delle istanze culturali di fondo che caratterizzano la maggior parte dei giovani, né in particolare delle condizioni di vita dei soggetti più svantaggiati. I giovani sono portatori di disagio in quanto

hanno difficoltà a entrare nei ruoli adulti, a realizzare l’autonomia di vita. Gli anziani sono disagiati perché sono già usciti dai ruoli adulti. Le uniche a essere immuni dal disagio sarebbero le classi centrali di età, che hanno l’onere e la responsabilità di occuparsi sia dei giovani sia degli anziani, oltre che essere in un tempo di vita di massima assunzione di responsabilità. Alla fine, dunque, proprio gli adulti sarebbero i veri portatori del disagio sociale. Che senso ha allora raffigurare tutte le età della vita con termini così deprimenti? Qui l’idea dell’accompagnamento, dell’apprensione, del sostegno, della comprensione, prevale nel modo di considerare i giovani e il loro inserimento sociale. In altre società, per esempio quella statunitense (non esente comunque da limiti e contraddizioni), i giovani sono sollecitati da ben altri messag-

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Il secondo stereotipo che propongo di smascherare è sotteso all’idea della giovinezza come adolescenza prolungata, immagine questa ormai ampiamente accreditata e data per scontata sia nel circuito degli specialisti sia a livello di senso comune. Contro tutte le aspettative, avanzo invece l’ipotesi che sia necessario guardare anche alla carta d’identità dei soggetti per delimitare il tempo della giovinezza, ristabilendo confini anagrafici tra l’età della crescita o della formazione intensiva e quella della maturità. Per vari aspetti i giovani d’oggi riflettono ancora una condizione di dipendenza, in quanto per molto tempo si annidano nella famiglia d’origine e rifiutano varie responsabilità. Per altri aspetti, essi da tempo vivono una condizione di pie-


L’argomento del giorno

na autonomia, per esempio nelle scelte affettive e amicali, nell’esercizio della sessualità, nel modo di interpretare il tempo libero, negli orientamenti politici e nella visione della realtà, negli stili di vita e nei modelli di comportamento. Il terzo stereotipo da cui vorrei prendere le distanze è che i giovani d’oggi vivano una condizione di passività sociale, di estraneità culturale in relazione al clima sociale prevalente. Così si imputa il negativo stato delle cose nel nostro Paese a una società anonima e spersonalizzante, alla politica si attribuisce il peso della mancata partecipazione della gente alle vicende del Paese, le istituzioni sono considerate responsabili di molti guasti sociali e dell’assenza di identificazione dei giovani con la cosa pubblica. Ma il riconoscimento di questi limiti non deve avere la funzione di produrre una complessiva deresponsabilizzazione dei vari attori sociali, non deve costituire un alibi al disimpegno dei cittadini e dei gruppi sociali. Più che scendere in campo con una partecipazione attiva, si preferirebbe assumere una posizione defilata o poco identificata, magari pronti a dare il meglio di sé negli spazi autonomi ed extra-istituzionali di partecipazione. Questo atteggiamento di presenza-assenza, borderline, è ovviamente comprensibile da parte di una generazione che ha comunque l’esigenza di trovare un

senso al proprio vivere pur in una situazione difficile e densa di vincoli. Ma esso rischia, a lungo andare, di privare la società dell’apporto positivo e costruttivo di una parte vitale di essa, rappresentata appunto dalle risorse (culturali, cognitive, affettive, relazionali) delle nuove generazioni.

QUALE SCHEMA? Dunque, la situazione può essere problematica. L’attuale condizione giovanile risulta fortemente segnata da uno stile di socializzazione differenziato e vario; da un modo di vita scandito tra molteplici appartenenze, condizioni, riferimenti culturali; dalla composizione di un’unica esperienza di varie biografie senza attribuire ad alcuna di esse un carattere preminente o esclusivo; dalla messa in atto di scelte e decisioni che non precludano opportunità. Il giovane d’oggi riflette un quadro pluralistico di riferimento, interpreta la propria vita in termini di ampliamento delle possibilità. Attribuisce più importanza al fare molte esperienze, all’arricchire continuamente l’esistenza, che al fatto di ricondurre la propria vita in termini di unitarietà o di priorità. Il loro modello di realizzazione, dunque, rientra molto più nello schema del mosaico che in quello del baricentro. Più che ruotare attorno ad un fuoco prevalente, la vita dei giovani sembra

snodarsi su più poli, non necessariamente in relazione tra di loro, ad ognuno dei quali viene attribuito un singolare valore in quanto risponde ad esigenze che altri non avviano a soluzione. Di qui, dunque, l’idea di una realizzazione policentrica, quando non eccentrica. I giovani d’oggi esprimono un modello culturale assai diverso, che rifiuta l’idea stessa della gerarchia degli impegni e delle scelte, che fa del policentrismo una modalità di affermazione sociale e personale. Va da sé che questa propensione alla moltiplicazione delle esperienze, si determina in un contesto in cui le nuove generazioni non sono sollecitate da grandi prospettive di realizzazione e in cui fanno quotidiana esperienza dei vincoli e dei condizionamenti del sistema sociale. La sperimentazione dei giovani avviene dunque sovente su obiettivi intermedi, in quei campi dove hanno possibilità di determinare autonomamente la loro esistenza. L’area appunto del tempo libero, delle possibilità espressive, delle relazioni affettive e amicali, del consumo, dei viaggi, della ricerca di senso pur in ambienti vincolati o condizionati. Oggi si registra nella società un clima di eccessiva comprensione e apprensione per le vicende del giovane medio che si riflette sovente nei messaggi che la società invia a questa condizione di vita. Le difficoltà non mancano, ma sono compatibili e superabili.

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Si tratta di crear interessi conoscitivi, culturali, relazionali, che contribuiscano ad arricchire la loro personalità, che stimolino la loro vita e le loro relazioni. Dal punto di vista educativo, questo discorso ha almeno due grandi implicazioni.

TRA REALTÀ E PROSPETTIVE

La prima è rappresentata dalla necessità di creare dei sistemi-ponte tra la società e le istituzioni, gli interessi e le dinamiche giovanili. Hanno la coscienza di contare poco socialmente, ma soprattutto sembrano non avere intenzione di contare di più. Così tendono a realizzarsi nei “non luoghi” della società, rappresentati dagli ambiti informali di interazione, dall’evasione e dalla trasgressione, dal fascino della notte, da un modo di trascorrere il tempo libero all’insegna della liberazione dallo stress e della piena autonomia da vincoli. L’associazionismo organizzato non è molto praticato e non è propedeutico a un impegno sociale più allargato o a una presenza sociale responsabile, a un inserimento sociale costruttivo. Scuola, famiglia, associazioni varie, enti locali…


L’argomento del giorno

possono creare le condizioni perché i giovani all’interno di esse maturino esperienze significative e costruttive. La seconda implicazione del discorso è che si inverta la tendenza – assai allargata nel nostro Paese - al depotenziamento dell’impegno educativo. Nella società attuale si parla molto di educazione, mentre paradossalmente diminuisce il tasso di impegno educativo effettivo.

GIOVANI E SOCIETÀ Ma, parallelamente, sono venute meno tutta una serie di realtà educative e associative che avevano come compito di inserire gradualmente i giovani nella società più allargata, rispondendo da un lato ai loro bisogni e responsabilizzandoli e ampliando le loro prospettive. Su diverse questioni che noi chiamiamo impropriamente educative relative alla trasmissione dei valori, alla formazione, alla prevenzione della devianza, ecc. - è prevalsa nell’opinione comune l’idea che sia sufficiente parlarne, che sia già un fatto educativo il dare informazioni. Si tratta di un evidente tributo pagato alla società dell’immagine. Ciò che fa problema è che in genere si attribuisce a queste attività informative e una tantum una valenza educativa che esse non possono avere (e che talvolta si arrogano), tralasciando invece l’importante valore peda-

gogico che - anche su questi temi emergenti - è insito nella stessa esperienza quotidiana, rappresentata dalla scuola, dalle dinamiche associative, dalla famiglia, da una interazione ordinaria in ambienti pubblici, ecc. Detto in altri termini, i processi educativi sono ben più complessi della proposta ai giovani di riflettere su questioni socialmente importanti. L’essere informato o genericamente sensibilizzato su alcuni problemi sociali, non depone affatto per l’interiorizzazione da parte dei giovani di atteggiamenti conseguenti.

caratterizzate da un’anima come adulti che non hanno smesso di camminare e che proprio in quanto significativi trasmettono alle nuove leve una passione per la vita e per obiettivi importanti. La questione del rapporto tra giovani e adulti chiama dunque in

L’ultima riflessione - tra le molte che si dovrebbero fare chiama poi in causa gli adulti e chi opera con i giovani. La passività e la scarsa reazione dei giovani alle proposte della società può essere anche imputabile alla scarsità di adulti significativi che essi incontrano nella loro esperienza di vita. Non si tratta di vivere in funzione dei giovani, bensì di interpretare la propria vita in modo interessante, interpellandoli a partire da questa ricchezza relazionale, culturale, conoscitiva, affettiva. Se così stimolati, i giovani poi cercheranno autonomamente come dar forma a queste istanze di realizzazione perché hanno bisogno di essere ascoltati, di trovare persone che li comprendano, di punti di riferimento. Un modo non convenzionale di rispondere a queste attese perenni è di proporsi come persone che “dicono” qualcosa ai giovani, - 28 -

causa, in ultima istanza, proprio gli stessi adulti, attesi da una doppia sfida: non soltanto nei confronti dei giovani e delle responsabilità educative, ma soprattutto verso sé stessi, e il modello di realizzazione che essi sono chiamati a costruire nel tempo presente.

UN BAMBINO A METÀ Il 2022 per Progetto Pollicino è iniziato con una grande novità in quanto è stato pubblicato il primo libro realizzato dalla Cooperativa intitolato “Un Bambino a Metà” il cui incipit recita: “Se io avessi la bacchetta magica, non li avrei mai fatti incontrare!” queste sono le parole di un bambino di 7 anni, inaspettate, lucide, taglienti, piene di verità e di sofferenza. Sono tanti i bambini che oggi si trovano a fare i conti con due genitori impegnati nella loro guerra. E i bambini? I bambini vedono, sentono, sognano, sperano, soffrono. A volte come nemmeno ci possiamo immaginare. E se la bacchetta magica invece ce l’avessero? Non certo la bacchetta magica che corregge il passato, ma quella con cui un bambino, seppur piccino, può riuscire a nuotare nella corrente, trovare la via, sentire un po’ di sollievo. Non da solo però! “Un bambino diviso a metà” è il contributo che Progetto Pollicino, da anni al servizio di minori e famiglie, offre perché ciascuno possa trovare dentro di sé quella bacchetta magica non per cancellare gli errori del passato, ma per usarli per crescere e migliorare. La pubblicazione è stata realizzata grazie alla preziosa collaborazione degli alunni della 4°G a.s. 2021-2022 del Liceo Artistico Paolo Candiani di Busto Arsizio che, coordinati dalla Prof. ssa Alessia Recupero, hanno saputo trasformare in immagini potentissime le storie dei nove piccoli protagonisti. Il libro è acquistabile sul sito di Progetto Pollicino www.progettopollicino.it.


Servizi Sociali Sabrina Bosello - Responsabile fundraising

Un centro clinico d’eccellenza

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quelle famiglie e minori che non riescono, che non chiedono, che sfuggono.

L’emergenza pandemica ha purtroppo ampliato il divario tra nuclei familiari che, grazie a risorse e competenze proprie, hanno rafforzato i legami e superato la fase emergenziale. Altri sono rimasti schiacciati dal peso della paura, dall’incertezza lavorativa, dal dramma della perdita dei propri cari e faticano ora anche a chiedere aiuto, nuclei già pesantemente aggravati da dinamiche familiari dannose e che alla riapertura dal lockdown si sono “ulteriormente isolati”. Il centro multidimensionale a supporto della famiglia entra nel panorama territoriale, of-

In via Marconi 10, presto prenderanno avvio i lavori per il polo formativo che vuole essere: - punto di riferimento per il territorio bustocco e dell’intera Provincia di Varese in una moltitudine di azioni formative che diventino intervento sistemico a favore del territorio - di eccellenza, che in un momento così complesso e faticoso, sostenga e attrezzi i professionisti e i caregiver nell’espletamento del loro compito rispetto alle nuove “emergenze”. Come? Il polo di eccellenza formativo si rivolgerà ai genitori/ caregiver/professionisti delle aree socio-sanitarie, scolastiche, giuridiche, sportive sviluppando corsi e percorsi formativi (on/off line con metodologia blended), master di specializzazione, seminari/live webinar, Fad in ottica Lifelong Learning. Il polo sarà luogo di attività informative, laboratoriali, esperienziali, confronto/riflessive condotte da un team multidisciplinare di professionisti appartenenti alle cooperative sociali Davide Onlus e Acof che anche con collaborazioni più ampie, promuoveranno un catalogo formativo annuale. Da dicembre si sono avviate varie attività di raccolta fondi.

AVIDE ONLUS, che dal 1999 si occupa di curare le ferite da maltrattamento e abuso all’infanzia di bambini/preadolescenti e di formazione agli adulti, CTA (Centro di Terapia dell’Adolescenza), che da trent’anni svolge la funzione di psicoterapia a favore di adolescenti e famiglie con particolare riferimento alla casistica più grave e complessa nonché di formazione specialistica su temi affini per famiglie e operatori, ACOF, che si interessa di educazione, istruzione e formazione professionale, permanente, continua e specialistica da molti anni, fondano a fine 2021 un centro clinico specialistico multidimensionale di sostegno alle famiglie e un polo formativo di eccellenza. Non è un caso.

La nuova sede di Via Marconi a Busto Arsizio e l’Ing. Gaetano Felli appassionato e autorevole Presidente di Davide Onlus.

frendo: a) ai nuclei che faticano a chieder aiuto, un servizio tempestivo e attento che si prende cura della loro fragilità, ne valorizza il senso e promuove un cambiamento evolutivo b) ai nuclei che sono in carico ai servizi sociali, in uno spazio dedicato e in un tempo intensivo, una presa in carico dell’intero con-te-sto familiare, per valutarne la situazione (attraverso interventi mirati), individuare criticità e risorse, effettuare una diagnosi e prognosi, declinare e co-costruire con i servizi territoriali un progetto di cura e la linea di intervento. Obiettivo in entrambi i casi: prevenire l’istituzionalizzazione dei minori e non rompere i legami affettivi. Il centro entra nella maglia dei servizi offerti dal territorio con una propria specifi-

ca: intervenire e promuovere una valutazione a tutto tondo che permetta al nucleo poi di poter meglio avvicinarsi e accedere ai servizi per evitare il più possibile allocamenti in comunità. Come? Con un’equipe multidisciplinare composta da professionisti della Cooperativa Sociale DAVIDE ONLUS e di CTA (assistenti sociali, psicoterapeuti, pedagogisti, psicologi, educatori, formatori digitali, ecc) specializzati e formati ad hoc, che si occuperanno dei problemi riguardanti il contesto sia reale sia virtuale. E sempre l’esperienza COVID-19 ha riportato alla ribalta l’importanza dello sguardo adulto che in diverse situazioni non si gira dall’altra parte, ma accoglie, contiene e promuove azioni di supporto rivolte proprio a

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Diario cittadino

Insubria

“Scienze motorie” a Busto Arsizio dal prossimo anno accademico e, in evidenza, il centro di ricerca per l’invecchiamento di successo. Il nuovo corso di laurea sarà ospitato a Villa Manara (circa 3.000 mq) ai Molini Marzoli. La convenzione con l’Insubria - dopo un lungo contenzioso - evidenzierà la capacità didattica, la ricerca, la qualità della vita, (avanzando negli anni e rimanendo in buona salute), ma anche il legame con l’ospedale. E si guarda con fiducia ai fondi del PNRR che potrebbero consentire un razionale sviluppo anche se i tempi (2026) con relativa rendicontazione non consentono pause. Un finanziamento in grado di risolvere i problemi collegati alla mancanza di risorse degli Enti locali e quindi una straordinaria opportunità anche politica. Un evento di grande rilievo non solo culturale, con notevoli possibilità per le giovani generazioni e che pone la città al centro di ulteriori affermazioni mentre il contributo dei privati, interessati alla potenziale attività ricettiva, è un’altra opportunità non solo per la comunità bustocca.

Infrazione

Essediesse è una società per azioni con sede a Firenze e soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Autostrade per l’Italia Spa. Recupera quindi le eventuali infrazioni commesse sulla famigerata arteria varesina che tanti problemi causa agli automobilisti in transito spesso “erroneamente fotografati”. Stiamo parlando di 5€, poi maggiorati dai vari diritti esattoriali che l’Ente applica. A complicare il tutto è l’allegata documentazione relativa all’infrazione: un interrogatorio-fiume che richiede non solo pazienza per i moltissimi quesiti posti. Domanda: non si può semplificare la procedura inviando contemporaneamente la foto all’automobilista? O trovare un altro sistema, considerata l’infinita potenzialità della digitalizzazione? O soprassedere ad una riscossione che non depone sicuramente a favore dei costi-benefici esentando l’automobilista da inutili procedure? O, ancora una volta, si privilegia il trionfo della burocrazia pubblica nonostante le incongruenze emerse?

Facile previsione

Nella rubrica “Diario cittadino” di Dicembre 2021 – a proposito del nuovo hub vaccinale di Gallarate – sottolineavamo il pericolo-traffico. Previsione purtroppo avveratasi in quanto il Sempione, già congestionato dal recente incremento di centri commerciali e similari, non è in grado di sopportare l’ulteriore aumento veicolare. Gravi le conseguenze: inquinamento diffuso, traffico rallentato e costi supplementari a carico della collettività. Insomma, una scelta infelice non in linea con le attese degli utenti, oltre ai tempi lunghi per raggiungere l’ex caserma gallaratese. Senza sottovalutare i costi di manutenzione delle apparecchiature necessarie, ovviamente a carico della collettività. Insomma, mentre si auspica un traffico scorrevole, i tempi per raggiungere Gallarate crescono a dismisura: una scelta non condivisibile in una fase emergenziale che richiede interventi oculati a favore del cittadino già imbrigliato da troppi lacci e lacciuoli.

Raccomandata

Venerdì 14 Gennaio, ore 11.15, quattro persone attendono di entrare all’ufficio postale di Via Fratelli d’Italia. Ci mettiamo in coda. Dopo una trentina di minuti, esce un uomo che evidentemente doveva svolgere una pratica complessa. Poi alle 12 uno dei tre impiegati espone il cartello “chiuso”. Non ci scoraggiamo. Attendiamo il nostro turno per il ritiro di una raccomandata dopo il solito avviso lasciato in cassetta (in base a quale criterio sarebbe interessante conoscerlo). Ore 12.15: finalmente ecco il documento! Morale: un’ora per ritirare una raccomandata. Incredibile ma vero nel 2022. Piccoli suggerimenti: perché alle pratiche particolarmente complesse non viene dedicato uno sportello? Perché non dare la possibilità di prendere un appuntamento come avviene per Via Mazzini? Perché, pur in presenza di pubblico in attesa da ore, si chiude alle 12 lo sportello omaggiando una burocrazia che supera il buonsenso? Una città industriale e operosa come Busto Arsizio può tollerare questo arrogante comportamento “pubblico”?

41° compleanno

“Busto Domani”, bimestrale d’informazione, entra nel suo quarantunesimo anno di attività. Quanto tempo è trascorso da quel primo abbonamento sottoscritto – nel 1981 – da Stefano Ferrario, editore del quotidiano La Prealpina e accompagnato da un significativo messaggio augurale. Da allora, con notevole impegno, molti sacrifici e grande passione, abbiamo su21052 BUSTO ARSIZIO peratoVilla nonTovaglieri poche difficoltà e ostacoli per salvaguardare un’informazione libera e indipendente Viale Volta, 11 bis che richiede una straordinaria dedizione alla (mini) redazione basata sul volontariato. Giorno dopo giorno, abbiamo rinnovato Tel. 340.5960377 un atto di fede per costruire un’informazione di livello grazie a firme prestigiose che hanno contribuito a collocare Busto Domani tra le pubblicazioni più autorevoli del territorio. Ma è l’affetto per la nostra Busto Arsizio che, se non mancherà il sostegno morale ed economico dei lettori e confortati dai significativi apprezzamenti pervenuti, consentirà di continuare la noinfo@enricodellacqua.org stra mission. bustodomani81@gmail.com

Busto Domani

Medicina

È nato nella confinante Olgiate Olona Lorenzo Monti, ma avendo frequentato il Liceo Scientifico Tosi della nostra città, va considerato bustocco. Una prima manifestazione di concretezza, il diciannovenne l’ha dimostrata partecipando al test per entrare in medicina risultando, in Italia, il miglior assoluto su migliaia di partecipanti. Un’affermazione di prestigio “anche se la medicina è da sempre la mia vocazione” ha raccontato il giovane studente. E l’impegnativo traguardo, nel clima pandemico che stiamo attraversando, va sottolineato con interesse in quanto, per la carenza di medici, si è costretti a dare priorità al virus rinviando interventi anche gravi. È l’ulteriore conferma dell’esigenza di incrementare questa nobile professione dedita a salvaguardare il prossimo. Una sanità da tempo in attesa di una legge-quadro in linea con le moderne esigenze anche per evitare i tempi biblici per alcuni esami di routine. La mancanza di anestesisti - ad esempio nel nostro ospedale - è un preoccupante segnale per la tutela del bene-salute.

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