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Le prospettive per il futuro

L’Unione Europea è uno spazio tuttora in via di definizione e di perfezionamento, non esente da problematiche, critiche e tentativi di ridefinirne le politiche e lo spazio.

Uno spazio a «geometria variabile»

L’Unione Europea è un soggetto politico che non ha ancora acquisito una forma ben definita: è uno spazio a «geometria variabile». Infatti non tutti i Paesi che ne fanno parte hanno aderito a ogni iniziativa dell’Unione: per esempio Svezia e Da nimarca, pur rispondendo ai requisiti richiesti, non hanno voluto aderire alla mo neta unica; allo stesso modo alcuni Paesi non hanno sottoscritto la Convenzione di Schengen; la Brexit, infine, ha reso concreta la possibilità di uscire dall’Unione. L’Europa, dunque, è un progetto in fase di attuazione: ciò avviene perché il coinvolgimento nel processo di integrazione di uno Stato membro prosegue solo se i suoi cittadini sono favorevoli. Gli abitanti dell’UE si dividono, infatti, in «euroscettici» ed «euroentusiasti»: questi due curiosi termini sono stati inven tati per definire il favore con cui le persone vedono il passaggio di competenze dal proprio Stato nazionale all’UE.

Anche se l’Unione Europea aspira a comprendere tutti gli Stati del continente, l’allargamento viene talvolta osteggiato da molti cittadini europei. Con alcuni Stati viene attuata una politica di prossimità, che consiste nella stipula di ac cordi commerciali e di cooperazione con i Paesi del Mediterraneo meridionale, del Caucaso e dell’Europa orientale, che non sono giudicati ancora idonei alla candidatura di adesione.

L’Europa a più velocità

Nel rispetto della libertà di ogni aderente, tuttavia, l’Unione Europea ha deciso di proseguire nell’integrazione con i Paesi più disponibili. La Commissione Europea dal 2017 sta rafforzando la cooperazione in particolare sulla tutela dell’ambiente, sulla distribuzione dei migranti e sulla destinazione dei fondi di solidarietà. Nel 2020 la crisi causata dal Coronavirus ha funzionato come un acceleratore di questo processo di integrazione, portando verso una gestione finanziaria più comune tra Stati membri. Esistono, tuttavia, Paesi che osteggiano l’opportunità di una differente integrazione perché temono di essere esclusi dalle decisioni più importanti. Per esempio, il cosiddetto Gruppo di Visegrad, che comprende Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, non approva la cessione di sovranità nazionale all’UE.

Una questione comunitaria non ancora risolta riguarda la mancanza di una lingua comune. Oggi le lingue ufficiali nella UE sono 24 e questo genera enormi problemi organizzativi, se si pensa che ogni parlamentare può intervenire nel suo idioma e ogni cittadino può rivolgersi alle istituzioni comunitarie nella sua lingua.

I capi di governi del Gruppo di Visegrad nel 2020 Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria nel 1991 hanno sottoscritto un accordo per facilitare l’integrazione reciproca e il processo di annessione all’UE. Da quando tale obiettivo è stato raggiunto nel 2004, il gruppo ha proseguito la collaborazione per tutelare gli interessi dei quattro Paesi entro l’UE. Le posizioni del Gruppo di Visegrad, però, si sono caratterizzate per la difesa degli interessi nazionali rispetto alle politiche dell’Unione, ostacolandone talvolta le decisioni.

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