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AGOSTINO E IL TEMPORALE

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PER INIZIARE

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Mi chiamo Agostino, ho quarant’anni e sono filosofo. Quando ero un ragazzo ho lasciato l’Africa, ho attraversato il mare e ho viaggiato a lungo. Sono arrivato a Milano, sono diventato vescovo, ho conosciuto molte persone e imparato con loro tante cose. E questo me lo ricordo bene.

Invece non mi ricordo quasi nulla di quando ero piccolo. Non so dove ero prima di nascere e come sono arrivato nella vita. Non so cosa facevo quando ero il piccolo Ago. O meglio: non è vero che non lo so. Però non me lo ricordo: me l’hanno raccontato i miei genitori. Appena nato mi piaceva il latte della mamma e sapevo solo succhiare, fare una faccia bella se stavo bene e piangere se stavo male. Poi ho cominciato a ridere. Prima mentre dormivo e poi da sveglio. Così almeno mi hanno detto che facevo. E io ci credo, perché vedo che i bambini piccoli si comportano proprio così. Pian pianino ho cominciato a capire dove mi trovavo e ho provato a dire agli altri ciò che volevo. Ma ancora non sapevo parlare, e quindi loro non mi capivano bene e io mi agitavo e strillavo, arrabbiandomi e piangendo perché le persone non capivano quello che volevo e quindi non me lo davano.

I bambini piccoli sono fatti così. L’ho scoperto anch’io, da grande, quando ho conosciuto altri bimbi piccoli. Mi hanno anche raccontato che mi piaceva un sacco giocare a fare gli spettacoli. Credo che fosse così. A tutti i bambini che conosco piace giocare e fare gli spettacoli. E piace pure ai più grandi. Mi piacevano i teatri, ma mi piaceva ancora di più fare il teatro, fare come gli attori e come i burattini. Mettermi cappelli e mantelli e recitare a tutti una bella storia. E poi ero un gran monello. Ogni tanto rubavo i dolcetti dall’armadio, tiravo la coda al gatto, i sassolini ai piccioni e facevo lo sgambetto ai miei amici mentre giocavamo. Ero proprio un bel temporale: la mia mamma e il mio papà mi chiamavano così, Ago il temporale! Alla fine ho smesso di essere un bambino. Sono ancora qui, ma sono un adulto. Non so chi ero quando ero il piccolo Ago. Non ricordo che cosa si prova a essere un bambino. Potete aiutarmi?

Ispirato a Sant'Agostino, Le confessioni

ALLA FINE HO SMESSO DI ESSERE UN BAMBINO. SONO ANCORA QUI, MA SONO UN ADULTO E NON RICORDO CHE COSA SI PROVA A ESSERE UN BAMBINO. POTETE AIUTARMI?

Questa è la tua casa: ci sei tu. Da che cosa te ne accorgi?

Disegna gli indizi della tua presenza: giochi, oggetti delle varie stanze, vestiti, cibi…

Rivolgi a un genitore o a un adulto della scuola queste domande, poi annotate insieme le risposte sul quaderno.

Qual è il primo oggetto che hai posseduto?

Ricordi un guaio che hai combinato da piccolo?

Da piccolo avevi un soprannome?

Con chi giocavi da bambino? Quali giochi preferivi?

Quali tracce sono rimaste, del bambino che eri, nell’adulto che sei ora (carattere, interessi, aspetto fisico…)?

Provate ora a rispondere alla domanda di Agostino: che cosa si prova a essere un bambino? Ma che cosa succederebbe se mettessimo insieme tutti i bambini, di una volta e di oggi, e tutte le loro case? Insomma, come sarebbe una città abitata soltanto da bambini?

Secondo Carlo Collodi, l’autore di Pinocchio, sarebbe un Paese dei Balocchi popolato da tanti futuri bambini-asinelli.

Secondo Pieter Bruegel il Vecchio, la città sarebbe una grande ludoteca gestita direttamente dai bambini, come nel suo dipinto Giochi di bambini.

Secondo Agostino non sarebbe possibile vivere in una città fatta di bambini, perché solamente gli adulti sanno distinguere il bene dal male.

Ora immaginate che la vostra città, da domani, sia abitata soltanto da bambini. Definite in un cartellone la sua mappa, le sue regole e il suo funzionamento.

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