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Vita e prodigi della Beata Beatrice d’Este di Elena Bianchini Braglia

Beatrice d’Este (nella foto, dipinta da Bartolomeo Veneto nel 1510) nacque nel 1226 nel Castello di Calaone. Crebbe insensibile agli splendori di corte, attratta dal chiostro. Benché la sua bellezza attirasse molti pretendenti alle nozze, lei volle consacrarsi a Dio.

Vita e prodigi della Beata Beatrice d’Este

La tomba della beata Beatrice d’Este è ancora oggi meta di pellegrinaggi. I ferraresi ne riconobbero la santità ben prima che papa Clemente XIV le concedesse il titolo ufficiale di beata, il 16 luglio 1774. E anche prima che il vescovo Alberto Pandoni si pronunciasse sulle sue virtù eroiche, nel 1270. In quest’occasione fu però posta sulla tomba quella lapide di marmo – un altare per la celebrazione della Santa Messa –, che sarà luogo di grandi prodigi.

di Elena Bianchini Braglia

Beatrice d’Este nasce nel 1226 nel Castello di Calaone, vivace centro medioevale, meta di artisti e trovatori. Lì cresce fra le lodi dei poeti, insensibile agli splendori della corte, attratta dal chiostro, benché la sua bellezza attiri molti pretendenti alle nozze. Sul fascino di Beatrice le fonti non lasciano dubbi. Il suo biografo Baruffaldi dice che i cronisti «la predicano per la più bella Donzella che in quell’età fiorisse in Italia». La bionda chioma, recisa alla monacazione, è ancora conservata a Sant’Antonio in Polesine. Casa d’Este conta su quella bellezza per rinsaldare il proprio potere con un matrimonio prestigioso, ma Beatrice vuole consacrarsi a Dio. Dovrà attendere a lungo il permesso che il padre Azzo VII s’ostina a negare. Col trasferimento a Ferrara, nel 1244, inizia una vita solitaria d’orazione al castello di Contrada San Paolo. Dieci anni dopo strappa il permesso di prendere i voti.

Venerdì 26 giugno 1254 il vescovo Giovanni Querini riceve la solenne processione di Beatrice presso Santo Stefano della Rotta, alla presenza di molti nobili e religiosi. Azzo, che a malincuore cede la figlia alla Chiesa, non vuole rinunciare a fare della cerimonia di vestizione un sontuoso avvenimento, secondo lo stile di Casa d’Este.

Una profonda umiltà

Le consorelle si aspettano che Beatrice sia badessa, ma lei rifiuta. Alla virtù dell’umiltà san Benedetto dedica il capitolo più lungo del Codice e Beatrice sa che non è una virtù facile da conquistare, soprattutto per chi, come lei, è stata educata all’orgoglio e al comando.

Abituata a vesti raffinate, ora indossa un ruvido saio. Abituata a cibi prelibati, ora spezza lunghi digiuni con un tozzo di pane. Ma, soprattutto, abituata ad essere servita, ora vuole servire. Le monache capiscono che è inutile insistere, rinunciano al prestigio di avere un’Este come badessa. Eleggono suor Lieta, che è stata al servizio di Beatrice a corte. Suor Lieta dovrà dunque umilmente comandare alla sua antica padrona, suor Beatrice dovrà umilmente obbedire alla sua antica damigella. A malincuore accetterà il ruolo di madre. Almeno questo le monache lo pretendono. E lei capisce che un altro rifiuto diverrebbe una forma di disobbedienza, esponendola al rischio della vanagloria. Dunque accetta, come dice con felicissima espressione Baruffaldi, «per umiliare la sua stessa umiltà».

Suor Beatrice e le consorelle trascorrono tre anni al monastero di Santo Stefano, poi acquistano, grazie agli aiuti del marchese di Ferrara, il complesso di Sant’Antonio in Polesine.

Le consorelle si aspettano che Beatrice d’Este, sia badessa, ma lei rifiuta. Alla virtù dell’umiltà san Benedetto dedica il capitolo più lungo del Codice e Beatrice sa che non è una virtù facile da conquistare, soprattutto per chi, come lei, è stata educata all’orgoglio e al comando.

La tomba nel chiostro diventa meta di pellegrinaggi. I ferraresi riconoscono la santità di Beatrice d’Este ben prima che papa Clemente XIV le conceda il titolo ufficiale di beata, il 16 luglio 1774.

Sacrifici e penitenza

Per comprendere la vita di Beatrice al monastero occorre calarsi nel contesto del Medioevo, dove la Regola monastica è di un rigore assoluto. E considerare che quella Regola Beatrice non solo la osserva scrupolosamente, ma la rende ancor più severa con le mortificazioni volontarie. Dice di voler aiutare Gesù a portare il peso della Croce e, dunque, la Croce la cerca nei sacrifici, nel curare gli infermi, nel voler essere sempre l’ultima in tutto. Ad esempio vuole essere l’ultima a ricevere il vitto, sapendo che nella ferrea economia del monastero ciò può voler dire restarne privi o quasi. L’aspra penitenza in breve mina il fragile corpo. La febbre accompagna spesso le sue giornate, ma non rallenta il suo zelo. Rifiuta di dormire sul materasso, preferisce stendersi a terra, su un sottile strato di cenere.

Gli ultimi giorni di Beatrice trascorrono così, sulla cenere, sempre supina per non perdere mai di vista il Cielo. Promette alle consorelle che resterà sempre con loro e raccomanda di pregare per Casa d’Este. Lentamente si consuma. Poi la rottura di una vena e Beatrice, all’età di 36 anni, nasce al Cielo. È il 18 gennaio 1262. Un venerdì.

Il culto popolare inizia subito. Una moltitudine s’affretta verso il monastero, «gridando ad alta voce esser mancata la madre dei poveri e la confortatrice dei tribolati». Tutti chiedono una reliquia. Le suore hanno appena lavato le spoglie e pensano di offrire un goccio d’acqua. Così nessuno se ne va a mani vuote. Anzi, tutti se ne vanno contenti, perché quell’acqua si rivela un balsamo prodigioso. Con tisane e decotti Beatrice alleviava le sofferenze degli ammalati, ora non poteva più farlo, ma la sua acqua ugualmente guariva.

Meta di pellegrinaggi

La tomba nel chiostro diventa meta di pellegrinaggi. I ferraresi riconoscono la santità di Beatrice d’Este ben prima che papa Clemente XIV le conceda il titolo ufficiale di beata, il 16 luglio 1774. E anche prima che il vescovo Alberto Pandoni si pronunci sulle sue virtù eroiche, nel 1270. In questa occasione viene però posta sulla tomba quella lapide di marmo – un altare per la celebrazione della Santa Messa –, che sarà luogo di grandi prodigi. Da lì sgorgherà il famoso liquore, ma ancor prima si potrà assistere a un singolarissimo fenomeno.

In punto di morte, Beatrice ha chiesto alle sorelle di pregare per Casa d’Este e per Ferrara. Figlia del sovrano, sembra avvertire fino all’ultimo il senso di responsabilità verso il suo popolo. Vuole continuare a proteggerlo e si fa sentire, quasi per ricordare alle consorelle la promessa della preghiera. Un rumore misterioso proveniente dalla sua tomba preannuncia cose funeste per Ferrara o per la Casa d’Este. Le Memorie del monastero registrano vari momenti in cui è stato udito: il 25 gennaio 1505 alla morte di Ercole I; nel 1598, quando gli Este lasciano Ferrara; nel 1709 e nel 1711, per l’ingresso di eserciti stranieri e un’inondazione delle campagne. E, più recentemente, nel 1944, prima dei bombardamenti angloamericani su Ferrara.

Lodovico Antonio Muratori, per indole e pensiero tutt’altro che incline a enfatizzare prodigi, non mette mai in dubbio quelli di Beatrice e, nelle Antichità Estensi, rimanda, per conoscere «la vita sua, i miracoli ad intercessione di Lei fatti da Dio e l’Acqua, che mirabilmente scaturisce dalla pietra, e lo strepito che si fa sentire in occasioni funeste per i Serenissimi Principi Estensi o per la Città di Ferrara» agli scritti di Girolamo Baruffaldi, arciprete dell’insigne Collegiata di Cento.

La beata Beatrice (nella foto) disse di voler aiutare Gesù a portare il peso della Croce e, dunque, la Croce la cercò nei sacrifici, nel curare gli infermi, nel voler essere sempre l’ultima in tutto.

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