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Veroli. Molto, molto tempo fa... di Rino Zabiaffi
by Radici Cristiane - Il mensile che si richiama ai valori perenni della Civiltà europea e occidentale

Veroli Molto, molto tempo fa...
Le terre di Veroli e Ferentino vennero subito evangelizzate dalla generazione successiva a quella apostolica. Da qui, nei secoli, transitarono pontefici e imperatori. E poi le incursioni normanne, le truppe spagnole, quelle di Napoleone, ma anche tanta santità con i monaci martiri dell’abbazia di Casamari e la beata Maria Fortunata Viti.
di Rino Zabiaffi
La presenza cristiana presso il territorio di Veroli, in provincia di Frosinone, è radicata sin dal principio della storia della Chiesa.
Secondo la tradizione, l’evangelizzazione di questa città si dovrebbe a san Maria Salomé. La vicina città di Ferentino sarebbe stata, invece, evangelizzata niente meno che da san Pietro. Vi sono ragioni per ritenere che queste comunità cristiane vadano ricondotte alla generazione immediatamente successiva a quella apostolica, tesi comprovata, oltre che dai numerosi reperti archeologici, anche dalla vicinanza con la città di Roma.
La presenza cristiana presso il territorio di Veroli (nella foto, su licenza Creative Commons), in provincia di Frosinone, è radicata sin dal principio della storia della Chiesa. Secondo la tradizione, l’evangelizzazione di questa città si dovrebbe a san Maria Salomé.

Transito di papi e imperatori
Nel 743 Veroli divenne sede episcopale, garantendo una maggiore sicurezza rispetto, probabilmente, alla sede più antica, Frosinone. Veroli si collocava, infatti, in una posizione relativamente lontana dalle strade maggiormente “trafficate”, come la grande arteria della Via Latina. Importante centro dello Stato della Chiesa, passarono da qui pontefici e imperatori, che vi scrissero grandi pagine di storia.
Papa Alessandro III, al secolo Rolando Bandinelli, per esempio, vi giunse nel 1170, vi abitò per tre anni e vi ricevette Eberardo, vescovo di Bamberga, latore di proposte imperiali, nell’ambito dello scontro fra i Comuni guelfi, schierati con il pontefice, e i Comuni ghibellini, schierati con Federico I di Svevia, meglio conosciuto come Barbarossa. I due si incontrarono presso il monastero di san Erasmo, fondato da san Benedetto durante il suo viaggio da Subiaco a Montecassino. Le trattative fallirono presto, in quanto l’imperatore non aveva mai riconosciuto la legittimità del pontificato di Alessandro III, tant’è che, alla morte del predecessore, papa Adriano IV, gli aveva contrapposto un antipapa, Vittore IV, al secolo Ottaviano de’ Monticelli. Quanto seguì è storia nota: la Lega Lombarda, presso la quale si raccoglievano tutti i Comuni guelfi d’Italia, riportò un’importante vittoria a Legnano nel 1176; circa sette anni più tardi, Federico, presso la città di Costanza, fu costretto a firmare la pace con una rappresentanza della Lega Lombarda, la quale, a fronte di un formale riconoscimento dell’autorità imperiale, ottenne di poter continuare ad esercitare incarichi di governo presso i territori comunali.

Da Roma ad Avignone
Il trasferimento ad Avignone della cattedra di Pietro, cui il territorio di Veroli era tanto saldamente legato, comportò, insieme alle incursioni normanne, un periodo d’instabilità, al termine del quale, però, la città emerse quale sapiente mediatrice fra il Sud, controllato appunto dai Normanni, ed il Nord della penisola, sotto il controllo germanico.
Non fu questo, però, l’ultimo “sisma”, che si abbatté su Veroli: nel XVI ecolo, infatti, sconfitti gli uomini del pontefice Paolo IV, la città venne invasa dalle truppe spagnole, alleate con la famiglia Colonna. In seguito a tale episodio, il territorio fu governato da una serie di cardinali, fra i quali Francisco de Quiñones, importante diplomatico (fra l’altro, fu intermediario fra Carlo V d’Asburgo e papa Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici, per la riconciliazione dopo il sacco di Roma del 1527); questi fu anche attivo studioso e propose alcuni criteri per una riforma del breviario, fatti propri da Pio X nei primi anni del XX secolo.

La rivoluzione a Veroli
Sul finire del XVIII secolo, il vento di rivoluzione che imperversava in territorio francese prese a soffiare anche a Veroli. Come è noto, nel 1798 le truppe di Napoleone conquistarono lo Stato Pontificio, costringendo Pio VI alla fuga: fu l’atto di nascita della Repubblica Romana. Nel biennio che precedette questi fatti, l’intera diocesi di Veroli fu scenario di numerosi miracoli mariani. In un focolaio di violente rivolte, cui presero parte anche diversi chierici, il vescovo Antonio de Rossi fu protagonista di un intenso lavoro di mediazione, reso vano, secondo i reazionari, dalla sua decisione di giurare fedeltà a Napoleone.
Fra il 13 e il 16 maggio 1799, Simeone Cardon, Domenico Zavrel, Albertino Maisonade, Zosimo Brambat, Modesto Burgen e Maturino Pitri, monaci presso l’abbazia di Casamari, vennero uccisi, in odium fidei, dalle truppe francesi in fuga da Napoli, già colpevoli di aver depredato Montecassino. Un altro monaco ebbe modo di porsi al riparo dalla furia dei soldati ed, in seguito, ne testimoniò la violenza. Il 26 maggio 2020, papa

La città di Ferentino sarebbe stata evangelizzata da san Pietro (nella foto, su licenza Creative Commons, la concattedrale dei Santi Giovanni e Paolo, duomo di Ferentino). Vi sono ragioni per ritenere che queste comunità cristiane vadano ricondotte alla generazione immediatamente successiva a quella apostolica, tesi comprovata da numerosi reperti archeologici.
Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto inerente al martirio di questi uomini ed il 17 aprile scorso ne è stata celebrata la beatificazione dal card. Marcello Semeraro, alla presenza, fra gli altri, dell’attuale abate di Casamari, padre Loreto Camilli, e del vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, mons. Ambrogio Spreafico.
La beata Viti
Non si tratta delle uniche persone, nel territorio di Veroli, morte in odore di santità. Qui, pochi anni più tardi, per la precisione nel 1827, nacque Maria Fortunata Viti, al secolo Anna Felicia, beatificata da Paolo VI l’8 ottobre 1967. Rimasta orfana della madre a 14 anni, si occupò a lungo dei fratelli e delle sorelle, sopportando pazientemente i moti di collera di un padre alcolizzato e ridotto in miseria. A 24 anni, la giovane chiese di entrare nell’Ordine benedettino, presso il monastero claustrale della propria città, col fermo proposito di diventare santa. Visse oltre 90 anni, dedicandosi con cura ed estrema precisione al proprio incarico di guardarobiera e seguendo con zelo e meticolosità i precetti della Regola. Alla sua morte, venne seppellita in una fossa comune, ma la sua memoria fu tramandata e riecheggiò, appunto, anche in Vaticano. Viene celebrata il 20 novembre.
Riprendendo quanto si accennava sopra in merito alle sorti della diocesi in età napoleonica, va aggiunto che, al lungo episcopato di Antonio de Rossi, morto nel 1811, seguì una vacanza di tre anni (con la possibilità, non troppo remota, che si trasferisse la sede episcopale a Frosinone): essa finì con la nomina di Francesco Maria Cipriani, precedentemente in esilio, in quanto dichiaratosi fedele alla Sede apostolica.
Il 29 febbraio 1956, al titolo antico di Veroli si è unito in perpetuo quello di Frosinone, per decreto della S. Congregazione concistoriale. Nel piano di ristrutturazione delle diocesi italiane poi la Sede apostolica ha disposto, il 30 settembre 1986, che si fondessero le realtà ecclesiali di Veroli-Frosinone e di Ferentino, erigendo in Frosinone la sede episcopale.

