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Il punto

Quale futuro per il burro italiano?

C’è ancora spazio per valorizzare il burro italiano? L’analisi evidenzia criticità e opportunità

grande maggioranza dei casi - ha pagato pegno sul mercato per una sua scarsa immagine, e soprattutto per non essere mai stato oggetto di una concreta politica di valorizzazione. Con la presente nota, redatta per i lettori professionisti del settore, cercheremo di capire quali siano state le cause, le concause e quali gli effetti. Essendo il tema delicato, complesso e articolato, utilizzeremo uno schema impiegato nella gestione dei rischi: lo Swiss cheese model. Tale modello prevede l’esame dei “buchi” nelle varie “fette di formaggio” per capire quali tra essi possono creare un effetto cumulativo. Nel nostro caso le fette sulle quali ragionare sono sei e rappresentano i seguenti contesti: storico-politico, socio-economico, legislativo, tecnologico, analitico e culturale del consumo. Foto tratta dal libro “Legni da Burro, Marche, Decori e Stampi” di Danilo Valentinotti, Collezione

Vincenzo Bozzetti

Storicamente il burro italiano - nella Fuciade, Litografia Editrice Saturnia, Trento, 2014

EVOLUZIONE DEL CONTESTO STORICO-POLITICO

Il quadro storico-politico di partenza, tra le due Guerre Mondiali, registrava una significativa penuria di burro causata da una produzione stimata intorno alle 50.000 ton. [P. Ferrari, 1976] e congiunta all’incetta dei grassi per scopi militari. Purtroppo il burro, in quegli anni, anziché nutrire i popoli veniva trasformato in esplosivi. Erano gli anni dell’autarchia, del mercato nero, delle piazze di nero vestite che applaudivano alle canno-

Accidental trajectory

Latent condition pathways

Organizational & Management level

Legislation, decision makers...

Preconditions level

Employees motivation, their knowledge, training...

Unsafe acts level

Fault of the persons, nonadherance to the rules...

Defences level Procedures. PPEs...

Lo schema “Swiss cheese model”. Credits: BenAveling - own work, CC BY-SA 4.0

nate pur avendo le pance vuote. Erano gli anni della margarina italiana, prodotta da una manciata di industrie, in concorrenza con le centinaia di migliaia dei produttori di burro. Margarina che finiva occultata nel burro con il favore dell’incerta legislazione che, al di là dei buoni propositi, nella pratica facilitava frodi, contraffazioni, adulterazioni, sofisticazioni e alterazioni del burro stesso che, da buon ultimo, pagava pegno in termini di cattiva immagine. Agli inizi degli anni 40, il dr. Vittorio Sacco, presentando il libro di Giuseppe Neri sul burro, scriveva: “trattandosi di un alimento di facile sofisticazione e di labile costituzione, deve essere convenientemente protetto dalle frodi e difeso dalle alterazioni” [Neri G., 1941]. Buoni propositi... mentre le ostilità belliche e le tragedie umane di quegli anni non aiutavano i pochi virtuosi. Terminata la guerra, i primi obiettivi politici inderogabili erano la pace sociale e l’alimentazione delle popolazioni, come pure il so-

Burrificio negli Anni 20 stegno alle produzioni agricole che proseguirono, a livello della Comunità Europea, sino agli Anni 70. Venivano così incentivate le produzioni, sino a creare la famosa montagna di burro che, ad Agosto 1986, registrò 1.323.000 tonnellate in stoccaggio, e che portò, ineluttabilmente, al regime delle quote latte. Tutto ciò mentre la politica italiana, più attenta al consenso e molto meno alla strategia, svalutava la “Lira Verde”, proteggeva i formaggi e restava indifferente alle problematiche del burro!

EVOLUZIONE DEL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO

Il contesto socio-economico di riferimento iniziale è registrato nel censimento del 25 marzo 1937, quando si contarono ben 670.739 esercizi con attività lattiero casearia, di cui 18.678 caseifici industriali, 18.303 aziende zootecniche transumanti e 633.578 lavorazioni casalinghe [Istituto Centrale di Statistica, 1939], con un indotto della filiera complessiva che interessava direttamente ed indirettamente almeno una decina di milioni di persone. Secondo i dati emersi, il latte prodotto (di tutte le specie) ammontava a 67 milioni di ettolitri, di cui 21 destinati all’alimentazione umana, 19 ai redi e 29 alle lavorazioni lattiero casearie. Le industrie raccoglievano l’83% del latte ed esisteva una forte predominanza del Nord, che trasformava l’85% del latte processato dal quale si ricavava la quasi totalità del burro prodotto (97,7%) e il 75% del formaggio. Il contesto economico è riassunto dall’allora vicepresidente Assolatte dr. Piergiacomo Ferrari: “La produzione dell’industria lattiera italiana è prevalentemente casearia nel senso stretto della parola, perché indirizzata verso i più svariati tipi di formaggi mentre il burro, pur apprezzato e la cui produzione forma oggetto di cure e studi assidui, ha una funzione economicamente secondaria” [Ferrari, 1976].

Da notare che, sebbene in presenza di una marcata primogenitura del formaggio, gli operatori dedicarono al burro due interessanti congressi: nel 1954 a Salice Terme e nel 1972 a Mantova. Il primo congresso nazionale fu organizzato dall’AITeL (Associazione Italiana Tecnici del Latte, in quegli anni attiva, rappresentativa e riconosciuta) a Salice Terme (Pavia) il 17 giugno 1954, su: “La disciplina igienica della produzione e del commercio del burro”. Nella sua presentazione, il prof. Luigi Alberto Zoboli scrisse: “È più che mai indispensabile preoccuparsi di questa specifica produzione, oggi, per il fatto che - in mancanza di precise norme - vanno sempre più diffondendosi le adulterazioni con grassi estranei quando non vengono venduti, addirittura, per burro, dei surrogati che col latte non hanno la più lontana parentela, favoriti dal prezzo più basso di quello del burro genuino”. Non proprio a caso, dopo due anni venne pubblicata la Legge n. 1526 del 23 dicembre 1956. Il secondo congresso nazionale, organizzato a Mantova dalla Camera di Commercio l’8 ottobre 1972, aveva come tema: “La valorizzazione del burro italiano nell’ambito della Comunità europea”. Introdotto da Paolo Albertario, responsabile governativo della politica in seno alla CEE, il congresso rimase indelebile nella memoria dei partecipanti per la contrapposizione delle tesi esposte prima da Franco Bodini, direttore della Latteria cooperativa di Soresina, contro il burro rigenerato, e poi dall’avv. Mora, presidente del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, sul dualismo economico territoriale e sulla valorizzazione del burro italiano. Non mancò nemmeno il contributo da parte di Prevosti, Presidente degli impacchettatori di burro di Assolatte. La giornata fu così incisivamente riassunta da Neri A.: “Come si vede l’intervento di Prevosti è caratterizzato da dosata alternanza fra misurata blandizia e minacciosa concretezza. Misurata nel senso di puntuale Latteria soresinese 1900-2000, Storia di un’impresa

illustrazione della situazione socio-economica dei due comprensori del formaggio grana, causa prima della contrapposizione fra produzione industriale e produzione agricola. Minacciosa perché, esplicando senza perifrasi il divario strutturale tecnologico delle due realtà, ribadisce a tutto tondo la dipendenza della seconda nei confronti della prima. In tutto questo si riconosce l’intelligenza ispiratrice di Antonio Masutti, l’allora direttore di Assolatte. Bastone e carota, dunque” [Neri A., 2005-6]. In altro registro: l’agricoltura produceva e l’industria processava, confezionava e distribuiva!

EVOLUZIONE DEL CONTESTO LEGISLATIVO

Il contesto legislativo del burro, nel mezzo degli Anni 20 del XX secolo, secondo il prof. Carlo Besana, era regolato dalla Legge 19 luglio 1894, n. 336, che stabiliva le norme dirette ad impedire le frodi in commercio del burro e disciplinava la vendita del burro artificiale. In merito Besana precisava: “…dalla margarina al burro artificiale il passo è breve. Basta sbattere entro una zangola la margarina liquefatta con una certa quantità di latte ed un poco di colorante annatto per trasformarla in un gras-

so molto somigliante al burro, tanto da poter essere confuso con questo; è il così detto burro artificiale, il quale ha servito largamente nei tempi andati a sofisticazioni e mistificazioni, sollevando alte querimonie fra i produttori di burro che si trovarono danneggiati dalla concorrenza occulta del nuovo preparato alimentare” [Besana, 1923]. Di avviso opposto era il prof. Giuseppe Fascetti che, invece, rendeva merito al Regio Decreto Legge n. 2033 del 15 ottobre 1925 (Repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari) per aver “compreso saviamente anche il burro… Era veramente sentita l’opportunità di circondare questo sublime grasso di una efficace difesa legislativa, essendo risultata impari allo scopo la vecchia legge del 19 luglio 1894” [Fascetti, 1927]. In realtà la normativa del ’25 prevedeva di aggiungere alla margarina, e ai grassi succedanei, il 5% di olio di sesamo e l’0,5% di fecola come traccianti rilevabili con semplici reazioni cromatiche. Bastava, però, acquistare la margarina senza traccianti in altri paesi, per ignorare e raggirare la legge per altri trent’anni. Ampia, profonda e continua è la letteratura in merito, ma ritengo che i due libri di Giuseppe e Antonio Neri (padre e figlio, chimici e consulenti di settore e di tribunali) restino come pietre miliari per chi volesse approfondire il tema [Neri G. 1941, Neri A. 1954]. Nell’indice del libro del 1954 sono persino riassunte le contravvenzioni elevate per gruppi: deficienza della sostanza grassa, insufficienza degli acidi volatili solubili, eccesso degli acidi grassi insolubili, titoli e caratteristiche analitiche difformi, eccessiva acidità ed irrancidimento, dichiarazioni sugli involucri, sigilli, peso, lavorazione e vendita in locali non idonei, mancanza bollette di accompagnamento. Lo stesso Antonio Neri, anni dopo, scriverà: “L’evo medio, chiamiamolo così, della produzione burriera corre fino al 1956 anno in cui fu pubblicata la Legge n. 1526 del 23 dicembre 1956, Difesa della genuinità del burro; che

L’INDIFFERENZA POLITICA ALLE PROBLEMATICHE DEL BURRO E LA PRIMOGENITURA DEL FORMAGGIO NELLA FILIERA LATTE ITALIANA HANNO CONVISSUTO E CONVIVONO ANCORA

ventisette anni più tardi fu modificata, con interventi bastardi dei quali riferiremo più avanti, dalla Legge 13 maggio 1983, n. 202”. Continua così l’esperto Antonio Neri: “Da qui parte l’evo moderno che vede l’affannoso adeguamento delle norme nazionali (già contraddittorie e incoerenti al loro interno) alle disposizioni comunitarie”. Aggiungendo che “L’adeguamento non si è raggiunto (né tecnicamente né giuridicamente, dato che si è provveduto solo con circolari ministeriali) e che, di conseguenza, la tanto appetita (anche se mai cercata con serietà d’intenti) qualifica di ‘burro di qualità’ non è stata ottenuta né mai potrà esserlo” [Neri A., 2005-4]. La circolare algida ed ellittica, secondo Antonio

Neri, è quella firmata dal Ministero della Sanità e datata 15 gennaio 1998, con la quale si inventava la nuova dizione “Zangolato di creme fresche per la burrificazione ” per il semilavorato prodotto con creme d’affioramento e di siero.

EVOLUZIONE DEL CONTESTO TECNOLOGICO

Un’analisi dettagliata dell’evoluzione del contesto tecnologico del burro del secolo trascorso corre il rischio di riempire un libro e di perdere tutti i lettori. Meglio, quindi, chiedere in prestito “il rasoio di Ockham” e tagliar via dalle tesi principali tutte le ipotesi non necessarie. Quindi tagliamo la vasta letteratura sul burro di centrifuga, le tecnologie “da burro a burro” ed anche quelle sulle miscelazioni dei burri di diverse provenienze. Restano, pertanto, due criticità; in altre parole “due buchi formanti un unico ovale”: le creme d’affioramento e le creme da siero. Nel pensiero dei critici nazionali, il burro italiano d’affioramento non potrebbe mai essere un burro di qualità per tre motivi: a) crescita esponenziale delle cellule batteriche e delle cellule somatiche durante l’affioramento; b) presenza di impurità da corpi estranei a causa di sommaria filtrazione del latte; c) processi lipolitico-ossidativi a carico dei globuli di grasso [Neri A., 2006-1]. Oggi, però, grazie alla evoluzione tecnologica e impiantistica, queste obiezioni sono superate. Nel merito, invece, alle creme da siero delle caseificazioni, il problema persiste quando viene impiegato il caglio in pasta, ma, volendo, possono essere separate e processate distintamente. Al contrario, se miscelate con altre, significherebbe esporre maggiori quantità alla attività lipolitica degli enzimi residuati nel siero stesso. Anche questa criticità è tecnicamente superabile. Del resto, anche nel Nord Europa, le creme della caseificazione sono idoneamente trattate e processate.

EVOLUZIONE DEL CONTESTO ANALITICO

Come la notte insegue il giorno, così le analisi inseguono le frodi. Per il burro, agli inizi bastava misurare le percentuali di acqua e grasso. Poi si aggiunsero le reazioni cromatiche per svelare coloranti e traccianti (famosa in proposito la reazione di Villavecchia-Fabris per olio di sesamo). Successivamente, intorno agli Anni 30, si adottò prima l’indice di Wolny per gli acidi volatili solubili e poi l’indice di Polenske per gli acidi volatili insolubili. Però, proprio tra questi due indici, gli spericolati equilibristi ricercavano le fraudolenti miscele di burro con margarina, grasso di bue, grasso di maiale, olio di cocco, olio di balena e delfino, idonee a far bilanciare gli indici e a far quadrare i certificati di analisi [Neri A., 1954]. Finalmente negli Anni 60 arrivò la gascromatografia e, negli Anni 70, con la diffusione delle apparecchiature nei laboratori, cessarono finalmente anche le maggiori sofisticazioni. Così, alla lunga notte seguì il giorno.

CONTESTO CULTURALE DI CONSUMO DEL BURRO

Storicamente in Italia il consumo del burro si concretizza per circa il 70% al Nord, il 20% al Centro e il 10% al Sud. Chiaramente al Sud, prima della diffusione della refrigerazione, gli impieghi del burro erano indubbiamente correlati alla limitata disponibilità di latte e alla abbondanza dell’olio d’oliva, e, con l’andare del tempo, questi elementi hanno assunto caratteri culturali. Chiaramente i consumi polarizzati del burro, dal Secondo Dopoguerra ad oggi, si sono riflessi nelle politiche governative di valorizzazione dei grassi, diventando prioritari quelli d’origine vegetale e secondari quelli d’origine animale. Molto probabilmente anche le intense campagne di comunicazione di massa favorevoli ai grassi vegetali hanno influenzato queste tendenze. Negli ultimi anni, però, a livello globale, si è registrata una inversione di tendenza a favore del burro. In merito ai vari impieghi odierni del burro, è doveroso precisare che ogni segmento di mercato ha le sue proprie esigenze, a cui ovviamente l’offerta del fornitore risponde con diverse caratteristiche e idoneità.

CONCLUSIONI

Siamo partiti per cercare dei buchi, ora vediamo di riassumerli e di passarci in mezzo. L’indifferenza politica alle problematiche del burro e la primogenitura del formaggio nella filiera latte italiana hanno convissuto e convivono. In che misura la prima abbia facilitato la seconda o viceversa al momento poco conta; conta, invece, un quadro normativo senza affanni, allineato all’Unione Europea, ovvero in grado di garantire un quadro competitivo dinamico e leale. Apparentemente restano dei buchi tecnologici, però sono ampiamente superabili. Rispetto a ieri, il contesto analitico è dinamico e globale, quindi assicura la gestione e il controllo totale del prodotto. Per ultima ma non da ultima, la polarizzazione dei consumi dei grassi che diventa accettabile, nella misura in cui gli uni accettano la pari dignità degli altri. In conclusione, gli spazi e le opportunità per valorizzare il burro italiano esistono ancora oggi. Basta cercarli, con impegno, costanza e determinazione!

Riferimenti bibliografici

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CCIAA, Piacenza, p. 58. Istituto Centrale di Statistica del Regno d’Italia (1939) - Censimento Industriale 1937 - L’Industria della lavorazione del latte - FAILLI,

Roma, 1938-1941. Neri G. (1941) Il Burro, Editore Tipografia Marini,

Lodi, p. 1-227. Neri A. (1954) Il Burro, Casa Editrice Renzo Cortina, Pavia, p. 139 Neri A. (2005-4) Alimenta, Edizione Scienza e diritto, Milano, vol. XIII, n. 4/2005, pag. 87 Neri A. (2005-6) Alimenta, Edizione Scienza e diritto, Milano, vol. XIII, n. 6/2005, pag. 135-139. Neri A. (2006-1) Alimenta, Edizione Scienza e diritto, Milano, vol. XIV, n. 1/2006, pag. 34. Zoboli L.A. (1954) Bollettino dell’Associazione

Italiana Tecnici del Latte, Il congresso Nazionale a Salice Terme su: “La disciplina igienica della produzione e del commercio del burro”, Modena, Anno VI, n. 2, p.1.

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numero 1 | OTTOBRE 2019 | VOLUME 69

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ISSN 0390-6361