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Tecnologia applicata

La pastorizzazione e il suo effetto sugli aspetti microbiologici e nutrizionali

Il Bollettino dell’International Dairy Federation 496/2019 conferma gli effetti della pastorizzazione sul latte da un punto di vista microbiologico, di shelf life ed evidenzia il ridotto impatto sulle caratteristiche nutrizionali

La pastorizzazione è il trattamento termico che mira a ridurre i microrganismi patogeni presenti nel latte a un livello accettabile, evitando così pericoli per la salute pubblica derivanti dal consumo di latte contaminato. Allo stesso tempo prolunga la shelf life del latte attraverso l’inattivazione di microrganismi deterioranti e degli enzimi che possono causare difetti di qualità nel tempo. La pastorizzazione implica il riscaldamento del latte a temperature sufficienti (almeno 72 °C per 15 secondi o a 63 °C per 30 minuti) per inattivare maggiormente batteri patogeni vegetativi resistenti al calore che potrebbero essere presenti nel latte crudo a un livello accettabile (almeno riduzione di 5 log) e quindi renderlo sicuro per il consumo umano (Kelly et al., 2005). Le combinazioni tempo/temperatura sono illustrate nella Figura 1. Qualsiasi combinazione di tempo/ temperatura in ogni punto sulle linee continue del il grafico sarà equivalente. Quando vengono aggiunti zuccheri o altri soluti, quindi con un’attività dell’acqua inferiore (aw), le combinazioni tempo-temperatura Figura 1 - Combinazioni tempo-temperatura minime per la pastorizzazione

del trattamento devono essere modificate di conseguenza (Tabella 1). La pastorizzazione, in combinazione con le buone pratiche di fabbricazione (GMP), riduce la microflora indigena non patogena (ad es. batteri lattici) a un valore accettabile e inattiva gli enzimi, come la lipoproteina lipasi (Deeth, 2006), che può essere associata a deterioramento non microbiologico del latte.

ASPETTI MICROBIOLOGICI DELLA PASTORIZZAZIONE DEL LATTE

Il latte è un mezzo nutriente e terreno ideale per la crescita di molti microrganismi. I batteri presenti nel latte derivano dalla superficie della mammella, dalle attrezzature di mungitura o dall’ambiente esterno. Tale contaminazione può essere aumentata se c’è un’in-

Tabella 1. Combinazioni tempo-temperatura in funzione Questo microrganismo è responsabile della della tipologia di latte e del contenuto in soluti. malattia di Johne nel bestiame ed è sospetLinee guida della Food Safety Australia New Zealand tato, ma non confermato, di essere un cola pastorizzazione e da una eventuale contaminazione post-pastorizzazione che può RRMF, 2011). fattore della malattia di Crohn nell’uomo. La recente richiesta da parte dei consumatori di alimenti meno trattati termicamente, ma ugualmente sicuri, ha portato alla ricerca di potenziali alternative non termiche (Morris et al., 2007). Tali tecnologie alternative includono i campi elettrici pulsati (Mosqueda-Melgar et al., 2008), la luce ultravioletta (Koutchma, 2009), la microfiltrazione (Pouliot, 2008) e le alte pressioni idrostatiche (Mújica-Paz et al., 2011). Sebbene queste tecnologie sembrano essere ugualmente efficaci in termini di riduzione microbica ed estensione della shelf life, fezione della mammella, ad es. mastite Inizialmente, il trattamento termico minimo negli Stati Uniti o in Canada come alternativa subclinica o clinica, o in condizioni igieniche di pastorizzazione era destinato all’inattiva- alla pastorizzazione del latte. Tuttavia, in Aunon adeguate. Recenti studi metagenomici zione di Mycobacterium tuberculosis e Co- stralia il latte crudo trattato con le alte presindicano che nel latte sano possono esserci xiella burnetii, i due batteri più resistenti al sioni è stato recentemente approvato per la marcatori genetici di diversi gruppi batterici, calore associati al latte. Utilizzandoli come vendita (Schuh, 2016). molti dei quali non sono associati a mastite. microrganismi di riferimento per un’adeCiò suggerisce che la presenza di batteri nel guata pastorizzazione si aveva il vantaggio latte non sia semplicemente il risultato di una di inattivare altri organismi patogeni, miglio- LA SHELF LIFE DEL LATTE colonizzazione esterna, ma esista la possibi- rando la sicurezza del latte e prolungando- PASTORIZZATO lità di una via endogena. ne la conservazione. Gli agenti patogeni I batteri che sopravvivono alla pastorizzaIl numero di batteri aumenta con il tempo di che recentemente hanno causato preoccu- zione, chiamati termodurici, sono per lo più conservazione e il tasso di aumento dipen- pazione sono l’Escherichia coli “produttore non patogeni, ad eccezione di alcuni battede dal livello dalla contaminazione iniziale e di Shiga-Tossina” o “verocitotossico” (ad ri sporigeni. A seconda del loro numero, e in dalle condizioni tempo-temperatura di esempio, E. coli O157:H7) e Listeria mo- particolare della loro resistenza al calore, conservazione. nocytogenes, che sono inattivati dalla pa- sono classificati in tre categorie: batteri moLa microflora del latte pastorizzato è costi- storizzazione, così come il Mycobacterium deratamente termodurici, come micrococtuita da batteri termodurici sopravvissuti al- avium sottospecie paratubercolosi (MAP). co, streptococco, enterococco, Lactobacilderivare della presenza di batteri all’interno IL BOLLETTINO IN PILLOLE delle tubazioni, impianti o sistemi di stoc- Nel Bollettino dell’International Dairy Federation 496/2019 “The technology of caggio, o può essere causata dagli opera- pasteurisation and its effect on the microbiological and nutritional aspects of tori o dal packaging. milk” viene delineato il processo tecnologico della pastorizzazione, spiegati gli aspetti microbiologici dell’impatto della pastorizzazione sulla salute pubblica e Il rischio di intossicazione alimentare deri- dimostrato che la pastorizzazione non ha un impatto significativo sulle proprietà vante da batteri patogeni nel latte pastoriz- nutritive del latte. Quindi, secondo le attuali conoscenze disponibili, bere latte zato è relativamente basso, sebbene siano pastorizzato è ancora il modo più sicuro per goderne i benefici per la salute stati riportati casi isolati (CDC, 2008, 2011; derivati dal suo consumo. Il focus del Bollettino è sul latte vaccino pastorizzato per consumo diretto; non sono stati considerati altre tipologie di latte. nessuna di esse è stata approvata nell’UE,

lus; batteri fortemente termodurici, resistenti a un trattamento di 75 °C per 12 minuti, come il genere Microbacterium (M. liquefaciens); spore batteriche altamente termoduriche, resistenti a temperature superiori a 80 °C per 10 minuti. Tali batteri sporigeni includono il genere Clostridium (C. butyricum, C. tyrobutyricum) e Bacillus (B. subtilis, B. cereus, B. licheniformis). La presenza di spore di Bacillus cereus o Paenibacillus è un potenziale fattore limitante della conservabilità del latte alimentare pastorizzato (Giffel et al., 1997; Ranieri et al., 2011), e potrebbe essere un potenziale agente di intossicazione alimentare. Le pratiche Schema di un impianto di pastorizzazione HTST igieniche durante la mungitura sono il modo migliore per controllare questi organismi. In generale, minore è la temperatura di conservazione, maggiore è la durata di conservazione del latte pastorizzato. Tuttavia, i batteri psicrotrofi come Pseudomonas spp. possono crescere sotto i 4°C, e successivamente produrre enzimi extracellulari che portano alla formazione di off flavour. Di particolare rilevanza sono i batteri psicrotrofi termodurici (per esempio Bacillus spp.), poiché possono sopravvivere alla pastorizzazione e crescere a 4°C. Il latte alimentare pastorizzato può avere una durata compresa tra 5 e 20 giorni, a seconda della qualità del latte iniziale, del grado di contaminazione post-pastorizzazione e della combinazione tempo-temperatura di conservazione del prodotto pastorizzato. Oltre al metabolismo dei batteri lattici, anche i batteri contaminanti possono produrre una serie di enzimi che modificheranno la struttura fisica del latte e il suo sapore. Gli enzimi più noti sono le proteasi che agiscono sui peptidi, alcuni dei quali sono amari (Richardson & Newstead, 1979) e le lipasi che producono acidi grassi liberi (Lawrence, 1967). Agiscono anche altri enzimi endogeni che causano una serie di difetti ri-

DIVERSI STUDI DIMOSTRANO CHE I TRATTAMENTI HTST NON

CAUSANO CAMBIAMENTI

CHIMICI APPREZZABILI, NÉ NOTEVOLI MODIFICHE STRUTTURALI

DELLE PROTEINE

scontrati nel latte scaduto.

ASPETTI NUTRIZIONALI DEL LATTE PASTORIZZATO

La pastorizzazione ha un basso impatto sui nutrienti del latte. Il latte crudo contiene in genere il 4% di grassi, in genere standardizzato al 3-3,5%. De Souza et al. (2003) e Nunes & Torres (2010) hanno riferito che la pastorizzazione ha poco effetto sul profilo degli acidi grassi nel latte, confermando gli studi precedenti (Badings & Neeter, 1980; Henderson et al., 1980; Renner & Baier, 1971). Negli studi di Herzallah et al. (2005) e Costa et al. (2011) non vi era alcuna differenza negli acidi grassi a corta catena (butirrico, caproico e caprilico) tra latte pastorizzato e latte crudo. Herzallah et al. (2005) hanno anche dimostrato che la pastorizzazione del latte non ha effetti significativi sulla quantità di acido linoleico coniugato (CLA), così come nel contenuto dell’isomero trans. La pastorizzazione non provoca un cambiamento significativo nemmeno sulla qualità delle proteine. Il valore nutrizionale delle proteine del latte dipende dalla loro digeribilità e dal loro contributo all’assunzione di aminoacidi essenziali (Claeys et al., 2013). Sono state segnalate solo piccole perdite (1-4%) di lisina dopo la pastorizzazione del

OFF FLAVOUR INDOTTI DALLA LUCE

latte (Claeys et al., 2013; Andersson & Oste, 1995; Schaafsma, 1989). Alcuni studi hanno dimostrato che i trattamenti di pastorizzazione HTST hanno modificato le proprietà funzionali delle proteine del latte (ad es. proprietà emulsionanti e leganti dell’acqua, solubilità), ma hanno avuto scarso effetto sulla loro digeribilità o sulle proprietà nutrizionali (Claeys et al., 2013; Douglas et al., 1981; Lacroix et al., 2006). Qi et al. (2015) hanno dimostrato che la pastorizzazione HTST non ha causato cambiamenti chimici apprezzabili, né notevoli riduzioni strutturali delle principali proteine del latte pastorizzato. Le prove scientifiche indicano che la pastorizzazione del latte potrebbe cambiare leggermente la struttura delle proteine del latte, ma che i cambiamenti sono correlati alle proprietà funzionali e non alla loro digeribilità o alle proprietà nutrizionali (Efigênia et al., 1997; Claeys et al., 2013). Diversi componenti del latte con potenziali proprietà antibatteriche come la lattoferrina, il lisozima e la lattoperossidasi non sono influenzati o minimamente influenzati dalla pastorizzazione HTST (Cifelli et al., 2010). La lattoferrina, che lega il ferro libero e quindi limita la sua disponibilità ai patogeni per la crescita, non è influenzata dalla pastorizzazione standard (Cifelli et al., 2010; Paulsson et al., 1993; Steijns et al., 2000). Il lisozima, una proteina antibatterica, non è influenzato dalla pastorizzazione (Cifelli et al., 2010; Fox & Kelly, 2006). La lattoperossidasi, altro enzima antimicrobico, mantiene il 70% della sua attività dopo la pastorizzazione HTST a 72 °C per 15 secondi, mentre gli oligosaccaridi, che sono noti per prevenire l’adesione di potenziali i batteri patogeGli off flavour indotti dalla luce possono svilupparsi nel latte pastorizzato o non pastorizzato durante lo stoccaggio, in particolare se confezionato in bottiglie trasparenti. Ci sono dieci fotosensibilizzanti nel latte (Liu et al., 2016) e tutte le lunghezze d’onda testate hanno causato l’ossidazione del latte (Intawiwat et al., 2010). Il polietilene ad alta densità (HDPE) ha una trasmissione del 60% circa di luce tra 300 e 700 nm, mentre il polietilene tereftalato (PET) circa dell’80%. In tre studi è stato dimostrato, che conservare il latte in bottiglie di plastica trasparente alla luce fluorescente induce lo sviluppo di off flavour in meno di 2 ore (Dimick, 1973), 12h (Chapman et al., 2002) e 24h (Johnson et al., 2015). Lo sviluppo di off flavour nel latte pastorizzato può essere bypassato usando imballaggi opachi o comunque in grado di bloccare un’alta percentuale di luce alle lunghezze d’onda critiche per il latte (Cladman et al., 1998; Webster et al., 2009). Comunemente si utilizza il cartone poliaccoppiato e le bottiglie di plastica opache in grado di escludere il

75-99% della luce (Tu & Apt, 2013). ni all’epitelio intestinale, sono stabili al calore (Cifelli et al., 2010; Marks et al., 2001). Il latte è una buona fonte di calcio e fosforo e la pastorizzazione ha poco o nessun impatto sulla concentrazione di questi componenti o sulla loro biodisponibilità (Claeys et al., 2013; Cifelli et al., 2010). La pastorizzazione può causare lievi perdite di vitamine idrosolubili, ma non influisce sulla concentrazione di vitamine liposolubili come vitamina A, D, E e K (Claeys et al., 2013; Cifelli et al., 2010; MacDonald et al., 2011). Il trattamento termico può causare perdite del 7-10% di vitamina B12, ma anche così il latte pastorizzato rimane una buona fonte di questa vitamina. La vitamina C è sensibile alla pastorizzazione e all’ossigeno, ma va considerato che il latte non è una fonte primaria di questa vitamina o delle vitamine E o K (Cifelli et al., 2010).