PRIMAPAGINA Magg. 2010

Page 33

Anatocismo bancario ultimo appello: bloccare la prescrizione è possibile mandando alla propria banca, o alla ex banca, una richiesta formale di ricalcolo degli interessi

L’anatocismo è la pratica che permetteva alle banche di capitalizzare gli interessi passivi in maniera trimestrale e gli interessi attivi in maniera annuale. Un fenomeno che ha colpito una moltitudine di conti correnti dedicati al business e che si trovavano spesso in rosso. Il Codice civile all’art. 1283 recita: “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre altri interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno da sei mesi”. Da noi alla Camera di Commercio non erano registrati usi comuni e nel 1999 la Suprema Corte con le sentenze n.237 n.3096 e n.12507 ha stabilito che la periodicità trimestrale/annuale degli interessi è da considerarsi introdotta a seguito di norme uniformi bancarie nel 1952 e non trova riscontro negli usi. Al fine di prevenire l’inasprimento dei rapporti fra banche e clienti, il Governo è intervenuto con l’art. 25 del D.Lgs. 342/99, il cosiddetto Decreto salva interessi, il quale ha mutato il dettato dell’art.120 del testo unico bancario introducendo due commi: il secondo cita testualmente: “Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori”. Mentre il terzo: “le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data

di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, devono essere adeguate al disposto della menzionata delibera che stabilirà, altresì, le modalità e i tempi dell’adeguamento. In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l’inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente”. Il CICR, il 9 febbraio del 2000, ha deliberato (con entrata in vigore dal 22 aprile dello stesso anno) che l’accredito degli interessi e l’addebito deve avvenire secondo la medesima periodicità (stabilita contrattualmente). Successivamente, la Corte, proferendosi in 10 giudizi su questioni analoghe, ha bocciato la sanatoria delle clausole anatocistiche, cioè di tutte quelle previste nei contratti bancari stipulati prima dell’entrata in vigore della delibera del CICR riaprendo così il contenzioso sull’addebito trimestrale degli interessi che il Governo aveva cercato di “tappare” con la norma-sanatoria . Riassumendo: il legislatore, da un lato ha sancito una sanatoria delle clausole anatocistiche dei contratti bancari siglati prima del 1999 (entrata in vigore del D.Lgs. 342/99) con effetti limitati fino al 22.4.2000 (entrata in vigore della delibera del CICR); dall’altro ha assegnato validità alle clausole poste in essere nel periodo tra il 09.02.1999 e il 21.4.2000. La capitalizzazione infra-annuale è lecita, ma deve essere rispettata un’identica periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori.

65

L’amministratore di sostegno del dott.

Roberto Santoro (Magistrato)

Mi capita spesso, in qualità di pubblico ministero, di partecipare a procedimenti civili – di natura non contenziosa – aventi per oggetto la nomina di un amministratore di sostegno. Tale figura, introdotta nel nostro ordinamento poco più di sei anni fa, pur rappresentando un istituto di notevole rilevanza giuridica e sociale, è tuttavia ancora poco conosciuta dai non addetti ai lavori. Vediamo di cosa si tratta. Con la legge n.6 del 9 gennaio 2004 il Parlamento ha introdotto, nel corpo del codice civile, l’istituto in esame, con l’intento di porre al centro della misura la piena tutela dell’individuo, nonché di rivisitare il significato stesso di “protezione”, evolvendone il senso da una identità statica (limitazione, emarginazione) verso una compiuta essenza dinamica, quale rimozione degli ostacoli che impediscono al soggetto di recuperare e realizzare compiutamente la propria personalità. Illuminante, al riguardo, è il contenuto dell’art.1 della legge in oggetto, secondo cui scopo dell’amministrazione di sostegno è quello di “… tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente …”. In altri termini, quando si rende necessario affiancare e sostenere la persona nella cura dei suoi concreti bisogni quotidiani - e non solo sostituirla nella gestione dei suoi interessi patrimoniali - i prossimi congiunti dell’interessato, il coniuge o la perso-

na stabilmente convivente, il pubblico ministero (in genere su segnalazione dei servizi sociali) o, addirittura, il beneficiario stesso possono proporre ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno. L’amministratore coadiuva il beneficiario, senza sostituirsi o sovrapporsi ad esso, nelle sue scelte personali e patrimoniali, secondo le indicazioni fornite dal giudice tutelare, il quale possiede ampia discrezionalità in ordine alla determinazione dell’oggetto dell’incarico. Di conseguenza, fatta eccezione per quella tipologia di atti che richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore, il beneficiario conserva integra la capacità di agire, potendo (anzi, dovendo) egli compiere tutte quelle attività utili o indispensabili per il soddisfacimento della vita di ogni giorno. L’evidente principio di massima conservazione della capacità in capo al beneficiario si pone, quindi, come superamento del tradizionale momento autoritativo consistente nel divieto di “non fare”, in favore di una reale tutela della persona umana, che tenga conto della sua volontà e delle sue esigenze, in conformità a quanto prescritto dalla nostra Costituzione in materia di rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2).

Figli minori, ecco le responsabilità di

Pasquale Di Ferdinando (Presidente Federconsumatori)

Gianfranco Puca (avvocato)

L’angolodel legale

64

I danni causati dai ragazzi, pagati dai genitori, e quelli personali subiti. Due ipotesi in esame. di

Ropel

TERAMO: NUOVO ORARIO DI APERTURA PER 8 UFFICI POSTALI

Per garantire il servizio di Posta Certificat@ il sabato le sedi saranno operative dalle ore 8.30 alle ore 13.00 Poste Italiane comunica che, dal prossimo 8 maggio, gli uffici postali di Teramo Centro (Via Paladini), Alba Adriatica (Via Risorgimento), Atri (Largo San Pietro), Giulianova Spiaggia (Viale Orsini), Martinsicuro (Via Piemonte), Pineto (Viale Mazzini), Roseto degli Abruzzi (Via Puglie) e Silvi Marina (Via Carducci) osserveranno il seguente nuovo orario di apertura al pubblico per il giorno di sabato: dalle ore 8.30 alle ore 13.00. Non subiranno invece modifiche i rispettivi orari dal lunedì al venerdì. La variazione è assunta in ottemperanza al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009, istitutivo del servizio di Posta Elettronica Certificata (PEC) e i cui moduli di adesione sono forniti da Poste Italiane per il tramite degli uffici postali. Il decreto prevede infatti, per i comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti, il presidio territoriale dalle ore 9.00 alle ore 13.00 dal lunedì al sabato. Posta Certificat@ è il servizio di posta elettronica sicura che garantisce valore legale alle comunicazioni via e-mail tra cittadini e Pubblica amministrazione. Per richiedere l’attivazione della PEC sarà sufficiente collegarsi al portale www.postacertificata.gov.it e inserire la richiesta, trascorse 24 ore dalla registrazione ci si potrà recare, entro i tre mesi successivi nella fascia oraria, presso uno dei 52 uffici postali abilitati in provincia di Teramo per l’identificazione e la conseguente firma sul modulo di adesione. Roma, 7 maggio 2010

Tra donne... Una signora, di origine tedesca, riferisce: una sera ho detto a Franz, mio marito “Da domani non lavo e stiro più. Per due giorni non ho visto nulla, ma, al terzo, Franz ha cominciato a lavare e stirare” Un’altra signora, di origine francese racconta: “Un giorno ho detto al mio compagno JeanPaul “Da domani non faccio più la spesa”. “Il primo e secondo giorno non ho visto nulla ma, al terzo, JeanPaul è tornato a casa con la baguette sottobraccio e la busta con latte e pane”. Infine, una signora, di origine siciliana: ”Una sera ci dissi a mio marito: “Cammelo, da domani non lavo e cucino più”. Il primo e il secondo giorno niente vidi, il terzo vidi qualcosa…quando riuscii ad aprile un poco l’occhio destro!”.

Danni da risarcire. L’art. 2048 c.c. stabilisce che i genitori sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori che abitano con essi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ( n. 7050 del 14.3.2008) ha specificato che la responsabilità dei genitori sussiste sempre, anche in carenza di coabitazione. Nel caso concreto un figlio minore aveva causato danni a terzi, alla guida di un ciclomotore e, mentre in primo grado i genitori erano stati condannati al risarcimento dei danni, in appello la loro responsabilità era stata esclusa (e con essa il risarcimento) con la motivazione che, alla data dell’incidente, il figlio (all’epoca sedicenne) non conviveva più con loro da due anni, ma con il fratello, per ragioni di lavoro. La Cassazione, annullando la sentenza di appello, ha invece stabilito il principio che i genitori sono responsabili dei danni

cagionati dai figli minori a prescindere dalla coabitazione, qualora gli illeciti siano riconducibili ad oggettive carenze educative. I genitori sono tenuti a educare i figli fornendo loro le regole della comune convivenza e la sentenza della Corte di Cassazione ha voluto così sottolineare l’importanza della funzione educativa dei genitori nell’ ambito delle regole fondamentali della convivenza sociale quali rispetto dell’altro, della proprietà altrui, delle norme di comportamento su strada ecc. Risarcimento dei danni subiti dai figli. Un’altra recentissima sentenza della Corte di Cassazione (la n. 9906 del 26.4.2010) è intervenuta per chiarire il concetto di sorveglianza. Il caso esaminato era quello di una bambina di tre anni, lasciata sola in bagno dalle maestre dell’asilo che, tirando la catenella del wc, si era ferita gravemente a un occhio a causa di un gancio caduto dalla struttura del bagno. I genitori quindi si erano rivolti

all’Autorità Giudiziaria per ottenere il risarcimento dei danni. Il principio contenuto nella sentenza è molto rigido: un bambino di tenera età non deve mai essere lasciato solo ma, eventualmente, essere sorvegliato avvalendosi del personale non docente. In base a tale principio è stato riconosciuto il diritto del minore ad essere risarcito degli ingenti danni fisici subiti. La bimba non doveva rimanere sola in bagno ma, eventualmente affidata ad altra persona adulta in grado di sorvegliarla. è da evidenziare che il risarcimento dei danni viene corrisposto dal datore di lavoro, in questo caso il Ministero dell’Istruzione,(art. 61, II comma, L. 11-07-80, n. 312). Per dovere di cronaca, la maestra non aveva “abbandonato” la piccola, ma era tornata in classe ove era attesa da altri 26 piccoli alunni. (Eventuali tematiche da trattare possono essere segnalate all’indirizzo avvocato@studiolegalepuca.it)


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.