PrimaPagina settembre 2015

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la tranquillità di fare centro

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free press - n. 60 anno 6 PrimaPagina - il mensile di E.C.S. Editori

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SETTEMBRE 2015

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Mafalda Bruno Simona Cascetti Antonio Di Felice Tina Di Felice Adele Di Feliciantonio Mirco Di Marcello Laura Di Paolantonio Maria Rita D’Orsogna Bruno Feroci Angela Fosco Alessandro Frattaroli Antonella Lorenzi Daniela Palantrani Gianfranco Puca Raffaele Raiola Nicola Paolo Rossetti Chiara Santarelli Pierluigi Troilo

Enrico Santarelli Daniela Palantrani amministrazione@primapaginaweb.it Via V. Pilotti - Teramo Tel & Fax . 0861. 221974 redazione@primapaginaweb.it

Nicola Arletti Pikit di Remo Leonzi

Settembre andiamo, cantava il Vate. È tempo di scuola. Ma quest’anno la sindrome del rientro dalle vacanze ha colpito molto più gli insegnati che gli studenti. Il debutto della Buona Scuola ha avuto il suo battesimo di polemiche, contestazioni, ricorsi e annunci di guerra

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n. 605 del 14.07.09 - n. 20081 - 2281-5651

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Gianfranco Puca

Le informazioni, testi, fotografie non possono essere riprodotte, pubblicate o ridistribuite senza il consenso dei titolari dei diritti.

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SOMMARIO

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Laura Di Paolantonio dottore commercialista lauradipao@libero.it

L’accoglienza non è improvvisazione di Angela Fosco

D’Alfonso & gli Ufo petroliferi Raffaele Raiola

di Maria Rita D’Orsogna

architetto urbanista ambientale architetto.raiola@alice.it

Territorio

Nicola Paolo Rosetti

19 Dirigenti P.A. una riforma a metà?

avvocato pres. giov. avvocati di Teramo avv.nicolapaolorossetti@gmail.com

di Raffaele Raiola

Curiosità

36 I Sapori della “solinga” Tozzanella di Antonella Lorenzi

Alessandro Frattaroli

Letteratura

Dottore Commercialista revisore legale

42 Il dolore “dell’asino” di Simona Cascetti

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Pierluigi Troilo ingegnere coach & formatore info@pierluigitroilo.com

Mariti nel Panico Mirco di Marcello

La strtegia del Trader

In Copertina: “MA QUANTO è BUONA QUESTA SCUOLA” foto da shutterstock: “Bad Teacher” Le immagini contenute nel magazine rispondono alla pratica del “FAIR USE” per la divulgazione scientifica e culturale

Alessio De Iuliis Avvocato Lavorista

di Bruno Feroci PrimaPagina 60 - Set. 2015

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L’Editoriale di Mira Carpineta

IL FALLIMENTO DEI LUOGHI COMUNI hi l’avrebbe mai detto che per sentire qualcosa di sinistra dovevamo aspettare Papa Francesco? In un momento in cui si sa più chi è cosa, il Papa ci sorprende ancora una volta, e senza effetti speciali. I luoghi comuni producono assuefazione e involuzione. È la retorica di pensieri annebbianti e dannosi: la “donna tentatrice”, “c’è crisi”, “ non serve a niente”, “innovazione, ricerca e tecnologia sono l’unica via”, Quando un pensiero sedimenta e diventa un alibi per fermarsi o addirittura involvere produce solo danni. La storia ne è piena. “Ogni importante cambiamento produce nell’ immediato un effetto involutivo” ha sostenuto Philippe Daverio, il noto critico d’arte, al convegno sul Virtuale, qualche giorno fa a Teramo. Il dibattito verteva appunto sulla trasformazione dei comportamenti sociali ad opera di una tecnologia sempre più invasiva nella vita quotidiana, sugli aspetti positivi e negativi. Ma è un dibattito che interessa le generazioni mature, quelle abituate ad altri strumenti, che devono tenere il passo, cercare di adeguarsi e fare finta di essere evoluti. Le generazioni più giovani, il problema della tecnologia non se lo pongono proprio. Lo hanno già metabolizzato con l’imprinting iniziale, soprattutto nei bam-

MA È UN DIBATTITO CHE INTERESSA LE GENERAZIONI MATURE, QUELLE ABITUATE AD ALTRI STRUMENTI

bini ormai è parte del loro DNA. Allora è necessario prendere atto che per riconquistare il gradino successivo bisogna rinunciare al luogo comune. Dalla scrittura cuneiforme alla penna d’oca, l’uomo non ha smesso di scrivere, lo ha fatto di più e meglio. Così dalla macchina da scrivere alla digitalizzazione bisogna imparare a utilizzare un nuovo strumento per realizzare cose migliori, più belle e accessibili al maggior numero di persone. E infine ricordarsi che ogni utensile nasce affinchè l’uomo possa realizzare un’idea che ha nella testa. Ognuno la sua.

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L’ACCOGLIENZA NON

É IMPROVVIS n esodo biblico. Così appare la lunga marcia dei profughi siriani alle porte di un’Europa sclerotizzata nei suoi immobilismi. E altrettanto tragico il flusso inarrestabile dei migranti via mare. Popoli in fuga da paesi in fiamme. Ma anche detto così non si riesce a immaginare l’orrore che c’è dietro. Migliaia di bambini, donne, ragazzi. Sono le generazioni più giovani che rischiano la vita per cercarne la speranza altrove. E sono migliaia che invece la perdono durante le traversate o i tragitti nei furgoni. Un fiume di umanità che cerca di sopravvive altrove, fatta di storie singole, simili forse, ma tutte diverse. E mentre l’Europa continua a temporeggiare, aprendo e chiudendo le frontiere, a seconda degli attacchi di panico del Governo

Maria Teresa Letta da sempre nel volontariato cattolico, entra in Croce Rossa nel 1985, presso il Comitato Locale di Avezzano. Specializzatasi in logistica e nell’inclusione sociale, sono davvero numerose le attività che ha organizzato, come la famosa “Nave della Pace” o la “ campagna freddo” del 1989. Sempre attenta alle numerose richieste di tutto il territorio Morsicano e abruzzese in generale, diventa Presidente di Comitato nel 1994; apre numerose Delegazioni e Gruppi CRI costituendo una rete di Ambulanze di soccorso in Convenzione con le Asl. Nel 1998 diventa Presidente per la Regione Abruzzo e dopo la terribile esperienza del sisma ha ristrutturato la sede CRI di L’Aquila, portando il Centro Raccolta Sangue di L’Aquila alla certificazione di

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L’ABRUZZO STA FACENDO LA SUA PARTE, COME SEMPRE DEL RESTO

di turno, mentre i potenti dimostrano la loro totale impotenza e inettitudine di fronte alla praticità delle vita, o arricchiscono ancora di più con il mercato delle armi sempre in attivo, mentre mezzo mondo dorme, qualcuno, grazie a Dio è sveglio, vigile e si muove. È l’esercito silenzioso di coloro che fanno, soccorritori, volontari, Chiesa, Croce Rossa e tanti cittadini comuni che suppliscono con spirito pratico alle lungaggini della politica. La prof. Maria Teresa Letta, avezzanese doc, vice presidente nazioPrimaPagina 60 - Set. 2015


MARIA TERESA LETTA VICE PRESIDENTE DELLA CROCE ROSSA

SAZIONE qualità. Tra le innumerevoli missioni a cui ha partecipato in tutto il mondo, dalla Bosnia all’Afghanistan, dall’Africa al Sudamerica, non meno importanti sono i suoi impegni in Italia, dove ha elaborato una serie di progetti per il Servizio Civile dotando la Regione Abruzzo e la provincia di L’Aquila in particolare di un bel numero di volontari. Si è occupata anche della ridestinazione di mezzi di trasporto sequestrati e re-immatricolati dalla CRI per missioni umanitarie. Avendo curato missioni di soccorso speciali, salvataggi in acqua o soccorsi su pista, ha realizzato la ristrutturazione di una Caserma degli Alpini ad Aosta, risalente alla Grande Guerra (15-18) con un duplice utilizzo. In inverno ospita una scuola di soccorso su pista, mentre in estate una colonia montana per figli degli alpini.

nale della Croce Rossa, ci ha spiegato come funziona, e bene, la macchina degli aiuti: “ La drammatica situazione degli sbarchi e dei salvataggi che avvengono ogni giorno sulle nostre coste, ha portato il presidente della CRI internazionale (FICR) Tadateru Konoé a visitare i centri di Catania e Lampedusa e ne è rimasto sconvolto. Ma anche impressionato dal lavoro che la Croce Rossa Italiana vi svolge. Il Presidente ha così deciso di coinvolgere tutte le organizzazioni federate in uno sforzo comune e attraverso una raccolta fondi ha destinato un consistente aiuto finanziario ad un progetto di prima accoglienza”. In cosa consiste questo progetto? “Con queste risorse sono stati realizzati dei kit di prima necessità da distribuire ai migranti al momento del loro arrivo nei Centri di Accoglienza distribuiti tra Sicilia, Calabria e Puglia. Catania è il punto che fa da capofila. I kit comprendono: un kit igienico, una maglia e una tuta, una giacca e scarpe. Il nostro presidente nazionale (anche vice presidente della federazione internazione) l’avv. Francesco Rocca riferirà il prossimo 30 settembre a New York, alle nazioni Unite sui numeri dell’ emergenza : profughi accolti e accompagnati alle varie destinazioni individuate tramite le prefetture, con pullman messi a disposizione da noi. La Croce Rossa spesso si occupa anche della gestione ”. E l’Abruzzo? “ L’Abruzzo sta facendo la sua parte, come sempre del resto. Ma ora che i flussi si stanno spostando verso la zona balcanica per raggiungere la Germania, nella nostra Regione non sono previsti molti arrivi, anche se compito delle prefetture è individuare e predisporre punti di ospitalità per i richiedenti asilo, come ad es. la mensa Celestiniana dell’Aquila o le Caritas. Perché l’accoglienza va gestita sia dal punto di vista igienico, che amministrativo e logistico. Non è utile a nessuno improvvisare”. Lei è da moltissimi anni in Croce Rossa, qual è oggi, a suo avviso, una criticità che non avrebbe mai creduto possibile in Italia, in Abruzzo? “Oggi si registra purtroppo un’ aumento della sofferenza sociale. L’indigenza di molte famiglie sta diventando in Abruzzo e all’Aquila in particolare un fenomeno preoccupante e in aumento. Abbiamo così organizzato una raccolta alimentare, in particolare frutta e verdura, che a causa dell’embargo alla Russia, era destinata alla distruzione. Con il Ministro Martina, abbiamo così stipulato una convenzione per distribuire questi alimenti attraverso il Banco Alimentare , le Caritas o i nostri stessi Comitati”. di Angela Fosco

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D’ALFON di Maria Rita D’Orsogna

el suo senso più nobile, la politica dovrebbe essere intesa come l’amministrazione della cosa pubblica per il bene di tutti. Qualcuno viene votato da i cittadini con il compito e la responsabilità di diventare nostro portavoce, di prendere le decisioni collettivamente giuste, di mantenere le promesse anche quando è difficile farlo. In Abruzzo la questione Ombrina Mare mostra che siamo lontani anni-luce da questo obiettivo. Prima di essere eletto, Luciano D’Alfonso ha più volte ricordato di essere contro “i ferri” e gli “ufo petroliferi” nel mare, “perché io alle bellezze dell’Abruzzo non rinuncio”. Nel 2013 si era presentato alla manifestazione contro il petrolio a Pescara ed aveva promesso che avrebbe usato “ogni strumento politico e istituzionale” per dire no a Ombrina presso gli uffici di Roma. Io credo che Luciano

Maria Rita D’Orsogna Laureata a Padova in Fisica nel 1996, dopo aver trascorso del tempo a Milano, Parigi, Chicago e Washington, è approdata a Los Angeles, dove vive stabilmente dal 1999. Nel 2007 venne a sapere che l’ENI intendeva trasformare i vigneti di Ortona, lungo la costa teatina, in un campo di petrolio con annessa raffineria. “Non so cosa sia scattato dentro di me ma, sebbene lontana, non potevo accettare che l’ENI portasse via un angolo d’Abruzzo e cosi, in un misto di amore italiano e di razionalità americana, ho dato tutto quello che avevo per salvare la contrada Feudo dalle grinfie dei petrolieri”.

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D’Alfonso sia stato eletto governatore d’Abruzzo anche grazie a quelle promesse. È passato poco più da un anno da allora ed è come se quelle rassicurazioni le avesse fatte un altra persona. Il governo centrale ha approvato Ombrina senza che la regione Abruzzo di Luciano D’Alfonso facesse granchè. Una volta pubblicato il decreto che approvava Ombrina, Luciano D’Alfonso non ha avuto grandi reazioni, ne di denuncia, ne di stupore ne di affetto per “le bellezze d’Abruzzo”. Non ha scritto lettere alla stampa, non e’ andato in televisione ad esprimere i suoi sentimenti o a guidare la cittadinanza sul da farsi. Alle manifestazioni del 2015 D’Alfonso non partecipa. Le parole Ombrina ed ufo non compaiono più nei suoi discorsi. Il giorno in cui avrebbe dovuto incontrare vari esperti a Pescara, me inclusa, il 29 Luglio 2015, non si presenta, impegnato in una inaspettata “vacanza da 96 ore” e mandando un SMS


NSO

& gli Ufo Petroliferi di saluti. Arriva Matteo Renzi in Abruzzo ai primi di settembre e non è dato sapere se di Ombrina abbiano parlato, o cosa si siano detti in proposito. Non è accettabile tutto questo in una democrazia vera, adulta, matura. E questo perchè il petrolio è uno dei temi di maggior preoccupazione in Abruzzo, e perché tutto l’Abruzzo civile si è espresso contro Ombrina, dai centri sociali fino alla Chiesa cattolica come testimoniano il proliferare di eventi no-petrolio. È evidente a qualsiasi persona disinteressata che Ombrina (e tutti gli altri pozzi che seguiranno) non potranno portare niente di buono a questa regione. Lo sanno tutti. Ed è per questo che il comportamento di Luciano D’Alfonso, secondo me, è uno schiaffo alla democrazia. Lui che dovrebbe incarnare il sentimento pubblico, scappa e si nasconde. E quindi, malgrado la prosopopea, nella pratica Luciano D’Alfonso si è rimangiato la parola . Nella pratica non sta

facendo il bene dell’Abruzzo. Nella pratica è un venditore di fumo. Non posso sapere cosa abbia portato Luciano D’Alfonso ad un cosi repentino cambio di idee. Posso solo immaginare tutti i giochi lobbistici e di potere che ci sono dietro, che di nobile non hanno niente e di fronte ai quali occorre essere degli statisti veri. E questo mostra ancora una volta che prima ancora che l’ambiente, il petrolio distrugge la democrazia. Che fare adesso? In molti hanno votato Luciano D’Alfonso. Non e’ una cosa di cui vergognarsi. E’ bravo a parlare. Occorre però che l’elettorato faccia sentire al proprio governatore che cosi non si va avanti. Occorre che Luciano D’Alfonso capisca che cosi facendo al prossimo giro perderà voti perchè ha perso la fiducia della gente. Credo che sia l’unica arma che abbiamo: fargli venire paura di perdere la poltrona. Se la

È EVIDENTE A QUALSIASI PERSONA DISINTERESSATA CHE OMBRINA (E TUTTI GLI ALTRI POZZI CHE SEGUIRANNO) NON POTRANNO PORTARE NIENTE DI BUONO A QUESTA REGIONE politica e’ fare il bene comune, la democrazia che la esprime può funzionare solo se dietro ci sono uomini e donne consci dei propri diritti, sinceramente innamorati di quel bene comune.

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10 MOTIVI DEL PERCH l giorno 13 Aprile 2013 circa 40.000 abruzzesi sono scesi in piazza a Pescara per protestare contro il progetto petrolifero “Ombrina Mare” della Medoilgas (MOG) di Londra che prevede la trivellazione di sei pozzi di petrolio, l’installazione di una piattaforma a sei chilometri da riva e di una nave desolforante di tipo FPSO a nove chilometri dalle spiagge d’Abruzzo. Da al-

lora sono comparsi una serie di articoli sulla stampa nazionale sul tema, inclusa una lunga lettera dello stesso amministratore delegato della MOG, Sergio Morandi che sul Corriere della Sera elenca tutti i supposti motivi a favore di Ombrina, criticando anche il lungo e paziente lavoro di informazione e di indagine che abbiamo portato avanti in questi anni. Sono di origini abruzzesi, anche se vivo in Ca-

lifornia da anni. Conosco e amo la riviera teatina e al contempo mi reputo una persona di scienza libera, indipendente, intelligente e, a differenza di Morandi, non ho alcun tornaconto personale in questa vicenda. Ho semplicemente letto tutti i dettagli del progetto Ombrina e sono giunta alla conclusione che questa sarà assolutamente deleteria per la costa teatina e per i suoi residenti, per questi motivi:

1. Il petrolio d’Abruzzo è poco

da acqua e gas come vuole far credere Morandi, servirà invece una delicata operazione di eliminazione di scarti sulfurei e non, che include una fase di incenerimento di rifiuti a fiamma costante, 24 ore su 24. La stessa MOG stima che l’insieme di tutti i prodotti di scarto bruciati sarà di almeno 80.000 chilogrammi al giorno, inclusi materiali speciali e pericolosi.

potrà tranquillamente fare a meno.

e non cambierà di uno iota lo scenario energetico nazionale. E’ la MOG stessa a fornire stime ai suoi investitori secondo le quali al massimo si ricaveranno fra i 20 e i 40 milioni di barili di petrolio da Ombrina. Considerato che l’Italia consuma circa 1.5 milioni di barili al giorno, i conti sono presto fatti: nella migliori delle ipotesi, e assumendo che verrà tutto commercializzato in Italia, il petrolio estratto da Ombrina nell’arco di 24 anni basterà a soddisfare in totale fra le 2 e le 4 settimane di fabbisogno nazionale.

2. Il petrolio di Ombrina è di qualità scadente ricco di impurità sulfuree e di indice API 17. Questo indice varia dagli 8 delle Tar Sands del Canada (il peggior petrolio del mondo) ai 40 del West Texas e dei mari del Nord (fra i migliori). Ovviamente peggiore la qualità del petrolio, maggiori sono gli impatti sull’ambiente. Sono proprio le impurità sulfuree a dare maggiori problemi perché causano corrosione e difficoltà di trasporto del greggio, rendendo necessaria la desolforazione – l’eliminazione dello zolfo – in loco, vicino al posto di produzione.

3. Ecco allora la necessità di usare una FPSO la “nave galleggiante” cui si riferisce Morandi. La sigla FPSO sta per “Floating Production Storage and Offloading” unit cioè unità galleggiante di stoccaggio, trattamento, e scarico. Il petrolio non si separerà magicamente

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4. La reazione chimica di base che usualmente si usa per desolforare il greggio e che porta alla creazione di “zolfo puro”, è il processo Claus, una reazione all’equilibrio, che non è mai completa al 100% e che porta a scarti collaterali fra cui il pericoloso idrogeno solforato (H2S), e che sarà bruciato. Tutti gli impianti che trattano petrolio amaro come quello d’Abruzzo usano questa prassi, incluso il centro Oli di Viggiano, in Basilicata. Fra l’altro i limiti legali in Italia per l’H2S sono di migliaia di volte superiori a quelli applicati in altre parti del mondo: per gli impianti Claus si possono emettere anche 20 ppm di H2S , mentre, ad esempio, in Massachusetts il limite tollerato in atmosfera e’ di 0.00065ppm. Quindi, tanto “stringenti” come li chiama Morandi i limiti italiani non sono.

5. Morandi dice che lo zolfo sarà utile per la produzione di fertilizzanti e altri derivati, ma dimentica di ricordare che nel mondo esiste una sovrapproduzione di zolfo puro proprio a causa della crescente raffinazione di petrolio ad alto tenore sulfureo. L’industria dei fertilizzanti non può che assorbire una piccola parte di questo zolfo, quindi dei 500 chili al giorno di zolfo previsti da Ombrina se ne

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6. Oltre agli scarti atmosferici, ci sono quelli in mare. Una delle prassi più comuni nell’industria petrolifera è il rilascio a mare – accidentale o volontario – di materiale di perforazione e di acque di produzione, che non vuol dire acqua di ruscello, ma acqua inquinata mista a residui petroliferi. Cifre ufficiali del governo di Norvegia parlano di 3000 tonnellate l’anno di materiale di scarto rilasciate in mare. Qualche anno fa vi fu uno studio del governo americano nel golfo del Messico – GESAMP – dove si giunse alla conclusione che i tassi di mercurio nei pesci catturati nei pressi delle piattaforme erano 25 volte superiori a quelli catturati più lontano. Simili studi norvegesi e inglesi riportano situazioni simili. Nello specifico di Ombrina è bene ricordare che già durante la fase di esplorazione temporanea nel 2008 comparvero delle macchie di idrocarburi in spiaggia, coincidenza alquanto singolare. Per di più quell’anno l’ARTA Abruzzo accertò inquinamento “medio” attorno ad Ombrina mentre in acque distanti dal pozzo l’inquinamento era rimasto “basso” – questo dopo solo tre mesi di operazione. Infine, è importante ricordare che all’interno della concessione sussiste una riserva di pesca, finanziata dall’UE: chiudiamo le acque ai pescatori, e le apriamo ai petrolieri? Non è un controsenso?

7. Morandi dice che non sono previsti scoppi ed incidenti. Gli siamo grati. Gli scoppi sono eventi rari, è vero, ma ne basta uno solo per mettere in ginocchio tutto quanto di buono già esiste sul territorio. Quan-


HÈ NO A “OMBRINA” Maria Rita D’Orsogna Fisico, docente universitario, attivista ambientale. Nata e cresciuta nel Bronx da genitori abruzzesi emigrati, ha trascorso l’infanzia fra la tolleranza e la curiosità di New York City e la serenità e il verde di Lanciano, in provincia di Chieti.

Ci tengo ancora una volta a denunciare la mancanza di trasparenza da parte del governo su questo tema, come emerge dalla corrispondenza interposta fra l’ex ministro Clini e lo stesso Morandi, in cui quest’ultimo ricorda, riferendosi al decreto Prestigiacomo, che i “danni elevatissimi […] che la nostra azienda è destinata a subire, sono stati già esposti e quantificati agli uffici del Suo Ministero in occasione di precedenti incontri” e in cui poi lo ringrazia, riferendosi al Decreto Sviluppo, per “ il prezioso contributo” alla “soluzione poi adottata dal Governo al fine di porre riparo ad una situazione insostenibile oltre che ingiusta per gli operatori del settore”. Ma aldilà di tutti questi dati, e di questi teatrini, c’è una cosa che Sergio Morandi non potrà mai capire: la costa teatina è il mare degli abruzzesi, amato e vissuto da noi tutti. Non lo vogliamo colonizzato da piattaforme, trivelle, porti petroliferi, oleodotti. E’ un popolo intero che lo chiede: dai politici regionali, provinciali e i sindaci, dalla Chiesa Cattolica alla Confcommercio, dalle cantine del vino agli operatori turistici, dalle associazioni studentesche, a quelle culturali, dagli scout ai centri sociali, tutti hanno detto no, ripetutamente e con convinzione dal 2008 ad oggi. Solo la MOG insiste e diabolicamente persiste.

do si parla di incidenti si pensa solo al golfo del Messico, nel 2010. Ma in verità ve sono altri che si susseguono in vari angoli del mondo: in Adriatico sarebbero particolarmente deleteri, considerato che è un mare chiuso, con un ricambio d’acqua non certo paragonabile a un oceano. Restando solo in ambito di FPSO, al largo delle coste britanniche ce ne sono circa 15, tutte a distanza molto maggiore di quanto proposto in Abruzzo. Qui, le statistiche relative al periodo 1996-2002 parlano di circa 40 incidenti l’anno per nave FPSO, inclusi ferimenti, morte, incendi, sversamenti in mare, scontri con altre navi, problemi agli ancoramenti, e agli oleodotti. Non è vero poi che le navi FPSO causano meno impatto ambientale, la chimica e le emissioni non cambiano.

8. Considerati questo tipo di rischi, gli stati Usa che si affacciano lungo il Pacifico e l’Atlantico hanno deciso di vietare tutte le attività petrolifere nei loro mari: vige qui una fascia di rispetto di 160 chilometri da riva che in Florida diventa di 200. La moratoria è in vigore da più di 30 anni. In California non sono state più costruite trivelle a mare dopo il 1969, dopo uno scoppio a Santa Barbara. Questo perché si è capito che trivelle e qualità di vita sana non si sposano. E’ solo il golfo del Messico che è stato sacrificato al petrolio: il Texas e la Louisiana hanno scelto di puntare sugli idrocarburi con tutte le conseguenze che questo ha portato. Non è un caso che si sogna il mare di Malibu e non quello di Galveston. E’ sempre interessante ricordare a questo proposito la dicotomia Gela-Taormina. La prima, sessanta anni fa, disse sì all’industria petrolifera, la seconda no. Credo che sia lampante oggi vedere chi abbia fatto la scelta migliore. Morandi cita la riviera romagnola ma non ricorda i gravissimi fenomeni di erosione delle coste e della subsidenza dei mari di Ravenna, causati anche dalle estrazioni di metano in zona.

Studi condotti per conto dell’ENI mostrano la connessione fra subsidenza e produzione metanifera; in Emilia Romagna alcuni tratti di fondali si sono abbassati anche di due metri in 20 anni a causa delle estrazioni di idrocarburi.

9. E tutto questo in cambio di cosa? In Italia, le royalties in mare sono del 4%. Leggendo i comunicati agli investitori della MOG e di tutte le altre ditte petrolifere che vogliono venire in Italia, si legge sempre la dicitura “excellent fiscal regime” (Petroceltic) oppure “Italy’s tax regime for oil and gas producers remains among the most favorable worldwide” (il regime fiscale in Italia per i produttori di petrolio e gas rimane tra i più positivi in tutto il mondo - Orca Exploration). Di contrasto, la Norvegia utilizza quest’altra dicitura: “A causa degli straordinari profitti associati con l’industria del petrolio, una addizionale tassa speciale del 50% è applicata.” La Norvegia investe la maggior parte dei fondi petroliferi in speciali fondi pensioni programmati per durare anche dopo l’esaurimento dei giacimenti. Proprio come in Italia, vero?

10. È utile anche ricordare che ad Ombrina venne già rilasciato parere negativo nel 2010 dall’allora ministro Stefania Prestigiacomo che per la prima volta in Italia coraggiosamente decretò anche una fascia di rispetto di 5 miglia (9 chilometri) lungo tutto il perimetro nazionale e di 12 miglia (circa 22 chilometri) nei pressi di riserve naturali. Il successivo governo Monti/Passera sostituì questo decreto con l’articolo 35 del Decreto Sviluppo del Luglio 2012 in cui il limite veniva esteso a 12 miglia per tutto lo stivale, ma con applicazione solo per progetti e concessioni successive al 2010. Queste trame machiavelliche lasciarono Ombrina fuori da qualsiasi fascia di protezione, riaprendo la strada al dibattito attualmente in corso.

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di Maria Rita D’Orsogna

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STEFANO FASSINA - INTERVISTA IN ESCLUSIVA -

Stefano Fassina Deputato. Direttore scientifico di Nens Nuova Economia Nuova Società Componente del Comitato Scientifico della rivista “Il Fisco”. Dal 2006 editorialista de “L’Unità”

di Mira Carpineta

allito l’euroliberismo urge ricostruire la “famiglia socialista europea” del 21° secolo. Così da Tsipras a Renzi, da Syriza al PD, secondo l’ex Viceministro all’Economia del Governo Letta, i possibili scenari non possono prescindere dal recupero di alcuni valori fondamentali, quali la giustizia sociale, l’uguaglianza, il contrasto alla povertà e l’attenzione all’ambiente. Valori da attualizzare alle mutate condizioni economiche e sociali che da sempre appartengono alla cultura della Sinistra, ma che oggi non sono più rappresentati in Parlamento. Anticipando di qualche giorno le sue visite nella nostra regione, programmate per il 28 agosto a Tagliacozzo e il 6 settembre a Pescara abbiamo raggiunto telefonicamente l’On.le Stefano Fassina per un’intervista sul progetto politico che lo vede protagonista, il movimento Futuro a Sini-

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stra, nato dall’abbandono del PD dei tanti che, come lui, vedono nel fallimento del liberismo estremo, anche il fallimento delle politiche anticrisi europee. Iniziando dall’Abruzzo, la prima

LE PRIORITÀ VANNO AFFRONTATE CON INTERVENTI SERI E PROFONDI domanda, riguarda la molto contestata visita lampo del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, all’Aquila, il 25 agosto 2015 conclusasi con un bilancio di 3 feriti tra dimostranti e forze dell’ordine. Le contestazioni riguardavano soprattutto

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le trivellazioni in Adriatico e la ricostruzione aquilana e sono state così forti da costringerlo ad un cambio di programma e ad una uscita di scena “dalla porta di servizio”. L’Abruzzo inoltre fa parte di quel Mezzogiorno che lo Svimez ha drammaticamente fotografato nel suo ultimo rapporto. Cosa ne pensa l’On.le Fassina? “C’è uno scarto sempre più evidente tra il conformismo mediatico che accoglie in modo trionfalistico qualunque parola del Presidente del Consiglio e le persone, vere, che vivono situazioni di grande difficoltà, non mitigate dalle slides illustrate a Palazzo Chigi. In merito alla questione delle trivellazioni in Adriatico, nello Sblocca Italia, le richieste e la serietà delle posizioni di tanti cittadini italiani, movimenti e associazioni, contrari alle trivellazioni sono state negate in modo scandaloso e quindi di fronte


IL FUTURO È

A SINISTRA «In parlamento è presente in misura ridotta, ma fuori dal Parlamento è soprattutto in quel 50% di cittadini italiani che non vanno più a votare. Nella società, nella cultura, nel volontariato, nel mondo cattolico ispirato da Papa Francesco, la Sinistra esiste!»

a questa indisponibilità al dialogo è inevitabile che ci siano delle proteste come quelle verificatesi all’Aquila, dove la realtà fa inevitabilmente irruzione nel mondo mediatico da “mulino bianco” che il presidente del Consiglio alimenta”. Abbiamo una città capoluogo,l’Aquila, ancora da ricostruire dopo 6 anni da un sisma devastante e una regione economicamente depressa. Nella nostra provincia, Teramo, la percentuale di aziende in procedure fallimentari è da brividi. D’altra parte abbiamo un presidente di regione di sinistra, ma che non sembra aver ancora attivato nessun genere di cantiere. In cosa consiste il programma economico del suo progetto politico per il territorio? “Va preso atto che i dati sulle difficoltà italiane sono drammatici e che non sono dovuti a fattori culturali. Le priorità vanno affrontate con

interventi seri e profondi. Sia dal lato degli investimenti che dell’intervento pubblico, anche con l’introduzione di meccanismi per la sostituzione delle amministrazioni locali quando non siano in grado di portare avanti i progetti fondamentali per lo sviluppo dei territori. A partire dalla prossima Legge di Stabilità, che affronteremo da ottobre in Parlamento, per noi la priorità è far partire gli investimenti. Allentare il patto di stabilità interno che soffoca i Comuni e fare in modo che vi siano le risorse per piccole opere, quelle immediatamente cantierabili che possano far ripartire l’edilizia e le imprese artigiane oggi in condizioni comatose. La nostra priorità è quindi dare risposte per alleviare la condizione del Mezzogiorno di cui l’Abruzzo è parte. Un agenda diversa da quella del Presidente del Consiglio, che ancora ieri prometteva di eliminare la TASI a tutti. Va eliminata per le

famiglie a reddito medio e basso, ma chi è in condizioni di reddito elevato deve continuare a pagare perché le risorse servono per affrontare la piaga sempre più ampia della povertà. Sarebbe davvero immorale se un Governo si presentasse in Parlamento con una legge di stabilità che toglie la Tasi a chi ha un attico in centro a Roma e non da 1 euro a circa 1.600.000 bambini che vivono in nuclei familiari poveri. Sviluppo degli investimenti e contrasto alla povertà. Un agenda radicalmente alternativa a quella di un Governo che, sempre più evidentemente persegue un liberismo attento agli interessi dei più forti. Gli stessi che poi comprano le pagine dei giornali per fare le lodi del presidente del consiglio, che in effetti tutela in modo egregio i loro interessi, ma non quelli di chi lavora, delle piccole imprese , dei disoccupati.”

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ALLENTAMENTO DEL PATTO DI STABILITÀ E REDDITO MINIMO ono due argomenti sui quali l’Eurozona rimane sorda, mentre a favore si è espresso il presidente dell’Inps, Boeri riferendosi ai tanti ultra 50enni che escono dal mondo del lavoro ma non sono ancora pensionabili. In che modo sarebbero invece realizzabili questi due punti? Una questione fondamentale è il rapporto con l’agenda dell’Eurozona. Da tempo abbiamo messo in evidenza quanto sia fallimentare l’agenda liberista dell’eurozona. Noi dobbiamo utilizzare un punto di PIL, 16 miliardi l’anno, per fare quelle operazioni che ricordavo prima. Il reddito minimo non deve andare solo agli ultra 55enni, per i quali , a mio avviso, va rivista la riforma Fornero. Una larga parte di chi viene

espulso dal lavoro fa lavori usuranti, che non consentono di arrivare, lavorando, a 67 anni. Questo problema va affrontato con interventi di flessibilità nel sistema pensionistico, che tuttavia non possono essere a carico dei lavoratori che escono prima dal lavoro, perché hanno già pensioni modestissime. Il reddito minimo deve riguardare anche quella vasta platea di giovani, 30enni, che non trovano lavoro. Sostegno al reddito legato alla formazione e alla disponibilità al lavoro e ad attività socialmente utili. Altrimenti condanniamo 3 generazioni di giovani a rimanere disoccupati a vita. O a non maturare una contribuzione sufficiente…? Assolutamente si. È evidente che il non-lavoro ha tutta una serie di conseguenze che non si

limita alla perdita di reddito, ma hanno implicazioni anche sulle condizioni pensionistiche. Mi ha colpito nelle parole del Presidente del Consiglio l’atteggiamento di perenne campagna elettorale. È evidente che pensa solo a quello. Eliminare la Tasi è l’ennesima promessa elettorale come fece a suo tempo Berlusconi, in modo che l’anno prossimo, quando si voterà per le amministrative, in corrispondenza del pagamento della prima rata della Tasi, potrà beneficiarne sul piano elettorale. Abbiamo un Paese in condizioni di grandissima difficoltà e servono scelte politiche che aggrediscano i nodi strutturali non i problemi politici di un PD sempre più lontano dal quel popolo di centro sinistra che dovrebbe rappresentare.

IN FUGA DAI PARTITI ei ha lasciato il PD perché troppo “spostato”a destra, altri lasciano la destra (tra gli ultimi anche la De Girolamo) perché tende troppo a sinistra. Cosa sta succedendo ai partiti italiani e soprattutto c’è ancora una Sinistra che rappresenta i suoi valori fondanti? In parlamento è presente in misura ridotta, ma fuori dal parlamento è soprattutto in quel 50% di cittadini italiani che non vanno più a votare. Nella società, nella cultura, nel volontariato, nel mondo cattolico ispirato da Papa Francesco la sinistra esiste. Quello che manca è la rappresentanza politica. E questa la sfida che abbiamo voluto affrontare. Il partito che, insieme a SEL e agli altri fuoriusciti dal PD, vogliamo costruire ha l’ambizione di restituire rappresentanza politica a una sinistra che esiste nel Paese ma fuori dal Parlamento.

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Una sinistra che è stata umiliata e colpita dal PD di Renzi, ma che deve tornare in campo per dare risposte problemi fondamentali: lavoro, uguaglianza, giustizia sociale. Temi che il partito di Renzi ha archiviato. Il fatto che il PD sia diventato un partito centrista, che raccoglie un pezzo di quel mondo berlusconiano orfano di rappresentanza (dove si colloca anche il NCD di Alfano), non può andare bene né al sottoscritto, che intende continuare a rappresentare il lavoro, i disoccupati, chi non ce la fa ad arrivare a fine mese, le piccole imprese, né a persone coerenti come la De Girolamo che decide di lasciare NCD. Le grandi industrie in Italia sono relativamente poche rispetto alla rete di piccole imprese locali che hanno sempre rappresentato la grande forza vitale, attiva del Paese. Oggi questo tessuto è gravemente compro-

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messo, mentre sarebbe indispensabile riconciliare ai territori i progetti politici, economici e sociali, lei cosa ne pensa? Sono d’accordo. Il punto è che le grandi aziende, le grandi banche, le grandi imprese finanziarie sono poi quelle che controllano e orientano i grandi giornali, la comunicazione e fanno da cassa di risonanza al Presidente del Consiglio. Un artigiano o un commerciante aquilano colpito dal terremoto non ha la stessa capacità di influenza su una politica che si vede solo come “occupazione “del Governo a prescindere dalla capacità di rappresentare o risolvere i problemi... Una politica che cura gli interessi di pochi e forti non ha interesse che vi sia una grande partecipazione di cittadini mentre nel momento in cui tornasse a votare la stragrande maggioranza di cittadini si troverebbe in grande difficoltà.


QUELLI CHE… NON VOTANO PIÙ utti parlano del “grande astensionismo”, ma non sembrano interessati a riconquistarlo. Chi si astiene sta comunque esprimendo una scelta, quella di rifiutare le “proposte” che gli vengono presentate, non crede? Assolutamente si. Vorrei ricordare che in questo senso abbiamo dei dati eccezionali, nel senso letterale del termine. In Emilia Romagna dove storicamente si è sempre votato con percentuali altissime, dopo il jobs act , a novembre dello scorso anno, votò il 37 % degli aventi diritto. In Toscana, dopo l’approvazione del decreto sulla scuola votò il 48%. I minimi storici registrati proprio in quelle regioni un tempo

definite “rosse” e che oggi si contraddistinguono per livello di astensionismo. Il PD di Renzi ha abbandonato una parte molto rilevante del popolo democratico, il quale, in assenza di un proposta politica credibile, rimane a casa, non va a votare e questo popolo democratico è il nostro principale obiettivo, la forza a cui vogliamo restituire rappresentanza. Motivare una parte rilevante di Paese che si è collocata nella rassegnazione per essere protagonista di una svolta politica . Disoccupazione e aziende che chiudono, disuguaglianze e carenze di reddito, non si risolvono rimanendo a casa o delegando ad altri, indirettamente, il Governo del Paese. Proprio perché sono convinto che sia un non-voto attivo con un messaggio po-

litico chiaro, il progetto che abbiamo avviato parte da questa valutazione. Consideriamo il non voto una scelta attiva fatta razionalmente e con una valutazione critica. Ma rimane un non voto e di fronte all’astensionismo elettorale dell’Emilia Romagna il Presidente del Consiglio commentò dicendo <è un problema secondario, l’importante è vincere>. E noi dobbiamo impedire che una minoranza beneficiata dalle politiche classiste portate avanti da Renzi diventi l’unica che occupa il quadro di governo. Dobbiamo costruire una forza di governo con un’agenda alternativa, che risponda sui problemi della disoccupazione, uguaglianza, povertà e ambiente evidenziati in modo ancora più brutale dallo “Sblocca Italia”.

«Motivare una parte rilevante di Paese che si è collocata nella rassegnazione per essere protagonista di una svolta politica . Disoccupazione e aziende che chiudono, disuguaglianze e carenze di reddito, non si risolvono rimanendo a casa o delegando ad altri, indirettamente, il Governo del Paese.»

CERCASI “LA SINISTRA” DISPERATAMENTE arliamo di Tsipras Parliamo di Tsipras e di Syriza. Lei era ad Atene il giorno del referendum, che avrebbe dovuto cambiare L’Europa, oltre che la Grecia. Poi sappiamo come è andata. Tsipras e l’ideologia di Syriza sono falliti secondo lei? Le proposte che Tsipras ha portato avanti erano necessarie a far uscire l’Eurozona dalla gabbia dello scenario di recessione, disoccupazione e debito pubblico. Il governo Tsipras è stato lasciato da solo, in particolare dai partiti della famiglia socialista europea che si sono dimostrati assolutamente subalterni ai conservatori, compreso il PD.

Il Governo Tsipras non è fallito, è stato sconfitto, questo è il punto. L’ideologia e la cultura politica della Sinistra esistono ancora in Europa? La famiglia socialista europea è sempre più appiattitita sul liberismo, non a caso è una voce marginale in tutta l’Eurozona, ma ci sono movimenti interessanti in atto in molti paesi europei. Syriza è stata sconfitta ma la cultura politica che ha espresso e l’agenda che ha portato avanti resiste; è presente in Grecia anche se il partito si è diviso. Movimenti interessanti anche in Spagna come Podemos che ha una forza consistenze. Nel Regno Unito dove il liberismo sta per essere

archiviato dalla vittoria di Jeremy Corbyn al congresso del Labourparty. In Germania la Linke, che acquisisce sempre più forza sul piano elettorale, ha un’agenda politica di impianto keynesiano e anche sull’Eurozona ha posizioni radicalmente diverse dall’SPD. Ci sono due processi in corso: da un lato il declino culturale, politico, elettorale delle forze della famiglia socialista, dall’altro un irrobustimento di forze politiche che hanno cultura e programma alternativi al liberismo e il nostro obiettivo è inserirci in questo filone di ricostruzione, nel 21esimo secolo, di una sinistra di governo che riparte dal lavoro, dall’uguaglianza e dalla salvaguardia dell’ambient

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La “Regola” di «Un sacerdote deve portare questo bambino, questa bambina, questo ragazzo, questa ragazza alla santità; e invece di portarli alla santità, abusa di loro. E questo è gravissimo! È come fare una messa nera. Tu devi portarlo alla santità e lo porti a un problema che durerà tutta la vita. Su questo si deve andare avanti, avanti , con tolleranza zero» di Angela Fosco

olleranza zero. Questa è la rivoluzione entrata in Vaticano il giorno 13 marzo 2013, quando il cardinale venuto dalla “fine del mondo” viene eletto Papa con il nome di Francesco. Tolleranza zero per una chiesa senza misericordia, senza accoglienza, senza servizio, senza morale. E così si alzano definitivamente i veli che per secoli ne hanno occultato i “peccati” più orribili. A cominciare dalla questione pedofilia. Con l’arresto del nunzio polacco Józef Wesołowski, la sua riduzione allo stato laicale e l’istituzione di un processo penale per abusi su minori, Papa Francesco indica il cammino della Chiesa che vuole ricostruire. Quello del nunzio Wesolowski era stato uno dei casi di pedofilia su cui il Comitato Onu Contro la Tortura aveva stilato un Rapporto finale molto duro nei confronti del Vaticano. Le normative e prassi adottate, infatti non erano state considerate adeguate per il contrasto agli abusi. Nel documento finale del Comitato si legge: . «Quanto al caso dell’arcivescovo Joseph Wesolowski, ex nunzio nella Repubblica domenicana egli dovrà o essere estradato a Porto Rico oppure dovrà essere sottoposto a processo penale in Vaticano, poi-

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ché non gli può essere riconosciuta l’immunità» , dovuta al suo status diplomatico. Così Il Papa, in meno di un anno lo ha richiamato a Roma e condannato. Anche se poi, il giorno della prima udienza del processo penale l’ex prelato è morto, sembra per un infarto, questo nuovo corso attua il pensiero di Francesco che ha definito l’abuso sui minori «un reato orrendo, brutto. Un sacerdote che fa questo, tradisce il Corpo del Signore, perché questo sacerdote deve portare questo bambino, questa bambina, questo ragazzo, questa ragazza alla san-

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NON CHIAMIAMOLI COPPIE IRREGOLARI. IN ALCUNI CASI LA SEPARAZIONE È MORALMENTE INEVITABILE. SAPPIAMO ANCORA CHE COS’È UNA FERITA DELL’ANIMA?

tità; e invece di portarli alla santità, abusa di loro. E questo è gravissimo! È come fare una messa nera. Tu devi portarlo alla santità e lo porti a un problema che durerà tutta la vita. Su questo si deve andare avanti, avanti , con tolleranza zero». Ma non basta: Francesco vuole accogliere, abbracciare, ospitare tutti nella Casa cattolica. Così con i gay: “chi sono io per giudicare?”, così con i divorziati: “ non chiamiamoli coppie irregolari. In alcuni casi la separazione è moralmente inevitabile. sappiamo ancora che cos’è una ferita dell’anima? Sentiamo il peso della montagna che schiaccia l’anima di un bambino, nelle famiglie in cui ci si tratta male e ci si fa del male, fino a spezzare il legame della fedeltà coniugale? Quale peso ha nelle nostre scelte, scelte spesso sbagliate, l’anima dei bambini?”. Questo è Francesco. Che fosse una persona fuori dalle secolari consuetudini che hanno sempre caratterizzato la Chiesa cattolica si poteva intuire dal saluto che rivolse alla piazza, romana e mondiale , la sera della sua elezione. Folla che gremiva la Città eterna e le televisioni del pianeta. Un saluto che nella sua estrema semplicità e universalità era al tempo stesso pura originalità: Buonasera!


i Francesco LE INTOLLERANZE DI FRANCESCO

L’intolleranza in questo caso è diretta alle chiese – museo, chiuse e non accessibili che non svolgono la loro funzione di accoglienza e protezione del povero e del rifugiato.

Pedofilia:

Le banche:

Il nunzio polacco Jozef Wesolowski accusato di pedofilia è stato trovato morto nella sua abitazione in Vaticano il giorno in cui avrebbe avuto inizio il processo penale a suo carico per una serie di abusi legati alla sua permanenza nella Repubblica Dominicana. A stroncarlo sembra sia stato un infarto. Era la prima volta che in Vaticano veniva processato penalmente un ex arcivescovo per reati di pedofilia. Nel 2014, il vescovo era stato sorpreso a Santo Domingo in una zona di prostituzione minorile e tra le dichiarazioni contro l’ex nunzio, quelle di un diacono suo collaboratore che ha riferito di avergli procurato giovani per rapporti sessuali.

Accoglienza:

“la Chiesa deve accogliere. Ogni parrocchia deve accogliere una famiglia di profughi o migranti”. Questo è un altro tema caro a Papa Francesco.

SENTIAMO IL PESO DELLA MONTAGNA CHE SCHIACCIA L’ANIMA DI UN BAMBINO, NELLE FAMIGLIE IN CUI CI SI TRATTA MALE E CI SI FA DEL MALE, FINO A SPEZZARE IL LEGAME DELLA FEDELTÀ CONIUGALE? QUALE PESO HA NELLE NOSTRE SCELTE, SCELTE SPESSO SBAGLIATE, L’ANIMA DEI BAMBINI?

Il denaro della chiesa deve servire alla comunità. Anche in questo ambito, tra i più inviolabili del Vaticano, la missione della Chiesa deve venire prima di tutto. E la missione della Chiesa è il servizio. Quindi si parte dallo IOR per fare un po’ di luce sulle finanze della Santa Sede.

Uomini e donne:

dai gay ai divorziati, dalle famiglie di fatto a quelle che finiscono, l’intolleranza di Papa Francesco è il pregiudizio. “Chi sono io per giudicare?”. Ogni essere umano e la sua realtà deve essere vista “con gli occhi di Dio”. Pur tenendo fede al Credo cattolico e ai suoi principi sulla famiglia, i figli, la coppia, ogni persona ha una storia unica, che non va giudicata, ma aiutata a superare l’infelicità. Ancora una volta con l’accoglienza e la misericordia. PrimaPagina 60 - Set. 2015

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a Legge 7 agosto 2015, n. 124 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” è entrata in vigore il 28 agosto ed è costituita da 23 articoli suddivisi in 4 Capi; il Capo III in particolare è dedicato ai dirigenti della P.A., ivi compreso quelli degli Enti locali. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro i prossimi dodici mesi, uno o piu’ decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici. I Comuni non dovranno più bandire concorsi per l’assunzione di un dirigente perché è prevista l’istituzione di un ruolo unico dei dirigenti degli enti locali. In sede di prima applicazio-

LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI COMUNI ITALIANI (NELLA PROVINCIA DI TERAMO CIRCA IL 75 % DEI COMUNI) È PRIVA DI FIGURE DIRIGENZIALI

ne, nel suddetto ruolo confluiranno i dirigenti di ruolo negli enti locali e per la gestione del ruolo unico è prevista una Commissione per la dirigenza locale. Occorre comunque sottolineare che la stragrande maggioranza dei Comuni italiani (nella provincia di Teramo circa il 75 % dei Comuni) è priva di figure dirigenziali. La legge 127/97 stabiliva, in prima battuta, che negli enti privi di dirigenza, le funzioni dirigenziali fossero esercitate dai responsabili degli uffici e dei servizi di qualsiasi livello purché apicali. Attualmente nei Comuni privi di dirigenza le funzioni dirigenziali possono essere esercitate anche da dipendenti non apicali dell’Ente mediante scelta discrezionale del Sindaco e senza tener conto del curriculum, delle esperienze e delle capacità professionali ed organizzative. L’assenza di una valutazione dei requisiti richiesti per dirigere un Settore o un Servizio, determina di fatto che possa assumere una funzione dirigenziale anche un dipendente condannato dalla Corte dei Conti. Sempre in maniera discrezionale il Sindaco fi-

nisce per confermare o revocare le funzioni dirigenziali al soggetto indicato nel precedente provvedimento ed è completamente libero di affidare la funzione dirigenziale ad un dipendente con contratto a tempo indeterminato purchè di categoria “D” (ovvero di categoria “C” nei comuni in cui non è prevista nella dotazione organica il funzionario di categoria “D”), ma anche ad un nuovo soggetto, per l’occasione assunto a tempo determinato. Se la nuova norma prevedesse un albo speciale costituito da tutti i professionisti, facenti parte dell’albo unico dei dirigenti, disponibili ad accettare incarichi con funzioni dirigenziali anche nei Comuni privi di dirigenza e con il

ra è stata abolita definitivamente dalla legge delega. Un allineamento del ruolo dei dirigenti con quello dei funzionari con incarichi dirigenziali (questi ultimi nei Comuni privi di dirigenza) è auspicabile in sede di approvazione dei decreti attuativi. Chiaramente sarebbe inspiegabile che la riforma prevedesse la revoca dell’incarico dirigenziale ad un dirigente condannato dalla Corte dei Conti e continuerebbe invece a consentire di affidare la funzione dirigenziale ad un funzionario anch’esso condannato per danno erariale. di Raffaele Raiola

Dirigenti P.A.

Una riforma a metà? CHIARAMENTE SAREBBE INSPIEGABILE CHE LA RIFORMA PREVEDESSE LA REVOCA DELL’INCARICO DIRIGENZIALE...

contratto per dipendenti di categoria “D”, la riforma risulterebbe chiaramente più compiuta e più credibile sotto l’aspetto del raggiungimento pieno degli obiettivi di trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa locale. E’ vero che la legge prevede l’obbligo per gli enti locali di nominare comunque un dirigente apicale con compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attivita’ amministrativa e controllo della legalita’ dell’azione amministrativa, ma questo ruolo dovrebbe essere affidato ai segretari comunali la cui figu-

ex Allianz RAS, ex Allianz Subalpina, ex Allianz Lloyd

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L’ODORE E LA PUZZA Storie di ordinaria amministrazione teramana di Angela Fosco

n “patetico accordo b-patizan”, secondo la consigliera Cardelli, ciò che è scaturito dal Consiglio Comunale del 27 Agosto scorso, sulla “maleodorante” questione della TEAM. Un argomento “giulivamente archiviato all’unanimità” che ha visto un’opposizione praticamente assente o compiacente, quando “ avrebbe meritato ostruzionismo e barricate”. Il rientro dalle vacanze è stato scioccante per la consigliera Cardelli, che sull’argomento TEAM ha presentato innumerevoli interrogazioni consiliari, emendamenti e richieste di accesso agli atti, quasi sempre ignorati o faticosamente ottenuti. La delibera approvata, in pratica, rimanda per l’ennesima volta, ogni decisione o adeguamento normativo delle procedure, che invece avrebbero dovuto essere recepite già da tempo. Mentre i servizi vengono percepiti sempre peggio dalla cittadinanza. Per non parlare dello spinoso argomento tasse. Secondo la

Cardelli: “ in cambio di risibili e fumose concessioni volte solo a blandire ipertrofici ego politici, la minoranza ha rinunciato a qualsiasi tangibile garanzia di trasparenza, di un credibile incremento della raccolta differenziata e di un durevole risparmio. La stessa validità della seduta è stata consentita solo grazie

alla presenza in aula della minoranza. La tariffa puntuale è diventata una chimera: l’ingiustificato rinvio, di almeno due anni, persino della mera valutazione di un programma di sperimentazione, accolto dalla minoranza come “apertura”, implica di fatto un affossamento del progetto, perché l’Am-

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ministrazione aveva giĂ assunto l’impegno, in Consiglio, di iniziare la sperimentazione dal gennaio 2015 e dunque non è piĂš plausibile dare credito  a quelle che sono solo tecniche dilatorie- insiste la Consigliera Nessuna preclusione, dalla gara, ai gestori regionali di discariche e affini che hanno tutto l’interesse a tenere alto il quantitativo di indifferenziato (a marzo la Deco, azienda di Di Zio, ha dovuto licenziare 30 dipendenti perchĂŠ il conferimento in discarica ha subito una “eccessivaâ€? diminuzione e gli impianti non lavorano a pieno regime). Per gli obiettivi di raccolta differenziata è consentito, per i primi tre anni, violare i limiti di legge (sotto il 65%), ed è fissato come obiettivo finale, e dunque senza tappe intermedie, il raggiungimento del 70%. Neppure una  sanzione è prevista per il mancato conseguimento di questi patetici risultati – conclude Cardelli. E per non mancare di precisione, va ricordato che il Consiglio Comunale continua sardonicamente a dribblare sulle richieste di accesso agli atti e ai documenti della SocietĂ , mentre la TEAM, da parte sua, continua a “scivolareâ€? anche sulla “trasparenzaâ€? di un sito web, inadeguato e insufficiente in base alla normativa.

HANNO TUTTO L’INTERESSE A TENERE ALTO IL QUANTITATIVO DI INDIFFERENZIATO...

TEAM:

gli emendamenti presentati dall’opposizione

. Vietare il subappalto dei servizi . Non procedere ad aggiudicazione nel caso di una sola offerta valida. . Escludere dalla partecipazione alla gara le imprese che, direttamente o indirettamente, a qualsiasi titolo, gestiscano impianti di smaltimento (come inceneritori e/o discariche), poichĂŠ tra i gestori della raccolta e i gestori degli impianti gli interessi possono confliggere. . Richiedere al concorrente di individuare l’obiettivo minimo in percentuale di raccolta differenziata riferita a ciascun anno solare, che per il primo anno, deve essere almeno del 65%,obbligatorio giĂ dal dicembre 2012,  e per il decimo anno di almeno il 75%. (attualmente è previsto il raggiungimento del 65% entro il terzo anno e del 70% entro il decimo!) . Istituire una penale per il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata fissati in sede di aggiudicazione, il cui importo (decurtato dalla Tariffa) equivalga al costo complessivo di smaltimento dell’indifferenziato eccedente ( tariffa di smaltimento, ecotassa, addizionale ecotassa, tassa provinciale). . Richiedere al concorrente di presenta-

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re un programma di sperimentazione di un sistema di tariffazione puntuale, l’unico che, a livello nazionale e non solo, si sia dimostrato efficace per contenere la produzione dei rifiuti ed assicurare una maggiore equitĂ contributiva soddisfacendo cosĂŹ il principio comunitario del “chi inquina pagaâ€? e garantendo una maggiore trasparenza dell’intero ciclo dei rifiuti. . Disporre che sul sito web dell‘Azienda sia realizzata l’anagrafe pubblica dei rifiuti che riporti a scadenze regolari e aggiornate tutti i dati relativi alla produzione, raccolta, smaltimento, differenziazione e riciclo dei rifiuti, ove descrivere, in modo intelligibile e trasparente, il flusso delle risorse economiche con indicazione analitica dei costi del servizio e dei ricavi derivanti dalla vendita dei rifiuti differenziati. . Istituire delle penali in presenza di difformitĂ del Sito Web aziendale rispetto alla normativa vigente e alle disposizioni contrattuali nonchĂŠ per la ritardata consegna degli atti e dei documenti richiesti dai Consiglieri comunali. . Richiedere espressamente che la Carta dei servizi sia redatta in conformitĂ alle disposizioni di legge vigenti in materia e sottoposta preventivamente all’approvazione dell’Ente.

LA DELIBERA APPROVATA, IN PRATICA, RIMANDA PER L’ENNESIMA VOLTA, OGNI DECISIONE O ADEGUAMENTO NORMATIVO DELLE PROCEDURE, CHE INVECE AVREBBERO DOVUTO ESSERE RECEPITE GIÀ DA TEMPO


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FOCUS ON MA QUANTO È BUONA QUESTA SCUOLA?

A CURA DI Angela Fosco e Antonella Lorenzi

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FOCUS ON MA QUANTO È BUONA QUESTA SCUOLA?

ettembre andiamo, cantava il Vate. È tempo di scuola. Ma quest’anno la sindrome del rientro dalle vacanze ha colpito molto più gli insegnati che gli studenti. Il debutto della Buona Scuola ha avuto il suo battesimo di polemiche, contestazioni, ricorsi e annunci di guerra. Sempre da parte degli insegnanti. Quei famosi “oltre centomila” precari la cui assunzione era stata promessa e più volte annunciata da governo. In realtà quel numero era comprensivo di due contingenti: i docenti precari che, anche senza riforma, sarebbero comunque entrati in ruolo quest’anno andando a sostituire i colleghi che andavano in pensione ( 29mila, un po’ meno rispetto all’anno scorso), e quelli che rientrano per il “piano straordinario” previsto dalla riforma La Buona Scuola. Il Piano era riservato agli iscritti alle graduatorie a esaurimento (GAE)- con l’esclusione degli insegnanti della scuola materna- per il quale hanno presentato domanda in 71.643. Sempre secondo i calcoli diffusi dal ministero, uno su cinque, tra gli iscritti alle GAE, non ha presentato la domanda per essere assunto, mentre i giovani laureati e specializzati con i tirocini formativi sono rimasti esclusi. Le assunzioni infatti sono state limitate alla più vecchia e datata delle graduatorie, quell’enorme calderone nel quale sono rimaste iscritte anche persone che non lavorano da anni, o hanno altri lavori, o facevano pochissime supplenze poiché, non potendo o volendo muoversi, accettavano solo quel che si trovava vicino casa. Un esercito di diversamente giovani con un’età media sui 50. Ma quanti dovranno spostarsi, dei settantamila? Secondo il sindacato Anief, specializzato in ricorsi del personale scolastico, “un docente su cinque sarà assunto in una regione diversa da quella scelta”, e dovranno trasferirsi dal sud al nord 15mila persone. Lo stesso sindacato ha calcolato la differenza, regione per regione, tra le domande presentate e i “posti” disponibili . Le regioni a più alto tasso di “esodo” sono Campania e Sicilia, ma avranno un saldo negativo (più precari che posti) anche Lazio, Puglia, Calabria, Abruzzo, Molise, Basilicata. Mentre sono importatori netti di precari la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, la Liguria e il Friuli. Ma questi numeri potrebbero non corrispondere alla realtà, alla fine dei conti, dato che pare che tra le settantamila domande ce ne siano molte irricevibili, perché provenienti dalla scuola dell’infanzia. Secondo le stime sul sito Tuttoscuola, in realtà le domande valide sono circa 61mila, dalle quali andranno poi detratti molti precari che nel frattempo vanno a occupare posti vacanti che si liberano. Inoltre c’è anche chi ha appena ricevuto un incarico di supplenza annuale, magari più vicino e dunque, per decisione dello stesso ministero, potrà completare il suo anno prima di prendere servizio. E nel frattempo farà ricorso per restare dov’è. Così, mentre si litiga sul “dove”, non è affatto chiaro il “cosa” andranno a fare i settantamila (o meno) assunti Su questo dettaglio il ministero non ha dato alcun numero ufficiale su dove servono i posti di potenziamento, e per fare cosa. La considerazione finale è che l’immissione delle nuove forze avviene anche stavolta con i soliti antichi consolidati criteri: elenchi infiniti, tra province e graduatorie, punti da contare e ricontare, trasferimenti, ricorsi. Perché tutto il “nuovo” della riforma è in realtà rinviato all’anno prossimo, per impossibilità di procedere nei tempi strettissimi che il governo ha imposto per far passare tutto il pacchetto.

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FOCUS ON MA QUANTO È BUONA QUESTA SCUOLA? a cosiddetta “buona scuola”, tanto sbandierata come una sorta di “rivoluzione copernicana” o di “svolta epocale”, attraverso un efficace quanto artificioso uso della comunicazione, ha trovato la sua espressione nella legge n.107 del 13 luglio 2015, che reca il seguente titolo: “Riforma del sistema di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”. Da un’ attenta verifica di alcune parti fondamentali si può evincere che il testo non è alla prova dei fatti così innovativo, come si è fatto credere, e che, peraltro, insorgono molte criticità che ne rendono problematica la riuscita. 1. L’ autonomia scolastica: una conquista della legge? Il comma 1 recita che la legge intende dare “piena attuazione all’ autonomia”, prefiggendosi l’ obiettivo di “innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti”, prevenendo l’ abbandono e la dispersione scolastica, realizzando “una scuola aperta, quale laboratorio di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica”, e garantendo il diritto allo studio. Al di là dell’ innovazione lessicale, nella sostanza è ripreso per intero il D.P.R. n.275

LA QUOTA DELL’AUTONOMIA È DI PER SÉ DANNOSA, PERCHÉ PER INTRODURRE ALTRE MATERIE OCCORRE ATTINGERE NEL LIMITE DEL 20% DEL MONTE ORE ANNUALE ALLE ALTRE MATERIE, CHE COSÌ VENGONO PENALIZZATE. QUANTO POI ALL’UTILIZZO DEI DOCENTI ASSEGNATI ALLE SCUOLE, BISOGNA...

dell’ 8 marzo 1999, recante il regolamento dell’ autonomia scolastica, le cui disposizioni sono riportate quasi alla lettera in ben 21 commi dell’ articolo unico, dal 5 al 26. Come si può allora asserire che la legge attua pienamente l’ autonomia scolastica, se essa è stata stabilita dal punto di vista didattico, organizzativo e finanziario diciassette anni orsono dal richiamato decreto ed è stata in varia misura posta in essere dalle istituzioni scolastiche? Non pare, dunque, che la legge, sotto questo profilo, introduca nulla di nuovo. 2. L’ offerta formativa a costo zero e l’ apporto dell’ organico potenziato Il comma 7 recita che le scuole individuano il fabbisogno dei posti in organico con il piano triennale dell’ offerta formativa, al fine di raggiungere i 17 obiettivi formativi individuati come prioritari, tra cui il potenziamento delle competenze linguistiche, delle competenze logico-matematiche, la valorizzazione dei percorsi formativi individualizzati, l’ alfabetizzazione e il perfezionamento della lingua italiana come seconda lingua ecc. Questi obiettivi, già in gran parte contenuti nelle “Indicazioni nazionali” della riforma Gelmini, possono essere raggiunti - come sottolinea il testo- nei limiti

Dal decreto del 1999 ai costi zero per l’attuazione

POCA INNOVAZIO di Giovanni Di Giannatale

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delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili e, comunque, “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ciò significa che la scuola o si affida ai docenti interni o utilizza docenti appositamente assegnati alle scuole per lo svolgimento delle attività finalizzate ai predetti obiettivi. Ora la prima ipotesi è da scartare, atteso che il “ fondo di istituto”, già di per sé esiguo per i tagli operati nell’ ultimo triennio, è quasi per intero assorbito dai corsi di recupero, dagli straordinari del personale A.T.A., dai progetti formativi e da altre attività connesse con il POF. Una soluzione, in verità, è offerta dal comma 97, il quale prevede la nomina di docenti che sono assegnati alle scuole per il potenziamento dell’ organico. Si tratta di docenti senza cattedra, che potranno essere utilizzati per le attività formative programmate. Il comma 72 stabilisce che questi docenti saranno assegnati agli “ambiti territoriali”, da definire a livello provinciale, dall’ anno scolastico 2016-17. Il MIUR prevede, intanto, di inviarli negli ambiti provinciali entro dicembre 2015 per consentire alle scuole di utilizzarli da sùbito. In questo caso, pur positivo per le scuole, il ritardo nell’ assegnazione dei docenti provoca due inconvenienti di non poco conto: 1. molti docenti che

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FOCUS ON MA QUANTO È BUONA QUESTA SCUOLA? entro settembre ottengono supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche, pur essendo nominati a dicembre saranno assegnati alle loro sedi territoriali dal 1° settembre 2016; 2. sarà assai problematico a dicembre o gennaio utilizzare nelle attività formative gli eventuali docenti assegnati, avendo già le scuole definito il piano triennale da approvare entro ottobre 2015. Occorrerà poi verificare,quando verranno programmate le attività formative, se i docenti dell’ organico potenziato sono delle stesse aree disciplinari nelle quali rientrano tali attività, perché in caso contrario il loro apporto sarebbe scarso o inutile. 3. Nuovi insegnamenti opzionali a costo zero Il comma 28 consente di introdurre nuovi insegnamenti nel II biennio e nel V anno a scelta degli studenti, insegnamenti che sono parte del percorso di studi e sono inseriti nel curriculum. Ma con quali fondi? Anche in questo caso il legislatore dichiara che ciò deve avvenire sulla base delle risorse disponibili a legislazione vigente e dei docenti dell’ organico potenziato. Poiché di queste risorse non si fa menzione nel testo, è lecito pensare che sono destinate a restare nel piano della virtualità. Il fatto che il testo indichi come alternativa l’ utilizzo della quota dell’

autonomia e degli spazi di flessibilità, sta a significare che le scuole dovranno arrangiarsi. La quota dell’ autonomia è di per sé dannosa, perché per introdurre altre materie occorre attingere nel limite del 20% del monte ore annuale alle altre materie, che così vengono penalizzate. Quanto poi all’ utilizzo dei docenti assegnati alle scuole, bisogna verificare se hanno competenza nelle materie da attivare. In caso contrario il loro apporto è nullo. 4. L’ alternanza scuola-lavoro a costo zero Il comma 33 introduce come obbligatori i percorsi di alternanza scuola -lavoro, “al fine di incrementare le opportunità di lavoro”. Si prevedono 200 ore nel triennio dei licei. Tralasciando di discutere sugli utopici effetti dell’ alternanza sull’ occupazione giovanile, anche in questo caso si dichiara che i percorsi predetti non debbono creare maggiori oneri alla finanza pubblica. Allora come sopperire alle spese necessarie a realizzare tali attività, fino all’ anno scorso finanziate dal MIUR sulla base di appositi progetti? Il comma 41 parla di imprese ed Enti pubblici “disponibili” a svolgere i percorsi, riportati in un registro nazionale per l’ alternanza scuola-lavoro istituito presso le Camere di commercio dall’ anno scolastico 2015-16. Sor-

gono due interrogativi: 1. saranno sufficienti le imprese e gli Enti esistenti nelle province a soddisfare le esigenze di tutti gli istituti superiori?; 2. presteranno la loro collaborazione senza costi per le scuole? Le risposte inducono allo scetticismo, perché i fondi finora concessi alle scuole dal MIUR sono serviti in parte a compensare i tutor e i formatori delle aziende. 5. Il dirigente scolastico ancora “sindaco” o “sceriffo”? Al termine di queste considerazioni diciamo qualcosa sulla funzione del dirigente scolastico, al quale qualcuno continua ad attribuire poteri assoluti. Sgombriamo il campo dalla disinformazione. Il dirigente scolastico era stato delineato con questi poteri nel primo testo della legge. Nel maxiemendamento approvato dal parlamento e confluito nella legge n. 107/2015 è stato spogliato di tali poteri, sia perchè il piano triennale è stabilito non dal dirigente scolastico, ma dagli organi collegiali, sia perché non è più lui a valutare i docenti, ma un comitato misto, sia perché infine non sceglie direttamente i docenti dell’ organico potenziato, ma sulla base di elenchi territoriali forniti dagli uffici scolastici (il che significa che la sua scelta è limitata).

ONE e MOLTA CONFUSIONE PrimaPagina 60 - Set. 2015

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FOCUS ON MA QUANTO È BUONA QUESTA SCUOLA?

LA LEGGE Il 9 luglio del 2015 la Camera dei Deputati italiana ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulla riforma della scuola italiana, noto con il nome di La buona scuola. Una riforma fortemente voluta dal presidente del consiglio Matteo Renzi e dal ministro dell’Istruzione Giannini, ma che al tempo stesso ha creato numerose polemiche e divisioni, soprattutto all’interno del Partito Democratico, il partito del premier. Cosa prevede, esattamente, questa riforma?

L’ASSUNZIONE DI 100MILA PRECARI Secondo la legge, entro l’inizio del prossimo anno accademico - settembre 2015 - 100mila insegnanti precari verranno assunti tra quelli già iscritti alle graduatorie. Tale massiccio reclutamento dovrebbe avvenire in due fasi. In un primo momento, dovrebbero essere 45mila i docenti che inizieranno a insegnare con il posto fisso, già da settembre del 2015 con l’inizio del nuovo anno scolastico, in sostituzione dei loro colleghi che andranno in pensione. Gli altri 55mila precari, invece, dovrebbero intanto ottenere la nomina formale per poi assicurarsi effettivamente la cattedra all’inizio del successivo anno accademico, nel settembre 2016.

LA CATTEDRA SOLO CON IL CONCORSO A partire dal 2016 si potrà diventare insegnanti di ruolo solamente attraverso l’apposito concorso. Oggi, infatti, è possibile essere assunti come insegnanti iscrivendosi a una graduatoria o attraverso i concorsi, l’ultimo dei quali è stato convocato nel 2012. Il prossimo concorso si terrà, secondo la legge di riforma della scuola, entro il primo dicembre 2015 e i posti disponibili saranno 60mila. Per eliminare lo strumento delle graduatorie, il governo ha stanziato con la legge di stabilità un miliardo di euro.

VALUTAZIONI E SCATTI DI CARRIERA Secondo quanto scritto nel testo della riforma, gli insegnanti di ogni scuola saranno valutati da un ispettore esterno. Stessa cosa avverrà anche

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per i presidi, per la cui valutazione sono stati introdotti nuovi criteri. Questo meccanismo servirà per poter stabilire gli scatti di carriera, ovvero gli aumenti dello stipendio degli insegnanti, che non avverranno più solamente in base all’anzianità - come avvenuto fino a oggi - ma attraverso un sistema misto che prenderà in esame solo per il 30 per cento l’anzianità e per il restante 70 per cento il merito, in base alle valutazioni.

I POTERI DEI PRESIDI E LE SUPPLENZE Secondo la riforma della scuola, il preside avrà una grande autorità nella gestione dell’autonomia scolastica. Avrà infatti compiti di coordinamento, organizzazione e direzione dell’istituto scolastico e ne potrà gestire le risorse economiche. Il preside potrà scegliere personalmente, attraverso una chiamata diretta, gli insegnanti della propria scuola. Non potrà scegliere di assumerne di nuovi, ma potrà scegliere chi chiamare nel proprio istituto tra quelli assunti attraverso il concorso dal ministero dell’Istruzione nel proprio territorio, assegnando loro incarichi fino a 3 anni a loro volta rinnovabili. Tutto questo dovrà avvenire nel modo più trasparente possibile, anche attraverso la pubblicazione dei curricula degli insegnanti sul sito internet dell’istituto. Il preside, inoltre, non potrà assegnare ai propri parenti incarichi nella scuola che dirige. Starà poi al preside gestire i ruoli dei diversi insegnanti, in particolare quelli che fanno parte del cosiddetto organico funzionale, destinati a supplenze e progetti particolari soprattutto di ampliamento dell’offerta formativa di ciascun istituto scolastico. Questo rinnovamento dell’organico funzionale porterà, tra le altre cose, alla fine dell’esistenza dei supplenti. Più limitato sarà invece il potere dei presidi sui premi agli insegnanti. Di questo dovrà occuparsi un comitato formato da sette membri composto anche da insegnanti, genitori, un rappresentante esterno e - solo alle superiori - anche un rappresentante degli studenti. L’aumento dei poteri dei presidi corrisponde anche a un aumento del controllo della loro attività: per questa ragione, sono stati aggiunti nuovi e più stringenti criteri per il controllo e la valutazione del lavoro dei presidi da parte degli ispettori scolastici.

LE MATERIE Diversi cambiamenti sono previsti anche per le

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materie. Saranno infatti potenziati lo studio delle lingue straniere, dell’educazione fisica, della musica, dell’arte, del diritto e dell’economia. Sono inoltre previsti insegnamenti per migliorare gli strumenti digitali degli istituti scolastici.

LA FORMAZIONE DEI DOCENTI Ruolo importante nella riforma è quello della formazione del personale docente. Per il 2015, infatti, sono stati stanziati 90 milioni di euro per la formazione in materia digitale del personale scolastico. Inoltre, è stato introdotto per gli insegnanti un percorso di formazione obbligatoria con grande attenzione verso l’informatica. Per ciascun insegnante, inoltre, verrà istituita una card elettronica del valore di 500 euro da investire in attività culturali e legate alla formazione.

I FINANZIAMENTI PRIVATI ALLE SCUOLE I privati e le associazioni potranno elargire fondi agli istituti scolastici - il cosiddetto school bonus - fino a 100mila euro. Su queste donazioni sono previsti sgravi fiscali compresi tra il 50 e il 65 per cento. Il 10 per cento di queste donazioni entrerà a far parte di un fondo i cui ricavi saranno distribuiti tra le scuole che otterranno meno contributi. Sempre riguardo l’attività economica delle scuole, i bilanci degli istituti così come i fondi per i progetti finanziati e in funzione in ciascun istituto dovranno essere online e accessibili a tutti. Per quanto riguarda le scuole paritarie sarà invece possibile detrarre dalle tasse fino a 400 euro l’anno per ogni studente.

L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO Per gli studenti degli ultimi tre anni di superiori sarà obbligatorio fare almeno 400 ore di stage presso aziende o enti pubblici, per potersi preparare all’inserimento nel mondo del lavoro.

L’INTEGRAZIONE Nella riforma sono inoltre previsti alcuni piani personalizzati per alcune categorie di studenti con particolari necessità. Si tratta in primo luogo dei disabili, ma anche degli stranieri, per i quali sono previsti piani di integrazione e laboratori linguistici specifici. FONTE ilSole24ore


Senza un solido impianto culturale la riforma contraddice i principi costituzionali

SOTTO LO SLOGAN, NIENTE

FOCUS ON MA QUANTO È BUONA QUESTA SCUOLA? na premessa: una riforma che si autodefinisce “buona” di per sè ingenera perplessità circa l’intento propagandistico di un governo che, su un tema così importante come quello della scuola, sceglie un linguaggio pubblicitario, quasi dovesse lanciare sul mercato un prodotto commerciale. Presentata come la riforma del cambiamento, moderna e innovativa, in grado di assicurare l’efficienza, di dare le risposte più adeguate ai bisogni del nostro tempo, di premiare il merito e di risolvere il problema del precariato, la legge sulla scuola è stata in realtà immediatamente avversata da tutto il mondo della scuola, dove ha prodotto una mobilitazione massiccia e duratura e scioperi con percentuali altissime di adesione mai raggiunte fino ad ora. È stata avversata anche in Parlamento, dove è passata a colpi di fiducia e con discutibili forzature procedurali. La sedicente “buona scuola” non dispone di un solido impianto culturale, nè di una profonda visione pedagogica e didattica. Non fa riferimento alcuno ai valori della Costituzione: non si pone il fine dell’ educazione alla cittadinanza, alla partecipazione e all’autonomia, ignora il problema della formazione del libero pensiero critico e della capacità di autorealizzazione. Propone obbiettivi legati ad un concetto di sapere “utile”, laddove l’utilità coincide con quella dell’azienda, l’efficienza con il mero addestramento al lavoro, la flessibilità con la capacità di adattarsi alle esigenze del mercato, non con l’apertura mentale e la capacità del soggetto di reinventarsi in modo autonomo e consapevole. La riforma potenzia le prerogative dei Dirigenti, cui spetta il compito di individuare un indirizzo politico in accordo con le risorse del territorio e con le imprese private e quello di attribuire crediti ai docenti, di chiamarli direttamente dal registro nazionale, con la conseguenza di annullare di fatto la libertà d’insegnamento prevista dalla Costituzione. All’interno di una logica decisamente privatistica, fa pagare i costi della scuola pubblica ai privati, alle famiglie, alle imprese –che orienteranno inevitabilmente le scelte educative e determineranno inaccettabili differenze tra scuole- mentre prevede risorse per la scuola privata, contro l’art. 33 della nostra Costituzione. Secondo la riforma, lo sbandierato “merito” dei docenti non farà riferimento a standard comuni, nè sarà valutato da esperti, ma da discutibili Comitati il cui giudizio rischierà inevitabilmente di essere condizionato da elementi soggettivi e da interessi privati. La riforma renziana della scuola fa dei docenti il capro espiatorio. Anticipata da una sommaria campagna denigratoria nei confronti degli insegnanti, che vengono presentati tutti –bravi e meno bravi- come incapaci ad educare ad un mondo globalizzato, la riforma però nel contempo priva il corpo docente di un serio e sistematico intervento di aggiornamento e ne scredita la professionalità e la dignità. Gli insegnanti, ai quali viene tolta la titolarità della cattedra, saranno inseriti in una rete di scuole ove, per chiamata diretta di Dirigenti, andranno ad insegnare materie affini o secondarie, o saranno impiegati in attività extra curriculari senza alcun riguardo per la continuità didattica e per la tanto decantata “qualità”. Il problema del precariato, che l’Europa impone di risolvere -visto che lo Stato italiano e’ stato condannato per aver mantenuto nel precariato docenti per 15-20 anni quando si e’ invece obbligati ad assumere con 36 mesi di servizio- viene affrontato con un piano che, dimenticata l’iniziale promessa di 150.000 assunzioni, di fatto ne prevede 81-89.000, con pesanti condizioni e stipendi ben lontani da quelli europei. Ai docenti precari sarà offerto un incarico triennale rinnovabile. Ma essi non sanno dove andranno ad insegnare, cosa andranno ad insegnare (visto che andranno a fare da tappabuchi per assenze brevi), rischiano spostamenti anche di mille chilometri, abbandonando famiglie, figli, genitori (i precari sono prevalentemente tra i 40”e i 50 anni). Qual è la logica sottesa a queste scelte? Quali obiettivi si vogliono perseguire? Quale messaggio si vuole trasmettere? Se nella scuola non valgono più le regole oggettive, ma quelle del Preside, se il docente precario deve accettare ogni condizione, compreso il demansionamento, se viene affermata un’idea di “flessibilizzazione” che non riconosce alcun diritto acquisito, l’intento del governo e’ evidentemente quello di giungere alla decontrattazione e di rimettere in discussione il diritto al lavoro anche nella scuola, così come sta avvenendo in tutto mondo del lavoro. Se l’assunzione viene condizionata all’imposizione di una mobilità selvaggia, ad un trasferimento forzato dal Sud al Nord, nonostante i posti vacanti siano anche al Sud, dove da anni lavorano precari con supplenze annuali, il sospetto è che si voglia costringere molti precari, in particolare le donne con famiglie da accudire, a rinunciare al lavoro e a liberare posti. Se non si da’ alcun riconoscimento alla continuità didattica, se si fanno insegnare discipline diverse da quelle per le quali sono state accertate le competenze, se non si liberano risorse per la scuola pubblica, la sedicente “buona scuola” e’ solo uno slogan propagandistico e la logica privatistica, che ne costituisce il fondamento, contraddice nettamente i principi della nostra Costituzione, costantemente svuotata anche dalle altre “riforme” del governo Renzi. di Ernestina Di Felice gia’docente di Storia e Filosofia nei Licei PrimaPagina 60 - Set. 2015

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Perché si parla di deportazioni, cos’è un organico rafforzato, quali sono le preoccupazioni dei professori.

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1-Assunzioni, stabilizzazioni, graduatorie a esaurimento, deportazioni Tra i vincitori e gli idonei del concorso voluto dall’ex ministro Profumo ( che a norma di legge avrebbero già dovuto essere assunti grazie al bando di concorso, di validità biennale) nella scuola statale ci sono sia laureati non ancora abilitati e senza esperienza lavorativa, ma anche docenti già dipendenti di istituti paritari. Tutti questi sono stati tecnicamente “assunti”, o lo saranno nei prossimi mesi. Una parte consistente dei vincitori di concorso era comunque già iscritta nelle graduatorie a esaurimento provinciali (Gae) in quanto insegnanti già attivi da diversi anni nelle nostre scuole, con incarichi annuali interrotti a fine giugno e rinnovati a settembre. Per questi, e per i cosiddetti precari storici (*), si può parlare di “stabilizzazioni”. Se un’assunzione, di questi tempi , può essere associata all’offerta di un’opportunità, di un posto di lavoro, di cui essere almeno grati, a occhi esterni diventa incomprensibile il rifiuto di certe destinazioni lavorative molto lontane dal proprio territorio. Come se rispondessero no a caval donato, addirittura parlando di “deportazioni”. Un’espressione in effetti, molto forte, anche perché il ministero sta tentando di ovviare al problema offrendo delle soluzioni tampone e annunciando un piano di mobilità straordinaria.Tuttavia il disagio è reale e molto diffuso. Una ferita da sanare per insegnanti con anni di lunghissimo precariato alle spalle. (*) Con una recente sentenza, la corte di giustizia europea ha evidenziato l’illegittimità del sistema fin qui adottato dai governi che si sono succeduti negli scorsi anni in merito all’utilizzo del personale precario.

2-Le fasi zero, a, b, c, organico dell’autonomia, chiamata diretta da parte dei dirigenti Il piano di immissioni in ruolo predisposto dal governo è stato articolato in quattro fasi, tra le quali non è proprio semplicissimo districarsi… Fase zero e A : copertura dei pensionamenti Si tratta in realtà di una copertura del normale ricambio su cattedre lasciate da professori che vanno in pensione. PrimaPagina 60 - Set. 2015

Sono coinvolti per metà i vincitori di concorso del 2012 (ma anche addirittura quelli ancora da smaltire dei concorsi 1990 e 1999), e per altra metà i precari storici collocati in cima alle graduatorie a esaurimento. Con una prima convocazione, sono stati così assegnati i primi “ruoli” seguendo il sistema tradizionale. Poi è seguita la cosiddetta fase A, in cui si assegnavano le cattedre rimaste dalla fase zero, seguendo il medesimo criterio utilizzato in precedenza , ma escludendo, questa volta, i vincitori dei vecchi concorsi . Fatta salva questa differenza, le prime due fasi possono essere concettualmente accorpate come normale amministrazione. Fase B: stabilizzazioni Passata l’estate, è partita la fase B, molto più complessa, che costituisce l’avvio del piano straordinario di assunzioni/stabilizzazioni. Anche qui i posti a disposizione sono quelli rimasti dalle fasi precedenti con l’aggiunta di alcune cattedre complete, cioè quelle che negli anni passati si assegnavano tradizionalmente ai precari, con durata dell’intero anno scolastico. In questa fase cambia completamente il meccanismo di convocazione. Stavolta sono i lavoratori a presentare una domanda di assunzione, elaborata da un algoritmo informatico che ha destinato ciascuno nelle sedi individuate dal MIUR, con possibile destinazione in qualunque provincia italiana.Questa è stata la fase più critica della riforma, perché oltrepassa la dimensione provinciale delle graduatorie a esaurimento e quella regionale del concorso, proponendo a lavoratori anche di 40/50 anni di cambiare vita, oppure di rinunciare per sempre a tutte le posizioni precedentemente maturate in graduatoria. La fase C: organico dell’autonomia E’ la vera novità della riforma Renzi. Quelli che saranno assunti con questa procedura, non copriranno cattedre tradizionali, ma andranno a comporre il cosiddetto organico potenziato o “dell’autonomia”, restando cioè a disposizione di reti di scuole per un periodo indeterminato. Non si sa con quali funzioni e con quale efficacia. Sembrerebbe una buona opportunità per stabilizzare i precari, ma solleva dei dubbi l’introduzione di alcuni meccanismi molto criticati, come l’autonomia dei dirigenti nel chiamare i docenti e l’impiego di insegnanti su discipline nelle quali non sono specializzati o addirittura in funzioni non legate alla didattica tradizionale.


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3-Autonomia, privatizzazione, albi territoriali Il rafforzamento dell’autonomia scolastica è uno degli obiettivi principali previsti dalla legge, che si attuerebbe nelle possibilità di gestione da parte dei dirigenti scolastici: i capi d’istituto dovranno decidere il monte ore complessivo da assegnare a ciascuna disciplina, potendo così aumentarne o diminuirne l’impatto formativo. Non è ancora chiaro il ruolo e il livello di condivisione collegiale su questo punto, perché anche gli organi decisionali o consultivi attualmente previsti nella scuola italiana, saranno oggetto di revisione. Rimane il fatto di voler assegnare ai dirigenti una maggiore responsabilità decisionale, che riguarda per esempio l’aumento del tempo-scuola, sollecitando aperture pomeridiane o anche estive, magari con il coinvolgimento di associazioni o altre realtà presenti sul territorio. Qualcuno ha paventato su questo la possibilità di privatizzazione degli spazi scolastici dati in prestito a strutture esterne con finalità culturali o ricreative, ma anche di lucro. Tra le responsabilità a carico dei dirigenti ci sarebbe anche la valutazione del cosiddetto organico dell’autonomia che, oltre ai docenti inseriti negli albi territoriali (reclutati con un sistema di chiamata ancora da definire), include il personale di diritto dell’istituzione scolastica, i collaboratori del dirigente, e altre figure impegnate in attività di progettazione e coordinamento. Come potrà il dirigente esercitare un controllo sulla qualità del lavoro svolto dal suo organico? Con l’aiuto del cosiddetto comitato di valutazione, nel quale entrano a far parte anche rappresentanze di genitori e studenti, che tra i loro compiti avranno anche quello di decidere se assegnare premi di stipendio. Al Collegio dei Docenti è affidato il compito di individuare i criteri e scegliere i docenti da inserire nei comitati di valutazione, comitati che saranno composti da tre docenti, due rappresentanti dei genitori ( 1 genitore e 1 studente nella secondaria superiore) un componente esterno individuato dall’ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici. Cosa dovranno valutare questi comitati?La qualità dell’insegnamento, il successo formativo e scolastico degli studenti; le performances dei docenti, riguardanti l’innovazione didattica, la ricerca, la diffusione di buone pratiche.

Vittime di un crudele Algoritmo

Solo un precario su nove accetta l’assunzione ono partite le assunzioni, ma secondo l’Anief si tratta di una decisione estremamente sofferta per i precari della scuola: “Finora solo uno su nove ha detto sì” e l’Anief avverte che : “Cresce il numero delle rinunce obbligate. Ai 40mila aventi diritto che hanno rinunciato a presentare domanda, si stanno aggiungendo i tanti casi di docenti che l’algoritmo ministeriale ha spedito a centinaia di chilometri da casa: il sistema automatico predisposto dal Miur non ha considerato che i 40-50enni hanno legami troppo vincolanti al proprio territorio d’origine per via delle incombenze familiari, che pesano più della possibilità di conquistare finalmente il posto fisso anche se lontano. E se è vero che il numero di assunzioni, rispetto alle 150mila iniziali , scende di giorno in giorno, è altrettanto vero che sale quello dei supplenti che saranno chiamati ancora una volta fino

al 30 giugno come tali (oltre 100mila secondo le previsioni).Sarà la risposta più chiara a chi si ostina da mesi a dire che la riforma si sarebbe vinto il precariato”, ha sottolineato Marcello Pacifico, presidente Anief, che aggiunge: “ sono già 9mila quelli che hanno fatto ricorso al Tar per la mancata inclusione nel piano di assunzioni”. Non è una decisione facile - ha sottolineato l’Anief - quella che hanno dovuto prendere 7mila dei 9mila docenti precari, a cui il Miur ha inviato, nella notte tra l’1 e il 2 settembre, la proposta di assunzione della fase B, da attuare in una regione diversa da quella di appartenenza. Una scelta sofferta che il Miur forse avrebbe potuto rendere più leggera se avesse provveduto a censire correttamente anche quelle sedi e quelle cattedre che anche per questo anno saranno coperte da supplenze.

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FONTE Anief

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CATTEDRE DISPONIBILI E INSEGNANTI PRECARI La maggior parte dei precari da assumere sta al sud, mentre gli insegnanti servono di più al nord. Già monta una guerriglia retorica fatta di opposte assurdità: quella nordista contro l’arrivo dei professori del sud nei posti lombardi, veneti, liguri, piemontesi (quasi settemila solo dalla Sicilia, più di cinquemila dalla Campania), e quella sindacale contro la “deportazione” dei precari.

*

Il valore della “differenza” in negativo esprime gli esuberi sulle domande e quindi i posti non assegnabili rispetto alle domande ricevute

Regioni

Posti vacanti

Domande inoltrate

Differenza

ABRUZZO BASILICATA CALABRIA CAMPANIA EMILIA ROMAGNA FRIULI LAZIO LIGURIA LOMBARDIA MARCHE MOLISE PIEMONTE PUGLIA SARDEGNA SICILIA TOSCANA UMBRIA VENETO

1,414 817 2,092 6,005 3,808 1,205 5,200 1,484 8,031 1,602 569 3,660 4,037 1,676 5,043 3,291 1,056 4,268

1,925 1,207 4,314 11,142 3,696 980 7,125 783 6,630 1,806 711 2,623 6,040 1,747 11,864 4,283 1,073 3,694

-511 -390 -2,222 -5,137 112 225 -1,925 701 1,401 -204 -142 1,037 -2,003 -71 -6,824 -992 17 574

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FOCUS ON MA QUANTO È BUONA QUESTA SCUOLA?

STORIE DI ORDINARIA DOCENZA

Chiara e

gli altri ono una docente di scuola primaria e sono qui a raccontare la mia storia riguardo la proposta di assunzione dalla fase b, che probabilmente, a due giorni dalla scadenza, sarò costretta a rifiutare. Dagli inizi di agosto, giorni in cui si doveva decidere se fare o no la domanda, ero molto dubbiosa, perché non sapevo se darmi una possibilità migliore per il mio futuro, oppure rimanere dove ero, nella 4 fascia aggiuntiva dal 2012 (stagna da 4 anni) sperando in un posto di ruolo fra 10-12 anni; cosi mi sono confrontata con i miei colleghi e ho chiamato i sindacati, che mi hanno quasi assicurata che sarei rientrata nella fase C o forse non sarei rientrata per niente, visto il mio punteggio basso. Decido di rischiare, dopo tante notti insonni, facendo tante ipotesi sul responso e arrivando alla conclusione che,nella peggiore delle ipotesi ( vista anche il “rispetto” delle preferenze) sarei finita a 200km, svegliandomi alle 5 del mattino, prendendo treni, ma ritornando a casa la sera

da mio marito e dalla mia bimba di 20 mesi. Qualche giorno dopo aver inoltrato la domanda, leggo sul vostro sito che tutti gli insegnanti della scuola primaria, con titolo di sostegno, sarebbero stati assunti. A questo punto rimango pietrificata! Sarei rientrata nella fase B. Ricominciano di nuovo le notti insonni, pregando Dio di rientrare almeno nella regione Emilia Romagna, che arrivava fino la mia 16esima preferenza (Parma, circa 200 km), ma il giorno 2 settembre leggo sulla mail REGIONE LOMBARDIA: PROVINCIA DI MILANO. Qui non bastano le notti insonni, arrivano le ansie, le paure, i nervosismi...Provo a trovare una soluzione, che sembra essere l’incarico annuale, ma non rientro nemmeno in quello. A questo punto mi reco nuovamente dai sindacati, mi dicono che l’unica soluzione è intraprendere la strada dell’aspettativa, oppure certificati su certificati di malattia mia e di mia figlia fino gennaio, e poi aspettativa fino giugno. A questo punto mi chiedo: potrò intraprendere questa strada cosi immorale corrompendo me-

dici e pediatri? Non fa parte di me! E inoltre, come posso stare senza stipendio per un anno, con un marito che già lavora a 140 km e una bimba di 20 mesi da mantenere? Questo è il prezzo che devo pagare? Anche se volessi andare a Milano, non potrei, perché non ho aiuto con la bambina, né possibilità economiche di stare su 3 gg, (richiedendo al massimo un part-time) poiché il dimezzato stipendio non mi consentirebbe di vivere. Concludendo, la mia unica possibilità non resta che scegliere di esser buttata fuori da tutte le graduatorie, come dice ingiustamente la legge e provare la strada del concorso, rischiando anche di dover cambiare lavoro, cosa più probabile di tutte. Ringrazio sentitamente il governo Renzi, che ha attuato questo piano di assunzioni, giocando con la mia vita e quella di altre persone nella situazione analoga alla mia. In più, consentitemi la battuta, sicuramente andrà meglio alla categoria psicologi, che avranno un considerevole aumento delle proprie parcelle per risanare gli scompensi di noi insegnanti!!!!grazie”.

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Dal cuore della notizia alla coscienza del lettore www.primapaginaweb.it PrimaPagina 60 - Set. 2015

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I sapori antichi della

“solinga” Tozzanella

di Antonella Lorenzi

on queste parole il frate, studioso e poeta Giulio Di Nicola, Padre Teotimo, presenta in una sua celebre poesia il paesino di Tozzanella. Adagiata ai piedi di Colle Pelato, monte della catena del Gran Sasso, caratterizzato da abeti bianchi, Tozzanella è una piccola frazione del comune di Tossicia. Anticamente chiamata Tuscanella, Riccanella, Cedella, questo piccolo paese conta oggi pochissimi abitanti, anche se d’estate si riempie di persone che trascorrono le vacanze nelle case ristrutturate dei loro nonni. Immersa nel verde dei boschi che la circondano, il centro del paese è la chiesetta di San Michele, recentemente ristrutturata dopo i danni subiti in seguito al sisma del 2009. Dalla piazzetta antistante la Chiesa, si diramano le rue, le viuzze, un tempo luogo di incontro e di giochi. Passeggiando per il paese è possibile ammira-

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re, addossate le une alle altre, le antiche case caratterizzate da una scalinata esterna e dalla loggetta e chi ha vissuto gli anni della gioventù in questo borgo, ha come l’impressione di risentire l’eco delle chiacchiere e dei canti delle donne più anziane, e le urla di entusiasmo dei giovani che giocano a morra e a bocce. Attualmente il cuore pulsante di Tozzanella è l’area verde situata all’ingresso del paese, luogo di ritrovo di grandi e piccini. Tenuta in gestione dalla neonata Pro Loco di Tozzanella, l’area verde ha all’ interno un ampio parcheggio, servizi igienici pubblici, uno spazio attrezzato al consumo di prodotti gastronomici, una fontana con acqua potabile, un campo da bocce e un parco-giochi. La tradizione della Sagra della Bruschetta si svolge, dal 1978, in occasione della festa patronale in onore di San Michele Arcangelo il secondo fine settimana del mese di Agosto. La bruschetta è un cibo di semplice

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“Tutta solinga siede Tozzanella sulla collina che l’innalza a Dio e tra le piante che la fanno bella quasi s’asconde in un pensiero pio…”

preparazione ma ottimo da gustare, prodotto con ingredienti genuini e autoctoni (pane con lievito madre, olio extra vergine d’oliva, pomodoro, ventricina, salsiccia di maiale, tartufo, formaggio, peperoni, alici e prosciutto) inseriti nell’Atlante dei Prodotti tradizionali d’Abruzzo. Quest’anno la 23° Sagra della Bruschetta che attira un numero sempre maggiore di partecipanti, è stata ammessa a concorrere per il premio Italive 2015, un’iniziativa proposta dal Codacons con la partecipazione di Autostrade per l’Italia e la Coldiretti, che presenta i migliori eventi organizzati in Italia alla scoperta di eccellenze enogastronomiche. Ospite d’onore nei giorni di festa è stata l’artista teramana Fabienne Di Girolamo. Nel mese di Gennaio inoltre viene acceso il fuoco di Sant’Antonio, occasione per stare ancora insieme e per divertirsi attorno al falò, mangiando polenta, salsicce e bevendo un buon bicchiere di vino rosso. PrimaPagina 60 - Set. 2015

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NICOLA DI CAMILLO musicista e compositore frentano

L’ANIMA JAZZ CON LA MAJELLA NEGLI OCCHI «Mi ritengo molto fortunato di essere figlio di questa terra e di far conoscere, per quanto possibile, il suo nome nel mondo. Credo non ci sia una “ricetta” per essere migliori e più fortunati degli altri.» di Adele Di Feliciantonio

iovane musicista e compositore, l’abruzzese Nicola Di Camillo si è esibito in cinque continenti e calcato palcoscenici importanti spaziando dal jazz al pop, passando per il blues, il folk, il tango. Un cosmopolita un po’ nomade, ma legato alle sue origini e alla sue terra. Dopo aver studiato il contrabbasso al conservatorio “D’Annunzio “ di Pescara, ottenendo il massimo dei voti, la sua carriera ha avuto un’escalation che lo ha portato a suonare con numerose formazioni, come El Cuarteto Del Angel, con artisti nazionali e internazionali come Fernando Suarez Paz, Antonella Ruggiero, Drupi, Mimmo Locasciulli, Kelly Joice, Fabio Concato, Nykerson e i più grandi jazzisti come Fabrizio Bosso, Luca Ciarla, Chris Jarret, per citarne alcuni. La vera consacrazione è arrivata con la partecipazione ai grandi festivals jazz del mondo, in Canada, negli Usa, in Australia, In Indonesia. Ha parte-

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cipato a vari progetti discografici e ora ha un sua formazione “ Nicola Di Camillo trio” con un disco in cantiere e con la collaborazione stabile di Fabrizio Bosso al sassofono, Bruno Marcozzi alla batteria e Angelo Trabucco al piano. Basso e contrabbasso sono i suoi strumenti. Così diversi, ma così intimamente simili. Il primo casual e dall’anima rock, il secondo nobile e dall’anima sofisticata. Nicola Di Camillo, racchiude in sè questo binomio che lo rende unico. Maestro Di Camillo come si è avvicinato al mondo della musica e a quello del contrabbasso? Il primo approccio al mondo della musica è avvenuto da piccolo con degli strumenti giocattolo, prima una batteria e poi una chitarra dalla quale non mi separavo mai. Quando, poi, mi hanno regalato una chitarra vera tutto ha avuto inizio. Ma nella prima band nella quale ho suonato da adolescente, i “ The Nice” ho dovuto adattarmi a fare il bassista e lì ho ca-

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pito che le basse frequenze mi appartenevano. Così ho deciso di iscrivermi al Conservatorio per studiare il contrabbasso ed è stato amore a primo tocco! Quando suona il contrabbasso, uno strumento imponente e maestoso, che sensazioni prova? Direi che il nostro è un rapporto alla pari, così come due persone che si incontrano nella propria intimità. Io e il contrabbasso ci lasciamo trasportare l’uno dall’altro, strizzandoci l’occhio, lasciando alla musica lo spazio per danzare tra di noi. Lei si è esibito nei più importanti palcoscenici internazionali. Come si sente a essere ambasciatore del genio italiano e soprattutto abruzzese? Il talento supera confini e i pregiudizi? Calcare palchi come “Montreal Jazz Festival” (Canada) o “Java Jazz Festival” (Jakarta) per citarne alcuni, è stato come realizzare un so-


gno e per questo sento di dover dare merito alla collaborazione con Luca Ciarla, un grande violinista molisano. In Abruzzo il talento non manca. Mi ritengo molto fortunato di essere figlio di questa terra e di far conoscere, per quanto possibile, il suo nome nel mondo. Credo non ci sia una “ricetta” per essere migliori e più fortunati degli altri. A volte basta essere affidabili, preparati e avere quella caratteristica giusta che stanno cercando. E comunque il talento può superare i pregiudizi e la musica i confini. Nonostante giri il mondo torna sempre a Castelfrentano, il suo paese natale in provincia di Lanciano. La sua casa e i luoghi delle sue origini possono definirsi la principale fonte di ispirazione della sua arte? Come potrei svegliarmi la mattina e non vedere la Majella? Nella sua carriera ha avuto collaborazioni con numerosi musicisti, alcuni di grande ca-

ratura. Quanto essi hanno influenzato la sua carriera e chi le ha suscitato qualcosa di indimenticabile? La collaborazione con Fernando Suarez Paz è una di quelle che ricordo con maggiore gioia e orgoglio. Oltre a essere un musicista infinito è stato un maestro per me. La collaborazione con Fabrizio Bosso, ospite del progetto “Nicola Di Camillo trio” , ha decisamente arricchito di umiltà e di spessore il mio bagaglio musicale ed etico, concerto dopo concerto; Bosso è uno straordinario interprete che fa onore al nostro paese in tutto il mondo. Egli ha decisamente suscitato qualcosa di indimenticabile in me! La sua elasticità e versatilità musicale le permettono di spaziare tra vari generi. Il jazz, tra questi, è il suo preferito? Vivo di jazz, ma non sono un jazzista! Non amo particolarmente le etichette di genere, ma di certo il jazz è il mondo che più mi rappresenta in questo momento.

Dove nasce il suo desiderio di esplorare generi differenti e a volte lontani? Dalla curiosità e dalle esperienza che mi hanno portato a essere quello che sono oggi musicalmente parlando. Lei è molto impegnato nel sociale e tramite la musica e insieme a suoi colleghi riesce a portare avanti delle battaglie importanti come quella del “ No a Ombrina”. Come definirebbe la deturpazione della natura, una nota stonata o una composizione mal riuscita? Come un “Cluster” nel periodo barocco. Lei è anche un compositore, i suoi brani riflettono lo stato d’animo del momento in cui nascono? Quanto della sua personalità c’è in ognuno di essi? L’arte è sempre espressione dell’anima, della sua parte più intima e nascosta; essa rivela la verità, che lo vogliamo oppure no. Non si può mentire. In ogni brano c’è una parte di me, che sia una composizione impulsiva o razionale.

Nicola Di Camillo Contrabbassista nato a Lanciano nel 1978, inizia gli studi presso il conservatorio “Luisa D’Annunzio” di Pescara concludendoli con voti altissimi.

IL PRIMO APPROCCIO AL MONDO DELLA MUSICA È AVVENUTO DA PICCOLO CON DEGLI STRUMENTI GIOCATTOLO, PRIMA UNA BATTERIA E POI UNA CHITARRA DALLA QUALE NON MI SEPARAVO MAI. QUANDO, POI, MI HANNO REGALATO UNA CHITARRA VERA TUTTO HA AVUTO INIZIO. PrimaPagina 60 - Set. 2015

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A Torricella Peligna la X edizione del Festival dedicato a John Fante di Angela Fosco

“I miei migliori sforzi in tutti i libri che ho scritto sono stati diretti verso mio padre, i suoi problemi, i suoi fallimenti e i suoi successi…” a decima edizione del Festival “Il Dio di mio padre” è anche una celebrazione del legame di John Fante con il padre, un legame che include il rapporto con l’Abruzzo, la sua terra natia, tanto che Torricella Peligna, paese natale del genitore, lo ricorda da 10 anni con il Festival “Il Dio di mio padre”. La presentazione del Festival e l’annuncio dei tre finalisti

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per l’edizione 2015 del premio John Fante Opera prima, si sono tenuti alla Casa delle Letterature di Roma, il 22 giugno, con la partecipazione di Maria Ida Gaeta, responsabile della Casa delle letterature di Roma e membro della giuria tecnica del Premio, Giovanna Di Lello, direttrice artistica del Festival “Il Dio di mio padre”, e Tiziano Teti, Sindaco di Torricella Peligna, che dal 21 al 23 agosto ha ospitato la decima edizione del Festival. In questa speciale edizione del decennale, hanno partecipato Eugenio Finardi e Giancarlo De Cataldo, Teresa De Sio e Wanda Marasco. Mentre Nino Germano con Biagio Proietti, sceneggiatore, e Maurizio Gianotti, autore RAI, hanno presentato “Il segno del telecomando”, il libro che ripercorre 60 anni di sceneggiati della RAI-TV. Il 23 agosto, in chiusura del festival una tavola rotonda, su “emigrazione abruzzese tra ‘800 e ‘900” (tema quanto mai attuale) moderata da Fabrizio Masciangioli con il rettore dell’Università di Teramo, Luciano D’Amico. Il Premio “John Fante Opera prima” è andato a Enrico Ianniello con “La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin” (Ed.Feltrinelli). La direttrice artistica Giovanna Di Lello: “sono trascorsi dieci anni dalla prima edizione e il Festival è cresciuto e si è arricchito di nuove idee, coinvolgendo un pubblico sempre maggiore e stabilendo importanti rapporti con apprezzati professionisti nel mondo della letteratura, della musica, del giornalismo e del cinema. La pre-

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senza della figlia Victoria, ha ribadito il legame della famiglia Fante con la nostra terra e una cultura che <aiuta ad attraversare la vita> come ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella “. La passione e dedizione della direttrice artistica del Festival Giovanna Di Lello e dei ragazzi dello staff che da anni condividono con entusiasmo questo progetto culturale hanno permesso la lunga vita e il successo della manifestazione che celebra la memoria di questo grande scrittore di origine abruzzese.


In nome del Padre e della (Terra) Madre Enrico Ianniello Casertano di origine, si è formato artisticamente presso la Bottega Teatrale di Firenze di Vittorio Gassmann. Molto attivo a teatro, nel 2011 Ianniello conquista la popolarità presso il grande pubblico interpretando il commissario Vincenzo Nappi, nella serie TV di Raiuno Un passo dal cielo a fianco di Terence Hill. Ianniello lavora anche al cinema nel film Habemus Papam di Nanni Moretti, e in un cortometraggio per il sociale L’agnellino con le trecce. Nel 2012 è attivo in diverse fiction Rai tra le quali la seconda stagione di Un passo dal cielo. Nel gennaio 2015 esce in libreria il suo primo libro “La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin” edito da Feltrinelli.

Gli otto scrittori selezionati erano Stefano Crupi con CAZZIMMA - Mondadori, Paolo Marino con STRATEGIE PER ARREDARE IL VUOTO – Mondadori, Enrico Ianniello con LA VITA PRODIGIOSA DI ISIDORO SIFFLOTIN – Feltrinelli, Nadia Terranova con GLI ANNI AL CONTRARIO – Einaudi, Lorenza Gentile con TEO – Einaudi, Giorgio Specioso con DINOSAURI - Baldini & Castoldi, Giorgio Diritti con NOI DUE – Rizzoli e Mario Pistacchio e Laura Toffanello con L’ESTATE DEL CANE BAMBINO - 66thand2nd.

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IL DOLORE “DELL’ASINO” di Simona Cascetti

l breve dialogo immaginario tra un buon maestro e il suo allievo sorprende il lettore al termine di Diario di Scuola, il saggio che Daniel Pennac pubblicò in Italia nel 2008 e che fu subito considerato un’opera pedagogica al passo con lo spirito innovatore del tempo. Vediamo perché. Protagonista principale è il cosiddetto asino: il bambino che, per i motivi più disparati, non capisce ciò che il docente gli spiega. Egli trascorre la mattinata in classe, inerte, colleziona insufficienze in tutte le materie e si nasconde all’ultimo banco nel tentativo di essere invisibile; durante il pomeriggio vorrebbe svolgere compiti che gli paiono lettere e numeri disposti senza alcun senso sulle pagine del quaderno. Teme il professore fino a odiarlo, o cerca invano di ammansirlo. Soffre terribilmente, perché sa di non sapere e percepisce che i suoi insuccessi lo rendono inviso agli insegnanti, ai genitori e ai compagni; tuttavia, non è capace di porre rimedio al suo stato. Ecco, il dolore dell’alunno che va male è il sentimento sul quale Pennac costruisce la narrazione: un sentimento cui gli adulti guardano spesso dall’alto in basso e che diviene oggetto di riflessione attraverso l’analisi delle cause che lo generano e delle conseguenze che ne derivano. L’asino vede di sé solo la parte peggiore, che, nutrita da continui fallimenti e pesanti rimproveri, cresce a dismi-

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sura e distrugge il suo desiderio di migliorare. Indebolito nella personalità ed incattivito, il giovane diventa un pericolo per gli altri: bullo, violento, delinquente, assassino in certi casi. Pennac scuote le coscienze dei professori per i quali i pessimi alunni sono un peso da cui liberarsi, perché rappresentano l’evidenza di una sconfitta professionale. Meglio bocciarli; e non importa se, così facendo, la responsabilità verrà

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PENNAC SCUOTE LE COSCIENZE DEI PROFESSORI PER I QUALI I PESSIMI ALUNNI SONO UN PESO DA CUI LIBERARSI, PERCHÉ RAPPRESENTANO L’EVIDENZA DI UNA SCONFITTA PROFESSIONALE

lasciata ad un collega che forse creerà ulteriori danni. L’essenziale sarà non averli tra i piedi. È possibile salvare un allievo difficile? Non sempre, ma talvolta sì: o meglio, sì in molti casi, se tutti gli attori in scena lo vogliono. Pennac ha un passato speciale alle spalle: da incapace e privo di futuro ad amante dello studio, insegnante ed infine scrittore, egli ha conosciuto bene le difficoltà della condizione di “somaro” ed è stato guarito da tre maestri che lo hanno educato al piacere della scoperta e della conoscenza. Essi, come Giulia, eroina del recente saggio di Massimo Recalcati, L’Ora di Lezione, hanno compiuto un miracolo intellettuale, ma in primis hanno assunto con pazienza, fiducia, costanza e necessaria severità la cura dell’anima del giovane Daniel. Costoro entravano in relazione positiva con i ragazzi, certi del fatto che mostrare l’amore fosse il canale privilegiato attraverso cui creare la passione per una disciplina. Il professore pennacchiano non è dunque il buonista che promuove chiunque; non è colui che la scrittrice Paola Mastrocola, nel suo Togliamo il Disturbo, vede come un individuo che perde tempo invano dietro a casi disperati; è piuttosto colui che sa anche arrendersi, nella piena consapevolezza, ma soltanto dopo aver doverosamente portato a termine ogni serio tentativo di condurre ciascuno studente al suo massimo potenziale.


“ - I professori ci prendono la testa, signore! - Ti sbagli! La tua testa è già presa. Gli insegnanti cercano solo di restituirtela.”

Daniel Pennac Pseudonimo di Daniel Pennacchioni (Casablanca, 1º dicembre 1944), è uno scrittore francese. Nato nel 1944 in una famiglia di militari, passa la sua infanzia in Africa, nel sud-est asiatico, in Europa e nella Francia meridionale. Pessimo allievo, solo verso la fine del liceo ottiene buoni voti, quando un suo insegnante, nonostante la sua dislessia, comprende la sua passione per la scrittura e, al posto dei temi tradizionali, gli chiede di scrivere un romanzo a puntate, con cadenza settimanale. La scelta di insegnare, professione svolta per ventotto anni, a partire dal 1970, gli serviva inizialmente per avere più tempo per scrivere, durante le lunghe vacanze estive. Pennac, però, si appassiona subito a questo suo ruolo

DIARIO DI SCUOLA di Daniel Pennac Milano, Feltrinelli, 2008da Feltrinelli. PrimaPagina 60 - Set. 2015

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LA CALDA E di Mafalda Bruno

ul fatto che i tedeschi sappiano far di conto, non ci piove. Salta all’occhio anche di chi della politica economica europea non gliene cale né tanto né poco: basta e avanza il “per sentito dire”. Tolto questo però, che non è poco d’accordo, ma non è tutto, posso assicurare che ci ho provato. Giuro. Ce l’ho messa tutta per capire il perché della totale assenza di fantasia e versatilità della tivù tedesca. In questo periodo di ferie dei programmi canonici, sia Mediaset che Rai sfornano a ripetizione, con una copiosità che manco la premiata fornerìa Banderas & Rosita con i loro biscotti, serie televisive, soap e film tutti made in Germany. La Rai in mattinata alterna ben tre diversi telefilm che già solo i titoli darebbero problemi di comprensibilità anche al genio più equilibrato dell’universo: il nostro amico Charly, la nostra amica Robbie e il nostro amico Kalle. Tutti amici. Alè. Ho le prove di quello che affermo. Da Wikipedia: “in Italia su Rai2 da lunedì 1º giugno alle 11:20 con il titolo Il nostro amico Kalle (come riferimento alle serie Il nostro amico HYPERLINK “https:// it.wikipedia.org/wiki/Il_nostro_amico_ Charly”Charly e La nostra amica Robbie)”. Ecco, appunto, casomai fosse stato difficile arrivarci. E’ andata così insomma: almeno uno dei tre titoli all’inizio era diverso (“Finalmente arriva Kalle”) e invece, pensa che ti ripensa, spremiti le meningi, arrovèllati pure di notte, hanno partorito l’idea geniale e originale per un titolo, ohibò, preciso, identico, spiccicato agli altri due telefilm. Ora, delle due l’una: o in Germania c’è carenza di vocabolari di sinonimi e contrari, oppure la loro assenza di estro, genialità e fantasia, non è una leggenda metropoli-

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QUANTO POI AI FILM, TIPO QUELLI TARGATI ROSAMUNDA COME DIAVOLO SI CHIAMA, LA MUSICA NON CAMBIA. L’INTERPRETAZIONE DEGLI ATTORI TEDESCHI È SEMPRE QUELLA, INCONFUTABILMENTE STATICA tana, ma la pura realtà. Chiaramente opto per la seconda che ho detto, anche perché la permanenza di alcuni mesi ad Amburgo anni fa, me ne ha dato prove e conferme. Quanto poi ai film, tipo quelli targati Rosamunda come diavolo si chiama, la musica non cambia. L’interpretazione degli attori tedeschi è sempre quella, inconfutabilmente statica. Si punta molto ai primi piani dei volti (perché sono quasi tutti begli attori ed attrici) ma le espressioni recitative sono sempre le stesse: o crucciati o felici, non esistono vie di mezzo. Nelle scene, ogni tanto (ma poco eh?) si sfiora il dramma, magari una decisione irrevocabile (così la presentano) di finire una storia d’amore con un suicidio o con una partenza definitiva, alla addio per sempre per intenderci, un animale in procinto di morire o che è scappato, un castello secolare che rischia

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ESTATE 2015 della TV tedesca di essere demolito per fare posto ad un centro commerciale, insomma un colpo di scena che ti fa drizzare le antenne e tu sei lì che pensi “evvai, ora arriva la suspence: vediamo come va a finire…” Pluff. Non succede niente. Nella scena successiva (quindi neanche verso la fine che almeno staresti, come dire, col fiato sospeso, in pizzo in pizzo sul divano) l’aspirante suicida non ha più intenzione di acquistare un biglietto di sola andata per il Regno dei Giusti, anzi, è felice di tornare insieme al fedifrago che voleva lasciare (ma se solo un attimo fa ti volevi ammazzare per quel bastardo…. bah) disfa le valigie perché è stata solo una finta partenza, l’animale smarrito è vivo e vegeto e ritorna a casa sano e salvo, il castello trova miracolosamente i fondi, e in quattro e quattr’otto , viene riportato al suo antico splendore, tutti ridono, tutti si amano e alleluja. Fine. Ma dimmi tu....

UNA MENZIONE SPECIALE PERÒ LA MERITA SICURAMENTE IL FILM “LA NAVE DEI SOGNI”: QUESTA SERIE È TALMENTE AVVINCENTE (!!??) CHE COME PREMIO, BONTÀ LORO, CE LA RIFILANO SOLO IL SABATO

Una menzione speciale però la merita sicuramente il film “La nave dei sogni”: questa serie è talmente avvincente (!!??) che come premio, bontà loro, ce la rifilano solo il sabato. Nave da crociera extra lusso, con tanto di nome scritto a caratteri cubitali sul muso della medesima, sul citofono insomma: “DEUTSCHLAND”, casomai avessimo dubbi sulla nazione di provenienza del film. E’ una nave tedesca, chiaro? Aperta parentesi: ad onor del vero, viaggiando la nave veramente per posti incantevoli nel mondo, come dire, uno almeno quei luoghi da sogno se li vede in televisione, senza dover ricorrere solo a Kilimangiaro che è in ferie, tra l’altro. Chiusa parentesi. Ma quanto alle storie e ai protagonisti, e aridaje…. si tratta di coppie prossime alle nozze che si sposano sulla nave: anche qui, drammi di segreti tenuti celati con relativi matrimoni a rischio. Rilassatevi, scoprirete presto (fin troppo presto) che non è successo niente di niente. E vissero sposati e contenti. Un capitano bonaccione che mai una volta, dico una, avesse almeno tentato un approccio galante con una passeggera, un medico di bordo dalla voce monocorde, tipo frate francescano nella omelia domenicale, mai alle prese con le sue funzioni mediche che lo mostrino in azione, e una direttrice di crociera, cotal Beatrice, un donnone dall’aria benevola, scapola impenitente, che gongola tra il capitano e il medico senza nessun approdo a niente di niente, a qualcosa che crei, boh, un poco di verve, di vivacità. Mi si dirà: ma se questi inciuciassero tra loro, addio serie tv. Ho capito: esigenze di copione. (ma quale copione???) Per pietà: aridatece (almeno) Jessica Fletcher!

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VISIONI &

LETTURE i cresce sullo schermo, letteralmente. E in certi casi si invecchia, ma si matura. Molto più che una magia data da qualche trucco miracoloso del cinema, Richard Linklater è riuscito dove nessuno mai ha osato: girare un film nell’arco di dodici anni, un pezzetto ogni anno, con gli stessi attori e la stessa troupe. Una vera e propria scommessa, un duello col tempo che il regista texano ha vinto, riuscendo a cristallizzare l’attimo in tante scene diluite del nostro recente passato. La storia è quella di Mason (Ellar Coltrane), il protagonista. Lo vediamo crescere sotto i nostri occhi, passare dalle elementari alle medie, poi dalle superiori al college. Ma la storia è anche quella della sua famiglia: di sua sorella Sam (Lorelei Linklater), di sua madre Olivia (Patricia Arquette, premio

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Oscar per questo ruolo) e di suo padre Mason Sr. (Ethan Hawke). E tutti loro evolvono, ricordandoci che forse esistono molti tipi di giovinezza, una per ogni fase di vita. Perché evolve la madre, che passa da un matrimonio fallito all’altro; evolve il padre, da musicista squattrinato e attivista a uomo più stanco e posato. E’ questo il vero incantesimo, puro e semplice, senza che debba accadere chissà quale svolta fracassona all’interno della trama. Trama riassumibile con un’unica parola: il titolo del film. Pluripremiato e salutato con giudizi assolutamente positivi, Boyhood è sicuramente un’opera che, senza aver fatto molto (magari inutile) rumore, ha già un posto nella storia della cinematografia. di MikiMoz Capuano

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Nel paese siciliano, poco distante dalla villa in cui Anna vive con il fedele inserviente Pietro, si è appena tenuto un funerale e la donna è stravolta dal dolore. Piero Messina al suo primo lungometraggio ha centrato l’obiettivo. Non è così, se si esclude la sequenza peraltro significante dei titoli di testa. L’attesa di chi non c’è (o non c’è più), grazie all’interpretazione della Binoche ma anche a quella per nulla intimidita di Lou De Läage, diventa così uno scavo nelle dinamiche di un’elaborazione di un lutto da un lato e di una ipotetica presa di consapevolezza di una separazione da qualcuno che è ancora vivo dall’altro. Una delle domande a cui spetta allo spettatore fornire una risposta personale è quale sia la più difficile da superare. DATA USCITA: 17 settembre 2015 GENERE: Drammatico ANNO: 2015 REGIA: Piero Messina


DATA USCITA: 08 ottobre 2015 GENERE: Azione, Drammatico ANNO: 2015 REGIA: Scott Cooper

mozioni. Allo stato puro. Nel regno del fantasy. Emanuela Rocca in termini calcistici si direbbe una scrittrice capace di svariare sulla fascia. Libera e autoritaria nel passare dal romanzo erotico che regala brividi al distillato di azioni e fatti favolistici. Con l’immutata capacità di farsi leggere e addirittura divorare. Già, perché il suo lettore è invariabilmente vorace nello sviluppo di situazioni che costituiscono le trama connettiva del libro. Un dono naturale che l’autrice mostra di maneggiare con cura e cautela, senza esagerare, senza farsi prendere la mano, dalla piacevolezza della narrazione ma puntato dritto sul bersaglio grosso del risultato e della sintesi finale. Scrittrice non precoce ma magnificamente maturata e ora in grado probabilmente di affrontare nuovi generi alla ricerca di novità. In questo senso, nel suo interessante percorso “Ofletra i due mondi” è una prova d’autrice. Un libro sulla natura, uomo e animali, sullo sviluppo del futuro, letteratura e sviluppo interno. Solido artigianato e trama dal forte scheletro e impatto, sviluppata con linguaggio semplice e senza pose. In definitiva un libro che avvince, serenamente da consigliare.

Nato a Boston Jimmy Bulger è un criminale di zona, ha una gang, è rispettato e amato dai locali, specialmente da John Connolly, ora diventato agente dell’FBI che con i Bulger (Jimmy e suo fratello Bill, il senatore) è cresciuto. Proprio John Connolly propone a Jimmy di diventare suo informatore, così da poter fare carriera e in cambio gli consentirà di agire indisturbato. L’idea che a metà degli anni ‘70 e per tutti gli anni ‘80 la polizia federale si sia associata e abbia lasciato prosperare un criminale è un affare di famiglia, una storia interna ai quartieri di Boston, a due esseri umani che si devono favori e si aiutano a vicenda. Tenendosi ben lontano dalla grandezza dinastica del Padrino o dall’ordinaria malvagità dei Soprano, e anche a distanza di sicurezza dal terrore e dalla follia di quartiere di Quei bravi ragazzi, Scott Cooper si muove evitando i paletti del cinema già visto e già passato. Il suo Jimmy Bulger, capomafia, padre, marito e fratello è una personalità sfuggente, i cui tratti somatici sono più chiari e memorabili del suo carattere, un mafioso come tanti che, nell’economia della storia rischia addirittura di essere oscurato dal viscido pesce piccolo John Connolly.

AUTORE: Emanuela Rocca GENERE: FANTASY ANNO: 2015

rotagonista di Inside Out è la giovane Riley che, costretta a trasferirsi con la famiglia in una nuova città, deve fare i conti anche con le emozioni che convivono nel centro di controllo della sua mente e guidano la sua quotidianità, e che non sono d’accordo su come affrontare la vita in una nuova città, in una nuova casa e in una nuova scuola. Gioia è il motore del gruppo e mantiene tutti attivi e felici; cerca sempre di vedere il lato positivo delle cose. Paura è una sorta d’impiegato perennemente stressato: ha sempre paura di perdere il suo lavoro ma, poiché lui è il suo lavoro, questo non accadrà mai. Rabbia è arrabbiato: sa che i membri del gruppo hanno buone intenzioni e fanno del loro meglio ma, a differenza sua, non sanno come funzionano le cose. Quando è troppo esasperato, la sua testa prende fuoco. Disgusto è molto protettiva nei confronti di Riley; ha delle aspettative alte verso il prossimo ed è poco paziente. Tristezza è divertente, anche nel suo essere triste: è intelligente e sempre previdente ma rappresenta una vera e propria sfida per Gioia. Diretto da Pete Docter, Inside Out impersona le voci di dentro con un radicalismo che impressiona e commuove. Con Inside Out Docter installa di nuovo l’immaginario al comando e ingaggia cinque creature brillanti per animare un racconto di formazione che mette in relazione emozioni e coscienza. Perché senza il sentimento di un’emozione non c’è apprendimento. DATA USCITA: 16 settembre 2015 GENERE: Animazione, Commedia ANNO: 2015 REGIA: Pete Docter

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Tutte le rubriche

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Mariti nel Panico

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Prigi si nasce

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G.I.U.S.T.O è sbagliato

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Spamming

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Prelievo forzoso

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La strategia del Trader

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Numerologia Benessere - Salute - Cucina - Consumatori- Legale -Animali Piccoli consigli utili per tutta la famiglia dai migliori esperti PrimaPagina 60 - Set. 2015

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Mariti nel Panico

L’estate sta finendo… e per i mariti nel panico tornano i problemi! Dovrete ricominciare a destreggiarvi tra i fornelli per far contenta vostra moglie. Niente paura! Ho pensato di proporvi due ricette in genere difficilissime, o perlomeno lunghissime da preparare… in chiave “mariti nel panico”: la lasagna e la millefoglie! Veloci da realizzare.. belle a vedersi… buonissime da mangiare! Appuntamento sul prossimo numero e, se volete, su www.oggicucinamirco.it.

fin e ungiamolo con olio o burro fuso; Modelliamo la sfoglia lessata all’interno dello stampo; Iniziamo a farcire mettendo alla base un po’ di soya da cucina (o besciamella) o semplicemente mozzarella; Formiamo ora il secondo strato con il sugo di pomodoro usando un cucchiaino o una paletta da gelato per evitare di sporcare la sfoglia esterna di sugo; Proseguiamo con uno strato di parmigiano reggiano grattugiato e poi ancora mozzarella; Andiamo avanti fino a quando non avremo raggiunto il livello dello stampo; L’ultimo strato lo lasciamo con mozzarella e parmigiano con un po’ di pepe e prezzemolo tritati; Inforniamo a 160° per 40/45 minuti.

PROCEDIMENTO Scaldiamo un pugno di preparato per soffritto (carota, cipolla, sedano) e un po’ d’olio; Uniamo la salsiccia sbriciolata e lasciamola soffriggere fin quando non prenderà colore; Versiamo la passata di pomodoro e, a fuoco basso, lasciamo andare mescolando di tanto in tanto; Salate e pepate a vostro gusto; Fate ritirare il sugo, in modo che risulti bello polposo e non rilasci acqua poi all’interno della mini lasagna; Tagliamo a dadini la mozzarella; Bollire dell’acqua con un po’ di sale e immergete una sfoglia alla volta per pochi secondi (5/10) e disponetele su uno strofinaccio a distanza tra loro (per evitare che si attacchino); Prendiamo uno stampo per cupcakes o muf-

Lasagna

Cupcakes 50

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INGREDIENTI Fogli di pasta all’uovo per cannelloni (10cmx10cm) 1 litro di passata di pomodoro 1 mozzarella grande Carota, cipolla, sedano (preparato per soffritto) Soya da cucina o besciamella (opzionale) Prezzemolo Sale e pepe Parmigiano Reggiano grattugiato 2 salsicce Olio


Mariti nel Panico

Mini Millefoglie

alla crema INGREDIENTI

PROCEDIMENTO

Mille Foglie Un rotolo di pasta sfoglia pronta (le trovi nel banco frigo) 1 uovo per spennellare Zucchero a velo Farcitura Crema pasticcera, da fare o acquistabile già pronta Panna montata (Panna Spray per i più disperati!) Nutella Decorazione Frutti di bosco Fragole Scaglie di mandorle Zucchero a velo Granella di nocciole Top di vari gusti (Frutti di bosco, fragola, nocciola, cioccolato)

Ricavate con l’aiuto di un coppapasta tanti dischi di pasta sfoglia; Metteteli su un testo foderato di carta forno: Bucherellate con una forchetta i dischi, spennellateli con l’uovo e spolverateli con lo zucchero a velo; Infornate 10 minuti a 180°; Una volta freddati dividete i dischi a metà con un coltello (ricaverete 2 dischi); Mettete la crema o panna in una sac a poche; Iniziate ad impilare con un punto di crema per fissare e il primo disco di sfoglia; Sopra di esso fate un giro di crema e coprite con un’altro disco; Proseguite fino ad avere massimo 3 / 4 dischi per ciascuna mini millefoglie; Guarnite a piacere con frutti di bosco e zucchero a velo, top, nocciole etc a seconda della farcitura; PrimaPagina 60 - Set. 2015

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Salute & Benessere

“La stessa pigrizia, la stessa necessità di risparmiare le proprie forze, spiega la predilezione, da parte degli esseri umani, di fare le cose nel modo meno faticoso”

na brutta notizia per coloro che dedicano molto tempo alla palestra: il sistema nervoso non gradisce affatto questa abitudine. Il nostro cervello è programmato per usare il minimo di energia possibile e, pur di risparmiare, è in grado di modificare e ottimizzare i nostri movimenti istante dopo istante, anche quando siamo impegnati in un’attività fisica come camminare. Per comprendere il meccanismo biologico alla base della pigrizia, è bastato, ai ricercatori, chiedere ad alcuni volontari di camminare con indosso un esoscheletro robotico che rende difficoltoso il normale movimento, aumentando la resistenza a livello del ginocchio. “Abbiamo rilevato che hanno subito trasformato il loro modo di camminare, incluse ca-

Pigri

(E INTELLIGEN 52

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Salute & Benessere

ratteristiche della loro andatura ben salde. E tutto questo per risparmiare un po’ di energia”- si legge nello studio - “La stessa pigrizia, la stessa necessità di risparmiare le proprie forze, spiega la predilezione, da parte degli esseri umani, di fare le cose nel modo meno faticoso. Come quando scegliamo il percorso più breve o decidiamo di sederci invece di stare in piedi”. Questa scoperta è una buona notizia per gli atleti perché “se il corpo riesce a ‘risparmiarsi’, – spiegano i ricercatori – c’è una probabilità maggiore di vincere una corsa” ma se si desidera dimagrire “la notizia non è delle migliori. Monitorare e ottimizzare il consumo di energia in modo rapido e accurato è una caratteristica chiave del nostro sistema nervoso”. In conclusione “bisogna essere intelligenti per essere pigri” affermano ironicamente i ricercatori.

Uno studio pubblicato su Current Biology dai ricercatori canadesi della Simon Fraser University ha evidenziato che pigri si nasce e soprattutto che il nostro cervello è programmato per risparmiare energia.

NTI) si nasce PrimaPagina 60 - Set. 2015

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Salute & Benessere

Quando parliamo a un bambino:

“G.I.U.S.TO. è sbagliato!” di Pierluigi Troilo

e parole sono uno strumento straordinario per esprimere l’amore che si prova verso un bambino, un figlio, un allievo. Ogni parola che scegliamo di usare con i nostri bambini, oltre a essere un mezzo espressivo, è un tramite di insegnamenti ed emozioni, in grado di motivare o demotivare, rassicurare o ferire, aiutare a crescere o limitare. Dal momento che parlare e ascoltare sono cose che ci vengono naturali, la maggior parte delle persone non pensa assolutamente che si possa far qualcosa per migliorare l’ascolto e la comprensione dell’altro, migliorare quello che diciamo e come lo diciamo. Il risultato di questa convinzione è che molti parlano, ma pochi riescono davvero a comunicare, molti sentono ma non ascoltano. Un genitore o un

sempre di più mentre parliamo. Ogni volta che riusciremo a evitare parole e frasi che innescano emozioni e comportamenti negativi, ogni volta che sceglieremo la parola giusta, avremo preso ancor più padronanza della nostra comunicazione e ci saremo avvicinati ancor di più a nostro figlio, a un nostro alunno, ecc. Oggi ci sono tante possibilità per apprendere modi e regole che aumentino la nostra consapevolezza e rendano più efficace la nostra comunicazione con i bambini: libri, blog, corsi di formazio-

È IMPORTANTE PRENDERE COSCIENZA DEL PESO DELLE NOSTRE PAROLE, INIZIANDO AD ASCOLTARCI SEMPRE DI PIÙ MENTRE PARLIAMO insegnante, per il naturale ruolo di guida che svolge, e quindi certo non per cattive intenzioni, ha molte occasioni per cadere nella trappola della “presunzione” che ciò che lui dice e come lo dice sia sempre più giusto, corretto, vero, di quello che dice e come lo dice un bimbo. È importante prendere coscienza del peso delle nostre parole, iniziando ad ascoltarci

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ne, video-tutorial, ecc. Nei miei workshop sulla comunicazione genitori-figli, insieme ai partecipanti, analizziamo situazioni, contesti, frasi e comportamenti che, spesso, mettono in difficoltà un genitore, e per ognuno analizziamo le possibili soluzioni, regole, frasi e azioni che ognuno potrà poi mettere in campo, nel rispetto della propria personalità, dei propri valori e delle proprie convinzioni, lavorando non sul “cosa” bisogna dire a un bambino ma, piuttosto, “come” possiamo dirlo per essere più efficaci. In questo articolo, illustrerò uno straordinario modello linguistico che ho creato e denominato “G.I.U.S.TO. è sbagliato!”.

OGGI CI SONO TANTE POSSIBILITÀ PER APPRENDERE MODI E REGOLE CHE AUMENTINO LA NOSTRA CONSAPEVOLEZZA E RENDANO PIÙ EFFICACE LA NOSTRA COMUNICAZIONE CON I BAMBINI: LIBRI, BLOG, CORSI DI FORMAZIONE, VIDEO-TUTORIAL...


Salute & Benessere G di Giudicare. Evitare il giudizio, o anche solo sospenderlo, sull’identità del bambino lo fa sentire accettato incondizionatamente, senza se e senza ma. Con tutti i suoi sentimenti tanto quelli negativi, “cattivi”, pieni di paura e di dolore, difensivi o anormali, quanto quelli “buoni”, positivi, maturi, fiduciosi, sociali. Ciò non vuol dire accettare tutti i comportamenti del bambino, ma proprio fare una distinzione fra questi e l’identità. << Sei così…lento, pigro, disordinato, distratto, …>> sono tutti giudizi sull’identità e non sul comportamento. L’abitudine a giudicare tutto e tutti, purtroppo, ce la passiamo di generazione in generazione. Troppo spesso i bimbi sono allevati in un clima di continuo giudizio, se non peggio di condanna, critica, svalutazione. A volte, giudicare diventa un inconsapevole atto di sminuire chiunque, rispetto a noi stessi e quando critichiamo qualcosa, quando giudichiamo qualcuno, ci sei già messi più in alto di lui. Anche eccedere in giudizi positivi – sempre sull’identità – può essere controproducente, perché il bambino può pensare che la sua accettazione è, comunque, subordinata all’essere bravo, intelligente, bello, il primo della classe, e così via. I di Investigare. «Mamma, Luca oggi a scuola mi ha fatto arrabbiare. Mi ha preso l’astuccio e lo ha lanciato in aria e poi la maestra mi ha ripreso perché c’ho litigato!>> E il genitore investigatore: <<E dov’era la maestra?! Chi sono i genitori di Luca? Quanti anni ha Luca? Ma i tuoi compagni non sono intervenuti?>> La ricerca “investigativa” di informazioni da “estorcere” al nostro bambino, appagano la nostra curiosità o la nostra necessità di formulare un giudizio, una soluzione, una rivalsa, ecc. ma la domanda è: è utile al bambino? È ciò di cui in quel momento lui ha bisogno? Una serie di domande di questo tipo non trasmettono affatto curiosità e motivazione a conoscere ciò che pensa o prova il bambino, né interesse genuino per l’altro, attenzione al suo modo di guardare la vita, o fiducia nelle possibilità di autorealizzazione del bimbo. Ciò che è importante è capire di quali parole ha bisogno in quel momento il bambino, magari rimandando ad un altro momento la ricerca di informazioni, sempre che siano funzionali al nostro ruolo di guida e agevolatore della crescita del bambino. U di Unico. Ogni essere umano ha la sua mappa del mondo (ricordi, valori, interessi, convinzioni, sentimenti, esperienze passate, atteggiamenti, aspettative, pregiudizi) e questo significa che

i bambini vedono il mondo con occhi diversi rispetto ai nostri. Il bambino è unico e in quel momento ciò che dice, fa e sa è l’unico modo che ha per realizzare se stesso a quella età. Le sue priorità sono diverse rispetto alle nostre, così come lo è la percezione che ha del tempo. Avendo una mappa del mondo diversa dalla nostra anche il suo modo di comunicare è molto distante dal nostro. Ed è compito di noi adulti entrare nel suo mondo per ascoltare, capire e interpretare la sua mappa. Non ci sono due sole persone al mondo che abbiano la stessa esperienza di vita, quindi un consiglio si addice di più a chi lo fornisce che a chi lo riceve. I consigli tendono a considerare soltanto gli aspetti più superficiali di un problema, aggirando o ignorando le questioni più profonde che spesso sono quelle nodali. S di Soluzionare. <<Ti insegno io come si fa!>> <<Non ne sei capace, lascia fare a me, ti insegno io>> <<Ecco, fai come ti dico io.>> I bambini apprendono sperimentando il mondo. Hanno bisogno di apprendere dagli errori che inevitabilmente nella vita faranno. I bambini ci “spiano” nel senso che apprendono molto dai nostri comportamenti abituali, al di là di ciò che vogliamo insegnare loro con le parole. E ciò è ancor più vero se si pensa a quando un genitore dice una cosa ma ne fa un’altra. Osservano i comportamenti degli adulti e le conseguenze delle loro azioni; come trattano le altre persone, come raggiungono il successo e come gestiscono momenti di stress o di dolore. Molto spesso i bimbi non desiderano le nostre soluzioni o consigli, vogliono piuttosto essere ascoltati, visti e compresi. È necessario che i bambini sentano che le loro abilità ed esperienze siano ritenute e trattate come valide. Dare la propria ricetta, la propria soluzione è un sistema di comunicazione a una sola via e ciò non aiuta lo sviluppo del bambino. T di Tifare. Non dico che un genitore non debba emozionarsi nel vedere il proprio figlio emozionarsi anche lui, ottenere i suoi successi e accrescere le sue abilità nell’arte, nello sport, nelle competizioni in genere. Ma ricordarsi primariamente cosa gli sto trasmettendo col mio comportamento, chiedendoti quale tuo comportamento oggi, aiuterà di più tuo figlio domani: con la metafora sportiva, se “tifi” per lui anche quando per vincere ha degli atteggiamenti di prevaricazione, di egoismo se non di violenza, avrete vinto una partita oggi ma forse perderete il campionato della vita. Se l’ obbiettivo formativo è quello di passargli

valori come giustizia, altruismo, benevolenza, amicizia, allora possono capitare momenti in cui si può fare a meno di tifare per lui ma fargli capire il senso della partecipazione, dell’impegno e, perché no, della sconfitta. O di Opinione. Tornando all’esempio di prima: «Mamma, Luca oggi a scuola mi ha fatto arrabbiare. Mi ha preso l’astuccio e lo ha lanciato in aria e poi la maestra mi ha ripreso perché c’ho litigato!>> E il genitore che giudica <<non è giusto né provocarsi e né litigare>>, quello che interroga <<e dov’era la maestra?! Chi sono i genitori di Luca?>>, quello che soluziona << la prossima volta non sederti vicino a Luca.>>, quello che consiglia <<avresti dovuto spiegare i fatti alla maestra.>>, quello che consola <<dai lascia stare, giochiamo un po’?!>>. Che possibilità ha avuto il bambino di esprimersi? Quale emozione ha provato e sta ora provando nel raccontarlo? Quale idea ha della scuola, della maestra, delle regole, dei valori, …? Le parole “magiche” che possono tanto far bene all’autostima di un bimbo che sta crescendo sono: <<E TU, COSA NE PENSI?>>, <<SEI D’ACCORDO?>>, <<COS’E’ IMPORTANTE PER TE?>>, <<COM’È PER TE QUESTA COSA?>>, <<COM’È PER TE RACCONTARMELO?>>. I bambini sono molto influenzati dal giudizio dei loro coetanei e degli adulti. Il modo in cui gli altri li vedono, giudicandoli, valutandoli, sminuendoli, ecc, spesso diventa il modo in cui si vedranno. Questo può portare a un basso livello di autostima, perché la fiducia che nutrono in loro stessi è legata a doppio filo al giudizio di altre persone, su cui di fatto non hanno nessun controllo. Come puoi aiutarli a ragionare con la propria testa? Dando maggior valore alle loro opinioni e ai loro punti di vista. Ti abbassi, li guardi negli occhi, ti metti in ascolto, un ascolto pieno, attento e concentrato, e col giusto tono chiedi la sua opinione. <<E TU, COSA NE PENSI?>>, <<SEI D’ACCORDO?>>, <<COS’E’ IMPORTANTE PER TE?>>, <<COM’È PER TE QUESTA COSA?>>, <<COM’È PER TE RACCONTARMELO?>> Dunque, per concludere, prima di dire ai tuoi bambini se una cosa sia giusta o se sia sbagliata, ricordati di G.I.U.S.T.O è sbagliato, riflettendo sul significato del momento e sul bisogno prevalente che hanno, lasciando loro la possibilità di conoscere, più che il tuo giudizio, la tua capacità di creare l’ambiente che consente a ognuno di sviluppare i propri talenti ed esprimere al meglio il proprio potenziale.

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Il Legale

SPAMMING :

quando il danno è risarcibile di Nicola Paolo Rosetti

ome noto la casella di posta elettronica rappresenta oggi uno strumento essenziale nella vita di relazione. Tuttavia essa è anche il mezzo attraverso cui veniamo regolarmente subissati di messaggi pubblicitari, sondaggi, tentativi di truffa e altro: il cosiddetto spam. È possibile difendersi da queste fastidiose ed invadenti intrusioni informatiche e magari ottenere un risarcimento del danno? Anzitutto occorre partire dal presupposto che, secondo quanto disposto dal Garante della Privacy, l’invio di pubblicità, comunicazioni, informazioni ecc., a mezzo e-mail, sms o telefax, è ammesso solo previo consenso del destinatario. Non è neanche consentito l’invio di materiale pubblicitario e simili in cui venga richiesto al destinatario di comunicare il proprio disinteresse a ricevere quelle e-mail e a chiedere la propria cancellazione dalla banca dati. Questo perché tutte queste attività presuppongono il trattamento dei dati dell’utente che, se non accordato, è illecito. Infatti, l’articolo 130 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (codice in materia di protezione dei dati personali), rubricato “comunicazioni indesiderate”, ai commi 1 e 2, è chiarissimo nello stabilire che “Fermo restando quanto stabilito dagli articoli 8 e 21 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, l’uso di sistemi automatizzati di chiamata o di comunicazione di chiamata senza l’intervento di un operatore per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito con il consenso del contraente o utente. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle comunicazioni elettroniche, effettuate per le finalità ivi indicate, mediante posta elettronica, telefax, messaggi del tipo Mms (Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo”. Ora, se la dimostrazione dell’illegittimità per mancato consenso del messaggio vessatorio appare abbastanza agevole, al contrario non è così

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OCCORRE PARTIRE DAL PRESUPPOSTO CHE, SECONDO QUANTO DISPOSTO DAL GARANTE DELLA PRIVACY, L’INVIO DI PUBBLICITÀ, COMUNICAZIONI, INFORMAZIONI ECC., A MEZZO E-MAIL, SMS O TELEFAX, È AMMESSO SOLO PREVIO CONSENSO DEL DESTINATARIO

per quanto riguarda la prova dell’effettivo danno sofferto. Il comma 1 dell’articolo 15 della fonte legislativa sopra richiamata prevede che “chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile”; il trattamento dei dati personali, quindi, viene ritenuto attività pericolosa. Tuttavia, da quanto emerso da recenti sentenze sull’argomento, per ottenere il risarcimento dei danni patiti non sembra bastare la violazione della privacy e l’invio di messaggi senza aver ottenuto previamente l’autorizzazione dell’interessato, né la prova da parte di quest’ultimo di aver impiegato il proprio tempo ad eliminare la posta indesiderata. Ciò che è necessario è allegare la dimostrazione di aver sofferto un danno patrimoniale e, quindi, provare di aver subito un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile e connesso all’illecito in termini di certezza o comunque con un grado di elevata probabilità. Quindi, pur essendo pacificamente riconosciuta dai nostri Tribunali l’illiceità della pratica dello spamming, attraverso il

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recepimento delle pronunce rese dal Garante della Privacy nel rispetto delle leggi poste a tutela dei dati personali, la tutela in favore dei danneggiati spesso non è sempre completa, attesa la difficoltà di dimostrare un reale danno subito ed ottenere, dunque, il ristoro di quanto sofferto.


Il Legale

CHI OFFENDE LA SUOCERA… di Gianfranco Puca

… paga i danni alla figlia ! Ovvero, il marito che offende la suocera deve pagare i danni morali alla moglie. a suocera è la madre di uno dei due coniugi, rispetto all’altro coniuge; purtroppo (non sappiamo se a torto o a ragione) con il tempo alla parola suocera si è associato il significato di donna bisbetica e petulante, che cerca di imporre la propria volontà; molti ricorderanno un film del 2005 (Monster-inLaw, Quel mostro di mia suocera, con Jennifer Lopez e Jane Fonda) che certamente non ha contribuito a migliorare la “reputazione” della suocera. Ma il marito (e, di converso, anche la moglie) deve evitare sempre di offenderla, anche in sua assenza, altrimenti rischia di risarcire i danni morali … alla moglie; una storia di qualche anno fa, portata sino all’attenzione della Corte di Cassazione, ha ben chiarito tale concetto. Nel corso di un litigio tra moglie e marito quest’ultimo insulta pesantemente la suocera, oltre a colpire con una testata in bocca la moglie; passato il litigio (e finito il matrimonio) la moglie ottiene dal Giudice di Pace un risarcimento per il reato di lesioni (la testata) ed anche ingiuria, per le frasi rivolte dall’ex marito alla di lei madre, cioè alla suocera. Il principio affermato dal Giudice è chiaro: le espressioni pronunciate contro la suocera (che omettiamo di trascrivere ma possiamo purtroppo immaginare) sono state ritenute

NEL CORSO DI UN LITIGIO TRA MOGLIE E MARITO QUEST’ULTIMO INSULTA PESANTEMENTE LA SUOCERA, OLTRE A COLPIRE CON UNA TESTATA IN BOCCA LA MOGLIE; PASSATO IL LITIGIO (E FINITO IL MATRIMONIO) LA MOGLIE OTTIENE DAL GIUDICE DI PACE UN RISARCIMENTO PER IL REATO DI LESIONI (LA TESTATA) ED ANCHE INGIURIA, PER LE FRASI RIVOLTE DALL’EX MARITO ALLA DI LEI MADRE offensive per la moglie, anche se non dirette direttamente alla stessa ma alla di lei madre. La sentenza di condanna viene appellata dal marito ma confermata dal Tribunale; il marito sceglie di ricorrere in Cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza. Il marito, dinanzi alla Suprema Corte, sostiene la mancanza di legittimazione, ai senso dell’art. 120 del codice penale, della moglie di presentare una querela per ingiurie rivolte alla di lei madre, in quanto, secondo il marito, la suocera

era stata il soggetto offeso e, come tale, era l’unico in grado di presentare una querela. La Cassazione ha respinto per manifesta infondatezza il motivo prospettato dal ricorrente/ marito, in quanto ha riconosciuto alla moglie la qualità di persona offesa dal reato poiché << ... per quanto gli epiteti e le volgari espressioni di disprezzo pronunciate dall’imputato nel rivolgersi alla moglie si riferissero ad altro soggetto, e cioè alla madre di costei, non vi è dubbio che ne sia derivata una lesione del decoro della stessa interlocutrice: il che inevitabilmente accade quando sussiste uno stretto legale parentale fra la persona alla quale le espressioni sono state comunicate e quella destinataria delle offese, traducendosi tale condotta in una mancanza, nei confronti del percettore di tali espressioni, del rispetto che, quale componente della dignità umana, è dovuto a ciascuno dei consociati.>>. In altri termini proprio in base allo stretto legale parentale di madre e figlia esistente tra chi ha ascoltato gli insulti (la figlia) e il soggetto al quale erano diretti gli insulti (la madre) tali parole costituiscono una mancanza di rispetto ed una lesione al decoro della moglie, legittimata quindi a querelare il marito e richiedere i danni. La Cassazione, quindi, con la sentenza 35874/2009 della sezione penale, ha rigettato il ricorso e confermato la condanna al marito al risarcimento dei danni per la “testata” e le “belle parole” rivolte alla mamma della moglie, condannandolo anche al pagamento delle spese legali del giudizio. Se, quindi, dobbiamo esprimere un parere negativo sulla suocera, desistiamo e ricordiamo che, come disse il grande Totò, “Non tutti i mali vengono per suocere!” (cit.: Totò a Parigi).

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Consumatori

BAIL-IN:

PRELIEVO FORZO BANCHE ANCHE I a Direttiva Europea 2014/59/UE dà il via libera in Italia al Bail-in. Un meccanismo di prelievo forzoso sui conti correnti e sulla svalutazione dei titoli. Dal 1 gennaio 2016 se il sistema bancario va in crisi, potranno essere coinvolti i privati con i loro conti correnti, azioni e obbligazioni. Ad oggi il limite superiore è a 100 mila euro, ma si potrebbe finire a 30 mila come già in Germania. Successe a Cipro, qualche tempo fa, per evitare il fallimento delle banche si raccolsero i soldi dei risparmiatori con un bail-in, È un meccanismo grazie al quale il salvataggio di un Paese o del suo sistema bancario proviene dall’interno. È il contrario di bail-out, cioè il salvataggio dall’esterno. Nella crisi dell’area euro i primi interventi sono stati all’insegna del bail-out. Con l’aggravarsi della crisi Greca però alcuni Paesi hanno iniziato a ventilare l’idea di coinvolgere i privati nei salvataggi, con l’obiettivo di evitare il riversarsi delle conseguenze a

CON L’AGGRAVARSI DELLA CRISI GRECA PERÒ ALCUNI PAESI HANNO INIZIATO A VENTILARE L’IDEA DI COINVOLGERE I PRIVATI NEI SALVATAGGI, CON L’OBIETTIVO DI EVITARE IL RIVERSARSI DELLE CONSEGUENZE A CARICO DEI PAESI CREDITORI

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IL BAIL-IN È UN MECCANISMO GRAZIE AL QUALE IL SALVATAGGIO DI UN PAESE O DEL SUO SISTEMA BANCARIO PROVIENE DALL’INTERNO. È IL CONTRARIO DI BAIL-OUT, CIOÈ IL SALVATAGGIO DALL’ESTERNO carico dei Paesi creditori. Ne è esempio il caso Greco, nel quale sono stati operati tagli al valore dei titoli di Stato, e in prima linea per risolvere i problemi del settore bancario saranno chiamati gli azionisti e gli obbligazionisti delle banche, non i contribuenti. Primo caso in Italia in cui è stato applicato il Bail- in, che seppur applica-

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bile dal 01/01/2016, può essere anticipata come chiarito dalla Banca D’Italia, è nella liquidazione che ha interessato la Banca Romagna Cooperativa (BRC). È una procedura avviata da poco, ma con l’applicazione di salvataggio a carico degli azionisti e dei risparmiatori del nostro Paese. La Banca Romagna nasce dalla fusione, avvenuta


OSO DELLE IN ITALIA

Consumatori

NEL CASO DELLA PICCOLA BANCA ROMAGNOLA IL BAIL-IN HA RIGUARDATO I CREDITORI SUBORDINATI, OSSIA I CLIENTI-SOCI CHE HANNO SOTTOSCRITTO LE OBBLIGAZIONI DELLA BANCA nel 2008, di due Bcc più piccole: Romagna Centro e Macerone. Nel corso del tempo ha accumulato perdite per 40 milioni. In altri tempi con molte probabilità tale perdita sarebbe state coperta dall’intervento pubblico. Ma oggi qualcosa cambia, c’è un limite dettato dall’attuale situazione del sistema creditizio europeo. Nel caso della piccola banca romagnola il bail-in ha riguardato i creditori subordinati, ossia i clienti-soci che hanno sottoscritto le obbligazioni della banca. In riferimento ad una clausola di subordinazione il rimborso di questi prestiti sarebbe avvenuto solo dopo il rimborso di tutti gli altri creditori. Ma come in ogni storia italiana non finisce qui. Infatti è intervenuto il Fondo di Garanzia istituzionale delle Bcc, che ha deciso, «in via volontaria e in assenza di qualsiasi obbligo», come si evince dalla nota del commissario liquidatore, di rimborsare integralmente e immediatamente i sottoscrittori dei bond. Pertanto i sottoscrittori delle obbligazioni di Banca Romagna Cooperativa non dovranno farsi carico delle perdite. Il piccolo caso di provincia, la cui risonanza si è avuta non solo a livello nazionale, non è sfuggito a Fitch (agenzia nazionale di valutazione del credito) che lo ha segnalato in una nota critica verso le banche italiane. L’agenzia evidenza che l’operazione da un lato, porterà ad un aumento delle probabilità che le perdite delle banche saranno sostenute dai creditori e, dall’altro, sottolinea il comportamento carente delle banche nella raccolta attraverso i subordinati e gli strumenti ibridi presso la clientela. L’agenzia Fitch ha ricordato che il Governatore Visco ha di recente richiamato l’obbligo di informare bene la clientela dei rischi che comporta la nuova procedura di risoluzione. di Laura Di Paolantonio

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Consumatori e strategie che si possono mettere in pratica per investire in borsa sono riconducibili a due grandi categorie: A)Quella del ‘cassettista’, che abbiamo già visto e che è scelta da coloro che decidono di mantenere i titoli comprati in portafoglio per un lungo periodo di tempo.

IL TRADER STUDIANDO L’ANALISI TECNICA,DISCIPLINA SICURAMENTE PIÙ SEMPLICE RISPETTO ALLA ANALISI DI BILANCIO, RIESCE QUINDI A VALUTARE IL MOMENTO GIUSTO PER L’INGRESSO SUL MERCATO: MA NON È SOLO QUESTA LA DIFFERENZA CON IL CASSETTISTA

indicatori statistici. Secondo l’analisi tecnica il movimento del prezzo, rappresentato dal grafico, forma delle tendenze ben definite, le quali contengono in sé tutti gli elementi necessari per fare previsioni affidabili sulla evoluzione futura delle quotazioni e quindi decidere se è il caso o meno di procedere all’acquisto di quella azione o strumento finanziario. Il trader studiando l’analisi tecnica,disciplina sicuramente più semplice rispetto alla analisi di bilancio, riesce quindi a valutare il momento giusto per l’ingresso sul mercato: ma non è solo questa la differenza con il cassettista. Il trader infatti, se i prezzi si muovono in senso contrario a quello da lui previsto e quindi scendono dopo l’acquisto, non mantiene a lungo il titolo in portafoglio in attesa di un ‘recupero’, ma fissa un valore (perdita massima che è disposto a sopportare) sotto il quale chiude l’operazione in perdita. Questo valore è detto ‘stop-loss’, cioè stop alle perdite. Si potrebbe pensare che in questo modo si finiscono per accumulare perdite e che quindi alla lunga è meglio la strategia del cassettista, e invece è proprio l’esatto contrario. Usando lo stop-loss si protegge il capitale complessivo e ci si prepara per una nuova operazione. In genere lo stop-loss che si usa per operazioni classiche è il 5%. Facciamo quindi un esempio: supponiamo che una persona abbia

l’analisi tecnica si segue la tendenza e fino a che il titolo sale si tiene in portafoglio. Per il nostro esempio assumiamo di ottenere un guadagno medio del 10% su ognuna delle 7 operazioni positive. Avremo quindi 7 guadagni di 300 euro(cioè il +10% di ogni operazione da 3000), e come detto 3 perdite del 5%. Quindi 300*7= 2100 euro di guadagno meno i 450 euro persi, pertanto 1650 euro di guadagno, che rappresentano un utile del +5,5% su tutto il capitale di 30000 euro. Una volta tolte le tasse di borsa che tra minusvalenze e guadagni corrispondono a circa 312 euro nell’esempio appena visto,e le commissioni della banca, avremo un capitale di circa 31300 euro, pronto per altre 10 operazioni, che saranno attuabili adesso con 3130 euro circa(1/10 del capitale totale). Come si può capire con la strategia del trader il rischio è molto più controllato che con quella del cassettista. Il trader probabilmente difficilmente guadagnerà su alcune operazioni percentuali elevatissime, come il 70 o il 100% che il cassettista può conseguire, ma allo stesso tempo il trader non rischierà mai di perdere tutto il capitale investito, perchè lo stop-loss lo proteggerà sempre anche dai peggiori crolli di borsa , eventi che invece potrebbero ‘rovinare’ irrimediabilmente il cassettista. di Bruno Feroci Analista finanziario

L’investimento in azioni:

la strategia del trader B)Quella del trader o speculatore che invece è completamente diversa. Questa strategia è diventata molto diffusa a livello mondiale negli ultimi 20 anni, per la precisione dal 1996, anno nel quale iniziarono ad affacciarsi sul mercato internazionale banche specializzate nella compravendita di titoli(broker) tramite la nascente rete Internet. La strategia del trader a differenza di quella del ‘cassettista’ non richiede conoscenze di analisi di bilancio, ma si basa prevalentemente sullo studio di una disciplina, detta ‘analisi tecnica’ che studia i prezzi tramite l’osservazione di grafici e

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30.000 euro da investire. Seguendo le più diffuse regole di analisi tecnica egli divide il capitale in almeno 10 parti e investe al massimo 3000 euro su ogni azione(o strumento). Su ogni operazione egli può perdere al massimo il 5% cioè 150 euro, usando lo stop-loss. Siccome si presume che con lo studio grafico non tutte le operazioni vadano male, ma anzi, generalmente un buon trader riesca a fare 7 operazioni positive su 10 in quel caso avremo 3 perdite del 5%, cioè 450 euro, e 7 operazioni positive che possono teoricamente anche rendere il 10 o 20% o anche più, perchè con

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IL TRADER PROBABILMENTE DIFFICILMENTE GUADAGNERÀ SU ALCUNE OPERAZIONI PERCENTUALI ELEVATISSIME, COME IL 70 O IL 100% CHE IL CASSETTISTA PUÒ CONSEGUIRE, MA ALLO STESSO TEMPO...


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Curiosità

Il numero del Karma

i numeri 2 e 3 La numerologia è una chiave interpretativa interessante e permette di ottenere informazioni sul tipo di Karma che ci troviamo a vivere. Possiamo calcolare il nostro numero del Karma togliendo il valore 1 dal nostro giorno di nascita ridotto a una cifra. Esempio: i nati nel giorno 12 riducono il 12 a 3(1+2) e poi tolgono 1 ottenendo 3-1=2 cioè un numero del Karma 2 . Vediamo oggi il significato dei numeri 2 e 3. bbiamo visto la volta scorsa come la numerologia, antica disciplina risalente a Pitagora e al popolo dei Caldei abitanti della Mesopotamia, permetta tramite il calcolo del numero del Karma, di ottenere informazioni sulle ‘prove’ che il nostro destino ci metterà di fronte, derivanti dal nostro comportamento nelle esistenze passate(elemento legato al concetto di ‘reincarnazione’ dell’anima). Possiamo calcolare il nostro numero del Karma togliendo il valore 1 dal nostro giorno di nascita ridotto a una cifra. Esempio: i nati nel giorno 12 riducono il 12 a 3(1+2) e poi tolgono 1 ottenendo 3-1=2 cioè un numero del Karma 2 . Vediamo oggi il significato dei numeri 2 e 3. Numero del Karma 2: riguarda tutte le persone nate nei giorni 3,12,21,30 (quando

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presente) di ogni mese. Chi vive in questo Karma con alta probabilità non ha imparato ad utilizzare la sua

CHI VIVE IN QUESTO KARMA CON ALTA PROBABILITÀ NON HA IMPARATO AD UTILIZZARE LA SUA INTUIZIONE NELLA VITA PRECEDENTE, E QUINDI È CADUTO IN GROSSI ERRORI DI VALUTAZIONE. intuizione nella vita precedente, e quindi è caduto in grossi errori di valutazione. Sebbene non si riesca ad avere memoria delle

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CHI NASCE IN QUESTI GIORNI È STATO TROPPO SUPERFICIALE NELLA SUA ESISTENZA PASSATA, E NON HA PRESO LA VITA ABBASTANZA ‘SUL SERIO’ vite passate (se non tramite particolari sedute di ipnosi regressiva) fin dalla nascita le persone con questo numero del Karma possono ,in seguito a ciò che hanno sperimentato nelle passate esistenze, aver avuto poca fiducia nel proprio istinto. Questo le ha inizialmente limitate , tuttavia devono imparare ad essere meno scettiche e ad aver consapevolezza nelle proprie capacità. Se riusciranno a fare questo e quindi ad elaborare il proprio karma in maniera corretta riusciranno a diventare degli ottimi leader dopo i 30/35 anni. La vita metterà loro di fronte eventi che richiederanno l’uso dell’istinto. Numero del Karma 3: riguarda le persone nate nei giorni 4,13,22 e 31(se presente) di ogni mese. Il messaggio di questo Karma è netto. Chi nasce in questi giorni è stato troppo superficiale nella sua esistenza passata, e non ha preso la vita abbastanza ‘sul serio’. Cioè ha finito per comportarsi in modo troppo scherzoso o burlesco anche quando non era il caso. E’ necessario quindi ‘evolversi’ : il messaggio che il Karma invia a queste persone è che devono imparare ad essere ‘seri’ quando le circostanze lo richiedono e devono impegnarsi per lavorare duramente , in quanto hanno sottovalutato l’importanza del lavoro nella vita passata, mettendo al primo posto il divertimento. Occorre quindi che queste persone imparino ad essere efficienti e la vita potrebbe mettere di fronte a loro dure prove nel quale questa caratteristica è richiesta. Non solo: grazie alla loro capacità di essere scherzosi e amici, è molto probabile che nella vita precedente queste persone siano riuscite ad arrivare a posti di potere o di comando senza grandi sforzi o per meglio dire senza ‘fare la gavetta’. Per questo nella vita attuale è molto probabile che dovranno fare notevoli fatiche per riuscire a realizzare i loro progetti. di Bruno Feroci




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