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Ing. A. Cella, Ing. I. Lanza, Dott. ssa M. Arcellaschi, Ing. F. Goretti

rinnovo) o a tutta aria (rinnovo e climatizzazione), quali pulizia e sanificazione di filtri e pre-filtri all’interno dell’involucro delle macchine. Orbene, essendo ragionevole ritenere che in impianti a tutta aria esterna, come sono la quasi totalità delle installazioni nel Policlinico ambiente di studio, le bocchette di mandata sono lambite esclusivamente da aria appunto esterna e pertanto per definizione non vettore di contaminazione, le stesse

sono da considerarsi esenti dal rischio di deposito di tracce

virali. Essendo altresì assumibile che tutte le bocchette di ripresa, le quali potrebbero potenzialmente essere lambite da aria contaminata in reparti ad alta concentrazione di pazienti COVID positivi, essendo il moto dell’aria inverso rispetto a quello diffusorio in ambiente,

l’unico rischio aggiuntivo che potrebbero presentare rispetto a quelle di mandata, è

costituito dal contatto diretto. Ma considerato che nella stragrande maggioranza dei casi le bocchette di ripresa, come per altro quelle di mandata, sono installate a contro soffitto e pertanto non raggiungibili in maniera accidentale, sono da considerarsi anch’esse sostanzialmente ininfluenti dal punto di vista dell’aumento del rischio. Riguardo i ventilconvettori idronici, per moltissimi aspetti assimilabili agli split ad espansione diretta, evolvendo gli stessi aria ambiente, possono di fatto azionare dei moti convettivi che in reparti ad alta concentrazione di pazienti COVID positivi potrebbero,

in linea del tutto teorica, innescare la propulsione di

agenti vettori di infezione. In tal senso potrebbe essere ragionevole pensare di mettere in atto, sotto riserva di dimostrazione scientifica, un’aumentata periodicità di sanificazione, verificando che le eventuali concentrazioni di virus sul filtro installato a monte del ventilatore possano annidarsi agenti infettanti che a loro volta contaminino l’aria ricircolata attraverso lo stesso, considerando che la batteria si trova ad una temperatura al di sotto di quella di rugiada, eventuali droplet più o meno fini sfuggiti alla morsa del filtro andrebbero inevitabilmente ad impattare sulla batteria umida e pertanto a coalescere con la condensa presente sulla stessa. Pertanto appare chiaro che

i ventilconvettori e gli split costituiscono, nel panorama di cui si sta argomentando, i terminali più critici giacché evolvono solo aria ambiente senza ricambio alcuno

(salvo in rare applicazioni delle cassette a 4 vie). Da questa considerazione muove l’interesse per verificare l’aumentata presenza del virus in sospensione nell’aria ambiente, fatta ricircolare attraverso un filtro, una batteria e delle alette n-volte tra una sanificazione e l’altra, quindi potenzialmente posta a contatto con superfici su cui è tutt’altro che da escludersi non siano state lambite da particelle in sospensione vettrici del virus.

Conclusioni

interessante di questo studio è stata…che non è stato

necessario fare lo studio! Mi spiego meglio… Volendo rispondere alla domanda che ci siamo posti in premessa e che abbiamo banalizzato in: “Gli impianti di

condizionamento trasmettono

il virus?”, parafrasata dall’altra domanda emersa nello sviluppo del tema: “è utile intensificare le operazioni di pulizia e sanificazione dei terminali degli impianti a convezione forzata per ridurre il rischio di trasmissione da parte degli stessi?”, abbiamo cercato di quantificare i livelli di contaminazione dell’aria nei reparti COVID sia in ambiente sia in prossimità dei terminali impiantistici che ricircolano l’aria indoor potenzialmente vettrice di infezione. La pianificazione originaria dello studio prevedeva: - l’apprezzamento di “dosi infettanti” di SARS-CoV-2 sia a monte che a valle di ventilconvettori e/o split in reparti di degenza di pazienti positivi al COVID-19; - l’effettuazione del protocollo di pulizia e sanificazione delle stesse unità impiantistiche; - la rieffettuazione periodica dei campionamenti dell’aria evoluta dei terminali post sanificazione, ad intervalli di tempo definiti in modo da apprezzare l’eventuale aumento di “dosi infettanti” nell’aria con l’avanzare dello sporcamento del terminale. Tutto questo non è stato necessario in quanto non

si è mai rilevata nemmeno la prima positività sul campionamento preliminare dell’aria in prossimità dei

pazienti positivi, necessario per tarare la sensibilità dello strumento e del metodo che, è bene ribadire essere di tipo sperimentale, per poi applicarlo sull’aria movimentata dai terminali impiantistici secondo la pianificazione di cui sopra. Dunque parrebbe che i campionamenti ed i relativi processamenti di laboratorio abbiano dato conferma che

una frazione minoritaria di aria

infetta dell’ordine di 1/20,

non sia in grado di infettare la

totalità dell’aria indoor, come da ipotesi originaria che lo studio ha avuto il proposito di verificare. Le analisi della capacità infettante dell’aria prelevata dai repariti COVID mediante Challenge Test, ha dimostrato che i frammenti di RNA presenti

nell’aria non direttamente interessata dall’espirazione dei degenti, sono talmente diluiti e degradati da non poter provocare il contagio di una persona sana che dovesse

accidentalmente inalarli. Tengo a precisare che quanto sopra non sta nel modo più assoluto a significare che sia da escludersi la trasmissione air-borne del coronavirus o, che la pulizia e la sanificazione dei terminali degli impianti siano inutili…Tutt’altro. Questa terribile esperienza mondiale ha sicuramente messo a nudo diverse criticità del sistema edificio-impianto, con particolare riferimento all’ambito ospedaliero, e ha tristemente dimostrato che le metodologie e le direttive che governano la progettazione degli impianti ospedalieri iniziano a fare i conti con la loro età ormai veneranda.

Forse, invece di pulire e sanificare in modo ossessivo compulsivo i terminali aeraulici, sarebbe meglio iniziare a pensare tipologie impiantistiche che agevolino la pulizia e la sanificazione periodica.

In tutti i reparti ospedalieri, quantomeno nei DEA di II livello, una quota parte delle degenze dovrebbe avere una flessibilità impiantistica e strutturale tale da consentire all’occorrenza di modificarne il layout, creare dei differenziali di pressione alternativamente positivi o negativi, aumentare la portata dell’aria seppur a discapito del comfort acustico ma a vantaggio della salubrità dell’aria, avere dorsali veicolanti ossigeno maggiorate, etc. In questa sede il “forse” è d’obbligo in quanto un ingegnere da solo non può avere la soluzione ad ogni problema, ma un pool di professionisti nel settore sanitario potrebbe riuscire dove il singolo non ha chances. È con tali intendimenti che la

Commissione Sanità costituitasi presso l’Ordine degli Ingegneri di Genova, di cui fa parte anche lo scrivente, si è offerta di studiare una revisione delle regole contenute nei cosiddetti “Requisiti minimi” per la progettazione, costruzione e manutenzione di reparti o edifici a vocazione assistenziale e nelle linee guida emanate in occasione della pandemia.

“Non importa quanto sia brillante la tua mente o la tua strategia, se giochi una partita da solo perderai sempre” (Reid Hoffman).

ING. ALBERTO BORNETO

Laureato in Ingegneria Meccanica presso l’Università degli Studi di Genova, ho intrapreso da subito la libera professione in qualità di termotecnico specializzandomi nello sviluppo di sistemi edificio-impianto a basso impatto ambientale. Esperienza professionale durata circa 8 anni, quindi sono entrato nel mondo dell’impresa ricoprendo il ruolo di Responsabile Tecnico e Direttore di Cantiere presso la VE.CAM. Srl, portandola da vocazione prettamente edile, a entrare anche nel settore impiantistico. Dopo circa 3 anni sono entrato nel SSN dove presto servizio ancora oggi in qualità di Responsabile del Servizio di Manutenzione e Gestione degli Impianti Tecnologici, Energy Manager e RUP di diversi appalti di lavori. Prestando servizio in ambito ospedaliero, ho iniziato a sviluppare interesse ed esperienza nell’ambito degli impianti VCCC e nei sistemi di controllo della IAQ. Possiedo la qualifica di EGE certificato ACCREDIA e Project Manager ISIPM-Av. Sono coautore di 7 progetti di ingegneria che hanno ottenuto 2 brevetti di invenzione industriale, 2 per modello di utilità e 3 protetti dalla legge sul diritto d’autore.

LA SICUREZZA ANTINCENDIO NELLE STRUTTURE SANITARIE

Cosa prescrive la nuova Regola Tecnica che integra la Sezione V del Codice di Prevenzione Incendi e in quali casi si applica. I provvedimenti da adottare nelle varie situazioni, la classificazione degli edifici in base alla tipologia dei servizi erogati, l’importanza della strumentazione. Il ruolo strategico dell’analisi dei rischi per individuare eventuali criticità.

ING. FRANCESCO BONAVITA Direttore ad interim Sicurezza Aziendale del Comune di Genova Commissione Sanità Ordine Ingegneri Genova

Le strutture ospedaliere esplicano attività altamente complesse, tali da richiedere competenze specifiche per la loro progettazione e successiva gestione. Esse necessitano di un costante adeguamento alle necessità cui sono tenute a far fronte volta per volta. È pertanto necessario ribadire che, essendo l’ospedale un’attività finalizzata alla tutela della salute pubblica, il ruolo che la sicurezza ricopre al suo interno (e nello specifico la sicurezza in caso d’incendio) è di enorme rilevanza. È necessario quindi, che l’attività legata alla prevenzione incendi si armonizzi alle altre di tipo strutturale e di gestione, individuando misure preventive atte a garantire la Sicurezza e le aspettative di quanti all’ospedale con fiducia si affidano. Con questo spirito il Ministero dell’Interno con il DM 29/03/2021 ha integrato la sezione V del Codice di Prevenzione Incendi (DM 03/08/2015) con la nuova Regola Tecnica Capitolo V.11 “Strutture Sanitarie” entrata in vigore il 9 maggio u.s. Questo intervento illustra le principali novità introdotte dalla nuova regola tecnica, evidenziando in particolare il carattere sinergico della stessa, che coinvolge le diverse discipline del mondo dell’ingegneria e l’ormai indispensabile adozione di modelli di gestione rispondenti alle normative nazionali ed internazionali in vigore. La RTV Strutture sanitarie - Come si è detto, al capitolo V.11 del DM 03/08/2015 sono riportate le specifiche indicazioni di prevenzione incendi sulle strutture sanitarie, che sono complementari o sostitutive rispetto a quelle previste nella “regola tecnica orizzontale” di cui ai restanti capitoli del Codice. Campo di applicazione - Il campo di applicazione della nuova regola tecnica è il seguente: ● strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno; ● residenze sanitarie assistenziali (RSA) con oltre 25 posti letto; ● strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, di superficie complessiva (intesa come superficie lorda della struttura comprensiva di servizi e depositi funzionali alla struttura stessa) superiore a 500 m2; ● le strutture con meno di 25 posti letto, invece, devono fare riferimento alle disposizioni della regola tecnica orizzontale D.M. del 3 agosto 2015. Inoltre, l’art. 3, comma 2 del D.M. 29 marzo 2021 ha stabilito che rientrano nel campo di applicazione del codice le attività indicate al n. 68 dell’allegato I del D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 (Strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o residenziale a ciclo continuativo e/o diurno, case di riposo per anziani con oltre 25 posti letto; Strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, di superficie complessiva superiore a 500 mq). In questo modo si è operato un sostanziale allineamento delle strutture rientranti nel campo di applicazione del codice di cui al D.M. 3 agosto 2015 e ss.mm.ii. e quelle soggette ai controlli di prevenzione incendi ai sensi del D.P.R. n. 151/2011. Relativamente alle case di riposo per anziani, queste non sono comprese nel campo di applicazione del D.M. 18 settembre 2002 (che fa riferimento alle strutture sanitarie individuate dal D.P.R. 14 gennaio 1997), trattandosi di strutture a carattere residenziale che forniscono a ospiti autosufficienti prestazioni di tipo alberghiero, essendo prive di qualsiasi servizio di assistenza sanitaria e infermieristica. Relativamente alle norme da applicare, il D.M. 18 settembre 2002, pur non cogente, può rappresentare un riferimento da ponderare in funzione delle reali condizioni psico-motorie degli ospiti. Per tali strutture può essere impiegata la RTV V.5 “Attività ricettive turistico-alberghiere”. Per quanto concerne le strutture sanitarie che erogano prestazioni di assistenza specialistica (secondo capoverso della voce n. 68), qualora tali prestazioni di assistenza specialistica rese presso una struttura sanitaria con regime di ricovero ospedaliero e/o residenziale con numero di posti letto inferiore a 25 siano fruibili anche da pazienti esterni, l’eventuale assoggettabilità è determinata tenendo conto della superficie della parte di struttura destinata all’erogazione delle prestazioni stesse. Definizioni - Come noto, i termini e le definizioni sono in genere compresi nel capitolo G1 del Codice. Nello specifico paragrafo sono definiti solamente eventuali termini ad uso esclusivo della regola tecnica in esame. In questo caso sono indicate le “ Apparecchiatura ad alta energia di tipo ionizzante” (come ciclotroni per la produzione di radiofarmaci, betatroni, ecc.) e le “Apparecchiatura ad elevata tecnologia” (come risonanza magnetica, tomografia computerizzata, ecc.), per le quali sono confermate le stesse definizioni già contenute nel D.M. 18 settembre 2002. Classificazioni e Macro Attività - Le strutture sanitarie sono classificate in relazione alla tipologia delle prestazioni erogate (SA, SB e SC): SA: attività che erogano prestazioni in regime

di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno; SB: attività che erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo o diurno; SC : attività che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio. Le RSA possono essere classificate SA o SB a seconda della prestazione erogata dalla attività. Oltre ad essere classificate in funzione della tipologia, lo sono anche in funzione della quota di tutti i piani (HA, HB, HC, HD e HE) e in relazione al numero di posti letto (PA, PB, PC, PD e PE). Le misure della RTV sono evidentemente diverse per le tre tipologie di prestazioni erogate: regime di ricovero ospedaliero, regime residenziale e regime ambulatoriale. Le prescrizioni diventano più severe con il crescere del numero dei posti letto, delle quote dei piani, in presenza di piani interrati, di aree o impianti a rischio specifico, di depositi e in generale di funzioni collegate ad un maggior rischio incendio. Le aree dell’attività sono invece classificate con la lettera iniziale T da TA (destinate a ricovero in regime ospedaliero o residenziale o adibite ad unità speciali), TB (destinate a prestazioni medico-sanitarie di tipo ambulatoriale in cui non è previsto il ricovero), TC (destinate ad altri servizi pertinenti), TK (aree a rischio specifico), TM (depositi inseriti nella stessa struttura sanitaria), TT1 e TT2 (locali tecnici di rilevanza o di apparecchiature elettriche/elettroniche), TZ (altre aree). Valutazione del rischio di incendio - Per quanto concerne la progettazione della sicurezza antincendio, i profili di rischio sono determinati secondo la metodologia di cui ai capitoli G.2 e G.3 del Codice di Prevenzione Incendi. La regola tecnica verticale fornisce un’indicazione, non esaustiva, del profilo di rischio Rvita per alcune aree delle attività sanitarie, facendo presente che comunque il progettista può scegliere valori diversi da quelli proposti, purché indichi le motivazioni della scelta. ● Rvita = D1, D2 per le aree destinate a ricovero in regime ospedaliero o residenziale, aree adibite ad unità speciali (TA); ● Rvita = B1, B2 per le aree destinate A&B Ordine Ingegneri Genova - Block Notes n. 12 - Settembre 2021 51

a prestazioni medico-sanitarie di tipo ambulatoriale in cui non è previsto il ricovero (TB); ● Rvita = B1, B2 per le aree destinate ad altri servizi pertinenti (es. uffici amministrativi, adottando Rvita = A1, A2 non aperti al pubblico, scuole e convitti professionali, spazi per riunioni e convegni, mensa aziendale, spazi per visitatori inclusi bar, aree commerciali, aree di culto, …) (TC); ● Le aree a rischio specifico, depositi, locali tecnici di rilevanza o di apparecchiature elettriche/elettroniche e altre aree in generale (TK, TM, TT, TZ) sono determinati secondo la metodologia di cui al capitolo G.3. Strategia antincendio - Per quanto concerne le strategie antincendio, devono essere applicate tutte le misure antincendio della RTO attribuendo i livelli di prestazione secondo i criteri definiti. Sono riportate, per tutte le misure antincendio, esclusa la Reazione al fuoco (per la quale nulla è aggiunto rispetto al cap. S.1), le indicazioni complementari o sostitutive delle soluzioni conformi previste dai corrispondenti livelli di prestazione dei vari capitoli da S.2 a S.10 della Sezione S, riguardanti: la Resistenza al fuoco (cap. S.2); la Compartimentazione (cap. S.3); l’Esodo (cap. S.4); la Gestione della sicurezza antincendio (cap. S.5); il Controllo dell’incendio (cap. S.6); la Rivelazione ed allarme (cap. S.7); il Controllo di fumi e calore (cap. S.8); l’Operatività antincendio (cap. S.9); la Sicurezza impianti tecnologici e di servizio (cap. S.10); altre indicazioni (ad esempio per quanto riguarda bombole di gas medicali o tecnici, sostanze infiammabili per esigenze igienico sanitarie, ecc.). Le principali novità della RTV V.11 - Le novità introdotte dalla nuova regola tecnica riguardano i seguenti aspetti. Classi di resistenza al fuoco ed esodo: per le strutture che offrono prestazioni in regime di ricovero (ospedali e case di cura), la classe minima di resistenza al fuoco dei compartimenti per i piani fuori terra è pari a REI60 per altezze dei piani fino a 32 metri e a REI90 per altezze maggiori. Per le stesse altezze, i valori passano a REI30 e REI60 per le strutture residenziali (Rsa). Le aree destinate a ricovero in regime ospedaliero o residenziale e quelle adibite ad unità speciali devono consentire l’esodo orizzontale progressivo. Mentre le aree adibite ad unità speciali di superficie superiore a 1000 mq (terapia intensiva, rianimazione, sale operatorie, etc..) devono consentire l’esodo orizzontale progressivo nell’ambito della stessa area. Aree di degenza e grandi depositi: vanno posizionati fuori terra o avere accesso diretto dall’esterno. Idranti: livello di pericolosità 1 fino a 50 posti letto e 2 se il numero di posti letto è superiore a 50; la protezione esterna è richiesta nelle strutture con più di 50 posti letto.

Aree commerciali inserite nelle unità

ospedaliere: il carico di incendio specifico di progetto non può superare i 200 MJ/mq; a livello dimensionale, non si va oltre i 400 mq lordi (600 mq lordi se si tratta di un compartimento distinto). Altre indicazioni - Sono fornite le limitazioni e le condizioni sulla possibilità di detenere bombole di gas medicali, bombole di gas tecnici non infiammabili, sostanze infiammabili per esigenze igienico sanitarie, ecc. Attività non soggette - Infine, nell’ultimo paragrafo della RTV, sono fornite indicazioni sulle attività con un numero di posti letto non superiore a 25. In particolare, per tali tipologie di attività, non soggette ai controlli di prevenzione incendi ai sensi del D.P.R. n. 151/2011, il testo rimanda alle prescrizioni della regola tecnica orizzontale fornendo indicazioni sui livelli di prestazione che si applicano per le misure antincendio di cui ai capitoli S.3, S.5, S.6 e S.7 per le aree di tipo TA.

Approfondimento 1: Sistemi di Gestione della

Sicurezza Antincendio - Nella nuova regola tecnica il legislatore ha evidenziato ancor di più la necessità che il management di vertice delle strutture Sanitarie sia sempre più protagonista nel proporre e nel finalizzare risorse atte ad innescare un processo di reciproco adattamento della struttura organizzativa e delle soluzioni tecniche ad essa più calzanti, al fine di garantire quelli che sono gli obbiettivi della sicurezza sia in gestione ordinaria sia in gestione straordinaria. Tali attività possono essere svolte con i criteri rispondenti ai modelli di gestione standardizzati dalle normative volontarie nazionali ed internazionali. Non a caso già il decreto 19 marzo 2015 “Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18 settembre 2002”, ha modificato in tale senso il decreto 18.09.2002 relativo alla prevenzione incendi delle strutture sanitarie pubbliche e private. Con questo decreto è stata introdotta la figura del “Responsabile tecnico della sicurezza antincendio” con mansioni di pianificazione, coordinamento e verifica dell’adeguamento nelle varie fasi previste. Sono state richieste specifiche indicazioni di organizzazione e gestione della sicurezza antincendio, introdotte per compensare il rischio di incendio durante le fasi di progressivo adeguamento e consentire il graduale adempimento per step successivi delle misure di sicurezza prescritte. È stato inoltre indicato il criterio per la designazione e la previsione del numero “congruo” di addetti antincendio come prescritti dal D.Lgs. N. 81/08. Le regole in esso contenute si applicano alle strutture sanitarie esistenti che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero, comprese quelle che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, con oltre 25 posti letto che non abbiano conseguito il CPI. Pertanto le strutture Ospedaliere dal 2015 hanno adottato un Sistema di Gestione della Sicurezza finalizzato all’adeguamento antincendio, prevedendo divieti, limitazioni, condizioni di esercizio ordinarie ed in emergenza tali da cercare di sopperire alle carenze strutturali che hanno impedito il rilascio del CPI.

Gli obiettivi di sicurezza si possono racchiudere

nei seguenti punti: ● minimizzare le cause di incendio; ● garantire la stabilità delle strutture portanti al fine di assicurare il soccorso agli occupanti; ● limitare la propagazione di un incendio; ● assicurare la possibilità che gli occupanti lascino il locale indenni o che gli stessi siano soccorsi in altro modo; ● garantire la possibilità, per le squadre di soccorso, di operare in condizioni di sicurezza. Il cuore del Sistema di Gestione consiste in un’analisi accurata delle possibili cause e pericoli di incendio, in modo da poter individuare le principali criticità; questo permette da un lato di aumentare la consapevolezza delle problematiche di sicurezza presenti all’interno dell’ambiente, e dall’altro di predisporre dei provvedimenti di mitigazione, tra i quali risultano essenziali i controlli ed i divieti che limitino al massimo le occasioni di un possibile incendio. Questi dovranno essere più severi di quelli previsti per una struttura già a norma, e potranno diminuire fino a tornare all’ordinario con il progressivo adeguamento. Si tratta di una valutazione che deve tenere conto delle reali condizioni dell’attività.

Un’accurata analisi dei rischi e dello stato dell’arte degli edifici fornirà preziose indicazioni per valutare il comportamento della struttura in

caso d’incendio, valutando possibili interventi anche di tipo gestionale per la limitazione della propagazione dei fumi. Altrettanto importante sarà il registro dei Controlli e degli interventi di manutenzione periodica degli impianti e delle attrezzature antincendio (articoli 3 e 4 del DM 10 marzo 1998) e comunque le manutenzioni previste. Nel decreto si precisa che per gli ospedali in fase di adeguamento dovranno essere individuati e correttamente formati per un livello elevato di rischio di incendio: ● addetti di compartimento, che assicurano il primo intervento immediato e che svolgono altre funzioni sanitarie o non; ● una squadra antincendio che si occupa dei controlli preventivi e dell’intervento in caso di incendio, anche in supporto agli addetti di compartimento. Questo doppio livello d’intervento è essenziale per permettere di poter gestire

con immediatezza un principio di incendio. Il decreto individua anche il numero minimo di componenti sia per gli addetti di compartimento che per la squadra antincendio in funzione di specifici parametri. La nuova regola sul tema della gestione della sicurezza è ancora più chiara. Infatti il capitolo S.5 del DM 03/08/2015 “Codice di Prevenzione Incendi” è totalmente dedicato alla “Gestione della Sicurezza Antincendio” (V. Tabelle), che viene espressamente richiamata anche all’interno della nuova RTV. La gestione della sicurezza antincendio (GSA) rappresenta la misura antincendio organizzativa e gestionale dell’attività atta a garantirne, nel tempo, un adeguato livello di sicurezza in caso di incendio. La nuova RTV richiede per le strutture sanitarie il rispetto delle soluzioni conformi previste per il livello di prestazione III, ovvero che le strutture

sanitarie abbiano un’organizzazione in grado di gestire gli aspetti della sicurezza in grado di garantire il mantenimento delle condizioni di esercizio e di risposta all’emergenza con

struttura di supporto dedicata. Secondo quanto previsto dalla tabella S.5-5: Soluzioni conformi per il livello di prestazione III del capitolo S.5, il titolare dell’attività deve: ● organizzare la GSA in esercizio; ● organizzare la GSA in emergenza; ● predisporre, attuare e verificare periodicamente il piano d’emergenza; ● provvedere alla formazione ed informazione del personale su procedure ed attrezzature; ● nominare le figure della struttura organizzativa; ● istituire l’unità gestionale GSA (paragrafo S.5.7.7).

Inoltre dovrà nominare un Coordinatore di unità gestionale GSA che avrà il compito di coordinare le attività dell’unità di Gestionale GSA stessa che a sua volta svolge le seguenti attività: ● provvede al monitoraggio e alla proposta di revisione ed al coordinamento della GSA in emergenza. L’unità gestionale GSA in esercizio: ● attua la gestione della sicurezza antincendio attraverso la predisposizione delle procedure gestionali ed operative e di tutti i documenti della GSA; ● provvede direttamente o attraverso le procedure predisposte al rilievo delle non conformità del sistema e della sicurezza antincendio, segnalandole al responsabile dell’attività; ● aggiorna la documentazione della GSA in caso di modifiche. Un ulteriore compito del Coordinatore dell’unità gestionale GSA, o il suo sostituto, oltre al coordinamento del centro di gestione delle emergenze è, sempre in caso di emergenza, quello di prendere i provvedimenti, in caso di pericolo grave ed immediato, anche di interruzione delle attività, fino al ripristino delle condizioni di sicurezza; Approfondimento 2: Gas medicali - La multidisciplinarietà ingegneristica nonché lo sforzo di adottare modelli di gestione razionali e certificabili è ancor più richiesto nell’affrontare le problematiche legate alla progettazione, realizzazione, conduzione e manutenzione degli impianti di distribuzione dei gas medicali. Gli impianti di distribuzione dei gas medicali sono destinati a distribuire, all’interno delle strutture sanitarie, gas medicali e vuoto e ad evacuare i gas anestetici. Gli interventi riguardanti tali impianti effettuabili nelle strutture sanitarie possono, in generale, essere suddivisi in due grandi categorie: impianti completi di nuova fabbricazione e ampliamenti di impianti già esistenti. Sia l’impianto completo sia l’ampliamento sono considerati come dispositivi medici, soggetti pertanto al D.Lgs. 46/1997, alla Direttiva 2007/47/CE che aggiorna la Direttiva 93/42/ CEE e alla marcatura CE. I gas medicali sono distribuiti con impianti centralizzati che consentono di ottimizzare l’approvvigionamento, garantendo

parallelamente condizioni di sicurezza.

Gli aspetti legati alla sicurezza hanno infatti spinto a limitare, per quanto possibile, la presenza di depositi di materiali infiammabili o esplosivi

all’interno dell’ospedale. I gas vengono normalmente distribuiti da una centrale di stoccaggio e alimentazione dalla quale si riparte un sistema di tubazioni che li porta, alla pressione desiderata, ai punti di utilizzo all’interno della struttura sanitaria. Un impianto centralizzato per il vuoto ha invece lo scopo di creare una depressione al punto di utilizzo, tale da permettere l’aspirazione dei liquidi corporei da parte di opportune apparecchiature. Gli impianti gas medicali in Europa sono regolamentati dalla norma UNI EN ISO 7396 Impianti di distribuzione dei gas medicali, suddivisa in due parti: la parte 1 dedicata agli impianti di distribuzione di gas medicali compressi e per vuoto, la parte 2 dedicata agli impianti di evacuazione per gas anestetici. Il DM 03/08/2015 “Codice di Prevenzione Incendi” dedica il capitolo S.10 alla “Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio”, trattando gli aspetti ad essi connessi alla stessa stregua delle altre 9 misure che costituiscono la strategia antincendio da attuare all’interno delle attività. Nelle premesse ci elenca gli impianti che devono essere considerati ai fini della sicurezza antincendio, ovvero: a) produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica; b) protezione contro le scariche atmosferiche; c) sollevamento o trasporto di cose e persone; d ) deposito, trasporto, distribuzione e utilizzazione di solidi, liquidi e gas combustibili, infiammabili e comburenti; e ) riscaldamento, climatizzazione, condizionamento e refrigerazione, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione, e di ventilazione ed aerazione dei locali.

Il progettista deve effettuare la valutazione del rischio di incendio e prevedere adeguate misure antincendio di tipo preventivo, protettivo

e gestionale. Tali misure devono essere in A&B Ordine Ingegneri Genova - Block Notes n. 12 - Settembre 2021 55

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