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Ing. G. Tagliafico

accordo con gli obiettivi di sicurezza che sono riportati al paragrafo S.10.5 per ogni tipologia di impianto. Di seguito si elencano sinteticamente tali obiettivi. Gli impianti tecnologici e di servizio di cui al paragrafo S.10.1 devono rispettare i seguenti obiettivi di sicurezza antincendio: a) limitare la probabilità di costituire causa di incendio o di esplosione; b) limitare la propagazione di un incendio all’interno degli ambienti di installazione e contigui; d) non rendere inefficaci le altre misure antincendio, con particolare riferimento agli elementi di compartimentazione; e) consentire agli occupanti di lasciare gli ambienti in condizione di sicurezza; f) consentire alle squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza; g) essere disattivabili, o altrimenti gestibili, a seguito di incendio. La gestione e la disattivazione di impianti tecnologici e di servizio, anche quelli destinati a rimanere in servizio durante l’emergenza, deve: a) poter essere effettuata da posizioni protette, segnalate e facilmente raggiungibili; b) essere prevista e descritta nel piano d’emergenza. Per tutti i tipi di impianti il Codice individua un unico livello di prestazione da garantire, ovvero che gli Impianti siano progettati,

realizzati, eserciti e mantenuti in efficienza

secondo la regola dell’arte, in conformità alla

regolamentazione vigente, con requisiti di sicurezza antincendio specifici. Tale livello di prestazione è attribuibile a tutte le attività.

Anche per questa misura di sicurezza il Decreto dà la possibilità di adottare soluzioni conformi o soluzioni alternative confermando il carattere multidisciplinare ed adattivo del nuovo codice di prevenzione incendi.

Sicurezza antincendio impianti distribuzione

dei gas medicali - Per quanto concerne gli aspetti di sicurezza antincendio degli impianti di distribuzione dei gas medicali, il paragrafo S.10.6.8 elenca le prescrizioni a cui il progettista deve attenersi, che rispondono ai principi di progettazione contenuti nelle norma di riferimento, che come già detto nella fattispecie sono la UNI EN ISO 73961 “Impianti di distribuzione dei gas medicali - Parte 1: Impianti di distribuzione dei gas medicali compressi e per vuoto”, la UNI EN ISO 7396-2 “Impianti di distribuzione dei gas medicali - Parte 2: Impianti di evacuazione dei gas anestetici” e la norma UNI 11100 “Impianti di distribuzione dei gas medicali compressi e per vuoto e impianti di evacuazione dei gas anestetici - Guida all’accettazione, alla messa in servizio, all’autorizzazione all’uso e alla gestione operativa”.La rilevanza del ruolo di tali impianti in tema di sicurezza è evidenziata anche dal fatto che la regola tecnica verticale V.11 gli dedica il paragrafo V.11.5.9. In esso la norma elenca le prescrizioni integrative o sostitutive a quelle contenute nella RTO. In particolare le misure sono declinate in associazione alla classificazione delle attività e delle aree che le costituiscono. Oltre ad indicare misure gestionali di sicurezza per l’utilizzo di bombole di gas medicali (ambiti in cui è consentito l’utilizzo, misure di protezione delle bombole e delle relative parti quali il riduttore o il flussometro), la nuova regola tecnica indica misure più generali quali ad esempio quelle per le attività di tipo SA (che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno). Ad esempio, allo scopo di evitare che un incendio sviluppatosi in un’area dell’attività comporti l’interruzione dell’alimentazione elettrica anche in aree non coinvolte dall’incendio, la distribuzione elettrica, dal quadro principale di distribuzione sino ai quadri dei compartimenti delle aree di tipo TA (destinate a ricovero in regime ospedaliero o residenziale, e quelle adibite ad unità speciali) o TB (destinate a prestazioni medico-sanitarie di tipo ambulatoriale in cui non è previsto il ricovero), deve essere protetta dall’incendio per una durata pari alla classe di resistenza al fuoco più elevata dei compartimenti attraversati. Per le aree TA2 (adibite ad unità speciali o cure intensive, nelle quali il paziente è collegato ad apparecchiature salvavita o endoscopiche tali da impedire il suo rapido spostamento) gli impianti tecnologici e di servizio di ciascun compartimento devono essere realizzati in modo da garantire la continuità delle prestazioni sanitarie anche in caso di incendio coinvolgente un qualunque altro compartimento dell’attività. La parte di cablaggio strutturato necessaria per la sicurezza delle attività di tipo SA deve

Il paragrafo V.11.6 del “Codice Prevenzione Incendi”

garantire la continuità della prestazione in caso di incendio per la durata prevista nel piano di emergenza. Si sottolinea come, nel rispetto delle misure da adottare al fine di soddisfare i requisiti richiesti per la Gestione della Sicurezza Antincendio (capitolo S.5), la norma richiede che lo stato di funzionamento degli impianti tecnologici a servizio delle aree di tipo TA e TB deve essere monitorato nel centro di gestione delle emergenze o in altro luogo presidiato. Nell’immagine, si riporta integralmente il paragrafo V.11.6 contenente “Altre indicazioni” in merito alle dotazioni di sicurezza obbligatorie per utilizzo, detenzione, stoccaggio delle bombole di gas medicali. Anche la RTV delle strutture sanitarie conserva il carattere inclusivo e progressivo tipico della progettazione antincendio sviluppata con il Codice. A differenza di altre regole tecniche, in questa norma è ancora più marcata l’esigenza di adottare misure di protezione e prevenzione in grado di assicurare la sicurezza degli occupanti minimizzando il loro spostamento e garantendo la continuità di servizi essenziali per la salute dei cittadini.

ING. FRANCESCO BONAVITA

Laureato in ingegneria meccanica con una tesi sull’analisi degli indicatori di performance dei sistemi produttivi, dal 2019 è Dirigente del Settore Progettazione Strutture ed Impianti all’interno della Direzione Progettazione presso il Comune di Genova e dal 2020 Direttore ad interim della Direzione Sicurezza Aziendale del Comune di Genova. Dal 2002 auditor di Sistemi di Gestione, ha svolto l’incarico di responsabile del Sistema di Gestione Integrato della CaliaItalia Spa. Dal 2004 Direttore Antincendio del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Ispettore di Sistemi di Gestione della Sicurezza Antincendio e analista di rischio per aziende ARIR, membro di gruppi di lavoro ministeriali nell’ambito dello studio e redazione di normativa di sicurezza antincendio, dal 2010 al 2018 è stato Coordinatore dell’Area Prevenzione e Sicurezza Tecnica del Comando VVF di Genova. Dal 2016 al 2018 ha ricoperto l’incarico di Vicario presso il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Genova.

Per comprendere se nell’epoca dell’ultima pandemia ci sia stata una modifica in qualche modo

significativa nel numero di incidenti, è importante provare a comprendere cosa sia successo negli

Ospedali in giro per il mondo prima del 2020. Ma dall’inizio del Covid 19, oltre 200 persone nel

mondo sono morte a causa di incendi e blocchi sulle reti di distribuzione dell’ossigeno.

La tragedia più grave è avvenuta durante la notte tra il 24 e il 25 aprile 2021 all’ospedale Ibn

al-Khatib di Baghdad, in Iraq, che ha provocato almeno almeno 82 morti e 110 feriti. L’incendio

è stato provocato dall’esplosione di bombole di ossigeno destinate ai pazienti colpiti dal virus.

Ecco, in questa foto, le conseguenze.

Pandemia con incendio: quando l’ossigeno può scatenare l’inferno

DOTT. DIMITRI SOSSAI

U.O. Servizio Prevenzione e Protezione, Ospedale Policlinico San Martino (HSM), Genova – Direttore & RSPP

TSLB SIMONE ACCORSI, TPALL FRANCESCO OTTAVIANI, CPSI MATTEO RUSSO

U.O. Servizio Prevenzione e Protezione, Ospedale Policlinico San Martino (HSM), Genova – ASPP No non iniziamo subito con visioni complottiste, si tratta di effetti ampiamente diffusi dai mezzi di informazione e proprio le diverse agenzie di stampa nazionali ed internazionali ci hanno aiutato nella costruzione del presente articolo. Il 24 aprile 2021 un disastroso incendio in un ospedale iracheno è costato la vita a 82 persone.

Dallo scoppio della pandemia nel marzo 2020, gli incidenti di incendi ospedalieri legati all’ossigeno in vari Paesi del mondo hanno causato oltre 200 morti, la maggior parte dei quali erano pazienti estremamente malati

del nuovo Coronavirus(1) .

Contrariamente a quanto generalmente si pensa, gli ospedali

Gli autori del contributo in queste pagine. Da sinistra: Francesco Ottaviani (Tecnico Prevenzione Ambienti di Lavoro), Dr Dimitri Sossai, Simone Accorsi (Tecnico Specializzato Laboratori Biomedici), Matteo Russo (Collaboratore Professionale Sanitario Infermiere)

sono luoghi pericolosi e molto

complessi. Sono tra i pochi ambienti di lavoro in cui sono presenti tutte le tipologie di rischio; in un riassunto non completo potremmo elencare tra i principali: cancerogeni, chimici, biologici, radioattivi, elettromagnetici, movimentazione carichi e… incendi(2). Ancora oggi dopo 27 anni dal D.lgs. 626/94, l’organizzazione della sicurezza in molte realtà della sanità italiana a fronte di alcune eccellenze, resta approssimativa con strutture come Servizi Prevenzione e Protezione non strutturati e senza adeguate professionalità. La pandemia legata alla diffusione del virus SarsCov2 (COVID19) ha per la prima volta negli ultimi cento anni portato l’attenzione anche dei non addetti ai lavori verso le problematiche delle strutture sanitarie e dei lavoratori della salute. Si è compreso tragicamente che il lavoro in ospedale può comportare rischi molto gravi nel paradosso di chi aiuta gli altri e può mettere in gioco la propria vita e, nel caso dell’evento pandemico, anche la salute dei propri famigliari (3;4) .

Rischi da atmosfere sovraossigenate

L’impressionante espansione del contagio nel mondo e la conseguente necessità di convertire interi reparti delle strutture ospedaliere in posti letto dedicati a pazienti COVID, la maggior parte dei quali necessita di ossigeno-terapia continuativa, comporta un considerevole incremento del rischio incendio; infatti, al fine di fronteggiare l’emergenza in atto, le Aziende

Sanitarie, soprattutto in Italia, hanno dovuto concentrare in unici ambienti i pazienti coinvolti, molti dei quali utilizzano maschere oronasali e caschi semirigidi tipo CPAP per l’erogazione dell’ossigeno. Questi ultimi sono strumenti per la ventilazione non invasiva dei pazienti in insufficienza respiratoria; elmi di plastica trasparente che distribuiscono ossigeno a chi non riesce a respirare da solo. Il virus nelle sue forme più aggressive può causare infatti una polmonite interstiziale; una forma della malattia che indebolisce i polmoni, facendo diminuire bruscamente la quantità di ossigeno trasportata nel sangue. Le maschere oro - nasali, ma soprattutto i caschi semirigidi, non garantendo la perfetta tenuta, immettono continuamente nell’ambiente l’ossigeno non utilizzato nell’attività respiratoria.

Per capire quanto possa essere rischiosa un’atmosfera con elevato tenore di ossigeno partiamo da due

considerazioni: • la composizione volumetrica dell’aria ambiente in condizioni ordinarie è data, con ottima approssimazione, dal 21% di ossigeno più il 78% di azoto e 1% di altri gas; (1) (2) (3) (4) • un incendio scaturisce da una reazione di combustione che richiede la contemporanea presenza di combustibile, ossigeno (comburente) ed elemento innescante. Nel momento in cui la concentrazione dell’O2 in un locale aumenta (>22,5%) si origina quella che viene definita atmosfera sovraossigenata; si facilita l’inizio del processo di combustione e, quando l’accensione si è verificata, la fiamma procede con

“La maggior parte dei pazienti Covid necessita di ossigenoterapia continuativa, e questo comporta un considerevole incremento del rischio incendio”

maggior rapidità. Quando l’atmosfera

arricchita di ossigeno si trova in un volume chiuso la combustione di una quantità relativamente piccola di combustibile solido può comportare rapidamente alte temperature e

alte pressioni. L’alta temperatura può causare l’accensione di altro combustibile ad una certa distanza dalla prima zona di reazione, contribuendo così ad una rapida propagazione dell’incendio, che abbinata ai prodotti di combustione tossici diventa estremamente pericolosi per gli occupanti. Le analisi teoriche e gli attuali dati sperimentali consentono di affermare con certezza che il processo di combustione in un’atmosfera arricchita di ossigeno: • inizia più facilmente perché si abbassa l’energia d’innesco dei processi di combustione, favorendone l’avvio e la propagazione; • coinvolge anche sostanze che in aria non brucerebbero; • è molto più veloce (da 10 a 100 volte); • causa temperature molto più alte (fino a 1000 gradi); • in volume chiuso causa anche forti aumenti di pressione.

Valutare gli incidenti perché non si ripetano

Valutare attentamente gli incidenti può aiutarci a meglio comprendere e definire possibili azioni correttive affinché gli stessi per quanto possibile

non possano ripetersi: “Gli errori sono porte verso la scoperta”. (James Joyce) Per comprendere se nell’epoca Covid c’è stata una modifica in qualche modo significativa nel numero di incidenti è importante provare a comprendere cosa è successo negli Ospedali in giro per il mondo prima del 2020.

Molti di noi ricordano la tragedia dell’Ospedale Galeazzi di Milano in camera iperbarica, dove 20 anni fa

morirono 11 persone. Altri incendi che possono avvenire a causa dell’ossigeno nelle sale operatorie, dove viene somministrato di routine, non sono stati considerati in questo articolo. La ventilazione polmonare o quella artificiale o quella meccanica, sostituiscono o supportano l’attività dei muscoli inspiratori assicurando un adeguato volume di gas ai polmoni. Le prime versioni dei ventilatori moderni impiegati per la terapia intensiva risalgono agli anni ‘70, difficile trovare dati su incidenti accaduti prima degli anni 2000 in ambienti fuori dalle sale operatorie.

Nel 1993, un respiratore difettoso che forniva ossigeno a una donna anziana esplose, uccidendo lei e altri due pazienti. Gli investigatori attribuirono l’innesco ad un guasto

elettrico di un respiratore. Il fuoco creò un’esplosione alimentata da ossigeno puro, che formò una palla di fuoco attraverso una finestra del settimo piano. I vigili del fuoco constatarono la morte di due pazienti morti bruciati e un terzo morto per inalazione di fumo (5) .

Chowdhury elenca 51 incendi ospedalieri avvenuti tra il 2004 e il 2012 in varie parti del mondo (ma soprattutto in India), di cui 11 incidenti associati a incubatori

e ventilatori. Dal momento che Chowdhury elenca solo le fonti dell’incendio, è possibile che anche molti altri nella lista siano stati associati a unità di terapia intensiva. In effetti, altri quattro incidenti indicano che altri pazienti sono morti o sono stati salvati dal fuoco, suggerendo che il trattamento con ossigeno potrebbe aver avuto un ruolo(6) .

Maureen Heraty Wood et all, nel citato articolo, riportano 15 incidenti avvenuti fuori dalle Sale Operatorie

a causa dell’ossigeno (Vedi Tabella 1 a pagina 29). Sono stati stimati 117 morti e 189 feriti. Un numero importante e probabilmente sottostimato; da genovesi ad

esempio ritroviamo alcuni incidenti avvenuti nelle strutture sanitarie liguri, tra i quali quello all’ospedale San Martino dove un paziente si è suicidato fumando una sigaretta durante la terapia con ossigeno e un’altra persona è stata salvata grazie al pronto intervento del personale

sanitario in servizio. Resta il fatto che sono eventi raccolti in tutto il mondo, in tutti i Continenti, dai Paesi maggiormente avanzati a quelli in via di sviluppo. Questi incidenti sembravano aver indotto i sistemi sanitari a prestare la massima attenzione nell’impiego dell’ossigeno, purtroppo gli eventi

degli ultimi 16 mesi hanno evidenziato un incremento di incidenti assolutamente rilevante

(Vedi Tabella 2 a pagina 29). Sebbene in molte situazioni, gli ospedali abbiano reagito con successo mettendo in atto azioni preventive o piani di emergenza che hanno saputo scongiurare il peggio,

nella maggioranza dei contesti si è dovuto comunque procedere con evacuazioni che hanno determinato problematiche serie nel garantire la continuità di ossigeno a pazienti con gravi difficoltà respiratorie legate a

Covid-19. Comune denominatore di molti incidenti sembrano essere i ventilatori usati con un incremento vertiginoso

“Una ricerca condotta da European Commission Joint Research Centre (JR) riporta almeno 40 incendi tra marzo 2020 e giugno 2021, di cui almeno la metà ha provocato morte e gravi lesioni a pazienti e sanitari”

in tutti gli ospedali durante i diversi picchi pandemici. La presenza concentrata di ventilatori di ossigeno in un’area chiusa, come una stanza d’ospedale, può creare un ambiente arricchito di ossigeno. Come mostrato nella tabella 2 a pagina 29, 31 (82%) di questi incidenti si sono verificati in ospedali che trattavano pazienti affetti da Covid-19. Di quelli associati al trattamento Covid-19, 24 (il 77%) sono iniziati in terapia intensiva o nel reparto Covid-19, tre (10%) sono partiti in una parte della rete di fornitura di ossigeno e due si sono verificati in deposito.

Dall’inizio della Pandemia legata a Covid 19 oltre 200 persone nel mondo sono morte a causa di incendi e blocchi sulle reti di distribuzione dell’ossigeno.

La tragedia più grave è stata durante la notte tra il 24 e il 25 aprile del 2021 all’ospedale Ibn al-Khatib di Baghdad, in Iraq, che ha provocato la morte di almeno 82 persone e altri 110 feriti. L’incendio è stato provocato dall’esplosione di bombole di ossigeno destinate ai pazienti COVID-19. Nelle pagine seguenti riportiamo estratti dalle tabelle in fondo con due grafici, in cui è evidente la correlazione temporale nel numero di incendi tra fase “ordinaria” ed epoca pandemica.. Una ricerca condotta da European Commission Joint Research Centre (JR) riporta almeno 40 incendi nel periodo tra marzo 2020 e giugno 2021 di cui almeno la metà hanno provocato morte e gravi lesioni a pazienti e personale sanitario. Più recentemente, proprio la sera dell’8 settembre 2021, nella Macedonia Nord, mentre si celebrava il 30° anniversario dell’indipendenza dell’ex Repubblica jugoslava, l’ospedale di Titovo è stato semidistrutto in seguito a un’esplosione avvenuta nel reparto Covid-19, con le fiamme alimentate dalla grande quantità di plastica presente nei moduli della costruzione, ampliata in fretta lo scorso anno per allargarne la capienza a causa della pandemia. Anche questa volta per motivi che dai primi accertamenti pare siano collegati alle forniture di ossigeno. Dalle testimonianze diffuse, le 14 vittime erano bloccate dal respiratore, e non sono riuscite a muoversi, mentre altri 12 pazienti si sono salvati scappando appena in tempo.

Pandemia da patologia respiratoria, atmosfere sovraossigenate, più vittime da incendio: c’è relazione?

Pandemia da patologia respiratoria, atmosfere sovraossigenate, aumento delle vittime da incendio: esiste una relazione? Gli indizi raccolti portano, indubbiamente a concentrarsi in questa direzione. È interessante notare che i resoconti dei media sui recenti incendi

ospedalieri in Romania nel 2020 e nel 2021 indicano anche un’elevata consapevolezza del potenziale ruolo

dell’ossigeno. Un’intervista dettagliata del direttore dell’ospedale Matei Bals, che ha subito un devastante incendio il 29 gennaio 2021, con 24 vittime (direttamente a causa dell’incendio o per mancanza di ossigeno) evidenzia le carenze strutturali dell’ospedale messo a dura prova dal numero di pazienti che necessitavano di ossigeno e attribuisce ad un probabile corto circuito la ragione dell’innesco. Chowdhury, nel suo articolo, ha ritenuto che un guasto elettrico fosse la fonte di accensione in tutti gli incidenti associandoli a corto circuiti senza identificare l’apparecchiatura effettiva. In sette incendi i ventilatori polmonari sono stati considerati la fonte di innesco; in altri quattro incendi i condizionatori d’aria (evidenziandoli come il principale punto di partenza della maggior parte degli incendi ospedalieri che si verificano in India.)

La sproporzione tra gli incidenti segnalati in letteratura prima della pandemia e quelli del biennio pandemico (grafici 1 e 2) è molto

chiara.

Interventi di riduzione del rischio

 MISURE DI PREVENZIONE La prima e fondamentale misura da mettere in campo per contrastare l’incremento di rischio incendio legato all’elevato impiego di ossigeno al fine di scongiurare l’emergenza incendio è sicuramente quella della prevenzione: con la presenza di persone allettate, ovvero collegate ad apparecchiature salvavita, bisogna assolutamente evitare che un incendio si possa innescare.

Misure di prevenzione utilizzate all’interno degli ambienti in cui viene

praticata l’ossigenoterapia: • vietare l’uso di fiamme libere; • vietare di fumare; • vietare l’utilizzo di fonti di calore come scaldavivande, stufette elettriche ecc. nella stanza in cui avviene l’ossigenoterapia; • vietare la ricarica di telefonini, smartphone, tablet senza autorizzazione del personale; • sostituire le coperte in lana con coperte di cotone per evitare l’accumulo di cariche elettrostatiche. Per lo stesso motivo evitare di indossare indumenti acrilici (es. pile); • non lasciare nella stanza liquidi infiammabili od oli grassi. Nell’impossibilità minimizzarne il più possibile i quantitativi; • arieggiare frequentemente l’ambiente (almeno 15 minuti ogni 2 ore).  INTERVENTI DI

MIGLIORAMENTO

Sulla base delle conoscenze acquisite durante la fase emergenziale e dei relativi rischi emergenti connessi all’assistenza, si ritiene necessario attuare diversi interventi di miglioramento, come per esempio: • l’allestimento di nuovi reparti di degenza, a qualunque specialità assegnati, deve prevedere una dotazione di ricambi aria forzati non inferiore a 4/ora (il doppio rispetto alla normativa vigente); • nei reparti di degenza esistenti attuazione di misure localizzate al fine dell’aumento dei ricambi d’aria, fino a raggiungere i numeri di ricambi di cui al paragrafo precedente (estrattori di aria o aumento delle portate di aria ove possibile); • valutazione dell’installazione di rilevatori fissi di ossigeno ambientale, in zone costantemente utilizzate per ossigeno-terapia e dotate di ricambi aria insufficienti;

Grafico 1 -Aggiornato al 16 settembre 2021

Grafico 2 - Aggiornato al 16 settembre 2021 • distribuzione di rilevatori portatili di ossigeno (allarme acustico 22.5%) per una gestione flessibile del rischio sovra-ossigenazione; • formazione e informazione della squadra di emergenza su atmosfere sovra-ossigenate per l’intervento nei diversi scenari.

Conclusioni

La pandemia ha messo a dura prova i sistemi sanitari di tutto il mondo e le loro capacità di gestione del rischio non soltanto infettivo ma anche chimico e gestionale. Le cronache riportano di pazienti deceduti in Brasile, India, Tunisia, Romania a causa di carenze o guasti nella rete dell’ossigeno in reparti Covid. Inoltre ha evidenziato nel mondo le carenze che in moti casi hanno i sistemi di sicurezza. Abbiamo vissuto tutti la situazione drammatica

nell’approvvigionamento dei Dispositivi di Protezione Individuale

per il personale della sanità; a questo si è aggiunta l’incapacità delle

organizzazioni a pensare in modo

sicuro la gestione dei pazienti. La cultura è ancora centralizzata sulla soluzione della patologia e non sul contesto lavorativo, questo determina una modalità decisionale emersa in tutta la sua forza nell’evento pandemico. La capacità delle organizzazioni deve essere quella di mettere in atto azioni correttive dalla formazione del personale all’organizzazione degli

DOTT. DIMITRI SOSSAI

Biologo, specializzato in Tossicologia, Direttore Unità Operativa Servizio Prevenzione e Protezione Ospedale Policlinico San Martino, Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione Istituto Giannina Gaslini, è stato membro della Commissione rischio biologico CNBB della Presidenza del consiglio dei Ministri; Past-President dell’Associazione Nazionale Italiana Responsabili Servizi Prevenzione e Protezione in Ambiente Sanitario (AIRESPSA); membro dell’European Biosafety Association e dell’American Biosafety Association Didattica. Varie docenze Master e corsi di formazione relativi alla sicurezza in ambienti di lavoro; 1995: docenza corso estivo CNRC a Doleren Francia, rischio chimico, cancerogeni e biologico; 2000: docente volontario Università Douala/Bamenda Cameroun; 2004 ad oggi Professore a contratto presso Corso di Laurea Infermieristica. Autore e co-autore libri: Guida al corretto utilizzo agenti biologici, Manuale Europeo per la Sicurezza nei laboratori di ricerca biotecnologica in lingua italiana, inglese e spagnola; Responsabile scientifico traduzione in lingua italiana III Manuale OMS sicurezza nei laboratori, Linee Guida per la Sorveglianza sanitaria dei lavoratori della sanità esposti al rischio biologico. Oltre 100 pubblicazioni e partecipazione relatore congressi nazionali e internazionali.

ospedali, a ripensare le norme e le strutture degli ospedali in funzione di eventi che come la storia delle infezioni sull’uomo insegna sono purtroppo ripetibili.

Si tratta quindi di passare da una visione di Ospedali ristrutturati e costruiti sulle indicazioni del “requisiti minimi” ad un sistema funzionale e moderno in grado di reggere le sfide, non solo tecnologiche ma anche strutturali della sanità. ***

BIBLIOGRAFIA 1) Maureen Heraty Wood, Mark Hailwood, Konstantinos Koutelos, “Reducing the risk of oxygen-related fires and explosions in hospitals treating Covid-19 patients”, NIH 2021 Jun 24 2) Occupational Safety and Health Administration, “Worker Safety in Your Hospital: Know the Facts”, accessed on Feb. 20, 2015. 3) Wang D, Hu B, Hu C, et al. “Clinical characteristics of 138 hospitalized patients with 2019 novel coronavirus-infected pneumonia in Wuhan, China”, JAMA. 2020 Feb 07 4) Pongpirul WA, Pongpirul K, Ratnarathon AC, et al. “Journey of a Thai taxi driver and novel coronavirus [Letter]”, NIH 2020 Feb 12 5) Wolff C. “3 Patients Die in Explosion at Hospital”. The New York Times 1993 Sep 02 6) K. Chowdhury “Fires in Indian hospitals: root cause analysis and recommendations for their prevention”, NIH 2014 Aug 26

TABELLA 1 INCENDI NON COLLEGATI AD ATTIVITÀ CHIRURGICA PRIMA DEL 2020 FONTE: MEDIA, ARTICOLI SCENTIFICI E ALTRE PUBBLICAZIONI

NUMERO EVENTI NAZIONE POSIZIONE GEOGRAFICA DATA EVENTO REPARTO o AREA DI INNESCO EVENTO

CAUSA MENZIONATA

1 INDIA HYDERABAD 2 KOREA GIMPO 3 ALGERIA OUED SOUF 4 ITALIA ORTONA 5 TAIWAN NEW TAIPEI CITY 6 ROMANIA IASA 7 INDIA AMRAVATI 8 INDIA BHUBANESWAR 9 IRAQ BAGHDAD 10 INDIA NORD INDIA 11 LETTONIA RIGA 21/10/19 Terapia intensiva neonatale 24/09/19 Locale Tecnico Corto circuito Procedura errata di manutenzione

24/09/19 Reparto Maternità 31/03/19 Degenza ordinaria 13/08/18 Degenza ordinaria

Corto circuito Esplosione bombola Esplosione bombola 11/04/18 Terapia intensiva Chirurgia cardiovascolare Guasto del cablaggio elettrico 29/05/17 Terapia intensiva Neonatale Corto circuito incubatrice

17/10/16 Reparto Dialisi Corto circuito

10/08/16 Reparto Maternità Guasto del cablaggio elettrico

11/09/15 Unità Terapia intensiva Reazione chimica tra cristalli di acido carbolico e altre sostanze

02/08/13 Locale Tecnico Contatto con olio

12 REGNO UNITO BATH 13 ROMANIA GIULESTI 14 GUYANA GEORGETOWN 15 UCRAINA LUGANSK 16 INDIA PATIALA 17 INDIA MEERUT 18 FRANCIA CREIL

21/11/11 Unità Terapia intensiva 16/11/10 Reparto Maternità 10/05/10 Unità Terapia intensiva 18/01/10 Unità Terapia intensiva 30/01/09 Terapia intensiva Neonatale 17/11/08 Reparto Maternità 21/10/08 Degenza ordinaria 19 STATI UNITI MINNEAPOLIS, MINNESOTA 24/01/08 Degenza ordinaria 20 SPAGNA ORIHUELA 10/06/07 Unità Terapia intensiva

21 COSTA RICA SAN JOSE 12/07/05 Unità Neurochirurgia

22 ITALIA MILANO

02/11/97 Locale Tecnico 23 STATI UNITI BROOKLYN, NEW YORK 02/09/93 Degenza ordinaria 24 CANADA SASKATOON 04/08/88 Terapia intensiva Neonatale

25 CANADA SASKATOON 08/08/88 Terapia intensiva Neonatale Esplosione bombola Guasto del cablaggio elettrico Non specificata Esplosione bombola Corto circuito Corto circuito incubatrice Esplosione bombola Non specificata Corto circuito (aria condizionata) Corto circuito lampada da soffitto Non specificata Guasto apparecchiature ossigeno Corto circuito Corto circuito

TOTALE EVENTI PERIODO DI TEMPO

25 dal 1988 al 2019

TABELLA 2 INCENDI NON COLLEGATI AD ATTIVITÀ CHIRURGICA 2020/2021 FONTE: MEDIA, ARTICOLI SCENTIFICI E ALTRE PUBBLICAZIONI

NUMERO EVENTI NAZIONE POSIZIONE GEOGRAFICA DATA EVENTO REPARTO o AREA DI INNESCO EVENTO

1 MACEDONIA DEL NORD TITOVO 1 THAILANDIA RAYONG

2 SUD AFRICA MODIMOLLE

3 INDIA BHARUCH

4 IRAQ 5 INDIA BAGHDAD MUMBAI

6 BANGLADESH DHAKA

7 BRASILE 8 UCRAINA OSASCO, SP CHERNIVTSI 8/09/21 Degenza Covid-19 12/05/21 Degenza Covid-19 04/05/21 Degenza Covid-19 30/04/21 Terapia intensiva 25/04/21 Terapia intensiva 23/04/21 Terapia intensiva 17/03/21 Terapia intensiva 02/03/21 Dipartimento di emergenza 27/02/21 Degenza Covid-19

9 MESSICO IXMIQUILPAN 21/02/21 Locale Tecnico

10 UCRAINA 11 ROMANIA 12 INDIA ZAPOROZHYE 04/02/21 Terapia intensiva BUCAREST 29/01/21 Terapia intensiva

BHANDARA 09/01/21 Unità di cura del neonato

13 BIELORUSSIA BREST 27/12/20 Locale Tecnico

14 EGITTO 15 RUSSIA CAIRO ASTRAKHAN 26/12/20 Terapia intensiva 20/12/20 Locale Tecnico

16 TURCHIA 17 ROMANIA 18 INDIA 19 RUSSIA GAZANTIEP

19/12/20 Terapia intensiva TARGA MURES 04/12/20 Terapia intensiva RAJKOT 27/11/20 Terapia intensiva

VYNNKY 20/11/20 Locale Tecnico

20 ROMANIA 21 POLONIA 22 INDIA 23 RUSSIA PIATRA NEAMT 16/11/20 Terapia intensiva LODZ 10/11/20 Degenza Covid-19

DAHISAR

31/10/20 Terapia intensiva CHELYABINSK 31/10/20 Locale Tecnico

24 SPAGNA 25 INDIA 26 CANADA 27 INDIA 28 CUBA 29 KAZAKHSTAN BILBAO ODISHA SASKATOON VADODARA

29/10/20 Terapia intensiva 21/09/20 Terapia intensiva 13/09/20 Dipartimento di emergenza 08/09/20 Degenza Covid-19 CIENFUEGOS 05/09/20 Terapia intensiva ALMATY 15/08/20 Locale Tecnico

30 INDIA 31 INDIA 32 INDIA 33 IRAN BODELI VIJAYAWADA

12/08/20 Degenza Covid-19 09/08/20 Non specificato AHMEDABAD 06/08/20 Terapia intensiva TEHRAN 30/06/20 Locale Tecnico

34 EGITTO 35 MESSICO 36 FRANCIA 37 RUSSIA 38 RUSSIA ALESSANDRIA 29/06/20 Terapia intensiva CHIHUAHUA 13/06/20 Non specificato

DECHY

25/05/20 Locale Tecnico (tubature) SAN PIETROBURGO 12/05/20 Terapia intensiva MOSCA 09/05/20 Terapia intensiva

TOTALE EVENTI PERIODO DI TEMPO

CAUSA MENZIONATA

Brobabile esplosione bombole Corto circuito aria condizionata Non specificata Corto circuito Procedure errate Corto circuito aria condizionata Corto circuito Corto circuito Rottura tubatura Corto circuito Non specificata Corto circuito Corto circuito Non specificata Corto circuito Procedure sbagliate Guasto apparecchiature ossigeno Corto circuito Corto circuito Problema tecnico Corto circuito Fumo Guasto apparecchiature ossigeno Guasto apparecchiature ossigeno Fumo Guasto apparecchiature ossigeno Fumo Guasto apparecchiature ossigeno Non specificata Non specificata Corto circuito Corto circuito Corto circuito Corto circuito (aria condizionata) Corto circuito (aria condizionata) Attività di manutenzione Fuoco esterno Guasto apparecchiature ossigeno Guasto apparecchiature ossigeno

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«Oncologia: necessari nuovi percorsi in una logica di network»

PROF. PAOLO PRONZATO Direttore Dipartimento Oncologia 2 Policlinico San Martino Genova

Il Prof Pronzato affronta in questo contributo il tema dell’Oncologia in generale e nell’Ospedale San Martino di Genova in particolare, concentrandosi su 9 punti di stretta attualità, dall’emergenza pandemia all’attività svolta finora per migliorare il lavoro e indicando le necessità di evoluzione in questo campo.

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Come si colloca la prospettiva di collegare le nuove strutture (Case di Comunità e Ospedali di Comunità) nel panorama degli Ospedali per acuti ed eccellenze?

In anni recenti, l’Oncologia ha dovuto affrontare importanti sfide: da una parte le straordinarie innovazioni tecnologiche (diagnostica molecolare, imaging funzionale, terapie a bersaglio molecolare, immunoterapia) e dall’altra una rivoluzione organizzativa basata su Reti Oncologiche e Approccio Multidisciplinare. Le sfide che ora ci aspettano riguardano anche la rimodulazione dell’assistenza oncologica in relazione ai nuovi luoghi di cura e alle nuove offerte assistenziali (incluse case e ospedali di comunità). In quest’ottica bisogna tenere conto del fatto che il cancro può oggi essere considerato come una malattia cronica (così ci dicono anche l’OMS e l’Unione Internazionale Contro il Cancro - UICC): va quindi applicato (pur con i recenti correttivi adottati per altre malattie) un modello idoneo per la cronicità (chronic care model), fatto di percorsi compresi tra Ospedale (per le fasi di aggravamento) e Territorio (sino ad includere i trattamenti farmacologici sempre più spesso orali; le cure palliative domiciliari; l’assistenza sociosanitaria, ecc.). In passato l’Oncologia era - e forse ancora rimane - fortemente “Ospedalocentrica”, ma il quadro era completamente differente rispetto ad ora: grazie soprattutto alle nuove terapie antitumorali (diverse dalla “vecchia” chemioterapia) i pazienti oncologici continuano la loro vita in buone condizioni generali e senza necessità di ospedalizzazione, anche quando la malattia è avanzata. Ciò premesso, non si può tacere il fatto che la somministrazione di terapie antitumorali - in generale - abbisogna di un concerto organizzativo quale è maturato nei Day Hospital Oncologici e comporta una serie di contributi professionali (medici oncologi e di altre specializzazioni, farmacisti, infermieri dedicati) e processi di produzione in sicurezza, che sembrano difficili da replicare in altri contesti.

Qual è il trend funzionale e dimensionale delle Divisioni/ Funzioni di Eccellenza Ospedaliere che dovrebbero avere, nella logica delle varie articolazioni territoriali ed in un’ottica di flessibilità degli spazi?

Nonostante questi nuovi scenari, il fabbisogno di cure ospedaliere (in termini di degenza ordinaria) per i pazienti oncologici non è diminuito: l’incremento di

Bisogna tenere conto del fatto che il cancro può oggi essere considerato come una malattia cronica: va quindi applicato un modello idoneo per la cronicità, fatto di percorsi compresi tra Ospedale e Territorio

incidenza, il prolungamento della sopravvivenza, la somministrazione di terapie particolarmente efficaci anche a pazienti fragili ed anziani, la gestione di quadri sintomatici complessi e la gestione di alcune tossicità specifiche: sono tutti fattori che portano ad un fabbisogno di ricoveri per acuti maggiore che per il passato: in questo senso, sto conducendo un progetto di ricerca con il Ministero della Salute e la nostra Regione, riguardante proprio l’esplorazione di questi nuovi bisogni in uno scenario così diverso dal passato. E comunque vale la pena di citare alcuni numeri: ogni anno in Liguria si ammalano di una neoplasia più di 11.000 persone; per fortuna

gran parte di esse guariscono definitivamente, ma debbono essere seguite nel tempo (un primo di tipo di cronicità!); altre sviluppano una malattia avanzata per lungo tempo controllabile (un secondo tipo di cronicità!). In questo momento più di 100.000 Liguri hanno ricevuto nella vita una diagnosi di cancro e alcune decine di migliaia stanno ricevendo una qualche forma di terapia! A mio avviso – anche per le nuove esigenze sopra riportate - persino una prospettiva recente, quale quella del DM70, deve essere rivisitata.

Quale sarà l’evoluzione dei reparti ad alta intensità di cura nella naturale evoluzione hub and spoke che si prefigura soprattutto nella nostra Regione?

Il Policlinico San Martino è l’hub del sistema e svolge attività specifiche (diagnostica molecolare avanzata, sperimentazioni cliniche di fase 1, ecc.), ma l’assistenza (soprattutto per le neoplasie ad elevata incidenza) deve essere assicurata in tutte le Aree, proprio in funzione dei grandi numeri e della cronicizzazione della malattia è il modello del cosiddetto comprehensive cancer centers network, in parte contrapposto al modello hub and spoke. Ci sono aspetti e circostanze per cui l’hub deve essere in grado di far convergere tutti i pazienti della Regione e questo accade ancora in Oncologia, soprattutto per la chirurgia oncologica specialistica, ma anche per alcuni trattamenti medici, caratterizzati da elevatissima complessità professionale e tecnologica: si pensi al settore in forte espansione delle CAR-T, cellule linfatiche modificate in laboratorio o alla necessità di implementare un centro sperimentale per le fasi 1 (sostanzialmente il modo attraverso il quale pazienti senza altre opportunità terapeutiche possono ricevere anticipatamente terapie sperimentali di qualità). Se il San Martino è senz’altro l’hub, non bisogna dimenticare che esso è al centro di una Rete: la Rete Oncologica (le cui funzioni sono assegnate al DIAR Oncoematologia di ALiSa). In Italia, le Reti Oncologiche sono lo strumento organizzativo che il Sistema Sanitario (accordo Conferenza Stato Regioni del 17.4.2019) ha implementato per assicurare appropriatezza ed equità nell’offerta dei trattamenti (spesso caratterizzati da alta tecnologia e costi elevatissimi). La Rete Oncologica della Liguria ha ora raggiunto la sua maturità; è stata giudicata positivamente dall’Agenzia del Ministero (AGENAS) insieme a quelle di

poche altre Regioni. La Sua funzione già oggi è di “fare squadra” tra il San Martino, gli altri Ospedali ed il territorio: ed è quindi pronta a studiare l’ottimizzazione dei percorsi in

Oggi più di 100.000 Liguri hanno ricevuto nella vita una diagnosi di cancro e alcune decine di migliaia stanno ricevendo una forma di terapia! A mio avviso persino una prospettiva recente, quale quella del DM70, deve essere rivisitata Il San Martino è l’hub del sistema e svolge attività specifiche, ma l’assistenza (soprattutto per le neoplasie ad elevata incidenza) deve essere assicurata in tutte le Aree, proprio in funzione dei grandi numeri e della cronicizzazione della malattia è il modello del cosiddetto comprehensive cancer centers network, in parte contrapposto al modello hub and spoke

uno scenario rinnovato; ma negli elaborati e nei programmi della Rete Ligure sono già inseriti i principi della Rete di Comunità cui si riferisce il PNRR.

Quali prospettive può indurre l’ammodernamento delle tecnologie all’attività di alta intensità di cure nelle varie funzioni di prevenzione e cura?

Anche in Oncologia gli avanzamenti attesi sono legati alla Medicina Digitale: questa trova applicazioni comuni ad altre discipline (telemedicina ad esempio) e più specifiche applicazioni nel campo della genomica, intesa come analisi esaustiva delle mutazioni di ogni singolo tumore e studio delle correlazioni cliniche: in definitiva Intelligenza Artificiale e Big Data. La mia opinione è che questa sia una prospettiva di enorme interesse (un cambio di prospettiva anche per la ricerca e la sperimentazione clinica), ma - anche sulla base dei primi dati - non ci si può aspettare un cambio di paradigma nella cura del cancro, se non in tempi molto lunghi.

Potrebbero essere necessarie nuove Linee Guida per utilizzare al massimo le nuove dotazioni tecnologiche nei reparti/ divisioni?

I professionisti e le Società Scientifiche si sono da tempo attrezzati per la produzione di Linee Guida accreditate: in particolare. quelle per l’Oncologia sono riconosciute dal SNLG (Sistema Nazionale Linee Guida) dell’Istituto Superiore di Sanità (ex Legge 24/2017). Certamente vi sono molti problemi aperti: sia le nuove tecniche diagnostiche che i nuovi farmaci, hanno elevatissimi costi unitari e - al netto della provata efficacia - tutti gli stakeholders debbono fare i conti con il problema della sostenibilità. Infatti, in sé ogni singolo intervento finisce ormai per poter essere considerato cost-effective ad un’accurata analisi HTA, ma la somma delle tante innovazioni ha conseguenze sconvolgenti sul budget complessivo (tra l’altro non va mai dimenticato che il finanziamento del nostro Sistema è inferiore rispetto a quello di altri Paesi UE). Per questo bisogna maturare - a mio avviso - una nuova coscienza che porti a considerare come i vantaggi delle nuove tecnologie possano essere molto grandi (anche sotto il profilo economico) ma solo a lungo termine, richiedendo così analisi capaci di intercettare il reale clinical value. L’appropriatezza

clinica rimane il cardine di qualsiasi implementazione di nuove tecnologie.

Bisogna maturare una nuova coscienza che porti a considerare come i vantaggi delle nuove tecnologie possano essere molto grandi (anche sotto il profilo economico) ma solo a lungo termine, richiedendo così analisi capaci di intercettare il reale clinical value

Come si declina l’enunciato del PNRR sul consolidamento della separazione dei percorsi all’interno dei Reparti/Divisioni.

I pazienti oncologici sono più fragili rispetto alle infezioni (incluso il COVID) e le norme nazionali e regionali (vedi ad esempio delibera ALiSa 99/2020) ne hanno “protetto” l’iter diagnostico-terapeutico, pur nelle difficoltà legate al contenimento dell’epidemia. È risultato evidente che parte del percorso di cura di un paziente oncologico (ad esempio le visite di follow-up in pazienti guariti) possa trovare una risposta migliore al di fuori dell’Ospedale (pur mantenendo la continuità di cura in termini di presa in carico e protocolli). D’altro canto specifici percorsi protetti (in tema di misure di prevenzione e di vaccinazione) hanno dovuto essere adottati per luoghi ospedalieri tradizionalmente ed inevitabilmente “affollati” di pazienti e care-givers, quali i sono i day-hospital oncologici ed ematologici. Risultandone indispensabile la prosecuzione di attività per pazienti provenienti dall’esterno, vanno - a mio avviso - mantenuti percorsi separati anche rispetto al resto dell’attività ospedaliera.

L’incremento di terapie intensive e sub-intensive che riflesso avrà sugli spazi e sulle funzioni che attualmente sono svolte nei reparti di alta intensità?

Le cure oncologiche sono nella maggior parte dei casi non rinviabili e luoghi di cura destinati ai pazienti oncologici debbono essere preservati, pena la perdita di chances di guarigione e sopravvivenza. E a questo proposito forse è utile una riflessione sulla disponibilità generale di posti letto per acuti e posti letto di terapia intensiva, anche confrontandosi con le realtà di altri Paesi in cui le dotazioni sono maggiori. Considerata questa “incomprimibilità” delle risorse per l’Oncologia - fatta salva ovviamente la possibilità di restrizioni temporanee, alternate però a pronte azioni di ripresa - si può agire, per molti pazienti, sull’accesso a forme meno intensive di ospedalizzazione (cure intermedie, ospedali di comunità): nel contesto della citata cronicizzazione, alcune fasi della malattia non debbono essere necessariamente gestite nell’Ospedale per acuti. Si pensi

- per esempio - al fenomeno dei frequenti accessi in Pronto Soccorso nel fine vita: il luogo di cura più adatto (oltre che

Forse è utile una riflessione sulla disponibilità generale di posti letto per acuti e posti letto di terapia intensiva, anche confrontandosi con le realtà di altri Paesi in cui le dotazioni sono maggiori

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