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LA MOSSA

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IL TUFFO

IL TUFFO

L’ANTEFATTO - Il Billy arrivò alla seconda finale scudetto consecutiva dopo aver perso di un punto quella di Coppa dei Campioni contro Cantù. L’avversario era il Bancoroma, allenato dal grande rivoluzionario Valerio Bianchini, nemico numero 1, ma rispettatissimo, di Dan Peterson, tornato nella Capitale, lui milanese, per alimentare il sogno del tricolore che aveva solo accarezzato quando pilotava la Stella Azzurra. Roma era forte, con nazionali come Enrico Gilardi (35 punti in Gara 1), Marco Solfrini e Fulvio Polesello. I primi due avevano vinto l’argento olimpico a Mosca nel 1980. Il centro americano era Kim Hughes, 2.11, un passato nella NBA e un altro proprio a Milano, che però si infortunò prima dei playoff e fu sostituito da Clarence Kea, alto 1.98, di grande energia e impatto difensivo. Ma la stella di Roma era il funambolico playmaker Larry Wright, anche lui ex NBA, il fulmine della Louisiana, piccolo, forse fragile ma velocissimo che aveva vinto un titolo a Washington. Wright era più veloce, più dotato di talento di D’Antoni. Erano due stili diversi. Il duello tra i due, a distanza, andò avanti per tutto l’anno. Roma vinse la regular season perché al Palalido l’Olimpia perse alla fine della stagione contro la Libertas Livorno a causa di un canestro sulla sirena da tre quarti di campo di Roberto Paleari, un ex tra l’altro. In finale, dovette giocare con il fattore campo contro. Al Palaeur, Roma si impose 88-82, dopo aver chiuso il primo tempo a più 17, trasferendosi a Milano per il “match-point”.

LA PARTITA - Era una domenica pomeriggio e il Palazzone di San Siro era esaurito con 11.500 spettatori. Primo tempo in equilibrio, 43-43, poi il Bancoroma cambia marcia, prende cinque punti di vantaggio e in quel momento Larry Wright ne ha 27. Sembra immarcabile. Intende chiudere il campionato quel giorno stesso. A quel punto, Peterson guarda la panchina, vede Vittorio Gallinari, il suo specialista difensivo, la sua sentinella, forse il suo gregario preferito, uno dei membri della Banda Bassotti, cresciuto nel settore giovanile dell’Olimpia. Gli disse di andare in campo, lui che era 2.05, a marcare Larry Wright che era 1.80. “Non passa giorno senza che qualcuno mi chieda di quella mossa – racconta Peterson -. Quella è stata la prima volta in cui, entrando in sala stampa, mi sono sentito dire: Dan sei stato un genio. Ho avuto la tentazione di montarmi la testa. Dissi grazie ma prima di arrivare a Gallinari ero passato da D’Antoni, Franco Boselli, Roberto Premier e nessuno era stato in grado di contenerlo”. Fu la carta della disperazione ma funzionò. Gallinari cominciò ad agitare le braccia, Wright fu sorpreso, tant’è che cominciò una battaglia personale che mandò Roma fuori giri. Milano rimontò. Milano fece 15-0 di parziale. Wright si fermò a 33 punti. D’Antoni non si fece irretire da Wright nel suo duello personale. Segnò 21 punti con 7/11 dal campo, Premier ne aggiunse 29. L’Olimpia vinse di 13, 86-73.

IL SIGNIFICATO - Due giorni dopo, il Bancoroma vinse lo scudetto storico di Roma, che la stagione seguente avrebbe vinto anche la Coppa dei Campioni. Vittorio Gallinari sarebbe passato alla storia per una gara in cui segnò zero punti, diventando simbolo di sacrificio e difesa. È limitativo ricordarlo solo per quella gara considerato quanto ha vinto in carriera.

13 GIUGNO 2018

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