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Shelter dei Rolling Stones
Agnese Tozzi
Gimme Shelter è il titolo di un celebre brano dei Rolling Stones contenuto nell’album Let It Bleed, pubblicato il 28 novembre del 1969. Nonostante da allora siano passati più di 50 anni, il testo, la melodia ed il significato sono più attuali che mai.
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In italiano il titolo può essere reso con ‘Dammi un Rifugio’, e già da esso possiamo capire che tratta di una realtà vicina a moltissime persone nel mondo; un rifugio, che sia concreto o immaginario, una persona, un oggetto, o semplicemente l’angolo nascosto nel bagno della scuola quando non abbiamo voglia di parlare, è qualcosa che può essere compreso da tutti e di cui ognuno ha bisogno di tanto in tanto. Ma il rifugio di cui parla la canzone è una cosa talmente semplice, talmente scontata per la maggior parte di noi, e allo stesso tempo così fondamenta- le: un letto, del cibo, acqua pulita. If I don’t get some shelter / Ooh yeah I’m gonna fade away
Le lyrics, scritte da Keith Richards e Mick Jagger, si riferiscono alla Guerra del Vietnam, che all’epoca era protagonista di moltissime proteste negli USA a causa delle atrocità commesse dai governi dei paesi coinvolti. E ormai da un anno ha luogo una guerra in Ucraina che sembra non avere fine. Ma non solo: ci sono conflitti e tensioni anche in Pakistan, Yemen, Palestina, Myanmar e purtroppo in molte altre zone, talvolta più vicine a noi di quanto si possa immaginare.
War, children / It’s just a shot away / It’s just a shot away
Per non parlare della crisi ambientale … A flood is threatening / My very life today … e dei crimini a sangue freddo Rape, murder, yeah, it’s just a shot away / It’s just a shot away
La violenza esiste in ogni luogo del Mondo, ed è impossibile negarlo.
Chiunque sostenga che non sia così, sappia che ha solo paura, e che vive nell’ignoranza e nell’ipocrisia delle proprie false convinzioni. Davanti alle sconfortanti vicissitudini che si succedono in questi ultimi giorni, penso che sia importantissimo essere informati da fonti corrette e autorevoli, farsi un opinione e rispettare quella degli altri, anche se non siamo d’accordo con loro. Il dialogo pacifico è l’unica vera arma contro la violenza e l’arroganza, ciò di cui abbiamo veramente bisogno in questo momento. I tell you love, sisters / It’s just a kiss away / It’s just a kiss away / It’s just a kiss away / It’s just a kiss away / It’s just a kiss away / Kiss away, Kiss away
Ed infine, riprendendo le ultime parole della canzone, ricordiamoci che amare e rispettare il prossimo è sempre la scelta migliore, soprattutto se si tratta delle vittime.
Cinema A letto con Sartre di Samuel Benchetrit
Federico Spagna
Il dissidio di genere è lontano dall’essere risolto. Samuel Benchetrit lo sa e prende le maschere di Sartre e De Beauvoir per mettere in scena le incomprensioni tra maschio e femmina. Il ruolo delle personae della commedia antica, che declinano di volta in volta un male costante, è qui assolto dalla coppia di intellettuali più famosa del Novecento, la cui storia d’amore è l’oggetto di uno scalcagnato spettacolo musicale che devono portare in scena una parrucchiera balbuziente, che quando interpreta De Beauvoir riesce a parlare fluentemente, e un criminale di poche parole, che pur di ottenere la parte di Sartre elimina gli altri attori che ambiscono al ruolo.
Attorno a questa storia - e ad essa intrecciandosi - ruotano altre vicende: dal malavitoso che si iscrive a un corso di scrittura poetica per conquistare il cuore di una cassiera, alla ragazza più solitaria e taciturna della scuola che si innamora del ragazzo più popolare, spericolato motociclista.
Ogni storia concretizza una frase di De Beauvoir che torna più volte nel corso del film: “Donna non si nasce, lo si diventa”. A letto con Sartre oscilla delicatamente su questo assunto, mai risolvendolo, anzi, dando quasi a intendere che sia impossibile allontanarsene (si veda la moglie del malavitoso che, per riconquistare l’amore del marito, decide di farsi bella “per lui”).
E anche se a volte Benchetrit esagera con l’intellettualismo - consiglio il film ai feticisti di Sartre e De Beauvoir -, restituisce un gradevole tipo di narrazione che, in favore dell’ideale di verosimiglianza, si vede sempre meno, e che si muove non per psicologie, ma per concetti.