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Stereotipi e pregiudizi: i disagi di chi soffre di disturbi mentali

Dal 1990 al 2019 c’è stato un aumento del 32% dei disturbi mentali tra lə adolescenti. La rivista medica JAMA ha pubblicato nel 2021 una revisione comprendente 29 studi condotti su oltre 80 mila giovani. Da questa emerge che unə adolescente su quattro presenta sintomi di depressione.

Una scheda informativa dell’organizzazione Mondiale della Sanità riporta che, nella fascia dai 10 ai 19 anni, unə ragazzə su sette ha un disturbo mentale. Depressione, ansia e disturbi comportamentali sono tra le principali cause di malattia tra lə adolescenti. Il suicidio è la quarta causa di morte nellə giovani tra i 15 ei 19 anni nel mondo e seconda in Europa (in quest’ultimo caso si parla di una media di tre ragazzə al giorno).

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Eppure, nonostante la gravità della situazione, continua ad esistere un pregiudizio verso chi soffre di questi disturbi e, in particolare, verso lə adolescenti. Ci sono determinati fattori, che fanno sì che il pregiudizio esista e sia anche molto diffuso, primo fra tutti l’ignoranza. Innanzitutto la presunta pericolosità delle persone malate, che vengono viste come “fuori controllo” e quindi pericolose non solo per se stesse ma anche per gli altri.

Una malattia a livello mentale, quindi meno concreta rispetto a quella fisica, è quasi sempre incomprensibile per chi non ne soffre: il comportamento e l’atteggiamento di una persona malata è qualcosa in cui una persona sana non riesce ad immedesimarsi e ne prende le distanze. Anche perchè è molto più facile comprendere il non riuscire a controllare le reazioni del nostro corpo (come avviene nel caso delle malattie fisiche) rispetto a quelle della mente. Tutto ciò porta ad una difficoltà ad empatizzare, fino al punto di associare le malattie mentali a problemi di “scarsa volontà”, come se allə malatə bastasse un po’ più di autocontrollo e di razionalità per stare meglio.

È diffusa la credenza di un’inguaribilità associata alla malattia mentale. Soprattutto quando si parla di disturbi più severi, infatti, si pensa che la persona malata non possa più guarire. Ma la difficoltà che talvolta si deve affrontare per arrivare alla guarigione è comparabile a quella di molte altre malattie fisiche.

Il pensiero che un disturbo mentale prenda il controllo totale della persona porta a una presunta improduttività ed irresponsabilità della stessa. Il disturbo mentale condiziona il comportamento di una persona ma entro certi limiti: infatti questa avrà sempre delle capacità ed un pensiero (così come qualsiasi altra persona sana), ed è compito di chi le sta intorno valorizzarli e non limitarli.

È molto diffuso il termine “pazzia”, che è, però, un termine totalizzante: si suppone che l’intero cervello sia malato, invece che una minima parte e si riduce una persona alla sua malattia. Nel caso dellə adolescenti lo stigma è ancora più radicato poiché spesso non si riconosce nemmeno la malattia come tale ma si tende a colpevolizzare chi ne soffre o, addirittura, l’intera generazione. Disturbi come ansia e depressione vengono ridotti ad un’eccessiva sensibilità delle ultime generazioni o all’uso del telefono. Invece di ricercare soluzioni si sta diffondendo sempre di più l’odio per le nuove generazioni definite “svogliate”, “ingrate”, “inconsapevoli”, “incuranti”, “ignoranti”. Queste sono le parole associate all’ansia, alla depressione, alla dipendenza e ai disturbi alimentari. Le parole di chi non capisce di essere una delle cause di queste malattie. Le parole di chi forse è davvero incurante rispetto a tuttə quellə giovani che stanno male. Le parole di chi non si rende conto che le pressioni sociali, il sistema scolastico, la crisi climatica, economica, politica e le guerre possono rappresentare un enorme fardello per le menti di chi un futuro se lo deve ancora costruire.

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