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L’orrore della rieducazione e dell’adozione dei bambini ucraini
La Corte penale internazionale (Cpi) è un’istituzione che nacque nel 1998 con la firma dello Statuto di Roma da parte di 123 Stati. Essa si occupa di giudicare i crimini di guerra, di aggressione e contro l’umanità e ha sede nell’Aja, nei Paesi Bassi. Inoltre, non possiede un proprio corpo di polizia, ma si affida a quello degli altri Stati.
Il 17 marzo 2023, la Cpi ha emesso un mandato di arresto per il presidente russo Vladimir Putin e per Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissario per i diritti dei bambini presso l’Ufficio del Presidente della Federazione Russa, a proposito dell’invasione dell’Ucraina. Infatti, sono entrambi accusati del “crimine di guerra di deportazione della popolazione” e di “trasferimento illegale della popolazione”, in particolare bambini, dalle aree occupate dalle truppe di Mosca in Ucraina dall’inizio della guerra. Inoltre, anche se la Russia lo ha ripetutamente negato, la Commissione afferma che essa abbia commesso anche altri crimini di guerra durante l’invasione in Ucraina, come attacchi a ospedali, torture, stupri e omicidi. Nonostante sia stato emesso un mandato di arresto, le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per la Russia, perché, come Stati Uniti, Cina e Ucraina, non aveva firmato lo Statuto di Roma, dichiarando quindi di non accettare la giurisdizione del Cpi nel territorio russo.
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La questione della deportazione di bambini ucraini in Russia è stata al centro di diverse indagini negli ultimi mesi, non solo quella condotta dalla Corte penale.
Ne hanno parlato varie inchieste giornalistiche, oltre a rapporti di centri di ricerca e governi stranieri. Una delle inchieste più recenti e approfondite è stata pubblicata il 14 febbraio dall’università americana di Yale, in collaborazione con il dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
Il rapporto, ancora preliminare, è intitolato Russia’s systematic program for the re-education and adoption of Ukraine’s children, ovvero “Il programma sistematico della Russia per la rieducazione e l’adozione dei minori ucraini”.

Esso sostiene che dall’inizio della guerra i soldati russi abbiano trasferito più di 6mila bambini e ragazzi ucraini, di età compresa tra i 4 mesi e i 17 anni, in 43 strutture che si trovano in vari territori controllati dai russi (dalla Crimea fino alla Siberia). Questi ragazzi abitavano in zone dell’est e del sud dell’Ucraina che erano state occupate dalle forze russe all’inizio dell’invasione. Secondo l’università, questi istituti servono a numerosi scopi, tra i quali la “rieducazione” dei bambini ucraini, in un intento di renderli più vicini alle ideologie politiche della russia ( “an effort to ostensibly make children more pro-Russia in their personal and political views”). Gli studiosi della Yale identificano quattro categorie di giovani che si trovano in questo sistema di rieducazione: bambini che hanno la tutela di genitori o familiari, bambini ritenuti orfani dalla Russia, bambini che erano sotto la cura delle istituzioni statali ucraine (spesso per gravi problemi fisici o disabilità mentali) prima dell’invasione del febbraio 2022 e bambini la cui custodia è poco chiara o incerta per le circostanze causate dalla guerra.
Tra queste categorie, i bambini che erano ritenuti orfani e quelli che erano residenti in strutture statali finivano più spesso per essere adottati da cittadini russi e/o messi in orfanotrofi. Molti ragazzi sono trasferiti nel territorio russo per essere portati in queste strutture con il consenso dei genitori, che vogliono allontanarli dalla guerra. Ai genitori è assicurato che dopo un tempo prestabilito i figli gli verranno restituiti, ma in circa il 10% delle strutture, secondo lo studio condotto dall’università, il ritorno in Ucraina è stato sospeso. In due di queste, in particolare, la data di rientro è stata posticipata di settimane o rinviata fino ad una data da destinarsi. Lo studio dell’università è abbastanza lungo e dettagliato, ma già solo leggendo i primi dati ci viene rivelata una situazione ingiusta e abbastanza catastrofica. I risultati del rapporto della Yale sono preliminari, ma confermano quanto sostenuto da varie ricerche e indagini pubblicate nei mesi scorsi. Racconti simili erano stati esposti anche in due inchieste del «New York Times» e di Associated Press.