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La superficialità delle devianze

Una banale giornata che si ripete uguale alle altre; la folla attorno è gremita di colori, persone differenti fra loro, magari con una falcata dissimile, un taglio di capelli piuttosto che un altro. Tutti sfoggiano i loro disagi senza esserne pienamente consapevoli. Diresti mai di trovarti dinnanzi a una massa di deviati?

I disagi della società si esplicitano in quelle che, essenzialmente, si sono guadagnate l’appellativo di “devianze”, rendendoci parte di un instabile meccanismo che arranca verso l’estirpazione di un problema di fondo, proponendo una apparente soluzione che si dimostra essere in tutto e per tutto frutto dell’astrazione riservata alle suddette questioni. Invero, il concetto di devianza si basa su un effimero giudizio esterno, attuato da una società intrisa di individualismo ed egocentrismo, una società che preferisce definire con banali generalizzazioni le situazioni altrui senza indagare la reale condizione dei soggetti. Quando ciò avviene, termini come alcolismo, babygang, anoressia, autolesionismo vengono posti sullo stesso piano, snaturalizzando i proble - mi stessi, classificando i cittadini in strati differenti e giudicando come sbagliati coloro a cui vengono riferiti tali appellativi, volti solamente a ovviare al fulcro del problema.

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Sembra quasi che ci sia un vaso di Pandora da cui, anziché fuoriuscire tutti i mali del mondo, escano le cosiddette devianze, incarnazione delle piaghe della società.

La grande dissonanza che striscia al seguito di tale “fenomeno” è la tardiva reazione a esso. All’interno della lista infernale, sfilano condizioni umane che vengono minimizzate in modo disumano: situazioni preesistenti a cui il termine “devianze” sembra aver dato in definitiva un volto, o, per meglio dire, una vera e propria maschera intrisa di superficialità, con il puro scopo di mostrare solamente una realtà colma di tratti oscuri che, con un’agile e semplice proposta, possono essere curati. Curati, come fossero numerose varianti di un’unica patologia che squarcia l’anima della società. Dare un’identità a un concetto di simile portata implica necessariamente l’instillare un certo timore, come una fredda goccia che scivola lungo la schiena rigida della società. Tutto ciò avviene per il semplice fatto che la paura è impossibilitata nel crearsi se non si ha l’effettiva consapevolezza della portata di ciò che causa le preoccupazioni; quando si dona loro un volto, il timore diviene reale e, in fin dei conti, più tangibile. L’attribuire una radice comune e una stessa “categoria” alle cosiddette devianze, dunque, è volto unicamente al fine di accrescere i riguardi e il disprezzo della popolazione per andare a identificare un problema maggiore da fronteggiare, anziché un numero maggiore di problemi di minor portata, come lo sono in realtà. Tale modo di procedere potrebbe apparire una mera volontà di ostentare la propria capacità nell’individuazione dei problemi, sebbene la proposta per sanare l’umanità risulti, a mio avviso, frivola. Perfino lo sport, concepito quasi come una figura salvifica, non può essere la soluzione di ognuno dei problemi presentati; non può esservi una soluzione equivalente per questioni assolutamente dissimili. Ѐ corretto dare adito all’applicazione arbitraria del termine a problemi tanto divergenti fra loro?

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