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Satira e risata ma davvero ogni scherzo vale?

SATIRI E SATIRA

Protagonisti dei drammi satireschi, nati nel III secolo a.C. in Grecia. In foto il “satiro danzante” (fonte: MarTa)

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Tempi duri per la risata. Al posto del coro dei satiri che assistevano gli attori del dramma satiresco nell’antica Grecia del III secolo a.C., sul palco del nuovo Reale di oggi rispondono da anni le voci di chi si sente offeso dalle parole ritenute ingiuriose delle moderne composizioni. Eppure, un tempo si poteva fare ironia di tutto su tutto, o almeno così pareva. A cambiare però è stata la società sempre più attenta alle varie sensibilità, premurosa a non scontentare nessuno. E pensare che la satira ha le stesse origini orgiastico-dionisiache della tragedia greca, un crescendo di pathos incentrato su soggetti mitologici, riletti in chiave burlesca e dissacratoria. “Satura lanx”, invece, era l’espressione latina usata per indicare un piatto misto di primizie da offrire agli dei e proprio da questa immagine prende il nome la satira romana, che assume poi le forme miste del genere. Componimenti celebri, a partire dal Miles Gloriosus di Plauto con la storia dello schiavo furbo che inganna il padrone fino al Satyricon di Petronio, ritratto semiserio della società romana all’epoca dell’imperatore Nerone. È insito nella satira l’attacco ai centri del potere, da quello religioso a quello politico, con l’esaltazione dei difetti dell’uomo pubblico che vengono portati al livello dell’uomo medio. Una livella democratica che mette sullo stesso piano il potere al popolo. Sarcasmo, ironia, trasgressione e dissacrazione sono gli elementi fondanti di cui nessun comico satirico può fare a meno. Ogni satira che si rispetti ha uno o più bersagli oggetto delle invettive ironiche e taglienti. Il punto critico emerge quando a sentirsi attaccato non è un’entità, ma i singoli individui. Ad un diritto garantito in Italia dagli articoli 21 e 33 della Costituzione corrispondono altrettante limitazioni, richieste e non sempre concesse del mancato rispetto dell’onore, del decoro. Il punto, secondo la giurisprudenza italiana, è proprio nella qualità della dimensione pubblica del personaggio bersagliato e in particolar modo se tra quest’ultima e il contenuto artistico del messaggio satirico esiste un nesso di coerenza causale.

I comici satirici di oggi forse esagerano nel prendere dall’enorme calderone delle qualità elementi un tempo non presi in considerazione, come l’orientamento sessuale o il colore della pelle, portandole all’estremo. Ma lo fanno perché è cambiata la stessa comicità, nel mondo social e poco sociale. Fa ridere più una gaffe come nelle ormai storiche imitazioni del Bagaglino o una battuta sulla voce un po’ troppo mascolina di una donna in transizione? Certo, l’obiettivo della satira non è informare, ma quello del comico è essere informato. La satira non pretende di dire sempre il vero, anzi, ma gioca proprio su un livello di verosimiglianza che fa scendere dal piedistallo il potente di turno. Andando oltre il tristemente famoso caso della vignetta satirica di Charlie Hebdo finito nel sangue del terrorismo islamico, il caso di “Felicissima sera”, programma televisivo con Pio e Amedeo andato in onda su Canale 5 nel 2021, ha messo in luce come non si possa realmente fare satira su tutto, senza travalicare il rispetto, anche nel linguaggio, per la persona, che sia donna, gay, ebrea o nera.

Le forme più taglienti di comicità satirica arrivano però dagli Stati Uniti, in particolare dalla Boston della fine dell’800 con l’apripista Lenny Bruce, raccontato in maniera eccelsa dalla serie “The Marvelous Mrs.Maisel” (Prime Video), e oggi dai famosi e tanto criticati Ricky Gervais e Louis C.K.. È la stand up comedy, una forma pseudoteatrale con un copione che viene continuamente stravolto dalle emozioni del pubblico seduto ai tavolini. In Italia, partito un po’ in sordina, si possono contare numerosi nomi, a partire da Michela Giraud con la sua for- mazione teatrale e la sua satira mordace, fino a Saverio Raimondo, con il suo modo dissacrante che sovverte i luoghi comuni. Nella stand up comedy più che essere istrionici, conta saper trasmettere sul palco la propria autenticità, il proprio marchio di fabbrica. L’obiettivo è quello di abbattere la distanza scenica tra chi si esibisce e chi ascolta, rompendo ogni forma possibile di separazione provando a scherzare con e non sulle differenze.

Tornando alle forme teatrali più tradizionali, è nel Carnevale che la satira si concreta e lo fa nel rovesciamento dei costumi e dei ruoli, con gli attacchi dei reietti verso i potenti di turno. Fin dai Saturnali dell’età romana, i Carnevali italiani hanno mischiato, nel modo più popolare possibile, l’alto e il basso, il sacro e il profano.

Ne è un esempio il caso pugliese della festa delle Propaggini a Putignano che apre il più antico Carnevale d’Europa e il più lungo d’Italia. La storia narra che alla processione rituale per la traslazione delle reliquie di Santo Stefano dall’abbazia benedettina sulla costa di Monopoli si aggiunsero contadini che stavano lavorando le propaggini delle viti e lo fecero ballando, cantando, canzonando. È una tradizione che apre da secoli l’evento con la versione moderna del rito

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