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No, non passerà Sud contro l’«Autonomia»

IL PARLAMENTO

Il primo sì al disegno di legge proposto dal ministro Calderoli è stato dato dal Consiglio dei Ministri, il 3 febbraio

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Sanità, scuola e trasporti del Mezzogiorno tremano. Dopo l’approvazione unanime il 2 febbraio 2023, da parte del Consiglio dei Ministri, del disegno di legge sull’Autonomia differenziata, proposta dal ministro agli Affari regionali, Roberto Calderoli, saranno proprio loro a subirne le peggiori conseguenze. La proposta del ministro prevede un decentramento di diverse competenze, 27 compresa la gestione della Sanità, attualmente dello Stato verso alcune regioni del Nord Italia: Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Tale decreto aprirebbe di fatto la strada a più sistemi sanitari, a diversa efficacia e sicurezza, a scapito del Servizio sanitario nazionale.

Per capire meglio la logica, aiuta l’analisi fatta dal giudice Falcone e pubblicata su Quotidianoesanità.it. Seguendo i soldi, si vede che le Regioni del Nord danno allo Stato più di quanto ricevono, a differenza di quelle del Sud. Il saldo è negativo per Lombardia (-5090 pro capite), Emilia Romagna (2811), Veneto (-2680) e positivo per tutto il Sud (Campania + 1380, Calabria + 3086, Puglia +2440, Sicilia +2969) (CGIA, 2019). La possibilità di trattenere più gettito fiscale si potrebbe tradurre per alcune Regioni in prestazioni sanitarie aggiuntive per i propri cittadini, una sorta di LEPs di prima categoria. La bozza è ancora al centro di accesi dibattici politici e cittadini. Ma vediamo cosa possa significare una possibile attuazione del Ddl per il Sud e in generale, per l’Italia. Secondo l’esperto dei problemi del Sud, ex direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, Lino Patruno: “L’attuazione dell’Autonomia differenziata non farebbe altro che cristallizzare e rendere addirittura costituzionale questo abuso ai danni del Sud”.

Il rischio è che l’Italia ritorni ad essere divisa e che l’antico sogno leghista si realizzi. Andare verso l’attuazione di un simile progetto significa, per il meridione, essere sempre più affossato e non in grado di poter competere con le risorse e i servizi destinati al Nord, proprio perché la gestione delle risorse passerebbe dalle mani dello Stato alle singole regioni richiedenti, in questo caso tutte del Nord. Meno risorse da destinare al Sud significa meno servizi pubblici di qualità, meno istruzione e soprattutto meno progresso.

In poche parole, significa creare uno svantaggio incolmabile e voluto che non consentirebbe una stessa qualità di vita e di dignità delle persone che vivono nel Mezzogiorno. Tuttavia, si lederebbe anche uno dei 12 principi fondamentali della Costituzione Italiana, sancito dall’art 3 che cita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ritornando alle implicazioni possibili, oltre alla sua “incostituzionalità” sottolineata da

Patruno, ci sarebbero anche i problemi legati allo scarso coinvolgimento dell’Aula parlamentare al nodo dei Lep, Livello Essenziale nelle Prestazioni, (per i quali è prevista l’individuazione ma non il finanziamento), passando poi per l’opportunità di trasferire materie che, per la loro importanza, dovrebbero essere gestite dallo Stato.

Un altro esperto del Meridione, il parlamentare pentastellato, Gianmauro Dell’Olio, vicepresidente della Commissione Bilancio della Camera, ha sottolineato in una conferenza sul tema tenutasi a Bari che: “La riforma del Titolo V (La legge costituzionale n. 3/2001) ha già trasferito molte competenze alle regioni, specialmente in ambito sanitario”. Quello che, però, maggiormente fa preoccupare l’esperto è il fatto che oggi, per quanto riguarda la Legge di Bilancio, la maggioranza ha fatto approvare un emendamento che sottrae al Parlamento la determinazione dei Lep affidandoli a una “cabina di regia”. Non solo. Rimanendo sulla linea del pentastellato, la cabina di regia, per cui è prevista l’assunzione di personale a tempo indeterminato, andrebbe a ledere il principio stesso della cabina che, per natura, ha un tempo determinato per svolgere le sue funzioni.

Si sta giocando una partita decisiva per il futuro del nostro Paese. Pensare a un decentramento delle funzioni, senza che nemmeno esistano evidenze, come rilevato dalla Corte dei conti, per far sì che ulteriori gradi di autonomia nelle disponibilità economiche e nella gestione delle risorse aumentino il grado di efficienza dei servizi erogati, significa legittimare il divario NordSud. Un’opzione che è stata definita da molti “un suicidio sociale”. La situazione pre-avvento dell’Autonomia differenziata è questa. I cittadini del Sud Italia sembrano essere inascoltati dalle forze politiche al potere e quello che preoccupa più di tutto è che, senza dubbio, se ci sarà l’approvazione a pagare saremo noi. (Rosanna

Il progetto Calderoli

L’ITALIA DIVISA

Una delle implicazioni dell’attuazione dell’Autonomia differenziata è la divisione dell’italia in tanti stati indipendenti

Luise)

Due voci pugliesi: Cgil e Capone

“Per spiegare l’assurdità di un progetto di autonomia differenziata come quello del Ministro Calderoli, basta dire che su un tema fondamentale come quello dell’istruzione l’associazione Roars in una simulazione circa i costi standard il Sud subirebbe un taglio di 1,4 miliardi di euro, a vantaggio delle regioni del Nord.

Questo perché, per una serie di specificità demografiche e sociali, la scuola nel Mezzogiorno è più costosa”. È quanto afferma il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, sul sito del sindacato. “Il disegno di legge del ministro Roberto Calderoli - scrive su Facebook, la presidente del consiglio regionale pugliese, Loredana Capone - è stato approvato ieri in Consiglio dei Ministri. Adesso chi ha più soldi e più servizi potrà averne ancora di più e chi, invece, ne ha di meno è destinato a restare ancora più indietro”.

(R.

L)

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