L'imprenditore Agricolo Luglio 2017

ANNO 6 NUMERO

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L’UNICO GIORNALE INVIATO A TUTTI GLI IMPRENDITORI AGRICOLI

luglio 2017

L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

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L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

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Luglio

2017

Sommario Fisco e tributi

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Latte spot alle stelle Ottimismo nelle stalle

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Carne piemontese Un futuro di razza

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«Vi racconto com’è andata l’assemblea di Anaborapi»

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Buone marginalità per la suinicoltura

Per chi affitta l’alloggio al mare Crediti in F24, le regole della compensazione

Diritto agrario

12 L’editoriale

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Nel nome del giudice

L’aria che tira

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Non ci resta che scommettere?

L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

Fabbricati rurali è l’ora della verità

L’avvocato risponde

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Perchè quello vegetale non può dirsi latte

Zootecnia

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Fienagione, tecniche antiche e nuove

Enologia

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Staffetta al vertice della Cantina Clavesana

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Barbera d’argento ai mondiali di Bruxelles Due nuovi vini dalla Romagna

Seminativi

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«Facciamo un Piemunto anche per il riso»

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Bieticoltura, fiducia nella fine delle quote

Attualità

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Confagricoltura Allasia presidente

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Etichetta di montagna il prodotto ci guadagna

64

Danni dei selvatici la Regione paga

65

Ma l’intervento spetta alle Province

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Canale Cavour Opera strategica

Notizie dalle aziende

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Nocciole, Chianchia Porte aperte al futuro

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Nuovi motocoltivatori Bertolini: le soluzioni ideali per il tuo lavoro

Ortofrutticoltura

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L’Olanda si arrende alla Tonda delle Langhe

44

Nocicoltura modello americano

50

Coltivare nocciole evitando sorprese

54

Ortaggi e piccoli frutti il nuovo manuale Agrion

57

L’ortofrutta della Via Emilia

L’invitato speciale

70

Pavia, tutto cominciò quella sera con Mike

Radici

73

Misteri della fede nella pieve millenaria

Osservatorio prezzi

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Prezzi e mercati all’ingrosso

Scadenze fiscali

77

Agosto: Occhio alle scadenze

Mercatino

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Gli affari dell’Imprenditore

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L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

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Nel nome del giudice Capita spesso di lamentarsi, a volte non a torto, dello strapotere dei giudici.

Ma sempre più spesso viene da dire che se i giudici non ci fossero, bisognerebbe inventarli, non solo per il ruolo in sé, ma per come talvolta suppliscano all’inconsistenza sempre più evidente della politica.

Prendiamo l’ultima sentenza della Corte di Giustizia europea, che ha confermato il divieto di evocare i nomi dei prodotti lattiero-caseari su alimenti a base vegetale: possibile che tra leggi, leggine, commissioni, deputati, senatori, europarlamentari, portaborse, tecnici e consulenti, sia stato necessario ricorrere ai giudici per farsi dire che il latte di soia non è latte, ma semmai una bevanda a base di soia?

D’accordo che i Tribunali servono a far rispettare le leggi a chi le disattende, ma, alla fine, se le leggi non ci sono, o sono mal scritte, tocca ai giudici “fare giurisprudenza”, cioè indicare la direzione, che teoricamente spetterebbe ai politici.

Recentemente la Cassazione ha vietato a un indiano sikh di Mantova di andare in giro con il kirpan, una sorta di pugnale tradizionale con una lama di una ventina di centimetri, considerato normale in India, ma non qui in Italia: era necessario farselo dire dai giudici che i migranti dovrebbero conformarsi ai valori dei Paesi che li ospitano?

Per non parlare della sentenza che cerca di porre un limite alle pretese delle mogli nelle cause di separazione: davvero non esiste nessun politico in grado di impedire che un padre di famiglia finisca a dormire sotto i ponti, perché il suo stipendio (anche quando fortunatamente c’è) non è sufficiente a pagare il mutuo della casa dell’ex moglie, oltre al mantenimento del tenore di vita della stessa ex moglie e dei figli?

A ben pensare, perfino nella vituperata vicenda delle quote latte, se non fosse stato per le sentenze di sospensione delle multe, molti allevatori sarebbero tacitamente spariti dalla circolazione, proprio perché le leggi nazionali e europee non hanno permesso di distinguere con chiarezza tra chi faceva il furbo e chi disperatamente cercava di salvare l’azienda, non andando in giro con il macete o la pistola, ma mungendo le vacche, in un Paese, l’Italia, che importa più latte di quanto ne produce.

A Vigone, nel 1418 san Bernardino da Siena ottenne il miracolo di scuotere i fedeli dalla pigrizia puntando contro di loro un braccio del crocifisso. Funzionerebbe anche oggi con chi deve governare il Paese?

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Non ci resta che scommettere?

Un altro anno di gran caldo (come gli ultimi quindici, eccezion fatta per il 2002 e il 2014) con una qualità della frutta estiva che, in Provincia di Cuneo, è davvero eccellente. Basta assaggiarle le ciliegie, le albicocche e tra poco le pesche, per capire quanto il sole possa fare, almeno laddove non è stato tutto distrutto dal gelo e i coltivatori usano l’acqua con la parsimonia necessaria e soprattutto non a ridosso della raccolta, per fare qualche quintale a giornata in più.

Eppure, con una condizione tutto sommato favorevole, in termini di qualità intrinseca, anche quest’anno si ripete, per le pesche, il consueto scenario: previsioni fosche, commercianti e commerciali con le bocche cucite, che quasi accettano le consegne dalla campagna controvoglia, tanto la battaglia si preannuncia dura sui mercati nazionali e internazionali.

Vista la persistenza della situazione, c’è davvero da domandarsi se i peschicoltori cuneesi amino la scommessa. Il loro reddito, infatti, si gioca su pochi centesimi al chilo (vista la capacità produttiva per ettaro) e uno zero-virgola, può cambiare il segno dell’annata da passivo ad attivo.

E’ possibile lavorare così e soprattutto è giusto? Impossibile dirlo, se non attingendo a categorie che con il mercato hanno poco a che vedere.

Tuttavia, qualche riflessione di sistema si può fare, proprio in virtù della ciclicità di questa situazione.

Intanto, le pianure frutticole che da Cuneo e Fossano vanno fino alla provincia Torinese, vedono ormai una differenziazione produttiva che solo alcuni anni fa era difficile pensare: uva da tavola, piccoli frutti, ciliegie e nocciole, actinidia arguta spiccano nel panorama di quelli che un tempo erano esclusivamente pescheti, meleti e impianti di actinidia Hayward.

La strada è tracciata e salvo che non si ami davvero scommettere su quei cinquedieci centesimi capaci di far svoltare l’annata, non si può che seguirla, andando a restituire varietà di produzioni al frutteto piemontese.

Anche così però il tallone d’Achille del sistema sarà solo distratto: l’assenza di infrastrutture capaci di ridurre tempi e costi in modo significativo e l’assenza di un sistema della trasformazione basato su questo territorio, capace di fungere da valvola di sfogo per le eccedenze, certo, ma anche di valorizzare la qualità intrinseca della frutta maturata ai piedi delle Alpi, non vengono meno cambiando coltivazioni.

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Fisco e Tributi di Alberto Tealdi - commercialista - a.tealdi@studiocugnasco.it

Per chi affitta l’alloggio al mare Con l’approvazione del DL 50/2017 e la sua conversione in legge il legislatore ha introdotto, finalmente con chiarezza, un punto fermo sulla definizione e sull’imposizione fiscale dei contratti di locazione di breve durata utilizzati prevalentemente ai fini turistici.

La nuova disposizione infatti, che si applica a chi detiene gli immobili locati in qualità di persona fisica privata e non nella sfera imprenditoriale, interviene sia sulla definizione di tali locazioni sia sull’aspetto relativo alla tassazione dei canoni percepiti.

LOCAZIONI BREVI In particolare, vengono definite locazioni brevi quelle relative a contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, compresi quelli che preve-

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dono il servizio di fornitura di biancheria e pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di impresa, sia avvenuti direttamente che per il tramite di inter-

mediari immobiliari anche attraverso portali online.

QUALIFICAZIONE PROVENTI Questa definizione sgombra ogni dubbio sulla corretta qualificazione dei relativi proventi in quanto precedentemente i redditi derivanti da tali locazioni potevano essere considerati redditi fondiari se considerate mere locazioni o redditi diversi se considerate attività economiche occasionali data la fornitura della biancheria e la gestione della pulizia dei locali.

Dal punto di vista della tassazione è stabilito che per i contratti di cui sopra stipulati dal 1° giugno 2017 il locatore può optare per il regime della cedolare secca imputando i canoni ad una imposta sostitutiva del 21% oppure prevedere la tassazione

Dal 1 giugno 2017 è in vigore il nuovo trattamento fiscale per le locazioni brevi. Si può optare per la cedolare secca di tassazione al 21 per cento dotto di una ritenuta del 21% ordinaria Irpef sulla base del e gli estremi di tutti i contratti stipulati per il tramite dell’intermediario medesimo verranno comunicati da questo all’Agenzia delle Entrate.

proprio scaglione di imposta.

INTERMEDIARIO In ogni caso, se nella stipula del contratto e nella gestione degli incassi interviene un soggetto terzo intermediario questo deve obbligatoriamente comunicare all’Agenzia delle Entrate, entro il 30 giugno dell’anno successivo, tutti i contratti stipulati dal locatore per il suo tramite ed applicare una ritenuta del 21% sugli introiti per il suo tramite incassati e riversati al locatore.

Tale ritenuta, che sarà oggetto di certificazione, sarà da considerarsi a titolo di imposta se il locatore ha optato per la cedolare secca o a titolo di acconto qualora il

locatore adotti il regime ordinario Irpef.

BREVI PERIODI Per semplificare quindi, se una persona fisica privata detiene un appartamento al mare e decide di locarlo per brevi periodi fornendo anche il servizio di biancheria e di pulizia e prevede altresì di avvalersi dei servizi di intermediazione di un portale online (quale Airbnb, tanto per citare quello più in voga) riceverà un accredito da parte dell’intermediario online ri-

CEDOLARE SECCA Se poi il locatore ha optato per la cedolare secca la ritenuta del 21% sarà a titolo di imposta e non dovrà più indicare i canoni nella propria dichiarazione dei redditi, canoni che invece andranno indicati se non ha optato per la cedolare e la ritenuta del 21%, in questo caso a titolo di acconto, verrà recuperata in sede di dichiarazione dei redditi che andrà obbligatoriamente presentata.

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Fisco e Tributi di Marianna cugnasco - commercialista - mar.cugnasco@studiocugnasco.it

Crediti in F24, le regole della compensazione A partire dallo scorso 24 aprile, data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cosiddetta “manovra correttiva”, sono cambiate le regole per l’utilizzo dei crediti d’imposta in compensazione con altri tributi diversi (procedura che si definisce “compen-

quali le stesse compensazioni potranno essere realizzate dai soggetti titolari di partita Iva. SOGLIA DI COMPENSAZIONE Sotto il primo profilo è stata ridotta da 15.000 euro a 5.000 euro la so-

Le nuove norme inaspriscono i vincoli di utilizzo dei crediti e modificano le modalità delle compensazioni compiute dai titolari di partita Iva sazione orizzontale” e si verifica quando, ad esempio, viene utilizzato un credito Iva per pagare un debito Irpef).

Le modifiche hanno comportato sia un inasprimento dei vincoli di utilizzo dei crediti, sia una modifica delle modalità con le

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glia oltre la quale l’utilizzo in compensazione orizzontale dei crediti per imposte dirette, Irap e Iva è subordinato all’apposizione del visto di conformità. Esemplificando, è possibile utilizzare il credito annuale Iva liberamente in compensazione

con altri tributi tramite la sua indicazione nel modello F24 solo se l’importo è inferiore a 5.000 euro.

Oltre tale limite la compensazione può avvenire solo previa apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione Iva dalla quale emerge il credito stesso.

In alternativa al visto di conformità, resta ferma la possibilità, per i soggetti sottoposti alla revisione legale dei conti, di avvalersi della sottoscrizione delle dichiarazioni annuali da parte dei soggetti che esercitano il controllo contabile (sindaci e revisori).

REGIME SANZIONATORIO È stato inoltre introdotto uno specifico regime sanzionatorio per le ipotesi di compensazione dei crediti in violazione delle disposizioni summenzionate, che prevede il recupero,

Fisco e Tributi

da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’ammontare dei crediti utilizzati in violazione alle disposizioni di legge, con applicazione di interessi e sanzioni.

PARTITA IVA Sono infine state modificate le modalità operative mediante le quali i contribuenti titolari di partita Iva possono effettuare le compensazioni orizzontali, prevedendo l’obbligo, per costoro, di utilizzare esclusivamente i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (Entratel o Fisconline) per qualsiasi tipo di compensazione in F24, non rilevando più l’ammontare del credito compensato.

Tali soggetti dovranno pertanto abilitarsi sul portale dell’Agenzia delle Entrate o, in alternativa, potranno rivolgersi ad un intermediario abilitato (ad es. commercialisti o consulenti del lavoro) per effettuare tutti i pagamenti che contengano anche solo una compensazione di modesto importo.

OCCHIO ALLE MODALITà Per consentire ai contribuenti di adeguarsi a tali nuove procedure, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che

HOME SOGGETTI PRIVATI CARTACEO BANKING (non titolari di partita Iva) F24 senza crediti in compensazione e con saldo di qualsiasi importo

X

F24 con crediti in compensazione, ma con saldo a debito

X

X

X

X

F24 con saldo a zero SOGGETTI TITOLARI DI PARTITA IVA

ENTRATEL/ FISCONLINE (o commercialista/ consulente)

X HOME CARTACEO BANKING

ENTRATEL/ FISCONLINE (o commercialista/ consulente)

F24 senza crediti in compensazione e con saldo di qualsiasi importo

X

X

F24 con crediti in compensazione della stessa natura (ad es. Iva con Iva, Irpef con Irpef)

X

X

F24 con crediti in compensazione orizzontale

X

F24 a saldo zero

X

i controlli sulle compensazioni in F24 sarebbero avvenuti solo a partire dal 1° giugno 2017.

Pertanto ora occorre prestare molta attenzione alle modalità con le quali si pagano i modelli F24.

La tabella che segue riepiloga le corrette modalità di presentazione dei modelli, suddividendo tra soggetti con partita Iva e soggetti privati.

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Diritto agrario di Davide Galfrè - geometra - galfre.davide@gmail.com

Fabbricati rurali è l’ora della verità E’ ormai del mese di maggio la notizia che l’Agenzia delle Entrate ha preparato alcune migliaia di lettere da spedire a possessori di fabbricati rurali ancora da accatastare, ma serve quanto mai fare chiarezza, soprattutto per chi, come

stamento.

Per queste categorie di fabbricati, destinati al servizio dell’agricoltura, sono previste particolari categorie catastali tramite cui è possibile fruire delle agevolazioni fiscali e tributarie.

Stiamo parlando di tutti gli

te in visura catastale una dicitura simile a “requisiti di ruralità accertati”.

I proprietari dei fabbricati come sopra descritti non hanno nulla di cui temere (in tale ambito) da parte dell’Agenzia delle Entrate, poiché i loro fabbricati sono

In arrivo dall’Agenzia delle Entrate migliaia di lettere di contestazione indirizzate a chi non ha provveduto all’accatastamento.

Ecco chi non ha nulla da temere e chi invece deve rimediare i lettori dell’Imprenditore Agricolo, coi fabbricati rurali ci campa.

CATASTO FABBRICATI Come già tentato di spiegare in articoli pubblicati in passato, tutti i fabbricati devono essere censiti al Catasto Fabbricati; per quelli che hanno destinazione agricola sono previsti degli sconti sulle imposte (ad esempio l’Imu), ma ciò non toglie l’obbligo di accata-

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immobili censiti al Catasto Fabbricati nelle categorie: • D/10, cioè i fabbricati strumentali all’attività agricola come ad esempio la stalla, il fienile, la tettoia, il deposito mezzi e derrate, l’essiccatoio etc.; • A/6, cioè i fabbricati abitativi destinati ad ospitare la residenza del titolare dell’attività agricola o dei suoi braccianti; • qualunque altra categoria catastale purché sia presen-

correttamente accatastati, effettivamente al servizio dell’attività agricola e pertanto si dice che abbiano i “requisiti di ruralità”.

MANCATO ACCATASTAMENTO Le lettere che l’Agenzia delle Entrate sta spedendo per i fabbricati rurali riguardano, invece, tutti quei fabbricati per i quali il proprietario non ha proceduto ad accatastamento,

il cui termine ultimo scadeva il 30 novembre 2012 o lo ha eseguito in una modalità non corretta. Tali fabbricati non risultano censiti al Catasto Fabbricati, ma unicamente al Catasto Terreni con la qualità “fabbricato rurale” o altre qualità simili come “porzione di fabbricato rurale” e la loro regolarizzazione può comportare una pratica catastale anche piuttosto complessa (resta sempre la remota ipotesi di errori durante la fase dell’accatastamento dovuti alla frenesia che comandava gli uffici catastali nel periodo della scadenza del 2012).

SITUAZIONE DEBITORIA Infatti, a seconda delle casistiche, possono variare anche le sanzioni e le procedure operative e, dunque, la regolarizzazione di tale situazione debitoria con l’Agenzia delle

Entrate va trattata con la massima prudenza, possibilmente confrontandosi dapprima con gli uffici catastali.

Chiaramente esiste in tali casi la possibilità di auto dichiarare il proprio fabbricato rurale non accatastato, procedendo così con un ravvedimento operoso, ed ottenendo uno sconto sulle sanzioni dovute; questa possibilità resta da verificare nei casi in cui si abbia ricevuto la lettera e comunque le procedure restano da valutare di caso in caso.

Tutti coloro i quali hanno proceduto negli anni passati con l’accatastamento dei propri fabbricati con i requisiti di ruralità, utilizzando le giuste procedure di accatastamento, i codici corretti, nonché pagato quanto dovuto, possono quindi stare tranquilli poiché i fabbricati rurali sotto il mirino dell’Agenzia delle Entrate dovrebbero essere ben altri.

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Zootecnia di Maurizio Viso e Giuseppe Cagnassi - m.viso@zootecnica2000.it

Fienagione, tecniche antiche e nuove I foraggi rivestono un ruolo cruciale nell’alimentazione della bovina da latte; per questo l’allevatore deve essere consapevole di dedicare alla loro produzione il massimo impegno in modo

li troviamo nei campi, non posso conservarsi, per l’eccessiva presenza di umidità che li porterebbe ad alterarsi in modo irrecuperabile, diventando inutilizzabili.

A questo problema si è

tale da garantire elevate qualità sia nutrizionali che sanitarie, proprio perché il prodotto verrà somministrato ai suoi animali.

Ovviamente i foraggi, come

posto nella storia un primo rimedio con la fienagione.

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FIENAGIONE La fienagione è una tecnica che consiste nel taglio

dell’erba con successiva fase di essiccamento tale da portare l’umidità del prodotto intorno al 15%. L’essiccamento è di solito eseguito sfruttando il calore del sole oppure combinando radiazione solare con ventilazione ad aria calda conosciuta anche come fienagione in due tempi (mediante un essiccatoio). Quella che sarà la qualità del prodotto finito con questa tecnica è influenzata anche dalla qualità del foraggio in campo che dipende, tra le altre cose, anche dall’epoca di sfalcio. Ma ci sono altri fattori come l’altezza di taglio, la gestione del rivoltamento e l’andanatura che possono influenzare molto il risultato finale. Purtroppo questo metodo ha la pecca di dover sottostare a tempi più lunghi e quindi di lasciare il prodotto maggiormente esposto agli agenti atmosferici. Esiste però anche un’altra tecnica di conservare i foraggi, la quale prevede il loro insilamento che può essere fatto in trincea oppure mediante l’utilizzo

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Zootecnia della fasciatura delle balle con film plastico.

Vorremmo in quest’articolo vedere alcuni aspetti che riteniamo importanti nella produzione, conservazione e utilizzazione degli insilati d’erba.

L’INSILAMENTO Questa tecnica permette di conservare i foraggi mediante un processo di acidificazione spontanea prodotta dalla fermentazione degli zuccheri operata dai batteri lattici associata alla formazione di un ambiente anaerobico cioè privo di ossigeno. Gli insilati d’erba pre-appassiti più comuni nelle nostre zone sono prodotti utilizzando l’erba medica o il loietto.

Vediamo alcune regole: • partire da un foraggio sano e non eccessivamente maturo, poiché se pretendiamo di autoprodurci una materia prima che ci migliori la razione non possiamo insilare foraggi troppo vecchi i quali hanno una fibra più scaden-

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te e contengono meno zuccheri utili alla fermentazione; • meditare sulla scelta trincea o balloni fasciati. La trincea rimane senza dubbio il metodo più economico per conservare foraggi. Tuttavia nonostante le aziende in Piemonte siano cresciute, come numero di animali, molto spesso il consumo di insilato in trincea (soprattutto d’estate) non è sufficiente a garantire un arretramento del fronte tale da mantenere il prodotto sano. Questo ovviamente dipende da azienda a azienda, cioè dal numero di animali e dalla tipologia di trincee presenti. Oggi molte aziende sono in grado di gestire una trincea nei mesi freddi ed optano per la fasciatura dei foraggi da usare nei mesi estivi. Il prodotto fasciato può essere lungo così come lo si sfalcia, tagliato dall’imballatrice, oppure trinciato.

Mentre le prime due tipologie sono più facilmente gestibili dall’allevatore, la trinciatura prevede un cantiere più impegnativo

Zootecnia

Produzione, conservazione e utilizzazione degli insilati d’erba: essiccato o fasciato, qual è il miglior metodo di lavorazione e perchè con un costo più alto che però è in gran parte ripagato dal minor lavoro del carro miscelatore nel tagliarlo e nell’eccellente miscelazione nell’unifeed; • controllare l’umidità del prodotto. È bene rimanere in una fascia di umidità tra 36% e 56%.

Valori eccessivamente superiori portano a non corrette fermentazione che tendono a degradare la proteina con formazione di azoto ammoniacale e ammine entrambe tossiche per gli animali. Mentre valori inferiori sono pericolosi soprattutto se parliamo di trincea, poiché diventa molto difficile la pressatura del prodotto e, come sappiamo, se rimane ossigeno all’interno, lo sviluppo di muffe indesiderate è garanti-

to. Questo problema può essere in parte ovviato se si utilizzano balloni fasciati, oppure le recenti macchine che compattano e fasciano il foraggio trinciato; • essere meticolosi, perché essendo un prodotto pre-appassito nelle operazioni di sfalcio, rivoltamento e andanatura, bisogna porre attenzione a non contaminare il prodotto con la terra, essendo la principale fonte di contaminazione da clostridi. È buona norma sfalciare ad un’altezza di almeno 8-10 cm, in modo tale da avere un prodotto con meno ceneri (il livello di ceneri è correlato alla contaminazione da terra) e allo stesso tempo con meno lignina. Tagliare ad altezza superiore, soprattutto per l’erba

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Il minor numero di operazioni in campo permette di portare a casa tutte le parti della pianta con un elevato valore nutritivo medica, favorisce un miglior ricaccio poiché si evita di danneggiare la base della pianta; • l’erba medica è tra i foraggi che più si usa fasciare nelle nostre zone, questo è dovuto alla sua estrema facilità nel perdere la foglia.

Fasciandola lunga o meglio ancora trinciandola si riesce a portare via dal campo un prodotto con un alto valore nutrizionale.

METODI A CONFRONTO Ormai è da molti condiviso che un

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buon fasciato sia meglio di un buon fieno. In primo luogo, per la maggior facilità da parte dell’allevatore di centrare il momento migliore per la raccolta.

Poi bisogna ricordare che il minor numero di operazioni in campo permette di portare a casa tutte le parti della pianta con un elevato valore nutritivo (es. foglie della medica).

Inoltre, lo stesso prodotto essiccato e fasciato, all’analisi ha evidenziato che il secondo ha un maggior contenuto in proteina e un minore in

lignina, perciò una fibra più digeribile (Informatore Zootecnico n.4/2015).

Questo sta a significare che i fasciati devono essere inseriti nelle razione in modo corretto, lasciando comunque spazio al fieno secco.

Questi alimenti aiutano a mantenere un buon livello di ingestione, grazie alla loro appetibilità, ed a migliorare o comunque mantenere alta la qualità del latte, parametro la cui importanza è sempre più alta nel mercato del lattiero-caseario.

Perchè quello vegetale non può dirsi latte Una posizione di grande rilievo nel sistema di protezione del consumatore detiene la regolamentazione in materia di etichettatura e informazioni sugli alimenti, la cui disciplina generale è stata recentemente novellata dal Regolamento europeo.

Tale regolamento prevede la denominazione dell’alimento tra le indicazioni obbligatorie dell’etichettatura.

Negli ultimi giorni, ha fatto molto discutere la sentenza della Corte di giustizia europea che si è pronunzia-

ta sulla questione della denominazione da inserire sulle confezioni dei prodotti alimentari a base vegetale.

CIBO VEGANO In particolare, la Corte ha accolto le ragioni di un’associazione tedesca che aveva agito giudizialmente nei confronti di una società produttrice di alimenti “vegan food” che inseriva sulle confezioni di tali prodotti la stessa “dicitura” utilizzata per quelli lattiero-caseari.

La sentenza ha statuito che la deno-

minazione “latte” e gli altri appellativi che il Regolamento UE riserva ai prodotti lattiero-caseari, non possono essere utilizzati per designare, all’atto della commercializzazione o nella pubblicità, un prodotto puramente vegetale, e ciò anche nel caso in cui dette denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto.

BEVANDA VEGETALE Pertanto, i produttori dovranno uti-

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La sentenza della Corte di giustizia europea distingue il latte di origine animale dalle bevande vegetali con denominazioni ambigue lizzare la dicitura “bevanda vegetale a base di”, scevra di riferimenti a denominazioni usate per prodotti di origine animale, se non vogliono incorrere nella violazione della legislazione comunitaria che disciplina la materia in questione.

FORMAGGIO VERO In realtà, si contano numerose sentenze della Corte di Giustizia che già avevano statuito il principio: già nel 1999, ad esempio, la Corte aveva precisato, infatti, che un prodotto lattiero caseario nel quale la materia grassa è stata sostituita da materia grassa vegetale per motivi dietetici non può essere denominata “formaggio”, ritenendo correttamente che l’utilizzo di una denominazione quale quella di “formaggio” per prodotti che contengono grassi non di origine animale, anche se correttamente indicati in etichetta, andrebbe contro la necessaria protezione da riconoscere ai produttori di latte.

FORMAGGIO IN DEROGA Occorre comunque segnalare che, sebbene anche la giurisprudenza più recente mantenga la protezione tradizionalmente accordata ai prodotti lattiero-caseari e la riserva di denominazione del latte, la Commissione UE ha deciso, il 20 dicembre 2010, che, in via derogatoria, tale prote-

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zione non si applica alle denominazioni di prodotti di cui sia nota la natura esatta per l’uso tradizionale delle stesse. Così continua ad essere ammesso l’uso della denominazione

“fromage” nella denominazione di un dessert a base di frutta non contenente latte, della denominazione “latte di cocco” e “latte di mandorla”.

CONDOTTE SLEALI Oltre allo scopo di tutelare il consumatore e garantire al medesimo un’informazione chiara in ordine al prodotto alimentare, che gli consenta di effettuare scelte consapevoli, la normativa in materia di denominazione persegue anche il fine di tutelare la concorrenza fra i produttori: l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato è stata creata proprio per contrastare le pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori e delle microimprese nonché tutelare le imprese dalla pubblicità ingannevole e comparativa. La legge consente alla stessa, in merito, di comminare sanzioni alle imprese che si rendono colpevoli di condotte sleali.

Tali sanzioni sono impugnabili dinanzi al Tribunale amministrativo regionale.

ZUCCHERO AMBIGUO Recentemente, ad esempio, il Tar per il Lazio ha ritenuto legittima la sanzione comminata alla Hero Italia S.p.a. in ragione dell’utilizzo della denominazione “Senza zucchero aggiunto”, realizzata con il termi-

L’avvocato risponde

ne “aggiunto” scritto con caratteri di dimensioni inferiori, e per l’uso, ritenuto non veritiero dell’indicazione “Diet”, tale da indurre in errore i consumatori, in merito al reale contenuto zuccherino delle confetture di frutta e alle loro caratteristiche dietetiche». Le etichettature, inoltre, sono soggette anche al controllo svolto dal Ministero della Salute prima dell’immissione in commercio del prodotto, che persegue la specifica finalità di verificare la sicurezza e l’assenza di pericolosità per la salute umana.

INDICAZIONI OBBLIGATORIE Si ricorda, da ultimo, che l’art. 9 del predetto Regolamento UE contiene l’elencazione delle indicazioni obbligatorie da riportare sull’etichetta dell’alimento e cioè: - la denominazione; - l’elenco degli ingredienti; - qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un

prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata; - la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti; - la quantità netta dell’alimento; - il termine minimo di conservazione o la data di scadenza; - le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego; - il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui all’articolo 8, paragrafo 1; - il paese d’origine o il luogo di provenienza, ove previsto all’articolo - le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento; - per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo; - una dichiarazione nutrizionale.

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Zootecnia di Giovanni Battista testa

Latte spot alle stelle Ottimismo nelle stalle Il settore latte attraversa un periodo positivo, oltre le migliori previsioni. Sul mercato manca il burro e anche il prezzo del latte spot è schizzato alle stelle.

BURRO RECORD Nel mese di giugno il prezzo del burro a livello mondiale ha raggiunto quotazioni record.

Spicca la quotazione raggiunta in Germania di euro 5,863/kg, +101,13% rispetto al giugno 2016.

In Olanda il prezzo medio è di euro 5,725/kg, +95,93% rispetto al giugno 2016.

Anche oltreoceano le quotazioni sono incrementate. Un po’ meno sulla piazza di Chicago +

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13,55%, da euro 4,406/kg a euro 5,003, mentre invece sul mercato dell’Oceania le quotazioni hanno seguito quelle europee + 111,78%, passando da euro 2,704/kg a euro 5,123 nel giro di un anno!

LATTE SPOT ALLE STELLE Il prezzo del latte spot sulla piazza di Lodi ha registrato un netto miglioramento.

Il prezzo del latte spot nazionale ha registrato nel mese di giugno un valore medio di 42,92/100kg, + 13,28% rispetto a maggio 2017 e +44,17% rispetto al mese di giugno 2016.

Meglio ha fatto il latte di provenienza Germania e Francia. Il latte

intero tedesco è quotato a Lodi 43,56 euro/100kg , +14,39% rispetto al mese di maggio e +47,61 rispetto al mese di giugno 2016.

Il latte di origine francese è stato quotato 41,63 euro/100 kg, +17,90% rispetto al maggio 2017 e + 46,84% rispetto giugno 2016.

QUOTAZIONI PRODOTTI La crema di latte tedesca è offerta a 3,00 euro/Kg partenza, il latte fresco è offerto a 0,41 euro/Kg e il latte scremato a 0,22 euro/Kg arrivo.

Pochissima disponibilità di merce e quasi impossibile trovarne proveniente dalla Germania.

Riguardo al latte in polvere i bollet-

Zootecnia tini tedeschi risultano invariati per lo scremato, sia per l’uso alimentare che per quello zootecnico.

L’aumento della materia grassa in generale ha scaturito incrementi per il prezzo del latte intero in polvere.

In Francia le quotazioni sono rimaste invariate.

Nessuna offerta all’intervento.

Incredibilmente la Commissione ha accettato un ordine di acquisto all’intervento per 100 Tons a 1.850 euro/Tons.

Per quanto riguarda il siero in polvere, le cui esportazioni continuano a dare grosse soddisfazioni, i bollettini fanno registrare una diminuzione in Germania per l’uso zootecnico e invariato per l’uso alimentare; invariato anche in Francia e leggermente diminuito in Olanda.

Le quotazioni medie europee dei bollettini dei formaggi sono in aumento per il cheddar a 3,49 euro/Kg, il gouda a 3,15 euro/Kg

e per l’edamer a 3,23 euro/Kg; in calo, invece, per l’emmentaler a 4,03 euro/Kg. In Italia, quotazioni in aumento per il parmigiano reggiano nelle principali Borse merci.

In Italia le quotazioni del Parmigiano Reggiano sono tornate a crescere dopo la pausa del mese di maggio.

Il prezzo medio fissato sulla piazza di Milano per Parmigiano Reggiano stagionato 12 mesi e oltre è di euro 9,50/kg, +0,26% rispetto al precedente mese e +16,56% rispetto al giugno 2016. Buono anche l’incremento del Grana Padano. Il prodotto con stagionatura 9 mesi è stato quotato a Milano euro 6,73/kg, +0,75% rispetto al maggio 2017 e + 6,75% rispetto al giugno 2016.

LATTE ALLA STALLA Il prezzo del latte alla stalla non segue l’andamento positivo del mercato. Il valore medio pagato

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Zootecnia agli allevatori nel mese di maggio è pari a euro 36,11/100kg, +16,22% rispetto al mese di maggio 2016: In Germania il prezzo medio pagato agli allevatori nel mese di maggio è pari a euro 33,49/100kg, +39,72% rispetto ad un anno fa. Meno bene in Francia, prezzo medio di euro

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32,27/100kg, +12,13% rispetto al maggio 2016.

Il prezzo medio del latte alla stalla a livello europeo è risultato pari a euro 32,79/100kg con un incremento del 25,1% rispetto al maggio 2016.

L’Italia sta perdendo terreno e

neanche più i 4 centesimi/litro di differenza sono rimasti. Al momento la differenza a livello di prezzo medio è di 3,32 centesimi/kg.

CONSUMI IN AUMENTO L’andamento dei consumi sembrerebbe registrare una inversione di tendenza. Secondo quanto emerge da un’indagine realizzata per Assolatte dal Rem Lab dell’Università Cattolica di Piacenza, gli operatori del settore lattiero caseario si aspettano di chiudere il 2017 con un aumento medio delle vendite del 4,9%. Un dato rilevante, ancor più nel confronto con quello del 2016.

A spiegare queste aspettative c’è l’ottimismo circa la ripresa dei mercati, diffuso soprattutto tra le piccole aziende, cioè quelle al di sotto dei 50 milioni di euro di giro d’affari. Ma è soprattutto ai mercati esteri che puntano le imprese lattiero casearie italiane, che si aspettano di realizzare fuori dall’Italia il 16,1% del fatturato, come eviden-

Zootecnia zia l’indagine commissionata da Assolatte: “Se storicamente l’Italia importava più formaggi di quelli che esportava, dal 2009 succede il contrario. Da allora il valore dell’export di formaggi italiani supera nettamente l’import”.

STRUMENTI CONTRATTUALI Il prezzo del latte alla stalla non è adeguato all’andamento reale del mercato, non solo in Italia, abbiamo visto.

Mancano meccanismi e strumenti contrattuali che consentano di recu-

Il burro traina le quotazioni, consumi in aumento. Torna a crescere il prezzo del Parmigiano Reggiano.

Buono anche l’incremento del Grana Padano CHIAREZZA SUL VEGETALE La recente sentenza della Corte di Giustizia UE – che ha confermato il divieto di evocare i nomi dei prodotti lattierocaseari su alimenti a base vegetale – avrà senz’altro il merito di mettere un po’ d’ordine sugli scaffali. I giudici di Lussemburgo hanno chiarito in via definitiva che non è possibile fare richiamo alle denominazioni proprie del latte e dei prodotti da esso derivati su alimenti di origine diversa.

Neppure quando l’origine vegetale sia comunque precisata, riferendosi alle materie prime ovvero alla caratteristica vegana dell’alimento. Tutto il latte vegetale, che non è latte, finirà così di generare confusione nel consumatore.

perare valore quando il mercato è positivo.

Al contrario, quando il mercato va in crisi i tagli al prezzo del latte alla stalla sono pressoché immediati.

La cooperazione ha i suoi meccanismi con remunerazione del latte conferito in base al bilancio e non può essere diversamente.

Gli allevatori che vendono il latte ai caseifici privati sono invece in difficoltà in quanto poco organizzati per una trattativa collettiva.

L’Unione Europea ha ancora recentemente sottolineato l’insufficiente organizzazione dei produttori offrendo, ancora una volta, le opportunità per la strutturazione di valide Organizzazioni di prodotto, ma a proposito nulla sembra muoversi.

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Zootecnia

Carne piemontese Un futuro di razza All’Assemblea dei soci Anaborapi, il presidente Albino Pistone tone Albino Pis rilancia il ruolo dell’associazione: «Senza di noi, la Piemontese non sarebbe quello che è» Al di là della bagarre (di cui riferiamo a parte, con l’intervento di Elia Dalmasso) suscitata dal rinnovo delle cariche istituzionali, l’Assemblea dei soci Anaborapi del 20 giugno è stata l’occasione per fare il punto sull’attività e le prospettive di un comparto di primissimo piano della zootecnia piemontese, come risulta dalla relazione del presidente Albino Pistone.

NUMERI RECORD Con oltre 138.000 fattrici iscritte, quello dell’Anaborapi è probabilmente il più gros-

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so Libro Genealogico europeo di una razza da carne.

«Il gran numero di animali iscritti – osserva Pistone - è uno dei nostri punti di forza. Da un lato, un’ampia base selettiva favorisce il progresso genetico, dall’altro le aziende di maggiori dimensioni sono sovente caratterizzate dalla presenza di giovani, che vedono nell’adesione al Libro non solo la possibilità di migliorare geneticamente la propria mandria, ma anche l’opportunità di accedere a una gamma di servizi come l’anagrafe bestia-

Zootecnia me, l’assistenza tecnica offerta dalle ARA, la valorizzazione delle produzioni attraverso la certificazione, l’accesso ai premi comunitari o ai servizi tecnici on line come quelli offerti da Webgap».

MERCATO E OPPORTUNITà Nel 2016 il valore degli animali da macello si è consolidato per tutte le categorie animali, ed anche il mercato degli svezzati ha beneficiato dell’applicazione di un prezzo stabilito secondo tabella alla cui stesura abbiamo contribuito.

In questo contesto, il recente riconoscimento della IGP “Vitellone Piemontese della Coscia” è un’ulteriore opportunità: «Ora che disponiamo di questa prestigiosa forma di certificazione – rileva Pistone -, è importante lavorare per non lasciare in mano ad altri la gestione dell’Igp».

CONTI IN ROSSO Sul piano dei conti, l’Anaborapi chiude il bilancio 2016 con il segno negativo: «Alla fortissima diminuzione dei contributi ministeriali – spiega il presidente - si è aggiunta la ristrutturazione del debito con quello che era il nostro principale cliente per la commercializzazione del seme.

Un tempo l’Associazione reperiva più del 50% delle risorse attraverso contributi ministeriali, mentre nel 2016 detto contributo ha rappresentato appena il 20% dei proventi.

Già dal 2014 abbiamo impostato un piano di profonda ristrutturazione, che ha visto ridistribuite parecchie attività all’interno dei nostri uffici, senza peraltro diminuire i servizi a favore degli allevatori, mantenendoli anzi a livelli di eccellenza. E durante il 2016 abbiamo messo a punto il progetto relativo al bando Biodiversità che renderà economicamente sostenibile l’attività dell’Associazione nei prossimi anni.

Il progetto, denominato I-BEEF, ci vedrà impegnati, assieme ad Anabic e Anacli, in nuove attività che mirano a valorizzare gli aspetti di sostenibilità, eco-compatibilità e variabilità genetica».

BENESSERE ANIMALE Accanto a ciò, è di grande rilievo la tematica del benessere animale: «Le risorse alle quali potremo accedere – rileva il presidente - permetteranno un grosso impulso alla selezione genomica.

Grazie alle ulteriori genotipizzazioni che potremo svolgere, riteniamo di poter utilizzare gli indici genomici per il parto entro la fine dell’anno. Il nostro Centro Genetico ha continuato a funzionare a pieno regime ed oltre all’approvazione dei tori di FA, diventa sempre più importante il ruolo che il Performance Test svolge per la produzione di torelli da monta naturale: di tutti i soggetti testati durante il 2016, circa 80 sono stati acquistati da allevatori e, di questi, 25 sono L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

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Zootecnia stati esportati per essere destinati all’incrocio».

RAZZA COMPETITIVA «E’ chiaro che dovremo sempre meno contare sui contributi pubblici e sempre più sulle nostre risorse – conclude Pistone -, si tratta di una scommessa importante e sicuramente saranno richiesti ulteriori cambiamenti nella nostra Organizzazione, tuttavia sono sicuro che gli allevatori saranno dalla parte dell’Associazione: la Piemontese non sarebbe quello che è oggi senza un Libro Genealogico efficiente, un’attività selettiva che nel tempo ha saputo rendere competitiva la Razza ed un Centro Tori in grado di diffondere i risultati della selezione».

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NUOVO DIRETTIVO Al termine dei lavori, la riconferma del Consiglio direttivo uscente ha, per così dire, messo tutti d’accordo, senza illudere nessuno sul fatto che le sfide a cui la Piemontese andrà incontro saranno facili e scontate.

Il messaggio è che il prossimo futuro si presenta con una serie di impegni che richiedono di essere affrontati con la massima decisione e soprattutto con la collaborazione di tutti gli allevatori.

Ecco i nomi degli allevatori nominati in Consiglio: Flavio Beltramino, Franco Dalmasso, Carlo Gabetti, Stefano Ghiso, Renato Giordano, Francesco Navone, Albino Pistone, Franco Serra, Gianni Simonotti.

«Vi racconto com’è andata l’assemblea di Anaborapi» Il delegato dell’Arap Elia Dalmasso spiega le ragioni del Elia Dalmasso suo dissenso all’interno dell’Associazione degli allevatori di bovini di razza Piemontese Martedì 20 giugno 2017, si è svolta a Carrù l’Assemblea annuale dell’Anaborapi, l’Associazione allevatori di bovini di razza piemontese. Uno degli eventi più importanti per oltre quattromila allevatori di Piemontese, che non votano direttamente, ma tramite un numero stabilito di delegati delle varie associazioni allevatori, anche al di fuori del Piemonte. Di seguito, ospitiamo parte dell’intervento di Elia Dalmasso, delegato Arap, che spiega le ragioni per cui ha duramente contestato le scelte dell’Assemblea.

Oltre all’approvazione del bilancio, ad alcune argomentazioni tecniche sulla selezione della razza e alle iniziative del 2017, l’Ordine del giorno comprendeva il rinnovo del consiglio direttivo, del collegio sindacale e l’adeguamento al nuovo statuto dell’Aia (Associazione italiana allevatori).

Vengo a sapere che alcuni delegati erano già a conoscenza dell’ordine del giorno e che avevano ricevuto la lettera di convocazione,

altri erano stati informati telefonicamente la settimana prima e altri, come me, appena 24 ore prima, senza alcuna spiegazione, come se ci fossero delegati di “serie A” e altri di “serie B”, ma sorvoliamo, ormai è tardi per discutere di questi (fondamentali) dettagli.

AIA, LA NOVITà Dopo il discorso del presidente, l’approvazione del bilancio e i vari interventi tecnici si arriva alla fase L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

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dell’Associazione, anche se a questo punto sembro quasi l’unico ad esserne ancora convinto.

“calda” della mattinata.

Secondo quanto stabilito dal nuovo statuto dell’Aia, all’interno del collegio sindacale devono essere messi 2 membri (su 3) nominati direttamente da Aia e uno di loro sarà il presidente del collegio. Qui nasce il dibattito: da una parte gli allevatori, contrari a questa imposizione, dall’altra il rappresentante Aia, che minaccia: «L’Anaborapi ha 2 scelte: o accettare questa regola o uscire dall’Aia».

Parole grosse, nessuno capisce cosa significhi uscire dall’Aia. Avere un loro membro nel nostro collegio sindacale cosa ci comporta? Si parla di commissariamento, c’è molta confusione e nessuno chiarisce cosa può accadere realmente prendendo una

o l’altra decisione. L’unica cosa che è certa è che il nuovo statuto dell’Aia è stato votato ed approvato.

Ma da chi? «Dal vostro presidente Anaborapi!», ci dice il rappresentante dell’Aia. Dal nostro presidente? Quindi noi siamo qui a discutere su una scelta già presa a suo tempo dal nostro presidente senza che lui chiedesse prima il parere degli allevatori? Ha compiuto un atto così delicato per la nostra associazione e nessuno lo sapeva? Ma cavolo, ci voleva tanto a chiedere prima agli allevatori? E perché poi?

Che vantaggi ne abbiamo ad avere dei nominati Aia all’interno dei nostri organi? Nessuno sa darsi delle risposte, ma io continuo a pensare alla buona fede

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BAGARRE SUL VOTO Intanto si deve votare. Ma anche qui la situazione è molto particolare. Dalle regioni Liguria e Lombardia sono arrivati alcuni allevatori (ovviamente contrari alle imposizioni di Aia), chiamati a partecipare all’Assemblea, ma senza diritto di voto. I voti delle loro associazioni sono infatti stati delegati a singoli soggetti portatori di più voti che sembrano sostenere (stranamente!) la linea dell’Aia. Fin da subito la sensazione è che si stia cercando di far passare a tutti i costi la volontà dell’Aia, nonostante la dura opposizione degli allevatori, tant’è che il confronto inizia a farsi molto acceso, le discussioni sfociano ben presto in veri e propri litigi con gli allevatori da una parte e i rappresentanti di Aia e Arap dall’altra, dando vita ad una bagarre inutile e decisamente poco professionale.

CONSIGLIO DIRETTIVO Oltre al collegio sindacale si deve votare anche il rinnovo del consiglio diretti-

vo. Qualcuno propone di prorogare quello uscente solo per un anno, in modo da avere il tempo necessario per prendere decisioni sul da farsi, ma a quanto pare i “pezzi grandi” non sono convinti. In pratica, noi allevatori, con diritto di voto, dobbiamo aspettare che le nostre intenzioni abbiano il benestare degli altri. A questo punto l’assemblea viene sospesa per dar tempo ai partecipanti di chiarirsi le idee. La linea comune tra tutti gli allevatori, aldilà della proroga dei consiglieri per un solo anno, è di non permettere all’Aia di entrare all’interno degli organi Anaborapi, in quanto si rischierebbe di compromettere l’indipendenza della nostra Associazione. Passa oltre un’ora, i “pezzi grandi” delle associazioni e delle organizzazioni agricole non smettono di parlare al telefono e bisbigliare tra di loro.

SOLUZIONE FINALE Quando ormai sono passate le ore 14 e sono tutti ormai stremati dal caldo e dalle troppe ore di attesa, l’assemblea riprende. A parlare è il presidente Arap che propone la seguente soluzione di mediazione

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Zootecnia (da notare il fatto assurdo che all’assemblea Anaborapi le soluzioni e gli accordi vengono presi da altri e non dagli stessi allevatori di piemontese): il consiglio direttivo verrà rinnovato (e non prorogato per un anno, come invece si era detto fino a pochi minuti prima) per i prossimi tre anni, ma con gli stessi membri del precedente con un unico cambio, esce un consigliere che non ha più vacche in stalla ed entra il presidente della sezione Piemontese dell’Arap. Nel collegio sindacale entra a far parte solo un membro Aia. Questo membro sarebbe il rappresentante Aia che per tutta la mattinata ha minacciato l’indipendenza dell’Anaborapi.Modalità di voto? Per alzata di mano.

UN SOLO VOTO CONTRARIO Io non sono d’accordo e lo dico. Non sono d’accordo per il voto con alzata di mano, secondo me poco serio e soprattutto perché abbiamo discusso ore sul fatto di non accettare membri Aia in Anaborapi e adesso in questo modo lo stiamo eleggendo.

Mi guardo attorno. Il presidente della sezione Piemontese dice agli altri delegati che va bene così e di votare a favore. Perché?

Forse il posto concesso all’interno di Anaborapi è un contentino che ci fa chiudere la bocca? Se fino a pochi minuti fa eravamo tutti contrari, ora dobbiamo votare a favore? Cerco di prendere tempo, ma nessuno mi ascolta. Intanto tutti votano a favore tran-

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ne uno: io. Io sono l’unico contrario e faccio mettere a verbale che i membri del consiglio non sono stati scelti dall’assemblea.

Ma ormai è tutto fatto.

Ancora una volta, invece di decidere noi allevatori sul nostro futuro hanno deciso gli altri. Hanno deciso chi votare, come votare e noi li abbiamo sostenuti. Abbiamo dato ancora una volta in mano ad altri il nostro futuro.

AIA, MISSIONE COMPIUTA E ora? Il presidente Anaborapi viene rinnovato, ma è lo stesso che a suo tempo ha firmato uno statuto che ci consegna di fatto sotto il comando di altri. Il collegio sindacale sarà composto da un membro che nessuno voleva: nonostante la

linea contraria di tutti gli allevatori, l’Aia ha raggiunto il suo scopo.

Il presidente della sezione Piemontese ha accettato l’imposizione dell’Aia, facendo votare a favore tutti i delegati della sua sezione ed è entrato a far parte del consiglio direttivo Anaborapi.

E qui forse la mia buona fede inizia a barcollare. Ma non voglio pensare che per avere “una poltrona” in Anaborapi si possa esser disposti a svendere la nostra associazione. Non è possibile.

Non ci voglio credere che qualcuno abbia agito in questo modo.

Elia Dalmasso allevatore di piemontese membro Sezione Piemontese Arap

Zootecnia

Buone marginalità per la suinicoltura

Il prezzo dei suini da macello si è stabilizzato nell’ultimo trimestre tra euro 1,6 e 1,7/kg. Detta quotazione garantisce buoni margini per l’allevamento, sia da ingrasso e sia da riproduzione.

Il prezzo medio del suino pesante destinato alla produzione di salumi DOP del mese di giugno è risultato di euro 1,639/kg, contro il prezzo di euro 1,651 del mese di maggio, -0,72%.

Rispetto invece al giugno 2016 il prezzo evidenzia un incremento del 19,72% (vedere grafico sopra). Da una rilevazione che abbiamo eseguito dei costi e dei ricavi del primo semestre 2017 emerge una situazione di buona marginalità dell’allevamento.

BILANCIO SCROFAIA Il costo di produzione del suinetto di 30 kg, nel periodo considerato (1°

semestre 2017), è pari a euro 2,803/ kg, + 4,94% rispetto al 2016. La scrofaia considerata aveva evidenziato nel corso del 2016 un costo pari a euro 2,681/kg. Rispetto al 2016 vi sono alcuni costi che hanno registrato un aumento: alimentazione + 8,41%, rimonta scrofette + 0,67%, costo della soccida + 16,8% e farmaci e veterinario + 6,15%. I rimanenti costi sono rimasti invariati. Il costo dell’alimentazione è incrementato oltre l’aumento delle materie prime in quanto sono state richieste nuove formulazioni per migliorare le performances in allevamento. Anche il costo della soccida è oltre il reale aumento dei costi in quanto tale ripartizione è legata all’andamento dei prezzi di mercato.

Il prezzo di vendita dei lattonzoli è incrementato del 23,82%, passando

da euro 2,80/kg, a euro 3,467/kg.

Il risultato economico è positivo ed evidenzia un utile netto di euro 22,32 per ogni suinetto prodotto.

BILANCIO INGRASSO Il costo di produzione del suino pesante nel corso del primo semestre 2017 è risultato pari a euro 1,568/ kg, leggermente superiore al costo evidenziato nel corso del 2016 pari a euro 1,521/kg, +3,09%. La voce di costo che maggiormente ha inciso sull’aumento del costo di produzione degli allevamenti è il costo dell’alimentazione, + 5,7%. Tale maggior costo si spiega con il fatto che le materie prime sono incrementate mediamente del 1,2%, inoltre, sono state richieste nuove e migliori integrazioni allo scopo di ottimizzare le rese del

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Zootecnia mangime e gli incrementi dei suini in allevamento. I costi espliciti totali hanno così evidenziato un incremento del 3,25%, mentre gli ammortamenti e oneri finanziari hanno registrato un invariato. Il costo di acquisto dei lattonzoli ha subito una variazione in aumento del 1% circa, euro 3,041/ kg, IVA, trasporto e mediazione compresa, contro il costo di euro 3,010 del 2016. Un aumento moderato rispetto agli aumenti che questo fattore evidenzierà quando ad essere venduti saranno i suini ristallati nel 2017. L’utile netto dell’allevamento è di euro 29,309 per suino portato al macello, pari a euro 0,167/kg.

MATERIE PRIME Andamento stabile sul fronte dei prezzi delle materie prime per l’alimentazione. Le quotazioni medie dei primi cinque mesi del 2017 riflettono grossomodo quelle del 2016, il mais registra un incremento del 1,19%, l’orzo un incremento del 4,17% e la soia un incremento dello 0,17%. Le ultime previsioni FAS/USDA evidenziano un aumento delle produzioni del mais del 9,4%, della soia del 10,5% e una leggera flessione della produzione dell’orzo -0,7%. Conseguentemente gli stock sono previsti in aumento per mais e soia e in leggera diminuzione per l’orzo. Le previsioni per le quotazioni sono di stabilità a meno che eventi atmosferici sfavorevoli (vedi siccità) modifichino significativamente le quantità prodotte e di conseguenza i prezzi di mercato.

MERCATO CARNI I principali tagli di carne suina regi-

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un prezzo medio pari a euro 3,012/ kg, registrando una diminuzione del prezzo rispetto al medesimo periodo 2016 del 25,72%.

Attenzione però alle nuove richieste dei consumatori. In calo il mercato cinese, ancora sotto embargo quello russo strano un andamento stabile, ad eccetto del lombo. Nel primo semestre 2017 la coscia fresca destinata alla produzione dei prosciutti DOP (1315 kg) ha registrato un valore medio pari a euro 5,175/kg. Nelle ultime settimane si è assestata ad un prezzo tra 5,15 euro/Kg e euro 5,20/kg. Rispetto al medesimo periodo 2016 il prezzo medio è incrementato del 17,62%, passando da euro 4,480/kg a euro 5,166/kg. La coscia fresca destinata alla produzione di prosciutti non DOP (>12 kg) ha registrato un prezzo medio di euro 4,123/kg, contro il prezzo di euro 3,474 del medesimo periodo 2016, evidenziando un incremento del 18,66%.

Pesante l’andamento del prezzo del lombo (l’analisi riguarda il lombo taglio Modena, senza fondello). Nei primi sei mesi il lombo ha registrato

CINA E RUSSIA Il mercato a livello mondiale prosegue un periodo di grande equilibrio.

L’export UE che commenteremo nel prossimo numero in modo più approfondito, evidenzia risultati positivi, + 7,66% nei primi tre mesi, rispetto al medesimo periodo del 2016. Tenendo conto che l’anno 2016 fu un anno record in termini di crescita, quindi ancor più il risultato è significativo. Si è fermata la crescita della domanda della Cina, nei primi tre mesi l’export UE verso la Cina è sceso dello 0,6% rispetto al primo trimestre 2016. La Cina fu il Paese che più di tutti incise positivamente sull’export dell’UE nell’anno 2016. La riqualificazione degli allevamenti in Cina comincia probabilmente a dare i suoi frutti e l’Europa deve guardare ad altri mercati. Purtroppo rimarrà interdetto il mercato russo. Com’è noto l’Unione Europea ha prorogato di un ulteriore anno l’embargo.

ANTIBIOTIC FREE Sul fronte consumi le ultime notizie sembrerebbero disegnare un quadro meno pessimista di qualche mese fa. I consumi, anche negli altri paesi europei, vivono una importante mutazione con ricerca di prodotti di qualità e derivanti da allevamenti che rispettano il benessere animale, oltre quanto previsto dalla normativa, e comincia a prendere piede la produzione di carni “antibiotic free”.

Seminativi

«Facciamo un Piemunto anche per il riso» L’assessore regionale all’Agricoltura del Piemonte, Giorgio Ferrero, propone alla Grande distribuzione il modello di promozione già usato per il latte L’assessore regionale all’Agricoltura del Piemonte, Giorgio Ferrero, ha scritto una lettera ai responsabili delle catene della Grande distribuzione (Gdo) in Piemonte per verificare la prossimità di iniziative comuni per la promozione e la valorizzazione del riso piemontese.

PROMUOVERE CONOSCENZA La lettera arriva dopo i buoni risultati raccolti sul latte piemontese con Piemunto, e si propone di “attivare una campagna che favorisca la conoscenza presso il consumatore del riso piemontese”.

Ferrero ricorda “la straordinaria produzione di riso e il grande patrimonio paesaggistico e culturale che vede l’acqua come elemento forte di questo pezzo di pianura padana.

Il Piemonte è di gran lunga la regione con maggior superficie e numero

di aziende risicole di tutta l’Unione europea”.

DISTINGUERE PROVENIENZA C’è però un problema: «Troppa confusione presente oggi sul mercato genera inganni nei consumatori – osserva l’assessore - che spesso credono di acquistare, dietro ai marchi nazionali, sempre produzioni di riso italiano. Purtroppo solo le confezioni che lo evidenziano chiaramente danno la garanzia della provenienza». Da qui la proposta di una campagna che “indichi i luoghi, la storia, la cultura e le buone pratiche con cui oggi viene prodotto il riso”. «Come Regione Piemonte – scrive Ferrero - siamo disponibili ad accogliere suggerimenti e a concordare iniziative comuni per portare a vera dignità uno dei prodotti più straordinari dell’agricoltura piemontese».

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Attualità

Paolo Dentis, Enrico Allasia e Paola Battioli

Confagricoltura Allasia presidente

Per la prima volta, un imprenditore agricolo della provincia Granda sale al vertice regionale del sindacato agricolo Enrico Allasia, 47 anni, imprenditore agricolo di Cavallermaggiore, è il nuovo presidente di Confagricoltura Piemonte per il triennio 2017/2020. È la prima volta che un rappresentante della provincia di Cuneo siede alla presidenza regionale dell’organizzazione degli imprenditori agricoli piemontesi.

Succede all’alessandrino

Gian Paolo Coscia, giunto al termine del suo mandato. L’elezione è avvenuta giovedì 29 giugno nel corso dell’assemblea della Federazione regionale che si è svolta a Torino.

Ad affiancarlo, nel ruolo di vicepresidenti, saranno l’imprenditrice risicola e presidente di ConfagriNovara Paola Battioli e l’imprenditore agricolo, agronomo e presidente

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di ConfagriTorino Paolo Dentis.

CHI è ALLASIA Allasia è attualmente presidente di ConfagriCuneo e della sezione Risorse boschive e Pioppicoltura di Confagricoltura Piemonte.

Perito agrario, sposato, due figlie, è contitolare di “Allasia Plant”, azienda vivaistico-forestale di livello nazionale, con sede

a Cavallermaggiore, specializzata nei servizi alla filiera delle coltivazioni energetiche, in particolare biomasse ligno-cellulosiche.

Allasia è anche consigliere nazionale dell’Associazione Pioppicoltori, membro della Commissione nazionale del Pioppo e rappresenta Confagricoltura nel Tavolo nazionale di filiera del tartufo.

Attualità

Etichetta di montagna il prodotto ci guadagna La Conferenza Stato-Regioni ha approvato il decreto per l’utilizzo dell’indicazione facoltativa di qualità “prodotto di montagna”.

«Si tratta – dichiara il ministro Martina – di un ulteriore passo avanti nel fondamentale percorso di valorizzazione dei prodotti e dell’attività dei nostri imprenditori. In particolare, diamo rilievo alle produzioni montane per il loro valore non solo economico, ma sociale e di tenuta del territorio. Come Ministero abbiamo puntato con forza in questa direzione, mettendo in campo strumenti inediti per salvaguardare le produzioni certificate, combattere la contraffazione e aumentare le informazioni disponibili in etichetta. Premiare con la trasparenza chi produce qualità è il

primo passo per tutelare le scelte dei consumatori e per sostenere l’attività economica virtuosa che l’Italia esprime. Su questa strada siamo decisi a continuare con determinazione».

ORIGINE ANIMALE L’indicazione facoltativa di qualità “prodotti di montagna” può essere applicata ai prodotti: - ottenuti da animali allevati nelle zone di montagna e lì trasformati; - derivanti da animali allevati, per almeno gli ultimi due terzi del loro ciclo di vita, in zone di montagna, se i prodotti sono trasformati in tali zone; - derivanti da animali transumanti allevati, per almeno un quarto della loro vita, in pascoli di transumanza

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Approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il decreto per l’utilizzo di una nuova indicazione facoltativa di qualità. Ecco chi può usarla nelle zone di montagna.

La proporzione dei mangimi non prodotti in zone di montagna non deve superare il 75% nel caso dei suini, il 40% per i ruminanti e il 50% per gli altri animali da allevamento. Questi ultimi due parametri non si applicano per gli animali transumanti quando sono allevati al di fuori delle zone di montagna.

ORIGINE VEGETALE E APICOLTURA L’indicazione può essere applicata ai prodotti dell’apicoltura, se le api hanno raccolto il nettare e il polline esclusivamente nelle zone di montagna, e ai prodotti vegetali, se le piante sono state coltivate unicamente nella zona di montagna.

INGREDIENTI UTILIZZATI I prodotti, quali erbe, spezie e zucchero, utilizzati come ingredienti nei prodotti di origine animale e vegetale

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possono anche provenire da aree al di fuori delle zone di montagna, purché non superino il 50% del peso totale degli ingredienti.

TRASFORMAZIONE In merito alle operazioni di macellazione di animali e sezionamento e disossamento delle carcasse e a quelle di spremitura dell’olio di oliva, gli impianti di trasformazione devono essere situati non oltre 30 km dal confine amministrativo della zona di montagna.

Per il latte e i prodotti lattiero caseari ottenuti al di fuori delle zone di montagna in impianti di trasformazione in funzione dal 3 gennaio 2013, viene stabilita una distanza non superiore ai 10 km dal confine amministrativo della zona di montagna.

STRUMENTO EFFICACE «Con questo provvedimento – dichia-

ra il vice ministro Andrea Olivero, con delega all’agricoltura di montagna – intendiamo completare il quadro normativo nazionale sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. Si concretizza quindi uno strumento efficace per gli operatori delle zone montane, che potranno accrescere la redditività facendo leva sulla riconoscibilità dei prodotti, e allo stesso tempo garantiamo maggiore tutela ai consumatori, che chiedono sempre più trasparenza e informazione».

TRADIZIONE AGROALIMENTARE «Tale intervento rappresenta una ulteriore leva di marketing – dichiara il sottosegretario Giuseppe Castiglione – oltre che un dovuto riconoscimento agli agricoltori di montagna, che assolvono al fondamentale compito di mantenere l’attività primaria in aree difficili e di tramandare la tradizione agroalimentare locale».

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Ortofrutticoltura

L’Olanda si arrende alla Tonda delle Langhe L’atteso annuncio è arrivato il 19 giugno: in quella data, l’Olanda ha formalmente comunicato la cancellazione della “Tonda gentile delle Langhe” dal proprio Registro delle varietà vegetali.

L’iscrizione era attiva dal 2012. Il risultato è stato ottenuto anche a seguito della lettera di dicembre del ministro Maurizio Martina al suo omologo olandese e al lavoro fatto dal Ministero in questi mesi con l’impegno anche del vice ministro Andrea Olivero.

PROMESSA MANTENUTA «Ringrazio il ministro Martijn van Dam – ha dichiarato Martina – per l’attenzione alla nostra richiesta, che serve a tutelare i nostri produttori. Le nocciole sono una delle produzioni che più si identificano col territorio delle Langhe e dobbiamo fare in modo che non ci siano forzature nell’utilizzo di queste denominazioni. È un impegno che avevamo preso e che abbiamo mantenuto».

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BASTA POLEMICHE «Il lavoro di squadra di questi mesi, fatto anche con la Regione Piemonte – ha commentato Olivero – ha prodotto risultati importanti; abbiamo semplificato e chiarito meglio alcuni aspetti tecnici sui quali si è a lungo dibattuto.

Ora dobbiamo rafforzare gli strumenti di valorizzazione della nocciola piemontese, a partire da quella Igp. Mi auguro anche che si smetta di alimentare polemiche sterili, che nei mesi

Ortofrutticoltura

Cancellata dal Registro delle varietà vegetali la denominazione che poteva danneggiare i produttori piemontesi.

Una promessa mantenuta scorsi hanno solo creato confusione. Il Ministero continuerà a lavorare per la tutela e la promozione delle produzioni di qualità».

AZIONI DI TUTELA n questi mesi il Ministero delle Politiche agricole ha lavorato per chiarire e semplificare la normativa sulla varietà di pianta di nocciolo “Tonda gentile”.

Dopo una fase di confronto con la Regione Piemonte, i produttori e filiera, a dicembre il

Mipaaf ha chiarito nel registro nazionale delle varietà vegetali che la specie “Tonda gentile” ha come sinonimi “Tonda Gentile delle Langhe” e “Tonda trilobata”.

Mantenere questi sinonimi nel registro nazionale è fondamentale, perché altrimenti qualsiasi nazione al mondo potrebbe dopo 2 anni registrare la varietà a pieno titolo.

NOCCIOLA PIEMONTE IGP Grazie a questa sem-

plificazione è possibile riconoscere la certificazione della Nocciola Piemonte Igp alle produzioni ottenute dagli impianti produttivi della varietà di nocciolo identificata con qualunque delle tre denominazioni del registro.

Per ulteriore chiarezza è stato stabilito di eliminare la dicitura “delle langhe” dai cartellini delle piante in vendita e lasciarla così solo come sinonimo nel registro, in modo da non generare confusione sul mercato.

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Ortofrutticoltura di Matteo Marenco - vivaista e agronomo - info@labovivairoero.com

Nocicoltura modello americano Gli Stati Uniti, in particolare la California, è il leader mondiale della nocicoltura da frutto, con circa un quarto della produzione e oltre il 50% delle esportazioni totali.

CALIFORNIA LEADER Al successo americano ha contribuito in modo significativo il miglioramento genetico, incentrato sull’ottenimento di cultivar caratterizzate da fioritura laterale (maggiormente produttive), frutti a guscio sottile (alta resa allo sgusciato) di facile rottura e con gheriglio chiaro facilmente estraibile, rapida entrata in produzione, produzione elevata, vigore medio, maturazione precoce, elevato calibro delle noci e di ottimo sapore.

Hartley è stata la varietà di punta fino a pochi anni fa, superata di recente da Chandler, per impianti e volumi prodotti. All’interno di questo modello vincente sono state selezionate cultivar di grande interesse agronomico e migliorative rispetto ad Hartley come Chandler, Howard e Tulare.

Successivamente al lungo lavoro di selezione varietale è stato

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indispensabile cambiare la visione agronomica che si aveva della coltura, trasformandola in nocicoltura fortemente specializzata con una forte politica di marchio ‘Noci California’.

Cresce anche in Piemonte l’interesse per il settore nocicolo.

Un percorso che fa tesoro dell’esperienza di Stati Uniti e Francia MODELLO EUROPEO La nocicoltura in Europa è concentrata in Francia, ed è localizzata in due zone principali ‘Pèrigord’ e ‘Grenoble’ con Franquette come varietà di riferimento. Nonostante la qualità riconosciuta, Franquette è una

varietà a fruttificazione apicale con una produttività ad ettaro decisamente inferiore rispetto alle varietà californiane. Lara è la varietà emergente, caratterizzata da fruttificazione laterale e molto produttiva, e rappresenta la quasi totalità dei nuovi impianti. Le cultivar francesi si distinguono per germogliamento, fioritura ed epoca di maturazione tardivi. I frutti presentano un guscio più spesso rispetto alle varietà americane, e con semi dal sapore deciso. Come la California, anche la Francia ha puntato sulla caratterizzazione del prodotto, che si trova comunemente all’interno della grande distribuzione con il marchio ‘Noci di Grenoble’.

NOCICOLTURA ITALIANA In Italia il noce è sempre stato visto come coltura a duplice attitudine. Leader mondiale fino al 1985, la nocicoltura italiana ha subito un notevole ridimensionamento, fino a diventare di interesse marginale. Le cause della crisi sono state diverse: mancanza di specializzazione degli impianti, difficoltà nell’esecuzione delle

Ortofrutticoltura

principali operazioni colturali data dall’impostazione degli impianti, una forte disomogeneità del prodotto, scarsa conoscenza della tecnica e delle esigenze colturali del noce, mancato rinnovamento varietale.

L’Italia, nel giro di pochi decenni, da Paese autosufficiente è diventato forte importatore di noci (quasi 33.500 tonnellate nel 2013 tra prodotto in guscio e sgusciato, fonte FAO stat) provenienti, soprattutto, dal Nord America e Cile. Il noce, nel nostro Paese, ha sempre avuto aree di coltivazione molto vaste.

L’attuale produzione nazionale, così come era nel passato, è concentrata in maggior parte in Campania.

Tra le cultivar italiane la Sorrento è una delle più note.

A differenza della California e Francia, il prodotto è mediamente meno curato e valorizzato.

EVOLUZIONE COLTURALE Partendo dagli anni ’90, al nord Italia, si sono realizzati nuovi noceti, dapprima in Veneto e più recentemente in Emilia Romagna, seguendo i moderni concetti della frutticoltura intensiva e specializzata (tipo di cultivar, alta densità di piantagione, moderne tecniche di gestione, operazioni culturali meccanizzate), abbandonando in via definitiva la vecchia nocicoltura da legno e da frutto. La scelta delle cultivar si è indirizzata verso genotipi di origine californiana, principalmente Chandler, Howard e Lara. La gestione di questi nuovi noceti ha rappresentato una svolta netta verso un ‘nuovo modello di nocicoltura nord-italiana’.

Anche a livello commerciale è stato seguito l’esempio americano e francese, marchiando il prodotto all’interno del mercato italiano con i nomi ‘Noci di Romagna’ e ‘Noce d’Oro’.

SITUAZIONE IN PIEMONTE In Piemonte è sempre più crescente l’interesse verso la nocicoltura, in particolare nelle zone dove è disponibile l’acqua e le temperature primaverili lo permettono. A questo riguardo, du-

rante l’incontro tenuto il 21 maggio a Baldissero d’Alba dal titolo ‘Nuove filiere della frutta a guscio in Piemonte e linee guida per la corretta coltivazione’ organizzato da LaboVivai Roero, Andrea Bernucci, direttore della società agricola ‘La Teresina’, ha presentato la nascita della prima filiera nocicola regionale in Piemonte, con la realizzazione di un impianto di 60 ha presso il comune di Montanaro (To). L’idea nasce dalla collaborazione con Life per venire incontro alle esigenze di mercato che sempre più richiede prodotti legati al territorio e con LaboVivai Roero per la fornitura delle piante.

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Nocciole, Chianchia Porte aperte al futuro Tradizionale incontro in azienda con clienti e operatori del settore, in occasione del convegno di Cherasco In occasione del convegno “il nocciolo: territorio filiera, qualità” tenutosi a Cherasco sabato 10 giugno, la ditta Chianchia, come ormai di lunga tradizione, ha organizzato una giornata di “porte aperte” che ha visto però l’aggiungersi di numerosi espositori esterni, data appunto l’importanza dell’evento unico nel suo genere. Una tradizione che si ripete da diversi anni, con macchine nuove, miglioramenti e rivisitazioni, tutto per ottimizzare e migliorare la soddisfazione del cliente e del suo lavoro, primo obbiettivo della ditta Chianchia.

Dopo il convegno sull’informazione tecnica riguardante appunto la nocciola, si passa all’atto pratico presso la nuova sede della ditta Chianchia, sempre fornitissima ed in ordine impeccabile, dove vengono illustrate in dettaglio tutte le novità che agevoleranno il lavoro dell’imprenditore agricolo; l’evento, oltre ad avere ogni anno un’elevata partecipazione di pubblico, può contare su un bel

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numero di ospiti “esterni”, ma che con tali colture hanno a che fare costantemente, ogni giorno da molti anni.

Un ritrovo di “rito”, una tradizione, un appuntamento: tanti possono essere i sostantivi utilizzati per descrivere il porte aperte ma nulla può rendere l’idea, se non ci si è mai stati.

Il tutto per augurarsi una bella e proficua stagione di raccolta, gettando le basi per un approfondimento culturale non da poco e un incontro ravvicinato con l’azienda fornitrice di macchine agricole, utile per confronti e suggerimenti da parte dell’utilizzatore finale e del costruttore stesso; solo insieme si può andare veramente lontani e di questo la storica ditta Chianchia ha fatto tesoro per le sue macchine, conosciute ed apprezzate davvero in ogni areale di produzione, sia in Piemonte che in tutta Europa ed oltre ancora, fino ai lontani territori a stelle e strisce e al “sud” del Mondo. Un mercato senza dubbio ampio, frutto di

lavoro costante e concreto da parte della storica ditta Chianchia che, ancora oggi, è in forte ampliamento, una condizione dovuta per la maggior parte al grande lavoro professionale dei soci dell’azienda.

Durante tutta la giornata è stato possibile anche banchettare con un ricco buffet offerto interamente dalla ditta Chianchia, con alcuni piatti davvero particolari, proprio ad enfatizzare l’evento come ritrovo, festa e unione tra tutti i clienti e non, davanti a una nuova campagna 2017 che di certo, come nel resto del mondo agricolo, non ha nulla di certo e sicuro, se non le ottime previsioni per il prezzo di ritiro del prodotto per quanto riguarda la stagione ventura, confidando a braccia aperte in un tempo migliore e senza carenze idriche. La ditta Chianchia ha ringraziato i partecipanti accorsi per la manifestazione, sempre più numerosi di anno in anno, a dimostrazione della grande efficienza di questo settore e di questa azienda.

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Ortofrutticoltura

Coltivare nocciole evitando sorprese Il convegno al Pala Expo di Cherasco

Migliaia di persone a Cherasco per il convegno e l’esposizione delle macchine agricole del comparto corilicolo. Parola d’ordine: ottimizzare il processo produttivo e organizzare l’offerta Il boom delle nocciole in Piemonte è certamente un fenomeno di grandi opportunità per il comparto frutticolo locale, ma non per questo deve essere lasciato in balìa di uno sviluppo acefalo e disorganizzato. Molti dei risultati attesi per il futuro, anche quello più prossimo, dipendono dalle scelte che oggi si mettono in campo.

TUTTO ESAURITO Se ne è parlato sabato 10 giugno al convegno “Il nocciolo: territorio, filiera, qualità”, organizzato da Confagricoltura Cuneo, AscoPiemonte e Piemonte Asprocor al Pala Expo di Cherasco, con l’intervento di esperti di alto livello tecnico e la partecipazione di oltre seicento frutticoltori e operatori del settore, senza contare le migliaia di persone che, nello stesso giorno, a pochi passi dalla sede del dibattito, hanno affollato gli stabilimenti della ditta Chianchia per visitare l’evento dedicato alle ultime novità nella produzione delle macchine per la lavorazione della frutta a guscio.

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PENSARE AL FUTURO «Il settore corilicolo sta vivendo in provincia di Cuneo e in Piemonte un’espansione positiva – osservava Enrico Allasia, presidente della Confagricoltura di Cuneo, introducendo il convegno -, che va gestita in maniera accorta da parte di tutti gli attori del comparto, puntando sulla qualità e adottando un Piano nazionale di filiera, per far sì che in futuro non si presentino situazioni che possano danneggiare un’economia importante per il territorio».

COLTIVAZIONI RADDOPPIATE I lavori si sono aperti con i saluti di Claudio Bogetti, sindaco di Cherasco, e del deputato Mino Taricco, per poi entrare nel vivo con gli interventi di Gianfranco Latino (Regione Piemonte – Settore Produzioni agrarie e zootecniche), che ha illustrato alla platea come dagli anni ‘60 ad oggi siano più che raddoppiati gli ettari di nocciolo nel mondo (da 300 mila ad oltre 620 mila) e soprattutto come questa

crescita abbia interessato anche molte zone d’Italia, Piemonte e Cuneese su tutte. Nel 2016, in particolare, vi è stato un vero e proprio boom nella nostra regione, con 2.800 ettari di nuovi impianti di nocciolo certificati (il 16% in più del 2015).

In provincia di Cuneo l’incremento è stato del 12,27% con una superficie a corileto passata da 12.291 a 13.799 ettari. Di fronte a questo scenario è stata rimarcata l’importanza di ottimizzare il processo produttivo, organizzare l’offerta e consolidare il rapporto con il mondo della trasformazione.

ORIZZONTI TECNICI Interessanti gli spunti di riflessione e confronto giunti poi dal francese Bruno Saphy della Cooperativa Unicoque, che ha presentato il modello di coltivazione della frutta in guscio adottato nel sud-ovest della Francia.

A seguire Paolo Lambertini (Field Crop Expert Syngenta Italia Spa) ha spiegato l’importanza di un adeguato

L’esposizione delle macchine agricole

e corretto trattamento fitosanitario per contrastare la cimice asiatica, mentre Nadia Valentini (Disafa – Università di Torino) ha illustrato ai presenti una sperimentazione che ha messo a confronto le principali varietà di nocciole coltivate in Italia: la Tonda Gentile Trilobata, la Tonda di Giffoni e la Tonda gentile Romana.

Il confronto è avvenuto presentando pregi e i difetti delle tre varietà e facendo degustare direttamente ai presenti in sala campioni delle diverse nocciole.

TAVOLA ROTONDA Terminata questa prima parte, il dibattito è ripreso con una tavola

Porte aperte da Chianchia

rotonda a cui hanno preso parte: Pierpaolo Bertone, presidente di Ascopiemonte, che ha illustrato le attività al servizio dei soci messe in campo dalla OP, Roberto Botta, professore di agricoltura all’Università di Torino, che ha sottolineato l’importanza della ricerca e dell’innovazione per avere piante di nocciolo sempre più resistenti ai mutati scenari climatici, Benedetto Valentini, responsabile tecnico Assofrutti, che ha presentato la realtà dell’organizzazione di produttori del Viterbese, e Giorgio Setti, caporedattore Edagricole.

mente, la vicenda del ricorso al Tar contro l’iscrizione della Tonda Gentile delle Langhe nel registro nazionale delle varietà delle piante da frutto, che di fatto ne autorizza l’utilizzo in tutta Italia tranne che in Piemonte.

Dagli interventi di Nicoletta Ponchione, di Piemonte Asprocor, dell’eurodeputato Alberto Cirio e dell’assessore regionale all’Agricoltura del Piemonte Giorgio Ferrero, seppur con punti di vista differenti, è emersa la volontà e l’esigenza di giungere quanto prima a una soluzione concreta per tutelare l’eccellenza della produzione cuneese.

RICORSO AL TAR A chiudere la mattinata, inevitabil-

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Ortaggi e piccoli frutti il nuovo manuale Agrion E’ fresca di stampa la nuova pubblicazione della Fondazione Agrion dedicata agli ortaggi, fragola e piccoli frutti. In 280 pagine sono condensati i Disciplinari di produzione di ogni singola specie, dall’Aglio allo Zucchino, seguiti dagli appunti per la coltivazione.

APPUNTI PER LA COLTIVAZIONE Questi sono i capitoli più interessanti anche per i non professionisti. Si parla

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dell’impianto, di come si prepara il terreno; delle forme di allevamento e degli interventi per la potatura (utili le foto per spiegare gli interventi sul mirtillo); del fabbisogno idrico e dell’irrigazione.

In queste colture specializzate, l’irrigazione avviene con ali gocciolanti posizionate sulle file. Così si può dare alle piante esattamente l’acqua di cui hanno bisogno, senza sprecare una goccia in più. Piante meno stressate,

frutti più saporiti (l’eccesso di irrigazione ne annacqua il sapore), risparmio idrico.

Infine la protezione dalle avversità.

APPROFONDIMENTO VIROSI Notevole quest’anno l’approfondimento sulle virosi che colpiscono il fagiolo, per prevenire i danni provocati l’anno scorso alle produzione di Fagiolo Cuneo Igp. Le maggiori preoccupazioni vengono oggi degli

Ortofrutticoltura

In distribuzione gratuita, l’ultima pubblicazione della Fondazione Agrion, con Disciplinari di produzione, appunti per la coltivazione e la difesa dalle virosi insetti esotici, introdotti da importazioni non sufficientemente controllate dal Sud-est asiatico. Il moscerino dagli occhi rossi (Drosophila suzukii) colpisce soprattutto i piccoli frutti, anche se nelle scorse settimane ha provocato non pochi danni anche alle ciliegie.

TRAPPOLE E RETI Si forniscono le istruzioni

per la preparazione e il posizionamento delle trappole alimentari (aceto di mele ¾ + vino rosso + zucchero di canna) utilizzate sia per il monitoraggio che per la cattura massale.

Le reti antinsetto sono molto efficaci, specie con gli accorgimenti suggeriti nella guida, che consentono di montare una barriera senza aumenti di temperatura che danneggerebbero la

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Ortofrutticoltura qualità dei frutti. Le stesse reti sono consigliate contro la cimice asiatica (Halyomorpha halys) che punge e deformata quasi tutte le specie, con danni più evidenti su peperoni, pomodori, e fagioli, specie quando migra in massa dalle coltivazioni di soia al momento della mietitura.

la trasformazione industriale) concentrate nell’areale più fertile della pianura alessandrina.

In questo caso la superficie aziendale è elevata con orientamento produttivo mono/bi-specie (cipolla e patata o in alternativa pomodoro da industria) di tipo estensivo.

ORTICOLTURA PROFESSIONALE L’orticoltura professionale in Piemonte è praticata da più di 10.000 aziende su circa 7.000 ettari.

Peperone, asparago, cardo e fagiolo vengono coltivati in aziende mediopiccole, prevalentemente diretto-coltivatrici, distribuite nella fascia di pianura dall’astigiano, al cuneese, fino al torinese, con isole nel vercellese, oltre che nelle colline dell’alta langa.

L’orientamento produttivo è plurispecie, con coltivazioni sia in pieno campo che in coltura protetta.

FRAGOLE E FRUTTI DI BOSCO La coltivazione della fragola e dei frutti di bosco (lampone, mirtillo, ribes, rovo e uva spina) è in crescita in termini sia di superficie che di numero di aziende.

Sono interessate soprattutto le zone pedemontane dal cuneese al pinerolese, negli ultimi anni anche soprattutto nel saluzzese.

L’aumento delle superfici ha raggiunto livelli considerevoli soprattutto per quanto riguarda il mirtillo: 400 ettari, un raddoppio netto rispetto a dieci anni fa.

Le aziende, di dimensioni mediopiccole, si aggregano in cooperative e OP – Organizzazioni di prodotto per

COLTURE PIENO CAMPO Ci sono poi le colture “di pieno campo” (cipolla, patata e pomodoro per

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la commercializzazione e il marketing di prodotti che attirano l’attenzione del consumatore.

Cuneo e Trento sono i due poli di coltivazione dei frutti di bosco in Italia.

DISTRIBUZIONE GRATUITA La pubblicazione è stata presentata al pubblico giovedì 22 giugno al Centro sperimentale orticolo della Fondazione Agrion a Boves.

E’ in distribuzione gratuita ai produttori piemontesi: 2.500 copie, fino a esaurimento.

E’ disponibile presso i tecnici del coordinamento orticolo e può essere consultata e scaricata sul sito della Fondazione: www.agrion.it oppure ritirata presso le sedi della Fondazione: Centro sperimentale per l’orticoltura e piccoli frutti, via Albertasse 16, Boves; Agrion sede, via Falicetto 24, Manta; Centro sperimentale per la vitivinicoltura, Località Tenuta Cannona 518, Carpeneto; Centro sperimentale per la corilicoltura, c/o UM Alta Langa, via Oberto 1, Bossolasco.

Ortofrutticoltura

L’ortofrutta della Via Emilia Bilancio 2016 positivo per l’emiliana Apo Conerpo, nonostante l’andamento climatico, i deboli segnali di miglioramento del quadro economico generale e le incertezze geopolitiche in molti mercati.

Il rafforzamento della politica aggregativa, i forti investimenti e le campagne di sensibilizzazione sugli effetti benefici di frutta e verdura sulla salute hanno infatti permesso un’ulteriore crescita.

PRODUZIONE E AFFARI In questo contesto, la produzione del principale gruppo europeo dell’ortofrutta fresca ha fatto registrare un incremento del 4,3% con un conferimento, da parte dei soci, di quasi 1.100.000 tonnellate (709.000 di verdura e 387.000 di frutta), a cui vanno aggiunte le quantità acquistate, pari a 34.000 tonnellate di frutta e 61.000 di ortaggi e patate.

Il volume d’affari ha raggiunto i 716 milioni di euro, con un incremento di quasi il 2% rispetto ai 703 milioni del 2015.

FRUTTA E ORTAGGI In un contesto generale 2016 che per l’andamento climatico è stato caratterizzato da una contrazione delle produzioni frutticole e da un incremento del pomodoro destina-

to all’industria di trasformazione, delle altre orticole e delle patate, Apo Conerpo ha registrato una diminuzione del 4,2% dei volumi di frutta conferiti dai soci, che hanno sfiorato le 387.000 tonnellate, con indice negativo per pere, kiwi, pesche e nettarine ed aumenti per albicocche, susine e mele.

Per gli ortaggi, i volumi conferiti hanno sfiorato le 650.000 tonnellate (+8,7% sul 2015 con indice negativo solo per cocomeri e zucche) di cui oltre 460.000 di pomodoro da industria (+9,7% rispetto all’anno precedente).

PATATE In aumento anche la produzione di patate (+21,6%), che ha superato le 59.000 tonnellate.

Passando dai dati produttivi a quelli commerciali, nel 2016 la stagione abbastanza calda e siccitosa ha influito positivamente sul collocamento delle specie frutticole a maturazione estiva, quali pesche, nettarine e albicocche, meno sui prodotti a maturazione autunno invernale, con prezzi non sempre soddisfacenti, soprattutto all’inizio della campagna.

PRESENZA SUL MERCATO «Complessivamente – dichiara il presidente Davide Vernocchi –

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Attualità

Ortofrutticoltura Apo Conerpo, insieme alle filiali Alegra, Brio, Naturitalia, Opera e Valfrutta Fresco, ha collocato sul mercato oltre 1.140.000 tonnellate di ortofrutta fresca (+6% sul 2015). Per quanto concerne i diversi canali, oltre 134.600 tonnellate sono state indirizzate all’esportazione (+2%) per un valore di

Inizi

Dal bilancio del principale gruppo europeo dell’ortofrutta fresca, Apo Conerpo, la fotografia del mercato e dei nuovi scenari d’azione 130 milioni di euro (+5%), più di 216.000 tonnellate alla Grande Distribuzione Italiana (+17%) per un valore di 161 milioni di euro (+16%), oltre 126.000 al mercato tradizionale (-7%) per un valore di circa 83,5 milioni (-3%) e più di 663.000 all’industria di trasformazione per un valore di 92 milioni di euro.

Il plusvalore del trasformato ha raggiunto i 250 milioni».

INCREMENTI POSITIVI «Questi dati – sottolinea il direttore generale di Apo Conerpo, Gabriele Chiesa – evidenziano un positivo incremento delle quantità commercializzate di ortofrutta destinata al consumo fresco (+3,8%) ed un ancor più positivo aumento del fatturato (+7,7%), possibile grazie ad una crescita del prezzo medio di vendita dei prodotti, risultato ottenuto

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anche in virtù dell’efficace lavoro svolto dalle nostre filiali che hanno collocato i prodotti del Gruppo sui mercati a maggior valore aggiunto.

Meno soddisfacente invece il collocamento del pomodoro da industria e di altre orticole come le cipolle, che hanno spuntato quotazioni inferiori

all’anno precedente».

PROSSIMO QUINQUENNIO «Nel prossimo quinquennio – concludono Vernocchi e Chiesa – l’attività di Apo Conerpo si concentrerà in particolare in queste direzioni: il supporto alla ricerca e sperimentazione, che andrebbe sostenuta anche a livello pubblico, per migliorare la qualità delle produzioni ed aumentare la difesa dalle fitopatie (con particolare riguardo ad alcune emergenze come PSA, moscerino della frutta o Drosophila suzuki e cimice asiatica); l’innovazione di prodotto; il supporto, anche finanziario, alle cooperative socie per l’ammodernamento degli impianti di conservazione e lavorazione dei prodotti ortofrutticoli; l’ulteriore sviluppo delle produzioni a destinazione industriale».

Enologia

Staffetta al vertice della Cantina Clavesana Cambio al vertice della Cantina Clavesana. L’instancabile Anna Bracco, dopo 42 anni di attività nell’azienda, dei quali 15 alla direzione, va in pensione e lascia il posto al giovane Damiano Sicca, fino al 31 maggio enologo della stessa cantina.

BRACCO IN PENSIONE Clavesanese doc, classe 1954, Anna Bracco era approdata in Clavesana nel 1975, ricoprendo differenti ruoli prima di assumere nel 2002 la carica di direttore generale. Sotto la sua guida Clavesana è uscita dalla dimensione di azienda dai grandi numeri rivolti

prevalentemente al mercato locale e ha vissuto l’impegnativa quanto entusiasmante stagione del rinnovo dell’immagine e delle linee, giungendo a produrre vini apprezzati ora sul mercato nazionale e internazionale, ove sono state conquistate importanti quote commerciali.

CHI è SICCA L’incarico di direttore della Cooperativa viene assunto da Damiano Sicca, già enologo dell’azienda e che dal primo giugno ha assunto anche l’incarico di direttore. Sarà affiancato da Gianluca Gallo, cui è stata affidata

la cura dell’intero settore commerciale.

Damiano Sicca, 37 anni, proviene da una famiglia di agricoltori langaroli e si è diplomato in enologia nel 2000, cominciando nello stesso anno a lavorare per Clavesana, di cui, dal 2011 è il responsabile tecnico della produzione.

GRANDE COMUNITà «Lascio con grande emozione la

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Enologia direzione, dopo un percorso di lavoro e di vita lungo, impegnativo, pieno di difficoltà ma foriero anche di enormi soddisfazioni professionali e personali - commenta Anna Bracco -; per oltre 40 anni ho avuto l’opportunità di lavorare nella stessa azienda, l’azienda nella quale sono nata professionalmente e del paese nel quale sono nata: una grande comunità che è stato un onore accompagnare e veder crescere».

PASSIONE E RICERCA «Succedere ad Anna Bracco mi riempie di orgoglio ed è un grande stimolo per me - aggiunge Damiano Sicca -; a lei va il mio grazie per il lavoro svolto insieme, per la disponibilità che ha sempre dimostrato e per l’esempio di professionalità e attaccamento all’azienda che ha saputo trasmettermi in questi anni. Il lavoro svolto sino ad oggi e la filosofia aziendale sono oggi il punto di partenza per il raggiungimento degli obiettivi del futuro.

Sempre guidati dalla passione e dalla ricerca della qualità, intendiamo con-

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La storica direttrice generale Anna Bracco va in pensione dopo quarantadue anni di attività.

Al suo posto, Damiano Sicca solidare, sviluppare e migliorare ciò che è stato fatto, per rappresentare al meglio il duro lavoro svolto dai nostri 300 soci e dalle loro famiglie».

SIAMO DOLCETTO Dal 1959 Clavesana Siamo Dolcetto è il più grande produttore al mondo

di uva Dolcetto e di vino Dogliani docg: produce il 12% (circa 2 milioni di pezzi) dell’imbottigliato di vino da Dolcetto, vitigno tipico della Langa del Doglianese, che rappresenta anche il 80% della produzione aziendale e dei vigneti, coltivati dai 280 soci: 370 ettari (pari a 970 “giornate” piemontesi), di cui 300 destinati al Dogliani docg.

Consapevole del suo ruolo di punto di riferimento, non solo vinicolo, sul territorio, la cantina è impegnata da sempre a garantire il mantenimento di una viticoltura a misura d’uomo, delle tradizioni e del paesaggio.

PENSATOIO AZIENDALE Ha fatto di una vecchia scuola rurale il proprio “pensatoio aziendale”, circondandolo di vigneti sperimentali.

E organizza con regolarità eventi di approfondimento culturale su vino, ruralità e enogastronomia.

Clavesana produce Dogliani docg e Dogliani Superiore docg in varie linee, premiati su numerose guide specializzate.

Barbera d’argento ai mondiali di Bruxelles Erano gli anni Novanta quando a Castellinaldo un gruppo di produttori lungimiranti decideva di dedicare il riferimento del proprio paese alla Barbera d’Alba, creando una sorta di “sottozona” nell’ambito di tale denominazione di origine.

MARCHIO COLLETTIVO Gli anni sono trascorsi, ma quel pro-

getto è rimasto vivo tra i produttori di Castellinaldo d’Alba, al punto che nel 2016 hanno deciso – su autorizzazione del Comune - di registrare “Castellinaldo” come marchio collettivo per la loro Barbera d’Alba.

E hanno introdotto anche alcune novità, come ad esempio l’ampliamento della zona di tale produzione ai territori dei paesi vicini dove le condizioni

di suolo e ambiente sono più coerenti con quelli dell’area originaria.

Mentre la Vignaioli di Castellinaldo si appresta a gestire in modo autorevole un marchio collettivo che potrebbe in futuro diventare una Menzione o una Sottozona legata alla specifica denominazione, ogni azienda continua a produrre dei Castellinaldo Barbera d’Alba di particolare qualità e

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Al concorso “The United Nations of Fine Wines”, premiato il Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2015 di Teo Costa

gradevolezza, ormai per tradizione riconosciuti, che raccolgono consensi nel mondo degli operatori economici e in quello dei consumatori finali.

MEDAGLIA D’ARGENTO Uno dei casi più eclatanti è quello che ha portato alla ribalta il vino Castellinaldo Barbera d’Alba dell’Azienda agricola Teo Costa dei fratelli Marco e Roberto Costa. Dopo ripetute affermazioni sul piano nazionale, il vino ha recentemente bissato il successo di un

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paio di anni fa alla 24° edizione del Concours Mondial de Bruxelles, conquistando una prestigiosa Medaglia d’argento nei primi mesi del 2017. Sottotitolato in modo pomposo “The United Nations of Fine Wines”, il Mondial de Bruxelles è uno dei più prestigiosi concorsi a livello internazionale. Le degustazioni di selezione si sono svolte dal 2 al 5 maggio scorso in Spagna, a Valladolid, la capitale della Castiglia e Leòn, scelta per la sua tradizione vinicola millenaria e la sua viticoltura. Valladolid è l’unica provincia spagnola ad avere cinque denominazioni d’origine (DO): Ribera del Duero, Cigales, Rueda, Toro, Tierra de León.

CINQUANTA NAZIONI Quest’anno i vini partecipanti al concorso sono stati 9.080, provenienti da 50 paesi al mondo.

Alle degustazioni che hanno assegnato i vari riconoscimenti hanno partecipato 320 degustatori tra giornalisti, tecnici, operatori economici, un po’ da tutto il mondo.

La Medaglia d’argento attribuita al Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2015 di Teo Costa va a un vino prodotto in 40.000 bottiglie, che da tempo è inserito nelle carte dei vini di prestigiosi locali a livello italiano e internazionale, a conferma della scelta positiva operata più di vent’anni fa e costantemente sviluppata e ribadita.

Enologia

Due nuovi vini dalla Romagna Novità vitivinicola dal Centro economico servizi agricoli e cantina (Cesac) di Ravenna, che sta progressivamente consolidando il proprio peso nel settore, con campagne di conferimento delle uve sempre più ingenti che si uniscono all’elevato valore aggiunto della trasformazione enologica.

Se le dimensioni del comparto restano ancora relative, Cesac porta avanti da tempo un percorso di qualità all’interno della filiera di Caviro per soddisfare al meglio le esigenze della clientela italiana e straniera.

LINEA GRECHETTO Nell’ambito di questo processo di rinnovamento sono stati messi a punto, e presto saranno anche commer-

cializzati, nuovi prodotti, come uno Spumante Grechetto Gentile, inserito nella nuova linea Caput Silicis, che si richiama all’antico toponimo del territorio conselicese, affiancato da una linea di Grechetto Gentile Fermo che si colloca nella fascia alta dell’offerta Cesac.

SAPORI DI ROMAGNA Nel complesso, la vendemmia 2016 si è assestata su buoni livelli quantitativi di conferimento, pari a 76 mila quintali di uve, con ottimi standard qualitativi per gradazione e parametri chimici delle uve.

La vinificazione ha inoltre confermato la grande professionalità raggiunta dal personale, anche in seguito agli

Attività vitivinicola in crescita per il Cesac di Ravenna, che brinda con lo Spumante Grechetto Gentile e il Grechetto Gentile Fermo investimenti in tecnologia attuati negli ultimi anni.

I vini prodotti da Cesac sono quelli tipici del territorio romagnolo: Trebbiano, Merlot e Sangiovese, cui si aggiunge il Grechetto Gentile IGP, vitigno gemello del Pignoletto di collina.

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Attualità

Danni dei selvatici la Regione paga Erogati 750 mila euro agli Ambiti territoriali di caccia e ai Comparti alpini, ma rimane il problema del contenimento degli animali che minacciano le colture e provocano incidenti L’Assessorato regionale all’Agricoltura del Piemonte ha erogato 750 mila euro per gli ambiti territoriali di caccia e i comparti alpini, perché rimborsino i danni provocati dagli animali selvatici.

Si tratta di risorse destinate agli anticipi per i danni riscontrati nel 2015 e che rientrano nello sforzo compiuto fin dall’inizio dall’Amministrazione regio-

nale per saldare gli anni arretrati nel pagamento dei danni da selvatici, risalenti anche alla legislatura precedente. L’Amministrazione regionale ha anche erogato ulteriori 500 mila euro, come anticipo sul 2016, per i compiti istituzionali degli ambiti di caccia e dei comparti alpini. Entrambe le cifre saranno replicate con i saldi previsti entro fine anno.

COLDIRETTI CUNEO «Alla soddisfazione per tale decisione - commenta Coldiretti Cuneo – aggiungiamo l’auspicio che entro l’anno possano essere messe a disposizione altre risorse per pagare i danni del 2016. Siamo però convinti che la soluzione del problema non passa dagli indennizzi dei danni, ma dall’attivazione di piani efficaci di contenimento degli animali selvatici. Sono necessari interventi anche fuori dal periodo di caccia per ristabilire il giusto equilibrio tra selvaggina ed agricoltura sul territorio».

In provincia di Cuneo i danni da selvaggina sulle coltivazioni agricole ammontano a circa 500-600 mila euro l’anno pari al 50 per cento dei danni patiti dall’agricoltura piemontese a causa della selvaggina.

«Teniamo conto che cinghiali e caprioli rappresentano anche un pericolo per l’incolumità delle persone – osserva Coldiretti Cuneo - sono molti gli incidenti stradali, alcuni anche mortali, che si sono verificati in questi anni.

Il contenimento va fatto nell’interesse non solamente dell’agricoltura, ma di tutta la società».

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CIA PIEMONTE La Cia formula due richieste: la prima, che i fondi stanziati vengano distribuiti rapidamente agli agricoltori danneggiati. La seconda, che il saldo completo dei danni avvenga al più presto.

«Sollecitiamo ancora una volta le istituzioni – sostiene Cia Piemonte - ad intraprendere tutte le iniziative tecniche, organizzative e normative necessarie per contrastare e prevenire con efficacia il problema dei danni alle colture causati dalla fauna selvatica. Invitiamo anche le associazioni venatorie, ambientaliste e animaliste ad avviare insieme alle organizzazioni agricole una seria riflessione, senza pregiudizi, su come realizzare una seria ed efficace gestione faunistica».

Ma l’intervento spetta alle Province Il labirinto delle competenze amministrative e burocratiche genera incertezze che rischiano di paralizzare le azioni di contenimento dei selvatici. Ecco a chi spetta, e come, agire sul territorio Nel labirinto delle competenze amministrative e burocratiche, se è la Regione che deve pagare i danni provocati dalla fauna selvatica, bisogna dire che non spetta alla Regione occuparsi del contenimento dei selvatici al di fuori dell’attività venatoria. In pratica, la Regione è chiamata a pagare i danni, ma non può agire per cercare di contenerli, perché questo compito è in capo a Province e Città Metropolitana, che attualmente coordinano, appunto, ben 29 piani di contenimento alle diverse specie selvatiche, con l’approvazione (peraltro non vincolante) dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione

e la ricerca ambientale). Una classica soluzione all’italiana, che non manca di prestarsi a equivoci e rimpalli di responsabilità.

RISCHIO IMMOBILISMO «La complessiva riorganizzazione in atto, con in taluni casi la riattribuzione o riconferma di deleghe e competenze tra i diversi ambiti della Pubblica Amministrazione – scrive l’assessore regionale all’Agricoltura del Piemonte agli enti interessati -, può aver generato incertezze, rischiando di provocare un immobilismo che poco si adatta ai ritmi naturali delle specie selvatiche».

COMPETENZE L’attività di contenimento, che si pone al di là della normale gestione ordinaria dell’attività venatoria, è disciplinata sia dalla normativa nazionale che dalle disposizioni regionali, che sostanzialmente delegano detta attività alle Amministrazioni provinciali, previo parere obbligatorio, ma non vincolante dell’Ispra sull’adozione dei relativi Piani di controllo.

Nelle zone istituite a Parco e per le aree naturali, la competenza in merito alle attività di contenimento dei “selvatici-problema” è invece posta in capo agli Enti gestori delle medesime aree, la cui competenza regionale

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POTERE DEI SINDACI «Dette azioni – precisa ancora l’assessore - prescindono in ogni caso da quelle eventualmente autorizzabili dal sindaco, quale autorità locale di pubblica sicurezza e autorità sanitaria, con l’adozione di specifiche e motivate ordinanze contingibili ed urgenti, laddove sorgano sui territori di competenza problematiche di presenze di animali non diversamente affrontabili, con risvolti di pericolo reale per Ia pubblica incolumità, la sicurezza o la sanità pubblica». è in capo all’Assessorato Ambiente.

CASO PER CASO «Il combinato disposto di queste norme – osserva Ferrero - non pone limitazioni alla tipologia di animali su cui intervenire con azioni definibili di limitazione numerica o, nel caso di animali alloctoni, di eradicazione della specie. Dovendo intervenire su tipologie diverse di animali e in zone con caratteristiche ambientali diversificate, le tecniche e le modalità di intervento (uso di gabbie, di armi da

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fuoco, eccetera) ed i soggetti coinvolti (guardie provinciali, cacciatori, proprietari e conduttori dei fondi, squadre di volontari specificatamente abilitati...) non possono che essere diverse ed adattate al caso concreto».

Tali modalità di azione devono essere contenute nel citato Piano provinciale di controllo e devono essere attuate sotto il diretto controllo o coordinamento della Provincia/Città Metropolitana o dell’Ente gestore del parco.

OASI DI PROTEZIONE Per quanto attiene invece alla gestione delle Oasi di Protezione e delle Zone di ripopolamento e cattura, l’assessore fa presente che “tali aree devono assicurare il raggiungimento dello scopo a cui sono preposte, senza diventare zone di irradiazione incontrollata di selvatici, né “riservini di caccia” di piccoli gruppi di cacciatori”, ragione per cui vale la pena mantenere alta la guardia, provvedendo eventualmente “ad effettuare turnazioni o revoche dei gestori”.

Canale Cavour Opera strategica C’è anche lo storico Canale Cavour, in Piemonte, nell’elenco delle opere alle quali sono stati complessivamente assegnati dal Ministero delle Politiche agricole 107,65 milioni di euro nell’ambito degli investimenti per lo sviluppo infrastrutturale del Paese.

INFRASTRUTTURE STRATEGICHE Il finanziamento, al vaglio delle Commissioni parlamentari, si inserisce nel piano più generale per le infrastrutture strategiche del Paese e prevede la realizzazione di sei interventi riguardanti le infrastrutture idriche, con una dotazione di oltre 92 milioni di euro, e la difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche, cui sono destinati più di 15 milioni di euro. Per la realizzazione delle opere, i cantieri potranno pren-

Capolavoro dell’ingegneria idraulica nazionale, sarà oggetto di un intervento di ristrutturazione

dere il via già dal 2017.

AGRICOLTURA E SICUREZZA «Con questi interventi – ha dichiarato il ministro Maurizio Martina – possiamo raggiungere due obiettivi fondamentali, come il sostegno alle produzioni agricole e la messa in sicurezza dei territori interessati. Andiamo a intervenire anche su bacini dove in questi anni si sono verificate alluvioni o inefficienze di gestione. Le opere che abbiamo previsto sono strategiche, infatti, perché garantiscono una maggiore efficienza delle reti irrigue e un minore spreco d’acqua per le nostre produzioni alimentari. Tra gli interventi, c’è, appunto, la ristrutturazione di una parte del Canale Cavour, un’opera colossale che risale al 1866 e che rappresenta ancora oggi un ca-

polavoro di ingegneria che consente alle nostre produzioni, in particolare risicole, di esistere».

OPERE PREVISTE In dettaglio, le opere previste riguardano la ristrutturazione della Rilevata Dora del Canale Cavour, gli interventi di consolidamento dell’argine del fiume Ombrone nei pressi della città di Grosseto, il miglioramento del Sistema del Montedoglio in territorio toscano e umbro, la sistemazione idraulica del torrente Mattinatella nel Gargano, la regimazione del torrente “Fosso Fiorentino” con relativa messa in sicurezza in agro del Comune di Trebisacce e la sistemazione idrogeologica degli argini del torrente Valloncello in agro del comune di Amendolara.

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Seminativi

Bieticoltura, fiducia nella fine delle quote decisa da Bruxelles.

Il programma di Coprob, operante in larga misura tra Veneto e Emilia Romagna, si basa principalmente su un nuovo protagonismo dei soci, promosso dai Club territoriali della bietola che si pongono come veri motori dello sviluppo della filiera nel territorio, e sull’innovazione.

La Cooperativa produttori bieticoli (Coprob), unico produttore nazionale di zucchero 100% italiano nel 2016, chiude l’esercizio con un utile di 3,6 milioni di euro e un ristorno ai soci di 3 milioni di euro.

Un fatturato di 202 milioni di euro e un margine operativo lordo (Ebitda) pari a 16 milioni di euro sono i positivi risultati del 54° bilancio approvato dai soci al termine di sette assemblee separate, completato da un consolidato del Gruppo Coprob che presenta un fatturato pari a 233 milioni di euro e un utile netto di 2,8 milioni di euro.

NUOVO PROTAGONISMO L’assemblea generale dei soci delegati rappresenta anche la tradizionale occasione per l’incontro

annuale con i principali stakeholders della cooperativa ai quali il presidente Claudio Gallerani ha illustrato

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le strategie messe in campo da Coprob per affrontare l’imminente fine delle quote di produzione zucchero

BIETICOLTURA 4.0 Alla presenza di centinaia di soci e numerosi ospiti sono stati illustrati i collegamenti esistenti tra le campagne di Emilia Romagna e Veneto e le tavole di tutti gli italiani.

Barbara Barone, Massimo Patergnani e Stefano Zeccardi, in rappresentanza dei Club territoriali della bietola emiliani e veneti, hanno testimoniato il clima di fiducia in

Seminativi Coprob con riferimento alla nuova bieticoltura 4.0, una bieticoltura di precisione attraverso la quale è stato possibile produrre fino al 50% in più rispetto alla media della Cooperativa. Un segnale, questo, che dimostra come si può essere competitivi con il Nord Europa e garantire ai clienti industriali e finali uno zucchero veramente made in Italy.

«Siamo fortemente impegnati nella ricerca di maggiore produzione di zucchero in campo e in fabbrica – ha osservato Gallerani – e contiamo sui soci e collaboratori che devono essere orientati all’innovazione in tutti i settori. Dopo il 2017 i bieticoltori di Coprob

Bilancio all’insegna dell’ottimismo per la Cooperativa produttori bieticoli, che guarda al futuro con grandi aspettative in campo e in fabbrica vogliono essere più forti e più competitivi, uniti a tutti gli attori dell’agroalimentare italiano per garantire futuro e più valore allo zucchero made in Italy».

FIDUCIA E SPERANZA Nel corso della tavola

rotonda “Il futuro della filiera bieticolosaccarifera italiana”, Maurizio Gardini presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane ha affermato che “Coprob è motivo di orgoglio per la comunità, per

il territorio e per Confcooperative”: «Oggi Coprob – ha detto Gardini – ha raccontato il percorso unico e distintivo di questi anni che ha consentito di salvare un settore fondamentale dell’agroalimentare italiano.

Il coinvolgimento dei soci, sviluppato attraverso la costituzione dei Club della Bietola, ha permesso di ottenere risultati straordinari restituendo fiducia e speranza all’intera filiera.

Un percorso che insieme all’innovazione ha creato garanzia di reddito, ma che non può prescindere dalla convinta partecipazione delle istituzioni».

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L’invitato speciale di Fabrizio Salce - giornalista - conduttore televisivo

Pavia, tutto cominciò quella sera con Mike Sono trascorsi oltre trent’anni, eppure io quel sabato sera lo ricordo ancora con una discreta nitidezza. Avevo una ventina d’anni e lavoravo in una Radio Privata di Torino.

Al giovedì e al sabato sera, per arrotondare, andavo nelle sale da ballo a presentare le serate in cartellone: cantanti da balera, orchestre, eventi e qualche volta personaggi celebri. Erano le sale che negli anni ‘50 e ‘60 avevano vissuto i loro momenti migliori ma che gli anni ‘80 stavano lentamente spegnendo: i dischi di vinile, a tutti gli effetti, stavano prendendo inesorabilmente il posto delle serate live in stile Fred Buscaglione.

GRANDE MIKE Quel sabato sera avrei dovuto semplicemente introdurre e presentare lo spettacolo di Mike Bongiorno, ma i miei vent’anni e la fama di quel nome così celebre mi misero in corpo una certa ansietà.

Lo spettacolo di Mike, che arrivò puntualissimo e abbronzatissimo, altro non era che una sorta di quiz dal vivo con vari premi da destinare ai presenti in sala.

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D’altronde lui era l’indiscusso “re dei quiz” e i premi, i cadeaux, erano offerti dalle aziende sponsor che lo sostenevano.

Tra i vari regalini per il pubblico pagante, ricordo perfettamente i colorati ed eleganti ombrelli di una nota pellicceria la cui unica sede era situata in una città del sud della Lombardia: Pavia.

GUSTO E BELLEZZA La città di Pavia, con il castello visconteo, il palazzo del Broletto, il duomo, la basilica di santa maggiore, il ponte coperto, San Teodoro, la certosa e tanti altri siti storici di raffinata bellezza. La pianura con gli specchi d’acqua delle risaie e le colline dove le vigne si susseguono in un continuo alternarsi di vitigni autoctoni e internazionali. La sequenza variegata dei prodotti tipici della terra e di quelli trasformati dalle mani dell’uomo. La Cipolla Rossa di Breme, la Zucca Bertagnina di Dorno, il Fagiolo Borlotto di Giambolò, il Salame d’Oca di Mortara, il Salame di Varzi, l’Asparago rosato di Cilavegna, la Ciliegia di Bagnaria, il Peperone di Voghera, formaggi come il Montagnino e il Pizzocorno e tanti altri come il buon riso della Lomellina e l’ottimo vino dell’Oltrepò.

L’invitato speciale

ARMONIA Il mio ultimo soggiorno in terra pavese risale ai primi giorni del mese di giugno di quest’anno e ha avuto il suo inizio al Castello di Belgioioso dove è andata in scena la quattordicesima edizione di una piacevolissima manifestazione

RISOTTO E BONARDA Terminata la visita alla manifestazione, dopo essermi goduto la bellezza del Castello e il piacere di un trattamento di riflessologia facciale, ho avvertito quel giusto languore che ti spinge a cercare qualcosa per pranzo.

della ciliegia.

Dopo il risottino ho raggiunto le sponde del Ticino a Pavia in centro città, in prossimità del grande ponte coperto, dove mi sono rilassato navigando sulle acque del fiume a bordo di un piccolo battello per una piacevole ora.

Dal ricordo di uno spettacolo con il “re dei quiz”, alla riscoperta di una città di straordinaria suggestione e grande… gusto! legata allo stare bene che si chiama “Armonia”.

Un vero e proprio Festival di proposte per il benessere atto a insegnare un iter che ci aiuti a trovare un giusto equilibrio psicofisico interiore mediante una più approfondita conoscenza delle arti per la salute.

E’ al “Gandulin” (cucina con bottega) che mi sono gustato un buon risotto con gli asparagi locali abbinato ad una deliziosa Bonarda dell’Oltrepò.

A prepararmelo lo chef Vincenzo Triolo mentre, per pura curiosità, dico che con il termine dialettale “Gandulin” si indica il nocciolo

SALAME DI VARZI L’indomani, dopo una velocissima colazione partenza e arrivo presso il Comune di Varzi per incontrare un salume tipico a denominazione di origine protetta: il Salame di Varzi.

Non vi tedio con la spiegazione della filiera produttiva, vi dico però che stiamo parlando di un salame

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L’invitato speciale

Trattamento benessere

Ravioli alle ortiche

Riso con asparagi

Salame di Varzi

Tajarin

Vini Ca’ del Santo

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realizzato con tutti i tagli del maiale, nobili e poveri, di un prodotto di alta qualità della norcineria italiana, di un salume decisamente buono e pregiato. A ricevere me e gli altri colleghi all’interno del loro salumificio “La Scaletta”, i gentilissimi fratelli Garabello.

Il nome non tradisce, in quanto di squisita origine piemontese della provincia di Cuneo. Il loro papà infatti si trasferì a Varzi per il servizio militare nell’Arma dei Carabinieri e, come è accaduto a tanti giovani di leva, in loco trovò moglie, lavoro e famiglia. Una bella storia tipicamente italiana. Oltre al salame Dop, i Garabello producono coppe, pancette e altri salumi locali.

BUON VINO Ancora uno spostamento.

Penserete mica che abbia trascurato il buon vino.

Abbiamo viaggiato per poco più di 30 km e abbiamo raggiunto la località Campolungo di Montalo Pavese. Ad attenderci per l’aperitivo e il pranzo i titolari della Cantina “Cà del Santo”, Laura Bozzi e Carlo Saviotti. Interessantissime bollicine metodo classico Pinot Nero 100% in diverse sfumature abbinate agli stuzzichini per iniziare.

Dall’aperitivo al pranzo. Gli affettati locali e la battuta al coltello di razza piemontese

con due piacevoli Bonarde.

Il ragù della nonna, quello fatto con carni di coniglio, maiale e manzo per il condimento dei tajarin. Ottimi davvero. Carlo, che è anche l’enologo della Cantina con il primo piatto ci racconta e serve un meraviglioso blend di Pinot Nero e Cabernet Sauvignon, 50 + 50, dosi e nome del vino. Mi piace molto, elegante, di corpo, presente.

Per secondo i nostri ospiti hanno preparato una tagliata di manzo a dir poco deliziosa e ci abbinano un vino che mi è piaciuto in modo particolare. Lo chiamano Carolo è ed prodotto con Barbera, Croatina, Uva Rara e Vespolina. Buono davvero, mi piace molto. Poi arriva il dolce e con lui il Moscato Passito (Botritis Muscà) altra perla della Cantina di elevata raffinatezza. Laura e Carlo producono altri vini, Riesling, Nebbiolo, Moscato, Barbera, Cabernet, un rosé100%i Croatina e… gli altri scopriteli voi, perché sono proprio bravi. Una piccola realtà con 13 ettari di vigneti di proprietà, indiscutibilmente persone capaci a fare il vino buono e ad essere gentili e ospitali.

Poi i saluti di rito e il rientro verso casa. Poche ore pavesi sono bastate per avere avuto ancora una volta in regalato piacere ed emozioni.

Radici di Luciano Nicolino

Misteri della fede nella pieve millenaria La storia del Santuario di Santa Maria a Vigone, tra la predicazione di san Bernardino da Siena e il sacrilegio del Duca di Lesdiguières La primitiva chiesa di Santa Maria del Popolo, a Vigone, fu costruita in data sconosciuta, ma certamente prima dell’anno Mille. La lunga storia della chiesa è suddivisa in tre grandi periodi.

PIEVE MILLENARIA Durante il primo fu una

pieve dipendente dal vescovo di Torino. Nel 1029 fu ceduta dal marchese Manfredi all’abbazia di San Giusto di Susa ed inizia così il periodo benedettino in cui la pieve acquisì molta importanza e tutti i pievani furono benedettini di San Giusto. Dopo l’ultimo pievano di quest’ordine

(Berliato de Oppeciis), iniziò a metà del Quattrocento la fase secolare della chiesa, nella quale il primo pievano secolare, Giannetto Fasoly, fece costruire la nuova Parrocchia di Santa Caterina e vi si trasferì nel 1461.

Ciò soprattutto a causa dell’insalubrità dell’aria, e del fatto che già nel

Trecento molte case erano ritirate all’interno delle mura lasciando soltanto più due vie deserte (le ruate) a collegare il paese con la chiesa campestre.

Da allora la pieve di Santa Maria de Ortis (dal latino “orior” cioè nascere, quasi certamente un’alterazione popolare

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Radici

Il santuario di Santa Maria a Vigone

di “de ortu” titolo latino indicante l’assunzione della Vergine Maria) divenne dipendente della parrocchia di Santa Caterina e fu utilizzata solamente la domenica ed il 15 di agosto (giorno della solenne festa titolare).

GRANDI PREDICATORI Nelle ricorrenze più importanti, al Santuario, venivano invitati grandi predicatori: tra questi, nel 1418, un frate straordinario, San Bernardino da Siena (appartenente

alla grande famiglia di San Francesco d’Assisi) che, come narrato in una lapide, non riuscendo a scuotere gli animi pigri dei vigonesi operò un miracolo chiedendo aiuto al crocefisso posto sopra l’altare: staccò il braccio destro dalla croce e lo puntò verso i fedeli in segno di ammonimento.

Vi fu grande sgomento, e da quel momento i vigonesi tornarono fervorosi, come al tempo in cui fu costruito il Santuario.

MADONNA SOTTERRATA Altro fatto realmente accaduto il 3 ottobre

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1592 riguarda il Duca di Lesdiguières che, a capo di un esercito di ugonotti (protestanti francesi in linea coi calvinisti) saccheggiò Vigone e, oltre ad incendiare il tetto del Santuario (usato come caserma) commise un grave sacrilegio: diede fuoco alla statua della Madonna, ma, dovendo battere in veloce ritirata, pensò bene di disfarsene sotterrandola.

In seguito, i vigonesi, profondamente addolorati, non riuscivano a darsi pace e, non avendo testimonianze utili al ritrovamento, tutti i giorni si recarono al Santuario, per ripararlo dai danni subiti dai militari francesi.

ROSETO NELLA NEVE La loro costanza fu premiata, il 2 febbraio dell’anno seguente, in un inverno rigidissimo, ai bordi della strada campestre che porta al Santuario, un roseto selvatico, nel bel mezzo della neve, fiorisce improvvisamente emanando un soave profumo ed è proprio qui che scavando viene ritrovata la statua della Madonna.

Rimessa al suo posto

la statua, il Santuario divenne meta di numerosi pellegrinaggi, questi fatti sono prescritti su una lapide all’interno del Santuario, e ricordano in modo impressionante l’apparizione della Madonna di Guadalupe in Messico ad un contadino indio avvenuta 62 anni prima.

Anche li, in pieno inverno, sbocciarono dei fiori bellissimi e profumati sulle colline del Tepejac.

VISITA AL SANTUARIO Chi volesse visitare questo Santuario può farlo il 15 agosto, giorno della festa solenne.

Arrivando alla circonvallazione di Vigone, si prende la direzione che porta verso Pinerolo, dove si rasenta un pilone votivo dedicato alla Vergine Maria nei cui pressi, nel 1593, fiorirono le rose e poco distante vi è il Santuario.

Ringrazio di vero cuore il carissimo amico Gabriele Bonifetto, che mi ha fornito la preziosa e minuziosa documentazione, riguardante la millenaria storia di questo splendido Santuario tanto amato dai vigonesi.

Avvio anticipato iniziativa prevista nella domanda di sostegno n.20201062856 trasmessa in data 30/09/2016 ai sensi del PSR 2014-2020 della Regione Piemonte - Misura 1 - Operazione 1.2.1- Azione 1: Attività dimostrative e di informazione in campo agricolo

LE OPPORTUNITà DEI BANDI PSL DEI QUATTRO GAL CUNEESI In partenza la prima parte dei Psl, ovvero Programma di Sviluppo Locale, e dei Bandi Filiere nei quattro Gal della provincia di Cuneo. Langhe e Roero Leader, Mongioie Leader, Tradizione delle Terre Occitane e Valli Gesso Vermenagna e Pesio stanno presentando in questi giorni le singole programmazioni attraverso momenti pubblici informativi per delineare il quadro delle opportunità con il dettaglio di modalità e tempi per fare domanda.

Le strategie dei Piani di Sviluppo Locale prevedono di costruire e utilizzare questo strumento per intercettare risorse messe a disposizione dall’Europa per promuovere e realizzare servizi mirati all’insediamento sul territorio.

Anche la Cia di Cuneo, socia di tutti i quattro Gal, segue da vicino l’iter per supportare i propri associati nella trafila dell’istruttoria che dovrebbe essere più snella rispetto a quella dei Psr e nella passata programmazione ha funzionato bene e con puntualità. All’interno dei Gal possono presentare domanda le aziende dell’agroalimentare e le

cosiddette filiere, formate da almeno tre soggetti rappresentativi del mondo economico in rappresentanza di due fasi produttive (agricolo, artigiano, trasformazione, distribuzione e commercializzazione) e che stipulino un accordo per un tempo minimo di tre anni. In tutti i bandi, saranno maggiormente premiate le filiere più partecipate in grado di presentare progetti condivisi e articolati. «I bandi mettono a disposizione finanziamenti importanti che faranno da volano all’economia locale di aziende agricole e filiere - specifica Silvio Chionetti, vicedirettore Cia Cuneo -.

Consigliamo a tutti gli associati di partecipare agli incontri promossi dai quattro Gal, condizione necessaria per recepire le direttive e fare funzionare le filiere. Viste le varie scadenze per la presentazione delle domande, abbiamo già concordato con le direzioni l’opportunità di organizzare più incontri, anche in corso d’opera, per dare tempo di inserire nuovi soggetti interessati e creare eventuali nuove filiere per realizzare progetti integrati».

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Tel. 335/1703801 Falciatrice BCS 602, motore nuovo, largh. taglio 110 cm, cambio 3 avanti + retromarcia; pressa raccoglitrice AMA per balle piccole, perfettamente funzionante.Tel. 331/8270741 Sega a nastro da 70 a presa trattore perfettamente funzionante, euro 600.

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L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

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gli affari dell’imprenditore • Vendo silos (Beccaria q.80) con impianto riscaldamento per gusci nocciole o deposito cereali.

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Vendo, causa inutilizzo, motosega Husqvarna 236/40 cilindrata 38.2 cc in perfette condizioni.

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Tel. 348/9041821 Tel. 338/4794426 Vendo cabina per trattore tipo Fiat serie 80. Tel. 334/1112936 Vendo bici da corsa da uomo mod. Specialized cambio shimano Vendo caricatore frontale marca 600 telaio carbonio, causa Fasano mod. Jolly 85 anno inutilizzo. Tel. 340/8717033 2001, adatto trattore Case oppure MC Cormick 80/90/100 Vendo spandiletame non senza benne. Tel. 348/9041821 omologato, botte per liquami, trattori, rotofalce, rotopressa, Vendo impagliatrice trainata ranghinatore, bivomero, Bravo 2006 per balle quadrate e estirpatori, rototerra, scavafossi, tonde, ottime condizioni. pompa idrovora, abbeveratorio; Tel. 342/0088255 vendo per cessata attività.

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Tel. 347/8822675 Tel. 338/2694600 Vendo paglia in balle grandi rotonde. Tel. 377/5319263 Vendo panda 4x4 diesel multi-jet anno 2010, 70000 km come nuovo. Rimorchio Crosetto vecchio fisso omologato mt. 4,5 x 1,90 2 giri di sponde, euro 400.

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80 L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

Vendo 2 cuccioli di Pincher toys maschio e femmina, nati il 22/02. Tel. 338/8113125 Vendo pressa big baler Supertino 60-120 in ottime condizioni, prezzo interessante e trattabile.

Tel. 339/8148159 Vendo miscelatore carrellato con mulino; estirpatore 11 ancore con rullo per noccioleti; bilancia 6 q.li. Tel. 333/9796614

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Tel. 334/9714432 Vendo manza di 16 mesi razza Jersey. Tel. 335/7253643 Vendo estirpatore a molle 2,5 mt; trattore New Holland L75 4RM cabinato; ripuntatore con dischiera 2,5 mt. Tutto in ottimo stato. Tel. 339/1416135 Vendo forno a legna Gemignani mobile con ruote capacità di cottura kg. 10 e livellatore Bersano. Tel. 333/5774713 Vendo trattore Agrifull 55 cv speciale vigneto, trattorino Pasquali con attrezzatura.

Tel. 0173/71203 Vendo impastatrice a braccia tuffanti, capacità 10 kg; scalzatrice automatica da frutteto marca Decafruit.

Tel. 333/5774713 Piccolo produttore vende uve Dolcetto d’Alba anche piccoli quantitativi, zona Vocata.

Tel. 335/5653602 Vendo motore monocilindrico per betoniera, motore per tagliaerba a benzina, motore Lombardini adatto a carri raccoglifrutta, motore bicilindrico HP30 adatto per motopompa o generatore di corrente. Tel. 328/7379506 Terreno agricolo zona Pocapaglia 8 giornate.

Tel. 338/7497781

Vendo macchine agricole usate: rimorchio agricolo omologato 4,50x2 ribaltabile trilaterale, sponde 60+50+20 marca Acciaiotecnica, sega circolare, sega bindello da 50 Pezzolato, biga trasporto bestiame, silos in vetroresina da 60 q.li.

Tel. 328/7379506 Vendo rullo 2 vaschette, damigiane, cassette da frutta, 2 piante di Raglia e mobili.

Tel. 0175/248377 Vendo n. 2 rimorchi agricoli monoasse (carriole) non omologate, mt. 3x1,80 ribaltabili manuali, spazzolatrici per stalla (Unifeed) e da piazzale, aratri bivomeri, erpice a disco da 25 marca Longo, gabbie per conigli da ingrasso e fattrici.

Tel. 328/7379506 Causa inutilizzo vendo rullo per terreno larg. mt. 1,80, vuoto attacco a 3 punti, euro 350.

Tel. 011/9364207 Vendo trattore New Holland TD 115 2000 ore originali, come nuovo. Tel. 335/5900255 Vendo falciatrice Olimpia 13 HP completa di carrello con taglio mt. 1,27 euro 700.

Tel. 011/9364207 Vendo rotofalce 190, estirpatore mt. 3 rullo mt. 2,20.

Tel. 333/1996709 Vendo paglia in balloni quadrati, bellissima. Possibilità consegna a domicilio, paesi limitrofi Savigliano.

Tel. 360/516515 Carmagnola fronte Provinciale per Casalgrasso, privato vende cascinale: abitazione, stalla, fienile, tettoie, orto mq. 4000.

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L’imprenditore agricolo • Luglio 2017

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gli affari dell’imprenditore • gli affari dell’imprenditore Vendesi bar a Dronero con bellissimo dehor (70 posti), vista panoramica sui monti e sul fiume Maira. Cucina ben attrezzata per piccola ristorazione (70 coperti). Piccolo alloggio compreso nell’affitto.

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