L'imprenditore Agricolo Giugno 2014

ANNO 3 NUMERO

30 giugno 2014

d e l l a

P r o v i n c i a

G RAN D A

Le uova d’oro L’UNICO GIORNALE INVIATO A TUTTI GLI IMPRENDITORI AGRICOLI 1

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Sommario Attualità

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Biogas e fotovoltaico agricoli rischiano di chiudere i battenti

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Legno illegale, l’Italia si tutela contro l’importazione selvaggia

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Il viceministro in cattedra a Lombriasco su “made in Italy”, qualità e burocrazia

Giugno 2014

Voci dai campi

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Tradizione e innovazione all’ombra della Bisalta

Zootecnia

L’editoriale

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Non c’è coltura senza cultura

L’aria che tira

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Titoli Pac e speculatori L’Italia da che parte sta?

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Il Piemonte può assumere mille immigrati stagionali

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Un futuro per l’Italia: perchè ripartire dall’agricoltura

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Dopo il no dell’Italia, anche la Francia vieta il mais ogm

Fisco e tributi

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Sugli alpeggi regole certe altrimenti non c’è futuro

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Il “Bra duro dop” di Sepertino vince il trofeo San Lucio

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Grinzane Cavour Festa d’Ariè

Formazione

Diritto agrario

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Razza piemontese alla resa dei conti. Bilancio positivo per Compral carni

Fiere

Energia da biogas e fotovoltaico nel mirino del governo Renzi

I confini della discordia tra regole e buon senso

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56

Agricoltori soddisfatti per l’esonero dagli obblighi sui rifiuti speciali

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L’istituto agrario di Cuneo dedica un’aula al professor Ascheri

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Borse di studio Terre del Barolo agli studenti dell’Umberto I

41

Coltivare nocciole, un mestiere dal futuro molto promettente

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Pesche, nettarine e albicocche. Le previsioni d’inizio stagione

L’IMPRENDITORE AGRICOLO

Enologia

34 36

L’Italia beve meno ma esporta di più

L’esercito dei trattori sconfitto dalla guerra

Ortofrutticoltura

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Direttore responsabile: Osvaldo Bellino Direttore editoriale: Valerio Maccagno

Il Barolo sotto i dieci euro?

Una questione di mercato

A.r.pro.m.a informa

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della provincia Granda

La sana tentazione dell’asparago. Dagli antichi romani ai nuovi coltivatori

48

Viaggio dietro le quinte del mercato delle fragole

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La Granda torna a sognare l’industria agroalimentare

Radici

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Ricetta: mattonella di fragole

Prezzi e mercati all’ingrosso

Scadenze fiscali

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Nocciolo: coltura per l’ambiente. Analisi, opportunità e criticità

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Luglio: occhio alle scadenze

Mercatino

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Unione Stampa periodica Italiana Copia gratuita

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e d i t o r i a l e

Non c’è coltura senza cultura

O svaldo B ellino

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Si fa presto a dire “made in Italy”, ma cosa significa realmente?

Prodotto in Italia, dai campi alla tavola, o trasformato in Italia?

La risposta è: tutte e due le cose. Lo ha detto in modo chiaro il viceministro delle Politiche agricole, Andrea Olivero, al convegno organizzato dalle Scuole Salesiane di Lombriasco. Sono due facce della stessa medaglia. Quello che conta è il valore aggiunto che in entrambi i casi è attribuibile al “made in Italy”. Una sintesi all’apparenza scontata, ma sulla quale il mondo agricolo è diviso: c’è chi manifesta alle frontiere contro l’importazione di materie prime dall’estero e chi fa appello alla regolamentazione dell’etichettatura per uscire dal protezionismo e lasciare nelle mani del trasformatore italiano e del consumatore mondiale la libertà della scelta finale. Tra la legittima aspirazione a una filiera tutta italiana e le esigenze di rifornimento delle migliori agroindustrie del Belpaese, tocca alla politica trovare al più presto un punto di equilibrio.

Così come, nella vitale necessità di certificare e garantire il valore aggiunto delle produzioni italiane, è il sistema dei controlli, cioè la vituperata burocrazia, a giocare la partita imprescindibile e cruciale. Anche qui una soluzione andrà trovata. Si parla di “registro unico” per accorpare le molteplici competenze sulla vigilanza e di “diffida” per aprire un dialogo, prima di un verbale, con le imprese oggetto di contestazioni. Certo è che così non si può andare avanti.

Sarà pur vero che il marchio italiano vale più di tutto, ma se per “tappare” una bottiglia di vino doc servono ventun passaggi amministrativi, allora è l’azienda la prima a rimanere imbottigliata, con il rischio che la bottiglia, quella vera, rimanga vuota.

Nessuna “rivoluzione verde” sarà mai possibile, però, se il cambiamento non sarà culturale, prima che colturale. Non si può salvare il Paese a colpi di decreti, tasse e imposizioni. Bisogna che qualcosa cambi nell’approccio etico alla vita e al lavoro. Lo “Stato strozzino” e “l’imprenditore prenditore” non devono più avere ragion d’essere, in un Paese che vuole fare del “made in Italy” il tratto distintivo della propria economia, sinonimo di qualità non “solo” del lavoro ma, appunto, anche e allo stesso modo della vita.

E’ una sfida che l’agricoltura italiana può cogliere. Affidandola ai giovani, promuovendola all’Expo, seminandola nella terra, per cambiare il mondo.

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c h e

t i r a

Titoli Pac e speculatori L’Italia da che parte sta?

M ichele A ntonio F ino

Sulle pagine di Repubblica, nel mese di maggio, si è consumato un dialogo a distanza, tra Carlo Petrini e il ministro Martina, che interessa molto da vicino la provincia di Cuneo.Il fondatore di Slow Food ha chiesto alle autorità di scegliere se, nella distribuzione dei fondi PAC, l’Italia vuole essere con gli agricoltori o, invece, con gli speculatori che dai titoli della politica agricola comunitaria non ricavano un sostegno al reddito, ma vere e proprie fortune, come se giocassero in borsa.

Solo che vincono di sicuro e le tasse di tutti servono, così, ad arricchire i pochi.

L’Imprenditore Agricolo ha scoperchiato il vaso di Pandora da molto tempo, seguendo la riorganizzazione dei margari piemontesi, che da tempo hanno compreso che i lupi con i pezzi di carta e i lupi a quattro zampe circolano indisturbati e famelici in quota, con la complicità, qualche volta non volontaria dei comuni e il silenzio di tanti, troppi soggetti interessati a mantenere le cose come sono oggi.

Gente che non sa nemmeno come sono fatti i pascoli, partecipa alle aste, offre cifre incredibili e non pascolerà mai, al massimo subaffitterà al povero margaro rimasto senza erba per le sue vacche. Così un sistema pastorale plurisecolare si suicida, perché pochi paperoni di pianura e talvolta nemmeno piemontesi continuano ad ingrassare, accumulando fortune che nulla hanno a che vedere con l’agricoltura.

Le misure per ridare equità a tutto ci sarebbero: pretendere che chi esige i titoli PAC sia un agricoltore o un allevatore vero, con un giro d’affari, non soltanto con una partita Iva; pretendere che i titoli che si possono caricare sui pascoli, non possano essere i titoli assurdi delle colture super specializzate (come il tabacco) che mai in montagna si potrebbero praticare; pretendere che venga messo un tetto ai contributi PAC che devono essere integrazione e non possono essere una continua, annuale, vincita al totocalcio truccato.

Il ministro ha promesso ascolto e siccome è un uomo preparato e serio merita fiducia. Ma dobbiamo “stargli addosso”, vigilando e facendo sentire a lui e ai suoi collaboratori al ministero la voce degli agricoltori: quelli veri, quelli che non camminano tanto per i corridoi delle grandi organizzazioni, ma lavorano, governano, trasformano davvero. Vi terremo aggiornati, ma aspettiamo nella posta dell’Imprenditore tutte le vostre riflessioni sul tema della PAC e in particolare sull’uso dei suoi titoli. Insieme possiamo ancor riprenderci la politica agricola comunitaria, superando gli interessi di pochi, per il bene di tutti.

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Fisco e Tributi

di Alberto Tealdi, commercialista, a.tealdi@studiocugnasco.it

Energia da biogas e fotovoltaico nel mirino del governo Renzi Giro di vite fiscale sulle fonti rinnovabili.

Adesso si confida nel ridimensionamento della normativa Il cosiddetto “Decreto Renzi” (quello che, per intenderci, prevede i noti 80 euro in busta paga), ha introdotto una tassazione non indifferente per le imprese agricole che producono energia elettrica da fonti rinnovabili sia sfruttando l’energia solare mediante impianti fotovoltaici che sfruttando le risorse agroforestali mediante impianti di biogas oppure a biomasse.

VECCHIA NORMATIVA Per analizzare a fondo la portata della nuova norma è bene ricordare che tali attività sono state assimilate alle attività agricole connesse. L’assimilazione è avvenuta per il tramite della Legge n. 266/2005 e successive modificazioni. In forza di tale disposizione i soggetti che svolgevano attività agricola sotto forma di ditta individuale, socie-

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tà semplice e gli enti non commerciali potevano ricomprendere il reddito derivante dalla produzione di energia elettrica e/o termica nel loro reddito agrario quale loro regime fiscale naturale. I soggetti che svolgevano invece l’attività agricola sotto forma di s.n.c., s.a.s. o s.r.l. potevano usufruire di tale tassazione catastale solo in caso di opzione e qualora in possesso dei requisiti previsti dalla Finanziaria 2007, vale a dire indicazione nella ragione sociale della dicitura “società agricola”, oggetto esclusivo della società l’esercizio dell’attività agricola e per le società di persone almeno un socio in possesso dei requisiti di coltivatore diretto od imprenditore agricolo professionale (Iap) e per le società di capitali almeno un amministratore con tali requisiti.

BASE CATASTALE La possibilità per tali soggetti di tassare i redditi derivanti dall’attività di produzione di energia su base catastale veniva subordinata, e vale tutt’ora per la nuova tipologia forfettaria di determinazione del reddito, al rispetto di alcuni requisiti dimensionali e di produzione dell’azienda agricola.

Per quanto concerne la produzione di energia elettrica mediante fonti fotovoltaiche, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 32/E/2009 ha previsto che tali redditi rientrano sempre nel reddito agrario se la produzione avviene mediante impianti di potenza inferiore a 200 Kw mentre prevede una connessione con l’estensione dei terreni condotti per i Kw che superano tale soglia. In particolare per ogni 10 Kw di potenza installata oltre i

Fisco e tributi 200 Kw e fino ad un massimo di 1000 Kw ( 1 Mw) è necessario condurre un ettaro di terreno.

Pertanto qualora una azienda agricola che dichiari reddito agrario installi sui propri fabbricati un impianto pari a 350 Kw di potenza nominale potrà godere della franchigia fino ai 200 Kw e dovrà condurre almeno 15 ettari di terreno per fare sì che anche per la parte eccedente i 200 Kw possa beneficiare della tassazione agraria.

Inoltre il volume di affari dell’attività agricola “principale” deve essere superiore ai ricavi derivanti dalla cessione di energia elettrica (al netto di quanto corrisposto a titolo di tariffa incentivante).

IMPIANTI A BIOMASSE Per quanto concerne inve-

ce la produzione mediante impianti a biomasse o biogas, la normativa fiscale richiede, così come per ogni attività connessa, il requisito della prevalenza, vale a dire che la quantità di prodotti agricoli utilizzati per tale attività deve essere prevalentemente prodotta dall’azienda medesima. In entrambi i casi qualora non siano rispettati i requisiti dimensionali per quanto concerne il fotovoltaico e quelli della prevalenza dei prodotti propri per gli impianti a biogas e biomasse, la parte eccedente genererà reddito di impresa sulla base della differenza tra ricavi meno costi. Quanto sino a quì sostenuto, valido sino al 31.12.2013, consentiva, a patto di rispettare i predetti vincoli, alle aziende agricole di avere una tassazione di assoluto

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Fisco e tributi favore rientrando il reddito tra quello agrario relativo alla conduzione dei terreni aziendali.

NUOVA NORMATIVA La nuova norma prevede invece, a partire dall’01.01.2014 una determinazione forfettaria del reddito imponibile generato dalle predette produzioni calcolata sul 25% dei ricavi registrati ai fini Iva. In ogni caso, per poter applicare tale regime, è necessario comunque rispettare tutti i requisiti di cui sopra quale connessione con il fondo e con i prodotti derivanti dall’attività dell’azienda.

Con la nuova disposizione il 25% dei ricavi registrati ai fini Iva determinerà forfettariamente la base imponibile sulla quale applicare l’Irpef o l’Ires a seconda della natura del sogget-

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to agricolo produttore di energia. La nuova norma colpisce infatti sia la produzione svolta sotto forma di impresa individuale o di società semplice, sia quella svolta mediante società di persone (s.n.c. o s.as.) o di società di capitali (s.r.l.) in caso di opzione per la tassazione su base catastale.

Per quanto riguarda i corrispettivi derivanti dalla produzione per il tramite di impianti fotovoltaici, si ritiene che debbano essere considerati corrispettivi registrati ai fini Iva solamente quelli relativi alla cessione dell’energia elettrica al Gestore dei Servizi Energetici (Gse) e ad esso fatturata con applicazione dell’Iva al 10%. La tariffa incentivante, che è la parte preponderante del ricavo, si ritiene invece essere un contributo in conto eser-

cizio (circolare 46/E/2007), non soggetto ad Iva e non oggetto di registrazione ai fini Iva. Questa suddivisione tra ricavi per la cessione dell’energia prodotta ed immessa in rete (assoggettati ad Iva) e tariffa incentivante (esclusa da Iva) valeva fino al cosiddetto IV conto energia. Con il V conto energia invece, attualmente in vigore, viene riconosciuta al produttore una unica tariffa detta omnicomprensiva che genera ricavi interamente assoggettati ad Iva e quindi registrati sull’apposito registro delle vendite.

Questo comporta che per gli impianti fotovoltaici regolati dal V conto energia la determinazione forfettaria del 25% si determina sulla totalità dei ricavi. Allo stesso modo, da sempre, avviene la remunerazione degli impianti a biomas-

se peri quali appunto è prevista una tariffa omnicomprensiva assoggettata ad Iva che quindi sarà presa interamente come base per il calcolo della redditività.

ESEMPIO PRATICO Per comprendere appieno la portata della nuova tassazione, rispetto a quella prevista fino al 31.12.2013 è necessario un esempio pratico. Ipotizzando una società semplice che produce energia elettrica mediante un impianto a biogas, con ricavi da tariffa omnicomprensiva pari ad Euro 800.000,00 e che produce internamente la maggior parte della biomassa impiegata, fino al periodo di imposta 2013 il reddito rientrava interamente nel reddito agrario dei terreni condotti. A partire dal periodo di imposta 2014

Fisco e tributi

invece si determinerà un reddito forfettario di Euro 200.000,00 (800.000,00 x 25%) che dovrà essere attribuito ai soci che, a loro volta sconteranno l’Irpef sulla base della loro aliquota marginale.

ACCONTI PER IL 2014 Il DL 66/2014 prevede che di tale reddito è necessario già tenerne conto nelle determinazione degli acconti per il periodo di imposta 2014 prendendo quale base di calcolo, ovviamente, i dati relativi al periodo di imposta 2013.

CONVERSIONE IN LEGGE Da più parti si auspica che in sede di conversione in Legge tale norma venga un po’ ridimensionata, anche alla luce del fatto che si configurerebbe una violazione del legittimo

affidamento previsto nello “Statuto del Contribuente” in quanto nel campo della produzione di energia mediante fonti agroforestali gli investimenti sostenuti da parte delle aziende agricole sono stati valutati sulla base di business plan che tenevano conto del favorevole regime fiscale.

A seguito di questo intervento normativo la loro validità viene messa in discussione. Avrebbe più senso se tale norma venisse applicata agli impianti costruiti da adesso in poi, in modo tale che gli imprenditori possano fare i loro dovuti calcoli di convenienza economica tenendo conto anche della nuova e più onerosa tassazione.

MEGLIO IL 16 LUGLIO Considerato che il DL in commento dovrà essere

convertito in Legge entro la fine del mese di giugno e che quindi a tale data si sarà a conoscenza di eventuali cambiamenti intervenuti in sede di conversione, è consigliabile non liquidare l’acconto per il 2014 alla prima scadenza del 16 giugno, ma usufruire del termine “lungo” del 16 luglio (con la maggiorazione dello 0,40%) in modo tale da versare quanto dovuto sulla base di una norma definitiva.

In ogni caso, se nulla dovesse cambiare, è bene ricordare che la tassazione su base catastale è una possibilità e non un obbligo.

Gli imprenditori agricoli che svolgono la loro attività sotto forma di ditta individuale o società semplice possono optare per la determinazione del reddito nei modi

ordinari quale ricavi meno costi.

Ovviamente tale regime comporta la tenuta di una contabilità separata o sezionale non sono ai fini Iva ma anche ai fini delle imposte sul reddito con la predisposizione di una situazione patrimoniale di partenza e la contabilizzazione di ammortamenti, rimanenze ecc...

Allo stesso modo le s.n.c., s.a.s. e s.r.l. possono non optare per la tassazione su base catastale e quindi a loro volta determinare il loro reddito sulla base delle risultanze di bilancio.

Bisognerà pertanto valutare quale regime risulterà essere fiscalmente meno oneroso.

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Attualità

Biogas e fotovoltaico agricoli rischiano di chiudere i battenti Il “Governo Renzi” riduce pesantemente i prezzi minimi di vendita dell’energia elettrica e appesantisce il carico fiscale.

L’allarme di Confagricoltura: «Il futuro del settore è a rischio»

«Alla luce degli interventi normativi introdotti con il decreto ‘Destinazione Italia’, che ha ridotto pesantemente i prezzi minimi di vendita dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e ha appesantito il carico fiscale, è indispensabile rivedere l’impianto delle nuove norme, al fine di assicurare un futuro alle rinnovabili agricole che stanno dando un grande contributo alla diminuzione delle emissioni e più in generale alla tutela dell’ambiente».

Roberto Abellonio, direttore di Confagricoltura Cuneo è netto nel commentare le novità previste dal Governo per il settore delle agroenergie. Le nuove misure fiscali introducono novità importanti ed estremamente onerose per gli operatori agricoli, tra l’altro con un provvedimento estemporaneo e con effetti retroattivi.

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«Si rischia di compromettere definitivamente l’equilibrio economico-finanziario delle imprese agricole che hanno investito nel settore delle rinnovabili», continua Abellonio.

La determinazione del reddito con l’aliquota del 25% sull’ammontare dei corrispettivi, con il cambio delle regole d’imposizione “in corso d’opera”, produce, infatti, effetti dirompenti sui piani d’investimento e sulle fonti di finanziamento bancario.

«Peraltro – sottolinea l’associazione - la pesante tassazione genera un gettito di gran lunga superiore a quanto stimato dal Governo, che impone un profondo ripensamento della misura, in particolare per i settori del biogas e delle biomasse, che utilizzano materia prima agroforestale, effluenti zootecnici, sottoprodotti, con positive ricadute economiche sul territorio».

Legno illegale, l’Italia si tutela contro l’importazione selvaggia In approvazione un nuovo decreto legge che recepisce la normativa europea, previsti controlli e sanzioni Il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo del Mipaaf con cui verrà data attuazione alla disciplina europea riguardante il divieto di importazione di legno tagliato illegalmente.

L’obiettivo è contrastare l’importazione illegale di legno e prodotti derivati da quei Paesi terzi con i quali l’Unione europea firma accordi bilaterali di tipo volontario (VPA - Voluntary Partnership Agreements) finalizzati all’adozione di licenze standard,

verificabili e non falsificabili, e a fissare gli obblighi degli operatori che commercializzano per la prima volta legno e prodotti derivati sul mercato interno, attraverso l’adozione di un sistema di dovuta diligenza da parte degli operatori commerciali.

«Abbiamo sbloccato lo stallo in cui ci trovavamo – osserva il ministro Maurizio Martina - con l’individuazione del Ministero delle politiche agricole come autorità nazionale competente che si avvarrà del Corpo forestale

dello Stato per i controlli su tutto il territorio nazionale. Grazie a queste norme, che prevedono anche la creazione di un registro degli operatori, introdurremo sanzioni penali e amministrative, che possono arrivare fino a un milione di euro, per quanti violeranno i regolamenti europei in materia».

Oltre ad alcune amministrazioni pubbliche, saranno coinvolte anche le categorie di settore e le associazioni ambientaliste.

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Attualità

Il viceministro in cattedra a Lombriasco su “made in Italy”, qualità e burocrazia Etichettatura, tracciabilità, controlli, formazione professionale… Pomeriggio fitto di impegni per il viceministro delle Politiche agricole, Andrea Olivero, protagonista il 19 maggio di due incontri, prima con i soli studenti e poi con il pubblico, alle Scuole Salesiane di Lombriasco.

Argomento centrale: la qualità agroalimentare, che fa rima con “made in Italy”, ma anche con controlli e, spesso, con eccesso di burocrazia.

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MADE IN ITALY «Bisogna sia chiaro che cosa si intende per “made in Italy” – ha osservato il viceministro -, perchè non si tratta solo dei prodotti di origine e trasformazione italiana, ma anche di quelli che arrivano dall’estero per essere trasformati in Italia. Sono due facce della stessa medaglia, non possiamo metterle in contrapposizione. Bisogna trovare un punto di equilibrio, l’Italia è un grande paese produttore,

Genesio Tarasco, Andrea Olivero, Osvaldo Belli

ma anche trasformatore di agroalimentare. Certamente l’acquisizione di materie prime italiane, in primo luogo attraverso gli accordi di filiera, va incentivata, ma sarebbe assurdo penalizzare le nostre industrie di eccellenza che si riforniscono fuori dai confini nazionali».

REGISTRO UNICO DEI CONTROLLI Da qui, il ruolo strategico e fondamentale dei controlli: «Bisogna che siano rigorosissimi – ha detto Andrea Olivero -, altrimenti non riusciamo a dimostrare il valore aggiunto del “made in Italy”, vanificandone il

Attualità

Andrea Olivero protagonista alle Scuole Salesiane: «Il Piemonte scommetta sull’agroalimentare»

ino

marchio. Semmai va rivisto il sistema, attraverso un Registro unico che metta insieme tutte le competenze nazionali, regionali e dei vari istituti di vigilanza. Bisogna cambiare l’approccio relazionale tra controllore e controllato, agire con nuovi strumenti, come la diffida.

Non si gioca a guardia e ladri, occorre sia chiaro che la qualità è un obiettivo di interesse comune».

QUALITA’ DIFFUSA Il viceministro ha anche invitato ad andare oltre il concetto di eccellenza, che “è il traino, il patrimonio da

valorizzare e sostenere”, ma che non può prescindere dalla “qualità diffusa sul territorio”, come è avvenuto nelle Langhe, dove l’eccellenza è stata il volano dello sviluppo, elevando la qualità complessiva delle produzioni.

«Fondamentale per l’Italia è la tutela della biodiversità – ha sottolineato il ministro -, insieme alla tracciabilità, che deve essere un diritto, come la cittadinanza».

Al Piemonte, il senatore Olivero chiede di “scommettere sull’agroalimentare”: «Una sfida anche etica, che riguarda l’ambiente, il cibo e la vita di tutti».

FORMAZIONE E CONTRAFFAZIONE Al convegno, introdotto dal direttore della Scuola Salesiana, don Genesio Tarasco, e moderato dal giornalista

Osvaldo Bellino, sono intervenuti Giovanni Piero Sanna, dirigente della Formazione del Ministero delle Politiche agricole, che ha ricordato il ruolo storico del piemontese Camillo Benso, conte di Cavour, nell’istituzione del dicastero agricolo, e Giovanni Goglia, direttore del Servizio repressioni frodi di Piemonte e Liguria, che ha richiamato la necessità di semplificare le normative sui controlli: «Dove c’è complessità – ha detto Goglia -, c’è contraffazione. In materia di vigilanza, dobbiamo assicurare che si parli una sola lingua in tutta Italia. La prevenzione dovrebbe venire prima della repressione. Le aziende non ci chiedano di non fare controlli, ma di mandare controllori competenti, perché l’interesse della tutela contro le frodi è comune».

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Attualità

Il Piemonte può assumere mille immigrati stagionali Via libera agli imprenditori agricoli che intendono assumere manodopera stagionale. Il Decreto del 12 marzo sulla “programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro stagionale e altre categorie per l’anno 2014” è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, pertanto è possibile inviare le domande di flusso stagionale.

QUINDICIMILA INGRESSI Il Decreto prevede una quota massima di ingressi pari a 15.000 cittadini stranieri residenti all’estero ripartiti tra le seguenti nazionalità: Albania, Algeria, Bosnia Herzegovina, Egitto, Repubblica delle Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, India, Kosovo, Repubblica ex Jugoslava di Macedonia, Marocco, Mauritius, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Ucraina, Tunisia.

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Attualità

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto sui flussi.

La quota più consistente è in provincia di Cuneo: 650 unità MILLE IN PIEMONTE Lo stesso Decreto prevede, inoltre, nell’ambito della quota di 15.000 unità, una quota di 3.000 unità per i lavoratori per i quali, avendo fatto ingresso per almeno due anni consecutivi, venga richiesto il nulla osta per lavoro stagionale pluriennale. Da quest’ultimo provvedimento, è esclusa la regione Piemonte. Il Ministero del Lavoro ha provveduto alla ripartizione territoriale assegnando al Piemonte una quota di 975 nulla osta stagionali, di cui 650 in provincia di Cuneo, 150 ad Asti, 100 ad Alessandria, 50 a Torino, 10 a Novara, 5 a Biella, 5 a Verbania e 5 a Vercelli.

«Le quote assegnate – commenta il direttore di Coldiretti Piemonte, Antonio De Concilio - tengono conto delle esigenze manifestate dalle imprese, di cui Coldiretti si è fatta portavoce presso il Governo.

Si tratta di una possibilità offerta alle imprese agricole che assumono manodopera stagionale, l’obiettivo è di garantire manodopera che si è qualificata nel tempo».

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Attualità

Un futuro per l’Italia: perchè ripartire dall’agricoltura «I risultati del rapporto Censis-Cia Confederazione italiana agricoltori ci danno un’ulteriore conferma del ruolo strategico del mondo agricolo e agroalimentare.

Se per anni il settore è stato visto come marginale rispetto ad altri, oggi questo pregiudizio è finalmente tramontato,

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come dimostra il fatto che la stragrande maggioranza degli italiani lo considera un asset decisivo per il rilancio di tutto il Paese, in grado non solo di resistere alla crisi ma anche di creare opportunità lavorative soprattutto per i giovani».

Così il ministro delle Politiche agricole

Attualità alimentari e forestali, Maurizio Martina, commenta i dati emersi dalla presentazione della ricerca del Censis realizzata per la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), dal titolo ‘Un futuro per l’Italia: perché ripartire dall’agricoltura’, illustrata dal presidente della Cia, Dino Scanavino, e dal direttore del Censis, Giuseppe Roma.

CAMPOLIBERO «Ecco perché dobbiamo puntare sempre di più sul nostro agroalimentare che vanta già numeri di tutto rispetto, visto che nel suo complesso vale circa il 17% del Pil nazionale, e che può

settore, mirate a dare maggiore competitività alle nostre aziende, semplificare il carico burocratico che pesa sugli imprenditori, sostenere i giovani che fanno il loro ingresso nel settore, favorendo così anche il ricambio generazionale che è prioritario».

EXPO 2015 «Le sfide che ci troviamo ad affrontare, dall’attuazione a livello nazionale della nuova Politica agricola comune al semestre Ue di presidenza italiana ed Expo 2015, sono delle grandi opportunità per portare avanti le nostre battaglie, come quella relativa all’etichettatura,

L’ultimo rapporto del Censis conferma il ruolo strategico del mondo agricolo.

E il ministro Maurizio Martina annuncia il varo di “Campolibero”, il piano per i giovani offrire ancora molto se riusciamo a sviluppare ulteriormente il grande potenziale che ha.

Stiamo costruendo – ha aggiunto Martina - un progetto complessivo per creare un percorso nuovo per il settore da qui ai prossimi anni.

In questa prospettiva rientra anche il decreto ‘Campolibero’, dove abbiamo previsto misure attese dal

valorizzando e promuovendo ancora di più il nostro patrimonio agroalimentare.

Se ci giochiamo bene le nostre carte, mantenendo i piedi per terra ma con la testa nel mondo – ha concluso il ministro - possiamo crescere ancora, anche in termini di export».

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Attualità

Dopo il no dell’Italia, anche la Francia vieta il mais ogm In Europa solo la Spagna e altri quattro Paesi si affidano al biotech geneticamente modificato Il Parlamento francese ha approvato definitivamente la proposta di legge che vieta la coltivazione di varietà di mais geneticamente modificato e prevede la possibilità di ordinarne la distruzione in caso di mancato rispetto del provvedimento.

Lo ha reso noto per prima la Coldiretti

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nel sottolineare che peraltro il Consiglio di Stato d’oltralpe ha respinto le richieste di una sospensiva urgente del decreto governativo del 14 aprile che vieta la coltivazione del mais mon810 della Monsanto perché i giudici francesi hanno ritenuto che i ricorrenti non abbiano giustificato l’urgenza della sospensiva e che il

decreto “non comporta un problema grave ed immediato per la situazione economica”.

La decisione segue la sentenza del Tar del Lazio che ha bocciato il ricorso presentato contro il decreto interministeriale che proibisce la semina di mais biotech MON810 modificato geneticamente,

confermando di fatto definitivamente il divieto di coltivazione in Italia.

SPAGNA TRANSGENICA Si rafforza dunque il fronte degli oppositori agli ogm nell’Unione europea, dove in sede di Consiglio Ambiente, sono ripresi i lavori sulla proposta di modifica

Attualità

della Direttiva 2001/18/ CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio.

«Nell’Unione europea

- osserva Coldiretti in un comunicato nonostante l’azione delle lobbies che producono Ogm, nel 2013 sono rimasti solo cinque Paesi, su ventotto, a coltivare

Ogm (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania), con appena 148 mila ettari di mais transgenico MON810 piantati nel 2013, la quasi totalità in Spagna

(136.962 ettari).

Si tratta quindi di fatto di un unico Paese (la Spagna) dove si coltiva un unico prodotto (il mais MON810)».

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Voci dai campi

Tradizione e innovazione all’ombra della Bisalta Siccome gli agricoltori hanno tante cose da raccontare, ma non hanno il tempo di prendere carta e penna, per farlo ho pensato di avviare questa rubrica che dia loro voce attraverso il racconto delle loro aziende e delle loro scelte imprenditoriali. Questo spazio vuole allo stesso tempo dare merito agli imprenditori che hanno fatto scelte innovative ed essere da stimolo per tutti nel non fermarsi mai sulle posizioni già raggiunte ma volersi ogni giorno migliorare.

LA BISALTA E’ questo il nome dell’azienda agricola che il signor Antonio Ramero conduce assieme ai figli Valerio ed Adriano e si trova a Boves proprio ai piedi dell’omonima montagna.

Questa azienda ha saputo coniugare la tradizione con l’innovazione. Negli anni infatti ha continuato a sviluppare l’allevamento delle vacche da latte al quale ha accostato la produzione di energia rinnovabile sia mediante l’installazione di pannelli fotovoltaici che tramite il biogas mantenendo tra i due rami dell’azienda un rapporto equilibrato.

L’energia rinnovabile non è stata vista come un businnes speculativo e per questa ragione

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sono stati realizzati impianti di piccole dimensioni che servissero sia come integrazione al reddito dell’allevamento e sia come strumento per ridurre i costi energetici di produzione del latte mediante il riutilizzo aziendale di parte dell’energia elettrica e termica prodotta.

LA STORIA Quando i figli erano ancora ragazzi papà Antonio assieme alla moglie Serafina allevava animali di razza piemontese e nei campi coltivava oltre a foraggi e cereali per gli animali anche le fragole. Valerio ed Adriano già da giovani manifestavano la volontà di creare rinnovamento in azienda e nel 1988 appena maggiorenni hanno realizzato

la prima stalla per la produzione di latte. La stalla ospitava 40 bovine in lattazione a posta fissa, le vacche frisone hanno progressivamente sostituito le piemontesi e l’impegno nella selezione genetica ha permesso di migliorare produzione e qualità del latte. Nel 1997 è stata realizzata una nuova stalla a stabulazione libera dove venivano munte 100 vacche e la vecchia struttura è stata trasformata per ospitare la rimonta. Sempre avanti e nel 2009 la nuova stalla è stata raddoppiata e “La Bisalta” è arrivati a mungere 160 vacche.

L’ESSICATOIO L’azienda è collocata ai piedi delle montagne per cui non è così semplice produrre foraggi secchi

di qualità, infatti se si aspettano le condizioni meteorologiche stabili si va a falciare il foraggio quando ormai è troppo maturo e lignificato. Per sopperire a questo problema nel 2004 i fratelli Ramero hanno acquistato il primo modulo per l’essicazione del fieno che all’epoca funzionava esclusivamente a gasolio. Con questo strumento si era ottenuto il risultato desiderato in merito alla qualità dei foraggi, ma con dei costi di essicazione molto elevati.

Lo sfruttamento delle energie rinnovabili era già nel DNA di questi ragazzi che nel 2009 hanno ideato un sistema che permettesse all’essiccatore di recuperare il calore del sole in modo tale da abbattere drasticamente il consumo di gasolio e quindi i costi. Proprio in quell’anno è stato costruito un ricovero per foraggi e macchine agricole e sullo stesso

Da sinistra papà Antonio ed i figli Adriano e Valerio

L’azienda agricola della famiglia Ramero, a Boves. Quando capacità e passione fanno rima con equilibrio è stata realizzata una copertura particolare: è stata infatti lasciata una intercapedine tra la soletta di cemento e le lamiere di copertura.

In questa intercapedine l’aria viene scaldata dal sole prima di essere convogliata nell’essiccatore (come si vede nella fotografia).

A questo punto aggiungendo un

secondo modulo di essicazione e programmando i tagli dell’erba si può far lavorare l’impianto solo di giorno essiccando il fieno senza costi per l’energia termica.

IL FOTOVOLTAICO Nel 2009 il prezzo del latte aveva subito una drastica riduzione ed

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Vista dell’azienda con la Bisalta che fa da sfondo

era praticamente scomparsa la marginalità legata all’allevamento delle vacche. Per limitare questo problema si è pensato di installare un piccolo impianto di pannelli fotovoltaici con una produzione di 45 KW per il quale è stato scelto un contratto di scambio sul posto con lo scopo di ridurre il peso economico dell’energia elettrica acquistata.

Attivando l’essiccatore di giorno anche l’energia elettrica che

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muove il grosso ventilatore non è più un costo; a questo punto è possibile produrre senza costi aggiuntivi dei foraggi con una qualità decisamente superiori alla media tutto l’anno anche quando le condizioni meteorologiche non garantiscono i tempi necessari per l’essicazione in campo.

Inoltre installando gli inverter sui motori con maggiori consumi e programmando la partenza delle pompe nelle fasce orarie di

maggior produzione energetica questa azienda riesce ad auto consumare nell’arco dell’anno più del 70% dell’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici.

IL BIOGAS Erano ormai trascorsi tre anni dall’ultimo investimento ed i fratelli Ramero erano pronti per dare il via ad una nuova iniziativa.

Nel corso del 2012 viene portato avanti il progetto del biogas che

entra in funzione a dicembre con una capacita produttiva pari a 100 Kw/ora. L’impianto viene pensato con il preciso obiettivo di ricavare profitto dal liquame e siccome i reflui zootecnici aziendali non sono sufficienti per alimentarlo è stato fatto un accodo per la fornitura di letame con il vicino di casa. Nel biogas l’utilizzo degli insilati è limitato alla parte superiore delle trincee

Locale pompe del biogas

Essiccatoio

che talvolta non è perfettamente conservato ed è più conveniente non somministrare agli animali.

In tutti gli impianti di biogas oltre alla produzione di energia elettrica esiste una produzione di calore che nella loro azienda viene completamente reimpiegato per il riscaldamento delle tre abitazioni e come fonte di calore aggiuntiva a quella dell’intercapedine nel tetto per il funzionamento dell’essiccatoio.

Mediante il collegamento al biogas è possibile essiccare il fieno senza utilizzare gasolio

anche in giornate nuvolose e con basse temperature.

NUOVI PROGETTI A questo punto la domanda è d’obbligo: quali sono i progetti per il futuro? I fratelli Ramero nei prossimi anni torneranno ad investire nell’allevamento non tanto per aumentare i numeri delle vacche in produzione quanto per migliorare le condizioni di benessere degli animali. In primis la realizzazione di una nuova stalla per le asciutte.

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Zootecnia

Razza piemontese alla resa dei conti. Bilancio positivo per Compral carni “Se vuoi arrivare primo, corri da solo; se vuoi arrivare lontano, cammina insieme�.

Con questo proverbio africano effigiato sul maxischermo, sono iniziati i lavori

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dell’annuale assemblea di Compral Carni.

Un messaggio chiaro ed efficace per i 250 soci della cooperativa che in 32 anni di vita ha saputo diventare il primo player sul

Zootecnia mercato dei bovini di razza Piemontese, con oltre diecimila capi macellati e un fatturato che nel 2013 ha raggiunto i 25 milioni di euro.

A introdurre la serata, al Giardino dei tigli di Cussanio, è stato il presidente Roberto Chialva: «Come allevatori – ha detto – abbiamo dovuto fare i conti con il ristagno dei prezzi che non ha certamente agevolato il nostro lavoro. Come soci di Compral siamo soddisfatti di constatare che anno dopo anno siamo cresciuti, continuando a investire.

Lo dimostra il nuovo Laboratorio di sezionamento e porzionatura delle carni

L’assemblea dei 250 soci della cooperativa mette in evidenza la crescita dell’associazione, che fattura 25 milioni di euro realizzato al Miac di Cuneo, che ora viaggia a pieno regime offrendo ulteriori spazi di sviluppo per la nostra attività».

MODELLO DI EFFICIENZA A sottolineare i buoni risultati ottenuti da Compral carni è stato l’assessore regionale all’agricoltura Claudio Sacchetto, intervenuto all’assemblea dopo

l’analisi del bilancio svolta dal direttore Bartolomeo Bovetti.

«Compral è un modello di efficienza e managerialità che dà lustro al Piemonte agricolo – ha detto Sacchetto -, e un esempio significativo di come devono essere utilizzati i contributi pubblici».

L’assessore ha poi spiegato gli ultimi

passaggi della nuova Pac: «Viene confermato il ruolo di settore strategico della zootecnia, che da sola vale la metà della produzione lorda vendibile.

Sul fabbisogno di 350 milioni, contiamo di avere a disposizione un budget tra i 250 e 270 milioni.

Il mio impegno – ha aggiunto Sacchetto – è stato volto alla difesa e valorizzazione dell’alta qualità della razza Piemontese.

In questa direzione avrà un peso il riconoscimento europeo dell’Igp per il vitellone della coscia».

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Ortofrutticoltura

La sana tentazione dell’asparago Dagli antichi romani ai nuovi coltivatori Una tradizione antichissima, tramandata nel tempo con tecniche sempre più moderne,come quella dei “piccoli tunnel” nel Piacentino

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L’asparago è una coltura antichissima proveniente dall’Asia. Le testimonianze ritrovate nei dipinti degli Egizi ci fanno pensare che, con molta probabilità, furono proprio loro il ponte di collegamento per la produzione tra l’oriente e il bacino del Mediterraneo. Gli stessi lo offrivano agli Dei in sacrifico come simbolo di fertilità.

Nel 300 a.C. Il filosofo greco Teofrasto, allievo di Aristotele, nella sua opera “La storia delle Piante” ne decantava il delicato sapore. Amatissimo dai Romani al punto che il grande Giulio Cesare in una epistola, scrive degli asparagi conditi con il burro. Le tecniche di impianto furono descritte da Catone nell’opera “De Agricoltura”, così come Plinio gli dedicò una parte importante nel suo lavoro “Naturalis historia”. Nel 1650 Vincenzo Tamara trat-

ta nel volume “L’economia del cittadino in villa” della coltivazione e delle tecniche di forzatura per ottenere la raccolta anticipata.

Senza dimenticare un altro personaggio della storia più che ghiotto di asparagi: il Re Sole.

PREGI DI ATTUALITA’ Dal passato al presente.

Violetti, bianche e verdi gli asparagi hanno pregi straordinari, sono ricchi di fibre importanti per l’organismo, vitamine B1 - B6 – A – C, Acido Folico, Fosforo, Ferro, Asparagina. L’asparago è un anti depressivo naturale efficace contro la malinconia e gli sbalzi d’umore.

Contiene innumerevoli antiossidanti, essenziali nella lotta contro i radicali liberi.

Inoltre, i preziosi turioni, posseggono ottime qualità diuretiche e sono consigliati nelle diete per il loro basso contenuto calorico.

L’asparagina è un amminoacido presente in abbondanza e importante nella regolazione del metabolismo del sistema nervoso.

L’ESPERIENZA PIACENTINA Il Consorzio di tutela e valorizzazione dell’asparago piacentino è una piccola, ma concreta realtà, che propone un vero esempio di filiera corta: unisce infatti produttori e trasformatori (la ristorazione) per

giungere direttamente al consumatore. Grazie alla vendita diretta nelle aziende agricole associate, si arriva facilmente sulle tavole di trattorie, ristoranti ed agriturismi.

NUOVE TECNICHE Il marchio del Consorzio garantisce le fasi di coltivazione e le nuove tecniche adottate, come il Pirodiserbo. Si tratta di una tecnica agronomica con cui si utilizza il fuoco diffuso in

modo capillare a livello del suolo. Con questo sistema vengono bruciate, in maniera del tutto naturale, le erbe infestanti evitando così l’utilizzo di diserbanti chimici. L’impiego in campo di piccoli tunnel hanno invece permesso di anticipare, ai primi del mese di marzo, le fasi di raccolta.

Per il confezionamento le aziende associate (circa una decina che operano su 20 ettari) hanno investito in una linea automatica di

pulitura e calibratura degli asparagi.

IN CUCINA Per finire è rigoroso ricordare in quanti modi possiamo utilizzare gli asparagi in cucina: torte, mousse, sfogliatine; risotti, paste, minestre e lasagne. Ingrediente per le paste ripiene, accompagnatore di carni raffinate e pesci delicati. Ma c’è anche chi ne propone il gelato e la panna cotta: di asparagi naturalmente.

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Diritto agrario di

Davide Galfrè, Geometra

I confini della discordia tra regole e buon senso Le contese sulle mappazioni dei fondi risalgono agli antichi egizi, ed ancora oggi sono spesso di difficile soluzione La regolamentazione dei confini tra fondi è una delle maggiori problematiche per proprietari e per i tecnici chiamati a risolverle, sollevatesi fin da tempi remoti e trascinatesi fino ai giorni nostri. Risale addirittura al periodo degli antichi egizi (circa 2.500 anni fa), quando, a seguito delle alluvioni del Nilo, si rendeva necessario materializzare nuovamente i confini rappresentati sulle mappe dell’epoca.

incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere al giudice che il confine stesso venga stabilito.

A tal fine ogni mezzo di prova è ammesso e, solo nel caso in cui non vi siano altri elementi dimostrativi, ci si deve attenere al confine delineato sulla mappa catastale.

MATERIALIZZARE Un ulteriore metodo di tutela della proprietà previsto dal nostro Codice Civile (articolo 951) è quello di chiedere che i termini divenuti irriconosciCONFINE INCERTO bili o addirittura mancanti Da allora il modo di misurare siano risistemati, ma è facile lavorare la terra (e di vivere mente intuibile che i termini in generale) è sicuramente cambiato, ma la regolamenta- sono agevolmente spostabili, zione dei confini tra gli appez- soprattutto con le macchine zamenti di terreno è rimasta moderne utilizzate per la lavorazione della terra. una tra le possibili cause di In ogni caso il problema che discordanza tra i proprietari di terreni confinanti, tanto da sussiste è sempre lo stesso: materializzare, rendere concremeritare una menzione sul to e visibile il confine che soCodice Civile (articolo 950), litamente è rappresentato da il quale cita che nel caso in cui il confine tra due fondi sia una linea in mappa e che nello

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Diritto agrario stato dei luoghi è divenuto irriconoscibile o spostato a favore di uno dei fondi adiacenti. Tale problema va analizzato soprattutto per i terreni visto che sono delimitati al massimo da recinzioni, picchetti e/o simili comunque facilmente rimovibili, mentre per i fabbricati i confini rappresentati dalle pareti sono difficilmente rimovibili.

ATTI NOTARILI Nel caso in cui si rendesse necessario ristabilire dei confini incerti, dato che la mappa catastale è l’ultima delle opzioni forniteci dal Codice Civile, risulta necessario verificare dapprima sull’atto notarile con il quale è stato acquisito il terreno. A tal proposito occorre premettere che sarebbe opportuno identificare al meglio e con la massima precisione i confini già in fase di compravendita di un terreno: un atto notarile è sicuramente più probante di un qualsiasi documento tecnico (come ad esempio la mappa) poiché contiene le volontà delle parti e se esso riportasse le descrizioni inequivocabili dei confini si risolverebbe presto il problema. Utilissimo, oltre che verificare la presenza di eventuali termini, sarebbe chiedere al notaio che esegue il rogito di individuare, per quanto possibile, nella descrizione del fondo i suoi confini (confine nord corrispondente l’asse del fosso, confine est corrispondente al ciglio della Strada Statale n., confine sud parallelo ad una distanza di 10 metri dalla parete del fabbricato esistente ecc…), inserendo anche dati metrici inequivocabili.

MAPPE CATASTALI Quando non è possibile affidarsi alle descrizioni

degli atti notarili occorre fare riferimento alle mappe catastali, iniziando da quella di impianto (la prima mappa disegnata quando è stato creato il catasto italiano a fine ‘800) ed analizzando in seguito tutte le altre mappe che riportano i vari aggiornamenti quali frazionamenti, fusioni, costruzione di fabbricati ecc…

Nell’eseguire le operazioni di materializzazione sul terreno dei confini disegnati in mappa occorre subito precisare che, nonostante i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione per eseguire le adeguate misurazioni, l’esattezza è praticamente impossibile da raggiungere. Basti pensare infatti che le mappe catastali rappresentano il territorio con una scala grafica di 1:2000 (con rare eccezioni in scala 1:1000), dove cioè 1 cm sulla mappa corrisponde a 2000 cm, o 20 m, nella realtà; se consideriamo che le linee tracciate sulle mappe catastali sono più sottili del millimetro (e questa è una presunzione molto ottimistica), ognuna di queste riportate nella realtà corrisponde al minimo a circa 20 cm.

BUON SENSO A seguito di questa riflessione non risulta inutile dire che in caso di controversie prima di arrivare a chiedere al giudice di eseguire un’azione di regolamento dei confini è necessario rivolgersi ad un tecnico in grado di capire se i confini presenti siano effettivamente errati, ma fondamentale è “l’arma” del buon senso, soprattutto se le discordanze tra confini in mappa ed i confini nella realtà sono minimi.

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Zootecnia

Sugli alpeggi regole certe altrimenti non c’è futuro

La Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, giovedì 15 maggio ha approvato all’unanimità la risoluzione unificata a prima firma del deputato cuneese Mino Taricco, in materia di pagamenti PAC, finalizzata ad arginare le speculazioni relative al pascolamento su superfici dichiarate a pascolo magro.

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SPECULAZIONI In questi ultimi anni sono progressivamente cresciuti gli episodi di speculazione finalizzata a percepire premi comunitari PAC, anche di molte centinaia di migliaia di euro, utilizzando in modo strumentale pascoli magri montani, sfruttando una possibilità creatasi con il disaccoppiamento. Questa

situazione aveva creato, nelle realtà di montagna, una totale alterazione del mercato degli affitti con conseguenze negative anche sull’assetto del territorio e delle economie rurali locali, riconducibile al comportamento di imprese agricole che non dispongono di terreno o che hanno un carico di bestiame per il quale

non dispongono di una superficie sufficiente e che quindi ne necessitavano formalmente per ottemperare agli obblighi comunitari, ma che in molti casi approdavano poi ad un improprio utilizzo agronomico di tali superfici e in molti casi al subaffitto.

GIUDIZI CONTRASTANTI L’Agea aveva cercato di

Zootecnia superare la situazione nel 2013 con una circolare, stabilendo che “a partire dalla Domanda unica presentata per la campagna 2014, […] ai fini dell’ammissibilità delle superfici dichiarate a pascolo magro, non è possibile considerare il pascolamento da parte di terzi”, circolare che però il Consiglio di Stato il 6 marzo 2014 sospendeva. Già il 4 aprile scorso, Taricco aveva presentato, come primo firmatario, un testo con cui si chiedeva al Governo di ripristinare regole certe per un pieno rispetto delle norme nazionali e comunitarie che impongono l’utilizzo agronomico delle superfici dichiarate ai fini dei premi PAC; a questa ne era seguita una seconda a prima firma Gallinella.

Chiesto l’intervento del Governo per arginare le speculazioni sul pascolamento in alta quota REGOLE CERTE La nuova risoluzione unitaria chiede al Governo ed al Ministero di ripristinare regole certe che creino le condizioni per un pieno e sostanziale rispetto delle normative nazionali e comunitarie e delle regole della condizionalità che impongono l’utilizzo agronomico delle superfici dichiarate ai fini dei premi PAC, di valutare la possibilità di stabilire una distanza territoriale massima tra la sede aziendale ed eventuali terreni locati

e di valutare inoltre anche la possibilità di prevedere norme tali che, per il 2015 e seguenti, sulle superfici dichiarate a pascolo magro il valore dei titoli PAC non possa in ogni caso superare il valore unitario medio dei contributi PAC ad ettaro, a livello regionale o nazionale, anche prevedendo iniziative legislative o provvedimenti ministeriali.

INTERVENGA IL GOVERNO Mino Taricco ha così

commentato: «Torniamo a chiedere al Governo di intervenire, per quanto di sua competenza, al fine di ripristinare regole certe in materia di pagamenti PAC, anche prevedendo apposite iniziative legislative o provvedimenti ministeriali.

Inoltre abbiamo impegnato l’esecutivo, fornendo anche alcune indicazioni puntuali, ad assumere iniziative per prevedere l’erogazione di contributi PAC solo agli effettivi conduttori dei terreni, avendo una attenzione particolare ai terreni montani, per evitare che abbia ancora spazio una speculazione che nulla ha a che fare con le motivazioni dei premi PAC, e nulla a che fare con una corretta gestione dei pascoli».

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Enologia di

Claudio Rosso

Il Barolo sotto i dieci euro?

Una questione di mercato Mi lascia perplesso che il Barolo in Olanda, come segnalato da Michele Fino nell’articolo “Orgoglio e pregiudizio” sull’ultimo numero di questo giornale, non avesse la fascetta.

Certe aziende usano linee di imbottigliamento che non mettono la fascetta girocollo, ma a cavaliere, in modo che talora può non vedersi dal davanti.

Se davvero non ci fosse stata sarebbe stato utile (e lo è ancora) segnalare la cosa al Consorzio di tutela o agli Enti preposti.

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Purtroppo però di Barolo sotto i 10 euro nei supermercati se ne trova parecchio e più che una questione di frode si tratta di una questione di mercato.

Su 13 milioni di bottiglie di Barolo attuali all’anno (erano 6 solo pochi anni fa) appena poco più del 10-20 per cento arriva al prestigio dei grandi vini.

Il resto si appoggia sul prestigio generico del Barolo per essere fortunatamente venduto soprattutto nella grande

Enologia

Il commento di Claudio Rosso all’articolo di Michele Fino sull’ultimo numero de “L’Imprenditore agricolo” distribuzione ai prezzi di un buon rosso.

Spesso lo vendono aziende che non vogliono fare molto utile, ma solo averlo in gamma per vendere meglio altro del loro listino.

D’altronde, se compro Barolo sfuso a 6-6,50 euro il litro, ne metto per 5 euro in una bottiglia e posso cavarmela dotandomi di uno strumento di

Alla fine del triennio di presidenza che ho vissuto al Consorzio Barolo, avevo spinto per un primo finanziamento di 90 mila euro per avviare un ufficio stampa e monitoraggio dei mercati che è stato cassato subito dopo da nomi di grande prestigio.

Quindi direi: rangeve!

In futuro sarebbe interessante provare ad ipotizzare qualche

penetrazione per la mia gamma.

Cosa manca davvero è una politica forte dei produttori stessi e del loro Consorzio, ma le aziende vogliono fare da sole e pensano che sia giusto così.

scenario per il vino piemontese non di alta gamma nella globalizzazione che impera.

Siamo scesi da 120 mila ettari a 35-40 mila: ma cosa sarà tra 5 anni?

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Enologia

L’Italia beve meno ma esporta di più Per la prima volta nella storia gli Stati Uniti si sono classificati come i maggior consumatori di vino al mondo mettendo a segno nel 2013 uno storico sorpasso nei confronti della Francia che si posiziona davanti all’Italia.

E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati dell’Organizzazione mondiale del Vino e della Vite (OIV) che ha evidenziato peraltro un calo generalizzato dell’uno per cento dei consumi mondiali in quantità che sono

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scesi a 238,7 milioni di ettolitri.

LA SCALA DEI CONSUMI Il settore enologico su vasta scala si è sviluppato negli Usa appena

Gli Stati Uniti sono i maggiori consumatori di vino al mondo dal 1970 e nonostante si sia verificata una vera esplosione della coltivazione in pochi decenni,

gli Stati Uniti nel 2013 hanno importato 10,9 milioni di ettolitri di vino dei quali ben 2,9 milioni di ettolitri dall’Italia, che è stata il primo fornitore mondiale davanti alla Francia che ne ha esportato però meno della metà (11,6 milioni di ettolitri).

Il profondo cambiamento è stato determinato da un lato dall’aumento dello 0,5 per cento dei consumi negli Usa che hanno raggiunto 29,1 milioni di ettolitri e dall’altro dal calo del 7 per cento dei consumi

Enologia in Francia (28,2 milioni di ettolitri) e del 4 in Italia (21,8 milioni di ettolitri). Sorprendente nel contesto europeo è anche - continua la Coldiretti - l’aumento del 2 per cento della Germania che si colloca al quarto posto con 20,3 milioni di ettolitri mentre si ridimensiona per la prima volta con un calo del 4 per cento il consumo in Cina che si posiziona comunque al quinto posto con 16,8 milioni di ettolitri.

CRISI E STILI DI VITA Si è dunque verificata una vera rivoluzione del mondo del vino a partire dall’Italia, dove nel 2013 i consumi sono scesi al minimo dall’Unità d’Italia per effetto del

cambiamento dello stile di vita, ma anche della

Ecco la nuova mappa del mercato enologico crisi. Gli italiani hanno detto addio a quasi un bicchiere di vino su quattro negli ultimi dieci anni e se la media di consumo è di 37 litri a persona, solo il 21 per cento degli italiani beve vino tutti i giorni e addirittura quasi la metà non lo beve mai. Si beve meno, ma si beve meglio con la produzione nazionale che puo’ contare su una offerta di 73 etichette Docg, 332 Doc e 118 Igt.

PRIMO PRODUTTORE MONDIALE Il risultato è che la quantità di vino Made in Italy consumato in Italia è risultata addirittura inferiore di quella bevuta fuori dei confini nazionali, con l’Italia che si classifica come primo esportatore mondiale.

Secondo l’Organizzazione mondiale del Vino e della Vite (OIV) infatti l’Italia nel 2013 è anche il primo produttore mondiale di vino con 44,9 milioni di ettolitri davanti alla Spagna che con 44,7 milioni di ettolitri sorpassa la Francia ferma a 42 milioni di ettolitri, con la produzione mondiale che è salita del 9,4 per cento a 278,6 milioni di ettolitri.

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Nocciolo: coltura per l’ambiente Analisi, opportunità e criticità «In questi anni la coltivazione del nocciolo in Piemonte e soprattutto nella provincia di Cuneo ha visto un’interessante crescita; fino a qualche anno fa, infatti, la coltura era prerogativa dell’Alta Langa e delle zone più

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marginali, mentre ora rappresenta un’opportunità economica in grado di garantire reddito anche in zone che non avrebbero molte altre alternative colturali», dichiara Roberto Abellonio, direttore di Confagricoltura Cuneo.

CRESCE LA DOMANDA «Le potenzialità di questa coltura – continua Abellonio - hanno catturato l’attenzione anche degli imprenditori delle aree più pianeggianti, tanto che in molte zone della provincia non

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Ortofrutticoltura solitamente destinate a nocciolo, sono stati impiantati corileti, anche di una certa rilevanza. Questo forte sviluppo è stato trainato non solo dalla tenacia degli agricoltori, delle associazioni di produttori e dei tecnici, ma soprattutto dalla crescente domanda mondiale di nocciole, impiegate per la produzione industriale di alta qualità. Molto importante, poi, è la positiva valenza ambientale di questa coltura, che preserva il territorio da frane e dilavamento superficiale e non è impattante, considerato il basso impiego di trattamenti fitosanitari».

Pier Paolo Bertone , presidente Ascopiemonte aggiunge che “il convegno vuole essere un momento di incontro e di confronto dell’intera filiera corilicola, nel quale avremo modo di analizzare le opportunità e le criticità di un comparto che, così fortemente ha caratterizzato, e siamo certi, caratterizzerà in futuro il nostro territorio”.

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Sabato 14 giugno nel Teatro Salomone di Cherasco, il convegno sulle nuove potenzialità del settore ALTERNATIVA OCCUPAZIONALE «Oggi la coltivazione del nocciolo può rappresentare una valida alternativa alle produzioni classiche come quelle cerealicole, frutticole e viticole. Alternativa di carattere produttivo, economico, ma soprattutto occupazionale dichiara il responsabile tecnico Ascopiemonte Gianluca Griseri -.

Una cultura di facile realizzazione, ma con lunghi tempi di attesa per l’entrata in produzione

degli impianti. Per poter essere competitive, le nostre aziende hanno bisogno di crescere in qualità, quantità prodotte, organizzazione, innovazione e nuove tecnologie».

L’INTERESSE DELLA PIANURA «Il convegno sarà occasione per analizzare con addetti del settore e rappresentanti delle istituzioni quali possibilità esistono per lo sviluppo della coltivazione del nocciolo anche al di fuori delle aree tradizionalmente più vocate a questa coltura - spiega Lodovico Cogno, presidente di Asprocor -. Dalle colline delle Langhe il nocciolo si sta espandendo anche in zone di pianura, in risposta anche all’elevata richiesta di prodotto da parte delle aziende di trasformazione, ma questo implica attente valutazioni, che saranno oggetto proprio dell’evento in programma a Cherasco».

Ortofrutticoltura

di

Guido Soldi, Ivan Rogati

Coltivare nocciole, un mestiere dal futuro molto promettente Grazie soprattutto alle richieste dell’industria dolciaria,negli ultimi dieci anni l’attività ha trovato sbocchi importanti La coltivazione del nocciolo negli ultimi decenni ha assunto un’importanza economica molto significativa, grazie all’utilizzo dei frutti nella prospera industria dolciaria, per la produzione di cioccolati, creme, praline, torte.

L’Italia, pur essendo un grande produttore di nocciole, non risulta autosufficiente per soddisfare il fabbisogno interno, sia per il consumo diretto, sia per gli impieghi industriali.

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Ortofrutticoltura

IN ITALIA E NEL MONDO Il maggiore produttore a livello mondiale è la Turchia, con circa il 70% delle quasi 600.000 tonnellate annue prodotte nel mondo; il nostro Paese si attesta al 20%, mentre produzioni minori si trovano in Spagna, Stati Uniti, penisola balcanica settentrionale e Sud Ame-

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rica. In Italia la produzione si concentra in Campania (50%), Lazio (30%), Sicilia e Piemonte (10%).

Il nocciolo viene coltivato per il frutto, ma non si dimentichi che risulta una delle specie predilette, come altre piante, per la micorrizzazione con tartufo bianco (Tuber magnatum) e tartufo nero

(Tuber melanosporum).

Dal suo luogo di origine in Asia minore, oggi il nocciolo è diffuso in tutta Europa, come specie caratterizzante il sottobosco delle foreste di latifoglie e come specie pioniera. Corylus avellana L., questo il nome scientifico del nocciolo presente in Italia, trae origine dall’antica città romana di Avella, dove ancor oggi la coltura è intensamente coltivata.

TONDA GENTILE TRILOBATA La cultivar prediletta in Piemonte è la Tonda Gentile Trilobata, caratterizzata da una particolare forma del frutto (nucula) a tre lobi; i semi sono di forma sferoidale con caratteristiche organolettiche di grande pregio

e, in particolare, la sua inalterabilità nel tempo e la facile pelabilità dei semi la rendono essenziale nell’impiego per la realizzazione di alcuni prodotti dolciari.

Il nocciolo è un arbusto rustico, che raramente supera i 5 metri di altezza, con elevata attitudine a emettere polloni. Le foglie sono pubescenti, cuoriformi, caduche e alterne.

E’ una specie monoica, sulla stessa pianta si trovano sia i fiori maschili, in forma di amenti penduli, sia quelli femminili.La fioritura avviene prima dell’emissione delle foglie, gennaio-febbraio, con grande emissione di polline, che, trasportato dal vento, raggiunge i piccoli fiori femminili.

La vera fecondazione,

Ortofrutticoltura però, non avviene che a fine aprile-inizio maggio, lasciando i fiori impollinati in balia di eventuali condizioni atmosferiche avverse, che frequentemente compromettono la formazione dei frutticini.

Il nocciolo, inoltre, è specie autoincompatibile ed è quindi necessario prevedere negli impianti la presenza di specie differenti con funzione di impollinatori, per incrementare l’apporto pollinico proveniente da esemplari selvatici presenti nel territorio circostante.

Il nocciolo necessita di un clima non troppo rigido: minime di -7° / -8° danneggiano gli amenti maschili, mentre i fiori femminili sono danneggiati a -13°. Per contro, eccessi di calore nei mesi estivi causano caduta anticipata delle foglie e scarsa resa dello sgusciato.

REDDITIVITA’ In Piemonte, soprattutto nelle province di Cuneo, Alessandria e Asti, gli impianti a corileto sono aumentati in modo consistente, portando il nocciolo ad una produzione media di circa 15.000 tonnellate annue, pur con una alternanza di produzione molto marcata, tipica della specie.

Le cause di questo decisivo incremento delle superfici investite a noccioleto è dovuto a numerosi fattori, tra i quali un costo d’impianto e di produzione più contenuto rispetto al vigneto, l’altra coltura tipica delle nostre aree collinari. Attualmente, poi, la reddittività di un noccioleto in produzione è decisamente maggiore rispetto alle coltivazioni di cereali.

Non ultimo, la difesa fitosanitaria è ancora relativamente semplice e la coltura del nocciolo ben si adatta a metodi di produzione a basso impatto ambientale, quando non biologici.

IGP NOCCIOLA PIEMONTE Infine, la produzione del Piemonte si può fregiare dell’indicazione geografica protetta (IGP) Nocciola Piemonte: nei primi anni 90 la produzione certificata si attestava a circa 1.500 tonnellate, attualmente il prodotto certificato ha raggiunto le 4.500 tonnellate, grazie al lavoro del Consorzio di Tutela della Nocciola del Piemonte che, unico in Europa, garantisce e certifica il prodotto lungo l’intera filiera.

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Fiere

Grinzane Cavour Festa d’Ariè Due giorni di successo alla presenza di produttori di vino e di esponenti politici per il Metodo Grimaldi

Due giorni dedicati alla legatura dei germogli della vite, e la “Festa d’Ariè” è stata un successo. Organizzata da Albino Grimaldi (inventore del brevetto “Vigna d’Elite – Metodo Grimaldi”, metodo per la lavorazione razionale della chioma nei filari), in collaborazione con il Comune e la Pro Loco, ha visto la partecipazione di produttori e di addetti ai lavori. Sabato 10 maggio, alla conferenza dal titolo “Innovazione nella gestione del vigneto a spalliera

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- Efficienza e qualità del frutto: evoluzione nella gestione razionale della chioma. Nel Salone delle Maschere del castello di Grinzane Cavour il numeroso pubblico e gli esponenti della politica locale, tra cui Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo, si sono dimostrati molto interessati all’argomento. Tra spiegazioni teoriche, accompagnate da testimonianze e dati che confermano la validità del “Metodo Grimaldi”, e riflessioni anche a livello di

finanziamenti per migliorare la propria vigna, i presenti hanno toccato con mano l’efficacia di questo metodo, già presente in alcune vigne delle Langhe e d’Italia. La dimostrazione pratica durante la giornata e dopo la conferenza, la presenza dei quad adattati per la lavorazione nel vigneto, delle motocarriole a trazione elettrica e di attrezzi da lavoro, hanno

maggio, al quale hanno partecipato più di 150 persone, ha sancito il successo di questa manifestazione che unisce la tradizione dell’Ariè all’innovazione dei Albino Grimaldi. Ed è lo stesso inventore a riassumere questa prima edizione: «Sono soddisfatto dell’andamento della festa perché le persone si sono dimostrate interessate al mio metodo. Siamo

accompagnato i visitatori sabato e domenica. E il pranzo di domenica 11

andati oltre le aspettative: vedere la sala piena durante la conferenza mi ha reso

Fiere molto felice, ed è stato uno stimolo per continuare. Ringrazio l’amministrazione comunale, la Pro Loco, la presidente Gianna Gancia, gli esponenti politici, la mia famiglia e tutti coloro che hanno dato il loro contributo. Un grazie particolare agli sponsor Vignetinox, Bornengo & Trucco, Comavit, Cantina Brezza, Wgreen Tecnology, Assiteca per il loro prezioso aiuto per la festa e per il futuro del metodo che propongo ai produttori per ottenere un lavoro più veloce nel vigneto ed una produzione di uva improntata sulla qualità, come ha testimoniato chi già lo utilizza». E si guarda già al prossimo futuro: «Il lavoro continua». Rendere il proprio vigneto una “Vigna d’élite non è difficile: la razionalizzazione del

lavoro e la qualità finale dell’uva verranno ottenute con meno fatica e maggior ordine della chioma».

Il Metodo Grimaldi Per essere capaci a razionalizzare al meglio il lavoro bisogna avere gli strumenti giusti, anche nel campo della vitivinicoltu-

ra. Il “Metodo Grimaldi”, relativo alla gestione della chioma nei filari a contro spalliera (e non solo), grazie ad un sistema di fili in tensione gestiti da una guida verticale presente solo sui “pali di testa”, è sicuramente uno di questi.

I vantaggi sono molti: minor tempo impiegato nei

lavori relativi alla chioma del vigneto, dalla potatura alla vendemmia. Maggior ordine dei tralci durante la crescita con conseguente miglior maturazione dei grappoli. Miglior qualità dell’uva che risulta più sana.

Aumento del rispetto per l’ambiente con l’eliminazione di fili di nylon, pali di cemento e canne di plastica, perché si lavora su pali di testa di legno o acciaio inox o zincati, e pali di intermezzo di acciaio inox o zincati. Ordine della vegetazione e estetica del filare migliorati di molto con conseguente vantaggio nei lavori (tipo cimatura delle punte, trattamenti...).

Il “Metodo Grimaldi” è già stato utilizzato da produttori di Barolo nelle Langhe e da aziende presenti in Italia.

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Ortofrutticoltura

Pesche, nettarine e albicocche Le previsioni d’inizio stagione

Sono state presentate in anteprima il 15 maggio a Perpignan, in Francia, le previsioni Europech relative alla stagione delle pesche, nettarine ed albicocche.

A seguito del clima particolarmente

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mite di quest’anno in tutta Europa si preannuncia una stagione relativamente normale per la frutta estiva, generalmente in anticipo di 1-2 settimane e buone condizioni al momento delle fioriture.

PESCHE E NETTARINE «Se le condizioni meteo continueranno a mantenersi buone – osserva Livio Pautassi, responsabile GIE ortofrutta della Cia di Cuneo - Europech prevede una campagna pesche e nettarine con volumi nella media, ma con frutti di calibro e qualità elevata: una produzione europea 2014 di pesche e nettarine (comprese le percoche) di circa 3.073.000 tonnellate. Rispetto allo scorso anno è da registrare una crescita prevista del 14%».

L’offerta di pesche da consumo fresco dovrebbe attestarsi su 1.509.000 tonnellate, +12% sul 2013. Le nettarine, con circa 1.564.000 tonnellate segnano un 10% in più sull’anno precedente.

Ortofrutticoltura LE PRODUZIONI IN EUROPA La fotografia dei vari Paesi produttori di pesche e nettarine evidenzia: la Spagna con una produzione prevista del +15% rispetto al 2013 (quando era stata pari a 907.299 ton.), posizionandosi sul livello più elevato delle ultime annate, essendo entrati in produzione di nuovi impianti; la Francia con un incremento del 15% (che l’anno scorso

SATURNINE E ALBICOCCHE «Per quanto riguarda le pesche saturnine (o pesche piatte) – conclude Pautassi - ricordiamo che sono una coltivazione molto popolare in Spagna e qui è prevista una crescita di quasi il 30% rispetto al 2013.

La tendenza, infatti, per quanto riguarda la Spagna, è quella di abbandonare la coltivazione di pomacee in favore di

Buone condizioni al momento delle fioriture, generalmente in anticipo di una o due settimane rispetto alla norma

si era fermata a 226.885 ton.); la Grecia, con un + 44% rispetto al 2013, annata che venne compromessa da grandine e gelate, con sole 232.000 ton di produzione; l’Italia dovrebbe mantenere un volume di pesche e nettarine in linea rispetto al 2013 e con prodotto di buona qualità: 1.428.000 tonnellate in totale.

quella di drupacee.

Relativamente alle albicocche la produzione europea nel 2014 dovrebbe attestarsi sulle 520.000 tonnellate, con un incremento del 13% rispetto all’anno scorso, quando si erano raggiunte 460.750 tonnellate».

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Ortofrutticoltura

Viaggio dietro le quinte del mercato delle fragole Come cambia il mercato, tra stagionalità, costi di produzione e pregiudizi da sfatare su pezzatura e trattamenti ormonali

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Andrea Garro, storico produttore di Peveragno, membro della direzione della Cia di Cuneo, illustra l’andamento della stagione fragolicola da poco iniziata nella provincia Granda.

Riceviamo le sue considerazioni, che, qui di seguito, volentieri pubblichiamo.

Incominciamo col dire che la fragola ha perso l’aggettivo “stagionale” che ne caratterizzava il consumo da maggio a giugno.

Il consumatore può facilmente reperire il prodotto sul mercato per l’intero anno e non solo perché proviene dall’estero. Negli ultimi anni sono comparsi areali di coltivazione un po’ in tutta la penisola italiana, in particolare nelle zone del Meridione.

ADDIO STAGIONALITà Dalla Basilicata e dalla Sicilia giungono fragole già da febbraio e, quando c’è la produzione piemontese (a maggio) il consumatore sono tre mesi che le trova sulla sua tavola e si orienta già su altri prodotti frutticoli che stanno facendo la loro comparsa.

Se si considera, poi, che la Spagna, dopo una stagione difficile dal punto di vista climatico, ha dominato il nostro mercato fino agli ultimi giorni di aprile-primissimi di maggio, con prezzi inspiegabilmente bassi, sotto i costi di produzione, costringendo il mercato italiano ad adeguarsi al forte abbassamento delle quotazioni, ne deriva una situazione di forte sofferenza per il nostro settore con prezzi assolutamente non remunerativi.

Ortofrutticoltura LA GUERRA DEI PREZZI Ora le fragole spagnole sono in via di esaurimento e, di conseguenza, ai produttori si apre la speranza di poter spuntare prezzi migliori. I soci di cooperative, ovviamente, dovranno aspettare la conclusione della campagna per tirare le somme. Risultato non facilmente conseguibile perché è tutt’altro che facile coprire gli elevati costi di produzione che caratterizzano la fragolicoltura nel cuneese: le piccole superfici produttive sono i fattori che incidono maggiormente sui costi.

La situazione del mercato è, poi, profondamente cambiata negli ultimi anni: pensiamo, ad esempio, alla Germania ed agli altri paesi del Centro e Nord Europa che un tempo erano importatori netti. Stanti le modifiche del clima meno freddo, in quei Paesi le superfici destinate alla coltivazione di frutta e di fragole stanno crescendo, garantendo un grado di autosufficienza maggiore e riuscendo a soddisfare buona parte della domanda interna. Sempre per effetto del clima, inoltre, tale fenome-

Andrea Garro con le sue fragole

no è stato amplificato, quest’anno, da un anticipo delle raccolte, che hanno ristretto la finestra temporale dei paesi esportatori. Lo scenario è reso ancora più complesso dall’aggiungersi di altri paesi produttori sul mercato, con differenze notevoli nei costi di produzione e nei prezzi finali proposti agli acquirenti.

LOTTA AI PREGIUDIZI E’ necessario, infine, avere un consumatore più informato. Troppe

volte sento discorsi che ritengono le fragole di dimensione maxi trattate con ormoni della crescita, concimi e fitofarmaci e che più è grande il frutto minore è il sapore. E’ ora che si diffonda la corretta informazione che anche la ricerca varietale va avanti e che si è riusciti a selezionare ceppi con pezzatura maggiore senza ridurre il contenuto zuccherino, fondamentale per avere il gusto eccellente che hanno anche fragole grandi.

I consumatori devono cominciare a ricredersi: la pezzatura è fondamentale, in quanto permette una redditività per ettaro capace di coprire parzialmente i costi. L’evoluzione delle dimensioni è un elemento che ha salvato la coltivazione della fragola dalla scomparsa. I costi di raccolta inciderebbero per oltre il 50% sui costi di produzione e, con pezzature minime, sarebbero insostenibili nonostante la forte diminuzione del numero di trattamenti in questi anni, merito di una moderna e qualificata assistenza tecnica agronomica alle aziende dei fragolicoltori.

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Ortofrutticoltura

La Granda torna a sognare l’industria agroalimentare

Claudio Aruta, Floriano Luciano, Marco Buttieri e Alessandro Alladio

Da anni gran parte della frutta da industria della provincia di Cuneo, in particolare mele, pesche e pere, prende la strada dell’Emilia Romagna e del Trentino Alto Adige per essere trasformata e dunque creare valore aggiunto ai prodotti finiti ed alle aziende di quelle aree.

VALORE AGGIUNTO Il primo risultato evidente è che i costi di trasporto – da 4 a 6 centesimi al chilo – penalizzano i produttori piemontesi, andando a gravare su valori di mercato di tale tipologia di frut-

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Presentato a Savigliano il progetto della società “Sviluppo Investimenti Agroindustriali”. Obiettivo: cinquanta posti di lavoro e fatturato di 50 milioni di euro ta già estremamente bassi.

Un primo dato emblematico è il valore del trasporto della frutta a destinazione industriale che somma ad oltre 15 milioni di euro all’anno.

FinGranda SpA - società

partecipata da FinPiemonte SpA - su sollecitazione dei vari attori della filiera frutticola cuneese ha dato avvio nel 2012 ad un progetto di analisi della reale fattibilità di realizzazione di un nuovo sogget-

to industriale in grado di creare valore aggiunto da ridistribuire sull’intera filiera, dando vita alla società privata Sviluppo Investimenti Agroindustriali (SIA srl), presieduta da Floriano Luciano, nella quale sono coinvolti imprenditori di primo piano del settore, come Rivoira (Verzuolo), Alladio (Villafalletto), Astesana (Villafalletto) e Scotta (Verzuolo).

FRUTTINNOVA Dal 2012 ad oggi SIA srl ha lavorato in modo riservato ma costante per realizzare il piano di bu-

Ortofrutticoltura siness del possibile nuovo soggetto industriale, con il supporto della AGM Projet & Consulting di Milano e della Officina Alimentare di Piombino Dese; a tal fine ha presentato insieme all’Università di Torino un progetto di ricerca sostenuto dalla Regione Piemonte e denominato “FruttinNova”.

Venerdì 9 maggio scorso i risultati della prima fase di studio del progetto FruttinNova sono stati presentati a Savigliano nel corso di una affollata conferenza stampa dal presidente di SIA srl Floriano Luciano, con i membri del Consiglio di amministrazione Marco Buttieri ed Alessandro Alladio, e dall’amministratore unico di AGM P&C Claudio Aruta.

AGROINDUSTRIA A SAVIGLIANO «Partiamo da una base potenziale di oltre 26 milioni di chili di frutta cuneese trasformabile – osserva Floriano Luciano -, con ampi spazi di crescita, e linee innovative per tipologia di prodotto realizzato, a fianco di produzioni più mature e consolidate, come la purea di frutta.

L’obiettivo è realizzare una nuova realtà industriale nell’area a fianco della Saint Gobain, in territo-

rio saviglianese, su oltre 30.000 mq, di cui la SIA srl detiene già un’opzione di acquisto, e garantire a regime una cinquantina di posti di lavoro ed un fatturato di oltre 50 milioni di euro».

Il traguardo fissato per la realizzazione concreta del progetto, svolto essenzialmente con capitali privati, è il 2015; nel frattempo stanno prendendo avvio le valutazioni logistiche e strutturali, nonché il consolidamento della struttura finanziaria e della compagine societaria che realizzerà l’investimento.

UN PROGETTO CONCRETO «Il progetto sta riscuotendo interesse sia in provincia di Cuneo che fuori dalla Granda - sottolinea Luciano - , in particolare perché è concreto e realistico, non quindi il solito libro dei sogni improbabili messo giù in quattro e quattr’otto; inoltre si basa su numeri reali e dimostra, attraverso questi, che c’è spazio per creare valore aggiunto, sviluppo e posti di lavoro partendo dal vero “core business” cuneese che è l’agricoltura, l’agroindustria di qualità e nel caso specifico la frutticoltura».

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PSR - MISURA 111.1 Sottoazione B

Bando PSR Mis 321

Contributo per installazione ed attivazione di parabole e modem per la connessione ad internet Nell’ottica di contrastare con sempre maggior efficacia il divario digitale esistente tra le aree urbane e rurali d’Italia, il Piano di Sviluppo Rurale (PSR 2007-2013) attraverso i fondi FEASR – ha predisposto una serie di misure volte a finanziare lo sviluppo della banda larga in zone rurali e a bassa densità abitativa. Si tratta di aree non ritenute redditizie a sufficienza per attrarre investimenti destinati all’ammodernamento della rete ed alle innovazioni tecnologiche anche per via delle loro condizioni geomorfologiche.

Possono richiedere il contributo: • soggetti privati (cittadini, associazioni, fondazioni e ogni altro ente, regolarmente costituiti indipendentemente dalla forma giuridica); • le microimprese; • le imprese agricole; • le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1 del D.lgs. 165/2001 Acquisto ed installazione dell’attrezzatura necessaria

(parabola e relativo modem) all’attivazione di un servizio di connessione ad internet via satellite.

Le spese devono essere sostenute dopo la presentazione della domanda di contributo e vincolate alla sottoscrizione di un contratto di servizio per la fruizione di un collegamento a banda larga satellitare.

Il contributo in conto capitale pari al 100% dei costi ammissibili, per un importo massimo di euro 400,00 (compresa IVA, se ammissibile) per singolo beneficiario.

La scadenza per la presentazione delle domande è fissata il 15 SETTEMBRE 2014 ore 15 e comunque, fino ad una chiusura anticipata causa esaurimento delle risorse disponibili.

La valutazione della domanda verrà fatta entro i 45 giorni successivi alla presentazione della domanda. La rendicontazione delle spese dovrà essere fatta entro un mese dalla attivazione del servizio.

I Tecnici CIPAT/Cia sono a disposizione degli interessati per ogni ulteriore informazione.

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Formazione

L’Istituto agrario di Cuneo dedica un’aula al professor Ascheri Insegnante indimenticabile e appassionato entomologo, scoprì una particolare cocciniglia che vive sulla conifera Sequoiadendron giganteum Venerdì 16 maggio 2014 si è svolta l’inaugurazione dell’aula di Scienze agrarie dell’ Istituto di Istruzione Superiore “Virginio - Donadio” di Cuneo che è stata intitolata al professor Bernardino Ascheri, scomparso nel 2013. Il professor Ascheri, appassionato sin da ragazzo di entomologia, compiuti gli studi liceali, si laureò brillantemente in Scienze Agrarie, con una tesi su 60 specie di insetti.

Già nel 1960, durante gli studi, scoprì una particolare cocciniglia, la “Carulaspis carueli,” che vive sulla conifera Sequoiadendron giganteum.

La sua notevole competenza gli avrebbe consentito di proseguire la carriera accademica, ma da uomo molto libero e curioso quale era, continuò le sue ricerche da solo e coltivò le altre sue grandi passioni tra cui la fotografia, la montagna e la musica. Dagli anni ’70 insegnò presso

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l’Istituto professionale per l’agricoltura di Verzuolo e, dal 1977, presso l’Istituto Agrario di Cuneo. Collaborò con Raffaele Bassi nell’ambito della lotta guidata per la difesa delle coltivazioni e partecipò con Teresio Ferraris e Marcello Panero alla stesura del libro “La fauna dalla pianura padana alle Alpi”.

Nell’aula di agraria a lui dedicata ha trovato la giusta collocazione la preziosa raccolta entomologica che egli stesso allestì e completò nel corso degli anni di insegnamento.

Nell’aula Ascheri, oltre ai preziosi insettari sono presenti una collezione di libri e reperti scientifici di inizio ‘900, una biblioteca aggiornata e strumenti multimediali tra cui una LIM.L’aula-laboratorio rappresenta un ponte tra il passato ed il futuro e diverrà il luogo ideale per l’insegnamento delle discipline agrarie.

Formazione

Borse di studio Terre del Barolo agli studenti dell’Umberto I Premiati Christian Moraglio e Marco Sordo.

Le produzioni viticole della Scuola diventano vino di alta qualità Sabato 10 maggio presso la cantina cooperativa Terre del Barolo di Castiglione Falletto sono state consegnate due borse di studio da 500 euro l’una agli allievi Christian Moraglio di Bosia e Marco Sordo di Castiglione Falletto, diplomati nel corso del precedente anno scolastico presso l’Istituto Superiore Umberto I di Grinzane Cavour.

Prima delle consegne delle borse di studio gli studenti sono stati accompagnati dai tecnici della cantina alla visita delle strutture di confezionamento e invecchiamento dei vini.

In seguito è avvenuta la presentazione della ricerca di Emanuele Bonino, studente della classe V, vincitrice del concorso nazionale riservato agli isti-

La consegna delle borse di studio

tuti agrari “Canizzaro” svoltosi nelle settimane scorse a Chieti.

«Collaboriamo da tempo con la scuola agraria di Grinzane – dice il presidente della cantina Terre del Barolo, Matteo Bosco – e riteniamo che sia giusto valorizzare gli studenti che si sono distinti nel corso dell’anno

scolastico».

L’azienda agraria dell’Istituto conferisce alla cantina le produzioni viticole di pregio, localizzate nei pressi del Castello di Grinzane Cavour dalla cui trasformazione si ottengono i prestigiosi vini della linea alta qualità come il Barolo Castello.

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Attualità

Agricoltori soddisfatti per l’esonero dagli obblighi sui rifiuti speciali Le aziende con meno di dieci dipendenti non sono tenute ad aderire alla normativa Sistri È stato firmato dal ministro dell’Ambiente il primo decreto attuativo delle disposizioni sul Sistri che individua definitivamente le imprese e gli enti produttori iniziali di

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rifiuti speciali pericolosi esclusi dal Sistri.

Per quanto riguarda il settore agricolo, il decreto prevede l’esclusione dei produttori di rifiuti pericolosi derivanti

da attività agricole ed agroindustriali con meno di 10 dipendenti e, indipendentemente dal numero dei dipendenti, degli Enti e delle imprese che conferiscono i propri rifiuti nell’ambito dei circuiti organizzati di raccolta.

RISULTATO IMPORTANTE Sono state così accolte le richieste formulate dalle organizzazioni sindacali agricole,

che evidenziavano la necessità di escludere le imprese di piccole dimensioni, valorizzando contemporaneamente i circuiti organizzati di raccolta. «È un risultato di grande importanza – commenta Agrinsieme - che mette in evidenza l’attenzione del ministro, il cui lavoro ha consentito il raggiungimento di questo risultato.

Si permette così di proseguire, da una

Attualità

parte nel percorso di semplificazione nella gestione dei rifiuti e, dall’altra, di valorizzare i sistemi virtuosi esistenti, legati al concetto dei circuiti organizzati di raccolta. Il settore agricolo, infatti, non si esime dalla tracciabilità dei rifiuti, ma ha necessità che la stessa sia adattata alle esigenze operative dell’attività».

RAGIONI RICONOSCIUTE Positivi anche i commenti di Coldiretti

Piemonte: «Da tempo Coldiretti sostiene – dice Franco Parola responsabile ambiente e territorio di Coldiretti Piemonte - che le imprese agricole, sotto il profilo della produzione e gestione dei rifiuti, si differenziano dalle altre attività produttive dal momento che riciclano al loro interno, come sottoprodotti, molti degli scarti derivanti dai cicli produttivi».

E’ stato inoltre riconosciuto lo sforzo compiuto in questi anni finalizzato all’attivazione

di circuiti organizzati di raccolta che consentano di mantenere attivo il sistema di tracciabilità dei rifiuti a fronte di una sostanziale semplificazione gestionale.

«Per le imprese che non sono tenute ad aderire al Sistri – afferma Antonio De Concilio, direttore Coldiretti Piemonte - restano invariati gli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico e del formulario di identificazione, mentre per le imprese

che dovranno comunque aderire al Sistri, sono attese ulteriori semplificazioni che dovranno scaturire da specifici approfondimenti tematici attivati con i rappresentanti delle associazioni di categoria. Coldiretti continuerà a fare la sua parte nell’impegno a tutto campo per la semplificazione e lo snellimento degli adempimenti burocratici, che appesantiscono inutilmente la gestione delle imprese».

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A.r.pro.m.a informa

L’esercito dei trattori sconfitto dalla guerra Storia della meccanizzazione agricola in provincia di Cuneo I risultati positivi della modernizzazione dell’agricoltura furono considerevolmente frenati a partire dal 10 giugno 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania di Hitler.

I contraccolpi di questa scelta del regime fascista infatti si fecero subito sentire soprattutto per i motori agricoli; il problema del motore agricolo diventava serio soprattutto per la zona di pianura ove si era diffuso largamente il trattore per le arature.

Difficoltà già erano insorte lo scorso autunno per il difficile rifornimento del carburante, e queste difficoltà sembra debbano farsi maggiori in avvenire. Alla pianura la trazione animale con buoi e i cavalli dovrà essere rimessa in onore. Alla collina il problema minaccerà di diventare molto serio per la trebbiatura, perché ai motori a scoppio mancherà il carburante ed i motori a vapore sono quasi scomparsi, senza dire che in collina sono anche pesanti da trascinare tra motore, acqua e carbone. Alla montagna il guaio giungerà più tardi, ma giungerà quando sarà la stagione della sgusciatura delle

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castagne.

Occorrerà aspettare la fine del secondo conflitto mondiale per riprendere il filo spezzato della promozione della meccanizzazione nella provincia di Cuneo.

IL SECONDO DOPOGUERRA La fine della II guerra mondiale e la liberazione del regime nazifascista videro una crescente volontà di riscatto dell’economia provinciale cuneese. Le vicende belliche avevano lasciato un tragico bilancio. Il sacrificio di uomini della nostra terra tra i vari fronti, prima e soprattutto quello russo e la guerra di liberazione poi, fu altissimo: il numero ufficiale di morti fu di 11170, il 18,6 per mille della popolazione, quasi il doppio della media nazionale che era del 10 per mille. Anche se non vide i massicci bombardamenti che hanno caratterizzato altre province, il cuneese subì molti danni sia ad opere pubbliche che ad abitazioni private.

Anche l’agricoltura versava in una situazione difficile, cinque anni di guerra l’avevano prostrata.

Ai danni materiali, cascine e

Associazione Revisori Produttori Macchine Agricole ed attrezzature agricole

fienili bruciati dai nazifascisti, stalle svuotate dal bestiame perché requisito per ragioni di guerra oppure rubato o disperso, si aggiungeva la mancanza di concime per cui i terreni erano esausti e non rendevano quanto avrebbero dovuto, e la mancanza di macchine agricole; per esempio nel 1945 nel cuneese erano funzionanti anche se obsolete poco più di un migliaio di trattrici.

La scarsa produzione di grano, anche dovute ad un periodo siccitoso (1947) erano problemi per il prezzo del pane nonostante i tentativi di calmierarne il costo da parte del governo.

Ad aggravare questa situazione si univa la scarsità di generi, alimentari e non, che contribuiva ad aumentare il costo della vita.

Questa situazione incoraggiò i governi a dare vita a programmi di aiuto per lo sviluppo dell’agricoltura come ricordò il prof. Adolfo Carena nella prolusione al convegno internazionale di Meccanica Agraria di Torino nel 1950.

(continua sul prossimo numero)

R adici

Mattonella di fragole Ingredienti per 4 persone: • 500 gr di fragole • 9 gr di colla di pesce in fogli • 140 gr di zucchero a velo • ½ litro di panna montata • 1 bustina di zucchero vanigliato • succo di ½ limone • ½ bicchiere di maraschino o altro liquore aromatico Preparazione: Immergete i fogli di colla di pesce in acqua fredda per 15 minuti e fateli sciogliere a bagnomaria in 5 cucchiai di acqua. Unite a 350 gr di fragole passate al setaccio lo zucchero a velo, il limone e la colla di pesce. Le fragole rimaste unitele al liquore e lasciatele macerare fino alla solidificazione del composto. Aggiungete quindi la panna montata e le fragole tagliate a pezzetti con il liquore in cui sono state fatte macerare. Inumidite uno stampo con acqua fredda, versatevi il composto, coprite con un foglio di carta oleata e lasciate riposare in frigo per almeno 3 ore. Prima di servire, immergete lo stampo in acqua calda e sformate il dolce decorandolo con fragole e zucchero vanigliato.

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CEREALI

Rilevazione del 26 maggio 2014 Prezzo MIN.

FRUMENTO

Prezzo MAX.

IVA

Osservazioni

BOVINI -

Rilev. dal 24 al 30 maggio 2014 - Prezzi all’ingrosso rilevati in sala contrattazioni da apposita commissione (Iva esclusa)

BOVINI DA MACELLO Razza Piemontese

Nazionale tenero panificabile peso sp. 76/78

198,00 203,00

4%

Rinfusa

Nazionale tenero biscottiero peso sp. 73/75

Vitello da latte o sanato (tendente alla coscia)

193,00 198,00

4%

Rinfusa

Unità di misura

Prezzo minimo

Prezzo massimo

Maschi

al kg

3,75

4,31

Nazionale tenero buono merc. peso sp. 71/73

n.q.

n.q.

4%

Rinfusa

Femmine

al kg

4,00

4,57

Nazionale altri usi peso sp. 65/70

n.q.

n.q.

4%

Rinfusa

Vitello da latte o sanato (della coscia)

Estero francese 76/77 sano leale merc.

210,00 212,00

4%

Rinfusa reso

Maschi

al kg

5,04

5,61

Estero statunitense Northern Spring

317,00 321,00

4%

Rinfusa reso

Femmine

al kg

5,53

6,10

Vitello da latte o sanato (incrocio)

Western Red Spring n.2 c.e. 1% prot.

15% Utility c.e.2%

n.q.

n.q.

4%

Rinfusa reso

ORZO

Prezzo MIN.

Prezzo MAX.

IVA

Osservazioni

1^ qualità

al kg

3,52

3,97

Orzo nazionale pesante peso sp. 61/64

n.q.

n.q.

4%

Rinfusa

2^ qualità

al kg

2,65

2,80

Orzo nazionale leggero peso sp. 55/60

n.q.

n.q.

4%

Rinfusa

Manza (da 4 a 6 denti)

al kg

2,30

2,75

4%

Rinfusa reso

IVA

Osservazioni

1^ qualità

al kg

2,05

2,60

4%

Rinfusa

2^ qualità

al kg

1,20

1,80

Uso industriale

al kg

0,90

1,20

Orzo estero peso sp. 64/65

207,00 212,00 Prezzo MIN.

GRANOTURCO Nazionale, comune, ibrido

Prezzo MAX.

184,00 186,00

FORAGGI Fieno maggengo

Prezzo MIN.

Prezzo MAX.

IVA

Osservazioni

n.q.

n.q.

10%

Reso in balloni

Fieno agostano

100,00 110,00

10%

Reso in balloni

Fieno terzuolo

105,00 115,00

10%

Reso in balloni

10%

Reso in balloni

10%

Reso in balloni

Fieno francese

n.q.

Paglia di grano

n.q.

110,00 120,00

SUINI

Rilevazione dal 17 al 23 maggio 2014 - Prezzi all’ingrosso rilevati nella sala contrattazioni di Fossano da apposita commissione Da allevamento

Prezzo marchiato

Da macello

Prezzo marchiato

Vacca (grassa)

Toro (della coscia)

al kg

1,75

2,55

Unità di misura

Prezzo minimo

Prezzo massimo

Maschi (leggeri fino a 650 kg.)

al kg

3,00

3,10

Maschi (pesanti fino a 750 kg.)

al kg

2,80

3,00

Femmine (da 420 a 520 kg.)

al kg

3,00

3,35

Unità di misura

Prezzo minimo

Prezzo massimo

RAZZA BLONDE D’AQUITAINE (Garonnese) Bestiame da macello:

RAZZA FRISONA (Bestiame da macello)

kg. 8

n.q. (al kg)

kg. 115

1,400

Vitelloni (maschi)

al kg

1,50

1,60

kg.15

4,360 (al kg)

kg.130

1,400

Vacche 1^ qualità (oltre 300 kg. peso morto)

al kg

1,05

1,15

kg. 25

3,230 (al kg)

kg. 144

1,415

2^ qualità (da 250 a 300 kg. peso morto)

al kg

0,90

1,00

kg. 30

2,950 (al kg)

kg. 156

1,480

3^ qualità (inferiore a 250 kg. peso morto)

al kg

0,60

0,85

kg. 40

2,460 (al kg)

kg. 176

1,480

kg. 50

2,080 (al kg)

kg. 180

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kg. 65

1,730 (al kg)

kg. 185

n.q.

kg. 80

1,620 (al kg)

Oltre kg. 185

n.q.

kg. 100

1,570 (al kg)

60

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Da litri 1001 a litri 3000

0,88

0,1364

10%

Oltre litri 3001

0,85

0,1364

10%

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Zootecnia

Il “Bra duro dop” di Sepertino vince il trofeo San Lucio Il Bra Duro Dop prodotto dal Caseificio Sepertino di Marene si aggiudica il primo premio di categoria nel prestigioso contesto del Trofeo San Lucio 2014 (giunto alla sesta edizione) tenutosi come da tradizione a Pandino (Cremona).

Il concorso è nato per valorizzare e riconoscere qualità e competenze delle persone che operano nei caseifici, che, ogni giorno, con passione e responsabilità, lavorano alacremente per garantire il successo delle aziende del settore. La valutazione dei formaggi attraverso l’analisi sensoriale, è un ottimo sistema per promuovere e valorizzare i prodotti lattiero – caseari iscritti al concorso, inoltre i giudici analizzano anche l’aspetto tecnologico produttivo, garantendo quindi un giudizio di alto valore tecnico. «Siamo orgogliosi – dicono Mario, Gabriele e Anna Maria Sepertino – di questo riconoscimento. La nostra azienda da sempre punta sulla qualità, tipicità ed origine.

Vincere il primo premio della categoria formaggi duri (oltre 1 anno di stagionatura) con il nostro Bra duro caseificato a febbraio 2013 è una grande soddisfazione per la nostra fa-

miglia e per tutti i nostri collaboratori. Partendo da un ottimo latte raccolto in zona (fornito dalla Cooperativa Piemonte Latte) abbiamo eseguito la lavorazione “tipo” come da indicazione del disciplinare, previo affioramento in vasca, a cui è seguita la salatura manuale a secco ed una stagionatura durata 15 mesi, dove settimanalmente si è proceduto con la tradizionale oliatura della forma. Il nostro è un formaggio curato con ogni attenzione ed il premio ricevuto ci conferma che lavorare bene paga». Il Caseificio Sepertino di Marene (Cn) opera dal 1930 ed è ora giunto con Gabriele, che affianca la mamma Anna Maria ed il papà Mario, alla quarta generazione. L’azienda è specializzata nella produzione e stagionatura di formaggi DOP piemontesi (Bra, raschera, Toma Piemontese) e Burro. Tale vocazione è già stata valorizzata con il premio della “Grolla d’Oro” (formaggi duri) ottenuto sei anni fa a Saint Vincent con il formaggio “Stravej Nostral Piemonteis” vincitore anch’esso al Trofeo San Lucio 2014 nella categoria “Formaggi a Latte di vacca oltre 360 gg”.

Brillante affermazione del caseificio marenese al prestigioso concorso caseario di Pandino

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Tutta la rubrica è a cura di ANNA&ANNA - Agenzia

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