L'imprenditore Agricolo Gennaio 2012

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abb. Postale - 70% -MP-NO/ TORINO N. 1/Anno 2012

ANNO 1 NUMERO

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GENNAIO 2012

d e l l a P r o v i n c i a G RAN D A

...Libero di informare

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L’ editoriale

di

G ianni T ernavasio

Di cosa ha bisogno l’imprenditore agricolo Questa rivista si può dire nasca dai campi. Non la stampa, ma certamente l’idea arriva da lì, dove lavoro da sempre, dall’esperienza quotidiana e dalle necessità di aggiornamento maturate nell’azienda agricola di Cavallermaggiore, patrimonio di generazioni di miei antenati. Sono prima di tutto un utente dei mezzi di comunicazione del settore e non posso dire che l’offerta manchi. Anzi. Ogni sindacato, categoria e istituto del comparto primario in provincia di Cuneo ha il suo organo di informazione. Sono tutti mezzi rispettabili, che svolgono bene la loro funzione di rappresentanza di parte. Ma quel che finora mancava era un luogo, una piazza mediatica dove l’imprenditore agricolo potesse incontrare tutti e confrontarsi liberamente sui problemi, le prospettive e le opportunità del suo lavoro, al di là delle sacrosante posizioni delle singole “parrocchie”. Per questo ho promosso la nascita de “L’imprenditore agricolo della provincia Granda”. Per informare liberamente, senza vincoli di appartenenza, ricercando il meglio di quanto offre il mercato del nostro mondo agricolo, come insieme di agricoltori, allevatori, frutticoltori, commercianti, operatori della meccanizzazione, sindacalisti, ricercatori, politici, tecnici, veterinari, consulenti finanziari. “L’imprenditore agricolo” deve essere aperto e libero, come lo sono i suoi lettori che vogliono guardare avanti, oltre gli steccati e la crisi. Vogliamo mettere insieme questi orientamenti e coltivarli con la garanzia di professionalità, ragione per cui la nostra società editrice ha chiamato alla direzione della rivista uno dei giornalisti che meglio conosce il territorio e la complessa realtà del comparto agricolo provinciale: Osvaldo Bellino. Stiamo definendo un percorso ricchissimo di stimoli, attorno ai quali ritrovarsi e ragionare del futuro, in un momento decisivo per le sorti della nostra economia. Ci sono in cantiere molte novità e l’entusiasmo con cui l’iniziativa editoriale è stata accolta dagli inserzionisti pubblicitari ci incoraggia a compiere gli investimenti necessari, a cominciare dall’invio della rivista a tutti gli imprenditori agricoli della Granda. A loro e a tutti quanti vorranno offrire un contributo ideale o materiale alla crescita del giornale, sono spalancati le porte, i telefoni e gli indirizzi telematici della redazione. “L’imprenditore agricolo”, in fondo non nasce oggi. E’ sempre esistito in tutti noi, imprenditori agricoli.

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L’I mprenditore A gricolo

S O M M ARIO L’ editoriale 3

F iere 15 25

Di cosa ha bisogno l’imprenditore agricolo

O rizzonte T erra 5

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Il futuro degli uomini che lavorano la terra

N otizie 16

L’ aria 6

“Monti” visto dai campi Caro Monti, forse è l’ora di mettersi gli stivali

A ttualità

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di

N atura 22

Kiwi la colpa è dei cinesi? Nocciole. Finanziamenti dalla Regione Mele il borsino delle varietà Pac solo ai veri agricoltori Nitrati, da gennaio c’è la deroga europea Carne il consumo crescerà del 73%

Animali selvatici e imprenditori Cavallo, sport e piacere

N otizie 26

26

dalle

A ziende

Rotopresse Gallignani “GA V6” regine del risparmio e della qualità “3M” di Morozzo, un venditore per amico

AGRICOLTORI ALLA RISCOSSA L'agricoltura che sembrava morta, i contadini che sembravano scomparsi nelle grandi fabbriche cittadine dopo pochi decenni di sradicamento, di lavori servili, di rassegnata offerta di forza lavoro alla modernità cittadina, hanno rimesso in moto un loro nuovo modo di produrre e di distribuire. (Giorgio Bocca)

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L’addio agricolo a Giorgio Bocca cuneese doc L’improvvisa morte di Valentina Masante

M ercatino 29

Gli affari dell’imprenditore

I mprese

Bio la cascina dei pionieri

piano

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G randa

Allevatori a lezione di futuro

S torie 18

8 10

dalla

che tira

L’articolo 18 dell’agricoltura

P rimo

R adici

Fruit Logistica Fieragricola a Verona punta sul sostenibile Carrù il bue “re” della fiera

L’IMPRENDITORE AGRICOLO DELLA PROVINCIA GRANDA Direttore responsabile: Osvaldo Bellino Direttore editoriale: Valerio Maccagno Direzione, redazione e amministrazione: Via Pylos, 20 - 12038 Savigliano - Cuneo Tel. 0172.711279 - Fax 0172.716066 e-mail: redazione@reclamesavigliano.it Editore: Reclame S.r.l. Via Pylos, 20 - 12038 Savigliano - Cuneo Hanno collaborato: Marco Bertorello (fotografo), Paolo Biancardi, Vilma Brignone, Monica Coviello, Michele Antonio Fino, Roberto Goitre, Floriano Luciano, Enrico Nicolino, Guido Martini, Claudia Morisiasco

Progetto grafico: Marco Grussu Pubblicità: Réclame Via Pylos, 20 - 12038 Savigliano - Cuneo Tel. 0172.711279 - Fax 0172.716066 Cell. 348.7616706 e-mail: info@reclamesavigliano.it Stampa: G. Canale & C. S.p.A. Via Liguria, 24 - 10071 Borgaro - Torino Registrazione Tribunale di Saluzzo n. 3 del 09/01/2012 Costo copia: Euro 1,00 Inviato a tutti gli Imprenditori agricoli della provincia di Cuneo


O rizzonte T erra di

F loriano L uciano

Il futuro degli uomini che lavorano la terra La prima inchiesta sull’agricoltura italiana è datata 1884 e porta la firma del senatore Stefano Jacini: un ricco liberista lombardo che nel suo voluminoso rapporto, tutt’ora noto come Inchiesta Jacini, chiedeva la riduzione delle spese militari a favore di sgravi fiscali per l’agricoltura. Praticamente – già allora - un mezzo sovversivo. Le conclusioni dell’inchiesta erano molto tristi, molto dure: l’Italia non ha un’agricoltura ma cento agricolture diverse fra loro, con problemi ed opportunità differenti e quindi necessita di cento politiche agrarie diverse. Jacini faceva una serie di critiche a provvedimenti generali per un sistema così articolato e complesso come la nostra agricoltura italiana. Ora trasponete questa analisi all’impostazione europea degli ultimi 30 anni e vedete un po’ la “macelleria socio-economica” che ne è venuta fuori. La quasi totalità della nostra produzione agricola avviene in 9 milioni di ettari, cioè 9 milioni di campi da calcio. Noi siamo 60 milioni di abitanti. Per ogni italiano vi è meno di un quinto di un campo da calcio, poco più di un piccolo orto. In queste condizioni la nostra agricoltura non può essere estensiva, ma abbiamo prodotti di altissimo pregio su cui dobbiamo impegnare la nostra creatività. Perché è evidente che non abbiamo fatto in questi anni e non potremo fare concorrenza a chi ha terra da buttare via. Siamo dunque spacciati? Non credo proprio, ma a patto che non continuiamo a scimmiottare altre e diverse impostazioni imprenditoriali. Il nostro futuro infatti non è nella terra, ma negli uomini. Anche, e forse soprattutto, in quelli che lavorano la terra.

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L’ aria di

che tira

M ichele A ntonio F ino

L’articolo 18 dell’agricoltura Buon anno? Non vi stupite, nessun errore di battitura. Il punto deve proprio essere interrogativo. L’agricoltura cuneese ha avuto un brutto 2011, capace di rinverdire il detto “gnune neuve, bone neuve”. Ha toccato il fondo la crisi del comparto carne, particolarmente grave e pesante per settori economicamente più fragili, com’è quello dei margari, ma con un’alta valenza storica, paesaggistica ed ecologica. Mentre gli ingrassatori di manzi francesi chiudono l’anno con la domanda in ripresa, chi mantiene i pascoli in quota e alleggerisce il problema dei reflui azotati in pianura non vede la luce in fondo al tunnel. Sul fronte latte, molto è stato fatto e dagli attori che hanno fatto nascere l’impianto di Moretta (che ha scatenato un virtuoso effetto imitazione in tutto il mercato) è legittimo attendersi uno sforzo per la carne di qualità, per aiutarla a risollevarsi. C’è spazio, nell’educazione dei consumatori e degli allevatori in primo luogo: perché le realtà votate all’eccellenza senza compromessi, in Provincia, ci sono già. E ottengono prezzi migliori, producendo in modo sostenibile. Il mondo della frutta vive l’apprensione della batteriosi del kiwi, come una famiglia in cui, proprio al membro più forte, è stato diagnosticato il cancro: nessuna certezza di prognosi e terapia. Intanto, però, gli espianti per contenere il male aumentano e manca ancora una regia autorevole del «dopo actinidia»: un governo necessario, per evitare che al danno si sommi danno, che dalla crisi della produzione del kiwi derivi il K.O. per il mercato (saturo) di mele, pesche o susine. E’ fondamentale che associazioni e istituzioni guidino la scelta della riconversione di quelle migliaia di ettari di kiwi che rischiano l’espianto: orientando i produttori a colture attraenti per il mercato, sottraendoli alle sirene del fotovoltaico a terra, più o meno camuffato da serra. Infine, il mondo del vino attende con apprensione lo sciogliersi di grandi questioni (fine dei diritti di reimpianto e aiuti alla distillazione) mentre il mercato tira molto meno di solo cinque anni fa e la flavescenza morde, anche da noi, come mai prima. C’è di che avere molti interrogativi. E su tutto aleggia l’IMU sui fabbricati agricoli, che duplica il tributo (gli agricoltori già pagano per i terreni, nel cui valore sono inglobati i fabbricati al loro servizio) e non tiene conto di ciò che serve a produrre: stalle e cantine fanno tanti metri quadri perché botti e vacche sono grosse, anche quando rendono poco. Qualcuno ha cominciato a dirlo, ma non ancora tutti quelli che dovrebbero. È l’articolo 18 dell’agricoltura: è il caso di occuparsene, trovando l’unità sindacale anche nel mondo rurale.

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A ttualità

Kiwi la colpa è dei cinesi? Secondo uno studio condotto da alcuni biochimici dell’Università di Otago (Nuova Zelanda), e commissionato dalle imprese neozelandesi Seeka ed EastPack, il ceppo virulento della batteriosi del kiwi che sta devastando i frutteti in Italia e in Nuova Zelanda avrebbe origini cinesi, come suggerirebbe un raffronto genetico tra ceppi di batterio Pseudomonas syringae pv. actinidiae (Psa). La notizia, diffusa dal quotidiano agricolo on-line Fresh Plaza, ci riguarda da vicino: un rapporto preliminare afferma infatti che il genoma dei ceppi cinesi di Psa e

di quelli neozelandesi risulterebbe molto simile; cosa che suggerirebbe un’origine cinese e non italiana (come inizialmente ipotizzato) della contaminazione verificatasi in Nuova Zelanda. Come la batteriosi si sia diffusa in pratica, rimane ancora ignoto. Il polline d’importazione è il materiale vegetale maggiormente sospettato di aver costituito il veicolo all’introduzione del batterio in Nuova Zelanda. Il rapporto dell’Università di Otago afferma anche che i dati del sequenziamento genetico in suo possesso indicano come

di

F loriano L uciano

l’importazione a fini di ricerca di polline, materiale vegetale, colture di batterio Psa o frutti dall’Italia non sono l’origine della contaminazione in Nuova Zelanda. Allo stesso modo, la causa della batteriosi in Italia non deriverebbe da materiale vegetale o frutti di origine neozelandese. Nel frattempo, il raccolto neozelandese di kiwi a polpa gialla - i più vulnerabili alla batteriosi - è previsto in netto calo per il prossimo anno, nella zona della Bay of Plenty: da 30 a 10 milioni di cartoni.

Lorenzo Berra nel Consorzio dei vivaisti italiani Un cuneese è stato nominato nella Commissione tecnico-scientifica del Consorzio interprofessionale dei vivaisti italiani (Civi) per la certificazione delle piante da frutto. Si tratta di Lorenzo Berra, responsabile dell’innovazione varietale del Creso di Manta. Per i prossimi tre anni, insieme ad una dozzina di ricercatori, Berrà farà parte di questa Commissione che è l’unico organismo a livello nazionale, riconosciuto e coordinato dal ministero delle Politiche agricole autorizzato a certificare i materiali vegetali di propagazione in base al rispetto della normativa sanitaria ed alla rispondenza varietale, formulando le linee guida per i produttori. La nomina di Berra è stata decisa proprio dal ministero delle Politiche agricole su indicazione dell’Unione nazionale delle Associazioni di produttori (Unaproa).

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P rimo di

piano

O svaldo B ellino

“Monti” visto dai campi Gli effetti della riforma “salva Italia” sull’agricoltura della Granda Salverà l’Italia o ammazzerà l’agricoltura? La riforma del Governo Monti sta suscitando dure reazioni anche nel mondo agricolo, soprattutto per l’introduzione della nuova Imposta municipale unica (Imu), che colpirà terreni agricoli e fabbricati rurali, dalle stalle ai fienili, fino alle cascine e ai capannoni necessari per custodire trattori e attrezzi. Una

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stangata che Coldiretti ha stimato intorno a un miliardo di euro, come costo aggiuntivo sulle spalle degli agricoltori. «Occorre differenziare la tassazione tra chi di agricoltura ci vive e chi la fa a tempo perso - ha sottolineato il presidente nazionale della Coldiretti Sergio Marini all’incontro con mille dirigenti e soci del sindacato al teatro Carignano

di Torino -. E questo vale sia sul piano fiscale sia su quello delle politiche comunitarie come previsto nel documento condiviso da tutta la filiera agricola italiana e della Istituzioni regionali e nazionali». È grave, secondo Coldiretti, l’esclusione delle imprese agricole dalle misure di sostegno alle piccole e medie imprese,


P rimo mentre verranno rideterminate le aliquote contributive di coltivatori diretti, mezzadri e coloni, con ulteriori oneri. «Confidiamo esistano le condizioni per rivedere alcuni aspetti – aggiunge il vicedirettore della Coldiretti di Cuneo, Lauro Pelazza -, anche e soprattutto in funzione dei soggetti professionali e delle garanzie occupazionali loro». Sempre a Cuneo, il direttore di Confagricoltura, Roberto Abellonio, commenta: «Siamo d’accordo a dare il nostro contributo per aiutare il Paese a superare questo momento di grave crisi, ma questa manovra contiene misure fortemente penalizzanti per le aziende agricole del nostro territorio, andando a tassare anche terreni marginali e poco produttivi». Sulla stessa lunghezza d’onda i giovani dell’Anga: «I terreni sono beni strumentali ed essenziali per un’azienda agricola che, senza, non potrebbe esercitare alcuna attività - dichiara Andrea Ingaramo, presidente dell’Anga di Cuneo -. Caricare di tasse la terra usata per produrre beni necessari, come il cibo, e aggiungere l’Imu ad agriturismi, canti-

ne, stalle, fienili, rimesse per gli attrezzi, magazzini e fabbricati in disuso, è una punizione e un ostacolo allo sviluppo che l’agricoltura non meritava e non può permettersi». Gli agricoltori pagano due volte le decisioni del governo Monti, prima da cittadini e poi da produttori, è il giudizio della Confederazione italiana agricoltori, che, al di là della batosta dell’Imu, punta l’attenzione sul “pacchetto sviluppo”, in particolare sul provvedimento che prevede la completa deducibilità dell’Irap sul costo del lavoro per le imprese che si ricapitalizzano: «In questo modo – osserva la Cia - le attività agricole, che determinano il proprio reddito su base catastale, di fatto non potranno beneficiare di questo intervento mirato ad alleviare la sofferenza del sistema produttivo nazionale. Lo stesso accade per le agevolazioni per l’accesso al credito delle piccole e medie imprese volte a rafforzare con 20 miliardi di euro il Fondo di garanzia per le Pmi, con un tetto di 2,5 milioni di euro ad azienda richiedente».

piano

Quanto si pagherà di Imu? Le stime di Coldiretti e Confagricoltura Tradotto in euro, quale sarà l’impatto dell’Imu sulle aziende agricole? Secondo l’Ufficio fiscale Coldiretti, per una stalla di 480 metri quadrati, con rendita di 3.800 euro, si pagheranno ex novo 479 euro. Un terreno agricolo con rendita catastale pari a 1.000 euro comportava sino ieri una tassa di 1.009 euro. Con l’Imu, l’imposta sarà di 1.140 euro, 131 euro in più. Una casa di abitazione principale “rurale” con rendita catastale di 680 euro porterà, infine, una tassa di 456,96 euro, a cui vanno sottratti i 200 euro di riduzione per le abitazioni principali, per un esborso di 256,96 euro. E’ impegnata nelle stime di calcolo anche la Confagricoltura di Cuneo, secondo cui un’azienda in zona pianeggiante con 3 ettari di terreno, una casa ad uso abitativo e un fabbricato ad uso strumentale (deposito o magazzino), arriverebbe a pagare un’imposta oltre 20 volte superiore a quella attuale. Prendendo in considerazione allevamenti con fabbricati destinati al ricovero animali, silos e fienili, l’aumento sfiorerebbe valori di gran lunga superiori.

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P rimo

piano

Caro Monti, forse è l’ora di mettersi gli stivali Un governo, quello del prof. Monti, che in tre mesi non ha mai parlato di Agricoltura, e che proprio a questo importante Ministero chi ci colloca? Il dottor Catania, un funzionario dello Stato, che da trentaquattro anni lavora in ufficio, e che dell’agricoltura italiana conosce solo “la carta”, un burocrate, senza alcun collegamento diretto con le problematiche imprenditoriali che ogni giorno chi, di agricoltura vive, deve affrontare. Da buoni eurocrati, Monti e Catania, come ben hanno dimostrato in passato, ci vogliono portare a dipendere sempre di più da quella stessa Europa che mira a snaturalizzare le nostre migliori peculiarità nazionali, cercando di renderci tutti uguali, partendo dalla produzione fino ai consumi, facilitando solo quella parte di Europa che sta trattando l’Italia come un protettorato (una colonia) e cioè la Germania con l’aiuto della Francia, quella stessa Europa che, come ha già dimostrato in passato, difende le realtà agricole con caratteristiche continentali – centro nord europee, vedi Pac e quote latte, mortificando le nostre infinite capacità produttive, soprattutto in termini di qualità, che avrà come unico risultato l’impoverimento della parte di economia che noi rappresentiamo, sempre più determinante in tempi di crisi (unico settore che non ricorre a cassa integrazione e licenziamenti, Monti e Catania permettendo) e alla voluta perdita di capacità da parte dei consumatori di poter scegliere, come e da chi, farsi consigliare come alimentarsi.

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L’Italia ma soprattutto gli italiani sono diversi da tutti gli altri, per fortuna, lo hanno dimostrato in passato, e secondo me, sarà la loro fortuna nel prossimo futuro, lo dimostrano il metodo ed i frutti del loro lavoro, sempre molto richiesti, in un mercato sempre più globale, con più di sette miliardi di potenziali consumatori, di cui, fortunatamente, una parte sempre crescente cerca specificità e vera qualità. Quindi, cari Monti e Catania, dopo le fasi 1 e 2, l’uso dei grafici e dei computers, forse è arrivata l’ora di mettersi gli stivali ed incontrare quella parte di economia (non solo agricola) che con l’entrata in vigore dell’Euro, da voi tanto amato, ha perso il 40% del proprio potere d’acquisto, a vantaggio dei nostri colleghi nordeuropei, dove i governanti (aiutati da burocrati che non hanno mai dimenticato i loro interessi strettamente nazionali) avevano ed hanno visto nell’Europa e nei loro colleghi una vacca da mungere sempre, anche in asciutta. Bun travaj!

Antonino Bedino Presidente Comitato spontaneo produttori latte


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A ttualità

Nocciole

Finanziamenti dalla Regione L’Assessorato regionale all’agricoltura, nel corso del 2011, ha dato il via a una serie di iniziative volte a tutelare e valorizzare al meglio le potenzialità del comparto della nocciola. In Piemonte la coltura del nocciolo si trova prevalentemente nelle fasce collinari e montane e svolge un’indispensabile funzione di salvaguardia del territorio. Proprio per dar slancio alla produzione locale della nocciola, la Regione Piemonte ha approvato, nel mese di febbraio 2011, il “Programma regionale per la filiera corilicola” al quale è succeduta la pubblicazione del bando e lo stanziamento di 1 milione di euro. Nei mesi a seguire sono state analizzate le richieste di finanziamento e sono stati concessi contributi a progetti ritenuti validi per un totale di 878.897 euro. La Regione ha visionato e seguito

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con attenzione le opportunità statali: attraverso il D.M. 17188 del 4 novembre 2010, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha stanziato un apposito fondo a disposizione delle Regioni Piemonte, Campania, Lazio e Sicilia con il fine di finanziare progetti volti alla realizzazione di sistemi per promuovere la produzione, la commercializzazione e la valorizzazione delle nocciole tramite il legame con il territorio di produzione. Le sole aziende piemontesi, nel corso del 2011, hanno ottenuto quasi un terzo delle risorse ministeriali totali a disposizione delle quattro Regioni: su un totale di 1.800.000 euro, i progetti


piemontesi presentati hanno ottenuto contributi per 558.000 euro. La Regione infine è stata ulteriormente coinvolta nel corso dell’anno nell’ambito di progetti sempre di origine ministeriale, attraverso i quali le aziende piemontesi della filiera corilicola, data l’indiscussa qualità della produzione, hanno ottenuto finanziamenti finalizzati alla valorizzazione del prodotto. Le principali piantagioni si trovano nelle provincie di Cuneo, Asti e Alessandria, circa 12.000 ettari per una produzione totale di quasi 170 mila quintali, valore stimato di 1,6 milioni di euro. La nocciola piemontese è apprezzata per le sue qualità, tuttavia non è in grado di soddisfare quantitativamente le richieste del mercato. “La qualità della nocciola piemontese non è in discussione, - dice l’assessore

regionale all’agricoltura Claudio Sacchetto - il riconoscimento dell’IGP nel 1993 ne è una conferma, piuttosto è necessario lavorare per sostenere i nostri produttori, i quali hanno dimostrato di saper lavorare egregiamente, ma che necessitano di aiuto per poter incrementare la produzione e poter dare risposte ad una domanda di mercato consistente. La Regione ha voluto subito dare un segno importante attraverso il “Programma regionale per la filiera corilicola”, ma allo stesso tempo l’Assessorato ha voluto rendersi attivo per non perdere occasioni di finanziamento importanti provenienti dal Ministero. La qualità della filiera piemontese la conosciamo approfonditamente, sarebbe un peccato non sfruttare opportunità di rilievo”.

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A ttualità di

R oberto G oitre

Mele il borsino delle varietà La produzione di mele per il consumo fresco e per la trasformazione industriale a livello nazionale nel 2011 fa registrare un aumento del 6,5% rispetto al consuntivo dell’anno precedente pari a 2.285.640 tonnellate. Per la stagione 2011/2012, la disponibilità di mele per il consumo fresco è quindi di 1.963.686 tonnellate, che rappresenta un quantitativo sostanzialmente in linea con le stagioni precedenti. Tutte le varietà presentano leggeri incrementi, fatta eccezione per la Renetta Canada che cala del 2,8% e la Morgenduft (Imperatore) che perde il 28%, al contrario la Cripps Pink che aumenta del 26,9%.

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La giacenza all’1 dicembre è di 1.419.918 tonnellate, perfettamente in linea con lo scorso anno. Le vendite si sono sviluppate con una certa lentezza all’inizio di stagione, ma con un buon ritmo nel mese di novembre. Il venduto è stato di 542.768 tonnellate, contro

le 531.268 tonnellate della stagione precedente. Particolarmente interessante è il trend di vendita per le varietà Gala e Red Delicious e in linea con i programmi di riduzione scorte prosegue anche la collocazione della Golden Delicious. La domanda di prodotto è

costante in Italia, mentre sui mercati esteri il trend di vendita è interessante, fatta eccezione per la Germania dove si privilegiano ancora le mele di produzione locale. Lo scenario italiano riflette una produzione europea che dovrebbe assestarsi su 10.500.000 tonnellate, in crescita rispetto al 2010 ma ancora lontana dai picchi del 2008 (11.500.000 tonnellate) e del 2009 (11.000.000 di tonnellate). Permane invece la preoccupazione per l’andamento dei prezzi, che sono attualmente poco soddisfacenti per i produttori. Le prime indicazioni giustificano però una ragionevole aspettativa di recupero nel corso dei prossimi mesi.


F iere

Fruit Logistica

Berlino 8-10 febbraio 2012 A Berlino da mercoledì 8 a venerdì 10 febbraio si svolgerà la ventesima edizione del “Fruit Logistica”, la rassegna internazionale dedicata ai prodotti ed ai servizi dell’intera filiera ortofrutticola. Tra le 132 nazioni partecipanti, importanti saranno le presenze di Italia, Spagna, Germania, Francia ed Olanda per l’Europa, senza dimenticare quelle che si affacciano sul mar mediterraneo, ed i paesi dell’intero continente americano, partendo dal Canada per finire all’Argentina. Paese partner 2012 sarà la Turchia: la sua produzione ortofrutticola annuale è nell’ordine dei

44 milioni di tonnellate e si stima che nel giro di una ventina d’anni possa esportare frutta e verdura fresca per un controvalore pari a 10 miliardi di dollari. Tra le iniziative collaterali, il 31esimo Forum della

Frutta e Verdura fresca che quest’anno sarà sul tema “Approvvigionamenti 2020” e “Freschconex”, il Salone internazionale di Quarta e Quinta gamma ortofrutticola. Al “Fruit Logistica” ci sarà

anche uno spazio per le aziende piemontesi che saranno coordinate dal Centro Estero per l’Internazionalizzazione del Piemonte con la collaborazione della Camera di Commercio di Cuneo. Oltre all’Asprofrut, la Lagnasco Group, l’Ortofruit Italia, l’Assortofrutta, e Foodinvest Italia, saranno presenti alla manifestazione l’Aspropat e 10 aziende della Granda: Gullino Import-Export, Cooperativa Ponso di Saluzzo; Kiwi Uno, Rivoira e RK Marketing di Verzuolo; Aurum Fruit e Sanifrutta di Costigliole Saluzzo; Sepo di Revello; Vanzetti Fruit di Savigliano; e Fratelli Castellino di Villanova Mondovì.

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N otizie di

dalla

E nrico N icolino

G randa e

C laudia M orisiasco

Allevatori a lezione di futuro Si è svolto il 20 dicembre scorso a Villanova Solaro, nel Castello dei Solaro, il secondo congresso Boheringer Hingelheim Award, organizzato dall’EDF Italia in collaborazione con la ditta farmaceutica Boheringer. Erano presenti oltre duecento allevatori che hanno seguito con interesse le parole dei relatori di altissimo livello, i quali hanno espresso problematiche che riguardano il settore lattiero caseario, produzione, trasformazione, commercializzazione e, cosa oggi assai importante, l’aspetto finanziario di tutto l’indotto agroindustriale del settore lattiero caseario. L’allevatore Nigel Lok del Sud Africa ha illustrato la sua azienda, una realtà molto significativa a livello mondiale per il sistema di allevamento che conduce. Nigel trova grande aiuto dal sistema informatico collegato al suo allevamento, ove non si lascia nulla all’improvvisazione e tutto viene curato nei minimi dettagli, benché le vacche in lattazzione siano oltre 800. Impressionante è stato sentire parlare di alimentazione singola: ogni vacca mangia infatti solo in funzione del suo reale fabbisogno. Tutto ciò è possibile in quanto il sistema di allevamento é puramente pastorile, gli animali sono tutto l’anno al pascolo e in azienda

esiste un unico edificio: il locale di mungitura. Al suo interno la vacca trova anche il distributore automatico per il concentrato e i sali minerali. La sua esposizione è proseguita soffermandosi sull’aspetto riproduttivo che viene curato in modo quasi maniacale: massima attenzione e dedizione ai giovani animali, nascita, somministrazione del colostro, e poi tutti i vari passaggi della crescita, che si traduce in questi termini: vitelle che ai 15 mesi di età pesano 380/400 kg, le quali vengono fecondate e ai 24 mesi partoriscono, con innegabili vantaggi economici per l’allevatore. Lok si è soffermato anche su come nel suo paese sia in atto una importante trasformazione a livello di concentrazione delle aziende produttrici di latte, le quali tendono ad ingrandirsi nelle zone con maggior disponibilità di alimento e con più facile accesso ai prodotti trasformati dal latte alle grandi aree urbane, oppure tendono a chiudere o riconvertirsi in altre attività in zone con minor vocazione. Per la parte relativa alle strategie per adattarsi al mercato per il presente e il futuro,Volkard Isenmeyer presidente del Von Tunen Institut, si è soffermato in modo particolare su come in

Il congresso Boheringer Hingelheim Award a Villanova Solaro

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N otizie Europa si stiano rapidamente formando due distinte categorie di produttori, la prima di dimensioni minori 80/100 vacche in produzione, ubicate in zone particolarmente adatte alla produzione di latte ad altissima qualità da consumarsi fresco, e in parte trasformato in prodotti caseari di eccellenza. Con queste produzioni si può percepire un prezzo del latte superiore alla media e permettere alle aziende di vivere ed anche crescere. Ricordiamo che queste aziende sono gestite sempre con manodopera famigliare, con una gestione improntata sulla massima efficienza. La seconda categoria comprende invece allevamenti con oltre 200 vacche e che in alcuni casi arrivano anche a 800/1000 e chiaramente la gestione non può più essere del tutto famigliare. Inoltre con un numero di capi così elevato è molto più difficile mantenere gli stessi parametri di qualità. Isenmeyer inoltre si è soffermato sul come si evolverà nel futuro il prezzo del latte, il quale avrà sempre delle forti oscillazioni sia verso l’alto che verso il basso, e gli allevatori a questo sistema si dovranno abituare. Di seguito Vincenzo Bozzetti, direttore della rivista “ Il Latte “, ha deliziato la platea dei partecipanti con una relazione di grande competenza, associata alle sue battute di spirito, addentrandosi nelle problematiche della produzione e commercializzazione del latte italiano e soffermandosi su come noi produttori italiani non possiamo competere con le

dalla

G randa

grandi realtà produttive mondiali , ma dobbiamo mantenere la tipicità dei prodotti. Andare sul mercato mondiale e cercare di fare concorrenza, significherebbe esporre le nostre aziende a sicuro fallimento. Vincenzo ha anche elogiato i produttori per la grande qualità del latte che non teme il confronto con i colleghi europei, e in virtù di queste cose, li ha esortati a non abbassare la guardia e a farsi trovare preparati per il futuro quando si potranno presentare opportunità di crescita. Giuseppe Ghisolfi, presidente della Cassa di Risparmio di Fossano, consigliere di ABI, nonchè giornalista, si è addentrato nel difficile campo finanziario, illustrando il grave momento che il settore creditizio oggi soffre, un sistema che non va in aiuto al mondo produttivo, ma preferisce proteggere la finanza effimera, che non dà benessere ai cittadini; ha ricordato il ruolo svolto dalle casse di risparmio locali nell’arco degl’ultimi cinquant’anni, ruolo che oggi per ragioni politiche e burocratiche non riesce più a svolgere. Ha spiegato che in futuro dovremo adattarci ai grandi cambiamenti del sistema creditizio, ma sempre dovremo credere in noi stessi perchè stiamo svolgendo un lavoro primario di assoluta importanza. A fine lavori, in collaborazione con la sezione lattiero casearia dell’Unione Industriale di Cuneo e ICF si è provveduto a consegnare 10 premi a coloro che dal 1 ottobre 2010 al 30 settembre 2011 sono riusciti a produrre latte con una media inferiore a 120.000 di cellule somatiche.

Stalle da ottanta o da duecento vacche, ecco cosa cambierà

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S torie di

di I mprese

V ilma B rignone

Bio la cascina dei pionieri Nonostante la contrazione degli acquisti per i regali di Natale, i loro prodotti sono stati scelti come dono gastronomico di qualità da molti consumatori nei vari negozi specializzati del Piemonte, della Lombardia o all’estero, oltre a Caraglio (in via Bottonasco) direttamente nello spaccio di “Cascina Rosa”. E’ il marchio cuneese che prende il nome dal colore della casa rurale dell’Ottocento, sede e cuore dell’azienda, una delle prime in Italia, dalla metà degli anni ‘80, a credere, a produrre e confezionare bio. C’è una bella storia di filosofia di vita, di scelta professionale lungimirante verso un’agricoltura multifunzionale, dietro questa piccola

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azienda, agricola, artigiana, commerciale e didattica dove si coltivano attualmente oltre 30 varietà di frutta e ortaggi in 25 giornate piemontesi,

sono allevate 100 famiglie di api e si confezionano una sessantina di prodotti: dai succhi di frutta alla gelatina di renette e rosmarino, dalla

Lucio Martino al lavoro nella serra

marmellata che si ricava dalle piante di rabarbaro alle zucchine e cavolfiori agli aromi, dal miele ai peperoni alla piemontese. E’ la storia di una tenace coppia di imprenditori agricoli Paola Gradoni e Lucio Martino. Un percorso che è nello stesso tempo famigliare e professionale, partito 25 anni fa con mezza giornata di terra e due stanze nella cascina. Entrambi cuneesi, Paola e Lucio, lei con il diploma di ragioniera e di maestra, lui laureato in agraria, decisero di scegliere la campagna. “E’ stata una sfida, una scommessa: c’era attorno a noi scetticismo perché eravamo “di città” senza una cultura contadina alle spalle e per di


S torie più volevano coltivare biologico - racconta Paola - Negli anni ‘80 chi sceglieva il bio lo faceva veramente per convinzione, non certo per convenienza o per moda. Fondamentali sono stati per noi gli incontri umani tra cui due pietre miliari dell’agricoltura biologica Armando Mariano e Michele Campero”. Se oggi l’Italia è il primo esportatore in Europa di prodotti bio e si calcolano circa 40 mila produttori del settore, gli inizi di “Cascina rosa”, all’imbocco della Val Grana, sono stati pionieristici. “Un lavoro duro, seppur appagante che comprendeva anche, per me, lavori tradizionalmente maschili come manovrare una gru, viaggiare di notte, partecipare a corsi e riunioni con poche donne – racconta l’imprenditrice che nel 2010 ha ricevuto il premio Amelia Earhart

Paola Gradoni

dello Zonta club di Cuneo, come donna che si è distinta nell’ambito dell’ecologia cuneese-. Si procedeva per tentativi, si creavano legami con i più evoluti agricoltori emiliani; si facevano arrivare prodotti naturali per la cura delle piante dalla Germania, più avanti nel settore di almeno un decennio”.

Dopo i primi anni l’azienda affianca alle coltivazioni la produzione di marmellate che aggiunge alla varietà di miele. Le prime vendite sono fatte agli amici e parenti, ma poi nasce il piccolo spaccio in cascina e si allarga il laboratorio di smielatura. L’apicoltura diventa nomade; si pratica la transumanza, per spostare gli alveari e produrre 2 mieli in più: quello di acacia e di montagna. “Aumenta anche la disponibilità di terra – prosegue Paola - si piantano meli, peri, meli cotogni, ribes, more, albicocchi, noccioli, susini ramassin, rabarbaro”. Crescono i prodotti in catalogo ma anche le problematiche, le certificazioni, la burocrazia. Paola e Lucio proseguono però diritti sulla strada della bio-diversità. “Nonostante i momenti difficili – affermano - non siamo mai scesi a com-

di I mprese

promessi con la nostra scelta: preservare la salute umana e quella dell’ambiente, fare cibi di alta qualità, semplici, salubri, con il minor impatto ambientale dell’azienda. Ora azienda e famiglia hanno raggiunto l’autosufficienza energetica con 2 impianti fotovoltaici sui tetti.” L’impresa agricola caragliese ha un’ulteriore vocazione: contribuire al processo di rivalutazione culturale e di recupero della funzione sociale del mondo agricolo e del benessere locale. “Cascina rosa” è stata una delle primissime fattorie didattiche riconosciute dalla Regione Piemonte. “Qui bambini ed adulti osservano, odorano, gustano, manipolano, imparano tecniche di produzione, soprattutto imparano a conoscere la campagna e l’educazione al consumo consapevole”.

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A ttualità

Pac solo ai veri agricoltori «Proponiamo una Pac ai professionali, evitando di concedere le integrazioni al reddito ai proprietari terrieri che vivono di altre professioni». Lo ha detto il presidente nazionale Coldiretti, Sergio Marini, intervenendo al teatro Carignano di Torino lo scorso 21 dicembre, davanti a mille dirigenti e soci del sindacato agricolo. Oltreché sulla nuova Pac, in tale occasione è stato fatto anche il punto sulla realizzazione della “Filiera agricola tutta italiana” in Piemonte. Sono stati presentati i progetti di filiera nei settori del latte, delle nocciole, dell’ortofrutta e delle carni bovine, suini e avicunicole. Presenti in sala, gli industriali che hanno sottoscritto gli accordi di filiera tramite Coldiretti. In un intervento a tutto tondo, Marini ha osservato che «se questo Paese vuole trovare un futuro per la propria economia e per i giovani deve puntare sulle proprie esclusività: territorio, cibo, arte e

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cultura». Il presidente nazionale ha anche commentato gli effetti sulle aziende agricole della manovra Monti. Ha quindi denunciato ancora una volta la piaga della burocrazia, per sconfiggere la quale «servono urgenti provvedimenti di semplificazione». Ha infine ribadito che

«occorre porre fine a false promozioni del “made in Italy” nel mondo. Coldiretti non può più accettare che a fronte di trenta miliardi di vera produzione agroalimentare italiana ve ne siano 75 di finta».


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N atura

Animali selvatici e imprenditori Animali selvatici ed imprenditori agricoli ai ferri corti. «I danni causati dalla fauna selvatica – sostiene il presidente di Confagricoltura Cuneo, Roberto Arione – sono un problema molto serio per l’agricoltura cuneese e come tale va affrontato dalle istituzioni del territorio». Nel mirino c’è principalmente il cinghiale, sempre più presente nel Cebano e nell’Alta Langa. Ma preoccupano anche lupi, ungulati e corvidi. L’associazione agricola ha dichiarato di essere pronta ad intervenire in maniera decisa in tutte le sedi competenti. «Per i cinghiali – dice Valter Roattino, direttore della Confagricoltura di Mondovì – occorrono soluzioni serie come abbattimenti mirati e bisogna valutare se non sia il caso di aprire la caccia libera su tutto il territorio e non solo nelle riserve». C’è poi la questione lupo: «Sono consapevole che sia una specie protetta – continua Roattino – però andrebbe gestito

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come tutti gli altri animali selvatici». Danni da cinghiale sono presenti anche nell’Albese: «È un problema che interessa soprattutto terreni coltivati a noccioleti e i prati - spiega il direttore di zona Mario Viazzi - Se si rovinano vanno spianati con ingenti costi di risistemazione e manutenzione. A questo si aggiunge il discorso sui risarcimenti, previsti per danni sui prodotti e non sui terreni, spesso ben più ingenti». Infine, c’è preoccupazione anche per i caprioli, che mangiano i germogli dei piccoli frutti e rovinano le giovani piante. E poi i corvi, che si avventano sui frutteti.


N atura

Cavallo, sport e piacere Alla scoperta dell’equitazione. Per alcuni un modo per divertirsi e rilassarsi, per altri uno sport a tutti gli effetti. Adatta a tutti, senza controindicazioni di sorta, l’equitazione non solo fa bene, ma può anche portare molti benefici al nostro corpo. Quali possono essere i benefici connessi al piacere di fare una bella cavalcata? Innanzitutto, un potenziamento del tono muscolare, dagli addominali ai dorsali, dalle gambe ai glutei; poi giovamenti sia al sistema cardiocircolatorio che alla ventilazione polmonare. Da ultimo, specie i questo periodo dopo le festività natalizie, quando tutti ci siamo abbuffati, anche un aiuto al dimagrimento: pochi lo sanno, ma una passeggiata a cavallo ad una buona andatura aiutano a bruciare calorie e a dimagrire. Naturalmente il consumo di calorie varia in base all’ andatura sostenuta: al passo si bruciano 280 calorie ogni ora, al trotto 400 calorie ed al galoppo 630 calorie. In ogni caso è bene ricordare quanto ha scritto l’ingle-

se Susan Garvin, grande appassionata ed esperta di cavalli: «Camminare accanto al nostro cavallo dopo una cavalcata è un’abitudine piacevole, un segno di gratitudine e di rispetto nei confronti di chi ci ha portati sul suo dorso. Purtroppo ci sono persone che amano i cavalli e li cavalcano, e persone che amano solo cavalcare».

Si può quindi dire che l’equitazione, nel suo complesso, può risultare veramente utile per ritrovare e migliorare quel senso di rapporto con se stessi che è fondamentale per saper “governare” il proprio corpo e “sviluppare” la propria mente.

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A ttualità

Nitrati, da gennaio c’è la deroga europea

Gli agricoltori di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna dal 1° gennaio 2012 hanno la possibilità di chiedere l’applicazione della deroga alla Direttiva Nitrati per elevare gli apporti di azoto zootecnico in zona vulnerabile sino a 250 kg/ha con liquame bovino e liquame chiarificato suino. La deroga concessa all’Italia dall’Unione Europea prevede però che lo spandimento venga fatto su specifiche colture come prati, mais classe FAO 600-700, mais o sorgo seguiti da erbaio invernale, cereali autunno-vernini seguiti da erbaio estivo. Non si tratta di adempimenti particolarmente restrittivi,

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ma certo gli agricoltori che vogliono usufruire della deroga devono introdurre in azienda una serie di misure che vanno valutate anticipatamente per capirne l’efficacia e per stimarne costi e benefici. Un aiuto alla scelta può venire da Aqua, il progetto Life coordinato dal CRPA, Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia, che vuole dimostrare come sia possibile ridurre l’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali quando dovuto alla dispersione di nutrienti di origine agricola (azoto e fosforo), ottimizzando il loro utilizzo nelle aziende zootecniche.


F iere

Fieragricola a Verona punta sul sostenibile FIERAGRICOLA di Verona, in programma quest’anno dal 2 al 5 febbraio, è da oltre un secolo il punto di riferimento nel panorama agricolo mondiale, l’unica manifestazione internazionale in Italia che presenta un’offerta completa delle tecnologie e dei prodotti nel settore della meccanica agricola, dell’allevamento, delle agroforniture, delle energie rinnovabili e dei servizi per l’agricoltura. Focus dell’edizione 2012 sarà l’agricoltura sostenibile a livello ambientale ed economico. Nel 2010 Fieragricola ha dedicato 16.584 metri quadrati alle aree dimostrative per macchine agricole, implements, bioenergie da fonti rinnovabili); internazionale, registrando la presenza

di14.750 visitatori stranieri, provenienti da 35 Paesi. Fieragricola 2012 è suddivisa in 5 aree tematiche: AGRIMECCANICA: macchine per attrezzature agricole; ZOOSYSTEM: tecnologie e prodotti per l’allevamento; AGRISERVICE: servizi per l’agricoltura; AGRIPIAZZA: salone delle agro-forniture in agricoltura; BIOENERGY EXPO: energie rinnovabili, www.bioenergyweb.it

Tassa sull’alcol? Il ministro smentisce Sollievo delle aziende vinicole “In un momento di grave crisi per il nostro Paese la tassa sul vino avrebbe comportato ulteriori pesanti aggravi per un settore economico come quello agricolo già penalizzato dalla recente manovra salva Italia”. È quanto sostiene il presidente di Fedagri-Confcoopeative Maurizio Gardini a nome della cooperazione agroalimentare italiana in merito alla smentita del Ministro della Salute Renato Balduzzi relativa ad alcune indiscrezioni giornalistiche circa l’ipotesi di introdurre una tassa sull’alcool. “La ventilata tassazione - prosegue Gardini - si sarebbe andata ad aggiungere all’aumento dell’IVA sul vino già stabilita per il 2012, incidendo in misura drastica sui consumi delle famiglie e producendo una ulteriore contrazione della domanda di vino”.

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N otizie

dalle

A ziende

Rotopresse Gallignani “GA V6” Regine del risparmio e della qualita’ Le rotopresse Gallignani serie “Ga V6”, a camere variabili, continuano a mietere successi, prima alle fiere, poi tra i contoterzisti per i quali, si sa, il tempo è denaro. Operando tramite un sistema di avvolgimento a cinghie e rulli, la “Ga V6” offre un’elevata versatilità d’impiego lavorando balle fino al diametro massimo di 165 centimetri, con particolare attenzione alla qualità delle procedure di imballaggio di fieno e erba medica, minimizzando i danni alle fibre. Quanto alla densità delle balle, il risultato è ottimale, sia con la paglia che con gli stocchi di mais, che vengono ben pressati e compattati. Sul piano strutturale, la “Ga V6” appare decisamente solida e affidabile, oltre

che poco bisognosa di manutenzione e molto economica nei consumi di carburante, in quanto la potenza della trattrice si posiziona nella fascia bas-

sa rispetto alla media di mercato. Un elemento, quest’ultimo, assolutamente non trascurabile, visti i costi del gasolio continuamente in crescita.

“3M” di Morozzo, un venditore per amico La rotopressa Gallignani “Ga V6” è l’ultima arrivata nel nuovo centro operativo della “3M” di Morozzo, che opera da oltre trent’anni nel settore delle attrezzature agricole, affiancando al marchio faentino anche quelli, tra gli altri, di Sigma 4, Fella, Moro Aratri, Amazone, Fontana, Crosetto e Trinciatrici Orsi. Raccogliendo il favore dei clienti che hanno già avuto modo di visitare la sua nuova sede di ottomila metri quadrati, di cui duemila coperti, Franco Dalmasso, titolare, insieme al figlio, della concessionaria, osserva di non avere intenzione di aprirsi a ulteriori business, come potrebbe essere il settore dei trattori, ma di rimanere fedele alla sua attuale strategia commerciale, che si basa più sull’assistenza al cliente e sulla riparazione che non sulla vendita diretta. Un investimento, quello sul nuovo capannone, con l’obiettivo, in primo luogo, di “dare un futuro ai figli”, lavorando perché la “3M” diventi sempre più il punto di riferimento delle attrezzature agricole

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di qualità, nell’ottica di essere per il cliente un partner e non solo un venditore.


F iere

Carrù il bue “re” della fiera Grande partecipazione di pubblico, tra cui anche gli amanti dell’enogastronomia cuneese, alla Fiera del Bue Grasso di Carrù che si è svolta nello scorso mese di dicembre. Una vera e propria «vetrina del territorio – ha detto il sindaco Stefania Ieriti – che pone sempre maggiore attenzione alla promozione delle eccellenze locali nonché un ‘atto di coraggio’ che dà lustro, nonostante la crisi che attanaglia il mondo zootecnico, alla serietà, alla professionalità ed alla trasparenza dei produttori di carne bovina di razza piemontese». Venendo ai capi vincitori della 101esima edizione, il bue “Re” della Fiera (categoria bue grasso della coscia) è stato decretato quello dei F.lli Delsoglio di Fossano. Sul podio più alto nella categoria bue grasso nostrano il bue di Giovanni Foglino di Montechiari d’Acqui (Al); mentre il primo premio della categoria bue grasso migliorato è stato assegnato al bue di Cavallero Bartolomeo di Fossano. Pesa invece

1.334 chilogrammi il bue più pesante allevato da Luigi Carlo Vallino di Marene. Il premio speciale “bue meglio preparato e presentato in fiera” è stato assegnato dall’Anaborapi al bue dell’allevatore Monferrato Carni di

Incisa Scapaccino (At). Al termine tutti a gustare il tradizionale bollito preparato e servito dai volontari delle Pro Loco carrucese che ha riproposto, come per le passate edizioni, la formula del bollito no stop.

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R adici

L’addio agricolo a Giorgio Bocca cuneese doc Il giorno di Natale è morto Giorgio Bocca. Giornalista e scrittore di chiara fama nazionale, era nato a Cuneo il 28 agosto 1920. Una vita sempre in prima linea, dai tempi della guerra, in cui si distinse come partigiano, al fronte dell’informazione, con una profonda conoscenza della civiltà contadina, come ha sottolineato la Confederazione italiana agricoltori di Cuneo nel suo messaggio di condoglianze alla famiglia Bocca, riprendendo quanto lo stesso Giorgio ebbe a scrivere: «Conosco la rinascita della civiltà contadina, una civiltà in cui automobili e ortaggi e cibi e fami arretrate e pranzi di nozze senza fine dominano, mescolando i loro millenni passati alla modernità. Conosco bene il Piemonte alpino e la nuova civiltà dei formaggi e delle automobili, dei vini e dei meccanici. L’agricoltura che sembrava morta, i contadini che sembravano scomparsi nelle grandi fabbriche cittadine dopo pochi decenni di sradicamento, di lavori servili, di rassegnata offerta di forza lavoro alla modernità cittadina, hanno rimesso in moto un loro nuovo modo di produrre e di distribuire». Da buon cuneese, Bocca, scrive la Cia di Cuneo, è sempre stato legato alla sua terra (anche con visite alla casa di Dogliani) e ne ha custodito ricordi e conoscenze.

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L’IMPROVVISA MORTE DI VALENTINA MASANTE Direttrice Cia di Cuneo Stroncata da un infarto, è improvvisamente morta, all’età di soli 54 anni, Valentina Masante direttrice della Cia (Confederazione italiana agricoltori) di Cuneo. Una scomparsa che ha suscitato grande commozione non solo fra i dipendenti e gli associati della sua organizzazione sindacale, ma in tutti gli ambienti agricoli, politici, sociali ed economici della provincia Granda che hanno apprezzato in tante occasioni l’intelligenza, l’impegno e le capacità di Valentina. A nulla ha potuto il prodigarsi fino all’ultimo dei medici, dopo la disperata corsa all’Ospedale di Cuneo in seguito al malore che aveva colto la direttrice mentre si trovava in viaggio per motivi di lavoro. Cordoglio è stato manifestato in modo unanime da tutto il mondo agricolo della provincia di Cuneo.


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A ttualità di

F loriano L uciano

Carne il consumo crescerà del 73% Per il 2050, una popolazione mondiale in costante crescita arriverà a consumare due terzi di proteine animali in più di quanto non faccia attualmente, gravando ulteriormente sulle risorse naturali del pianeta, secondo un rapporto pubblicato dalla Fao. La crescita della popolazione e del reddito mondiale stanno alimentando un trend di progressivo aumento del consumo pro-capite di proteine animali nei Paesi in via di sviluppo, riferisce il rapporto “World Livestock 2011: Livestock in food security” (La Zootecnia nel Mondo 2011). Si stima che il consumo di carne crescerà di circa il 73% entro il 2050, mentre il consumo di prodotti caseari salirà del 58% rispetto ai livelli odierni. Gran parte della domanda futura di prodotti d’allevamento, in particolare nelle aree metropolitanee in espansione, in cui si concentra la maggior parte della crescita della popolazione, verrà soddisfatta dall’uso di sistemi d’allevamento intensivo su larga scala, afferma il rapporto Fao. “Allo stato attuale, non esistono alternative tecnicamente o economicamente fattibili alla produzione intensiva per realizzare l’offerta di prodotti alimentari zootecnici necessaria a soddisfare i bisogni delle città in espansione”, sostiene il rapporto.

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Ma tali sistemi sono fonte di preoccupazione sia per il loro impatto ambientale, come l’inquinamento delle falde acquifere e l’emissione di gas serra, sia in quanto potenziali incubatori di malattie, segnala il rapporto, avvertendo che “una sfida inderogabile è quella di rendere la produzione zootecnica intensiva più sostenibile a livello ambientale”. Secondo la Fao, allo stato attuale delle conoscenze e della tecnologia vi sono tre modi di farlo: 1. ridurre il livello di inquinamento prodotto dagli scarti e dai gas serra; 2. ridurre la quantità di acqua e cereali necessaria a produrre ogni dato ammontare di proteine animali; 3. riciclare i sotto-prodotti agro-industriali tra le popolazioni di bestiame. La crescita della produzione zootecnica verificatasi negli ultimi 40 anni è stata dovuta principalmente all’aumento del numero totale dei capi di bestiame allevati. Ma “è difficile immaginare di poter soddisfare la crescente domanda prevista in futuro allevando il doppio del pollame, l’80% in più di piccoli ruminanti, il 50% in più di bovini e il 40% in più di suini, e continuando a sfruttare lo stesso livello di risorse naturali di adesso”, afferma il rapporto Fao. Fonte: Fao - Food and Agriculture Organization of the United Nations


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