Manuale di Progetto Urbano Strategico

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Indice

Prima Parte

Progetto Urbano Strategico I

Architettura per la Città delle persone 4.0

Analisi, esperienze, contenuti

Paradigma, Scenàrio, Senso (la città è nuda)

Paradigma

Utopia della realtà

Utopia della rigenerazione

Utopia della sostenibilità

Rivoluzioni industriali, società, città, architettura (e pensiero critico)

Per una Cultura della tecnica

nella Quarta rivoluzione industriale

Società 4.0, Comunità 4.0, Città 4.0

Società Civile, Economia Civile, Architettura Civile

Smart or Wise: città intelligente o città saggia?

Diritto alla città

Disvelamenti: le Sfide delle culture urbane della periferia

Lo sguardo basso delle PA e le prospettive alte dell’orizzonte globale

La città di Babbo Natale

La ricostruzione attrattiva delle comunità urbane

Scenàrio

L’architettura e l’avvenire della città

La questione del come

Il falso equivoco della partecipazione

Crisi della prassi urbanistica e crisi urbana

Riforma della pianificazione e progetto urbano: il passo del fare

Crisi della democrazia e ruolo aumentato

della Società civile

La stagione italiana degli Urban Center

L’esperienza doppiamente accessibile

di Parma Città Futura

Competenze disciplinari e identità complesse

La regia del progetto urbano e la convergenza delle materie tecniche

Smart City: la necessità della settima dimensione

Senso

Cos’è il Progetto Urbano Strategico?

Idea di città come strategia

Processo all’identità

Sentieri incrociati verso una meta comune

Il museo/laboratorio della città come link museale al territorio

Nelle geografie: infrastrutture e rischio idrogeologico.

Da temi irrisolti del territorio a occasioni strategiche nel paesaggio

La città è un uovo?

Vuoto per pieno: leggere l’insediamento in controluce

Una città verde accessibile e accogliente

Luoghi come trame e architetture come nodi

Il filo progettuale che ricuce la città per punti

Seconda Parte

Progetto Urbano Strategico II

Urban Regeneration Kit per le Pubbliche Amministrazioni

Metodologia e sperimentazioni

Manuale

Come realizzare un Progetto Urbano Strategico: rigenerazione, rinaturazione, innovazione

3 Obiettivi

La definizione di una Idea di città

Una città verde, accessibile, accogliente

Attuare la Smart City come Città delle persone 4.0

12 Azioni

Una mobilitazione complessiva e una visione integrata

Una idea di città: il coagulo di una comunità

progettante

Lo scenario collettivo della città intelligente e sostenibile

La scala territoriale: scenari ambientali e turistici per l’individuazione di un nuovo sistema nervoso del corpo urbano

La potenza dei vuoti: mettere a sistema i parchi pubblici e i paesaggi fragili

La scala urbana: il nuovo sistema nervoso nel tessuto per un assetto unitario verde delle relazioni lente

La scala dei luoghi: le aree di intervento come nodi del sistema nervoso nel tessuto urbano

La sonda del progetto

L’architettura per la città

La strategia integrata delle infrastrutture digitali

Il programma della partecipazione

Realtà e progetto: autovalutazione e monitoraggio della qualità della

Terza Parte

Progetto Urbano Strategico III

Esperienze nel territorio

Casi studio italiani

Progetti per le città emiliane

I capoluoghi dell’Emilia occidentale

Parma

Modena

Piacenza

Reggio Emilia

Progetti Urbani Strategici per i centri minori

Albareto

Carpi

Mezzani

Pavullo nel Frignano

Sorbolo

Cuore Verde del Distretto

Fiorano Modenese

Formigine

Maranello

Sassuolo

Studi progettuali per le piccole stazioni

Borgo Val di Taro

Collecchio

Fidenza

Sant’Ilario d’Enza

Sassuolo

Proposte per le città pugliesi: USD LAB Valore PA

Andria

Molfetta

Conversano

Forse il vero senso del nostro lavoro o della nostra vita, è di essere umani dentro la natura

Paradigma Scenario Senso (la città è nuda)

L’architettura è più importante dell’architetto e, pertanto, non v’è architettura valida che non possa essere commisurata nella sua finalità con l’uso che ne faranno gli uomini.1

Ernesto Nathan Rogers

Nella pagina a fianco, la citazione è estratta da Tassi Roberto, Come un eroe di Conrad. Il sodalizio con Francesco Arcangeli, Collana Opere inedite di cultura, MUP Editore, Parma, 2006, p.44.

Diciamo finalmente che il re è nudo.

Come noto, la celebre fiaba di Hans Christian Andersen racconta la vicenda paradossale ma sintomatica di un imperatore vanitoso, preoccupato solo del proprio aspetto esteriore e del proprio abbigliamento. Risentiamola.

Truffato da due imbroglioni, egli si fa vestire di un nuovo bellissimo vestito fatto con un tessuto che ha la straordinaria presunta qualità di risultare invisibile agli stolti ed agli indegni.

La corte ovviamente non vede il nuovo vestito trasparente ma per evitare di essere giudicata male ne acclama la bellezza.

Lo stesso Imperatore, consapevole della propria inadeguatezza, non osa dire nulla e crede agli impostori. Quando sfila nudo per le vie della città con il nuovo non-vestito tutta la popolazione sembra apprezzarlo, ne elogia l’eleganza per reverenza e per paura di essere considerata indegna. In questo contesto surreale ma estremamente adattabile a molte dinamiche attuali, un bambino, nella sua innocenza, osserva l’evidenza e urla: Il Re non ha nulla indosso!

L’imperatore nudo e il corteo che lo accompagna lo ignorano e proseguono

acclamati dai cittadini nella loro marcia trionfale che assume il senso di una farsa.2

Penso che questa favola sia la metafora perfetta per descrivere quello che sta succedendo ormai da molti anni in ambito insediativo e nelle prassi pianificatorie. Proviamo quindi a declinare questa storia nel contesto urbano. Diciamo allora che la città è nuda. È stata ingannata e, per non confessare la sua inadeguatezza, si convince di non essere stata spogliata di protezioni e lasciata senza vestiti. All’opposto si copre di iniziative dannose, di intrattenimento da comunicare e di strumenti almeno in parte inconsistenti e, nel complesso, poco efficaci. La corte politica e professionale locale che le si stringe intorno finge di non accorgersene per interesse e per compiacenza. Tutti in realtà se ne accorgono ma nessuno osa farglielo notare.

E’ forse allora giunto il tempo di dirlo con chiarezza. Questo libro prova ad essere la voce di quel bambino che dice quello che tutti vedono. Gli occhi infatti non sono infatti solo i nostri. Sono gli sguardi di tantissimi abitanti della città che la vivono con insoddisfazione ogni giorno. Quello che si vede è infatti una città lasciata a sé stessa, senza cura, senza

/pa·ra·dìg·ma/

s. m. [dal latino tardo paradigma, gr. παράδειγμα, der. di παραδείκνυμι «mostrare, presentare, confrontare», composto di παρα- «para-2» e δείκνυμι «mostrare»] (pl. -i).

1. Esempio, modello. In particolare, in grammatica, modello di declinazione o di coniugazione dato dai manuali di studio.

2. Nella linguistica moderna, l’insieme degli elementi della frase che contraggono tra loro una relazione virtuale di sostituibilità, potendo sostituirsi gli uni agli altri nello stesso contesto.

3. Nel linguaggio filosofico, termine usato da Platone per designare le realtà ideali concepite come eterni modelli delle transeunti realtà sensibili, e da Aristotele per indicare l’argomento, basato su un caso noto, a cui si ricorre per illustrare uno meno noto o del tutto ignoto. Con altro significato, il termine è stato recentemente introdotto nella sociologia e filosofia della scienza per indicare quel complesso di regole metodologiche, modelli esplicativi, criteri di soluzione di problemi che caratterizza una comunità di scienziati in una fase determinata dell’evoluzione storica della loro disciplina: a mutamenti di paradigma sarebbero in tal senso riconducibili le cosiddette «rivoluzioni scientifiche».

Treccani, vocabolario online

Paradigma

Siamo di fronte ad una radicale e rapidissima mutazione della società.1

Siamo di fronte ad una rivoluzione che non sarà solo tecnologica o industriale ma anche culturale, comportamentale, antropologica in senso generale e complessivo.

Il cambiamento del tema, dell’ambito di applicazione e dell’interlocutore per cui progettare vuol dire, in architettura, cambiare molto se non quasi tutto; vuol dire cambiare paradigma. Cambiare paradigma vuol dire ripartire dalle domande radicali di sempre e cercare nuove risposte attraverso la ridefinizione di regole metodologiche e nuovi modelli esplicativi, come suggerisce il terzo significato della parola nel vocabolario Treccani.

Se il progetto è disciplina scientifica e l’architettura è oggetto di una riflessione permanente da parte di una comunità culturale, la ridelimitazione del campo di intervento e la rivoluzione in corso della nostra società determinano l’esigenza di cercarne una nuova interpretazione, magari ripartendo da antiche riflessioni fondative e da grandi intuizioni concettuali prima che formali.

La lunga crisi urbana che abbiamo attraversato ha messo in evidenza la distanza

tra l’espansione prevista ed irrealizzabile della pianificazione e la consistenza reale della trasformazione che oggi non può che concentrarsi sulla ricucitura dei rapporti interni suggeriti dalla Rigenerazione Urbana. Progettare significa allora lavorare tra le cose, negli ambiti intermedi, sui limiti fisici e formali delle varie città che formano la città contemporanea. Significa, in altre parole, disporsi ad un nuovo atteggiamento capace di leggere relazioni ancora molto labili e attivare rapporti nuovi tra contesti differenti ed indifferenti tra loro. Differenti per natura e identità delle parti ed indifferenti perché pensati con logiche di sostanziale autonomia insediativa, con diverse modalità di intervento ed obiettivi. Ma non è solo una questione di scala o di misura del progetto. È anche e soprattutto la necessità di un diverso atteggiamento dell’architettura che si ponga come occasione di sintesi tra trame slegate e spazi distanti e raccordo tra relazioni urbane da leggere, assorbire ed ordinare.

A complicare questo mandato contribuisce non poco il momento storico che viviamo con le dinamiche che vediamo affermarsi.

La natura dei luoghi dove intervenire, la mutazione in corso della loro modalità di

Le iniziative culturali, le scelte urbanistiche, il sostegno al commercio, il programma dei lavori pubblici addirittura con sottoinsiemi indipendenti come ad esempio la realizzazione delle piste ciclo-pedonali come fossero infrastrutture indifferenti dai luoghi, le estemporanee ed occasionali azioni di marketing territoriale sono in molti casi operazioni parziali con esiti non sempre positivi e un ridottissimo limite di effetto moltiplicatore proprio per la loro dimensione settoriale e specifica. Non ne faccio colpa alla Pubbliche Amministrazioni che seguono le indicazioni dei tecnici, le occasioni di finanziamento e gli indirizzi legislativi.

Le logiche della politica, la strumentazione amministrativa e la prassi pianificatoria hanno spesso chiaramente distinto e lasciato su piani differenti ognuna di queste strategie di

intervento senza una reale e concreta possibilità di interazione che suggerisca un ragionamento comune.

Molti amministratori, almeno tra quelli con cui abbiamo lavorato, cercano da soli un po’ per istinto istituzionale un po’ per buonsenso una sintesi possibile tra tutti questi livelli indipendenti che porti un valore aggiunto alla propria città. Il Progetto Urbano Strategico prova a dare risposta a questa lacuna e propone una strategia di sintesi preliminare a tutto. Vuole rovesciare la consuetudine di separazione delle azioni dei settori o di spartizione delle deleghe amministrative. Vuole far convergere su una prevalente idea di città tutte le politiche settoriali collegando le molte potenzialità oggi davvero sottovalutate in tantissimi contesti.

Prima di entrare nel merito di come intervenire fisicamente sulla città contemporanea è allora

del Monte, Andria

Castel
(BAT), Fotografia di Antonio © Sigismondi

opportuno soffermarsi su questo aspetto ancora più importante: la visione strategica della comunità e le prospettive della sua valorizzazione.

La stagione appena avviata della Rigenerazione Urbana è infatti un momento storico unico che non può essere sprecato, semplicemente gestito nelle contingenze e banalizzato in interventi parziali. Sfortunatamente oggi succede proprio questo. In molti casi mancano le progettualità e le Pubbliche Amministrazioni che non affrontano il tema del proprio futuro si trovano impreparate di fronte alle sfide della competizione territoriale che supera i confini locali e non coglie le occasioni di finanziamento che le Regioni e l’Unione Europea promuovono. A questa mancanza corrisponde una chiara occasione che segna il momento storico che viviamo.

L’arresto delle città e lo sguardo che oggi torna a ragionare sull’esistente apre la possibilità di una generale ripensamento dei vari livelli della sua struttura culturale e sociale prima ancora che fisica.

Se dopo decenni si torna ad intervenire in maniera prioritaria nei tessuti presenti appare fondamentale allargare il ragionamento alla consistenza generale di questa azione e ad una riflessione profonda e articolata su come ogni città vuole immaginare sé stessa. Sarà allora indispensabile uno sforzo collettivo che si traduca in una mobilitazione complessiva capace di elaborare una visione condivisa.

La discussione pubblica orientata secondo le logiche della Democrazia Deliberativa deve quindi attraversare le scale fisiche dal territorio alla città e ai luoghi, deve riflettere sui caratteri, sulla storia, sull’economia e sulle forme di socialità presenti, deve coinvolgere le competenze e le esperienze mirate alla messa a fuoco degli scenari strategici integrati necessari alla sua concretizzazione.

Dobbiamo da subito ricordare come questo processo sia finalizzato ad un esito tangibile:

l’obiettivo di questa mobilitazione dovrà essere l’architettura costruita come risposta concreta alle esigenze ed alle aspirazioni che la sfida collettiva potrà sentire ed individuare. Questa azione dovrà trovare infatti nelle architetture che accompagneranno la ridefinizione del nuovo sistema degli spazi e dei parchi pubblici il luogo vissuto dove esprimere l’idea collettiva di città che verrà elaborata.

La sua forma dovrà rispondere a una serie di coerenze: quella con il cambio di paradigma della contemporaneità in cui stiamo vivendo, quello con le molteplici ragioni che lo hanno determinato e quella con il desiderio di appartenenza e di recupero di riferimenti che esprimono i suoi abitanti. Solo in questo modo, quindi ponendosi l’obiettivo di proporsi come un sistema di luoghi a cui la Comunità potrà riconoscere un valore, l’architettura potrà rinnovare con gli strumenti di oggi quell’antico significato che da sempre la caratterizza nei monumenti urbani, nei luoghi di culto e nelle porte sulle mura.

La verifica principale di queste coerenze sarà allora negli spazi disegnati che segneranno questo processo di rigenerazione e nella loro accoglienza da parte della popolazione che, utilizzandoli, potrà ritrovare il rispecchiamento della propria identità multiforme da ricomporre.

Processo all’identità

Ma con quali azioni collegate e quali funzioni potranno mettere in valore le potenzialità inespresse della città? Ovviamente non esistono destinazioni individuabili a priori o valide per tutti i contesti. Esiste però uno sforzo che tutti i centri urbani possono svolgere attraverso una mobilitazione generale: quello per capire che città vogliono essere attraverso un processo di partecipazione attiva ed autonoma della propria Società Civile

Sarà più che mai opportuno avviare un percorso strutturato di confronto pubblico che parta dal coinvolgimento delle conoscenze e degli interlocutori presenti sul territorio.

03

Lo scenario collettivo della città intelligente e sostenibile

Immaginare un sistema complesso da costruire nel tempo ed implementare una sistematica predisposizione di dorsali digitali in parallelo alle azioni di rigenerazione e rinaturazione dei percorsi e degli spazi pubblici collegati in una strategia unitaria di rete

04

La scala territoriale: scenari ambientali e turistici per l’individuazione di un sistema nervoso del copro urbano

Sviluppare relazioni contestuali con una rete di percorsi lenti attraverso le infrastrutture verdi e blu e inquadrare nel paesaggio le scelte alla scala urbana

I capoluoghi

dell’Emilia occidentale

1. Parma

2. Modena

3. Piacenza

4. Reggio Emilia

Progetti Urbani Strategici per i centri minori

5. Albareto

6. Carpi

7. Mezzani

8. Pavullo nel Frignano

9. Sorbolo

Verde del Distretto

10. Fiorano Modenese

11. Formigine

12. Maranello

13. Sassuolo

Studi progettuali per le piccole stazioni

14. Borgo Val di Taro

15. Collecchio

16. Fidenza

17. Sant’Ilario d’Enza

18. Sassuolo

Cuore
Fiorano Modenese
Formigine Maranello Sassuolo

Strategia di relazioni nel paesaggio. Per approfondimenti si veda CosTi Dario, Cuore Verde del Distretto. Il Progetto Urbano Strategico condiviso per Fiorano Modenese, Formigine, Maranello e Sassuolo, LetteraVentidue, Siracusa, 2023

Modello in legno e cartonlegno con inchiostro nero e rosso, scala 1:10.000

Fotografia aerea del territorio dell’Emilia occidentale con definizione dei confini comunali degli ambiti di studio.

(Rielaborazione grafica da ortofoto Google Maps)

Progetti per le città emiliane

La metodologia del Progetto Urbano Strategico è stata inizialmente messa a punto attraverso il lavoro di Parma Città Futura svolto dal 2014 al 2016. Il lavoro didattico sulla città, avviato nel 2014 con i Laboratori di Progettazione Architettonica dell’Università di Parma e affinato negli anni successivi da un gruppo di ricerca dedicato, ha prodotto il primo importante esito nel 2016 con la mostra Parma Città Futura. Il progetto urbano strategico per una idea di città.

A fianco del programma di presentazione del Progetto Urbano Strategico per Parma nei mesi centrali del 2016 sono stati attivati 10 tavoli tematici di discussione e di proposta.

A partire da quell’esperienza, la metodologia del PUS è stata affinata e i progetti per Sorbolo Educity, I paesaggi della golena a Mezzani, Albareto Urban Act per la valorizzazione turistica e gastronomica dell’Alta valle del Taro, l’Oltreferrovia a Carpi, Formigine, Maranello, Sassuolo, Fiorano Modenese per il Cuore Verde del Distretto, Pavullo nel Frignano, quelli in corso per Medicina e Castel San Pietro Terme, le proposte elaborate per Piacenza, Reggio Emilia, Modena, insieme agli studi di Rigenerazione Urbana per Fidenza, Collecchio, Borgo Val di Taro, Sant’Ilario d’Enza e il quartiere San Leonardo a Parma documentano un filone di ricerca applicata che coinvolge varie discipline al servizio delle Pubbliche Amministrazioni. Recentemente l’avanzamento della sperimentazione sul Progetto Urbano Strategico e, nello specifico, sulla città di Parma ha visto un ulteriore sviluppo e affinamento trovando un ulteriore momento di confronto con la popolazione nella mostra Parma Città d’Oro realizzata tra settembre e dicembre 2021. Oltre a questa, le prefigurazioni strategiche immaginate per il Cuore Verde del Distretto rappresentano un’esperienza esemplificativa della metodologia,

Attraverso un lavoro di ricerca della durata triennale è stato infatti disegnato, per i comuni di Fiorano Modenese, Formigine, Maranello e Sassuolo, uno scenario urbano di mobilità lenta attraverso i parchi e i centri storici individuando vuoti disponibili e connessioni possibili con l’obiettivo di mettere a disposizione quattro analoghe strategie di Rigenerazione Urbana

Il Progetto Urbano Strategico propone un programma di relazioni nel paesaggio lungo l’acqua e attraverso la campagna, promuovendo una continuità non solo urbana, ma anche territoriale. La proposta del Cuore Verde, una vasta area a carattere agricolo baricentrica ai quattro Comuni, unisce i tracciati naturali con i nuclei urbani grazie ad azioni progettuali che convogliano gli itinerari paesaggistici sovracomunali all’interno dei centri abitati come occasione di rilancio turistico e come opportunità per la rinaturazione dei tessuti costruiti. In questa ottica gli interventi alla scala urbana sono stati pensati all’interno di una misura più grande, quella dei corridoi ecologici lungo i canali e le strade bianche presenti nelle vaste aree pianeggianti. Alla scala della città è stata sviluppata una visione di sistema nella sequenza dei luoghi immaginando collegamenti tra i parchi esistenti per realizzare un sistema di spazi pubblici che attraversino la città e che possano accompagnare gli spostamenti di tutti giorni in maniera ecologica, economica e sociale. All’interno del Cuore Verde i cavalcavia agricoli di sovrappasso della Pedemontana diventano poi l’innesco delle connessioni nord-sud, il canale Fossa l’arteria diagonale, tra Magreta e Nirano, nella quale confluiscono una serie di percorsi secondari. Nelle pagine che seguono verranno illustrati i progetti per le città emiliane attraverso una descrizione per immagini e testi che inquadra i temi principali dalla scala del territorio, passando per quella urbana fino ad arrivare a quella dell’architettura.

Cortile del Guazzatoio

Cortile della Cavallerizza Ex Palazzo della

Provincia recuperato con funzioni museali

Teatro Regio

Chiesa di S.Alessandro

Palazzo dell'Agricoltore

Collegamento in quota

Basilica della Steccata

Palazzo della Riserva

Giardini di San Paolo

Atrio urbano dei Musei

Parco archeologico delle fondazioni

Sala Auditorium nel sedime della chiesa

di San Pietro Martire

Atrio urbano dei Musei

Ex Oratorio di S. Quirino

Piazza Ghiaja

Strada Mazzini

Ponte di Mezzo

Viale Mariotti

Alveo del torrente come Parco fluviale

Apertura circolare

Ultime tre arcate del

Ponte Romano liberate Caffetteria

Bookshop su due livelli

Spazio espositivo al livello del basamento

Passerella espositiva

Spazio commerciale

Torre dell’Orologio

Palazzo del Governatore

Piazza Garibaldi

Nuovo atrio ipogeo con la scalinata di accesso

Archi del Grano e Palazzo del Comune

Odierna via Emilia

Museo ipogeo dedicato

alla Parma Romana

Resti della basilica

romana e pavimentazione

originale della via AEmilia

Ponte Romano
AEmilia

L’asse visivo e pedonale riaperto tra la Chiesa di Santissima Maria Assunta e il Campo di Albareto affacciato sulle rive del torrente Gotra. Ai lati si attestano, sulla destra, il Nuovo Albergo “Berzolla” e, sulla sinistra, il volume del Palafungo che prevede l’adeguamento degli spazi esistenti per un polo di tutela e valorizzazione del Fungo Porcino

Il sistema insediativo e i percorsi escursionistici rispetto al territorio del Comune di Albareto al all’interno dell’Alta Val Taro.

La scala dei luoghi e aree di interesse strategico tra Albareto e la frazione di Pieve dei Campi.

Albareto

44°26'43''N 09°41'58''E

Seguendo la metodologia del Progetto Urbano Strategico sono state sviluppate una serie di azioni in un percorso collettivo di progressivo affinamento della proposta per Albareto, piccolo comune montano, che potessero esplorare le potenzialità per un rilancio dell’Alta Valle del fiume Taro. Gli esiti sono stati di due tipi.

Da un lato una indagine meta-progettuale sul paesaggio con il contributo di fotografie d’autore che si combinano a una proposta di integrazione agli itinerari escursionistici esistenti con nuovi percorsi pensati per suggerire un passaggio dal territorio di Albareto ai turisti in transito sui crinali appenninici o in vacanza in questo versante degli Appennini. Dall’altro una strategia urbana di rigenerazione della frazione di Albareto e del suo territorio che si applica su due aree: quella centrale, nel paese, e quella di Pieve di Campi, piccola frazione all’interno del Comune. Come in altri ambiti appenninici anche Albareto sta soffrendo una condizione di spopolamento che sollecita una strategia integrata di riorganizzazione delle attività di marketing e di Rigenerazione Urbana. La sfida che il PUS propone è quella di mettere in valore il carattere identitario dei luoghi attraverso l’architettura e grazie alla dotazione di nuove funzioni per la riattivazione del contesto. Nel primo caso sono state ripensate le strutture esistenti in un sistema di architetture coordinate con l’obiettivo di migliorare l’offerta turistica e di stimolare le occasioni di visita.

Sono stati infatti immaginati una serie di interventi collegati tra la linea alta della Strada Provinciale e il fondo del greto del torrente, dove si tende la trama urbana che attraversa il grande prato sull’alveo del Gotra. L’intento è quello di valorizzare alcune strutture poste in sequenza e affacciate sul corso d’acqua rilanciandone il rapporto con il paesaggio. Queste potranno ospitare funzioni destinate alla ristorazione, ricreazione, ricezione ed esposizione nonché costituire nuovi spazi per servizi turistici, eventi e spettacoli al chiuso e all’aperto.

Nel secondo caso la località baricentrica all’intera Alta Val Taro di Pieve di Campi vede una occasione di grande valenza territoriale.

Alcuni edifici incompleti e lasciati vuoti da un fallimento potrebbero ospitare un polo di offerta ricettiva e di ristorazione riorganizzato attorno ad una scuola di cucina di livello internazionale che ALMA si è detta interessata ad utilizzare.

L’insieme di questi interventi definisce uno scenario strategico condiviso e praticabile che potrà cogliere una serie di obiettivi collegati: il potenziamento tematico dell’offerta turistica, la valorizzazione dell’eccellenza gastronomica del contesto, l’affinamento della formazione professionale nella ristorazione, la crescita dell’offerta di lavoro e un contributo al mantenimento della popolazione in montagna.

Geografia, Territorio, Parchi, Percorsi. Il sistema naturale delle relazioni tra la Via Emilia e gli Appennini nel Frignano

La scala dei luoghi nella dialettica delle relazioni lente di paesaggio

Lo studio dei vuoti urbani del territorio di Pavullo nel Frignano attraverso 4 livelli di lettura e interpretazione della città

1. pieni e vuoti: la città costruita; 2. vuoti e pieni: la città del suolo libero e le potenzialità degli spazi intermedi; 3. la nuova strategia di mobilità lenta e le trame di fruizione ciclo-pedonale; 4. l’integrazione dolce possibile tra città, infrastruttura e campagna

Pavullo nel Frignano

44°19'51''N 10°49'59''E

La città di Pavullo si trova all’interno dell’Unione dei Comuni del Frignano al centro di un altopiano, ad un’altitudine di circa 700 metri sul livello del mare, circondato da crinali di diversa altezza. Il Comune è abitato da poco più di 18.000 abitanti ed è il capoluogo delle 21 frazioni vicine. Il tessuto urbano si sviluppa tra due rilievi montuosi attraversati dalla Statale 12 dell’Abetone e del Brennero che mette in comunicazione i due versanti appenninici: quello emiliano e quello toscano. Nel fondo valle, al livello della strada di attraversamento, è presente la mobilità pesante, salendo di qualche metro, sul sedime del corso d’acqua intombato, si trova il centro storico. Su questa quota tramite il ponte di viale Marconi si collegano le due sponde collinari che favoriscono la mobilità leggera rispetto a quella veicolare alla quota inferiore. Nel raggio di circa due chilometri dal centro, a nord, il territorio si confronta con l’importante insediamento industriale di Monte Bonello. Questo rappresenta una polarità per la città sia come asse di connessione sia come presenza produttiva ed economica del territorio. Poco più a sud, invece, si trova l’aeroporto di tipo civile utilizzato per attività di aviazione generale, diporto, sportiva e soccorso.

Una sentieristica ramificata lungo i versanti collinari completa il quadro dei percorsi e dei collegamenti tra le frazioni. In questo contesto la traccia metodologica del Progetto Urbano Strategico è risultato uno strumento utile per l’esplorazione delle

potenzialità del territorio e del tessuto urbano verso la definizione di una «idea di città» che potesse servire gli abitanti con un nuovo sistema di spazi pubblici e di architetture dal valore collettivo. Sono così stati riorganizzati i flussi veicolari a favore degli spazi pubblici e dei percorsi per la mobilità dolce che potessero attivare nuove potenzialità percettive. Il sistema si è sviluppato a valle di una gola dove è situata una scia insediativa urbana inserita tra due pendii inclinati che si fronteggiano. L’applicazione del PUS ha permesso la riorganizzazione dell’asse stradale principale, dando vita ad un sistema di relazioni urbane che si sviluppano perpendicolari all’impianto esistente. Intervenire sui declivi interni di queste pendici ha consentito di mettere in evidenza nuove dialettiche visive del paesaggio. Tale operazione ha generato un nuovo disegno del sistema urbano, poiché i due crinali della valle, attualmente separati dalla viabilità, e poco valorizzati, verrebbero ricongiunti in modo strategico. Questo panorama consente di immaginare nuovi affacci urbani su più livelli in cui sorgerebbero nuove presenze architettoniche. Si creerebbe così un dialogo tra l’esistente e i nuovi volumi di progetto, i quali, posizionati su quote differenti e messi in relazione tra loro, darebbero vita a un’inedita prefigurazione del paesaggio urbano. Il nuovo telaio di spazi protetti riattiva gli assi trasversali in quota e il rapporto tra le sponde dei pendii che si fronteggiano, potenziando così la dialettica con il territorio.

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