Indice
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Un punto di vista sul design italiano di Viviana Trapani
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01. Postmoderno, neomoderno, postindustriale Il nuovo design italiano
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02. La crisi d’identità delle cose Nuovi materiali e nuove tecnologie
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03. La crisi d’identità degli spazi. Un nuovo modello abitativo tra “non luoghi”, rete e oggetti connessi.
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04. Gioco e realtà. Dal gioco come metafora del progetto agli oggetti transizionali
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05. Design e scenario ambientale Una nuova ecologia dei consumi e dei linguaggi
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06. Design e Globalizzazione. Piccolo è bello? Capitalismo familiare e marchi del lusso
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07. Oltre l’industria Autoproduzione, nuovo artigianato e digital manufacturing
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08. Conclusioni Il design è come un panda?
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Ritratto di designers da cuccioli di Andrea Branzi
Un punto di vista sul design italiano Viviana Trapani
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na storia è sempre una struttura narrativa, ma non è sempre vero l’inverso; anzi una narrazione – che riguardi il design come in questo caso – difficilmente si configura come una storia in senso proprio, cioè delle “azioni umane nel loro complesso e nel loro significato, con tutto ciò che le condiziona e che coinvolgono”1. Infatti nelle narrazioni che s’intrecciano nella cultura del design spesso prevale il frammento, il vissuto, la prossimità. Sono le microstorie2 a raccontare le più diverse e spesso impreviste confluenze da cui nasce l’invenzione progettuale; e anche i significati, le metafore visive, le costruzioni simboliche che poi, nel quotidiano, attivano le relazioni più intense tra le cose e le persone, quindi la particolare cifra comunicativa del progetto. Frequentemente nel discorso del design emerge lo storytelling; che nelle sue forme più raffinate e coinvolgenti, come nelle sue espressioni più leggere e divulgative, contribuisce in maniera significativa a trasferire l’innovazione e l’espressione del design nei contesti socio-culturali, nei comportamenti, nell’immaginario che alimenta bisogni e desideri. L’autore di questo testo – che si definisce in primo luogo un progettista e come tale propone il suo punto di vista – raccoglie la sfida di mettere in campo una lettura del design italiano contemporaneo dichiaratamente personale e contemporaneamente “storicizzante”, quindi che provi ad organizzare una prospettiva storica. A partire dal
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01 Postmoderno neomoderno postindustriale Il nuovo design italiano
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li anni Ottanta si aprono con una diffusa critica al progetto moderno. Il filosofo francese Jean-François Lyotard1 teorizza la fine della modernità e l’avvento del postmoderno con il tramonto dei “grandi racconti” – le ideologie totalizzanti del XX secolo su cui erano state costruite le utopie moderne – e la fine della storia come percorso verso una meta di progresso, emancipazione, libertà e uguaglianza. Al contrario, un altro filosofo, il tedesco Jürgen Habermas2, afferma che la modernità, nata con l’Illuminismo, è un progetto incompiuto, tanto da alimentare la “speranza progettuale” di cui scrive Tomás Maldonado3 in una costruzione ancora possibile dell’utopia, attraverso la razionalità e la tecnica moderne. Nel 1977 l’architetto statunitense Charles Jenks, nel suo libro The Language of Post-modern Architecture, descrive le caratteristiche della nuova architettura post-moderna: eclettica, metaforica, simbolica, neo-vernacolare, storicista e contestuale. Altre interpretazioni del post-modern in architettura sono basate invece soprattutto sulla nostalgia della cultura storica, accademica e premoderna. Aldo Rossi, protagonista dell’architettura internazionale, partecipa alla Biennale di Architettura di Venezia del 1980 con il suo “Teatro del mondo”, un edificio galleggiante come la città di Venezia, ancorato davanti a piazza San Marco, giunto in laguna scivolando sull’acqua come un barcone. Il teatro evoca costruzioni “analoghe” come i palcoscenici
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17. Carlton Ettore Sottsass Memphis 1981
18. Casablanca Ettore Sottsass Memphis 1981
Postmoderno, neomoderno, postindustriale
Carlton [Memphis, 1981] è una libreria dalla forma antropomorfa, composta di piani orizzontali e diagonali, coloratissima, che ricorda un altare indigeno. Il mobile contenitore Casablanca [Memphis, 1981], rivestito di laminato plastico, sembra un totem o una divinità indiana. Nel portafrutta in argento Murmansk [Memphis, 1982], un piatto rotondo è supportato da sei colonnine a zigzag, apparentemente traballanti e prive delle certezze moderne, come il vetro tremolante del portafrutta Aldebaran [Memphis, 1982]. Nei decori dei laminati plastici Bacterio, Serpente, Rete, Terrazzo, Veneziana, Lamiera [Abet Print, 1979-1983] sono presenti il paesaggio suburbano, brandelli della cultura popolare, del mondo animale e della moda giovanile, «l’iconografia di una cultura di nessuno […] perché non si guarda, non si prende in considerazione»13.
19. Murmansk Ettore Sottsass Memphis 1982
20. Aldebaran Ettore Sottsass Memphis 1982
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05 Design e scenario ambientale Una nuova ecologia dei consumi e dei linguaggi
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egli anni Novanta il Design Italiano si trova ad affrontare due nuove tematiche: il problema del limite e il controllo della complessità. Il tema del limite si riferisce alla questione del rispetto dell’ambiente e alle sue conseguenze più evidenti e dirette, ma anche ad altri aspetti quali il limite della domanda nei consumi e la saturazione dei mercati, il limite delle possibilità di lavoro e la disoccupazione, il limite della semiosfera1, la saturazione della comunicazione e dell’informazione. Per affrontare l’inquinamento sia fisico che semiotico e tenere insieme il rifiuto della complessità formale e la tutela dell’ambiente è necessario un rinnovamento complessivo del progetto, della cultura industriale e di quella dei consumi. Per ridurre al minimo l’impatto ambientale degli oggetti nasce l’eco-design, un processo di revisione dei prodotti esistenti al fine di renderli più sostenibili attraverso il controllo dell’intero ciclo di vita del prodotto: produzione, uso e smaltimento. Nella fase della produzione occorre utilizzare materiali riciclabili e puliti, ridurre le emissioni tossiche, i consumi energetici e riciclare gli sfridi di lavorazione. Durante l’uso bisogna ridurre il consumo energetico, le emissioni nocive e allungare il più possibile la durata del prodotto. Infine, per ridurre i rifiuti, è determinante la facilità di smontaggio per separare i materiali e riciclare dove possibile. L’introduzione nella Comunità Europea di normative sull’uso di tecnologie non inquinanti e sul riciclo offre l’occasione per una ristrutturazione industriale; l’uso di materiali riciclabili e di processi di produzione eco-compatibili
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3. Costanza Paolo Rizzatto Luceplan 1986
4. New Pot Paolo Rizzatto Serralunga 2001
5. EM03 Enzo Mari Alessi 2003
6. Déjà-vu Naoto Fukasawa Magis 2005
Postmoderno, neomoderno, postindustriale
7. Free Time Antonio Citterio B&B Italia 2002
Molti prodotti, dichiaratamente ispirati a modelli tratti dalla storia del design, sono innovativi per le soluzioni tecniche adottate, le indicazioni tipologiche e l’utilizzo dei materiali. Il divano Free Time [B&B Italia, 2002] di Antonio Citterio è realizzato con una struttura tubolare con cinghie e cuscini indipendenti (come la Fauteuil Grand Confort del 1929) e uno schienale regolabile per un utilizzo ed un comfort più contemporanei. Nella poltroncina Dakota [Cassina, 1995] di Paolo Rizzatto la seduta, una scocca sandwich in cuoio e polietilene, è montata su una base con il piede centrale a calice, come la sedia Tulip del 1958. Il divanetto Piazza di Spagna [Poltrona Frau, 2000] di Michele de Lucchi tutto rivestito in cuoio, ricorda le panchine inglesi del XIX secolo «per far sentire – scrive il designer – di più l’uomo dentro la natura e la natura
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38. Ore Streams Formafantasma 2019
06 Design e Globalizzazione Piccolo è bello? Capitalismo familiare e marchi del lusso
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lla fine degli anni Ottanta, l’Italia si trova al quinto posto tra le maggiori potenze economiche globali. Nel 1987 supera per PIL la Gran Bretagna, ma subisce un contro-sorpasso nel corso degli anni Novanta, periodo in cui si verifica una stagnazione dell’economia italiana, che cresce meno della media europea. Il sistema dei distretti – i territori dove si addensano piccole industrie e laboratori operanti nello stesso settore merceologico – arriva al suo culmine produttivo grazie alla capacità di innovare, fare ricerca, gestire grandi tirature o edizioni limitate. Il design made in Italy diventa un fattore determinante dell’economia nazionale, riuscendo ad interpretare le richieste dei mercati postindustriali, grazie alla flessibilità del sistema aperto e policentrico della rete di PMI1 e dei distretti produttivi. Per decenni il design italiano è un riferimento – così come la moda – per il mercato internazionale, grazie all’innovazione tecnica ed estetica e alla capacità di valorizzare i saperi artigianali distribuiti sul territorio nazionale. Alla fine del XX secolo, nella nostra economia i settori tradizionali del tessile, dell’arredamento, della moda e delle macchine utensili mantengono buone posizioni. Al contrario l’industria ad alta intensità di ricerca e sviluppo (informatica, elettronica, farmaceutica) e l’industria ad alta intensità tecnica ed organizzativa (chimica, auto, metallurgia) sono più deboli. Anche il settore dei servizi e del commercio internazionale, basato sull’informatica e le telecomunicazioni, non sta al passo con i tempi.
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< 3. Caboche Patricia Urquiola Foscarini 2006
4. Crinoline Patricia Urquiola B&B Italia 2011
Il design è come un panda?
Semplicità formale e complessità tecnica caratterizzano anche Alphabet of light [Artemide, 2016-2019], disegnato dal gruppo danese BIG, un sistema di luce elementare come un disegno a mano libera. Gli elementi del sistema si uniscono tra loro con un giunto elettromagnetico invisibile per modellare lettere, o linee, di luce continua a LED che ricordano quelle delle insegne luminose al neon. Anche negli impianti domestici, l’innovazione tecnologica – orientata a funzionalità, efficienza e risparmio energetico – e persino l’identità stessa dei componenti tecnici sono mascherate dietro una forte presenza estetica e architettonica. Ad esempio, il radiatore Square [Tubes, 2004] di Ludovica Serafini e Roberto Palomba somiglia ad un quadro astratto, mentre Milano [Tubes, 2006] un altro radiatore di Antonia Astori e Nicola De Ponti sembra una scultura modulare composta da elementi sovrapposti verticalmente, come le colonne infinite di Constantin Brancusi. Numerosi marchi eccellenti – come Molteni, Minotti, Poliform, Flou, Giorgetti, Lago –realizzano collezioni complete di arredi, complementi e accessori caratterizzate da uno “stile“ – elementi formali, materiali, colori e finiture unificanti – che rappresentano una proposta compiuta di interior design. Con l’aiuto di bravi art director – come Rodolfo Dordoni, Piero Lissoni, Paola Navone – questi marchi costruiscono griglie di prodotto che rispecchiano nuove strategie distributive e plasmano un’immagine complessiva e riconoscibile del made in Italy, ma segnano al contempo la distanza da alcuni aspetti che hanno determinato il successo internazionale del design italiano: quali la progettazione per singolarità, l’obiettivo della continua innovazione tipologica e l’affermazione di una filosofia dell’abitare. Nell’elaborazione di un nuovo modello vincente di gusto italiano per i mercati globali, si generano dei rischi nel momento in cui, assieme ad una indiscussa e vincolante affermazione di qualità estetica e tecnica, la semplice ricerca
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25. Alphabet of light BIG Artemide 2016-2019
formale prende il sopravvento e scompare ogni visione critica e culturale. Scrive Andrea Branzi nel 2006: «mettere in vetrina i nostri prodotti […] senza saper aggiungere una parola sui motivi che vi stanno dietro, è insufficiente e rappresenta un errore strategico: così facendo infatti si riduce la capacità seduttiva dei nostri prodotti e si rendono troppo fragili, copiabili e incomprensibili nel contesto dei mercati globalizzati. I prodotti infatti si possono sempre imitare, mentre le motivazioni culturali che li alimentano non possono essere copiate»8. Se il design italiano è l’espressione di una cultura dell’abitare che veicola qualità visibili e qualità invisibili e profonde, promuovere “sotto il vestito niente” – dal titolo di un popolare film del 1985 ambientato nel mondo della moda
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Ritratto di designers da cuccioli Andrea Branzi
Ritratto di designers da cuccioli
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el 1940 il poeta inglese Dylan Thomas scrisse il “Ritratto del poeta da cucciolo”. Il grande poeta, morto alcolizzato nel 1953, che ha influenzato molte generazioni, a cominciare da Robert Allen Zimmerman (detto Bob Dylan in sua memoria) e anche i Rolling Stones (da una sua poesia)… Anche noi dobbiamo molto a questo grande poeta, e i nostri cuccioli di uomo sono debitori delle sue parole; nel 1988, insieme a altri studenti della Domus Academy (tra i quali anche Giovanni Lauda) realizzammo alla Hochschule der Kunste di Berlino, una maquette intitolata “Metropoli Genetica” che rappresenta l’inizio di un ciclo riproduttivo di neonati (o cuccioli)... C’è però una differenza importante tra i designers e il resto dei poeti, degli artisti e dei musicisti; la differenza con Dylan Thomas consiste nel fatto che l’alcolismo, la droga e il suicido non sono mai appartenuti al mondo del progetto; al contrario se io penso ai grandi maestri del secondo dopoguerra, ricordo la signorilità e la grande bellezza dei vari Vico Magistretti, Marco Zanuso, Achille Castiglioni, Cesare Cassina e molti altri, così affascinanti da sedurre tutto il design milanese e l’industria italiana, laureati al Politecnico o imprenditori di successo; figli della borghesia milanese e della Milano-bene… Il caso di Ettore Sottsass fu molto diverso; la sua formazione era avvenuta in Austria, di cui era cittadino, e la sua cultura
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