Ticino 7 N51

Page 1

Auguri per un sereno Natale (nonostante tutto)

Dai che passa, l’importante è non mollare

ticino7

“A Natale? Ah, io di solito lavoro, non prendo vacanza. In giro non trovi nessuno, fai colazione al bar e pranzi senza tanto stress. Chi ha famiglia e figli ha già i propri impegni, in ufficio sono tutti più tranquilli e la Befana è lontana. Cosa vuoi di più...?”. Insomma, per il povero Luciano – che le vacanze preferisce conservarle per stare al caldo nella sua pensione ‘vista mare’ sul Tirreno –, quando l’altro giorno gli hanno comunicato che la sua azienda (causa forza maggiore) questo inverno chiude per ferie, è stata come una doccia gelata. Lui, che con le ore e gli straordinari sta sempre attento e di giorni da recuperare non ne ha, adesso gli tocca farsi 15 giorni nel bel mezzo dell’inverno.

“Eh, dai, cosa vuoi che sia”, gli hanno detto: se proprio non ti va di noleggiarti un paio di ciaspole e andare per neve, cercati una vacanza al caldo. Tipo l’Egitto. Ma Luciano non se la sente di fare sub in villaggi turistici ‘tutto incluso’, con gente che ti parla in inglese. Nel solco di una depressione pre-festività, ha così scoperto che la tristezza sotto Natale ha pure un nome (inglese, naturalmente): ‘Christmas Blues’. Ne parlava laRegione lo scorso 21 dicembre; un mix di ansia e malinconia generato dal marasma di parenti mordi-e-fuggi, cene, sorrisi forzati e ritmi inabituali. Luciano sa che deve tenere duro e inventarsi qualcosa da fare. In attesa che tutto passi. Due settimane, che vuoi che siano...

sabato 24 dicembre 2022 1 Ticino7 numero 51
A CURA DELLA REDAZIONE
Bontà, come si stenta a pronunciarla questa parola appare come un bagliore nel temporale... ALBERTO NESSI

disincanto

Si accorgerà della mia assenza questo carpino bianco, senza foglie nella stagione dell’abbandono? I miei pensieri avranno lasciato un po’ di polline sulle sue gemme ? E la cincia si ricorderà della voce umana? Le nuvole lassù del mio passaggio? Eh no! pretendi forse d’essere immortale?

2
una maglia azzurra a righe

Si muovono quasi senza far rumore, come animali silenziosi, col cavo d’acciaio che oscilla quando è libero. Su una hanno messo un albero di Natale, sull’altro estremo del braccio. Se ne vedono molte, le scopri in fondo alle strade agli incroci. La notte sono illuminate. Intravedi l’uomo nella cabina, ma non ne ho mai visto uno mentre sale la scala. Se questo soggiorno a Berlino servisse a scoprire la bellezza delle gru, contro il cielo bianco, quasi basterebbe.

Girare, guardare, perdersi nei doppi fondi della superficie. A camminare i pensieri li decidono le gambe, insieme agli occhi. Il cervello viene terzo e così va bene. Dal terzo posto in poi va bene.

C’è una città al centro dell’Europa piena di passeri e anche con molti corvi. Ma si incomincia con delle domande sul nome. Come si pronuncia, per bene, il nome della via? Avviandoti verso la Friedrichstrasse te lo pronunci piano.

Farsi tutta una strada andando e tornando è in piccolo farsi la città? Ma come mettere insieme ciò che vedi lungo quella strada, tante cose che si toccano e pare anche che ognuna pensi per sé?

L’uomo che mostra un giornale, un passo avanti e uno indietro come per un tic o per difendersi dal freddo. Come l’altro uomo più avanti, non dice una parola. Mostra il giornale con la sigaretta nelle labbra a chi tira dritto senza guardarlo. L’uomo più avanti è un vecchio, la barba bianca molto lunga. Fermo in una specie di nicchia, regge nelle mani un cartello. L’altro si muove su e giù nervosamente e il vecchio è immobile. Sai che domani li troverai nel medesimo posto. La Friedrichstrasse ha un aspetto sorprendente. Era spaccata in due dal muro. Caduto il muro l’hanno rifatta da cima a fondo, è diventata la via delle banche e delle gioiellerie, dell’abbigliamento di lusso. Poi a un certo punto diventa poverissima, periferica, appena superato un incrocio. Case scrostate e negozietti con tutto a pochi euro, baretti scoloriti. Allora uno si dice: qui cominciava l’est, sicuramente. Invece l’est era dall’altra parte. Caduto il muro hanno rifatto proprio l’est, tanto nuovo che l’inizio dell’ovest è restato indietro. Attraversare a quell’incrocio è come fare un viaggio di ore. E poi? Poi i giovani visti camminando, i bambini. Più che i muri e la strada, quei due uomini e i ragazzi o il sentire l’aria e la luce. O sentire il lavoro delle gambe. E il cervello dopo tutto questo, al quinto posto. Alcune volte arrivare proprio in fondo alla strada. A una svolta cominciano i ragazzi e le ragazze che vanno all’università sempre un po’ di corsa. Compaiono di colpo come attraversando a quell’incrocio appare di colpo la periferia.

Poi lasciata la tazza comincia a bersi con gli occhi l’amica della mamma, sempre ridendo, finché non l’ha dovuto prendere in braccio.

Arrivi al teatro, lo stesso del giorno prima, alla statua che anche oggi sta dove stava ieri (è Goethe?). Pensi che alla svolta ricominciano le foglie cadute, e quando alzi la testa ti appare una gazza. Cerca di stare in equilibrio sul cornicione. Lei non ti ha visto. Prova a stare dritta e scivola molte volte e alla fine ci riesce.

Quell’altro bambino che aveva gettato a terra il berretto. La nonna gli dice di andare a prenderlo, lui non lo prende. Sta a pensare con la testa china, anche lui, a farsi domande a cui visibilmente non sa rispondere. Forse proprio su quel berretto. Ogni tanto mi giro e li vedo fermi. La nonna con le mani in tasca e lui con la testa china e la mano sul passeggino. Perché sa appena camminare.

Berlino è una città a giorno per dover catturare la poca luce che c’è. Non è l’unica. E questo atteggiamento fisiologico si è allargato ed esteso al resto.

La metropolitana corre in lunghi tratti anche in superficie. Le aule dell’università, al piano terra come agli altri piani, comunicano con l’esterno con una vetrata. Ci passi davanti e vedi i ragazzi che fanno lezione, i quali hanno sul fianco tutta la strada aperta, con ciò che vi appare. Le finestre non hanno tende e puoi guardarci dentro a ogni ora del giorno. Nessuno guarda di proposito nelle finestre degli altri.

La serenità è ridurre la distanza tra il fuori e il dentro, per esempio tra il fuori e il dentro di noi. La serenità è nel non coprire.

I sentimenti della bellezza e della gioia confinano con quello dello spavento.

Friedrichstrasse Sei note berlinesi 3 4 6 2 5 1

Il bambino con le mani sulla vetrina che guarda il trenino quasi impaurito di quel poterlo guardare. Appena spunta a una curva, va ad aspettarlo all’altro estremo della pista. Non dice neanche una parola. Quando la madre si allontana, le va dietro, si gira qualche secondo, con tutto il corpo, ancora con gli occhi sbarrati, poi segue la madre.

La stessa strada più o meno alla stessa ora, e vedi le stesse case e persone e la strada è sempre diversa. Per qualche tratto vai a testa bassa, è freddo. Le mani in tasca, chini la testa e cammini.

A un certo punto trovi tante foglie per terra, non si vede il marciapiede. Cammini frusciando. Finito il marciapiede continui a capo chino. A volte non alzi la testa, a volte la alzi. Ti bevi tutto ciò che guardi come fanno i bambini. Al bar hai visto un bambino che ride bevendo la cioccolata, tutta la faccia sporca di cioccolata.

Entri in un bar e stai a guardare dalla vetrina, paghi la colazione 3 euro e 20, ma è poco per poter anche guardare. Non pare vero che la vista sia gratis. Da qui, soprattutto guardi le persone, due cani che giocano, un passero che in tedesco si dice Spatz L’altro passero che aspetta ai piedi dell’uomo guardando verso l’alto, perché vede che si porta qualcosa alla bocca. Ma si sta accendendo la sigaretta.

Segnali che è il tempo di andare via. Cose che ti salutano. Il cane barbone che viene al caffè ogni mattina, che riesci ad accarezzare, alla fine. Che prima di uscire torna a salutarti. Il ragazzo dell’internet-point che ti dice, per la prima volta: “See you tomorrow”. Invece è improbabile. Il bambino a cui tamburelli sulla testa piano, uscendo di casa: il padre sorrideva, lui anche sorrideva, un bambino dal sorriso ironico. Prendi un altro latte macchiato, ti dicono che non devi pagarlo, che te lo offrono. Chiedi perché e ti rispondono in due lingue ma non l’hai capito. La neve.

sabato 24 dicembre 2022 3 Ticino7
METROPOLIS DI MARCO STRACQUADAINI FOTOGRAFIE © SHUTTERSTOCK
Comunicazione Aziendale Ufficio Stampa Grafica Pubblicitaria Social Media Management Photoe Video Shooting Eventi Decorazioni Stampa Digitale Allestimenti fieristici Interior Wrapping Car Wrapping Visual Merchandising newdeco_agency

Remo Semmler

Nato nel 1963, gli garba vivere la vita in modo intenso. È stato uno dei fondatori del Gruppo Paraplegici Ticino ed è al timone dei cestisti dei Ticino Bulls. Ha la ʻcapa tostaʼ e ama le sfide (soprattutto quelle con sé stesso). È curioso per natura e gli piace assai stare con persone con cui confrontarsi e discutere. Il basket fa parte del suo DNA da quando era adolescente. I terreni sconnessi e le strade poco battute non gli fanno paura, soprattutto quando è a bordo della sua mountain bike con tre ruote. Ci sono poche cose che lo indispongono, fra tutte primeggia l’arroganza.

Avviso ai lettori: questa intervista non racchiude lamentele, pietismi, lacrime alla Barbara D’Urso, stereotipi sulle diversità o accenti su quello che non si può fare quando si sta su una carrozzina. Queste righe sono intrise di grinta, semplicità, vita vera e di come trovare gli strumenti per andare oltre apparenti limiti che spesso sono interposti tra chi si è, e chi gli altri credono si dovrebbe essere. Remo è il perfetto interlocutore per dimostrare che la sua parola totem è: indipendenza. “Sono cosciente di aver bisogno di altri per fare determinate cose però mi piace farlo in maniera serena. È importante riconoscere i propri limiti e far pace con essi, così da non precludersi di sperimentare esperienze che possano far crescere e che donino emozioni”.

Boato

Remo gioca a pallacanestro da 44 anni e quando ne parla ha una scintilla negli occhi che è difficile non notare. “Ho vissuto emozioni meravigliose con il basket: parecchi anni fa, dopo la metà degli anni Ottanta – con la nazionale di basket in sedia a rotelle - ho giocato al Palasport di San Siro a Milano davanti a 12mila spettatori”. Remo mi fa la telecronaca di quel match e ricorda il boato del pubblico seduto sugli spalti ogni volta che qualcuno centrava il canestro: “Grazie a quella partita ho imparato a gestire l’ansia da prestazione con il pubblico. Calibrare al meglio i sentimenti che emergono quando si è criticati oppure osannati non è una passeggiata; imparare cioè a prendere le distanze, non solo dal giudizio esterno ma anche dal proprio giudice interiore fa parte di un percorso che ho macinato grazie anche alla militanza in nazionale”. C’è un po’ di malinconia per quegli anni, ma non muta la curiosità che Remo ripone nel mettersi in discussione e nel conoscere angoli di sé stesso pronti a essere esplorati.

Diverso da chi Chissà poi perché, quando si incontra una persona che non è completamente abile, molti si imbarazzano oppure sfoggiano spesso le solite domande, con quel velo di compatimento: ma com’è successo? Da quando stai così? Anticipando la risposta del tipo: “Beh, immagino sia stato terribile, poverino/a”. “Quello che crea distanza, soprattutto quando si parla di diversità, è la non conoscenza. Non dico nulla di nuovo e penso che il non sintonizzarsi sulle frequenze di chi si ha davanti crei immediatamente un muro. Credo davvero basti poco per essere empatico senza scadere in ‘uscite’ un po’ infelici”.

Chiedere aiuto

“Solo da indipendente si esiste, si resiste”, così canta Niccolò Fabi in un suo brano. Non posso però non riflettere su quanto per Remo sia fondamentale l’indipendenza e mi chiedo se per lui sia mai stato un ostacolo essere paraplegico e dover chiedere spesso aiuto a qualcuno. “Come mi sento nel mio intimo, non riguarda la disabilità. Tutti noi, indistintamente, prima o poi abbiamo bisogno di qualcuno: che sia la classica mano che ti aiuta in atti pratici oppure che si tratti di vicinanza affettiva per superare delle difficoltà. Ci vuole amor proprio per avere il coraggio di chiedere aiuto e mostrarsi vulnerabile e, per nulla scontato, accettare di ricevere quella mano tesa”.

L’anima vola Remo è paraplegico da quando aveva 3 anni, un incidente stradale con i genitori gli ha portato via per sempre l’uso delle gambe. Qualcuno potrebbe dirgli che la vita è stata ingiusta con lui e – non avevo dubbi – la sua risposta è questa: “Io direi di guardare prima a casa propria. Non si tratta di giusto o sbagliato. Certo, ogni tanto fantastico su quello che potrei fare con due gambe funzionanti ma non mi sono mai pianto addosso. Ho raggiunto e superato molti traguardi nella mia vita e ne sono semplicemente felice e fiero. La mia anima è libera”. E io aggiungerei che non ha bisogno di camminare o correre perché sa volare in alto.

sabato 24 dicembre 2022 5 Ticino7 INCONTRI DI NATASCIA BANDECCHI FOTOGRAFIE © TI-PRESS / ALESSANDRO CRINARI

Buoni propositi per l’anno che verrà?

Come funzionano le abitudini e come poterle cambiare

Invito alla lettura

Piccole abitudini per grandi cambiamenti Trasforma la tua vita un piccolo passo per volta

L’ossessione nel raggiungere gli obiettivi che ci siamo preposti invece di aiutarci a migliorare, rischia di diventare un’ulteriore fonte di stress, e perfino di farci fallire. Noi non siamo i nostri obiettivi: siamo la somma delle nostre abitudini. Per questo, secondo James Clear, è proprio dalle piccole abitudini di ogni giorno che dobbiamo partire per dare alla nostra vita una nuova direzione. Il vero cambiamento non nasce da una singola grande svolta, ma dalla combinazione di tanti miglioramenti quasi impercettibili: un piccolo passo alla volta, un progresso quotidiano dell’uno per cento.

Anatomia delle abitudini e del loro cambiamento James Clear (coach specializzato in crescita personale e miglioramento continuo) nel suo celebre libro Atomic Habits (tradotto e pubblicato in italiano da DeAgostini, 2019) analizza le abitudini per dare alle persone la possibilità di realizzare cambiamenti significativi nella loro vita avvicinandosi maggiormente alla realizzazione personale. Inserire una nuova abitudine nella nostra vita può essere fatto con alcune semplici mosse: bisogna creare degli stimoli evidenti, rendere attraente e facile l’inserimento dell’abitudine e renderla soddisfacente autoassegnandosi un premio che vada nella direzione dell’abitudine che vogliamo instaurare. Per esempio, se vogliamo iniziare ad andare in palestra con lo scopo di perdere peso, possiamo preparare il necessario il giorno prima, mettere la borsa già vicino alla porta e iscriverci nella palestra che ci fa sentire più a nostro agio. Infine, possiamo premiarci facendoci un bagno caldo o andando dal parrucchiere. Uno dei classici errori che facciamo è quello di dare al nostro cervello dei messaggi contraddittori quando ci concediamo i premi. Sempre prendendo in considerazione l’abitudine della palestra: se ci premiassimo con una pizza, ci trasmetteremmo un messaggio contrastante tra il desiderio di dimagrire e il piacere di non fare attenzione all’alimentazione. Se invece andassimo dal parrucchiere, l’idea di prendersi cura di sé sarebbe coerente con l’obiettivo prefissato e questo ci aiuterebbe a consolidare non solo una mera azione pratica, ma anche l’idea che abbiamo di noi stessi.

La trappola degli obiettivi Ponendo il focus esclusivamente sugli obiettivi che vorremmo raggiungere, il rischio è quello di andare a intaccare la nostra autopercezione dal punto di vista esistenziale. L’obiettivo deve essere raggiungibile, misurabile ed espresso in termini positivi, ovvero andrebbe formulato sulla base di ciò che si desidera

raggiungere e non concentrando l’attenzione sull’abitudine che si vuole eliminare. Porre eccessivamente l’attenzione sugli obiettivi comporta il rischio di farci dimenticare il processo… l’importante non è la meta ma il viaggio, dicono i saggi. Innamorarsi del processo invece che del prodotto, è amare sé stessi a prescindere dal risultato ottenuto, significa amare ciò che si è e non ciò che si fa. Siamo abituati a ricevere gratifiche esterne basate sul fare e non sull’essere… Cerchiamo di non trasformarci in giudici eccessivamente severi nei nostri stessi confronti e iniziamo ad apprezzarci per ciò che siamo a prescindere dal raggiungimento di obiettivi e punteggi prestabiliti. Quando ci si ama, va da sé la propensione alla ricerca del meglio, quindi è molto importante focalizzarsi sul proprio nucleo interiore per diventare in modo autentico ciò che vorremmo essere.

Resta sempre come sei Spesso ci viene rivolta questa frase come complimento, così come diciamo “io sono così e non intendo cambiare per nessuno”, quale formula di autoaffermazione. Se da una parte l’amore per sé a prescindere dai risultati è una componente essenziale per il nostro benessere, dall’altra parte non dobbiamo però rinunciare all’idea di poterci migliorare. Aspirare alla crescita personale e, pertanto, non accettarci esattamente come potrebbe essere la stessa faccia di quello stesso amore. Per operare un cambiamento che sia di successo, è necessario che le nostre emozioni siano allineate con le nostre intenzioni e che i pensieri siano orientati di conseguenza. Cambiare è possibile e può essere bellissimo se siamo in grado di ascoltare quali sono le esigenze che hanno dato vita a quella specifica abitudine. Impariamo ad ascoltare i nostri autentici bisogni e a dare una direzione ai nostri sogni che non sia solo un obbligo performativo, ma che sia un sincero ascolto delle nostre esigenze e possibilità. Solo così sarà possibile trasformarsi e sbocciare in armonia.

sabato 24 dicembre 2022 7 Ticino7 COSTUME & SOCIETÀ DI JESSICA BOLLATI

SENZA PAROLE © DORIANO SOLINAS

UN LIBRO SALVIONI EDIZIONI VINCI

Orizzontali 1. Località della Calanca 5. Un tipo di finestra 11. Bruciati 12. Località del Malcantone 13. Sulle targhe di Altdorf 14. Lo era Giunone 15. Giovanni Battista, ex consigliere federale 16. Lungo periodo di tempo 17. Rea decapitata 18. Una corda per Tarzan 19. Niente in francese 20. Gruppi di malviventi 21. Il fiume di Berna 22. Albero con le samare 24. Resistenti, robusti 27. Soccorre dal cielo 28. Sta sotto la bocca 29. Preposizione semplice 31. Collera, rabbia 32. Le percorrono gli sciatori 33. Tra Osama e Laden 34. Le vocali in forse 35. Tristi, mogie 36. Estremo disordine 37. Spostate, scalzate 39. Non tutti valgono la candela 40. Respiro, alito 41. Albero dell’agrumeto 43. Animale dello stagno 44. Un osso del to-

Spedisci un SMS al 434 (CHF 1.–/SMS) scrivendo TI7 <spazio> SOLUZIONE e partecipa all’estrazione. Termine di partecipazione: giovedì prossimo.

PREFERISCI GIOCARE ONLINE? Vai su laregione.ch/giochi

race 45. Prefisso per viticoltori 46. Un tipo di maschera veneziana 47. Prefisso che raddoppia 48. Lo dice chi dissente 49. Nucleo, essenza 50. Il nomignolo di King Cole 51. Altro nome del lamantino 52. Elogi, encomi 53. Le isole con San Nicola 55. Georges, autore de’ La disparition 56. Loggia, terrazza 57. Località del Luganese

Vinci il libro…

SOLUZIONE DEL 3.12.2022 MONTELAURA

Soluzione completa su laregione.ch/giochi

Al vincitore facciamo i nostri complimenti!

Lament di balen SalvioniEdizion

In una Zurigo glaciale ea tratt responsabile di un rifugio alp ta, viene coinvolto in un’indag sta Peter.Insieme si mettono recentemente scomparso: Fri di anime famoso per imono zebù. Aincaricarli èilfiglio sco Felix, che, in cambio, pro gruppo di professionisti che cose strane alle persone” me la vita. Athos si ritrova invisch svolti tragicomici che lo porta tri, un ex drogato irrefrenab Zurigo bene, un impresario beffardo, un musicista pop, u motivazionali. La ricerca dell sconvolta da un misterioso in più fronti Athos, già alle pres la sua relazione amorosa eco di un’amica in prigione.

tibizzarra, Athos, schivo ino in visita alla fidanzagine dall’amico giornalisulle tracce di un uomo tzAltenberg, ex pastore ologhi sul tram con Belostrampalato egrotteomette uno scoop su un asuo dire“fanno fare ettendone arepentaglio hiato in una storia dai ria aincontrare, fra gli alile, una milionaria della xenofobo, un avvocato unorganizzatoredicorsi uomo scomparso viene cidente che impegna su econ gli a t e bassi deonle esigenze part colar

to na ni

20. Litigio, disputa 21. Talento, genio 23. Relativo al lago di Lugano 25. Lo abbrevia la E di EOC 26. Imbecilli, stupidi 28. Reginetta di bellezza 30. Medicamento che attenua stati di panico 32. Lo determina la bilancia 33. Una parte di Bedigliora 35. Fanghiglia, melma 36. Attrezzo per pescatori 38. La si dà per aiutare 39. Uomo che confeziona abiti 40. Si fa per non investire 42. Il contrario di fronte 44. Guarita, risolta 46. Lo Stato con Porto-Novo 47. Cittadina argoviese 49. Località del Moesano 50. Protagonista di Casa di bambola 51. Il Metropolitan in breve 52. Un tipo di lampada 54. Iniziali di Leoncavallo 55. I confini di Payerne. © ceck 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 ORIZZONTALI VERTICALI

sabato 24 dicembre 2022 8 Ticino7
© ceck
GIOCA
TICINO7
CON
Verticali 1. Località del Malcantone 2. Superficie 3. Ne è presidente Biden (sigla) 4. Centouno romani 5. Da LaRegione… 6. Gruppo di esagitati 7. Strada 8. Il sottoscritto 9. Ardue, non tenere 10. Città dell’Algeria 12. Lo Stato con N’Djamena 15. Albero delle conifere 16. L’Irlanda di Dublino 18. Il nome della Gut-Behrami 19. Poco diffuso 46 3 34 50 48 30 53 41 18 25

Alpe Cristallina

Trekking ai confini delle alte valli

Alpe Cristallina

Corte principale Cristallina, 1’800 m

Corti Piano di Pescia, 1’700 m

Ubicazione Val Bedretto

Periodo carico Metà giugno –metà settembre

Ultimo paese Ossasco

Coordinate 684.710 / 150.448

Proprietà Patriziato di Giornico Gestore Alfredo Guscetti

Dicitura Scalzo Cristallina

Animali 60 mucche da latte, 20 manze, una decina i maiali

Produzione Circa 15 forme giornaliere da 6 kg cadauna (produzione annuale 2013: 550 forme)

Mungitura Mungitura meccanica

Caseificio Cristallina (trasporto latte con veicolo)

Acquisto All’alpe è possibile acquistare formaggio

Il nome dell’alpe ne rivela la diretta prossimità con il Pizzo Cristallina, la monumentale cima che si erge fra Vallemaggia e Val Leventina, mèta storicamente capace di attrarre alpinisti anche dall’estero. Salendo verso la cima si raggiunge l’omonima capanna situata a 2’572 metri, in una zona particolarmente attrattiva per l’escursionismo sia estivo che invernale. La capanna dispone di 120 posti letto, in comodi dormitori e di un ampio refettorio con terrazza esterna. La capanna è la più alta situata su territorio del Canton Ticino. Dall’alpe invece, sono proprio la roccia ed il bosco, i due elementi essenziali del paesaggio di alta montagna, a contendersi con la loro

forza evocativa lo sguardo del visitatore. A dominare la scena, rivolgendosi a nord, lo spettacolare profilo delle vette che segnano il confine fra la Val Bedretto e il Canton Uri, fino al passo del San Gottardo. A circa 1’800 metri sul livello del mare, l’alpe Cristallina rimane comunque accessibile a piedi in modo piuttosto agevole, seguendo un percorso che si apre attraverso un bosco di larici secolari. L’alpe, di dimensioni relativamente ridotte ma comunque equipaggiato per la vendita in loco, offre un tradizionale formaggio di latte vaccino di caratteristica anima lattica, impreziosito dalle ricche note vegetali e di sottobosco. Esso è acquistabile direttamente all’alpe.

Itinerario corte principale

→ Da «Ossasco» (1’313 m) si segue il sentiero per la Capanna «Cristallina» che sale nel bosco sino ad incrociare una prima volta la strada sterrata nei pressi di un ponticello a circa 1550 metri. Si continua sul sentiero incrociando più volte la strada sino al tornante di quota 1’675 m, da questo punto si segue il sentiero che sale all’Alpe «Cristallina» (1’800 m).

Strada: 700 metri prima dell’abitato di «Ossasco», in località «Tre Croci» (1’303 m), si abbandona cantonale e si prende una strada sterrata (chiusa al traffico) che sale sul versante orografico destro della «Val Bedretto». Percorsi 500 metri, al bivio di quota 1’368 m, si prosegue diritto (non girare a sinistra) e si segue sempre la strada sino al ponticello a 1’538 m. Si attraversa questo ponte che permette di superare il «Ri di

Cristallina» e si segue la strada che con ampi tornanti (continuare diritti al bivio di 1’775 m) conduce all’Alpe «Cristallina» (1’800 m).

Escursioni

→ Capanna Cristallina: dall’Alpe «Cristallina» (1’800 m) si segue il sentiero che si dirama sulla sponda orografica sinistra della «Val Torta» sino al «Passo di Cristallina» (2’568 m) dove si trova l’omonima capanna. Sentiero bianco-rosso, 770 m disl., 4,8 km, 2,5 ore.

Ingredienti (per 4 persone)

1 cavolfiore 1 broccolo romanesco 1 l di latte 80 g di burro 80 g di farina “00” 400 g di Formaggio Cristallina DOP 2 fette di pane casereccio grosse 1 mazzo di erbe aromatiche miste (timo, salvia, rosmarino, maggiorana) q.b. olio E.V.O. q.b. sale e Pepe

Preparazione

Pulite il cavolfiore e il broccolo. Dopo averli tagliati a pezzettini, fate bollire in acqua salata. Scolateli e disponeteli in una pirofila da forno condendoli con olio e pepe. Preparate la besciamella mescolando farina e burro e, una volta tostato il roux, aggiungete il latte intiepidito. Grattugiate poi all’interno della besciamella un quarto del Cristallina DOP e versate il tutto nella pirofila insieme al cavolfiore e al broccolo. Tagliate a pezzetti il pane casereccio e tostatelo in una padella con un filo d’olio. Una volta pronto, tritatelo finemente insieme alle erbe aromatiche. Grattugiate il restante Cristallina sopra la besciamella e infornate a 200°C fino a quando il formaggio sarà dorato. Una volta sfornato, impiattate e decorate con briciole di pane alle erbe su ogni piatto.

Buone Feste da chi ha il Ticino nel cuore.

sabato 24 dicembre 2022 9 Ticino7 ALPEGGI A CURA DI SALVIONI EDIZIONI
ALPE CRISTALLINA, 1’800 M (© ELY RIVA, FABRIZIO BIAGGI) Cavoli e broccoli al formaggio d’alpe di Roberto Valbuzzi
4 6 ° 30 ’ 07 ’ ’ N 8˚33 ’ 13 ’ ’ E Scopri il percorso
Ricetta
sabato 24 dicembre 2022 10 Ticino7 TIPO UN FUMETTO DI ALESSIO VON FLÜE
sabato 24 dicembre 2022 11 Ticino7

Auguri per un sereno efeliceNatale.

ViaGhiringhelli 9 6500 Bellinzona T+41 91 8211190 pub@regiopress.ch

sabato 24 dicembre 2022 12 Ticino7
laregione
regiopress.ch

Il Merlo acquaiolo

Vive lungo i corsi d’acqua caratterizzati da grosse pietre, acqua limpida, rapida corrente e fondo ghiaioso. È possibile vederlo anche nelle città purché vi siano fiumi o ruscelli che possano garantirgli un luogo per la nidificazione e abbastanza puliti per trovare nutrimento.

È l’unico passeriforme che sa immergersi per cercare cibo sott’acqua, è in grado quindi di tuffarsi e di nuotare. Ha un piumaggio particolarmente ricco in piumino e dunque molto denso; inoltre, il suo uropigio è più grande rispetto agli altri passeriformi e la secrezione di questa ghiandola gli permette di ingrassare il suo piumaggio e di renderlo impermeabile. Per questo motivo, durante le immersioni il piumaggio idrorepellente gli permette di scivolare e limitare l’attrito con l’acqua.

Possiede delle narici e le orecchie vengono automaticamente chiuse da una membrana, rispettivamente da una piega di pelle; il suo occhio è in grado di assicurare una visione nitida sia sopra che sotto il pelo dell’acqua. La potenza muscolare del petto e quella delle zampe gli permettono di resistere alla corrente, le ossa sono più dense rispetto a quelle degli altri passeriformi. Sott’acqua può camminare sul fondo oppure nuotare battendo le ali. Una sua immersione dura da 5 a 15 secondi.

Maschio o femmina?

Anatomicamente assomiglia al comune Merlo, da questa vaga somiglianza deriva il suo nome in italiano, ma con corpo tozzo, grande collare bianco e coda corta. Maschi e femmine adulti sono indistinguibili in natura, il corpo e le ali sono marroni con la sola eccezione, appunto, di gola e petto che sono bianchi. Il becco è nerastro e le zampe marrone scuro. I giovani hanno il corpo superiormente marrone con sfumature grigie, la gola è bianca, mentre petto, addome e ventre sono bianco sporco, fittamente striati di marrone-grigio. Nidifica sia in piano fino al massimo a 2’500 m di altitudine.

È un uccello che si nutre di larve di tricotteri, di effimere, di plecotteri e di simulidi, non disdegna nemmeno i coleotteri acquatici, le lumache d’acqua e i vermi. In inverno cattura soprattutto degli anfipodi o degli aselli, che sono piccoli crostacei; occasionalmente, anche dei piccoli pesci. Durante le piene cerca il nutrimento a terra sotto forma di coleotteri, formiche, millepiedi e ragni.I giovani sono nutriti quasi esclusivamente con larve di effimere, poi larve di tricotteri.

Provetti ballerini

Il canto del Merlo acquaiolo risuona già da gennaio a febbraio e in pianura, la parata per attirare la femmina ha luogo in febbraio. Essendo una specie solitaria, la coppia si riunisce soltanto durante il periodo della riproduzione e si scioglie appena i pulcini diventano indipendenti. I due partner danzano l’uno attorno all’altra, cantando entrambi con il corpo dritto.

Il maschio offre del cibo alla femmina e poi le mostra dei luoghi potenzialmente adatti per il nido: si tratta di luoghi protetti, come in un muro, dietro una cascata, nelle radici di un albero eccetera, ma sempre vicino all’acqua. Entrambi costruiscono un nido di muschio di forma sferica, in cui la femmina depone 5-6 uova bianche. Le uova si schiudono dopo 16 giorni e i piccoli lasciano il nido dopo circa 24 giorni, ma la coppia se ne occupa ancora per due settimane; in seguito, cercheranno il loro proprio territorio, spesso nelle vicinanze.

Situazione in Ticino

Il Merlo acquaiolo è ben distribuito in Ticino grazie alla fitta rete di corsi d’acqua che soddisfano le sue esigenze. Nel nostro Cantone le densità più elevate si raggiungono nel Sopraceneri, lungo il Ticino e la Maggia. In inverno lo si può trovare anche lungo le rive dei laghi e nei canali nelle pianure.

sabato 24 dicembre 2022 13 Ticino7 ANIMALI DI CHIARA PICCALUGA IN COLLABORAZIONE CON FICEDULA
© FICEDULA
© FICEDULA

Uno scorcio mattutino del tramonto dell’ultima luna piena osservata in Ticino, lo scorso 8 dicembre. Sulla sinistra si riconosce la Cima della Trosa (1’869 m), poco sopra gli impianti locarnesi di Cardada–Cimetta. Dopo la luna nuova del 23 dicembre scorso, la prossima luna piena potrà essere osservata il 7 gennaio 2023.

IL RACCONTO

La pietra in mezzo alla strada

Molto tempo fa, in un paesino oltre il mare, viveva un re. Era saggio e di buone maniere tanto che non risparmiava le energie nel trasmettere le buone abitudini al suo popolo. Non tutti lo capivano perché per molti le cose che faceva erano strane o senza senso, ma ogni sua azione aveva la finalità di trasmettere i valori dell’impegno e della responsabilità.

Durante il suo interloquire coi sudditi diceva spesso: “Nulla di buono può succedere a una nazione dove ci si lamenta e si aspetta che gli altri risolvano i problemi per noi. Le cose buone della vita vanno a coloro che sbrigano le questioni con le proprie mani per propria volontà”. Il re era anche sicuro di poter dare il buon esempio attraverso le esperienze; così una notte, mentre tutti dormivano, mise una grossa pietra sull’unica strada percorribile per raggiungere il suo palazzo e si nascose dietro una siepe per osservare l’agire del suo popolo.

Per primo arrivò un contadino con il suo carro pesantissimo perché stracolmo di grano diretto al mulino per macinarlo. “Che razza di noncuranza è mai questa”, disse il contadino, mentre deviava girando intorno alla pietra con il carro. “Perché nessuno ha rimosso questa roccia dalla strada? Tutti pigri sono?”. E così continuò a lamentarsi dell’inutilità degli altri, senza spostare la pietra da dove era.

Poco dopo passò da lì un giovane soldato. Fischiettava spensierato, il suo berretto ondeggiava nella brezza e una spada scintillante pendeva al suo fianco. Pensava a quanto coraggioso si sarebbe mostrato in battaglia a tal punto che non vide la pietra ma la urtò con il piede e cadde nella polvere. Subito si rialzò, tolse la polvere dai vestiti, raccolse la spada e imprecò rabbiosamente rivolto alle persone ignote responsabili di questo incidente e al perché avessero lasciato una pietra così grossa sulla strada, poi anche lui se ne andò, non pensando di poterla rimuovere lui stesso.

Un intero giorno passò e tutti quelli che arrivavano sul luogo di fronte al sasso non facevano altro che lamentarsi e piagnucolare senza però fare qualcosa per rimuoverlo. Proprio sul calar della notte, arrivò la figlia del mugnaio, una ragazza che non si risparmiava; aveva lavorato tutto il giorno nel mulino ed era molto stanca, parlando tra sé e sé disse: “È quasi buio, qualcuno potrebbe cadere su questa pietra nella notte e forse potrebbe ferirsi gravemente, perciò la sposterò dal mezzo della strada”.

Cercò con fatica di muovere la pesante pietra fin quando ci riuscì e scoprì che sotto si trovava una scatola con incisa una frase: “Questa scatola appartiene a chi rimuove la pietra”.

Aprendola scoprì meravigliata che era piena d’oro e così la figlia del mugnaio si recò a casa colma di gioia. Quando il contadino e il soldato vennero a conoscenza di quello che era successo, si riunirono intorno al punto dove era situata la pietra sperando di trovare un pezzo d’oro.

“Amici miei” – disse il re –, “incontriamo spesso ostacoli e oneri sulla nostra strada, potremmo protestare ad alta voce cercando di passargli intorno se lo scegliamo, oppure possiamo sollevarli e scoprire quello che significano.

La delusione è spesso il prezzo della pigrizia”.

L’insegnamento è chiaro: ogni ostacolo che incontriamo quindi può essere un’opportunità di migliorare la nostra situazione, e mentre le persone pigre tendono a lamentarsi, gli altri creano opportunità attraverso il proprio buon cuore, la propria generosità e la volontà di concludere quello che si è cominciato.

VISIONI FOTOGRAFIA © TI-PRESS / ALESSANDRO CRINARI
“SPUNTA LA LUNA DAL MONTE...”
sabato 24 dicembre 2022 14 Ticino7

CHAMPOLLION & CARTER

2022 anno di anniversari

1822 e 1922: la prima data è legata alla decifrazione dei geroglifici egizi da parte di Jean-François Champollion, la seconda all’apertura della tomba di Tutankhamon a opera di Howard Carter. Sempre nell’Egitto faraonico siamo con diramazioni in Francia e in Inghilterra, come dire le maggiori potenze coloniali di quei periodi. Due avventure scientifiche, diverse ma comunque straordinarie. Sono sempre rimasto affascinato di fronte a una scoperta archeologica, si tratti di un rinvenimento di oggetti e strutture quale è stata la scoperta della famosa tomba di Tutankhamon; o come nel caso di Champollion dalla capacità di svelare il mistero di una lingua morta. Genio, studio e confronto con gli altri, intuito, fortuna, passione, perseveranza? Probabilmente un po’ di tutto questo. Quello che è sicuro è che una scoperta non è un fatto a sé stante come fosse un lampo che squarcia improvvisamente le tenebre, ma è il risultato di una serie di avvenimenti, il capitolo di una storia che ne segue, e a sua volta ne precede, altri.

Le meraviglie di una tomba Passano cento anni da quel 1822 ed ecco affacciarsi l’altro grande personaggio: Howard Carter, lo scopritore della tomba del giovane Tutankhamon, faraone della XVIII dinastia. Prima e unica volta che nella Valle dei Re viene alla luce una sepoltura reale rimasta praticamente intatta per oltre tremila anni con il suo immenso tesoro in oro, gioielli e opere d’arte! In quell’attimo magico, accanto all’egittologo inglese ci sono il suo sponsor Lord Carnarvon, subito accorso, e gli operai che hanno partecipato allo scavo. Fortuna la sua? Più che altro intuito, poiché in quella zona poco esplorata da ladri e archeologi, erano precedentemente venuti alla luce reperti sparsi che riconducevano proprio a Tutankhamon, figlio del grande Akhenaton (quello dell’eresia amarniana), la mummia del quale è da allora oggetto di esami e studi infiniti, fino ai nostri giorni.

La lingua dei “suoni”

Così è stato per Champollion, indicato come colui che ha decifrato i geroglifici egizi dopo secoli di silenzio. Studioso genialoide fin da giovanissimo di lingue orientali antiche (tra le quali il copto, che gli sarà utile per la sua impresa), era stato nominato a soli 19 anni professore di Storia antica alla Facoltà di Lettere di Grenoble, anche grazie ai buoni uffici del fratello maggiore Jacques-Joseph, suo mentore. Era il 1822 quando con una lettera datata 27 settembre indirizzata all’Accademia di Iscrizioni e Belle lettere di Parigi, “Lettre à M. Dacier”, Jean-François comunicava al mondo scientifico la sua (contestata da qualche scettico) teoria interpretativa basata soprattutto sullo studio della famosa Pietra di Rosetta: i geroglifici - ‘parola degli dèi’ - erano una lingua fonetica e non ideografica, come si era a lungo pensato. Un’intuizione partita dalla decifrazione dei nomi di faraoni racchiusi nei ‘cartigli’, con fonemi che si presentavano però anche fuori contesto, come già prospettato dall’inglese Thomas Young. Un principio che Champollion affinerà negli anni seguenti fino a renderlo una certezza scientifica, attraverso ulteriori studi e viaggi, per tutto il resto della sua breve vita.

La Pietra di Rosetta era venuta alla luce nel 1799 grazie a un ufficiale napoleonico, Pierre François Bouchard, che l’aveva rinvenuta tra i blocchi di pietra riutilizzati per la costruzione di un forte dal governo ottomano di Mehemet Ali Pasha, in località Rosetta. La pietra recava un’iscrizione in tre lingue e alfabeti diversi, geroglifico, demotico (lingua tardo egizia) e greco, un testo in onore del re Tolomeo V Epifane datato 196 a.C. Sconfitti i francesi all’inizio dell’Ottocento, la Pietra di Rosetta fu portata dai vincitori al British Museum di Londra, che ne fece alcune copie per gli studiosi, tra i quali (appunto) Champollion che poté studiarne un esemplare al Museo Egizio di Torino.

“Il profondo silenzio che regnava accresceva l’emozione; sembrava che passato e presente si incontrassero... A nessuno di noi sfuggì la solennità del momento; tutti erano commossi al pensiero di ciò che stavamo per vedere: la composizione funebre di un re dell’antico Egitto di trentatré secoli fa... Con il coperchio del sarcofago ancora sollevato a metà, tirammo via i lenzuoli di lino e quando venne tolto l’ultimo ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: un’effigie d’oro del re fanciullo, della più fine esecuzione, che riempiva l’interno del sarcofago... La faccia e i lineamenti erano magnificamente lavorati in lamina d’oro, gli occhi erano di aragonite e ossidiana, le sopracciglia e le palpebre intarsiate di lapislazzuli... Ma forse più commovente nella sua umana semplicità era una sottile ghirlanda di fiori appassiti, l’ultimo addio, come ci piace immaginare, della fanciulla regina così presto vedova, offerto allo sposo, il rappresentante dei due regni; questo piccolo tocco della natura congiungeva quell’antica civiltà e la nostra moderna... Risalimmo ancora una volta quei sedici gradini, rivedemmo la volta azzurra del cielo dove è signore il Sole, ma i nostri pensieri più intimi indugiavano ancora sullo splendore di questo faraone scomparso. Impresso nelle nostre menti era il suo ultimo appello riportato sul sarcofago: O madre Nût, stendi su di me le tue ali come le stelle immortali” (da C. W. Ceram, I detectives dell’archeologia, Einaudi, 1968)

sabato 24 dicembre 2022 15 Ticino7
CUOREMENTE DI MARCO HORAT
Lascio allo stesso Carter raccontare, riportando alcuni passi di un suo scritto, le emozioni provate in quella eccezionale giornata di novembre del 1922, preceduta dall’individuazione della tomba a quattro metri di profondità e accessibile mediante una scalinata di pietra:

La nostra adolescenza che non finisce mai

Da bambina, guardavo con gli occhi sgranati le musicassette firmate dal fidanzatino belloccio di mia sorella, con i titoli scritti a penna e la firma ben chiara sul dorso: “Dj Andrea”. Dj Andrea dimostrava di amare mia sorella creando per lei delle compilation da ascoltare. “Se mi vuoi conoscere ascolta questa” è il sottotesto di tutto quello che ci siamo scambiato noi adolescenti di metà degli anni Novanta. Oggi che non abbiamo più bisogno di niente e di nessuno, se non di una connessione wi-fi e di un addebito mensile di pochi euro per l’abbonamento al servizio di streaming, sono ancora le playlist a raccontarci chi siamo e un algoritmo scaltrissimo ci propone quello che potrebbe piacerci. Dieci anni fa, quando tra le nostre canzoni preferite iniziava a suonare T’appartengo di Ambra Angiolini, il passeggero medio in auto cominciava a ridere, si lamentava e poi finiva per cantare tutte le strofe e il ritornello. Un guilty pleasure che nessuno avrebbe mai potuto rivendicare con orgoglio. Oggi, a pochi giorni dall’esibizione di Ambra a X-Factor che ha rilanciato questa hit del 1994 portandola in cima alle classifiche,

Le pupille

è successo quello che succede ai veri pezzi forti: il trash ha fatto il giro completo fino a diventare curioso, divertente, imprescindibile. In una parola: alla moda. È stato un momento liberante e importante, quello in cui abbiamo potuto smettere per un attimo di parlare di Ambra come artista completa ingiustamente ostracizzata perché partita con Non è la rai. Non abbiamo dovuto apprezzare i film di Özpetek, le conduzioni perfette, il talento che negli anni ha dimostrato – in più e più occasioni – di avere e di saper spendere. No, siamo potuti tornare indietro. Con quell’effetto pacificante e liberatorio che solo i veri amarcord possono avere: Ambra è nel nostro cuore da sempre, prima dei cd di Guccini, dei brani preferiti di Spotify, prima dei video su YouTube. Ambra è nel nostro cuore perché fasciata in tutine Onyx cantò T’appartengo, attorniata dal cast di ‘Non è la Rai’, in lacrime mentre sulle note appariva la scritta che cambiò la nostra adolescenza: “The End”. No, ragazzi. Non è finito un bel niente e Ambra poche sere fa ce lo ha dimostrato. L’adolescenza di chi aveva 14 anni a metà degli anni Novanta non finisce mai.

ALTRI SCHERMI

RAGAZZE IN COLLEGIO

Dalla sceneggiatrice e regista Alice Rohrwacher e dal produttore premio Oscar Alfonso Cuarón, Le Pupille, su Disney+, è una storia di innocenza, avidità e fantasia. Il mediometraggio (quasi 40 minuti) parla di desideri, puri ed egoistici, di libertà e devozione e dell’anarchia che è capace di sbocciare nelle menti di alcune ragazze segregate negli angusti confini di un severo collegio religioso. Siamo a Natale, in un anno imprecisato all’interno del secondo conflitto mondiale.

LA TORTA ROSA

“Quando Alfonso Cuarón mi ha chiesto se volessi realizzare un piccolo film sulle feste di Natale subito si è affacciata alla mia mente l’immagine di una grande torta rosa: la torta era su un tavolo, e tante pupille la guardavano affascinate”. Spiega Alice Rohrwacher. Nel film vediamo irrompere nella stanza una suora che chiede alle bambine un fioretto: rinunciare alla fetta di torta per l’amore di Gesù. Le bambine obbedienti non possono muoversi, ma le loro pupille possono ballare la danza scatenata della libertà.

DA UNA LETTERA

I colori del tardo autunno resistono, anche se siamo già in inverno, e sembrano volere dirmi qualcosa in un linguaggio senza suoni, senza movimenti. Poco dopo il silenzio è rotto dai passi di corsa e dalle parole di due bambini. Quello più grande, aiutato dall’altro, tenta di arrampicarsi su un albero. Il primo tratto è il più difficile: bisogna superare il tronco liscio per arrivare a una biforcazione. Solo a questo punto riconosco il bambino: quel cappotto anni Ottanta, quel berretto, quei riccioli biondi sulle spalle… sono io, non ci sono dubbi. Sono passati poco meno di quarant’anni. Da allora mi sono allontanato da quel bambino, forse l’ho anche tradito. Vorrei avvicinarmi, ma temo la sua reazione. Il suo sguardo azzurro mi chiederebbe: da quanto tempo non sali sopra un albero? Adesso lo saprei fare – sono abbastanza alto – eppure mi limito a sedermi sulle panchine. Chiudo gli occhi per un attimo, li riapro. I bambini non ci sono più. Mi guardo intorno: non c’è nessuno, un filo di vento smuove le foglie. E se ci riprovassi? A passi cauti, mi avvicino all’albero.

Il film prende spunto da una lettera di auguri natalizi inviata dalla scrittrice Elsa Morante all’amico giornalista Goffredo Fofi. La lettera raccontava le sorti di una zuppa inglese, capitata in un collegio durante le festività in tempo di guerra.

Immaginando i destini intrecciati in quell’istituto e l’avvicinarsi del Natale nei pensieri e nei gesti delle piccole orfanelle, rimaste sole con le suore durante un tempo di carestia, è nato il film Le Pupille. Con Alba Rohrwacher (sorella della regista, nella foto) e Valeria Bruni Tedeschi.

GLI OCCHI DELL’INFANZIA

La pupilla è un termine di derivazione latina, diminutivo di “pupa”, cioè “bambina”. “È bellissimo sapere che all’interno dei nostri occhi abbiamo delle bambine, le pupille”, rivela Alice Rohrwacher, “e queste bambine sono libere e selvagge, capaci di afferrare e respingere, cantare e ballare. Sanno essere vivaci e vitali anche quando il corpo non può muoversi, come le bambine che devono sottostare alle dure regole del collegio. Spero che seguendo la storia vi possa sorgere il desiderio di una fetta della grande torta rosa”.

sabato 24 dicembre 2022 16 Ticino7
LA FICCANASO DI LAURA INSTAGRAM: @LA_FICCANASO Coordinate: 2’722’064.1; 1’116’044.9 Comodità: ★☆☆☆☆ Vista: ★★★★☆ Ideale per… fare i conti con sé stessi. Settimanale inserito nel quotidiano laRegione ticino7.ch • #ticino7 • facebook.com/Ticino7 Direttore Beppe Donadio Caporedattore Giancarlo Fornasier Grafica Variante agenzia creativa Editore Teleradio7 SA • Bellinzona Amministrazione, direzione, redazione Regiopress SA, via C. Ghiringhelli 9 CH6500 Bellinzona tel. 091 821 11 11 • salvioni.ch • laregione.ch Servizio abbonamenti tel. 091 821 11 86 • info@laregione.ch Pubblicità Regiopress Advertising via C. Ghiringhelli 9, CH-6500 Bellinzona tel. 091 821 11 90 • pub@regiopress.ch ticino7
ALL’INGRESSO OVEST DEL PARCO VILLA DEI CEDRI
Un racconto di Natale
DI ALBA REGUZZI FUOG
SOPRA LA PANCA
TESTO E FOTOGRAFIA © ANDREA FAZIOLI

FESTE CON LA RSI

Un Natale

a tutta fiction

Protagoniste le saghe natalizie scelte dal pubblico

Se Natale fa rima con tradizioni, alla RSI, sotto l’albero, non può mancare la tradizionale offerta di fiction. Quest’anno abbiamo indetto un concorso per chiedere direttamente a voi in quali saghe natalizie voleste immergervi il 25 dicembre.

Sì, perché siamo tutti d’accordo che non è Natale senza alcune immancabili pellicole! La vostra saga del cuore è risultata essere Mamma ho perso l’aereo, che ritroveremo dunque puntualmente nel pomeriggio del 25. Ma non mancheranno nemmeno le saghe che hanno occupato gli altri gradini del podio: lo scorbutico Grinch e la pasticciona Bridget Jones. Quest’anno, inoltre, viaggeremo anche nel tempo con la saga Ritorno al futuro e vivremo grandi avventure con Indiana Jones e James Bond! Niente paura, ci sarà spazio anche per Una poltrona per due, il Miracolo nella 34.ma strada, L’era glaciale e una lunga altra serie di titoli classicissimi. Ma non è Natale nemmeno senza le grandi novità. E allora preparatevi ad entrare in mondi fantastici con Anne Hathaway ne Le streghe o Roberto Benigni nelle vesti di Geppetto in Pinocchio op-

pure nella commedia italiana Io sono Babbo Natale, con Gigi Proietti nel suo ultimo ruolo. L’allegria non mancherà anche grazie al ritorno della trilogia Una notte da leoni e al vecchio classico L’aereo più pazzo del mondo, che ci traghetterà nel nuovo anno, mentre l’adrenalina verrà assicurata anche da Bruce Willis in Die Hard 2 (58 minuti per morire) e Mel Gibson nella saga Arma letale. Dunque, mettiamoci comodi sul divano e godiamoci un viaggio attraverso la fiction!

Buona Visione e Buone Feste!

In cucina sotto l’Albero

Chi riuscirà a finire in tempo il piatto e a meritarsi il premio finale?

Una corsa contro il tempo scandita da pacchi e pacchettini infiocchettati a festa gentilmente recapitati in cucina ai nostri cuochi “per un giorno” dalla mano lesta di un babbo Natale che cerca di mettere in difficoltà i partecipanti in tutti i modi, con domande e sfide non sempre amiche. Una cosa è certa, i pasticci sono assicurati.

Chi non riesce a portare a termine il piatto negli 8 minuti deve aprire il temuto pacco “amaro” dal contenuto poco piacevole, per un finale che – è proprio il caso di dirlo – lascia l’amaro in bocca…

Il Natale col sorriso di Monsignor Alain de Raemy

È con un grande sorriso e tanto buon umore, che Monsignor Alain de Raemy si presenterà allo Specchio nell’edizione di Natale di domenica 25 dicembre alle 19.20 su LA 1.

Impareremo così a conoscere l’Amministratore Apostolico della Diocesi di Lugano che, sollecitato dalle domande di Damiano Realini, racconterà il suo percorso umano partito da Barcellona e approdato in Ticino dopo le dimissioni del vescovo Valerio Lazzeri

Alain de Raemy, già vescovo ausiliare di Losanna, Ginevra e Friborgo, ci porterà in Vaticano al cospetto dei papi che ben ha conosciuto, ma anche nei ricordi e negli aneddoti più intimi del suo cuore.

A questo speciale incontro, si aggiungono i consueti appuntamenti natalizi – il Culto evangelico, la Santa Messa di Natale e la Benedizione Urbi et Orbi – in onda dalle 10.00 su LA 1

La Messa di mezzanotte verrà trasmessa in diretta sabato 24 dicembre su LA 2

Nel 1992, con il loro primo omonimo album, la musica di Leo, Steve, Hena e Marc entrava con prepotenza nelle nostre vite per non lasciarle più. Trent’anni in cui la formazione, pur mutando pelle, ha firmato con continuità canzoni e concerti confermando sull’arco del tempo una qualità artistica cristallina avvallata da premi e riconoscimenti anche interazionali.

Un cast artistico importante, con ospiti a sorpresa, tanti messaggi d’auguri e immagini d’archivio. Un inedito Roberto Cattaneo ci racconta la serata dal backstage, mentre sul palco ritroviamo Sandy Altermatt e Gianluca Verga con artisti affermati come Bastian Baker e Marius Bear, ma anche giovani come Chiara Dubey e The XCellos

Generi e stili differenti per rileggere i maggiori successi dei Gotthard.

Una serata durante la quale la band, con generosità, ci regala aneddoti e racconti toccanti, concludendo lo spettacolo con un’esibizione live acustica.

sabato 24 dicembre 2022 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 25.12 al 31.12 17
BUONE
ogni domenica alle 08.00
I protagonisti in cucina saranno Andrea Mangia, Sandra Sain, Angelo D’Andrea, Lara Montagna, Simona Bernasconi, Roberto Cattaneo, Valentina Bonfanti Formenti, Debora Carpani, Damiano Realini e Michèle Volonté.
Giovedì 29 dicembre alle 21.10 su LA 1
Da lunedì 26 dicembre a venerdì 6 gennaio alle 19.45 su LA 1 Dal 23 dicembre su LA 1 e LA 2 Dieci volti noti della RSI. Dieci ricette del cuore e delle Feste. 8 minuti per portarle a termine. Una serata di festa, musica, ospiti e sorprese per celebrare i 30 anni dei Gotthard! Gotthard 30
Lo Specchio Domenica 25 dicembre alle 19.20 su LA 1

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.