Ticino 7 N20

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‘Tu sei un oh oh cantautore’

Parole, retorica, suoni e verità

“Tu sei forte / tu sei bello ti sei imbattibile / tu sei incorruttibile tu sei un cantautore

Tu sei saggio / tu porti la verità tu non sei un comune mortale a te non è concesso barare tu sei un cantautore

Tu sei un’anima eletta tu non accetti compromessi

tu non puoi sbagliare tu non devi lasciarti andare tu sei un cantautore.

(...)

Tu sei buono / tu sei vero tu sei onesto / tu sei modesto tu sei un cantautore.

Tu sei semplice / tu sei sicuro tu sei generoso

Tu sei valoroso / tu sei un cantautore

Tu sei senza macchia tu sei senza peccato / tu sei intoccabile tu sei inattaccabile tu sei un cantautore

(...)

Ma non è giusto / che tu hai tutto e noi invece no / tu sei perfetto tu non hai un difetto

che rabbia che ci fa!

Si è vero, sono io il più bravo si è vero, sono io il più bravo nessuno è bravo come me Si è vero sono io il più saggio sono io il più intelligente e poi sentite come canto bene”

(Edoardo Bennato, 1976)

sabato 20 maggio 2023 1 Ticino7
numero 20 A CURA DELLA REDAZIONE

Ti ringrazio per avermi stupito’

I cantautori italiani, in particolare quelli attivi nel corso degli anni Settanta, hanno creato, a suon di dischi, un repertorio sconfinato. Un vero e proprio patrimonio, alla base di un universo evocativo, fatto di immagini e sensazioni, in cui molte

Si riconoscono un po’ in tutti i sensi, perché può capitare di scoprire molti elementi in comune con persone appena conosciute, non appena emerge questa passione condivisa. E non si tratta solamente di riferimenti culturali simili, ma di un vero proprio immaginario condiviso, che si esplicita anche in citazioni fatte scivolare nei discorsi.

Un immaginario in cui “la luna è una palla e il cielo un biliardo”, in cui a tutti è piuttosto chiaro che “la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio” e in cui “ogni cosa ha il suo prezzo, ma nessuno saprà, quanto costa la mia libertà”. Popolato da gente che “si mette degli occhiali da sole, per avere più carisma e sintomatico mistero”, ma anche da personaggi più sfuggenti e poetici, come Alice che “guarda i gatti”, un pescatore con il suo “solco lungo il viso” o Maria, che “certamente non è un tema appassionante” ma sembra giusto parlarne, dopo aver chiesto gentilmente scusa. Un universo in cui “davanti alla fabbrica” ci sarà sempre una Vincenzina con il suo foulard, mentre “dietro al banco” troveremo inevitabilmente una ragazza intenta a mescolare “birra chiara e Seven Up”.

Capita così che la conoscenza condivisa di questo repertorio si trasformi in una sorta di vissuto comune, fatto anche di viaggi: si scopre infatti di essere stati tutti a Genova, con quella faccia e quell’espressione “un po’ così”; o a Rimini “tra i gelati e le bandiere” e nella “rossa e fetale” Bologna (dove notoriamente “non si perde neanche un bambino”). Così come tutti si è provato distintamente il caldo del “Paese dei tropici” e il freddo di “un vento a trenta gradi sotto zero”, senza necessariamente essere davvero stati “dove il sole è più sole che qua” o sulla Prospettiva Nevskij…

Allo stesso modo, si è condivisa una fuga su un cavallo galoppante verso una “non poi così lontana” Samarcanda, o un’interminabile traversata verso una Panama (“si dovrà pur vedere”) molto più difficile da raggiungere rispetto all’“Isola che non c’è” (seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino, non ti puoi sbagliare…).

Burattinai di parole

Vien da chiedersi da dove venga questa gentile forza pervasiva, quale sia il segreto che rende le canzoni dei cantautori tanto ancorate all’immaginario collettivo.

Una risposta potrebbe risiedere nella cura particolare che è richiesta nello scrivere testi cantabili in italiano. Questi cantautori, a differenza dei loro omologhi francofoni e anglofoni (a cui dichiaratamente si sono ispirati) hanno sempre avuto una difficoltà in più da sormontare: la scarsa presenza di parole tronche (con l’accento che cade sull’ultima sillaba) per chiudere i loro versi.

La resa musicale di testi in cui l’accento non cade alla fine del verso rappresenta infatti una sfida non da poco. Prima dell’avvento dei cantautori era prassi diffusa quella di troncare le parole in maniera artefatta, il che conferiva ai testi un’aria da soffitta polverosa (si pensi ad esempio all’incredibile sequela di “ciel”, “suol”, “vuol”, “signor”, “amor” e perfino “ognor” di cui è farcita la versione italofona del salmo svizzero, che alla generazione dei nostri figli tocca disgraziatamente mandare a memoria nelle ore scolastiche…).

Ma è – fortunatamente – musica del passato. La generazione di cantautori sorta alla fine degli anni Sessanta ha da subito voltato le spalle a questo modello, cercando con maggiore attenzione una musicalità efficace anche per versi piani, sdruccioli e bisdruccioli. Uno sforzo ulteriore e una maggiore cura che devono aver avuto un ruolo nell’incremento della qualità dei testi e di conseguenza nel loro “successo”.

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“Per la stessa ragione del viaggio… viaggiare”
1.
Il repertorio dei cantautori italiani come immaginario condiviso
1. 1.

“ERANO TEMPI, ERANO BEI TEMPI”

Gli anni Settanta sono stati l’epoca d’oro del cantautorato italiano. In questo riquadro proviamo a metterci nei panni di chi era giovane allora (chi lo era, potrà ricordarlo) e ha potuto spendere bene i soldi che aveva a disposizione. Qui sotto proponiamo una selezione di dischi usciti nel solo quadriennio 1975-1978. Sono oltre trenta e per un motivo o per l’altro sono quasi tutti imprescindibili. Scorrete pure la lista e fatevi un’idea…

1975: Rimmel (De Gregori); Quelli che… (Jannacci); Volume 8 (De André); Ipertensione (Vecchioni); Io che non sono l’imperatore (Bennato).

1976: Via Paolo Fabbri 43 (Guccini); Bufalo Bill (De Gregori); Elisir (Vecchioni); La torre di Babele (Bennato); Mio fratello è figlio unico (Rino Gaetano); Eppure soffia (Bertoli); Alla fiera dell’Est (Branduardi); Ho visto anche degli zingari felici (Lolli); La batteria, il contrabbasso eccetera (Battisti); Sugo (Finardi).

1977: Burattino senza fili (Bennato); Come è profondo il mare (Dalla); Samarcanda (Vecchioni); Terra mia (Pino Daniele); Aida (Rino Gaetano); La pulce d’acqua (Branduardi); Io tu noi tutti (Battisti); Il centro del fiume (Bertoli).

1978: Rimini (De André); De Gregori (De Gregori); Lucio Dalla (Dalla); Calabuig, Stranamore e altri incidenti (Vecchioni); Amerigo (Guccini); Nuntereggae più (Rino Gaetano); Sotto il segno dei pesci (Venditti); Pigro (Ivan Graziani).

“Lingue allenate a battere il tamburo”

Nel repertorio dei cantautori troviamo degli incipit sfolgoranti, che basta evocare per far sì che l’intera canzone parta con tutta la strumentazione nella nostra mente… “E qualcosa rimane / fra le pagine chiare e le pagine scure”; “Farà piacere un bel mazzo di rose / e anche il rumore che fa il cellophane”; “Evaporato in una nuvola rossa / in una delle molte feritoie della notte”; “Probabilmente uscì / chiudendo dietro a sé / la porta verde”; “E di colpo venne il mese di febbraio / faceva freddo in quella casa” fino all’indecoroso “Ti hanno visto bere a una fontana / che non ero io”…

Già, perché i cantautori, fin dai loro esordi, hanno anche importato nei loro testi parole fino ad allora molto diffuse nel gergo comune e in canzonacce da osteria, ma ben poco presenti nei repertori ufficiali, allora sotto stretto controllo della censura. Affiorano così la rabbia, la protesta, ma anche giochi di parole più o meno scanzonati, proferiti da “voci potenti”, in finali liberatori come “Nun ce scassate ’o cazzo”, invettive velenosissime cucite sull’ardita ipotesi “io se fossi Dio” o sfoghi notturni corroborati da “angoscia, un po’ di vino e voglia di bestemmiare”.

Torniamo sempre lì, a quell’immaginario, fatto talvolta di “risate fatte con gli amici” e di “brindisi felici” ma in cui ciascuno è anche e molto spesso “solo con sé stesso”. E allora quel repertorio passa dal collettivo all’individuale, e ognuno ci trova le citazioni che più aderiscono alla propria vita e alla propria condizione. “Però scendendo perdo i pezzi sulle scale / E chi ci passa su, non sa di farmi male” sono i versi di Vecchioni che ho sentito distintamente “miei” quando le cose non andavano bene. “Aspettami ogni sera, davanti a quel portone / E se verrai stasera, ti chiamerò per nome” sono invece quelli di De Gregori, che il nostro papà scelse per il suo ultimo saluto, vedendoci il ricongiungimento con la mamma, che lo aveva preceduto di una decina d’anni.

Alla fine ci si rende conto che quell’immaginario, per chi ci si riconosce, è sempre presente, nelle grandi e nelle piccole situazioni che la vita ci propone, riaffiora, si manifesta, suggerisce riflessioni.

Perfino quando si tratta di scegliere un quotidiano che ci racconti cosa succede nel mondo e nella nostra piccola realtà cantonticinese… se se ne trova uno che fa spesso capo a quell’immaginario, si legge quello. E a volte ci si riconosce.

I cantautori italiani erano seguitissimi anche in Ticino, dove facevano regolarmente tappa con concerti molto attesi e partecipati, di cui riecheggia ancora la memoria…

All’inizio degli anni Ottanta cominciarono a essere organizzati anche in Ticino i grandi concerti nelle piazze. Qui “Libera Stampa” riporta le opinioni di un attempato, ma tutto sommato tollerante, frequentatore dei bar bellinzonesi, non particolarmente disturbato dall’arrivo di Roberto Vecchioni in Piazza Collegiata, nel 1982.

La Radiotelevisione della Svizzera italiana ebbe un rapporto privilegiato con i cantautori. Oltre ai concerti esclusivi nell’ambito della trasmissione “Musicalmente” (distribuiti in Italia nell’apprezzata serie di cd e dvd live@rtsi ) va senz’altro ricordato il notevole spettacolo Me fuori di me di Giorgio Gaber (1973), oltre a centinaia di altre apparizioni tra le quali si può citare l’incursione di un inedito trio Dalla-MorandiGuccini, che interpreta giustamente “Aemilia”. I primi due elegantissimi, il terzo con pulloverone sformato e scarpe grandi da uomo di montagna. L’annuncio qui presentato viene dall’allora Teleradio 7 (1982), oggi Ticino7

Una poco lungimirante recensione di Storia di un impiegato, apparsa sul settimanale Azione alla sua uscita, nel 1973.

sabato 20 maggio 2023 3 Ticino7
“Restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento / le luci, nel buio, di case intraviste da un treno”
1. 2. 3. 4. 1. 3. 2. 1. 4.

Un’amara pastiglia

Quando la cura è peggio della ‘malattia’

“In Svizzera, una persona adulta su dieci prende regolarmente farmaci che provocano una dipendenza. Vengono consumati soprattutto sonniferi, analgesici e calmanti contenenti benzodiazepine. Le benzodiazepine hanno un notevole potenziale di creare dipendenza sia psichica sia fisica. Le donne sono soggette a questo tipo di dipendenza in misura doppia rispetto agli uomini”

L’arte serve anche a ricordare o rivelare verità scomode. Prendete il documentario Tutta la bellezza e il dolore della regista Laura Poitras (vedi riquadro pagina di destra, ndr), che oltre a essere un’opera notevole è soprattutto una vera denuncia giornalistica: ‘Potentissimo’ (Financial Times), ‘Profondo e rivoluzionario’ (Variety) e ‘Epico’ (The Guardian). E punta dritto al lato oscuro del sistema medico-sanitario e farmaceutico di oggi.

Nan Goldin, la protagonista, è una delle artiste più importanti e influenti della sua generazione, ha rivoluzionato l’arte della fotografia attraverso la sua ritrattistica schietta e profondamente personale. La sua arte è il filo che attraversa ogni cosa e ci porta dentro al gruppo P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now), da lei fondato assieme ad altri attivisti e artisti nel 2017. Nasce da un’esperienza personale di dipendenza da un farmaco oggi noto per aver causato la morte di oltre mezzo milione di americani. Si tratta del dannato OxyContin, antidolorifico a base di oppiacei. “Goldin ricorda che il suo impulso iniziale a impegnarsi nell’attivismo legato ai farmaci è nato dall’aver appreso che a Cambridge, in Massachusetts, erano falliti i tentativi di installare distributori automatici che avrebbero reso facilmente accessibile il farmaco salvavita che contrasta lo stato di overdose, il naloxone (comunemente indicato con il nome commerciale Narcan)”.

Filantropia ingombrante

Al centro della denuncia ci sono i Sackler, potente famiglia proprietaria della casa farmaceutica Purdue Pharma che ha tratto enormi profitti spingendo la prescrizione medica su larga scala dell’antidolorifico. Il documentario dà spazio a diverse condivisioni laceranti di famiglie che hanno perso figli adolescenti, a cui era stato prescritto l’antidolorifico dopo un’operazione, a causa della dipendenza subdola creata dal farmaco che ha portato all’overdose del medesimo. La storia dell’artista e attivista Nan Goldin, raccontata attraverso fotografie rivoluzionarie e rari filmati, ci parla della lotta per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per la crisi degli oppioidi. Tutta la bellezza e il dolore rivela un aspetto interessante: da New York a Londra, la Fondazione Sackler è presente in diversi musei iconici dove – ironia vuole –la stessa Nan Goldin ha delle opere fotografiche esposte.

“Mi sono concentrata sui Sackler perché era un nome che conoscevo. Pensavo fosse il nome di questi filantropi molto generosi che sostenevano l’arte che amavo”, ha detto Goldin, “e poi ho scoperto quanto sia sporco il loro denaro. Ho scoperto che sono loro che hanno prodotto e commercializzato il farmaco da cui io stessa ero dipendente”.

Nonostante le proporzioni inaccettabili delle morti per overdose causate dal farmaco, spesso prescritto come antidolorifico post-operatorio corrente, gli sforzi legali per rallentare la commercializzazione dell’OxyContin e la devastazione dell’epidemia che questo ha causato hanno avuto scarso effetto. Nel 2019 lo Stato di New York ha avviato una causa legale contro la famiglia Sackler, la cui fortuna si basa appunto su questi farmaci mortiferi messi a punto negli anni Cinquanta. “L’accusa sostiene che il marketing aggressivo di OxyContin a partire dalla metà degli anni Novanta ha portato a sovra-prescrizioni da parte dei medici e al flagello della dipendenza. La casa farmaceutica è accusata da 1’600 fra città, contee e Stati di essere una delle responsabili della dipendenza da oppiacei” (RSInews, 29 marzo 2019). All’epoca Purdue Pharma si protesse dichiarando bancarotta. Il farmaco a base di ossicodone è tutt’oggi disponibile, per il trattamento di dolori persistenti, medi o intensi, su prescrizione medica, anche nelle farmacie svizzere. È distribuito da Mundipharma, i cui proprietari sono sempre i Sackler.

“Nel 2007, per esempio, Purdue si è dichiarata colpevole di aver ingannato medici e pazienti sul potenziale di dipendenza e abuso dell’OxyContin. Purdue è stata condannata a pagare una sanzione di 600 milioni di dollari, il nome di Sackler è rimasto fuori dal caso e Purdue ha continuato a commercializzare il farmaco in modo aggressivo, mentre i suoi profitti salivano a nuove vette. Da allora, nonostante le udienze, le cause e i patteggiamenti contro l’azienda, l’influenza della Purdue e della famiglia Sackler ha evitato loro di dover affrontare una responsabilità completa, tutto ciò mentre la crisi si aggrava. Il P.A.I.N. ha quindi cercato di guardare al di là dei tribunali per ottenere il riconoscimento della loro responsabilità”

(da Tutta la bellezza e il dolore, 2022)

Ipermedicalizzazione: il solito problema

“Per anni i Sackler sono stati in grado di separare la loro attività farmaceutica dalla loro reputazione nel mondo dell’arte”, ha aggiunto Megan Kapler, membro del P.A.I.N. “Noi abbiamo cercato di aprire una breccia in questo sistema e di esporli per quello che sono, rendendo il loro nome sinonimo di morti per overdose da farmaco”. Il gruppo di attivisti inscena diverse proteste di grande impatto presso rinomati musei che avevano accettato i fondi Sackler. “Grazie a queste proteste i Sackler hanno perso la propria posizione di prestigio all’interno dei circoli artistici. Il mondo ora sa chi sono e cosa hanno fatto. L’idea di essere riusciti a condizionare un’azienda multimiliardaria in America è il mio orgoglio e la mia gioia”, ha aggiunto Goldin. Questo scandalo dalle proporzioni enormi ci parla di un problema di punta della società di oggi, la ipermedicalizzazione che mette al centro dell’agenda delle cure il profitto economico troppo spesso a discapito della salute del paziente. “L’unico modo per uscire da questa emergenza è investire nella riduzione del danno basata sull’evidenza e combattere la guerra del farmaco in modo non carcerario”, ha aggiunto Kapler. “La nostra speranza con questo film è che possa scalfire lo stigma della dipendenza”

“I sistemi sanitari dei paesi ricchi sono progettati per prescrivere medicinali e molto meno per toglierli. Il risultato è che molte persone prendono medicine inutili o addirittura dannose”

(da The Economist; articolo tradotto e ripubblicato dal periodico Internazionale il 5 maggio 2023)

sabato 20 maggio 2023 4 Ticino7 MEDICINA & SOCIETÀ DI KERI GONZATO
TRATTO DALL’OPUSCOLO INFORMATIVO ‘ SONNIFERI E CALMANTI: I RISCHI ’, ELABORATO DALLA ZÜRCHER FACHSTELLE ZUR PRÄVENTION DES ALKOHOL- UND MEDIKAMENTEN-MISSBRAUCHS (WWW.MIGESPLUS.CH/IT/PUBBLICAZIONI/SONNIFERIE-CALMANTI-I-RISCHI)

La testimonianza di Emily Reeve, farmacista di un grande ospedale di Adelaide in Australia, rivela quanto i suoi pazienti siano “spesso sommersi da un numero spropositato di farmaci da assumere”. In Svizzera una persona su due assume farmaci ogni settimana, il dato emerge dall’Indagine sulla salute in Svizzera realizzata dall’Ufficio federale di statistica nel 2017, interrogate oltre 22mila persone. Una persona su quattro assume antidolorifici ogni settimana, il 24% degli intervistati ne aveva fatto uso nella settimana precedente all’intervista. Dipendenze Svizzera ci dice che l’11% circa delle persone di età pari o superiore ai 15 anni ha preso sonniferi o tranquillanti nel corso dello scorso anno (circa 788mila persone) e il 7,4% ha assunto tali farmaci nel corso dello scorso mese (circa 530mila persone). Il 2,8% ne fa un uso prolungato (circa 201mila persone), il che corrisponde a un’assunzione praticamente giornaliera durante almeno un anno.

“Il consumo regolare e prolungato di antidolorifici forti, così come di sonniferi e tranquillanti, può essere considerato come una dipendenza. L’uso prolungato aumenta generalmente con l’età ed è più frequente tra le donne. L’uso di entrambi i farmaci è piuttosto diffuso in Svizzera. Più del 90% delle persone con età superiore ai 45 anni che fa un uso quotidiano di benzodiazepine, lo fa per un periodo di almeno tre mesi. In Svizzera vi è quindi un numero considerevole di persone che fa uso di sonniferi e tranquillanti per un periodo molto più lungo della durata raccomandata. La durata d’assunzione dovrebbe essere il più breve possibile (di norma soltanto qualche giorno) e non dovrebbe superare le tre o quattro settimane” (da dipendenzesvizzera.ch)

E da noi? No, non siamo messi benissimo

In Svizzera il consumo di antidolorifici è addirittura raddoppiato rispetto al 1992. “L’uso di psicofarmaci, invece, è rimasto pressoché costante, a eccezione degli antidepressivi, il cui consumo è in aumento dal 2007” (UST). In parallelo il ricorso alla medicina complementare è in continuo aumento con un 29% della popolazione che usufruisce in un anno di almeno un trattamento di medicina complementare come l’agopuntura, la medicina cinese, l’omeopatia o l’osteopatia. Dall’indagine dell’UST emerge che, sebbene l’85% della popolazione considera la propria salute (85%) e qualità di vita (92%) buona o molto buona, un terzo è affetto da malattie croniche. “Con il tempo, il consumo di farmaci è nettamente aumentato: rispetto al 1992, quando ad assumere almeno un farmaco nell’arco di una settimana era il 38% della popolazione di 15 anni e più, nel 2017 tale valore ammontava già al 50%. Le donne (55%) assumono farmaci con maggiore frequenza rispetto agli uomini (45%). La quota cresce con l’avanzare dell’età e tra le persone di almeno 75 anni raggiunge l’84%”.

Dipendenze Svizzera, una squadra interdisciplinare e multilingue attiva nell’ambito delle dipendenze, della prevenzione e della promozione della salute, anche a livello politico, mette in guardia sui rischi legati ai farmaci.

Un campanello d’allarme lanciato dalla squadra riguarda gli psicofarmaci che contengono benzodiazepine. Si tratta dei più consumati e prescritti in Svizzera e anche dei più problematici nel rischio di dipendenza… “Dal momento che le benzodiazepine sono tollerate bene dall’organismo e possono essere prese senza dare nell’occhio, esiste il pericolo di una graduale assuefazione che può portare alla dipendenza. Farmaci che inducono dipendenza possono essere venduti in Svizzera solo dietro prescrizione medica. Queste pillole vengono tutt’oggi prescritte troppo frequentemente a donne che attraversano una fase di vita difficile e spesso senza informarle a sufficienza sul pericolo di una dipendenza” (l’opuscolo informativo della Züfam è disponibile online in italiano). Zürcher Fachstelle zur Prävention ricorda che chiedere aiuto non deve essere una fonte di vergogna e che non appena si manifestano segnali di difficoltà e/o di dipendenza da un farmaco bisogna parlarne con il partner, amici e chiedere aiuto qualificato, a un consultorio eccetera. “Il ricorso a sonniferi e calmanti che contengono benzodiazepine dovrebbe essere di breve durata e limitato a situazioni di crisi acuta. La prescrizione di questi farmaci dovrebbe essere sempre accompagnata da approfonditi colloqui sui pericoli di assuefazione e dipendenza così come sulle altre possibilità di cura” (Züfam).

Corpo e mente. Mente e corpo Troppo spesso il sistema medicale di oggi assume sovente un approccio sbrigativo rispetto ai disagi psichici. I disagi psichici sono intrecciati con quelli fisici e, spesso e volentieri, il paziente si trova a parlare del proprio disagio interiore con il medico generalista. “Negli ultimi anni, troppo spesso, ho sentito storie di persone a me vicine, sia in famiglia che con i miei coetanei ventenni, che hanno riportato al proprio medico curante sintomi depressivi, problemi di ansia, difficoltà a dormire”, racconta Anna, educatrice a Lugano, “la risposta, nella maggior parte dei casi, non è stata indirizzare il paziente verso una persona qualificata nella cura di questi disagi, come uno psicologo o uno psichiatra, ma la prescrizione senza troppe remore di psicofarmaci”. Purtroppo i farmaci mettono un tappo temporaneo sul sintomo senza curare la causa del disagio.

“Se non vengono associati ad un ascolto accurato e a una terapia olistica che prenda in considerazione la persona nel suo insieme, il suo stile di vita eccetera, non sono assolutamente sufficienti”. Il farmaco non dovrebbe essere il primo ricorso, prima di tutto bisognerebbe prendersi il tempo per vedere cosa si può cambiare nella vita del paziente perché possa stare meglio… Le terapie complementari, gli approcci terapeutici comportamentali, così come la meditazione (sempre più usata anche da psicologi e psichiatri) ecc. possono essere un ottimo inizio per stare meglio. E poi ci sono l’arte, che come ci ricorda Nan Goldin ha una valenza terapeutica, le relazioni sociali, cantare, ballare, fare

teatro, muovere il corpo, stare nella natura,… Medicine, sia preventive che curative, gratuite o a basso costo prive di effetti collaterali. Come in molti ambiti della società bisogna invertire la tendenza che mette il profitto al primo posto. Prima dell’etichetta della malattia, prima della prescrizione del farmaco, viene la persona: “È più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, che sapere che tipo di malattia abbia una persona”, lo sosteneva già il greco Ippocrate nel IV secolo a.C. Ma vedrete che prima o poi lo capiremo: l’uomo, l’anima, la cura della persona devono tornare a essere il punto di partenza.

UNA POTENTE VERITÀ

TUTTA LA BELLEZZA E IL DOLORE (ALL THE BEAUTY AND ALL THE BLOODSHED) DI LAURA POITRAS, 2022

Leone d’Oro alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia, il film documentario è la storia intima ed emozionante dell'artista e attivista di fama internazionale Nan Goldin, raccontata attraverso diapositive, dialoghi inediti, fotografie rivoluzionarie e rari filmati della sua battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per la crisi degli oppioidi.

sabato 20 maggio 2023 5 Ticino7
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IL PRETE EBREO (2)

Il nuovo film di Marco Bellocchio (in concorso al Festival di Cannes) narra del bambino giudeo rapito a Bologna da Papa Pio IX e indaga il mistero della sua conversione. Una storia che avrebbe voluto raccontare anche Steven Spielberg.

L’11 dicembre 2015, sul numero 50 di Ticino7, appariva un contributo dal titolo Il prete ebreo Era la storia di Edgardo Mortara, sestogenito di una famiglia ebrea, rapito a sette anni, il 23 giugno 1858, dalla polizia pontificia (su mandato dell’Inquisizione) perché battezzato di nascosto dalla sua tata cristiana, che lo riteneva in pericolo di morte. A quel punto, il diritto canonico imponeva di dare al bambino un’educazione cattolica e venne portato nella Casa dei Catecumeni a Roma; per anni gli fu vietato di rivedere i genitori e dal 1867 studiò per farsi prete. Dopo la breccia di Porta Pia, il ragazzo non tornò in famiglia: riparò sotto falso nome in Tirolo e poi si trasferì in Francia, dove venne ordinato sacerdote assumendo il nome del suo rapitore, padre Pio Mortara. Il rapimento del bambino bolognese scatenò l’indignazione delle comunità ebraiche e ci furono pesanti pressioni per la sua liberazione da parte dell’opinione pubblica liberale di tutto il mondo, ma Pio IX rispose sempre: “Non possumus”, sia per il diritto civile sia per il diritto canonico. I Mortara avevano violato la legge dello Stato Pontificio, che imponeva agli ebrei di non tenere a servizio cristiani.

‘The Kidnapping of Edgardo Mortara’ È il titolo in inglese di Prigioniero del Papa Re di David Kertzer (Rizzoli, 1998). Sulla vicenda, avevano già scritto Gemma Volli in Il caso Mortara. Il bambino rapito da Pio IX (1960, riedito per Giuntina nel 2016) e Daniele Scalise ne Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa (Mondadori,1996). Nel 2004, Vittorio Messori scoprì negli archivi dei Chierici Regolari

Lateranensi l’autobiografia inedita che lo stesso Mortara scrisse nel 1888, un’apologia del papa – che sarebbe stato per lui un vero padre – e della Chiesa. Il libro Io, il bambino ebreo rapito da

Pio IX uscì per Mondadori nel 2005. Steven Spielberg, molto legato ai temi dell’ebraismo, pensò di girare The Kidnapping of Edgardo Mortara e giunse in Italia nel 2015 per scegliere location e casting. Le riprese dovevano cominciare nel 2016 a Bologna, era già stata prenotata la Reggia di Caserta come set per il Vaticano, ma il progetto si arrestò nella difficile ricerca di un bambino di sette anni che parlasse inglese e per il fitto carnet del regista. Nel 2018 uscì negli USA la traduzione dell’autobiografia curata da Messori, Kidnapped By The Vatican, introdotta da storici statunitensi ed edita dalla Ignatius Press

di San Francisco dei gesuiti americani. Il regista abbandonò l’idea di fare il suo film sulla vicenda, in cui l’oppressione del regime temporale ecclesiastico si incrociava con l’antisemitismo.

La conversione

Nel 2021, Marco Bellocchio annunciò l’inizio delle riprese di un lungometraggio sul caso Mortara (dal titolo provvisorio La confessione o La conversione) nell’estate 2022. Durante il lockdown, il regista aveva scritto personalmente il soggetto, non prendendo però lo spunto dal libro di Kertzer, ma da atti processuali e altri documenti dell’epoca, mettendo in primo piano la “indubbia violenza terribile perpetrata verso un bambino e dovuta al fanatismo religioso, l’idea che in nome di una fede si potesse fare tutto”. Il film si conclude con la presa di Porta Pia del 20 settembre 1870, anche se “la parabola di Mortara offre spunti potenzialmente (e drammaticamente) emblematici anche nel suo epilogo: l’ex bambino rapito dall’ultimo papa re, infatti, morirà novantenne in Belgio, nel 1940, […] avendo visto le croci uncinate, il nazismo, la nuova violenza contro il popolo ebraico”. “ll mistero della conversione”

è il cuore del film. “Ma non nel senso di Messori, che dice che si era veramente convertito”. Il suo è un approccio agnostico. Molto suggestiva una delle scene madri a cui accennò il regista in fase di sceneggiatura: “Il bambino, già in Vaticano, che sogna di schiodare Gesù […] come se Edgardo, figlio del popolo accusato di deicidio, sognasse di toglierlo dalla croce. Il bimbo racconta il sogno al Papa che quasi piange dalla gioia”. Il regista di Bobbio, nelle sale con il suo film dal 25 maggio 2023 e in concorso al Festival di Cannes, l’anno scorso ha ricevuto la Palma d’oro d’onore alla carriera. Il titolo del film sembra avere un doppio significato: rapito dalla Chiesa, ma anche dalla vocazione cristiana. Gustavo Latis, il pronipote, deceduto novantenne qualche anno fa in Brianza, si ricordava che la nonna, Imelde Mortara, non faceva avvicinare i bambini al prozio prete, per timore che il fratello potesse, in qualche modo, influenzarli.

IN ALTO: PAPA PIO IX (1792-1878)

IN BASSO: PARTICOLARE DEL DIPINTO DI MORITZ DANIEL OPPENHEIM ‘IL RAPIMENTO DI EDGARDO MORTARA (1862).

IN LIBRERIA

La storia ha ispirato il dramma di Victor Séjour, La tireuse de cartes, in scena a Parigi il 22 dicembre 1859, alla presenza di Napoleone III, da cui viene tratta anche la versione italiana, da Luigi Enrico Tettoni: L’indovina Mortara di Herman M. Moos esce poco dopo. Nel 1861 appare La famiglia ebrea di Riccardo Castelvecchio. Nel 1983 Giovanni Perich scrive La Carrozza di San Pietro. Nel 2006 Alfred Uhry presenta Edgardo Mine al Guthrie Theater di Minneapolis, e lo stesso anno esce la docu-serie Secret Files of the Inquisition. Del 2010 è l’opera lirica The Mortara Case di Francesco Cilluffo, per il Dicapo Opera Theater di New York. Nel 2022 viene pubblicato il libro Lo strano caso di Edgardo Mortara di Marzia Guerrieri.

sabato 20 maggio 2023 6 Ticino7 CINEMA & EDITORIA DI ALBA MINADEO
E SUL PALCOSCENICO SOPRA: IL REGISTA MARCO BELLOCCHIO E UN FOTOGRAMMA TRATTO DAL FILM ‘RAPITO’, NEI CINEMA ITALIANI DAL PROSSIMO 25 MAGGIO.

Grotto, vino e salamino

Un viaggio attraverso gli odori e i sapori del Ticino

www.ticinoate.ch

Ricetta

Cestini di formaggio con chips di prosciutto crudo

4 persone | 15 minuti | Facile

100 g formaggio a pasta dura ticinese o sbrinz

400 g büscion alle erbe

50 g prosciutto crudo ticinese

Immaginate di essere di ritorno da una passeggiata attraverso i numerosi itinerari che il Ticino propone. Chiudete gli occhi e sentite il profumo di pietra, camino e di salumi. Li riaprite e vi ritrovate seduti in un tipico grotto ticinese dove ad accogliervi c’è un meraviglioso tagliere di salumi e un nostalgico “tazzin” di Merlot Ticinese DOC. Tutto questo è possibile grazie agli innumerevoli grotti presenti sul territorio. Quello che oggi è chiamato grotto ticinese, in origine era una stanza arieggiata naturalmente che permetteva di mantenere una temperatura costante utilizzata per conservare vino, formaggi e naturalmente salumi. Col tempo il concetto è stato un po’ rivisitato e quello che si è venuto a creare è un piccolo “ristorantino” caratteristico, solitamente dotato di camino all’interno e tavoli in pietra all’esterno dove poter gustare i prodotti della tradizione. I più conservatori

offrono pochissimi piatti e utilizzano materie prime di produttori a ‘Km 0’, di produzione biologica e/o prodotti certificati Ticino regio.garantie: minestrone, polenta, risotto, vitello tonnato, salumi e formaggi, pesce in carpione, torta di pane ne sono degli esempi. Tornando ai salumi, il Ticino ne è sicuramente ricco: coppa, lardo, pancetta, mortadella di fegato, salami e salametti di maiale, ma non solo. Il salametto è sicuramente uno dei più conosciuti, immancabile in ogni grotto. Buonissimi anche quelli di cavallo, cervo, cinghiale e gli aromatizzati al merlot o al pepe della Vallemaggia. Non possiamo assolutamente mancare di nominare la carne secca di manzo e cavallo e il violino di capra, un prodotto di nicchia in Ticino. I salumi possono essere utilizzati anche in cucina: torte e muffin salati, cornetti di pasta sfoglia, antipasti, risotti… sfiziosissimi!

Itinerario

→ Le colline fortificate di Bellinzona

Il villaggio di Prada è per Bellinzona come un tesoro custodito dal bosco, un nucleo prezioso di storia e di arte appollaiato sulla montagna di Ravecchia; un luogo un po’ discosto e ancora poco conosciuto, che tuttavia è tranquillamente raggiungibile con una facile passeggiata lungo diversi itinerari. Partendo dalla stazione FFS di Bellinzona, si sale a Ravecchia e si imbocca a Pedevilla un sentiero piuttosto ripido ma ben tenuto, inframmezzato da scalini. Seguendo le indicazioni si raggiungono in una quarantina di minuti, prima Scarpapè e poi i resti, una sessantina di ruderi tra rustici e stalle – del nucleo di Prada che fu abbandonato durante la cosiddetta Peste del

BancaStato èlaBanca di riferimento

Borromeo (1629-1630). Da Prada è possibile continuare la passeggiata fino al Castello di Sasso Corbaro, sopra Artore (e viceversa): proprio all’inizio di questo tratto di sentiero si scoprono i ruderi delle antiche abitazioni, le pietre intrecciate ai tronchi degli alberi. Il sito è raggiungibile, oltre che da Pedevilla, da Scarpapè o anche dalla mulattiera che parte dall’Ospedale San Giovanni.

→ Percorso: Circolare

→ Difficoltà: Facile

→ Tempo: 3H

→ Lunghezza: 9 km

In una padella antiaderente formare un disco di formaggio grattugiato. Aspettare che fonda e dorare da entrambi i lati. Capovolgere la cialda su un bicchierino o una teglia da muffin rovesciata e dare la forma al cestino, far raffreddare. Ripetere l'operazione per i restanti dischi. Rosolare in padella le fette di prosciutto crudo finché saranno croccanti. Stemperare i büscion con un po’ di latte e creare una crema. Comporre i cestini aggiungendo la crema di büscion e le chips di prosciutto.

Attività

Maggio Gastronomico

Tre Valli e Bellinzonese Sino al 31 maggio

Giornate delle

cantine aperte Il 20 e 21 maggio nel Sopraceneri, il 27 e 28 maggio nel Sottoceneri

Güstemm er Verzasca Il 3 giugno

Mercato del Gusto, Ascona Il 4 giugno

Scollinando, Lugano Il 4 giugno

Vino in villa, Bellinzona Il 23 e 24 giugno

Alla scoperta del Salame dei Castelli di Bellinzona Su prenotazione Solo per gruppi

Food & Wine Tour Bellinzona Su prenotazione

Quintour Su prenotazione

Risotto Workshop Su prenotazione

Spesa in fattoria Tutti i mercoledì

Abbiamo tuttibisogno di puntifermi, di certezze edisicurezze. Noi vi offriamo il costante impegno di esseredasemprecon il Ticino eper iticinesi.

sabato 20 maggio 2023 7 Ticino7
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in Ticino
noi per voi
DAL TERRITORIO A CURA DEL CENTRO DI COMPETENZE AGROALIMENTARI TICINO N 46 ° 11 ' 03 . 4 E 9°02 ' 28 . 7
© TICINO A TE, PHOTOLOCATELLI.CH Scopri il percorso

A fine aprile un piccolo gruppo di giornalisti ticinesi, di cui faccio parte, è stato invitato a partecipare a un festival in Tunisia, nel governatorato di Kasserine, nel centro-ovest del paese. Una zona desertica, un tempo abitata da popolazioni nomadi, che si sono sempre dimostrate restie sia alle invasioni cristiane prima, sia a quelle di stampo islamico dopo. Negli ultimi decenni le grandi opere di irrigazione e modernizzazione hanno reso sedentarie le varie tribù un tempo dedite alla transumanza per gran parte dell’anno. Oggi qui a Kasserine restano molte famiglie che vivono delle loro greggi, della raccolta delle olive, ma sono tutte alle prese con grossi problemi di siccità e desertificazione.

Kasserine. La resistenza dei pastori

Con la seconda e ultima parte termina il nostro viaggio a Semmama, la zona desertica della Tunisia dove è sorto un Centro culturale per affrontare i problemi di disoccupazione, siccità e sfiducia dei pastori.

SOPRA: UN GIOVANE UOMO ALLA RICERCA DI UN RITRATTO. A DESTRA: IL POETA ADNEN HELALI A TUNISI (FOTOGRAFIA © ALAN KOPRIVEC).

SOTTO: JURI CAINERO E BEATRIZ NAVARRO IN COMPAGNIA DI UN MUSICISTA LOCALE. (FOTOGRAFIA © ARON ANSELMI).

Il Centro culturale Jebel

Alloggiamo a Sbeitla, una piccola città ai margini della zona desertica e montagnosa di Semmama, un tempo chiamata Sufetula, che è stata per un periodo capitale bizantina al posto di Cartagine; resti ben conservati di templi, teatro e chiese bizantine lo testimoniano.

Ogni mattina un bus ci porta al Centro culturale Jebel di Semmama, a venti minuti da Sbeitla, per il festival di arte e artigianato dal nome evocativo: La Fête des Bergers. Questa festa è nata nel 2011, anno della Rivoluzione dei Gelsomini, e in onore della Primavera araba si chiamava Fête du Printemps. Quando il Centro culturale non c’era ancora, la Fête des Bergers si teneva nel “deserto” (più corretto sarebbe dire steppa).

Nel 2018, il poeta impegnato Adnen Helali ha pensato di costruire un centro culturale per non racchiudere tutti i suoi progetti in così pochi giorni e per dare un luogo più riparato e attrezzato agli artisti e agli artigiani che partecipano alla festa. Ha regalato un terreno ereditato dal padre e ha cominciato a costruire pezzo per pezzo. Lo spazio è grande ed è aperto tutti i giorni. C’è un cortile interno, con portici ombreggiati e intorno alcune stanze che fungono da uffici, cucine, bar e ateliers. A fianco dei laboratori ci sono vari spazi di gioco per i bambini e di sport per i ragazzi. Sul retro si trova una grande arena per gli spettacoli. Le artigiane sono soprattutto le donne, che durante l’anno fanno vivere il Centro venendo qui a lavorare le stoffe, la fibra di sparto

(una pianta locale molto diffusa), le erbe che raccolgono sulle montagne e con cui distillano oli essenziali. Una di loro ha creato dei pupazzi con materiale di scarto che decorano tutto il centro e i suoi dintorni.

Mentre ci preparano pranzi sontuosi, mi dicono: “Questo Centro culturale ci ha cambiato la vita, si guadagna qualcosa e ci troviamo per molte attività. A casa abbiamo gli animali e qui la gente. Ci occupiamo di chi arriva, però questo significa per noi anche occuparci di noi stesse e dei nostri figli”. Adnen racconta che, quando ci saranno più finanziamenti, vorrebbero costruire una foresteria, con delle stanze per promuovere un turismo alternativo. “Facciamo le cose piano piano, una alla volta. Per ora il turismo in Tunisia si concentra sulle coste, ma noi vorremmo invitare qui chi è davvero interessato a scoprire il nostro pezzetto di mondo, con le sue bellezze e i suoi messaggi da offrire. Vogliamo dare un posto a chi non cerca l’albergo con piscina vicino al deserto, né il villaggio turistico, bensì un incontro autentico”. Adnen ha gli occhi che luccicano di entusiasmo mentre guarda i bambini, i giovani intorno a lui, che un giorno forse dovranno decidere tra morire in mare o nel deserto. “Questo Centro serve per la nostra resistenza”.

sabato 20 maggio 2023 8 Ticino7 REPORTAGE TESTO E FOTOGRAFIE © SARA ROSSI GUIDICELLI

Questione di fiducia

Alla Fête des Bergers si incontrano i “pastori di tutto il mondo”, spiega l’ideatore. “I pastori fanno una festa perché hanno diritto alla filosofia e all’arte, condividendole con altri nomadi innamorati della terra. Ci siamo sentiti abbandonati, si è lasciato che i fondamentalisti islamici si installassero sulle nostre montagne. Ma noi abbiamo costruito una fortezza per la nostra anima, che protegge la libertà e l’esistenza di noi tunisini. I terroristi ammazzano e piazzano mine sul nostro cammino, ma non possono impedirci di cantare. È una vittoria per la vita”. Quest’anno in programma ci sono spettacoli catalani, pakistani, ticinesi, argentini, messicani e naturalmente berberi e tunisini. La scorsa settimana avevamo parlato di Piera Gianotti Rosenberg, attrice di teatro e allevatrice di capre. Un altro ospite ticinese della festa è Juri Cainero, figlio di Gardi Hutter, che con la compagna Beatriz Navarro ha fondato la compagnia di danza Onyrikon. Juri e Beatriz sono già arrivati da una settimana e hanno svolto una residenza per una creazione insieme a un gruppo di musicisti berberi e ad alcuni ragazzi del luogo che va in scena nei giorni del festival. Dopo la Fête des Bergers, partiranno in tournée sulle tracce dell’antica transumanza dei pastori. Uno dei giovani break dancer coinvolti nel progetto di residenza mi dice: “Prima ci ritrovavamo di nascosto a fumare, invece da quando c’è il Centro veniamo qui a fare sport, atelier di formazione, aiutiamo a organizzare varie manifestazioni culturali. La collaborazione con la compagnia Onyrikon di Juri Cainero e Beatriz Navarro per noi è stata un’occasione unica di mostrare chi siamo e di imparare chi vorremmo essere. Dopo la festa porteremo nella regione lo spettacolo per una settimana e mostreremo alla nostra gente cosa abbiamo fatto. Questo ci rende fieri perché vorremmo passare ai nostri coetanei una speranza, una fiducia che qualcosa si può fare”.

Acqua

In questi giorni si suona dappertutto, è facile che nascano canti improvvisati tra musicisti di paesi diversi durante le attese, tra uno spettacolo e l’altro. Alla fine della performance di Juri e Beatriz, uno spettacolo itinerante, tra il cortile, i campi e l’arena, il pubblico si unisce agli artisti per una vera festa danzante, come un antidoto all’aridità che ci circonda. Passato il momento di comunione, prima di ripartire, il Generale ci porta a fare una passeggiata. Ha combattuto i terroristi in questa zona, da qui il suo nome. È rimasto ferito durante uno

scontro e tuttora si muove solo con le stampelle. Fin dall’inizio del festival ci è stato al fianco, insieme a vari soldati della Garde Nationale che protegge queste terre considerate zona rossa di pericolo di terrorismo. “Quando ero piccolo qui era tutto diverso. Era più verde, c’erano più orti, meno fichi d’india e il bestiame poteva nutrirsi di erba”. Ora di erba non se ne vede. Mancano precipitazioni da tre anni ormai, le irrigazioni sono razionate così come il consumo di acqua privato. Le pecore lasciano piano piano il posto alle capre, per chi resiste – o non può fare altrimenti – e continua a vivere di agricoltura. Le capre possono mangiare le foglie dei fichi d’india, ma per sostituirle al foraggio bisogna togliere le spine con una fiamma ossidrica, che ovviamente consuma e ha dei costi.

Entriamo in una casa di pastori a bere un caffè. Fuori, una nonna sta cuocendo il pane in una padella sopra a un fuocherello. Dentro, non ci sono quasi mobili. Solo un divano, una piccola cucina, i letti. Le signore insistono per regalarci i loro prodotti di artigianato: un cesto per la frutta intrecciato con i fili fatti di fibra di sparto e il centrino all’uncinetto da mettere nel cesto per non sporcarlo. Quasi ogni casa ha il suo pozzo, spesso scavato senza permesso. Arriva un trattore con la cisterna dell’acqua: il Generale ha un terreno con gli ulivi e ha dovuto comprare l’acqua per irrigarli. Sospira, apre il cofano della sua automobile e da una cassa con il ghiaccio tira fuori delle bottiglie. Ci offre da bere il bene più prezioso.

Come avete lavorato?

“L’organizzazione del Festival ci ha chiamato per un lavoro interculturale. Siamo arrivati con alcune idee per la creazione, da sviluppare sul posto per una collaborazione con un gruppo di musicisti locali e un altro gruppo di sei ragazzi cresciuti qui e interessati alla danza. Ci siamo incontrati, prima di tutto. Abbiamo provato ad ascoltarci gli uni gli altri e a costruire insieme qualcosa. Soprattutto forse a comunicare, prima ancora che a costruire. Con i musicisti è stato più facile: sono un gruppo affiatato abituato a stare in scena con un senso teatrale. Abbiamo trovato insieme i momenti da condividere, piuttosto in fretta. Con i ragazzi è stato complesso, interessante. Li abbiamo conosciuti quando siamo arrivati, hanno meno di vent’anni, fanno break dance per piacere da molto tempo ed erano orgogliosi di mostrarci le loro performance. Abbiamo cercato di valorizzare il loro piacere ma anche di portarli un po’ più in là, sperimentando qualcosa di diverso. Ascoltarsi. Frugarsi dentro. Tirare fuori. Esprimere. Ascoltare. Comunicare. Porgere. Stare attenti. Fidarsi”.

E come è andata alla fine?

“Non siamo ancora alla fine. Abbiamo appena debuttato con lo spettacolo, e questo è l’inizio. Domani partiamo in tournée in tutta la Tunisia. Però abbiamo raggiunto qualcosa di prezioso. Li abbiamo visti cambiare espressione, concentrarsi come all’inizio sembravano non riuscire. All’inizio dovevamo fare lunghe pause, perché non sostenevano il ritmo di lavoro. Il danzatore ha bisogno di grande rigore, e tutti insieme abbiamo fatto questa esperienza: aspettarsi, accordare il passo gli uni agli altri. È vero che mancano molte cose materiali qui, ma ci ha colpiti la fraternità presente e una capacità di stare al mondo, stare in piedi con quello che c’è, come un savoir faire con l’essenziale che ci ha insegnato molto”.

Qual è il senso di una collaborazione del genere, in una zona così bisognosa? L’arte è davvero il punto da cui partire?

“Non crediamo che con il nostro spettacolo gli abbiamo cambiato la vita. Però qualcosa succede; come succede a noi di diventare più ricchi con questo incontro, anche loro trovano un senso in questa collaborazione. Riuscire a portare a termine qualche cosa di difficile, di cui essere fieri, qualcosa che li unisce in gruppo e rafforza i legami. Eravamo lì a casa loro, ora andremo in giro per la loro regione, che di solito è oggetto di critiche o compassione. Qui si è bombardati dalle immagini di un Occidente desiderabile e noi siamo rimasti nei loro luoghi, abbiamo danzato nei campi e al Centro di Semmama, abbiamo coinvolto la musica e le danze locali, perché valgono quanto qualsiasi altro atto artistico di qualunque altro posto. Il rischio di arruolamento da parte dei terroristi è presente in tutta la zona; l’arte può rafforzare la percezione di sé e dunque l’idea che ogni vita può far parte del mondo e lo arricchisce”.

sabato 20 maggio 2023 9 Ticino7
UNO SPETTACOLO DI CLOWN ENTUSIASMA IL PUBBLICO PIÙ GIOVANE.
“(...) vorremmo passare ai nostri coetanei una speranza, una fiducia che qualcosa si può fare”
Voi siete stati invitati qui per una residenza artistica e siete arrivati a Semmama una settimana prima dell’inizio della Fête des Bergers.
Tre domande per Juri Cainero e Beatriz Navarro della compagnia Onyrikon. IL MANIFESTO DELL EVENTO E ALCUNI PUPAZZI. UN SUONATORE DI FLAUTO BERBERO. LO SGUARDO PENETRANTE DI UN ANZIANA DONNA LOCALE.
sabato 20 maggio 2023 10 Ticino7 TIPO UN FUMETTO DI ALESSIO VON FLÜE
sabato 20 maggio 2023 11 Ticino7

Orizzontali

1. Dimore, alloggi 5. A Bellinzona c’è il San Giovanni 12. Relativi alla scatola in testa 14. Pianta dalle bacche commestibili 15. Marca giapponese di veicoli 16. Contenti, felici 18. Iniziali del regista Herzog 19. Quella blu serve per la tequila 21. Parte della recita 23. Allievi, alunni 25. Moneta giapponese 26. Incontro di vocali 28. Si scaldano infervorandosi 30. Sulle targhe di un Romando 31. Un parente 32. Perla senza pari 33. Curve di fiume 35. Centro di Kriens 36. Appartamento in un hotel

38. Punto cardinale 40. Fertilizzante

42. Un condottiero cinese 43. Un medico al femminile 45. Suono, melodia

46. Incarico provvisorio 48. Un braccio

Spedisci un SMS al 434 (CHF 1.–/SMS) scrivendo TI7 <spazio> SOLUZIONE e partecipa all’estrazione. Termine di partecipazione: giovedì prossimo.

PREFERISCI GIOCARE ONLINE?

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GIOCA CON TICINO7

o una gamba 49. Località sulle pendici del Tamaro 50. Uno zio a Madrid 51. Sollevare 52. Vita senza vocali 53 I confini di Arzo 54. Serve per le corone dei laureati 55. Appartenente al sottoscritto 56. Il nome della cantante Dion 57. Un Re di Shakespeare 58. Avidi, insaziabili 60. Fitti, spessi 61. Località del Locarnese 62. Redige rogiti

Verticali

1. Albert, medico e filantropo (18751965) 2. Un uomo eccezionale 3. Segue il din, don 4. Un colore dell’arcobaleno 5. Veloce senza vele 6. Campionessa mondiale del curling 7. Lunghi periodi di tempo 8. Cinque in una mano 9. Vestiti 10. Articolo per donne 11. Uomo di

Tallinn 13. Consigliava Otello 17. Giorno del passato 20. Fu re dei Visigoti 22. Affettuosa, dolce 23. La firma di Sergio Tofano 24. Profonda in poesia 27. Il Dipartimento con Bourg-en-Bresse 29. Il fiume di Celerina 32. Chiude la frase 34. Asini 36. Non sopra 37. Correggere, ripulire 39. Locale con molti letti 40. Si chiede al cameriere 41. Oltre frontiera 43. Il nome di Fo 44. Si getta nel solco 45. È chiamata albero dei sigari 47. Mandati, spediti 49. Luigi, librettista della Tosca 51. Tra Edgar e Poe 54. Antico cantore 55. La colpì Guglielmo Tell 56. Principio di cecità 57. Fuggì da Sodoma 59. Iniziali di Saviano 60. Dario, premio Nobel

VINTO: Doriana Celio (Biasca)

sabato 20 maggio 2023 12 Ticino7 VINCI
pozz SalvioniEdiz Vinci il libro Un bolide di meteori 2018 proveniente dagl verso, passa attraverso siopea ed entra nel no forza di gravità di Giov ria di sette gradi. Alla v al secondo dovrebbe p tamila chilometri dall’a la Luna aggiusta la sua rioremillesimo di grado Il bolide punta ora vers zodiTalete zioni ci libro… te di nome Giuseppi ispazi siderali dell’unile cinque stelle di Casostrosistema solare. La vedevia la sua traiettovelocità di 57 chilometri assareadappena trenatmosfera terrestre, ma a traiettoria di un ulteo solaTerra…
Il
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18 11 49 38 60 41 16 43 2 62 SOLUZIONE DEL 6.5.2023 MONTEBELLO Soluzione completa su laregione.ch/giochi
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Addio nubilato. Benvenuto sbadiglio

Mentre leggerete queste righe staremo facendo i biglietti per Mirabilandia, pronte a sfidare le mille avventure del parco con la divisa d’ordinanza del Team Bride. Abbiamo scelto un parco divertimenti perché “’sta vita è un roller coaster”, come direbbe Achille Lauro e l’amore e il matrimonio si nutrono di alti, bassi, vertigini e paure. Le montagne russe sono un ottimo storytelling, ci siamo dette guadagnando l’istantanea approvazione delle invitate (il team bride è come gli amici della Ferragni e non ti lascia mai senza un urletto di approvazione a ogni proposta).

Qualcuna si è occupata delle coroncine, qualcuna delle magliette, qualcuna dell’albergo e del ristorante post parco divertimenti. Qualcuna ha buttato là che forse, trovandoci nella riviera romagnola, dovremmo organizzarci per andare a ballare. Sono tornata ragazzina per un momento, ho pensato a quando si partiva presto per tornare più tardi possibile e l’unico timore è stato: “Come farò a restare sveglia?”. Non so dirvi, mentre scrivo queste righe, se finiremo a metterci in coda per un gin tonic al Pineta come fossimo negli anni Novanta o se gironzoleremo per i bar del centro con le nostre biciclette

a noleggio. Non abbiamo ancora deciso, ma l’imperativo è divertirsi e non c’è sbadiglio che possa mettersi sulla nostra strada. Una delle invitate sarà incaricata del racconto fotografico: è inammissibile tornare a casa senza le prove che ci si è divertite e si è pensato davvero a tutto. Oltre al divertimento, l’altro obbligo del format addio al nubilato, anche in questi tempi moderni, è il completo intimo da regalare alla promessa sposa. Che è passato tanto tempo e che non sono più quella di una volta, l’ho capito quando invece di cercare mutande commestibili in qualche residuato di sexy shop ho pensato a sincerarmi della taglia e soprattutto a verificare che fosse possibile cambiare con lo scontrino di cortesia in qualunque parte del mondo. Andare sulle montagne russe è importante, lasciare a terra i fifoni e sfidare la nausea dando prova di coraggio, lo è ancora di più. Soprattutto se si parla di matrimoni e affini. Ma avere un ‘piano B’ lo è ancora – e sempre - di più.

Il grande salto

SOPRA LA PANCA

Metti una sera a Cuneo, anzi, non ancora una sera e non più un pomeriggio. È quel momento sospeso fra due tempi, che si allunga con l’allungarsi delle giornate. Ancora si vede bene la via alberata e, diritto davanti a me, un cartello che vieta ai cani l’accesso alle aiuole. Ma si accendono i lampioni: uno alla mia destra, uno a sinistra e due di fronte. Tutta questa luminaria mi acceca per un secondo, poi mi abituo. Resto seduto ancora per un po’ e mi accorgo di una faccenda bizzarra. Di solito i lampioni servono a mostrare le cose, non hanno altre ambizioni. Stavolta invece noto qualche tentennamento nella luce alle mie spalle. Poi il lampione davanti a sinistra si attenua, torna a risplendere. Quello sulla destra uguale. Non ci arrivo subito, ma poi la spiegazione mi balza agli occhi (è il caso di dirlo): i lampioni si stanno salutando. Rimango ancora qualche minuto e comincio a decifrare questo linguaggio misterioso, fatto di lampi e rapide ombre. Come va? Un’altra nottata, via. Coraggio, diventano sempre più corte, non c’è nemmeno la nebbia. Sì, d’estate si lavora meglio.

IN CORSO DANTE ALIGHIERI

Coordinate: 44°23’12.6”N 7°32’34.2”E

Comodità: ★★☆☆☆ Vista: ★★☆☆☆ Ideale per… imparare il linguaggio dei lampioni.

ticino7

ALTRI SCHERMI

LA STORIA

Dal premiato regista Ben Affleck e con Matt Damon protagonista nel ruolo dell’anticonformista manager della Nike, Sonny Vaccaro, AIR –La storia del grande salto racconta l’incredibile e rivoluzionaria partnership tra un giovane Michael Jordan e la nascente divisione dedicata al basket della Nike, capace di rivoluzionare il mondo dello sport, quanto la cultura contemporanea, con il lancio del marchio Air Jordan. È anche la storia di una squadra non convenzionale e del “fenomeno’” del basket.

UN GIOVANE CESTISTA

Sonny Vaccaro, organizzatore di tornei di pallacanestro di provincia e personaggio apparentemente senza arte né parte, viene assunto negli anni Settanta dalla Nike per convincere giocatori e allenatori a diventare rappresentanti del giovane marchio sportivo. Vaccaro sarà l’unica persona in grado di convincere un giovanissimo Michael Jordan a firmare per la Nike, cambiando per sempre la storia dello sport, del marketing e dell’abbigliamento sportivo. Il film è ora in streaming su Prime Video.

SOLO JORDAN È JORDAN

AIR segna la prima collaborazione di Ben Affleck come regista di un film con protagonista Matt Damon. Non solo regista, Affleck nel film interpreta il cofondatore della Nike, Phil Knight. Il cast comprende anche Jason Bateman nei panni di Rob Strasser, Chris Messina nei panni di David Falk e Viola Davis come Deloris Jordan. Grande assente Michael Jordan, sul quale ruota la narrazione, inserito solo attraverso filmati di repertorio o inquadrato di spalle. “Jordan è troppo grande per metterlo in un film”, ha dichiarato Ben Affleck.

CHI NON SALTA BIANCO È!

Un altro nuovo prodotto dedicato al mondo del basket è uscito ieri su Disney+. White Men Can't Jump è un remake dell’omonimo film del 1992, interpretato da Wesley Snipes e Woody Harrelson nei panni di due imbroglioni che usano le loro abilità nel basket per estorcere denaro a ignari passanti. Il nuovo film ha come protagonisti Sinqua Walls e il rapper Jack Harlow. Nel cast anche Lance Reddick, in una delle sue ultime interpretazioni prima della morte avvenuta lo scorso marzo.

sabato 20 maggio 2023 13 Ticino7
LA FICCANASO DI LAURA INSTAGRAM: @LA_FICCANASO
Settimanale inserito nel quotidiano laRegione ticino7.ch • #ticino7 • facebook.com/Ticino7 Direzione e redazione Giancarlo Fornasier Grafica Variante agenzia creativa Editore Teleradio7 SA • Bellinzona Amministrazione, direzione e redazione Regiopress SA, via C. Ghiringhelli 9 CH-6500 Bellinzona tel. 091 821 11 11 • salvioni.ch • laregione.ch Servizio abbonamenti tel. 091 821 11 86 • info@laregione.ch Pubblicità Regiopress Advertising via C. Ghiringhelli 9, CH-6500 Bellinzona tel. 091 821 11 90 • pub@regiopress.ch
DI ALBA REGUZZI FUOG
AIR
TESTO E FOTOGRAFIA © ANDREA FAZIOLI

Si apre una nuova pagina

Un passato glorioso, un presente ancora ricco di affezionati lettori e un futuro in continua evoluzione. Con Frédéric Mast, senior consultant Customer & Service Management di SWISS TXT e per molti anni redattore e responsabile della redazione sportiva del Teletext a Bienne, abbiamo fatto il punto della situazione per capire se questo mezzo di comunicazione tanto amato in Svizzera potrà sopravvivere e in quale forma.

Lo scorso 7 febbraio assieme a Theo Mäusli (specialista Offerta e Innovazione SSR) hai presentato il progetto Ikon, che mira a proporre i contenuti attualmente offerti da Teletext ma in chiave più moderna.

Ce ne puoi parlare?

Teletext continua ad avere una clientela fedele, ma la sua tecnologia è ormai antiquata. Inoltre, non sfrutta tutte le possibilità offerte dallo schermo televisivo. Grazie all’HbbTV è possibile presentare gli attuali contenuti Teletext in modo più moderno e integrarli in tecnologie più innovative Sulla RSI è possibile usufruire di questo servizio utilizzando il tasto rosso del telecomando dei televisori dotati di tecnologia HbbTV (la maggior parte dei modelli in commercio dopo il 2012) e connessi a internet

Con il tasto rosso è possibile accedere al Play RSI e a tutta l’offerta video on demand, guardare gli eventi sportivi in live-streaming, avere contenuti e statistiche interattive, accedere ai servizi per persone con disabilità sensoriali, ascoltare tutte le radio della SSR ed è possibile informarsi leggendo questa versione rinnovata del Teletext. Accessibilità, attualità, rapidità: i contenuti sono gli stessi del Teletext tradizionale, ma arricchiti da elementi multimediali.

Il Teletext è ancora molto utilizzato in Svizzera?

In quale forma?

Il Teletext è ancora utilizzato prevalentemente nella sua classica forma sul televisore. Secondo il Digimonitor 2022 dell’IGEM, attualmente sono 549.000 le persone che utilizzano il Teletext quotidianamente una o più volte al giorno (8,5% del gruppo target 15+) e 1.901.000 quelle che lo utilizzano occasionalmente (29,4% del gruppo target 15+).

Anche l’offerta digitale sta riscuotendo un vivo interesse: prima della pandemia (primavera 2020), Net-Metrix ha registrato 448.000 utenti unici (utilizzo almeno una volta al mese) per l’offerta del Teletext digitale.

Misurato in termini di numero di utilizzi (pagine viste), stiamo ancora registrando cifre crescenti nel digitale (soprattutto sull’app) di anno in anno. Nel secondo anno della pandemia, si è registrato un massiccio aumento dell’utilizzo totale (+25% di pagine viste rispetto all’anno precedente). Ciò è dovuto principalmente a una ripresa degli eventi sportivi e a una domanda sempre più elevata di notizie.

Teletext ha alle spalle una storia gloriosa. Quando è approdato in Svizzera e quando è stato il suo apice?

Ben detto, una storia gloriosa e anche molto lunga ormai, visto che proprio quest’anno cade l’anniversario dei 40 anni della concessione data dal Consiglio Federale per il Teletext. Altri anni importanti furono il 1984, con l’effettiva entrata in funzione su SF DRS (oggi SRF) e il 1986, con le prime pagine in lingua italiana su TSI (oggi RSI).

Nel 1988 iniziò la sottotitolazione in diretta, mentre nel 1996 il Teletext fece la sua apparizione sul web, con il sito teletext. ch. Bisognerà attendere il 2009 per la prima applicazione per smartphone. Quanto all’apice, possiamo ricordare due record: il 19 febbraio 2006 più di 2,2 milioni di persone si informano su Teletext sui Giochi olimpici di Torino, mentre quattro anni più tardi gli utenti a caccia di informazioni sulle elezioni federali furono 2,267 milioni, superando così di poco il precedente primato. La tecnologia col quale è trasmesso è cambiata rispetto al passato?

Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, la tecnologia si basa sulla trasmissione di dati in un formato che sfrutta gli intervalli di oscuramento verticale del segnale televisivo. È un modo economico di trasmettere informazioni a un vasto pubblico, poiché non richiede alcun dispositivo aggiuntivo (uno dei segreti del suo successo). E questo non è cambiato sin dall’inizio del Teletext. Ciò che è cambiato è il formato: dal 1998, per la trasmissione dei dati, abbiamo iniziato a utilizzare segnali digitali, che offrono maggiore qualità e affidabilità.

In realtà, è più a livello di produzione di contenuti che le cose si sono realmente evolute. Un esempio significativo è la rubrica dei risultati sportivi: all’inizio i club chiamavano la redazione per fornire i risultati finali, poi i risultati venivano inseriti manualmente nelle pagine dalle e dai collaboratori. Ora quasi tutti i risultati live o finali arrivano automaticamente in un database e vengono elaborati in base ai diversi vettori serviti, senza intervento umano nel processo.

Uno dei servizi storicamente più utili e apprezzati del Teletext sono certamente i sottotitoli.

Si può addirittura dire che la tecnologia del Teletext sia stata creata per questo scopo. È la ragion d’essere del mezzo e una

missione imprescindibile. Per questo ora ci affidiamo alla nuova tecnologia HbbTV, che ci permette di trasmettere nella lingua dei segni e non solo i sottotitoli.

Un compito davvero importante in un Paese dove si stima ci siano circa 10’000 persone sorde (0,1% della popolazione) e circa 600’000 persone deboli d’udito (6,8%), una cifra in costante aumento con l’invecchiamento della popolazione.

Una particolarità che salta all’occhio è la grafica rimasta (quasi) sempre invariata negli anni. Sappiamo che esistono anche molti appassionati di TeletextArt, con addirittura dei festival.

L’aspetto del Teletext, il cosiddetto Look&Feel, è dovuto alle limitazioni della tecnologia di trasmissione utilizzata. È così che è nato il suo classico aspetto “tutto testo” o le immagini “a pixel”. Ma quello che all’inizio era considerato un punto debole, nel corso degli anni è diventato un punto di forza, grazie ai lettori che hanno sempre mostrato di apprezzare questo aspetto caratteristico. Inoltre, proprio come i contenuti, l’intera impaginazione è visivamente minimalista, senza essere oscurata da pubblicità troppo vistose. Fedele allo slogan “L’importante all’istante” è anche l’aspetto visivo del Teletext che in effetti ormai è diventato un cult!

sabato 20 maggio 2023 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 21.5 al 27.5 14
A TU PER TU
teletext.ch

Showcase RSI

con i Make Plain

Quando il potere del folk unisce

La loro è un’avventura umana e artistica a dir poco straordinaria. Andrea e Luca, i Make Plain, hanno sempre trovato la forza di cavalcare il loro sogno, sapendosi anche reinventare nei momenti più difficili senza perdersi d’animo grazie alla loro passione bruciante per la musica. Dieci anni insieme, durante i quali hanno macinato chilometri e chilometri sulle strade del mondo, della nostra regione alla Svizzera, all’Europa e anche al di là dell’Atlantico dispensando il loro irresistibile e contagioso power folk ai quattro venti.

Ed è dunque un anniversario che merita un regalo prezioso e significativo, un nuovo album che risponde al nome di “Rust Mud Dust” (ruggine, fango e polvere): “Elementi che modificano, nascondono e rendono opaca la realtà che ci circonda” – spiegano i Make Plain. Un titolo che scalfisce situazioni, luoghi e tempi che hanno ispirato e fatto riflettere il duo sulle dinamiche assurde di un’epoca di forzature e di situazioni inconcepibili alle nostre latitudini. Al centro delle canzoni dunque sensazioni, stati d’animo, esperienze di vita e ricordi di luoghi vissuti ed immaginari. Un lavoro che rappresenta un traguardo davvero significativo, che suggella un percorso importante aprendo al contempo nuove traiettorie poetiche e artistiche.

Registrato nei prestigiosi Power Play studio di Maur (ZH), il nuovo album sarà svelato il 1° giugno nell’Auditorio Stelio Molo della RSI in uno showcase cui parteciperanno alcune e alcuni special guest: Romina degli Animor, Rocco Casella e Ambramarie, cantante e voce influente di Radio Freccia. La serata sarà presentata da Gian Luca Verga e trasmessa in diretta su Rete Tre e su rsi.ch/streaming.

#ShowcaseRSI Giovedì 1° giugno, alle 20.00 Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano-Besso Prenota il tuo posto su rsi.ch/eventi

Il cast è di famiglia

Al via un nuovo ciclo di film

Dopo “Cinema e ambiente”, a partire da martedì 23 maggio su LA 1 in terza serata scatta un nuovo ciclo composto da sei film in cui le o gli interpreti sono tra di loro imparentati.

Questi gli appuntamenti settimanali con “Il cast è di famiglia”:

• 23.05: Dove eravamo rimasti (con Meryl Streep e la figlia Mamie Gummer);

• 30.05: Alta fedeltà (con John Cusack e la sorella Joan);

• 06.06: Un uomo tranquillo (con Liam Neeson e il figlio Micheál Richardson);

• 13.06: Madri e figlie (con Susan Sarandon e la figlia Eva Amurri Martino);

• 20.06: Vizio di famiglia (con Kirk, Michael e Cameron Douglas)

• 27.06: I Tenenbaum (con Owen Wilson e il fratello Luke).

La prima pellicola del ciclo, Dove eravamo rimasti (Ricki and the Flash), è un film del 2015 diretto da Jonathan Demme ed è ispirato alla vita di Diablo Cody, sceneggiatrice, blogger e scrittrice statunitense – nonché ex-spogliarellista.

Da martedì 23 maggio alle 23.30 circa su LA 1

SERATA PUBBLICA

Giovedì 1° giugno alle 18.00, Studio 2 RSI, Lugano-Besso

Una dòna di nòst

Una serata pubblica in collaborazione con RSI, dedicata a Elsa Franconi-Poretti

Elsa Franconi-Poretti (Lugano, 1895-1995) fu tra le protagoniste ticinesi che conquistarono il diritto di voto e di eleggibilità delle donne.

Personalità poliedrica, collaboratrice del Corriere del Ticino e dei programmi per la donna alla nostra Radio, fu attiva in diverse società femminili e condusse una intensa attività politica. Poco nota è invece la sua attività di autrice per il teatro radiofonico per il quale ha scritto oltre 90 opere, in maggioranza dialettali. Una lacuna che verrà colmata dall’uscita del volume “Elsa Franconi-Poretti / Una dòna di nòst” contenente studi di Franco Lurà, Guido Pedrojetta, Enzo Pelli e Nelly Valsangiacomo

Durante la presentazione pubblica di questo volume interverranno l’autrice e gli autori e si potrà ascoltare una di queste commedie nella versione originale del 1961. Sarà inoltre possibile acquistare il libro. Prenotazioni su rsi.ch/eventi

The Undoing in prima TV

Dopo Succession, le avventure nel mondo spietato del capitalismo familiare statunitense, approda su LA 1 in prima TV, il lunedì in terza serata, un altro titolo molto chiacchierato: The Undoing

Una miniserie televisiva diretta da Susanne Bier (la regista danese Oscar per il miglior film straniero 2011 con “In un mondo migliore”, pure autrice della serie “The Night Manager”), tratta dal romanzo “Una famiglia felice” di Jean Hanff Korelitz.

Grace e Jonathan Fraser sono una ricca coppia di Manhattan: vivono in un duplex sulla quinta strada, hanno lavori qualificati (lei è psicoterapeuta, lui oncologo infantile) e un figlio adolescente che frequenta una prestigiosa scuola privata. Tutto questo castello dorato comincia a crollare quando Elena, giovane donna d’estrazione popolare e mamma di un compagno di scuola di Henry, viene trovata morta. Per Grace è uno shock, così come scoprire che il marito è improvvisamente scomparso. Dov’è l’uomo? Perché non risponde al telefono?

Non perdetevi gli episodi di The Undoing con due interpreti d’eccezione: Nicole Kidman e Hugh Grant

Da lunedì 22 maggio alle 23.15 su LA 1 Su Play RSI fino a 7 giorni successivi alla messa in onda

sabato 20 maggio 2023 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 21.5 al 27.5 15
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