Ticino 7 N42

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Voci e parole alla ricerca del clima perduto

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Se i cambiamenti ambientali opprimono e fanno star male

Siete tristi per lo “sfacelo ambientale” in corso? Avvertite uno straziante senso di perdita? Vi sentite impotenti dinnanzi al declino del mondo così come lo conosciamo (o ci viene presentato, leggasi complottismo)? Tranquilli, esiste una parola per descrivere lo stato d’animo che alberga nella vostra testa: si chiama solastalgia. Dal latino solacium (conforto) e la radice greca –algia (dolore), è un neologismo creato quasi vent’anni fa dal filosofo Glenn Albrecht. Come avrete intuito è un sentimento di nostalgia che si prova per un luogo, nonostante vi si continui a risiedere; uno stato emotivo che appare quando il proprio ambiente viene alterato da mutamenti repentini che fuggono al nostro

controllo, e in modi che crediamo molto negativi. I sintomi vanno dal sentimento di dolore ai disturbi alimentari, dalla depressione al senso di perdita, e poi problemi col sonno e aumento dell’aggressività. Disagi a volte cronici e che possono indebolire il sistema immunitario. Inevitabili le complicazioni a livello interpersonale e le conseguenze “sulla coesione dei nuclei familiari e delle comunità”, dicono gli esperti. Che, essendo casa e ambiente fondamentali nelle relazioni sociali, se vengono danneggiati anche queste ultime ne risentono. Credete sia roba di questo millennio, frutto di una società ipermedicalizzata e spesso fobica? Mica tanto, come potrete constatare sfogliando le prossime pagine.

sabato 22 ottobre 2022 1Ticino7 numero 42 A CURA DELLA REDAZIONE

Architetti ticinesi a Odessa

Alcuni tra i più importanti edifici della città ucraina sul Mar Nero sono stati costruiti da architetti provenienti dall’attuale Cantone Ticino, che dalla fondazione di Odessa, nel 1794, hanno contribuito a conferirle il suo peculiare carattere mediterraneo.

La fortuna degli architetti e costruttori ticinesi a Odessa s’inscrive in quel vasto fenomeno migratorio che in Russia e Ucraina si sviluppa con particolare vigore a partire dal Settecento (basti pensare a Domenico Trezzini e al suo ruolo nella costruzione di San Pietroburgo) e si distende sino alle soglie del Novecento, coinvolgendo una vasta area geografica. Faceva parte della strategia di questi artefici cercare le opportunità di lavoro laddove si presentavano e fino dai primi decenni dell’Ottocento Odessa, città di recentissima fondazione e fortemente cosmopolita, era un vasto cantiere che poteva offrire eccellenti occasioni. Occasioni che gli architetti ticinesi seppero cogliere per diverse ragioni: la perizia tecnica, la flessibilità operativa, ossia la loro capacità di adattamento (che derivava dall’abitudine a migrare, dunque a interagire, fin dalla giovinezza, con contesti diversi da quello di provenienza), la capacità di imbastire reti di relazioni volte ad assicurarsi incarichi professionali, a cui aggiungerei la loro appartenenza alla cultura architettonica italiana e il prestigio che questa continuava a irradiare anche nel corso dell’Ottocento.

Odessa presentava diverse condizioni propizie al successo degli architetti e degli artefici ticinesi, fra le quali la forte presenza di una colonia italiana e, in misura ancora maggiore, greca. Questo non determinava soltanto alcuni vantaggi pratici (come la diffusione della lingua italiana, che numerose fonti designano quale “lingua franca”), ma offriva ulteriori occasioni di committenza, giacché anche sulle rive del Mar Nero sembra vigere un modello operativo affine a quello sperimentato dai ticinesi, per esempio a San Pietroburgo: vale a dire cercare in prima istanza di entrare nelle strutture che sovrintendevano all’edilizia pubblica (se è lecito usare questo termine nel contesto di un regime autocratico, come quello in cui prende origine e si sviluppa la costruzione di Odessa), per poi ampliare la propria attività, ove possibile, attraverso commesse ricevute da privati. Del resto, il carattere “italiano” di Odessa diventa, nell’Ottocento, una sorta di Leitmotiv della letteratura odeporica, favorito certamente dal clima e dai numerosi abitanti provenienti dal Mediterraneo. E di origine mediterranea (nato a Napoli da una madre irlandese e da un militare catalano al servizio della corona di Spagna) fu il primo governatore della città, negli anni immediatamente successivi alla sua fondazione, avvenuta nel 1794: don José de Ribas y Boyons, italianizzato in Giuseppe de Ribas, dunque cattolico come i ticinesi (un elemento coesivo da non trascurare, in quel contesto).

sabato 22 ottobre 2022 2Ticino7 REPORTAGE DI NICOLA NAVONE; ILLUSTRAZIONI © SCHWEIZERISCHES NATIONALMUSEUM
Carta di Odessa e dintorni, 1809. (Bibliothèque nationale de France) NICOLA NAVONE , ARCHITETTO E DOTTORE DI RICERCA (UNIVERSITÉ PARIS-SACLAY), È VICEDIRETTORE DELL’ARCHIVIO DEL MODERNO, DOCENTE ALL’ACCADEMIA DI ARCHITETTURA DI MENDRISIO (USI) E MEMBRO DEL COLLEGIO DI DOTTORATO ARCHITETTURA. INNOVAZIONE E PATRIMONIO , UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TRE.
L’ARTICOLO
CHE PUBBLICHIAMO È APPARSO IL 29.9.2022
NEL
BLOG DELLO SCHWEIZERISCHEN NATIONALMUSEUM
RINGRAZIAMO
IL SIGNOR ALEXANDER RECHSTEINER
E
IL LANDESMUSEUM
ZÜRICH
PER LA CORTESIA
E
LA DISPONIBILITÀ.
ALTRI
INTERESSANTI CONTRIBUTI CHE
RIGUARDANO
LA STORIA SVIZZERA LI POTETE TROVARE
ALL’INDIRIZZO
BLOG.NATIONALMUSEUM.CH
“Odessa presentava diverse condizioni propizie al successo degli architetti e degli artefici ticinesi, fra le quali la forte presenza di una colonia italiana e, in misura ancora maggiore, greca”
Odessa attorno al 1850. (Library of Congress) Scopri il blog del museo

Fra questi, i primi architetti ivi attestati sono i fratelli Francesco e Giovanni Battista Frapolli, i quali, benché vengano invariabilmente designati dalla letteratura ucraina e russa come nativi di Napoli, provengono dal Ticino: non soltanto perché recano il nome di una famiglia originaria di Scareglia, nella Val Colla, ma perché la loro famiglia è attestata risiedere nel cantone nel 1827, quando “Maria Frapolli di Massagno”, pervenuta la tragica notizia dell’assassinio, per mano di un domestico e di un complice, del fratello Giovanni Battista “architetto della città di Odessa”, si rivolge al governo ticinese per questioni ereditarie. Ora, se l’opera dei fratelli Frapolli offrì un contributo rilevante ai primi anni di vita di Odessa, vale a dire nella vera e propria fase di fondazione e durante il governatorato dell’émigré francese Armand-Emmanuel du Plessis duca di Richelieu (dal 1803 al 1814), quando l’edificazione della città prese ulteriormente slancio, è a partire dagli anni Venti dell’Ottocento che la presenza ticinese sulle rive del Mar Nero si intensifica. Un ruolo cruciale, in quel periodo e negli anni successivi, è svolto da Francesco Boffa di Arasio, nella Collina d’Oro, autore di numerosi edifici fra i quali spiccano la Borsa commerciale (1828-1834, poi divenuta sede del Municipio), la chiesa luterana di San Paolo (1824-1835, demolita nel 1895 per far spazio alla nuova chiesa progettata dall’architetto tedesco Hermann Scheurembrandt), il palazzo del governatore di Odessa Michail Vorontsov (18241828) e il suo belvedere affacciato sul mare (1829), e infine il monumento forse più noto di Odessa, vale a dire la scalinata monumentale che collega il porto con l’altura su cui sorge il centro della città (1837-1841). Chiamato Boffo nella letteratura ucraina e russa (declinazione del cognome determinata dalla sua traslitterazione in caratteri cirillici), Boffa è non di rado detto (in una parte della letteratura specialistica e ora, con la proliferazione tipica della comunicazione digitale, in numerosi siti web) di origine sarda e più precisamente (si fa per dire) di Orosei (un errore immagino indotto, anche in questo caso, dall’approssimativa traslitterazione in caratteri cirillici di Arasio). Che sia di Arasio è attestato dalle fonti documentarie (come i Registri della popolazione del distretto di Lugano) e forse la confusione sulla sua origine sarda potrebbe essere stata determinata dalla sua formazione, che pare essere avvenuta all’Accademia di Belle Arti di Torino e dunque da una sua permanenza in quella città, allora capitale del Regno di Sardegna.

Proviene invece da Lugano Giorgio Torricelli, che con Boffa è uno dei principali protagonisti della costruzione di Odessa. Giunto nella città attorno al 1818, Torricelli è soprattutto attivo negli anni Trenta, una stagione particolarmente intensa inaugurata, nel 1832, dalla vittoria al concorso per la sistemazione della piazza del Nuovo Bazar. La sua adesione al linguaggio classicista (che condivide con Boffa) è documentata (al netto delle modifiche introdotte sul finire dell’Ottocento dagli architetti Feliks Gonsiorovskyi ed Emil Vej) dal Club Inglese costruito tra il 1841 e il 1842 tra la Borsa commerciale e il Teatro comunale.

In quel giro di anni Odessa è ormai assurta a città portuale e commerciale di importanza europea e accanto agli architetti che vi operano non dobbiamo dimenticare un artista come il luganese Carlo Bossoli, che trascorre la sua gioventù e compie la sua prima formazione in quella città, dov’era emigrato per lavoro il padre Pietro, o il malcantonese Vittore Pelli, attivo come scenografo nel teatro di Odessa dal 1824 al 1831.

La ricchezza degli apporti sostanziata da questi architetti è incarnata dalla personalità e dall’opera di Aleksandr Bernardazzi, nato nel 1831 a Pjatigorsk, nel Caucaso settentrionale, da Giuseppe Bernardazzi, discendente di una famiglia di architetti e costruttori di Pambio (ma di lontane origini verzaschesi) attiva a San Pietroburgo (ma anche a Mosca e a Chişinău, nell’attuale Repubblica di Moldavia), e da Dorothea Wilhelmine Conradi, figlia di Friedrich Conradi, medico di Göttingen che a Pjatigorsk svolgeva la funzione di Oberarzt nel locale stabilimento termale. Venuto alla luce nel Caucaso da un ticinese e da una tedesca, formatosi a San Pietroburgo, lungamente attivo in Moldavia prima di trasferirsi, a partire dagli anni Novanta dell’Ottocento, a Odessa, Aleksandr Bernardazzi è la dimostrazione di quanto sia opportuno andar cauti con le etichette identitarie. Nella città affacciata sul Mar Nero progetta e realizza numerosi edifici, fra i quali spicca la Nuova Borsa (1894-1899), oggi Teatro filarmonico, un edificio imponente nel quale le allusioni all’architettura fiorentina (manifestate ad esempio dalle grandi finestre, che paiono tratte di peso dalla chiesa di Orsanmichele) si mescolano ad altri riferimenti (il monumentale fornice che protegge lo scalone d’ingresso ed evoca architetture dell’Oriente) sulla scorta di una vena eclettica caratteristica dell’architetto. Un edificio, soprattutto, alla cui realizzazione lavorano non soltanto altri ticinesi (come gli scultori Marco e Luigi Molinari), ma numerosi professionisti locali, diventando una sorta di specchio della cultura architettonica odessita al volgere del secolo.

sabato 22 ottobre 2022 3Ticino7
Palazzo Vorontsov e il padiglione-belvedere costruiti a Odessa da Francesco Boffa, in una stampa della prima metà del XIX secolo. (collezione privata)
Il porto commerciale di Odessa attorno al 1900. (Library of Congress)
Il Primorskyi Boulevard a Odessa, nei primi anni del XX secolo. (collezione privata) La Borsa di Odessa, oggi Municipio, costruita da Francesco Boffa e Giorgio Torricelli, in una fotografia dei primi anni del XX secolo. (Rijksmuseum Amsterdam) La Nuova Borsa, oggi Teatro filarmonico, a Odessa, costruita da Aleksandr Bernardazzi, 1894-1899 circa. (Library of Congress) La scalinata monumentale di Odessa, attorno al 1900. (Library of Congress)
“Proviene invece da Lugano Giorgio Torricelli, che con Francesco Boffa è uno dei principali protagonisti della costruzione di Odessa”
“(...) è a partire dagli anni Venti dell’Ottocento che la presenza ticinese sulle rive del Mar Nero si intensifica”

Barbara Lehnhoff

Il giallo perché la fa sorridere. Ljubljana per la curiosità della sua gente. L’acqua perché ha due poteri, carica e rilassa. La balena che si muove lentamente e va lontano. La solitudine del lupo (anche se sta lavorando per aprirsi). Stare sul palco perché è dove si sente felice. Ecco i primi indizi di un gioco che oggi ci porta nei territori di una musicista e artista audiovisiva che ama la calma ma ha uno spirito punk.

“La cultura punk è quella che forse mi rappresenta meglio: non per scelta, né per stile di musica, quanto per attitudine. Lavorare in modo punk è molto legato al mio modo di inventare soluzioni e fare le cose, con una certa necessità e urgenza”, racconta Barbara. “Non ho mai studiato musica e non avrei mai immaginato prima di diventare una musicista, ma il mio percorso mi ha portata qui. A volte penso che potrei fare anche la cuoca oppure lavorare in banca, e lo farei con lo stesso approccio punk”.

Conosciuta artisticamente come Camilla Sparksss, è una musicista e artista visiva svizzero-canadese.

Nata a 30 °C sotto zero a Kenora (Ontario), da bambina aveva un orso domestico e suo padre pilotava un idrovolante. Si è fatta un nome soprattutto per le sue performance dal vivo, dove miscela suoi campionati, sintetizzatori, voci taglienti... e racconti della buonanotte per i più grandi.

Il mondo (e il Ticino)

Con il suo gruppo, i Peter Kernel, ha suonato più di 800 concerti in Europa, Gran Bretagna e Canada negli ultimi 17 anni di attività; band che nel 2016 è stata nominata al Premio svizzero della musica. Il suo progetto solista, Camilla Sparksss, dal 2012 l’ha portata su più di 400 palchi in giro per il mondo, sino in Nord Africa. Non è tutto: con Aris Bassetti nel 2006 Barbara fonda l’etichetta musicale On The Camper Records, più volte premiata come migliore casa discografica indipendente da Migros-Kulturprozent : “Penso a questi traguardi e sono fiera di tutto ciò”. Quando scende dal palco, nella calma selvaggia della natura si rigenera. Nata a Kenora, in Ontario, nel 1983, all’età di 17 anni è giunta in Ticino… “Per molte persone che viaggiano la casa può essere uno spazio interiore. Per me no: ho bisogno di avere un luogo fisico dove mi sento a casa, così so che quando sono in giro ho sempre un luogo dove tornare. E forse per via delle mie radici questo luogo deve essere un posto calmo e nella natura. A Iseo, in Malcantone, credo di aver trovato veramente il mio piccolo Canada”. Quando viaggia trova conforto nelle piccole certezze come la stanza d’albergo che è più o meno fatta allo stesso modo e le giornate che seguono una certa routine, qualche ora di viaggio, soundcheck, cena, concerto, e poi ogni tournée ha un inizio e una conclusione, e alla fine si rientra sempre a casa. “Viaggio spesso in Europa, e per me il Ticino, oltre a essere un posto geograficamente tattico, è anche un luogo un po’ magico... Quando torno da un tour ed esco dal tunnel del Gottardo, mi sembra di entrare in un mondo fiabesco dove ci possono essere arcobaleni anche senza la pioggia e c’è una certa calma. Credo che se dovessi vivere a Berlino o Parigi non riuscirei a fare tutto quello che faccio, sarei sempre distratta da altre cose”.

Il fatto di essere cresciuta in mezzo al nulla le ha dato la capacità di inventare, un super potere cruciale che la sostiene tutt’oggi. Mentre lavora le idee e l’ispirazione arrivano sovente dal vuoto, quando si apparta dai rumori del mondo e può creare da zero.: “Ovviamente ci sono delle influenze che colorano i miei progetti, ma in linea generale cerco sempre di avere la mente libera e costruire a intuito. È un aspetto che amo del mio mestiere, mi dà una certa sicurezza sapere che posso sempre trovare il modo di realizzare e materializzare un’idea, il resto è tutto gioco e divertimento”.

Nasce prima il suono o l’immagine? “Non esiste uno senza l’altro. Quando scrivo una canzone è sempre accompagnata da un’immagine, un video, un’illustrazione, un’animazione; a volte è frustrante e non voglio registrare la canzone perché so già che non avrò il tempo necessario per fare l’animazione o il video”. Barbara è sempre stata molto affascinata dal rapporto tra suono e immagine, e ringrazia un suo docente alla SUPSI, Luciano Rigolini, per averla introdotta a questo mondo di espressione senza limiti. Per lei è importante creare arte “utile”, in grado di risvegliare la creatività delle persone che la guardano o l’ascoltano: “Oggi più che mai siamo investiti da stimoli, Netflix, social media e chi più ne ha più ne metta. Ma non tutto è utile; esiste una linea molto sottile tra intrattenimento e arte, non posso dire che riesco sempre a riconoscerla, ma cerco di creare cose che possano risvegliare e ispirare il pubblico”.

Il mondo è dei giovani (diamo loro fiducia)

Il nuovo progetto Camilla Sparksss Lullabies parte dalla riflessione che oggi passiamo troppo tempo davanti allo schermo. Si tratta di un album audiovisivo completamente analogico. Barbara ha sentito il desiderio di parlare al nostro bambino interiore con dei racconti della buonanotte per adulti che verranno stampati su vinile; dei picture disc formato 12 pollici e uno specchio “magico” appoggiato sopra al disco darà vita all’animazione legata al brano... “Mi piace molto l’idea di presentare allo spettatore un processo di vivere l’album audiovisivo che non comprende uno schermo. La musica è molto tranquilla e i racconti parlano di vari temi, dal nostro rapporto con la natura al modo in cui cresciamo, ma soprattutto alla capacità di rimanere sempre bambini”.

In un mondo duro, rapido e spesso triviale, proporre una cosa così tenera è decisamente punk. Un messaggio per i giovani?

“Non fatevi influenzare troppo dagli stimoli che ci sono in rete”. Uno per chi oggi ha i capelli grigi? “Lasciate fare ai giovani, hanno tutto quello che gli serve e sono molto più capaci di quello che si creda”. Ma torniamo a Barbara: come si vede tra cinque anni? “Un po’ più saggia di oggi e con qualcuno che mi dà una mano a spostare gli strumenti pesanti. A tutti, includendo me stessa, auguro di non perdere mai la curiosità dei bambini”.

sabato 22 ottobre 2022 4Ticino7 INCONTRI DI KERI GONZATO IN COLLABORAZIONE CON VISARTE-TICINO
Sound & Vision © ROGER WEISS © PHILIPPE MAZZONI

Un ombrello rotto

Storie ucraine pubblicate dalla scrittrice Yevgenia Belorusets

“Tutto questo è accaduto da qualche parte negli anni 2000, alla fine di un’epoca. Ormai nessuno si stupiva più di niente, tutto sembrava elementare, semplice. Ma sì, il nostro Paese è così, indifeso”. Inizia con queste parole uno dei racconti di Yevgenia Belorusets, scrittrice, fotografa, artista e giornalista ucraina, che vive tra Kiev e Berlino. Scrive in questi ultimi anni e mesi, dalla sua Ucraina, dove ha scelto di stare dal 24 febbraio 2022, per documentare la vita sotto assedio in un diario con immagini pubblicato ogni giorno dallo ‘Spiegel’ che è anche in corso di traduzione in tutta Europa (oggi lo possiamo leggere, in inglese, sul sito isolarii.com).

Un Paese in guerra Il libro La donna con l’ombrello rotto e altre storie ucraine, che parla di guerra senza parlare di carri armati o battaglie, è uscito nel 2019 in lingua ucraina (col titolo Una felice caduta; in tedesco Glückliche Fälle, si veda copertina in basso) e ha presto ricevuto il premio HKW International Literature Award per l’edizione tedesca; ora la raccolta è stata tradotta in varie lingue e da poco è stata pubblicata in italiano da Piemme Edizioni e consigliamo a tutti questa lettura. Non è un racconto dettagliato di quello che succede, sono piuttosto pagine piene di sogno, incubi, dettagli, come appunto l’ombrello rotto di una donna che sta fuggendo dal Donbass e chissà perché si porta appresso quell’ombrello, che dovrebbe essere un riparo, mentre invece sembra piuttosto un oggetto vecchio e inutile. Se poi i ricordi si possono chiamare vecchi e inutili. Certamente Belorusets non oserebbe, perché si vede che li ama e li rispetta, i suoi personaggi strani, storti, un po’ maniaci, tenerissimi. Racconta di loro, ma mentre li guarda, ce li indica e li nomina, la scrittrice-fotografa spiega anche in quale strada deserta camminano, da quale città svuotata stanno cercando di fuggire, da quale piccolo terrore sono svegliati nel proprio letto all’alba. Scrive: “In un Paese così è impossibile stare, con minacce che ti arrivano da ogni parte. Ma è così. E se hai avuto la fortuna di nascere in un Paese come questo, lo sai, ti adegui”. E la guerra è da anni che si alza ogni mattina sulle coste, sui campi, sulle miniere di carbone dell’Ucraina.

C’è la fiorista

Una di cui si racconta è la fiorista, cioè una donna che ama i fiori. L’autrice la osserva, mentre alza la serranda del suo negozio, mentre si appoggia alla parete e guarda i suoi fiori, o i passanti per la strada. La fiorista ama preparare i bouquet e dare loro un nome, è dotata di senso pratico ma totalmente inadatta alla vita. Poteva esistere, ammette lei, soltanto all’interno del suo negozio. Infatti poi all’improvviso sparisce. La casa dove viveva viene distrutta, il suo negozio adesso è un magazzino di fascicoli propagandistici. Viveva a Donec’k.

Rinascita in Ucraina

La guerra toglie la speranza, il senso delle cose, succhia linfa al Paese? Niente affatto, dice a Belorusets un soldato che racconta di essersi sposato con la guerra. La guerra ci aiuta, dice, “ci distoglie da noi stessi, dalla continua occupazione di pensare solo a noi”; nella sciagura nazionale “riusciamo ad amare di più la nostra cultura... Sì. La rinascita in Ucraina è possibile solo quando si arriva al momento delle esecuzioni e del terrore”. Questo incontro è un capitolo che si intitola ‘Filosofia’.

Oppure quell’altra donna

Di un’altra donna parla un altro racconto: una che va dall’estetista come certi altri vanno a fare il sodato, perché non hanno scelta o non possono farne a meno. Odia il lettino, la musica soffusa, quell’odore dolciastro. Però ha voglia di carezze, ne ha un bisogno disperato e poi all’estetista si può parlare. Tanto lei ascolta. Perché non ha scelta o non può farne a meno. E quest’altra donna, il giorno dopo la visita dall’estetista, la vedono passeggiare nel giardino botanico; non che proprio si possa dire felice, però, almeno, oggi, si ferma davanti alle piante per guardarle.

Fondazione Svizzera di Cardiologia

Emerge nza ca rd iaca: agirei nm od ot empestiv oe co rret to

Emergenza cardiaca: riconoscereisintomi, agireinmodo tempestivo ecorretto Prof. Dr.med. Giovanni Pedrazzini, Primario di Cardiologia Istituto Cardiocentro Ticino

mercoledì, 26 ottobre2022 dalle 18.30 alle 19.45

Chiunque può salvarevite: l‘importanza delle persone formate nei primi soccorsi edei first responder nella catena di salvataggio Claudio Benvenuti, Direttore Fondazione Ticino Cuore

Agirecorrettamente in caso di arresto cardiocircolatorio Prof. Dr.med. Giovanni Pedrazzini |Claudio Benvenuti

sabato 22 ottobre 2022 5Ticino7
LIBRI & SOCIETÀ DI SARA ROSSI GUIDICELLI
“Di che cosa non si può fare a meno? Di una matita. Di una città. Di una via. Di te”
Con impegno contro le cardiopatie el’ictus cerebrale
www.swissheart.ch/manifestazioni Con il gentile sostegno da parte di

Alla ricerca del tempo (meteo) perduto

“Il sole, ancora invernale, era venuto a scaldarsi davanti al fuoco che, già acceso tra i due mattoni, avvolgeva tutta la camera in un odore di fuliggine, facendone qualcosa come (…) una di quelle cappe di camino dei castelli sotto le quali ci si augura che fuori rompano gli indugi la pioggia, la neve, magari qualche catastrofe diluviesca per aggiungere al conforto del riparo la poesia della reclusione invernale…”

Marcel Proust, Allaricercadeltempoperduto. La strada di Swann (1913)

Diluvi e siccità

Un secolo fa, le tempeste erano temute, ma facevano parte della mutevolezza del tempo atmosferico. Quelli che una volta erano fenomeni stagionali, oggi sono eventi imprevedibili e devastanti. Sul pianeta si alternano periodi di siccità e incendi a violente alluvioni. Per fare soltanto alcuni esempi, da più di un anno e mezzo l’alterazione climatica della Niña è stata potenziata dal riscaldamento globale, con il risultato, per esempio, di cancellare la stagione secca (inverno australe, da giugno a settembre) della Nuova Caledonia, a est dell’Australia. Le colline sono insolitamente verdi. Il lago di Yaté ha un livello incredibilmente alto. Piove sulle araucarie endemiche che accolsero James Cook, primo europeo a sbarcare qui nel 1744. Il livello dell’Oceano Pacifico è salito in modo preoccupante a causa di ciò che l’Antropocene sta provocando a livello planetario. Lo stesso fenomeno, che provoca un raffreddamento di parte delle acque superficiali del Pacifico, influenzando il ciclo delle precipitazioni e il clima di alcune regioni del pianeta, è responsabile anche dell’aggravarsi della siccità nel Corno d’Africa. Un prezioso ecosistema tra India e Bangladesh è a rischio. A fine agosto, un terzo del Pakistan era sott’acqua, le piogge eccezionali hanno provocato una catastrofe: trenta milioni di persone sono rimaste senza casa (oltre tre volte gli abitanti della Svizzera), causando anche danni irreparabili all’agricoltura.

“Alberi da frutto e filari di fagioli pieni di baccelli, davanti a stupendi campi lussureggianti di cereali come segale, avena e frumento (…). Una calda, pingue agricoltura, (…) alberi di noci, ciliegi, susini (…). La bella, dolce strada maestra splendeva d’azzurro, di bianco, d’oro”

Robert Walser, Lapasseggiata (1917)

I nostri ricordi continuano a ritornare alle stagioni dell’infanzia. Le letture ci riportano spesso al tempo meteorologico “com’era una volta”. Quante speranze abbiamo di ritrovarlo?

Agricoltura a rischio in Ticino

La canicola e la mancanza d’acqua hanno messo a dura prova l’agricoltura ticinese, tanto che, per i prossimi anni, si pensa di puntare su un mix ottimale di varietà e specie, come il sorgo, la quinoa e le lenticchie. Un tempo, il clima in Svizzera era caratterizzato da forti oscillazioni naturali, ma i cambiamenti verificatisi dall’industrializzazione in poi possono essere spiegati solamente con l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra, checché ne dicano i negazionisti del climate change. Dal 1864, data di inizio delle misurazioni meteorologiche, la temperatura media annuale al 2021 è aumentata di ben 2 °C, circa il doppio rispetto alla temperatura media globale (sono considerati normali giorni estivi quelli con temperatura massima di 25 °C e tropicali quelli che raggiungono i 30 °C e oltre). In seguito a ciò, la vegetazione anticipa molto rispetto a qualche decennio fa. Le rondini arrivano prima. Le precipitazioni medie invernali sono aumentate nella maggior parte delle regioni svizzere (salvo a Sud delle Alpi e in vaste parti dei Grigioni). Ciò nonostante, le precipitazioni intense si stanno lentamente modificando. Dal 1901, sono aumentate sia l’intensità, sia la frequenza delle precipitazioni forti. Soprattutto alle quote più basse, i giorni con nevicate sono molto inferiori rispetto a trenta/quarant’anni fa. Quelli di ghiaccio e di gelo sono diminuiti notevolmente. In futuro, in Svizzera le estati saranno più asciutte, le piogge più forti, avremo più giornate canicolari e inverni poveri di neve.

“ ‘Questo vento lo conosciamo. Quando arriva si può andare in slitta’. ‘Storie!’, brontolò Hans. ‘Se non erro siamo ai primi di agosto’. Ma Joachim, iniziato com’era, aveva detto il vero. Infatti dopo pochi istanti, fra ripetute folate, si scatenò una violenta nevicata, (…) una tormenta talmente fitta che tutto parve avvolto in un bianco vapore e del villaggio e della valle non si vide quasi più nulla. Nevicò tutto il pomeriggio. Si accesero i caloriferi…”

Thomas Mann, Lamontagnaincantata (1924)

Oscillazioni naturali e anomale

Sono tante le chiese dedicate alla Madonna della Neve, in ricordo della leggendaria nevicata di agosto a Roma nei primi secoli della cristianità. Un miracolo, mentre quella di Davos dell’inizio del secolo scorso, narrata dallo scrittore tedesco, era un evento non così eccezionale ad alta quota. Oggi, la neve è difficile vederla anche nei periodi deputati alle precipitazioni nevose, a meno che non sia artificiale come quella che, per assurdo, spareranno a Milano nelle prossime Olimpiadi del 2026.

“Aprì le finestre per far entrare un po’ d’aria e quando nevicava, il vento soffiava sulla neve e noi due sedevamo aspettando che l’inverno continuasse”

Franco Battiato, ‘Hiver’; da un testo di Fleur Jaeggy tratto da Lestatued’acqua (1980)

sabato 22 ottobre 2022 6Ticino7 NATURA & LETTERATURA DI ALBA MINADEO

Indicatori climatici

Una giornata piovosa e uggiosa cambia l’umore dei “meteoropatici”. Un tipico giorno estivo viene piacevolmente percepito sulla pelle ma, da quando fa troppo caldo, molta gente non ama più l’estate. È come se la terra fosse infiammata e così pure il nostro corpo. Chi scende in Italia dalla Svizzera, passata la frontiera, nota un ulteriore cambiamento: apparentemente a Como è molto più afoso e il cielo caliginoso, forse perché l’inquinamento è maggiore...?

“Io resto qui e certo ci resterò. È così dolce restare. Forse che la natura va all’estero?

Vanno forse in giro gli alberi per procurarsi da qualche altra parte foglie più verdi?”

Nord & Sud

Una volta, si attraversavano le Alpi per intraprendere il Grand Tour, come  fece Goethe, per incontrare l’arte e la cultura del Sud, ma anche il clima favorevole, come pure Hermann Hesse che si stabilì in Ticino. In futuro, forse ci sarà un movimento contrario: si andrà a Nord per cercare il fresco, anche se, ormai, è caldo anche in Inghilterra.

“Era un po’ questo che Venezia mi aveva regalato, fin da quando, vestito in fretta, raggiungevo gli scalini di marmo che l’acqua di volta in volta ricopre e abbandona”

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto. Iltemporitrovato (1927)

Inondati e sommersi

Secondo una ricerca pubblicata su Nature Communications, entro il 2100 il livello dei mari potrebbe salire di oltre 2 metri a causa dell’aumento della temperatura globale e del conseguente scioglimento dei ghiacci. Decine di città situate sul mare sarebbero in pericolo a causa di inondazioni ed erosioni costiere. Tra queste anche Venezia: i gradini di cui parla Proust potrebbero essere completamente sommersi. Sorte analoga per Miami, New Orleans eccetera.

“Le foreste abbelliscono la terra, insegnano all’uomo a capire il bello e gli ispirano un umore maestoso.

Le foreste addolciscono il clima rigido. Nelle contrade in cui il clima è dolce si sciupano meno energie nella lotta con la natura, e perciò l’uomo che vi abita è più dolce e più tenero. Gli uomini di quelle contrade sono belli, flessuosi, facilmente emotivi, il loro linguag gio è squisito, i movimenti graziosi. Tra loro fioriscono le scienze e le arti, la loro filosofia non è lugubre, si comportano verso le donne con elevatezza squisita…” Anton Čechov, ZioVanja (1896)

Climi, non solo atmosferici

Un gruppo di ricercatori del Politecnico Federale di Zurigo ha simulato il clima previsto per alcune città paragonandolo a quello attuale di altre. Nel 2050, Città del Vaticano potrebbe avere una temperatura simile a quella di oggi di Adana, nel Sud della Turchia, maggiore di 5,3 °C. Torino e Milano potrebbero avere il clima che ha oggi Dallas, in Texas, con temperature massime d’estate più alte di oltre 7 °C. Sono state prese in esame 520 città nel mondo, in base allo scenario climatico RCP4,5 (Representative Concentration Pathway, traiettoria di concentrazione di gas serra), in cui, ottimisticamente, le politiche ambientali avranno stabilizzato le emissioni di CO2 entro la metà del secolo, con un aumento della temperatura media globale di 1,4 °C. Lo studio, uscito su Plos One, prevede che il 77% delle città registri una variazione delle condizioni climatiche e che il 22% avrà un clima che oggi nessun centro urbano sperimenta. Il cambiamento più evidente si avrà nelle città nordiche, dove il tempo sarà simile a quello attuale di città mille chilometri più a sud: Londra come Barcellona, Stoccolma come Vienna e Madrid come Fez. Per le regioni tropicali si prevedono cambiamenti di temperatura minori, ma le stagioni umide saranno più piovose e quelle secche più aride.

Gesti per il futuro

Cosa può fare il singolo per ritrovare, almeno in parte, il tempo meteo perduto, per sé e le nuove generazioni? Una volta si poteva guidare una Fiat Topolino da Ginevra fino in Afghanistan, come Nicolas Bouvier, senza preoccuparsi di quanto CO2 si produceva. Oggi, oltre a dotarci di un’auto elettrica (anche se pone altri problemi di tipo energetico), dobbiamo rinunciare il più possibile all’auto per i tragitti brevi, camminando, usando i mezzi pubblici o la bicicletta. È consigliabile mettere un maglione in più in casa e (forse diverrà obbligatorio) abbassare di uno o due gradi la temperatura. Progettare i viaggi secondo ritmi più lenti, con mezzi low impact, prediligendo il treno o la nave all’auto e all’aereo, calcolando quanta CO2 si produce e scegliendo il mezzo meno inquinante (sono solo 44 grammi per chilometro le emissioni di anidride carbonica del treno a fronte di 118 dell’auto e 140 dell’aereo). E piantare alberi.

“L’uomo (…) si aggrappa a tutto ciò con cui sia possibile saziare la fame, riscaldarsi, distrugge tutto, senza pensare al domani” Anton Čechov, ZioVanja (1896)

Fermarsi (in tempo)

Accelerare il passo verso tecnologie sofisticate non è la soluzione per uscire dalla crisi climatica. I popoli autoctoni, spesso da noi considerati reliquie del passato, sono da sempre proiettati verso il futuro e ci insegnano il valore della conoscenza e del radicamento nel territorio, l’importanza di un’agricoltura od orticoltura capillare a livello familiare, la gestione delle terre in proprietà condivisa, il valore dell’incolto (set-aside) e della biodiversità. La sospensione delle attività umane in parti di terreno è una forma di preservazione delle risorse per il domani.

Davi Kopenawa e Bruce Albert, La caduta del cielo. Parole di uno sciamano yanomami (2010)

Invito alla lettura

Gelo. Avventure nei luoghi più freddi del mondo (EDT, 2010)

Calore. Avventure nei luoghi più infuocati del mondo (EDT, 2013)

Biologo, ha lavorato per una decina di anni come subacqueo sulle piattaforme petrolifere nel Maine, nel Golfo del Messico e nel Sud-est asiatico. È autore di numerosi libri e articoli sull’equilibrio naturale e la salvaguardia ambientale, fra cui i pluripremiati lavori di divulgazione.

Con sua moglie, la biologa marina Lisanne Aerts, vive da anni a bordo del Rocinante, una barca da crociera d’epoca. Accanto le copertine dei due testi citati nella versione originale in lingua inglese.

sabato 22 ottobre 2022 7Ticino7
“Voglio mettere in guardia i bianchi prima che arrivino a strappare dal suolo anche le radici del cielo”
Bill Streever

La civetta

Piccolo rapace notturno dagli occhi gialli, lungo 22 centimetri e dal peso di circa 200 grammi, è originario dell’area mediterranea e delle steppe semidesertiche dell’Asia, si è insediato nell’Europa centrale seguendo l’essere umano.

È un uccello stanziale, infatti passa tutto l’anno nel proprio territorio. Si ciba di piccoli roditori e grossi insetti, ma anche di uccelli e rettili di piccole dimensioni, solitamente caccia le sue prede al suolo partendo da un posatoio. Nidifica in cavità naturali come alberi da frutto o altri spazi vuoti come le nicchie nei muri. A partire da febbraio inizia a delimitare il proprio territorio con il canto. Il piumaggio è generalmente di colore marrone-grigio con macchie bianche sul dorso, più chiaro e striato di scuro nella parte inferiore. Il becco è corto e uncinato, la testa piatta e i sopraccigli che ornano gli occhi sono bianche.

L’accoppiamento

Gli esemplari maschi sono più piccoli delle femmine e la riproduzione avviene da aprile a luglio. La femmina depone 3-5 uova bianche, che si schiuderanno dopo un’incubazione di 22-30 giorni e i giovani lasceranno il nido dopo circa 20 giorni, prima di essere in grado di volare. Da agosto in poi verranno scacciati dal territorio dei genitori, e ne cercheranno uno tutto loro nel raggio di qualche chilometro.

Quante sono le civette sul comò?

In Ticino nel 2005 era praticamente scomparsa, rimanevano solo quattro coppie confinate sul Piano di Magadino, per questo nel 2008 Ficedula e BirdLife Svizzera hanno dato avvio a un grosso progetto di conservazione. Dall’inizio del progetto la popolazione di civetta è aumentata a 9 coppie nidificanti nel 2010, a 17 nel 2013, primo anno in cui la specie è ricomparsa anche nel Mendrisiotto, e infine nel 2021 a 24 coppie, il massimo raggiunto negli ultimi 30 anni.

L’incremento è senza dubbio il risultato delle misure adottate in favore di questa specie e, in particolare, del fatto che, dopo anni, sono state studiate e posate cassette nido adatte alle civette ticinesi. Queste cassette nido differiscono da quelle utilizzate in altre regioni della Svizzera e dell’Europa centrale, che non erano mai state utilizzate dalle civette ticinesi. Nel corso del 2021 sono state realizzate molte altre misure di conservazione concrete tra cui la piantumazione di 219 alberi da frutto d’alto fusto e 661 arbusti; anche la gestione di circa 25 ettari con lo sfalcio a mosaico principalmente sul Piano di Magadino, nonché la creazione di strutture per favorire uccelli, insetti e in generale la biodiversità.

Verticali

sabato 22 ottobre 2022 8Ticino7 2 INGRESSI AL JAZZ CAT CLUB Concerto del 7 novembre del "Houston Person Quartet" al Teatro del Gatto di Ascona VINCI Ci siamo Soluzionipubblicitarie. ViaGhiringhelli 9 6500 Bellinzona T+41 91 821 11 90 pub@regiopress.ch regiopress.ch laregione Spedisci un SMS al 434 (CHF 1.–/SMS) scrivendo TI7<spazio> SOLUZIONE e partecipa all’estrazione. Termine di partecipazione: giovedì prossimo. PREFERISCI GIOCARE ONLINE? Vai su laregione.ch/giochi © ceck Orizzontali 1. Religiosità affettata 8. Parti della re cita 12. Open Document Format 13. La dea romana della caccia 15. Capo abissino 16. Sacerdote 18. Svegliare 20. Sbagliato, impreciso 22. Levato, eliminato 24. Il fiume di Rossa 26. Me dico e filosofo persiano (980-1037) 28. Gruppo etnico giapponese 30. Ba ruffe, dispute 31. Il fiume di Alessandria 33. Amò Leandro 34. Fare attenzione, vegliare 35. Duecento romani 36. Divi nità solare egizia 37. Località in Val Morobbia 38. Trasmette dall’Italia (si gla) 39. Nota Villa luganese 40. Da vanti a Grosso in Brasile 41. Si possono chiamare acciughe 43. Località del Luganese 45. Digiuno, debilitazione 47. Davanti a Bin Laden 49. Donna con disturbi alimentari 51. Simbolo chimico dell’astato 52. La si dà per aiutare 53. Va le come loro 54. Rabbie, collere 55. Misure di superficie 56. Uomini eccezionali 57. Lo Stato con Teheran 58. Freni, impedimenti 60. Tra le unità e le centinaia 62. Locali tà sul Vedeggio 63. Il lago di Lugano
1. Un tipo di musica 2. Sono cnidari idrozoi 3. Lo compongono le truppe 4. Ottimo o immateriale 5. Nota musi cale 6. Domina Locarno 7. Uno inglese 9. Ramo della vite 10. Materiale per pi ste d’atletica 11. Località del Malcanto ne 14. Un attrezzo da saltatori 17. Antichi abitanti dei Balcani 19. Privare del vello 21. È famoso per un supplizio 23. Località del Mendrisiotto 25. Una Valle presso Airolo 27. Località del Gambarogno 29. Porta, soglia 32. Un pappagallo 34. Una parte di Croglio 35. Imbarcazio ni multiscafo 37. Ci vanno le carte da distruggere 38. Località delle Cento valli 39. Parola dal significato simile 40. Il fiume di Liegi 42. Città dell’Anda lusia 44. Si sentono nelle discussioni 46. Il Dipartimento con Grenoble 48. Un’università 49. Non addolciti 50. Si cita con Osiride 54. Opera di Pietro Mascagni 56. Lunghi periodi di tempo 57. Ghiaccio inglese 59. Onorevole in breve 61. Arti colo romanesco. 63 28 1 36 11 49 43 25 32 SOLUZIONE DELL’ 8.10.2022 MALPENSATA Soluzione completa su laregione.ch/giochi HANNO VINTO: Fabio Pasini (Minusio) Silvana Lubini (Gordola) GIOCA CON TICINO7 © ceck 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 AMBIENTE DI CHIARA PICCALUGA; IN COLLABORAZIONE CON FICEDULA
FOTOGRAFIA © Ficedula
Scopri cosa mangia

PIZZO

DI CLARO

A questo mondo non c’è più posto. Fateci caso: è tutto pieno, fatto, visto, detto, scritto. Occupato. Uno pensa al deserto e quando non ci passa la fumante carovana della Dakar, lo sorvolano i gas prodotti chissà dove. O l’Antartide: a parte il fatto che si scioglie più in fretta dei nostri amori, ma la stessa neve che vi fiocca tempestosa è infetta da contagiosi umori industriali e metropolitani.

Siamo dappertutto, riusciamo a inseguirci fino dove non sospetteremmo di farcela. Figuriamoci sul Pizzo di Claro.

Zygmunt Bauman che è una gran testa fine dei nostri giorni, ha scritto con maggiore precisione che “il nostro pianeta oggi è pieno. Non è una constatazione che ha a che fare con la geografia fisica o umana. È un’affermazione sociologica. In termini di spazio fisico e di estensione della presenza umana, il mondo è ben lontano dall’essere pieno. Dire che lo è, vuol semplicemente affermare che non c’è più spazio senza un padrone; non vi sono più no man’s land, né territori che possano essere considerati disabitati perché non ancora assoggettati a un’autorità e quindi aperti a una colonizzazione e al popolamento”

Poi però viene a nevicare. E in tutto quel bianco, calato a coprire quel poco mondo di cui abbiamo esperienza, cerchiamo l’illusione della lontananza, della scoperta rinnovata ad ogni passo, il vaneggiamento di uno spazio vuoto, che la nostra traccia possa occupare come portandovi un senso.

Poi magari sono balle, ma almeno non fanno più danni di quelle sui pericoli che corre il mondo. Quindi, al Pizzo di Claro ci siamo andati con una gran neve e così poca scienza di quello che ci aspettava.

Devo anche dire che per un anno l’ho corteggiato, puntandogli addosso un 300 millimetri Nikkor per fotografarlo, dal basso, nelle quattro stagioni e nella luce cangiante dei giorni che passano. Le montagne hanno questo di bello (ammesso che lo sia): che fanno alzare la testa per osservarle e lo sguardo va dove lo spazio sconfina. Le divinità, non a caso, hanno sovente preso casa in luoghi elevati – così dicono gli uomini che ve le hanno immaginate – lasciando le viscere dei mari e della terra a demoni o divinità di cui c’era poco da fidarsi; poi è arrivata la psicanalisi e di tutto quel guardare su e sentire l’attrazione per il “sotto” ha concepito teorie straordinarie, anche troppo.

Ci sono alcune controindicazioni al piacere di guardare in su, prima fra tutte che il mondo accade qua in basso, dove muoviamo i passi quotidiani coi quali ci guadagniamo da vivere e lo sperperiamo, il vivere non meno del guadagno; qui, dove le analisi scompongono un mondo sul crinale dello sfacelo e lo rimettono assieme spiegandolo (che non sempre lo capiamo). Mentre la testa che va tra le nuvole finisce per portare via dal mondo e dal compito che ci tocca per renderlo almeno vivibile, ma che spesso lasciamo sul gobbo ad altri. E però, alzare la testa, rialzarla, come volevano i popoli o le classi oppresse, è pur un esercizio di liberazione. Mi piace che anche le montagne lo richiedano per essere osservate. E mi ricordo infatti dei casolari del Motto, scolpiti nella luce di un crepuscolo che scopriva una montagna imbiancata da una neve di fine maggio. Alzavo ’sto 300 millimetri e scattavo.

L’Angelo sa di questa mania. Quando, col fiato corto, gli chiedo di restare dov’è, o di spostarsi sul ciglio di una cornice, c’è di mezzo una fotografia da scattare. Pazienta tutte le volte che accade e ne sorride. C’era lui al Pizzo di Claro.

Metà febbraio, la neve non era quella degli inverni d’una volta, ma abbastanza per farci trovare lungo. Perché marciare su una neve non trasformata è già una espiazione di suo, se poi le racchette sono quello che sono, la qualità della salita è la stessa di una via crucis: da fuori sarà anche bella…

Oggi sono tutti in giro con queste belle racchette tecniche, che fanno tutto da sole e si vendono che è un piacere. Io invece, prima di adeguarmi a queste mollezze da tardo impero, resistevo con le altre. Non solo resistevo, ma mi ero piccato di sostituire la cordatura usurata delle mie.

L’avevo visto fare dal Mario Ferraris, contrabbandiere ossolano di lungo corso; enciclopedia vivente della bricolla e artista della racchetta. Legno di frassino per il telaio e fibra di canapa, con inserti di cordina d’acciaio, per la trama portante. E tirare bene: la tensione della cordatura è tutto.

In generale fare bene le cose è tutto. Quasi tutto, via. Non importa quale sia la cosa, quali le condizioni, e meno ancora quale sia un eventuale tornaconto (in Terra o altrove). Il meglio no, il meglio spartisce l’ambire con la perfezione, e basterebbe il Novecento a mostrare quanto di male ci sia nel meglio. Basta il bene. Ma già, parlavamo delle racchette. Quelle che calzavo avevano presto denunciato qualche difetto di accordatura. Non ci si improvvisa uomini d’una volta, né si scavalca il tempo facendo à la. Il Mario era il Mario e le mie racchette avrebbero giusto potuto servirgli per accendere la stufa. Di mio c’erano una ammirevole buona volontà e quella fatica imposta da ogni passo nella neve, cresciuta così alta da sorprenderci già fuori dalla grande selva “spalla d’aquila”, che aveva incantato la sorridente poetica del Giorgio Orelli. E c’era della poesia, volendo, nell’economia di gesti di quell’avanzare silenzioso, come si dosano nei versi le parole per dire della vita che passa. Passo su passo, alternandoci a battere una traccia, che il franare su di sé di una neve inconsistente presto cancellava. Quella misura del mondo che sono i nostri passi – e che Bauman dice essere stata ormai sostituita da una nuova forma di potere, che non si esercita più su un luogo, ma sullo spostamento tra gli spazi, veloce, globale, fluido – è forse l’esperienza più presente a chi va in montagna, seppure non quella risolutiva. Ignari della scienza del grande sociologo, pestavamo neve trovandoci a cavalcioni dei cumuli ventati della cresta. Incerti sul traguardo ma convinti, con quel fare testone, come ciclisti gregari in fuga.

Un andare immobile, spostamenti di senso e di prospettiva che si riconoscono solo dopo. Col Piz da Crè, così lo chiamano dalle sue parti, sempre là, così alto sulla Riviera, sull’asse di traffico nord-sud più battuto delle Alpi Centrali, e alto sulla nostra dedizione. Pensavo che sì, Bauman avrà ragione, ma il Mario Ferraris anche. In questa epoca del controllo globale, solo lo spirito del contrabbandiere potrà tornare a scoprire gli spazi inutili alla Grande Produzione Mondiale, trovandovi terre incognite, vuoi per abbandono vuoi per improduttività. Defilandosi da strade e modi battuti, praticando alternative che non possono divenire programmi perché sarebbero già una loro condanna. L’inesplorato esiste dove gli occhi del mondo hanno smesso di guardare. Retroguardia, ecco dove stare.

Che tutto questo aiutasse poi nella nostra lotta contro la gravità, no. Anche gli ultimi scivoli di neve, che speravamo trasformata, ramponabile, erano meschinamente sordi alle nostre invocazioni. Non eravamo partiti per un’impresa e in ogni caso non lo sarebbe stata. Le imprese sono altre. Ci saremmo accontentati di una fatica da cristiani, gente che il giorno dopo va a lavorare. Ma era una data particolare e in cima, in una luce declinante (tanto c’era voluto per arrivare lassù), sapevamo cosa dirci senza bisogno d’aprir bocca.

A raccontarla adesso, mi vengono in mente le parole dell’antropologia fantastica del Gianni Celati, che ha scritto un libro sulla popolazione dei Gamuna, tra i quali “è come se non succedesse mai nulla, se non il fatto di trovarsi in un posto, poi in un altro, e in un altro ancora, ogni volta con la testa confusa dalle visioni, ma trasportato dalla contentezza dei piedi”. Infatti le foto scattate a quel Pizzo di Claro che vedevo fuori dalla finestra erano tutte da buttare, colpa della qualità scadente del 300 millimetri. E forse va bene così, pensavo allora: ogni volta che lo guarderò mi sembrerà la prima. Poi, però, tra la mia finestra e il Pizzo hanno elevato un muro di una palazzina di stile bancario. Posso soltanto immaginarlo: alzo la testa e tutto quel che vedo è ciò che resta del cielo.

Lo scritto proposto in questa pagina è stato pubblicato nel volume E liberaci dal male. Racconti sparsi, una raccolta di contributi inediti apparsa lo scorso agosto per le Edizioni TARARÀ di Verbania. Ringraziamo per la cortesia e la grande disponibilità l’editore, nelle persone delle signore Pieranna ed Emilia Margaroli, e i familiari di Erminio Ferrari (Cannobio, 1959-2020), autore e grande appassionato di montagna, già importante firma del quotidiano laRegione e prezioso collaboratore di Ticino7, deceduto sulle sue amate cime.

sabato 22 ottobre 2022 9Ticino7
IL RACCONTO DI ERMINIO FERRARI
FOTOGRAFIA © TI-PRESS / ELY RIVA

No grazie, cantala tu

È vero che con i ‘se’ e con i ‘ma’ non si va da nessuna parte, ma la storia del pop è anche una questione di “sliding doors”, di occasioni perse e guadagnate, di errori di valutazione e masochistici snobismi. La legge del successo dice che a volte basta una canzone a cambiare una carriera, o ad avviarla. Ecco perché, rifiutandone una, ci si può mordere le dita fino all’osso. Si chieda al rapper Cee-Lo Green che rifiutò ‘Happy’ di Pharrell Williams e dal 2013, probabilmente, sarà un po’ meno felice.

Re e regine

Sempre che la letteratura in materia sia affidabile – e la letteratura è vasta – nel 1975 David Bowie offrì la sua ‘Golden Years’ a Elvis Presley in persona, che non ne volle sapere. Un anno dopo, il funkettone in questione avrebbe aperto Station to Station, album nel quale prende forma definitiva il ‘thin White Duke’, quel ‘sottile Duca Bianco’ col quale sarà per sempre identificato l’artista, morto nel 2016. Va detto però che la prima moglie del Duca, Angie, sostenne che la canzone fosse stata scritta per lei e non per il Re del Rock’n’Roll.

A proposito di Re. Verso la fine degli anni Settanta Elton John compose per Frank Sinatra la ballad ‘Remember’,scritta insieme al fido paroliere Bernie Taupin. The Voice la eseguì più volte dal vivo – la Rete ci restituisce un’esecuzione alla Radio City Music Hall, anno 1978 – ma non la incise mai. Tre anni più tardi, l’opportunità di fissarla nello spazio e nel tempo passò a Donatella Rettore (al tempo solo Rettore) sull’onda di un’amicizia con Sir Elton il quale, dice l’artista di Castelfranco Veneto, l’avrebbe spinta a frequentare la scuola di mimo di Peter Brook. ‘Remember’ chiude l’album Estasi clamorosa (1981) e di lì a poco ‘Sweetheart on Parade’ – musica di Elton John, testo di Gary Osborne – chiuderà il di lei album Far West (1983). Nulla invece ha a che fare Elton John con ‘This Time’ (se non per Osborne, il paroliere di cui sopra), singolo di Rettore uscito l’anno prima.

Mi piaci così come sei ‘Don’t You (Forget About Me)’ (1985) fu per i Simple Minds quel che ‘Boogie Wonderland’ (1979) rappresentò per gli Earth Wind & Fire; ovvero la presa di coscienza di essere finiti in campi pericolosamente danzerecci, da cui la correzione di rotta. Ma è la prima delle due canzoni che c’interessa, proposta da Jim Kerr a Bryan Ferry e Billy Idol (e almeno un altro artista di cui non è dato sapere). Morale della storia: come tentare di buttare alle ortiche una n.1 della Billboard.

Stessa sorte sarebbe potuta toccare a ‘Just The Way You Are’ di Billy Joel, su The Stranger (1977), album della consacrazione. Forse il pianista di Long Island non sarebbe così consacrato se fosse riuscito nel suo intento di mandare al macero la registrazione, convinto che il brano fosse una marchetta da night club. Così la pensava pure il suo batterista, Liberty DeVitto, ma non la cantante Linda Ronstadt, di passaggio negli studi in cui Phil Ramone stava producendo l’album; fu lei a far notare che scartare quella romantica bossa sarebbe stato uno scempio. Il suo autore si convinse, DeVitto ne autorizzò la nuova registrazione alle sue condizioni (una figurazione di bossa batteristicamente tutta sua), ma senza la bella e brava Linda – oggi impedita nel canto da un Parkinson – ‘Just The Way You Are’ non sarebbe diventato il momento d’oro di tutti i pianobaristi tra gli Ottanta e i Novanta. E, soprattutto, Barry White non ne avrebbe fatto una cover da milioni di copie.

‘Bella la vita che se va’

Nella lunga storia di rifiuti ascrivibili alla canzone italiana –Annalisa che, al posto di Orietta Berti, avrebbe dovuto cantare ‘Mille’ (2021) e Noemi che rifiutò ‘L’essenziale’ (2013) sono le ultime ‘rivelazioni’ –, citiamo due dei casi più eclatanti. Il primo non è un rifiuto. Nel 1987, Gianni Nazzaro (1948-2021) si presentò al Festival di Sanremo con ‘Perdere l’amore’ e venne scartato; l’anno dopo, Massimo Ranieri vi tornò con la stessa canzone e vinse. Nel 1979 – e questa fu a tutti gli effetti una rinuncia –Gabriella Ferri si rifiutò di cantare ‘Il carrozzone’ (Pintucci/ Evangelisti), amara riflessione su questa vita “un po’ mignotta” che si sposta di città in città “con le regine, con i suoi re”, come uno spettacolo itinerante. “‘Il carrozzone’ fu uno di quei treni che passano una volta nella vita”, dirà un giorno Renatino, per la gioia sua e quella dei suoi sorcini.

‘Salta!’

Ecco un esempio di rifiuto autoinflitto. Fino al 1983 inserire il suono di un sintetizzatore in un brano hard rock equivaleva a entrare nella curva del Lugano con la sciarpa dell’HCAP. ‘Jump!’, singolo col quale i Van Halen lanciarono l’album 1984, è sì brano noto per il “miglior assolo che io abbia mai composto” (cit. Eddie Van Halen, 1955-2020), ma nondimeno per uno dei più celebri riff di synth, suonato su di un Oberheim OB-Xa (nota per i feticisti dell’analogico). Quel riff si deve anch’esso al buon Eddie, che lo compose nel 1981 ispirato da ‘Kiss On My List’ di Hall & Oates, ma fu subito messo a tacere di comune accordo con la band per questioni di metallica dignità. I Van Halen cedettero poi alle pressioni del guru Ted Templeman, già produttore del loro primo album: la scelta di pubblicare ‘Jump!’ con il synth aprì a lotte intestine con l’allora frontman David Lee Roth, infastidito per la presunta deriva commerciale. Fu così che Van Halen e produttore lo invitarono a farsi un salto fuori dalla band.

‘Lei ti ha dato il due di picche’ ‘How Will I Know’ (1985) fu offerta a Janet Jackson, ma la cantò Whitney Houston (meglio così); ‘I Don’t Wanna Miss a Thing’ (1998) fu scritta per Céline Dion, ma gli Aerosmith fecero da sé; ‘Holiday’ (1983) fu cantata da Madonna soltanto dopo il doppio rifiuto di Mary Wilson delle Supremes; Mariah Carey non sentiva abbastanza sua ‘Hero’ e la inviò a Gloria Estefan, che la rispedì alla mittente; si dice anche che ‘Umbrella’ (2007) fosse destinata a Britney Spears, e pure questa è una storia di spedizioni: il brano non sarebbe mai stato recapitato a Britney, che al tempo aveva già il suo bel daffare con papà Jamie. Più vicine ai giorni nostri, Adele e Beyoncé avrebbero rifiutato ‘All About That Bass’ (2014), scritta da Meghan Trainor, che ebbe la lungimiranza di tenersela (disco di platino in mezzo mondo).

Altra aneddotica ci dice che Stevie Nicks, già Fleetwood Mac, si sarebbe rifiutata di cantare ‘Call Me’ e, ancor prima, di scriverne il testo. Giorgio Moroder, coautore del brano, si rivolse dunque a Debbie Harry dei Blondie, con la cui voce il brano trovò posto nella colonna sonora di American Gigolò quale tema principale. Tra le occasioni perse di Stevie Nicks ci sarebbe pure ‘Purple Rain’, manifesto di Prince al quale ella non volle mettere le parole. La compianta Olivia Newton John, invece, arrivò a ‘Physical’ soltanto dopo che il brano fu proposto a Rod Stewart; allo stesso modo, Diana Ross non fu la prima scelta per ‘Upside Down’, inizialmente proposta da Bernard Edwards e Nile Rodgers ad Aretha Franklin, che voleva farla un po’ troppo a modo suo e ai due membri degli Chic la cosa non piaceva affatto.

Nessuna donna, invece, voleva saperne di ‘It’s Raining Men’, portata al successo dalle Weather Girls nel 1982 dopo il rifiuto di Donna Summer, Cher, Diana Ross, Barbra Streisand, Chaka Khan e Gloria Gaynor. Il brano, diventato nel tempo un inno gay, è diventato nel 2001 il singolo di maggior successo della Spice Girl Gery Halliwell, in un videoclip di citazioni che vanno da Flashdance a Fame, non casuali: ‘It’s Raining Men’ non è molto diversa da ‘Fame (I Wanna Live Here Forever)’, interpretata da Irene Cara (la stessa di ‘Flashdance… What a Feeling’, e il cerchio è chiuso).

sabato 22 ottobre 2022 10Ticino7 MUSICA DI BEPPE DONADIO

Alpe Sfii

Il trekking degli Alpeggi tra i colori dell’autunno

Alpe Sfii

Corte principale Sfii, 1’666 m

Corti Corte di Sopra, 1’980 m Lago Gelato, 2’175 m

Ubicazione Valle di Campo

Periodo carico Metà giugno – metà settembre Ultimo paese Cimalmotto

Coordinate 680.265 / 123.823

Proprietà Marzio Coppini

Gestore Marzio Coppini

Tipo formaggio Semiduro grasso misto, 85% latte di mucca e 15% latte di capra

Dicitura Scalzo Sfille

Animali 40 mucche ca. 10 maiali e 30 capre

Produzione 15 forme al giorno ca. da 4/4,5 kg cadauna  Mungitura Manuale per le capre e meccanica per le mucche

Caseificio Sfii (trasporto latte con lattodotto)

Acquisto All’alpe è possibile acquistare formaggio

Da Cimalmotto, il percorso verso Sfii costituisce una piacevole immersione nel verde e in questo periodo nel magico mondo autunnale: si scende infatti dapprima nel profumato lariceto per poi risalire sull’altro fianco della valle, fino a scorgere l’alpe, la cui costruzione in sasso quasi si mimetizza con le pietre e i pascoli circostanti. Siamo a 1’666 metri sul livello del mare, e stupisce scoprire, una volta aperta la porta, un modernissimo caseificio.

I pascoli si elevano poi su corti che arrivano fino ai 2’175 metri del Lago Gelato: un fresco specchio d’acqua sul quale il blu intenso dei cieli si contende il riflesso col verde dei prati in estate, e del giallo e arancione in autunno col grigio leggero delle rocce. Da qui si dominano tutte le cime circostanti, quali il Tramalitt, il Pizzo dell’Alpe Gelato, il Pizzo del Lago Gelato, il Pizzo di Porcaresc e quello della Cavegna. La stalla di Cort d’Zora, con la sua tipica architettura in sasso protetta da un massiccio tetto in piode,

Itinerario corte principale → Da «Cimalmotto» (1’405 m), si segue la strada asfaltata che si dirige verso il fondo della «Valle di Campo», 500 metri dopo il paese ad un bivio si prende la stradina che scende a «Pianello di Sotto» (1’386 m), dove finisce la carreggiata parte un sentiero che nella bassa vegetazione scende al ponte che attraversa il fiume «Rovana di Campo» (1’285 m).

Passato il ponte, si segue il sentiero sulla sinistra che procede nel bosco sino a raggiungere una cappelletta sul dosso boschivo a 1’500 metri circa. Da questo punto il sentiero procede orizzontalmente, segue dall’alto il tracciato del «Rii di Sfii» e uscito dalla vegetazione raggiunge la conca dove si trova l’Alpe «Sfii» (1’666 m).

BancaStato èlaBanca di riferimento in Ticino

è una delle più antiche e suggestive di tutto il Canton Ticino.

La particolarità di questa zona è che il confine non segue la linea delle cime, bensì taglia trasversalmente la vallata: la sua parte più elevata rientra dunque in Italia, mentre quella più bassa (con Cimalmotto) rimane all’interno dei territori confederati. L’Alpe di Sfii è uno dei pochi posseduti direttamente dai gestori. La stessa famiglia segue da numerose generazioni la piccola produzione, la cui artigianalità casalinga garantisce un profondo rispetto per le caratteristiche degli animali e del loro latte.

Ne scaturisce un formaggio che all’85% di latte di mucca – recante la morbidezza delle note burrose – unisce il carattere vivace del restante latte caprino, che vivacizza la degustazione senza sacrificarne l’equilibrio. I pascoli elevati garantiscono inoltre fresche persistenze minerali ed erbatiche. Il tutto è acquistabile direttamente sull’alpe.

Sentiero bianco-rosso, 400 m disl., 4 km, 1 ora e 40 min.

Strada cantonale della «Valle Maggia» sino a «Cimalmotto».

Posteggio a «Cimalmotto».

Escursioni

→ Passo della Cavegna: dall’Alpe «Sfii» (1’666 m) si attraversa il pascolo e si scende al ponticello sul «Ri di Sfii» (1’608 m), attraversato il fiume si segue il sentiero nella bassa vegetazione che raggiunge il «Passo della Cavegna» dove vi è anche l’omonimo laghetto (1’958 m). Da questo valico in breve si può raggiungere l’Alpe «Porcaresc» e scendere poi in «Valle di Vergeletto». Sentiero bianco-rosso, 350 m disl., 1,9 km, 1 ora e 10 min.

Curiosità

‘Davvero pazzesco’ Fiera dell’agricoltura e dell’alimentazione

Lo scorso 13 ottobre a San Gallo si è inaugurata la più grande fiera pubblica dell’agricoltura e dell’alimentazione della Svizzera. Col motto “Davvero pazzesco” il Cantone dei Grigioni è l’ospite d’onore della Fiera alla quale però ha partecipato con un proprio ambasciatore anche il Ticino.

Sì, perché tra i visitatori più attesi all’apertura dell’OLMA vi era il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis, che è stato accolto dall’associazione Rheintaler Ribelmais.

Associazione che ha fortemente voluto una rappresentativa ticinese al proprio stand nel quale il Presidente della Confederazione si è dilettato nel servire la polenta fatta con il Ribelmais accompagnata con formaggio d’alpe ticinese AOP, proprio dell’Alpe Sfii e del buon vino Merlot.

Con l’ambasciatore è stato presentato anche il progetto “Eccellenze Alpestri” sostenuto da STEA, UCT e Cetra Alimentari SA.

noi per voi

sabato 22 ottobre 2022 11Ticino7
bancastato.ch Abbiamo tuttibisogno di puntifermi, di certezze edisicurezze. Noi vi offriamo il costante impegno di esseredasemprecon il Ticino eper iticinesi. SFII (© ELY RIVA, FABRIZIO BIAGGI)
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TIPO

sabato 22 ottobre 2022 12Ticino7
UN FUMETTO DI ALESSIO VON FLÜE

LA

Wanna e Stefania

Quando le televendite non avevano filtri Dice che tutte le tv la stanno cercando, che ogni giorno arrivano telefonate per partecipare a qualche reality. Dice che non sa ancora dire se accetterà qualcuna delle decine di proposte, perché lei è molto cara e molto selettiva. Dice che non si è pentita e che ha pagato il suo debito con la giustizia. Dice anche che non è stata pagata per partecipare alla docu serie di Netflix che racconta la sua storia e quella di sua figlia Stefania Nobile: Wanna, nuova uscita della piattaforma che si fa guardare e fa discutere (vedi laRegione del 18.9.2022, ndr). È il prodotto televisivo che racconta la storia di una signora nata povera (all’anagrafe Vanna, la W è un vezzo che si è concessa tempo dopo) che si sposa con un uomo infedele e a un certo punto inventa un modo per mantenere la famiglia. “Scaltre imprenditrici o subdole truffatrici? – scrive Netflix presentando la serie – Wanna Marchi e Stefania Nobile sono diventate le indiscusse regine dello shopping televisivo, finché non si sono spinte troppo oltre”. Il troppo oltre, il punto di non ritorno (che vi consiglio di approfondire guardando le quattro puntate davvero imperdibili)

The Bear Un orso in cucina

La panchina è dietro la biblioteca. Accanto c’è un piccolo molo, un cartello blu con la scritta CANOTTIERI e un lampione che aspetta il buio. È domenica. Sul lungolago passeggiano famiglie con bambini, ragazzi, pensionati e qualche turista. Poi, all’improvviso, passa un cigno. Non sull’acqua, nuotando, come sarebbe la prassi. L’animale cammina proprio al centro del marciapiede. Intorno a lui si fa il vuoto. Tutti girano al largo perché, come sento dire a una signora con la veste a fiori, “i cigni sono cattivi”. A distanza di sicurezza, un signore in giacca e cravatta rincara la dose: “Sono violenti, meglio lasciarli stare”. E il cigno? Lui non dice niente, avanza maestoso come il personaggio malvagio di un romanzo ottocentesco. E se gli rivolgessi la parola? “Mastro cigno, è vero che siete tanto pericoloso come dicono?”. Di certo nei suoi occhi comparirebbe un luccichio. “Mi metta alla prova, mister Fazioli, mi metta alla prova e vedremo”. Meglio stare zitto, dopotutto: non vorrei che mi sfidasse in un duello all’alba, a colpi di becco, e vinca il migliore…

è stato quando sono passate dal vendere lo scioglipancia al promettere di liberare dal malocchio i malcapitati che avevano la bella idea di telefonare al centralino. In quel momento creduloneria e scaltrezza si mescolano in maniera irreversibile e pericolosa, la trasmissione Striscia la Notizia comincia a indagare sollevando un polverone che porterà le due in tribunale fino ad essere condannate in Appello a 9 anni e 6 mesi per bancarotta fraudolenta, truffa aggravata e associazione per delinquere. È una storia incredibile, tragica e tremenda. Guardate la serie e crederete ad almeno qualche parola della signora Wanna. Vi farà pena, vi farà arrabbiare vi farà scuotere la testa pensando: ma come è possibile cascarci? In qualche momento penserete persino: in fondo, cosa ha fatto Wanna? Ha fatto Instagram senza filtri, in un modo audace e violento che ancora oggi soltanto la televisione sembra avere. No, voi non ci cascate e voi non ci credete. Quegli integratori comprati su Instagram vi faranno davvero avere una pelle splendida.

ALTRI SCHERMI

SÌ, CHEF!

The Bear, la nuova serie in streaming su Disney +, sta ottenendo grandi consensi, tanto da essere identificata come la probabile miglior serie dell’anno.

Non è una commedia, ha un ritmo abbastanza frenetico e si svolge prevalentemente in una cucina a dir poco lercia. Il protagonista è Carmy Berzatto (Jeremy Allen White), un giovane chef pluristellato e maniacale che torna a Chicago per gestire la paninoteca di famiglia, ‘The Original Beef of Chicagoland’, dopo la tragica morte di suo fratello.

NON SOLO CIBO

Carmy si trova catapultato in un universo apparentemente molto lontano da quello delle prestigiose cucine alle quali è abituato. Ambiente (sudicio), linguaggio (sporco) e attitudine al lavoro (recalcitrante) sembrano cose di un altro pianeta eppure, a poco a poco, scopriamo che la pressione, il mobbing e i maltrattamenti non sono poi così dissimili tra i due opposti mondi gastronomici. The Bear non parla solo di cibo, ma anche di famiglia, del lavoro sempre sotto pressione e della ricerca di un equilibrio perduto.

L’ORSO DENTRO DI NOI

La prima puntata di The Bear inizia con la scena di un gigantesco orso bruno che viene liberato da una gabbia. Che ci fa un orso libero a Chicago? Dove va?

The Bear non è un fantasy e nemmeno un film di formazione, inquadra invece con metodica precisione

l’aggressività che può accumularsi e sfociare nella ferocia che solo un orso imprigionato riesce a manifestare. È la rabbia, o la frustrazione, coltivata a lungo e mai liberata. Nella cucina della paninoteca di Carmy, tanti orsi infuriati si aggirano pronti ad attaccare.

IL MANZO ITALIANO

Al centro della trama, tra liti, riappacificazioni, sigarette, machismo a profusione e lavoro maniacale troviamo il panino di Chicago: l’‘Italian Beef sandwich’, che consiste in sottili fette di carne di manzo e giardiniera calda adagiate nel pane. L’origine è sconosciuta ma si pensa risalga agli immigrati italiani che, all’inizio del Novecento, lavoravano nei grandi mattatoi di Chicago. Dall’uscita di The Bear (negli States è su Hulu già dall’estate) la ricerca tramite Google di questi panini, stando a Google Trends, è raddoppiata.

sabato 22 ottobre 2022 13Ticino7
FICCANASO DI
INSTAGRAM: @LA_FICCANASO Coordinate: 2’721’940.9; 1’116’524.9 Comodità: ★☆☆☆☆ Vista: ★★★★☆ Ideale per… litigare con un cigno. Settimanale inserito nel quotidiano laRegione ticino7.ch • #ticino7 • facebook.com/Ticino7 Direttore Beppe Donadio Caporedattore Giancarlo Fornasier Grafica Variante agenzia creativa Editore Teleradio7 SA • Bellinzona Amministrazione, direzione, redazione Regiopress SA, via C. Ghiringhelli 9 CH-6500 Bellinzona tel. 091 821 11 11 • salvioni.ch • laregione.ch Servizio abbonamenti tel. 091 821 11 86 • info@laregione.ch Pubblicità Regiopress Advertising via C. Ghiringhelli 9, CH-6500 Bellinzona tel. 091 821 11 90 • pub@regiopress.ch ticino7
ASCOLTA
DI
SUL LUNGOLAGO AUGUSTÓW ALL’ALTEZZA DI PIAZZA LURASCHI
SOPRA LA PANCA TESTO E FOTOGRAFIA © ANDREA FAZIOLI

IN PRIMO PIANO

Chi saranno i migliori sportivi ticinesi 2022 ?

Sul palco della RSI salgono i Re-count

Nuovo appuntamento con gli Showcase RSI, che danno spazio e voce agli artisti del nostro territorio. Stavolta a salire sul pal co sono i Re-count, progetto che nasce nel lontano 1995, da un’idea di Omar Enrico Bernasconi

Collaborando con vari artisti negli anni i Re-count hanno esplorato contaminazioni tra pop, rock, breakbeat, drum and bass, ambient, goa e industrial creando un amal gama di stili, suoni e linguaggi.

La cerimonia di premiazione dei Migliori Sportivi Ticinesi 2022 avrà per la prima volta come palcoscenico l’Audito rio Stelio Molo di Lugano-Besso. Lunedì 31 ottobre verran no svelati le vincitrici e i vincitori del concorso: 20 i finalisti che sono stati designati dalla giuria e da oltre 17’000 voti espressi dal pubblico su aiutosport.ch

Nel dettaglio, sono 10 finalisti per ogni categoria (élite e giovani speranze) che potranno essere votati entro il 23 ottobre Oltre al voto del pubblico, che nel computo finale ha un “peso” del 50%, un altro 50% è determinato da una giuria composta da esperti del settore sportivo: giornalisti sportivi, promotori e par tner dell’evento.

Grande novità di quest’anno è l’aggiunta di un premio alla mi gliore giocatrice e/o al miglior giocatore di squadra.

In questo ambito la giuria designerà, tra tutti i giocatori ticinesi di squadre di nazionale A, la o il più meritevole.

Tetti verdi: efficienza e sostenibilità

Viviamo su un pianeta bellissimo, che ci re gala ambienti ricchi di biodiversità e pae saggi spettacolari. Un pianeta che ci ospi ta e che ci nutre, ma che con il nostro stile di vita stiamo maltrattando e soffocando. Tutte e tutti noi siamo chiamati a far qual cosa, prendendoci cura dell’ambiente in cui viviamo e investendo risorse per tro vare soluzioni per il pianeta e per il nostro futuro.

In questa nuova puntata de Il giardino di Albert partiremo proprio da qui: dalle so luzioni che possiamo trovare - ad esem pio i tetti verdi su edifici cittadini, piccoli ma utilissimi strumenti per salvaguarda re la biodiversità - alle ricerche in atto per contribuire alla salvaguardia del luogo che ci ospita. Conosceremo due ingegneri in

La cerimonia, oltre alla diffusione in diretta streaming 19.30 su rsi.ch/streaming, sarà riproposta la sera stessa in diffe rita su RSI LA 2, alle 23.30

Il concorso è organizzato dall’Associazione Aiuto Sport Ticino in collaborazione con il Presenting Partner RSI Sport e col sostegno di AIL, BancaStato e la partecipazione di Panathlon Club Lugano, inclusione andicap ticino e Associazione Giornalisti Sportivi Tici nesi.

Lo scorso anno ad imporsi fu il nuotatore Noè Ponti, davanti alla velocista Ajla Del Ponte e al biker Filippo Colombo. Fra i giovani vinse la saltatrice in lungo Emma Piffaretti

Maggiori informazioni sul sito aiutosport.ch

Lunedì 31 ottobre alle 19.00

Nella formazione attuale, insieme a Omar, militano musicisti conosciuti nella nostra regione quali Ivan “Vaniggio” Griggio alla chitarra, il polistrumentista Marco “Big go” Fasola al basso, Fabien Perrochon alla voce e il giovane talento Matteo Billeci alla batteria. Durante la serata, che sarà pre sentata da Isabel Piazza, i Re-count pre senteranno il loro ultimo album “La queue du Lézard” e per l’occasione suoneranno canzoni ancora inedite.

>>> Confronti generazionali

Zoomers

glesi che hanno brevettato uno strumen to che ridurrebbe drasticamente la morte degli uccelli marini a causa degli ami da pesca e scopriremo anche una start up di Losanna che sta lavorando a un progetto per ripulire lo spazio dai rifiuti. Come sempre in compagnia di Cecilia Broggini, Christian Bernasconi e dei loro ospiti che, questa domenica, saranno il biologo Guido Maspoli dell’Ufficio Natu ra e Paesaggio del Canton Ticino e Isabel la Forini, entomologa ed educatrice am bientale.

La nostra società viene suddivisa in tipi di generazioni al fine di poter definire i valori, gli atteggiamenti, i comportamenti, le affi nità, le differenze tra le diverse tipologie di persone che compongono il tessuto sociale. Queste generazioni vivono e lavorano fianco a fianco e spesso vengono a trovarsi in contra sto per il modo di vedere il mondo. Nei prossimi anni la ribalta sarà soprattutto della Generazione Z, cioè le persone nate tra il 1997 e il 2012. I cosiddetti “Zoomers” rappre sentano una grande fetta della nostra società e stanno facendo il loro ingresso nel mondo del lavoro, andando a sostituire i babyboo mers (nati tra il 1946 e il 1964), ormai in pen sione o vicini alla fine della loro parabola pro fessionale. Com’è il loro impatto sul mondo del lavoro e come riescono ad inserirsi a fianco delle altre generazioni? A questo e ad altre do mande proverà a rispondere il magazine eco nomico della RSI Tempi Moderni

sabato 22 ottobre 2022 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 23.10 al 29.10 14
vs Boomers
<<< Tempi moderni Domenica 23 ottobre alle 22.00 su LA 1
Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano Besso in diretta su rsi.ch/streaming Giovedì 27 ottobre alle 20.00, Studio 2 RSI a Lugano-Besso Diretta su Rete Tre e su rsi.ch/streaming
Il giardino di Albert Domenica 23 ottobre alle 18.10 su LA 1 #ShowcaseRSI
Iscrizioni su rsi.ch/eventi

Aspettando... Natale

di

Ci risiamo: ancora una volta, l’estate è volata in un soffio ed eccoci catapultati in quel periodo dell’anno in cui nei negozi iniziano a fare capolino elfi natalizi e bocce colora te. Halloween si avvicina a grandi passi, ma accanto alle zucche già scintillano stelle dorate e renne glitterate.

E come sempre in questa stagione, le emozioni si dividono: chi inizia in trepidazione il conto alla rovescia per il periodo più ma gico dell’anno, e chi invece preferisce rimandare la lista dei re gali ancora per un po’.

E voi, non vedete l’ora delle Feste? Noi siamo davvero impazien ti! Questa volta più che mai, perché vogliamo scegliere insieme al pubblico le saghe cinematografiche che andranno in onda il 25 dicembre. Perché – ammettiamolo – le feste non sono le stesse senza una giornata sul divano a godersi una bella marato na di film.

Partecipa al concorso RSI e raccontaci quali saghe non possono mancare per te a Natale.

Magari il romanticismo alla Bridget Jones e l’adrenalina di Mission: Impossible? Oppure meglio immergersi in un’atmosfera sognante con Harry Potter e il grottesco Grinch? O alla fine vincono sempre i grandi classici, come Mamma ho perso l’aereo?

Esprimi la tua preferenza entro il 13 novembre tramite il sito rsi.ch/concorsonatale e tenta la fortuna.

In palio un buono per una libreria o un cinema a tua scelta e dei gadget RSI esclusivi.

Appuntamento a dicembre con il Natale RSI!

La storia infinita ultima puntata

Si conclude, con la quarta puntata, l’affa scinante viaggio de La storia infinita, il pro gramma con Jonas Marti che ci ha fatto riscoprire importanti momenti del nostro passato.

Nella quarta prima serata, occhi sulle vie di comunicazione: racconteremo le migra zioni dei popoli che con i loro movimenti hanno cambiato il corso della storia del no stro Paese e plasmato il territorio.

Ospiti: Pietro Montorfani, storico, Fran cesco Cavalli-Sforza, divulgatore, figlio del genetista Luigi Luca, il primo a stu diare la storia genetica delle popolazioni, Marwan Kilani, egittologo e archeologo linguista. Con loro come sempre l’arpista Kety Fusco, con la sua musica sospesa e sognante, e l’attore Claudio Moneta che leggerà testi dell’epoca.

Il programma negli appuntamenti prece denti aveva affrontato il tema dell’epoca romana con la prima straordinaria globa lizzazione del mondo, poi il Medioevo nella Svizzera italiana e nella penultima uscita si era dedicato al periodo dei baliaggi.

I soldi: che sappiamo di loro?

“Si può vivere da poveri, basta aver tanti sol di” diceva Renato Pozzetto nel finale di un suo film. Un paradosso, un luogo comu ne? Il viaggio sulle strade del nostro im maginario del magazine culturale Clichè ci condurrà proprio sulle tracce del denaro.

Un denaro sempre più fantasma, che fisica mente sta scomparendo, e che forse perché fantasma si infila ovunque e rischia di di ventare misura di ogni cosa. Con Lorenzo Buccella per cercare di rom pere alcuni cliché sui soldi ci sarà l’econo mista Christian Marazzi, Giovanna Ber tazzoni, vice presidente Arte del XX e XXI secolo di Christie’s, e il giornalista sportivo e performer teatrale Federico Buffa

Al termine, come sempre, un film a tema: dalle 00.20, sempre su LA 1, è di scena il film americano Margin Call, con Kevin Spa cey come attore protagonista. Ci troviamo nella capitale del capitale, Wall Street: Eric Dale, uno dei capi settore di una grossa banca di credito finanziario, viene li cenziato in tronco in modo forse sospetto. Ha solo poco tempo per prendere i suoi ef fetti personali ed andarsene. Fa in tempo però a consegnare una chiavetta di compu ter al giovane analista Peter Sullivan dicen dogli di prestare attenzione ai dati che essa contiene. Film drammatico di J.C. Chandor (USA 2012).

Cryptopia, il futuro delle monete e del web?

Cinque anni dopo il suo primo documenta rio sull’argomento, il regista Torsten Hoff mann ci porta nuovamente nel controverso mondo della blockchain, delle criptovalute e del Web 3.0.

“Cryptopia” è un lungo viaggio nel misterioso universo di questa nuova tecnologia alla ri cerca degli aspetti positivi e di quelli nega tivi di un’industria controversa che potrebbe rivoluzionare il mondo. In effetti il suo po tenziale è immenso, difficile da comprendere per i profani. Inoltre, anche tra gli esperti i pareri sono discordi. Insomma, tra fautori e denigratori la battaglia è aspra. Davvero la tecnologia blockchain potrà crea re un nuovo web 3.0, più equo, decentralizza to, senza censura?

Un web in cui potremo controllare i nostri dati e proteggere le nostre identità online? Un web sinonimo di libertà assoluta? Oppure, questa utopia verrà distrutta dalle mega società e dagli Stati che si stanno già battendo per ottenere il controllo di questo nuovo universo.

sabato 22 ottobre 2022 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 23.10 al 29.10 15
IN PRIMO PIANO
Vita! Mercoledì 26 ottobre prima TV alle 21.05 su LA 2
La Storia infinita Lunedì 24 ottobre alle 21.10 su LA 1 Cliché Mercoledì 26 ottobre alle 21.55 su LA 1 Partecipa al concorso e scegli la saga
film che vuoi vedere il 25 dicembre
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