Ticino 7 N12

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Viaggi,

passioni e

stili di vita

ticino7

Le strade e altre vie dell’anima

“Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei più uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente. È incredibile quel cemento che sibila a dieci centimetri dal tuo piede, lo stesso su cui cammini, ed è proprio lì, così sfuocato eppure così vicino che col piede puoi toccarlo quando vuoi - un’esperienza che non si allontana mai dalla coscienza immediata. Chris e io stiamo andando nel Montana con due amici; forse ci spingeremo ancora più lontano. I programmi sono volutamente vaghi, abbiamo più voglia di viaggiare che non di arrivare in un posto prestabilito. Siamo in vacanza. Diamo la preferenza alle strade secondarie: il meglio

sono le strade provinciali asfaltate, poi le statali, e ultime le autostrade. Ci preoccupiamo più di come passiamo il tempo che non di quanto ne impieghiamo per arrivare: l’approccio cambia completamente. Le strade che serpeggiano su per le colline sono lunghe, ma in moto sono molto più belle, in curva ti inclini senza andare a sbattere contro le pareti di un abitacolo. Le strade con poco traffico sono più gradevoli, oltre che più sicure, e anche quelle senza autogrill e cartelloni, strade dove boschetti e pascoli e frutteti si possono quasi toccare, dove i bambini ti fanno ciao con la mano e la gente guarda dalla veranda per vedere chi arriva; quando ti fermi per chiedere informazioni la risposta tende a essere più lunga del dovuto invece che più corta, e tutti ti domandano da dove vieni e da quanto tempo sei in viaggio”.

Tratto da Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig (1974; Adelphi, pp. 14-15).

SPECIALE DUE RUOTE & MOBILITÀ sabato 25 marzo 2023 1 Ticino7 numero 12 A CURA DELLA REDAZIONE

Mirco Arena

Classe 1980, nato a Lachen (Svitto), vive a Bellinzona. Dopo aver frequentato la SCC della capitale ha lavorato diversi anni presso la “Libreria Quarta” di Giubiasco con Sergio Quarta, storico libraio da poco scomparso e che gli è stato d’ispirazione nella vita. Il suo lavoro di corriere in bicicletta a Lugano si abbina perfettamente alla sua passione. Il suo motto? “La salita è l’essenza del ciclismo” (da ‘Vicini alle nuvole’ di Luca Gregorio e Riccardo Magrini, 2023).

Stiamo parlando di biciclette normali, mica di quelle elettriche che oggi vanno di moda. Che cosa significa questo mezzo di trasporto sano ed ecologico? “La bicicletta è una forma di libertà”, afferma Arena, “perché è un’attività che può essere svolta in totale autonomia, ti svincola dalla necessità di dipendere da un qualunque fattore esterno (di mezzo, economico, sociale) e ti consente di esplorare a livello sensoriale il paesaggio circostante”. Ma i vantaggi sono numerosi: “È economica, ecologica, adrenalinica, una sfida con sé stessi” aggiunge, inoltre “può essere meditativa e solitaria o un’occasione di condivisione”. Una cosa per Arena è chiara: “Per me la bicicletta è vita!”.

Un colpo di fulmine

Condivisione, si diceva. Arena spiega che “tra ciclisti c’è una forma di rispetto e di aiuto reciproco, infatti se qualcuno è in difficoltà, o cade o fora c’è sempre un ciclista pronto ad aiutarlo. Una comunità non ‘dichiarata’ ma concreta”. Potremmo dire lo stesso degli automobilisti? Quasi tutti imparano a pedalare da bambini grazie alla pazienza dei genitori, poi c’è chi presto o tardi l’appende al muro o l’abbandona in garage. Certamente non lui. “La passione è nata quando ero bambino, intorno ai 6 anni, quando mio padre mi insegnò ad andare in bicicletta. Avevo una piccola bici azzurra con il contropedale e gli pneumatici bianchi” ricorda. Ma il vero colpo di fulmine fu un altro: “Il prologo del Tour de Suisse del 1995 a Bellinzona (dove vinse Alex Zülle) e da cui passarono i miei idoli Gianni Bugno, Marco Pantani, Piotr Ugrjmov, Toni Rominger. Un’emozione come poche!”.

Tecnica e muscoli

Da curiosi gli chiediamo qualche dettaglio in più: che bici usa, perché e che tipo di pedalate ama fare? “Per l’allenamento”, racconta, “utilizzo principalmente la mia ultima ‘Bianchi’ da corsa in carbonio che alterno nella stagione invernale con la cara vecchia ‘Kuota’, più indicata per le strade ghiacciate o con sale”. E poi c’è l’attività professionale: “Per lavoro (sono ‘messenger’ per ‘Saetta Verde’) utilizzo una ‘urban’ più adatta per l’uso cittadino”. Invece nel tempo libero quali tragitti ama percorrere? “Come allenamento faccio diversi percorsi in Ticino: Sopraceneri, Sottoceneri, Lago di Lugano e Maggiore, talvolta sconfino in Italia”, racconta. Arena poi ci sciorina tratte invidiabili: “Le pedalate più emozionanti sono state il Trittico nel 2020 (passo del Gottardo, passo della Novena e Furka) e il Ghisallo nel 2022”. Sogni nel cassetto? “Mi piacerebbe partecipare alla 12 ore di Monza”, rivela.

Dalle aquile ai pericoli (e qualche dritta)

A chi passa così tante ore in sella non mancano aneddoti e vicende interessanti dal punto di vista psicosociale. Per esempio, dice, “mi diverte individuare (riconoscere) i professionisti che incrocio durante un’uscita e che si allenano sui miei stessi percorsi”. Poi c’è la bellezza di stare all’aria aperta: “Ciò che mi stupisce ancora ogni volta è il contatto con la natura e l’incontro casuale con diversi animali (aquile, cervi)”. Roba da fare invidia a qualunque automobilista, vero? Tuttavia, in un cantone così tanto motorizzato e trafficato, la due ruote non è sempre una passeggiata. Arena conferma che “gli episodi spiacevoli sono legati alla poca disciplina degli automobilisti”, tant’è che ebbe un incidente nel 2021, per fortuna senza conseguenze. Risultato: “Alcune settimane di riposo e la sostituzione della bicicletta ormai non più utilizzabile”. Poteva andare molto peggio.

Consigli ai neofiti? “Per chi si sta avvicinando a questa passione, consiglio di non pensare alla competitività con gli altri ciclisti, ma di godersi lentamente ogni passaggio della propria crescita performativa”, afferma filosofico. Anche nel suo lavoro di corriere in bici, che svolge dal 2016, non mancano purtroppo i problemi. “Pedalare nel traffico cittadino è piuttosto stressante e pericoloso”, ammette. “C’è poco riguardo per i mezzi alternativi, tra cui le bici, e la viabilità non aiuta”. Per fortuna, benché Lugano sia piuttosto collinare, “è una piccola città facilmente attraversabile e con un clima mite, ideale per essere percorsa in bici!”, afferma. Tuttavia, il poco riguardo per i ciclisti è sotto gli occhi di tutti: “Sarebbe dunque auspicabile se si potenziasse la rete delle piste ciclabili, poiché sono quasi del tutto inesistenti, ed educare le nuove generazioni a una mobilità ecosostenibile”. Chissà che qualche politico o genitore sia all’ascolto?

sabato 25 marzo 2023 2 Ticino7 INCONTRI DI MARCO JEITZINER;
© TI-PRESS / PABLO
FOTOGRAFIE
GIANINAZZI
“Avevo una piccola bici azzurra con il contropedale e gli pneumatici bianchi (...)”

Airbag

Oltre alla testa c’è tutto il resto

Non esiste oggi sport o attività ludica che non ponga l’accento sull’aspetto della sicurezza. A giusta ragione visto il numero sempre crescente degli infortuni non professionali che avvengono mentre si praticano attività nel tempo libero. Se caschi, guanti, pantaloni specifici per chi vuole viaggiare in sicurezza a bordo della propria moto sono diventati parte integrante del corollario del saggio centauro – anche se sulle strade si vede ancora di tutto, compresi utenti in pantaloncini e maglietta... –una giacca protettiva è estremamente importante per divertirsi senza brutte sorprese quando si sale in sella.

Quando si parla di airbag per moto non parliamo di un pallone che si gonfia. Pensate che il primissimo brevetto di airbag risale al 1952; ma è dagli anni Settanta che si è cominciato a equipaggiarne le automobili (non senza un grande seguito di critiche e incertezze sulla sua effettivà funzionalità). Negli anni il sistema è stato perfezionato al punto da essere montato un po’ ovunque sulle 4 ruote. Oggi una tecnologia obbligatoria per i professionisti delle corse, l’idea di renderla disponibile a tutti i motociclisti è dell’azienda italiana Dainese, che agli inizi degli anni 2000 introduce i primi prototipi, poi commercializzati una decina d’anni più tardi. Oggi in modalità sia meccanica sia elettronica, l’airbag può corredare tute, giacche o essere indossato come gilet sopra o sotto altri indumenti. Ma cosa li differenzia?

Gli airbag meccanici

Sono i primi a essere arrivati sul mercato e lavorano in maniera semplice ma efficace: chi guida è connesso alla moto tramite un cavo (vedi immagine) che, in caso di caduta, si sgancia andando ad azionare il sistema di gonfiaggio della sacca mediante l’azione di una o più bombolette a gas, con un tempo di attivazione inferiore ai 200 millisecondi. Secondo un recente contributo apparso sul portale automoto.it, il sistema è veloce, semplice ed economico: normalmente si tratta di gilet comodi da indossare sopra alla giacca, di facile manutenzione e quindi decisamente più versatili di una giacca o tuta. Tra i difetti, da segnalare che in caso di apertura del dispositivo sarà necessario rimpiazzare la bomboletta con una nuova. Come pure l’eventualità di un urto

da fermi o di una banale caduta che non fa staccare il cavo dalla moto e dunque “innescare” l’esplosione che gonfierà la sacca. Ultimo non ultimo, il dimenticarsi del cavo e scendere belli spediti dalla moto facendo esplodere il tutto senza motivo.

... e quelli elettronici Più costosi dei precedenti, i dispositivi elettronici (detti anche stand alone), sono la naturale evoluzione dell’airbag: funzionano grazie a una centralina che controlla sensori, giroscopi, accelerometri e attraverso una serie di algoritmi rileva l’impatto e aziona, entro 100 millisecondi, l’apertura del cuscino protettivo.

E questo è un gran vantaggio: la velocità di azionamento, inferiore anche del 50% rispetto a

quella di un dispositivo meccanico; e poi la precisione, l’affidabilità, la libertà di non essere agganciati alla moto. Tra i possibili “contro” nel momento dell’acquisto vi è il costo, nettamente superiore, di questo tipo di airbag rispetto alle versione meccanica; va inoltre considerata una minima manutenzione da mettere in conto per essere certi di avere addosso un prodotto sempre perfettamente funzionante. Come sempre la scelta dipende anche da che “tipo” di motociclista siete, il vostro stile di guida e quale mezzo conducete. Ma quando si parla di sicurezza, meglio non guardare (solo) al portamonete.

TENDENZE A CURA DELLA REDAZIONE
sabato 25 marzo 2023 3 Ticino7

Yari Paparelli

48 anni di Lugano, da quasi venti dirige una carrozzeria nella regione. Ha fatto l’apprendista carrozziere-lattoniere, ma è cresciuto nel mondo delle motociclette grazie al padre che lo portava in giro. La sua è stata una progressione naturale: il motorino in adolescenza, il “cinquantino” a 16 anni, la due ruote una volta maggiorenne, fino alla sua vera passione, l’intramontabile e leggendaria Harley-Davidson, che quest’anno compie 120 anni.

Da ragazzino, durante un controllo alla caserma dei pompieri di Lugano, il suo motorino fece segnare la bellezza di 130 km/h. Si vede che Yari Paparelli ha sempre avuto le due ruote nel sangue. Finché ha potuto cavalcare una Harley-Davidson, la storica (e ormai mitica) casa motociclistica fondata a Milwaukee nel lontano 1903. Esattamente 120 anni fa. Ma cosa significa questa moto oggi? “L’Harley per me rappresenta il senso di libertà, è quella valvola di sfogo che in due minuti ti toglie tutto lo stress lavorativo” spiega. “Non solo, è fratellanza, amicizia e tantissimo divertimento ma anche un grosso impegno”. Infatti lui è anche direttore del ‘Lugano-Chapter’, un club ufficiale di harleysti affiliato alla ‘Harley-Davidson Lugano’, che conta oltre un centinaio di soci. Tra loro organizzano eventi e viaggi: “È un gruppo fantastico e sono fortunatissimo, perché sono contornato da gente veramente in gamba che mi sostiene, che condivide con me le gioie e le emozioni che l’Harley ti fa vivere”. Proviamo a viverle un po’ anche noi.

Una moto, una filosofia

Paparelli sostiene che “la moto sia il miglior modo di viaggiare per cogliere tutte le bellezze e le stranezze che il mondo ci offre”. Quando ci parla dei viaggi di gruppo “sono organizzati nei dettagli, mentre invece quando parto in solitaria con la mia compagna non faccio nessun programma”. Sarebbe a dire?

“Se siamo stanchi ci fermiamo, se abbiamo fame mangiamo, e quando vogliamo tornare a casa torniamo”. Ma questo, in teoria, non si chiama proprio libertà? Una spensieratezza che molti, motociclisti o meno, forse oggi hanno un po’ perso. Il nostro interlocutore ha la fortuna di possedere ben tre Harley... Quali? “Una ‘Touring’ molto grossa e molto comoda che per fare viaggi lunghi è fantastica” spiega, “una ‘Dyna’ gialla con le fiamme in stile Renegade (serie TV del 1992-1997, nda) che uso per i raduni ma con cui ho fatto parecchie migliaia di chilometri; infine una ‘Shovel’ del 1976 che è la storia per eccellenza della casa statunitense, anche se non proprio comodissima per circolare”.

Codici e solidarietà

Gli aneddoti, ci dice, sono troppi: “Ne ho un’infinità da raccontare, non basterebbe un libro intero per raccontarli tutti!”. L’unica cosa che si sente di dirci, ironicamente, è che “nel 2022 ogni weekend ho fatto chilometri e partecipato a una festa”. Per poi precisare qualcosa di fondamentale: “Quello che distingue un harleysta da un motociclista è... il gilet di pelle con i colori d’appartenenza sulla schiena!”. Insomma, come fanno le vere e proprie tribù, solo che al posto dei cavalli in carne e ossa ci sono quelli nel motore, al posto dei nitriti l’inconfondibile rumore della marmitta.

120 primavere

Il compleanno ultrasecolare sarà il pretesto per ritrovarsi ancora più numerosi. “In Europa si festeggerà a Budapest in giugno, dove si prevede che parteciperanno ben oltre 200mila harleysti, tra i quali ci saremo anche noi del ‘Lugano-Chapter’ ”, racconta con orgoglio. Ma di mezzo c’è indubbiamente lo zampino del cinema, della musica e della TV a stelle e strisce. Concorda anche lui. Dice che “il mito è stato cavalcato e reso famoso anche dai grandi del cinema hollywoodiano come The Wild One con Marlon Brando” e “anche Elvis Presley possedeva diverse Harley, fino ad arrivare ai giorni nostri con la famosa serie televisiva Sons of Anarchy, che ha sicuramente contribuito a far tornare di moda questa moto anche tra i giovani”.

“Esiste un codice non scritto ma che tutti noi harleysti conosciamo e rispettiamo”, ci spiega ancora, ovvero “delle ‘patch’ (toppe, nda) che portiamo sulla schiena hanno un significato, un ordine e un numero ben preciso. Questo un harleysta lo sa e lo rispetta”. Già, il rispetto, per loro “è alla base di tutto!”, afferma. Come? “Se incroci un harleysta in strada lo saluti, se è in difficoltà ti fermi ad aiutarlo, e questo ai giorni nostri non è scontato”, osserva. Come non dargli torto. Ecco quindi queste moto da “ribelli” che sono vestiario, “materiale omologato e sicuro per i viaggi”, precisa, ma anche un’etica tutta sua. Per chi volesse avvicinarsi a questo mondo, informa Paparelli, meglio “appoggiarsi a un concessionario ufficiale”, perché ciò “garantisce di viaggiare in sicurezza con una moto controllata da seri professionisti”. Quindi, “buona strada a tutti!”, conclude. E guidate sempre con prudenza e rispetto degli altri utenti, aggiungiamo noi.

sabato 25 marzo 2023 4 Ticino7 COSTUME DI MARCO
JEITZINER; FOTOGRAFIE © TI-PRESS / PABLO GIANINAZZI
“Esiste un codice non scritto ma che tutti noi harleysti conosciamo e rispettiamo”

L’altro giorno un bambino mascherato si è avvicinato con aria minacciosa dicendo che aveva 8 anni ma che praticava il karate da ben 10 anni, e mi ha perciò consigliato di stare in guardia perché lui era di un altro pianeta. Lui era Batman...

Se posso anche tralasciare l’evidente incongruenza temporale della prima affermazione fatta dal ragazzo, non posso certamente permettere che queste nuove generazioni crescano con l’errata convinzione che Batman sia l’eroe di un altro mondo. Lui è la fottuta leggenda urbana del nostro mondo. È molto facile essere di origine divina come Thor, fin troppo comodo essere punti da un ragno e trasformarsi in Spiderman, piuttosto megagalattico provenire da un altro Universo come Superman e alquanto fumettistico possedere il potere di rigenerazione corporea come Wolverine. Batman, al contrario, non ha nessun potere soprannaturale perché lui non è affatto “super”. È semplicemente un uomo e, come la maggior parte degli esseri umani, anche lui nella vita ha vissuto drammatici momenti di bat-sfiga. Da piccolo cade in un pozzo e viene attaccato da uno stormo gigantesco di pipistrelli rimanendone ovviamente piuttosto traumatizzato, e solo poco tempo dopo entrambi i genitori vengono uccisi a sangue freddo sotto i suoi occhi.

Il fascino delle tenebre È un personaggio amatissimo dagli psicologi perché, nonostante i suoi traumi, invece di mollare tutto e darsi allo scontato cliché di dipendenza da droghe e alcol o a maledire la vita attraverso il conveniente “che sfigato che sono il mondo ce l’ha con me”, decide di ricostruirsi da solo: impara così le arti marziali (caro bambino almeno questa l’hai azzeccata), va a studiare nelle migliori Università, realizza diversi marchingegni (su tutti la mitica batcaverna), e alla fine compie quell’azione considerata il fulcro centrale della psicologia moderna perché prende la paura dei pipistrelli e la trasforma nella sua più grande forza diventando l’uomo mascherato della sua decadente città. Trasforma il dolore in un

percorso di conoscenza ed è proprio indossando la paura, diventando la sua paura, che riesce a incutere timore ai suoi nemici, potendo confondersi come un guardiano silenzioso nell’entropica Gotham grazie a una caratteristica spesso assente nei suoi tradizionali colleghi supereroi: Batman, infatti, è un realista. Non vuole creare un mondo perfetto perché sa che non può esistere il mondo perfetto. È indiscutibilmente cosciente della vacua morale in cui naviga la sua corrotta cittadina ma allo stesso tempo sguazza e si integra perfettamente nel sistema. Quando lo guardi non sai mai se agisce per sete di vendetta o di giustizia; non sai se sarà buono o cattivo. Non lo incaselli, non lo inquadri, non lo capisci. È l’uomo del contrasto che sdogana quel concetto di eroe da prendere come modello perché non vuole essere un “esempio per tutti” e non si sbatte per essere amato a ogni costo. Vive in lui il morboso bisogno misto a desiderio di misurarsi con le tenebre e forse è questo l’elemento che lo mitizza ai nostri occhi perché Batman fa sognare il lettore compiendo un atto che, per paura o convenzione, spesso non è consentito fare all’ordinario uomo nella sua ordinaria vita: un giro nell’affascinante e intrigante lato oscuro.

L’altra parte di noi

Lo ammiriamo perché pur amando il buio non ne rimane vittima; e anche se Joker prova più volte a farlo cedere mostrandogli la straordinaria bellezza del caos, Batman alla fine lo sconfigge sempre perché, pur cosciente in quanto realista del non senso del mondo, è mosso da uno dei sentimenti più belli, più alti e spesso più sottovalutati dell’animo umano: la speranza. L’unica persona a renderlo vulnerabile è Selina Kyle in arte Catwoman. I loro incontri sono un’alternanza di graffi e di baci in cui a uscirne piuttosto frastornato è il nostro eroe sia perché per la prima volta si sente compreso da qualcuno simile a lui, sia perché lei a differenza di tutti gli altri non gli chiede di essere salvata e non è una donna in cerca di “redenzione”. A interpretarla magistralmente sullo schermo è Michelle Pfeiffer a cui Batman rivolge l’epica ossimora frase “non so se spararti o innamorarmi”, e questa sua fragilità emotiva lo rende ancora più nostro segreto complice. A te, caro bambino, spetta ora il compito di diventare l’eroe quotidiano del tuo mondo provando a trasformare le delusioni nel tuo miglior superpotere, e se poi i momenti cupi dovessero diventare profondi cerca di non abbatterti. Ricordati sempre che tu… sei Batman.

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SOCIETÀ DI GIOVANNI LUISE BATMAN
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L’eroe
sabato 25 marzo 2023 6 Ticino7 TIPO UN FUMETTO DI ALESSIO VON FLÜE
sabato 25 marzo 2023 7 Ticino7

Concorso il Quotidiano in classe 2023

La scrittura apre le porte del mondo

Condizioni di partecipazione Premi

Lasciati ispirare e invia il tuo testo, massimo 3000 caratteri spazi inclusi, entro lunedì 8 maggio 2023 all’indirizzo quotidianoinclasse@edu.ti.ch.

Indica il titolo, il tuo nome, cognome, indirizzo, numero di telefono, scuola, ed eventualmente il nome del tuo insegnante di italiano.

Saranno selezionati i lavori migliori e si terrà conto della pertinenza al tema, dell’originalità e della correttezza linguistica. La premiazione avrà luogo entro la fine dell’anno scolastico.

Verrà inoltre assegnato il premio speciale Leggere e scrivere con in palio un computer portatile

Per gli allievi di Scuola media e delle Scuole del Cantone dei Grigioni

Alpe Cadonigo

Il trekking degli Alpeggi fa tappa a Cadonigo

Alpe Cadonigo

Corte principale Cadonigo, 1’788 m

Corti Casoréi, 1’429 m / Campolungo, 2’086 m

Ubicazione Valle Leventina

Periodo carico Da metà giugno a metà settembre

Ultimo paese Dalpe

Coordinate 700.845 / 147.159

Proprietà Patriziato di Prato-Leventina

Gestore Boggesi Alpe Cadonigo

Tipo formaggio Semiduro grasso, 100% latte di mucca

Altri prodotti Burro

Dicitura scalzo Cadoni

Animali 90 vacche

Produzione Circa 1’400 forme a stagione

Mungitura Mungitura meccanica

Caseificio Cadonigo, Campolungo, Casoréi

Acquisto All’alpe non è possibile acquistare prodotti

Sulla sponda destra della valle Leventina, sopra al paese di Dalpe si trovano i corti di Cadonigo, che spaziano dai 1’400 metri sul livello del mare di Casoréi agli oltre 2’000 metri di Campolungo.

L’alpe è di proprietà del Patriziato di Prato Leventina e viene caricato sotto forma di boggia.

Il percorso che conduce all’Alpe attraversa un inebriante e vasto bosco di larici, passa poi per il corte principale di Cadonigo e sfocia oltre la linea della conifera nell’aria sferzante di Campolungo.

Il paesaggio è particolarmente roccioso e qui i pascoli si spingono fino al confine con la Vallemaggia, mentre da Cadonigo, sede del caseificio, si gode di un ampio panorama sulla sponda sinistra della Val Leventina.

Itinerario corte principale

→ All’entrata del paese di «Dalpe», presso il magazzino dell’impresa di costruzioni Dotti (1’206 m), si prende la strada asfaltata che sale sulla destra sino a «Boscobello» (1’349 m), qui bisogna lasciare l’auto in quanto l’utilizzo della strada è concesso solo agli autorizzati. Si prende la strada che sale verso destra (quella pianeggiante porta in «Val Piumogna» all’Alpe «Géra»), e la si segue per tutti i suoi 7 tornanti sino a raggiungere una radura con la cascina isolata di «Scontra» (1’660 m), da qui si continua sulla strada lungo il rado bosco sino a raggiungere l’Alpe «Cadonigo» (1’788 m). Da Boscobello: strada sterrata, 450 m disl., 3,9 km, 1,5 ora (se si parte da Dalpe: strada sterrata, 600 m disl., 5,9 km, 2 ore). Strada transitabile liberamente sino a Boscobello, dopo chiusa (cartello di divieto). Posteggio

Lo sviluppo verticale e i piacevoli contrasti che esso regala culminano proprio a Campolungo, dove una vena di roccia calcarea (dolomia) dona alla flora un’inconfondibile, fortissima aromaticità. Pertanto la stessa “ebbrezza” che invade i sensi del viandante si ritrova intatta in questo formaggio al 100% vaccino, contraddistinto a ogni casata da note floreali diverse. Particolarmente intensa è la base aromatica bovina, caratterizzata da ciò che in lingua giapponese si definisce umami (saporito), ovvero la persistenza di glutammato tipica della carne, del brodo e di altri alimenti ricchi di proteine. Il formaggio, insieme al burro, è venduto tramite terzi e su ordinazione.

a Boscobello limitato (bestiame può danneggiare veicoli).

Escursioni

→ Corte Casoréi: dall’Alpe «Cadonigo» (1’788 m) si segue la strada sterrata sino all’Alpe «Cadonighino» (1’739 m), proprio dallo stabile di questo corte, non utilizzato dall’alpe principale, parte un sentiero pianeggiante (al bivio di 2 sentieri posto 200 metri dopo «Cadonighino», prendere quello basso) che costeggia nel bosco delle fasce rocciose, conduce al corte di «Casoréi», posto alla quota di 1’429 m. («Casoréi» può anche essere raggiunto direttamente dal paese di «Prato Leventina–Mascengo», senza passare da Cadonigo, in 1 ora e 15 min., con 400 m disl.). Strada sterrata e sentiero bianco-rosso, 400 m disl. in discesa, 3,5 km, 1 ora.

Curiosità

UMAMI TICINESE

L'umami, tradotto letteralmente dal giapponese “saporito” è stato identificato come un gusto fondamentale nel 1908 da Kikunae Ikeda (池田 菊苗), professore di chimica all’Università imperiale di Tokyo mentre compiva ricerche sul sapore forte del brodo di alghe. Ikeda isolò il glutammato monosodico come responsabile del sapore.

L'umami si può percepire anche, in valori più o meno concentrati, in alcuni alimenti già a crudo: il formaggio d’Alpe Ticinese, specie se lungamente stagionato, il pomodoro maturo, i funghi porcini secchi, la colatura d’alici e l’aglio nero.

Abbiamo tuttibisogno di puntifermi, di certezze edisicurezze. Noi vi offriamo il costante impegno di esseredasemprecon il Ticino eper iticinesi.

9 Ticino7 sabato 25 marzo 2023
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CARPE NOCTEM

Si sente molto parlare dell’inquinamento ambientale, meno spesso di quello luminoso notturno. Nonostante una crescente sensibilità, è un fenomeno sempre più diffuso nel globo, che non permette di vedere la volta stellata e ha importanti ripercussioni sugli esseri viventi.

“City of stars” cantano Emma Stone e Ryan Gosling nel film La La Land. Ma le loro stelle sono le star del cinema. Perché a Los Angeles, grande quanto Piemonte e Lombardia, di stelle vere non se ne vedono più, a causa dell’inquinamento luminoso (per ironia, la canzone finisce proprio con la strofa: “City of stars / You never shined so brightly (Città delle stelle, non hai mai brillato così intensamente). Anche nella vicina Val Padana, nove decimi delle stelle sono nascoste dal chiarore di milioni di luci. Secondo gli autori dell’Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso, guidati dal ricercatore Fabio Falchi (il cognome parla da sé: la vista dei falchi è molto sviluppata nel cielo notturno), la vicina Italia, insieme alla Corea del Sud, è il Paese del G20 più illuminato, e non nel senso positivo del termine. Le luci artificiali aumentano la luminanza del cielo notturno e creano un bagliore. Anche la Svizzera, più di quanto si possa credere, soffre dell’inquinamento luminoso, come conferma il portale darksky.ch: “Nelle montagne il cielo stellato risulta essere davvero migliore che sull’Altipiano e nelle agglomerazioni cittadine. Tuttavia, in tutta Svizzera non c’è più un luogo dove l’oscurità raggiunga un livello di buio naturale”. E Lugano è tra le città messe peggio (a livelli di Zurigo, Ginevra, Basilea). Il fenomeno non era ancora stato misurato a livello globale e lo studio si è reso possibile grazie a sofisticati software di propagazione dell’inquinamento luminoso, attraverso dati satellitari ad alta risoluzione e misurazioni di precisione. La dimostrazione è che la maggior parte della popolazione mondiale vive sotto cieli inquinati dalla luce. La Via Lattea è nascosta a più di un terzo dell’umanità, e ciò sta facendo crescere l’astroturismo e l’utilizzo di app per osservare le stelle.

Che cos’è l’inquinamento luminoso?

I livelli d’illuminazione naturale notturna sono originati da fonti celesti: come la Luna, l’airglow, la luminescenza notturna dell’atmosfera terrestre, le stelle e la Via Lattea, e la luce zodiacale. L’alterazione di questi livelli è causata da fonti luminose di origine antropica. Oltre a ostacolare le osservazioni astronomiche, l’illuminazione artificiale del cielo di notte sottrae all’uomo la gioia di osservare le costellazioni. Colpisce anche luoghi che di giorno sembrano incontaminati, ma nella notte è osservabile a centinaia di chilometri dalla sua sorgente, come la cupola luminosa di Los Angeles vista dalla Death Valley. In generale, esiste una distribuzione principale del flusso ascensionale luminoso, risultante dai riflessi superficiali, che viene chiamata “lambertiana”, dal nome del fisico e astronomo svizzero Johann Heinrich Lambert, descritta nel suo libro Photometria (1760). Poi ci sono le emissioni verso l’alto a basso angolo e infine l’inquinamento luminoso “dall’alto”, quello che viene dai riflessi di luce delle megacostellazioni di satelliti e dei rottami spaziali, la nuova minaccia al cielo stellato.

Risultati dello studio

I paesi meno colpiti dall’inquinamento luminoso sono Ciad, Repubblica Centrafricana e Madagascar (con più di tre quarti degli abitanti che vivono in condizioni di cielo incontaminato), Groenlandia, Repubblica Centrafricana, Niue, Somalia e Mauritania. Il paese più inquinato dalla luce è Singapore, dove l’intera popolazione vive sotto cieli così luminosi che l’occhio non può adattarsi completamente al buio. Il cielo notturno di Hong Kong è 1’200 volte più luminoso del cielo non illuminato. Seguono Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele, Argentina, Libia, Trinidad e Tobago. L’inquinamento luminoso ha un potenziale impatto sulla cultura e la biodiversità, provoca conseguenze ecologiche globali, pone problemi di salute pubblica e comporta spreco di energia e denaro. Per fortuna, le tecniche per ridurlo sono già note e consistono, ad esempio, nella schermatura completa delle luci, nell’implementazione dell’illuminazione stradale adattiva e nella forte limitazione della luce “blu”, che interferisce con i ritmi circadiani. Speriamo che le attuali generazioni siano le ultime a vivere in un mondo così inquinato dalla luce, altrimenti l’umanità non vedrà mai più le stelle, come in Notturno di Asimov e Silverberg (vedi pagina accanto, ndr).

L’ILLUMINAZIONE DEL CIELO NOTTURNO ALLO ZENIT (DALL’ATLANTE MONDIALE DI FABIO FALCHI, 2015).

SOPRA: L’INQUINAMENTO LUMINOSO DELL’AREA DI LUGANO RISPETTO AD ALTRI AGGLOMERATI URBANI.

SOTTO: LA SITUAZIONE IN SVIZZERA.

sabato 25 marzo 2023 10 Ticino7 SCIENZA & AMBIENTE DI ALBA MINADEO; FOTO PRINCIPALE © TI-PRESS
“Dio non approva l’illuminazione stradale”
(Jean-Jacques Rousseau)

La paura del buio

La luce è sempre stata considerata un fattore di sicurezza e progresso, ma l’assenza di oscurità è un problema per gli equilibri naturali. Nel suo libro Elogio del buio Alla riscoperta della bellezza della notte in difesa dei ritmi naturali di tutti gli esseri viventi (Corbaccio, 2023), lo zoologo svedese Johan Eklöf sottolinea come l’alternanza di luce e buio, con la sua variabilità stagionale, sia un fondamento costitutivo dell’evoluzione dei viventi sulla Terra. Una grande varietà di animali notturni si orienta grazie a sistemi che hanno a che fare con l’illuminazione. “L’inquinamento luminoso mette in crisi gli animali. E procura malattie fisiche e psichiche anche a noi”, dice l’autore. “L’essere umano – caso unico tra i mammiferi insieme agli altri primati – concentra le proprie attività di giorno (escludendo anche alba e tramonto) e sfugge la notte. […] La cancellazione è iniziata quando gli umani hanno scoperto il fuoco e l’hanno usato per allungare i loro dì. Almeno un terzo dei vertebrati e quasi due terzi degli invertebrati sono notturni: la maggior parte delle attività naturali – accoppiamento, caccia, impollinazione, decomposizione –avviene di notte. […] L’inquinamento luminoso è un ‘cavaliere’ pericolosamente poco riconosciuto dell’apocalisse ambientale”. La volta non è più celeste di giorno e il cielo non è più buio di notte. E continua: “Il premio Nobel 2017 per la medicina o la fisiologia è stato assegnato agli scienziati che hanno isolato il gene che controlla il ritmo di tutti gli esseri viventi, dai batteri agli esseri umani. Ogni cosa ha un orologio biologico calibrato dalla luce e dall’oscurità. Dall’inizio della Terra, 4,5 miliardi di anni fa, c’è stato un ciclo di notte e giorno, un ciclo imbrigliato dal gene

del ritmo. Il ciclo viene interrotto dalla luce artificiale. Ogni essere vivente ha un orario. L’orario è un elemento fondamentale di tutti noi. Interromperlo ha conseguenze fondamentali. Per esempio, sul pesce pagliaccio, le cui uova si schiudono solo al buio: niente buio, niente pesce pagliaccio; sulle falene, che usano la Luna per la navigazione e sono disastrosamente disorientate da luci intense; sugli insetti attirati in gran numero nelle città e sui conseguenti effetti sull’impollinazione; sulle tartarughe appena nate, programmate per dirigersi a ovest per raggiungere il mare, correndo invece verso il lungomare. I cicli riproduttivi degli uccelli che cantano nel cuore della notte vanno in tilt nel giorno perpetuo e sulle barriere coralline in pericolo perché il rilascio sincrono delle uova e dello sperma degli organismi corallini è dettato dai cicli della Luna, che ora è spesso eclissata dai LED”. Per quanto riguarda gli esseri umani, Eklöf esamina l’associazione tra luce artificiale e privazione del sonno, obesità e depressione, e tra turni notturni e tumori (in particolare legati agli ormoni). “Il vero problema – conclude – sta nel curioso miscuglio di luce e oscurità nell’animo umano. Qualsiasi soluzione deve essere cercata lì”. È d’accordo con lui lo scrittore Wolf Bukowski nel suo Perché non si vedono più le stelle. Inquinamento luminoso e messa a reddito della notte (Eris Edizioni, 2022), secondo cui “le promesse di godimento perpetuo del neoliberismo scatenerebbero la paura del buio. La pretesa folle della nostra società di essere attiva 24/7 è fortemente intrecciata al problema dell’inquinamento luminoso […] la nostra specie ha perso ogni rispetto verso i propri determinanti biologici. Abbiamo bisogno della notte, del buio, dei limiti alla visibilità di tutto e alla funzionalità di tutto. La notte dovrebbe essere il

Ora solare oppure legale?

momento dell’intimo, del ripensamento, del rapporto con le parti oscure, con le parti impossibili da mettere al lavoro, o da mettere a profitto. […] La biologia umana è così dichiarata incompatibile con il capitalismo contemporaneo, ma il capitalismo si propone di cambiare la biologia, e mai e poi mai di limitare se stesso”

Andar per cieli

L’antropologa Irene Borgna ha raccontato il suo viaggio dalle Alpi Marittime al Mare del Nord nel libro Cieli neri. Come l’inquinamento luminoso ci sta rubando la notte (Ponte alle Grazie, 2021). Gli “alfieri del buio”, i luoghi quasi completamente incontaminati, in cui l’inquinamento luminoso non è padrone del firmamento sono il villaggio di Foroglio, in Svizzera, una delle 12 terre della Val Bavona dove si vive ancora senza elettricità. E l’alpeggio bavarese di Winklmoosalm, fra i Parchi certificati dalla già citata Dark-Sky, dove si possono vedere fino a cinquemila stelle. Quella di Borgna è una richiesta decisa: “In una società sana e giusta, i ritmi circadiani devono essere rispettati il più possibile, una volta che questi vengono stravolti è molto difficile tornare indietro. La necessità di un rapporto sano con l’illuminazione si scontra con la necessità tutta capitalistica di ridurre il tempo del riposo e ampliare quello in cui l’essere umano è principalmente un consumatore”. Concludendo, davanti a tutto questo bisogno di buio, l’uomo che cosa fa? Aggiunge luce, magari decidendo di adottare per sempre l’ora legale.

Le tre cantiche della Divina Commedia finiscono con la parola “stelle”:

Il ritmo circadiano è un ciclo che si compie all’incirca ogni 24 ore, con cui si ripetono regolarmente certi processi fisiologici, ed è regolato da fattori interni (il cosiddetto orologio biologico) ed esterni (per esempio, luce e temperatura). Già nel 1729, lo scienziato francese Jean-Jacques d’Ortous de Mairan dimostrò che i ritmi fisiologici sono di origine endogena. Nel 1939, Nathaniel Kleitman li misurò con un esperimento nella grotta di Mammoth. Il nome deriva dal latino, significa “intorno al giorno” ed è stato coniato da Franz Halberg (1919-2013; nell’immagine), medico rumeno, fondatore della moderna cronobiologia, che ha documentato il legame tra ritmi biologici, salute e malattia, vita e morte. La privazione del sonno o l’allungamento del ritmo veglia/riposo sono veri e propri insulti biologici. La medicina tradizionale cinese cura seguendo “le ore degli organi”, sia per la diagnosi (disturbi in un dato momento del giorno sono indicativi di una certa malattia) sia per sapere qual è l’orario migliore per assumere un farmaco e avere minori effetti collaterali. Lothar Ursinus, nel suo libro Le Ore degli Organi (Edizioni Il punto di Incontro, 2016), spiega che ogni organo ha la sua tabella di marcia, di notte come di giorno, della durata di due ore. Ad esempio, il fegato si risveglia dalla 1 alle 3 di notte, i polmoni sono al massimo dell’attività tra le 3 e le 5 del mattino e al minimo tra le 15 e le 17. Seguire i ritmi del proprio metabolismo vuol dire ritrovare salute e vitalità.

Nel 2018 la Commissione europea svolse una consultazione online sul mantenere costantemente o l’ora solare o l’ora legale: risposero 4,6 milioni di persone. Tuttavia, non sono ancora state prese decisioni, né dall’UE né dai singoli Stati membri. “La Svizzera esaminerà attentamente se un eventuale adeguamento del regolamento sull’ora è opportuno”. L’ora legale tutto l’anno pone il problema che d’inverno, con meno ore di chiaro, uno slittamento in avanti di aurora e tramonto potrebbe fornire un’ora di luce in più alla sera, ma anche una in meno ogni mattina, mentre le attività umane continuerebbero a svolgersi con lo stesso orario. “In generale si pensa che ora legale e ora solare introducano una “semplice variazione di un’ora”, ma le conseguenze sono più drastiche, se inserite nel contesto delle modifiche stagionali dell’orologio circadiano”, ha dichiarato Till Roenneberg dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera. Nella realtà, nei giorni non lavorativi esso segue l’andamento dell’alba nel periodo di ora solare, ma non in quello di ora legale, tenuto anche conto del cronotipo individuale dei soggetti (divisi in “allodole mattiniere” e “gufi nottambuli”), che devono adattare per tutto il periodo gli impegni sociali all’orario spostato in avanti. “È ancora troppo presto per capire se nel lungo periodo l’ora legale influisca seriamente sulla salute, ma i nostri risultati indicano che si tratta di un fenomeno da non sottovalutare e da studiare in modo ancora più approfondito”.

E quindi uscimmo a riveder le stelle”

‘Inferno’, canto XXXIV

“Puro e disposto a salire le stelle”

‘Purgatorio’, canto XXXIII

“L’amor che move il sole e l’altre stelle”

‘Paradiso’, canto XXXIII

Invito alla lettura

Notturno di Isaac Asimov e Robert Silverberg (1941; in italiano edito da Bompiani)

Il pianeta Kalgash è illuminato da sei soli e il buio non esiste né è concepibile. Una setta religiosa profetizza che l’oscurità e l’apparizione delle stelle annunceranno la fine del mondo. Un giornalista, un astronomo e un’archeologa cercano di prevenire la distruzione della società, rifugiandosi all’interno di un Osservatorio Astronomico. Una sera, il temuto buio cala e gli abitanti di Kalgash si trovano di fronte a qualcosa a cui erano preparati ancora meno che all’oscurità: la luce di migliaia di stelle. Per proteggersi, le persone accendono numerosi fuochi in città. Giunta l’alba, il giornalista e l’archeologa escono dal bunker e iniziano un viaggio in uno scenario postapocalittico, alla ricerca di gruppi che non siano completamente imbarbariti a causa di questo evento traumatizzante.

sabato 25 marzo 2023 11 Ticino7
Circa diem: i ritmi dei nostri organi

Orizzontali

1. Tra dolce e novo 5. Vendono agende e matite 12. Operaio di modesta levatura 14. Un titolo inglese 15. Si fanno ad occhio e croce 16. Annullate, soppresse 17. Pesci d’acqua dolce 19. Paga, stipendio 21. Il covo dell’animale 22. Donna di Ninive 23. Lunghi periodi di tempo 24. Veicoli coi pattini 25. Il Rio di Palazzeschi 26. Prefisso iterativo 27. Lo è il rosso 28. Tra APR e GIU 29. Grossa fune 30. Evenienza 31. Ci sono a Bex 32. Granoturco 33. Addizione 34. Allenatore all’inglese 37. Combinazione al lotto italiano 38. Località della Verzasca 39. Piccoli difetti 40. Ha il vomere 41. Beve senza vocali 42. Catone senza cane 43. Sciocchi, stupidi 44. Né mia,

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né sua 45. Un motore di ricerca 46. Henrik, municipale a Bellinzona 47. Sacerdoti 49. Lionel, calciatore 50. Castigati 51. Felix, ideatore di Bambi 52. Un profeta maggiore 53. Località del Locarnese

Verticali

1. Finire, terminare 2. Simbolo chimico del tantalio 3. Località della Val Colla 4. Conflitto, contrasto 5. Un figlio di Noè 6. Linguista ticinese 7. Nota musicale 8. Una pietra per recipienti

9. Fiume francese 10. Bruciati 11. Pensatore, teorico 13. Strade 16. L’alta società 18. Poco frequenti, insoliti 20. Lo è una stella 22. Tra Edgar e Poe

24. Nome femminile anagramma di asino 25. Non alte 27. Non agitato 28. Lo Stato USA con Augusta 29. Avvicendamenti 30. Un figlio di Eva 31. Località della Valle Maggia 32. Indigeni della Nuova Zelanda 33. La moglie di Socrate 35. Messe verticalmente

36. Una sorgente del Mendrisiotto 38. Località della Lavizzara 40. Una carta che conta 41. Un becco in laboratorio 43. Persona molto somigliante 44. Sotto le dita del pianista 45. Persone molto intelligenti 46. Alexander Graham, inventore 48. Rullare all’inizio 49. Il nomignolo dell’attrice West 51. I confini di Sargans.

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Un Oscar coi peli

Da quel red carpet diventato beige non ci aspettavamo nulla, eppure l’ultima edizione degli Oscar ci ha regalato spunti incredibili. A cominciare da Hugh Grant, bersagliato per l’indolenza e l’antipatia (al limite della maleducazione) con cui ha risposto all’intervistatrice che lo bloccava per le domande di rito sul beige carpet. Da “Cosa indossi?”, “Semplicemente il mio vestito” a “È tutta una fiera delle vanità”, con citazione del romanzo di Thackeray non colta dalla malcapitata intervistatrice Ashley Graham che ha risposto giuliva intendendo il tradizionale party di Vanity Fair (la rivista) che si tiene ogni anno dopo la premiazione dell’Academy. Hugh Grant, peraltro più bello del solito con quest’aria svagata, furba e incredibilmente presente a sé stesso, era tutti noi. Tutti noi che rispondiamo alle domande dello zio durante il pranzo di Pasqua. E dove sei stato in vacanza e come si vive lassù dove stai tu e non ti manchiamo

e non pensi mai di tornare? Hugh Grant ha fatto quello che noi non abbiamo mai il coraggio di fare: non si è sforzato di trovare una risposta di circostanza e presentabile, ma ha detto la verità. “Cosa indossi?”. “Il mio vestito” è l’equivalente di un liberatorio “Come stai?”, “Di merda, ma comunque peggio perché sono qui” pronunciato a tavola con il parentado. Hugh Grant meraviglioso, con quell’aria di superiorità di un inglese che ascolta un sacco di americani parlare e si chiede seriamente se quella che parlano entrambi sia la stessa lingua. Hugh Grant meraviglioso, irresistibile e decisamente dirompente. Quasi quanto la non ceretta di Halle Berry. L’attrice è stata immortalata con spacco inguinale, zoomato doverosamente dai fotografi fino a scoprire due elementi fuori moda e inammissibili: peli pubici e mutande. Periodicamente qualcuno si azzarda a dirlo (“the bush is back”) e giù dotte dissertazioni

sull’eterno e atteso ritorno di moda dei peli. Proprio adesso che avevate scoperto la ceretta brasiliana con filo, miele e chi più ne ha più ne metta, direte voi. Sì, proprio adesso. Ogni volta che qualcuno dice che i peli sono tornati di moda, una donna va dalla sua estetista e intima di non lasciare niente. “Siamo seri, certe cose non torneranno mai di moda”, ci diciamo noi ultras della ceretta brasiliana. Poi arriva Halle Berry agli Oscar e ci distrugge: vuoi vedere che stavolta è vero? Soprattutto: cos’è questa moda di mettere persino le mutande?!

NELL’IMMAGINE: EVITIAMO DI PUBBLICARE PELI E ALTRE INTIMITÀ, OPTANDO INVECE PER UN DOLCISSIMO SPHYNX, TRA I PIU NOTI GATTI SENZA PELO (CERTO, SEMPRE CHE AMIATE LA SUA TESTA A FORMA DI CUNEO, LE ORECCHIE GIGANTI E IL CORPO CON LE RUGHE.

ALTRI SCHERMI

IN SELLA DAL 1962

Heinz Stücke lasciò la Germania nel 1962, viaggiando in seguito per il mondo in bicicletta per più di 50 anni. The Man Who Wanted to See it All è un documentario di Albert Albacete, visibile su Netflix, che documenta il viaggio di Heinz. Il film racconta il ritorno a casa dell’uomo nel 2014 dopo aver girato il mondo in bicicletta più di qualsiasi altro essere umano nella storia, un viaggio incredibile che lo ha fatto timbrare 21 passaporti e attraversare 196 paesi per più di 648mila chilometri.

UN VIAGGIO NELLA STORIA

È il 1962 e il giovane Heinz Stücke, poco più che ventenne, decide di lasciare il lavoro in fabbrica nella sua cittadina della Vestfalia. Sale sulla sua bici e parte, con appena 300 dollari in tasca e una tenda in cui passare la notte. La sua è una semplice bicicletta, telaio in acciaio, cambio a tre velocità, freno a contropedale. E con la stessa bici ha letteralmente attraversato la storia. Non è tornato a casa per 50 anni. Non ne ha mai sentito il bisogno. La voglia di vedere un altro nuovo paese è stata sempre più forte.

RICORDI PREZIOSI

Il documentario esplora la vita, le motivazioni, la filosofia e l’eredità di Stücke, nonché i piani per costruire un museo a lui dedicato nella sua città natale.

Mi perdo nelle strade di Torino. Passo davanti a un fiorista e a un negozio di “articoli per l’illuminazione” (per un attimo mi chiedo se non fosse più comodo chiamarle lampade, o forse vendono anche torce e candele?). Infine svolto in via Santa Giulia e mi trovo davanti al Po. Raggiungo una panchina che anticipa la primavera, ricoperta com’è di graffiti colorati.

Mi siedo e lei mi raggiunge. Senza preavviso, come sempre: non è tipa da rispettare gli appuntamenti.

La gioia si manifesta così, in un gioco di ombre e di riflessi. Quali sono gli ingredienti? Gli arbusti ancora secchi, un filo di brezza, brandelli di nuvole, un signore panciuto che caracolla su una vecchia bici da donna, due bambini che si rincorrono e, a cucire il tutto, l’acqua maestosa del fiume. Niente di questo spiega la felicità. Forse l’attimo di gioia deriva proprio dal fatto che si tratta di un momento rubato, dopo un incontro di lavoro e prima di un aperitivo. Non ha un’etichetta, è tempo veramente libero: pochi minuti in cui io e il Po, in silenzio, ci guardiamo negli occhi.

NEL LUNGO PO NICCOLÒ MACHIAVELLI

Coordinate: 45°04’00.9”N; 7°42’06.4”E

Comodità: ★★☆☆☆ Vista: ★★★★☆ Ideale per… cogliere un attimo di gioia.

ticino7

L’incontro fra il ciclista e il regista spagnolo Albert Albacete è avvenuto già nel 1983. Nel 2013, a 73 anni, Heinz ha chiesto al suo vecchio amico Albert di realizzare un documentario sulla sua vita. Nel 2014 ha quindi deciso di terminare il suo viaggio per organizzare i suoi ricordi e poter così raccontare la sua storia, quella dell’“uomo che voleva vedere tutto”.

AUTOFINANZIAMENTO

Dal 1962 Stücke ha scattato più di 100mila fotografie. Per autofinanziarsi ha realizzato fin da subito dei piccoli opuscoli che le persone acquistavano oppure scambiavano con beni di prima necessità. Queste brochures, insieme a foto e cartoline, hanno finanziato il suo viaggio per anni.

Nel 2015 lo scrittore di viaggi olandese

Eric van den Berg ha pubblicato il libro Home Is Elsewhere: 50 Years Around the World by Bike, una raccolta di immagini scattate nel corso degli anni da Heinz Stücke.

sabato 25 marzo 2023 13 Ticino7
LA FICCANASO DI LAURA INSTAGRAM: @LA_FICCANASO
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Beppe Donadio
Giancarlo Fornasier Grafica Variante
via
voleva
LA PANCA
DI ALBA REGUZZI FUOG
L’uomo che
vedere tutto 50 anni sulla bicicletta SOPRA
TESTO E FOTOGRAFIA © ANDREA FAZIOLI

Note nell'aria

al Quartiere Maghetti

Una serata con la musica dal vivo di Santaniello, l’omaggio a Rachmaninoff e il documentario Senar

In occasione dei 150 anni dalla nascita e degli 80 anni dalla morte del compositore, pianista e direttore d’orchestra Sergej Vasil’evic Rachmaninoff, mercoledì 29 marzo la RSI organizza una serata speciale al Quartiere Maghetti di Lugano.

In questa inusuale cornice potrete assistere, alle 18.00, alla performance musicale di Michele Santaniello, pianista di fama nazionale ed internazionale formatosi al Conservatorio della Svizzera italiana, che delizierà le passanti e i passanti con le sue note.

Alle 19.00, il vicino cinema IRIDE proporrà il documentario della RSI Senar – le verdi estati di Rachmaninoff, per la regia di Roberta Pedrini e prodotto da Christian Gilardi

Il momento musicale è aperto al pubblico mentre per l’anteprima è necessaria la prenotazione su rsi.ch/eventi

Senar – le verdi estati di Rachmaninoff

Dal 1932 al 1939 Sergei Rachmaninoff visse in Svizzera in una villa situata sul lago dei Quattro Cantoni, Villa Senar, dove era solito passare il periodo di vacanze per dedicarsi alla composizione.

A Hertenstein, rivisse i ricordi della sua infanzia in Russia, in sintonia con la natura, e ritrovò la tranquillità necessaria per scrivere la Rapsodia su un tema di Paganini e la Sinfonia n.3

Attraverso le testimonianze dei direttori d’orchestra Gianandrea Noseda e Paavo Järvi, dell’architetto Luca Ortelli, del pianista Francesco Piemontesi e del musicologo Ettore Volontieri, il documentario ricostruisce uno spaccato di vita importante del compositore e sarà diffuso a Paganini su RSI LA 1 domenica 2 aprile alle 10.30.

Mercoledì 29 marzo

Concerto al Quartiere Maghetti, alle 18.00 Entrata libera Documentario al Cinema IRIDE, alle 19.00 Prenota il tuo posto su rsi.ch/eventi

Di alberi e di guerra

L’undicesima edizione degli Eventi letterari

Con il leitmotiv “Di alberi e di guerra”, questa edizione offre un ricco programma di letture e incontri di respiro internazionale dove intelletto, natura e sensorialità potranno dialogare, anche grazie a eventi musicali, gastronomia ed escursioni. “Proprio in tempi tragici di guerra e cambiamento climatico – dichiara il direttore artistico Stefan Zweifel – l’arte deve riproporre, ripensandoli in nuovi termini, i versi di Bertolt Brecht: «Quali tempi sono questi, quando non discorrere d’alberi è quasi un delitto»”.

L’Atelier du Futur sarà presente con un workshop di due giorni dedicato al dibattito per ragazze e ragazzi tra i 13 e i 15 anni, sabato 1 e domenica 2 aprile

L’incontro è previsto per sabato alle 9.45 al Monte Verità. La partecipazione è gratuita. I posti sono limitati, è necessaria l’iscrizione su prenotazioni@eventiletterari.ch

RSI è Media Partner della manifestazione. Da giovedì 30 marzo a domenica 2 aprile al Monte Verità di Ascona

Archivi del Novecento Un Vulcano di parole

I labirinti del lettore

In occasione del centenario della nascita dello scrittore Italo Calvino, riprende dopo alcuni anni la serie di incontri Archivi del Novecento, frutto della rinnovata collaborazione tra l’Istituto di studi italiani dell’USI e il Settore Cultura della RSI, con il contributo di RSI Archivi.

A proposito di classici, Calvino stesso scriveva che “ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima”. Partendo da questa affermazione, nasce il titolo di questa terza edizione: I labirinti del lettore. Nel corso di quattro serate saranno presentate autrici e autori che hanno posto in primo piano la lettura e il lettore in una prospettiva sia creativa che critica.

Grazie a preziosi documenti audiovisivi della RSI, ogni appuntamento si aprirà così a interpretazioni sempre nuove, in una sorta di “dialogo a distanza”. Tutti gli incontri di Archivi del Novecento sono aperti al pubblico e con entrata libera. Conduce Massimo Zenari

La nuova trasmissione Rete Due ai Festival letterari svizzeri

Vulcano è un ciclo di performance ideato da Rete Due in collaborazione con nove eventi letterari svizzeri: La straordinaria, gli Eventi letterari del Monte Verità, il Grin Festival, Chiassoletteraria, il Festival di narrazione di Arzo, le Giornate letterarie di Soletta, Poestate, il festival di letteratura e traduzione Babel e le Lettere dalla Svizzera alla Valposchiavo.

Da venerdì 24 marzo, alle 18.00 Studio 2 RSI a Lugano-Besso rsi.ch/eventi

Sabato 1° aprile, Vulcano sarà presente agli Eventi letterari di Ascona con la performance originale a due voci Arrampicarsi, iniziando così dal vivo, per poi passare sulle onde di Rete Due in autunno e in seguito su podcast. Durante il programma scrittrici e scrittori, traduttrici e traduttori e attrici e attori sceglieranno il libro che ha trasformato il loro modo di scrivere.

Le voci di Vulcano saranno quelle di Marco Rossari, Silvia Gallerano e Cristian Ceresoli, Rais-

sa Aviles, Vittorio Ondedei, Michele Mari, Marco Miladinovic, Max Lobe e Ledwina Costantini

Sabato 1° aprile, alle 22.30

Eventi letterari Monte Verità, Ascona rsi.ch/eventi

sabato 25 marzo 2023 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 26.3 all’1.4 14 IN PRIMO PIANO

Showcase di

Remo Forrer

Il nostro alfiere all’Eurovision Song Contest

Dalla vittoria nel 2020 a The Voice of Switzerland al palco dell’Eurovision Song Contest 2023 Ecco a voi Remo Forrer, che si presenterà alle appassionate e agli appassionati di musica della Svizzera italiana in un’occasione speciale, a poco più di un mese dalla prima semifinale della grande kermesse canora europea.

Il ventunenne musicista originario di Hemberg (nel Canton San Gallo) rappresenterà la Svizzera a Liverpool con la ballata pop Watergun: un brano che possiede tutti i requisiti per diventare un grande successo, grazie alla sua melodia toccante e al testo emozionante ed evocativo.

L’Eurovision Song Contest, che coinvolge artiste e artisti di 37 paesi, ha un seguito enorme e raggiunge un pubblico di circa 160 milioni di persone.

La 67° edizione si terrà alla Liverpool Arena: l’Inghilterra ha sostituito infatti l’Ucraina che trionfò nel 2022 con la canzone Stefania della Kalush Orchestra ma che, per ovvi motivi di sicurezza, non potrà ospitare l’evento.

Vuoi partecipare allo Showcase di Remo Forrer allo Studio 2 di Lugano-Besso? L’evento è gratuito con prenotazione necessaria su rsi.ch/eventi. La serata sarà trasmessa in diretta radio su Rete Tre e sarà visibile anche su rsi.ch/streaming.

CONCORSO SOCIAL: vinci Liverpool!

Vuoi assistere alla semifinale di martedì 9 maggio alla quale parteciperà anche Remo Forrer? Oppure alla finalissima di sabato 13 maggio? Tieni d’occhio i profili Facebook e Instagram della RSI e partecipa al concorso per vincere due biglietti per l’Eurovision Song Contest a Liverpool Alla finale, che sarà diffusa in diretta su RSI LA 1, parteciperanno le prime e i primi 10 di ciascuna semifinale (entrambe in diretta su RSI LA 2), oltre ai cosiddetti “Big Five” già qualificati d’ufficio: Italia (rappresentata da Marco Mengoni), Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna e naturalmente la vincitrice uscente, l’Ucraina.

Lunedì 27 marzo, alle 20.00 Studio 2 RSI a Lugano-Besso, su Rete Tre e rsi.ch/streaming

Un mondo di figure Letture, canzoni e animazioni

Dopo il successo della prima edizione del tour con “Letture, canzoni e animazioni nelle Valli”, tenutasi a novembre 2022, sono in programma nuovi appuntamenti con le storie di Un mondo di figure

Protagoniste di questa edizione saranno le figure geometriche: coni, cubi, triangoli e cerchi. Li ritroveremo nascosti in tantissimi aspetti della nostra vita e della realtà che ci circonda: a scuola, fra gli strumenti musicali, nei segnali stradali e perfino in cielo. Dieci storie e filastrocche in cui queste figure si raccontano in prima persona, mostrando le loro caratteristiche attraverso la narrazione-descrizione delle loro avventure e delle loro trasformazioni.

Queste piccole narrazioni offrono spunti per attività concrete, che i docenti potranno spe-

rimentare in prima persona con le proprie allieve e i propri allievi in una serie di appuntamenti: Muralto (27 marzo), Arbedo (18 aprile), Monte Carasso (2 maggio) e Balerna (8 e 9 maggio).

Un progetto RSI KIDS in collaborazione con il Dipartimento Formazione e Apprendimento (DFA) della SUPSI che coinvolge tutte le classi delle scuole dell’infanzia e delle scuole elementari in Ticino.

Dal 27 marzo al 9 maggio

Martedì 28 marzo, ore 20.30 in diretta su Rete Due e su rsi.ch/live-streaming

Invecchiare è bello?

La bussola di Rete Due incontra la scrittrice Lidia Ravera

In occasione del varo della rubrica firmata dalla scrittrice Lidia Ravera “Considera l’alternativa. Del bello di invecchiare”, a cura di Sandra Sain (in onda su Rete Due dal 27 marzo al 2 aprile alle 07.50 in Verde Aurora e in replica alle 11.45 in Alphaville), una serata speciale in diretta su Rete Due e in video streaming vuole affrontare il tema senza buonismi né malinconia. Per definire la rotta, Sandra Sain e Enrico Bianda si avvarranno del contributo, oltre che della Ravera, che ha appena pubblicato per Feltrinelli “Age Pride”; di Francesca Rigotti che al tema della vecchiaia al femminile ha dedicato “De senectute”, Einaudi; Stefano Knuchel che sta lavorando al terzo capitolo della trilogia di film documentari su Hugo Pratt ritraendone la vecchiaia; Michele Serra che dalla sua Amaca, su Repubblica, ha spesso affrontato il tema; e Massimo Mantellini, giornalista esperto di internet, che ha appena pubblicato “Invecchiare al tempo della rete”

Neumatt La seconda stagione in prima TV

Aspri conflitti, dilemmi morali e colpi di scena caratterizzano la nuova stagione della serie drammatica Neumatt, che racconta la difficile lotta per la sopravvivenza di un’azienda agricola familiare.

Il secondo atto della serie ideata da Petra Volpe, vede i componenti della famiglia Wyss e la loro fattoria confrontati a grandi difficoltà: Michi decide di sposare la causa di Neumatt, ma deve scontrarsi con l’ostilità delle agricoltrici e degli agricoltori della zona.

Intanto, Sarah riprende la direzione dell’azienda, ma entra in conflitto con il fratello Lorenz e la sua compagna Jessie, in dolce attesa. Dal canto suo Katharina, madre di Michi, Sarah e Lorenz, medita di rifarsi una vita a Zurigo.

La nuova stagione, presentata in prima assoluta il 22 gennaio in occasione delle Giornate cinematografiche di Soletta e composta da

otto puntate, è stata realizzata dalla società zurighese Zodiac Pictures Ltd (“L’ordine divino”, “Papa Moll”, “Gottardo”).

La serie è già disponibile su Play Suisse, la piattaforma streaming gratuita della SSR con film, serie, documentari e materiali d’archivio in tedesco, francese, italiano e romancio.

Da domenica 26 marzo alle 22.50 su LA 1

sabato 25 marzo 2023 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 26.3 all’1.4 15
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