Ticino 7 N10

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Suoni e memorie dal profondo freddo

ticino7

“Non c’è molto da vedere in questa valle qualche linea, molto bianco siamo alla fine del mondo, o al suo inizio forse il ghiaccio del Quaternario si è appena ritirato

finora nessuna forma, nessun suono di vita nemmeno un uccello, nemmeno una lepre nulla oltre al gemito del vento

eppure qui la mente si muove a suo agio avanza nel vuoto respira

e linea dopo linea qualcosa di simile a un universo si espone

senza fare troppi nomi senza spezzare l’immensità del silenzio discretamente, segretamente qualcuno sta dicendo qui sono, qui inizio”.

sabato 11 marzo 2023 1 Ticino7 numero 10 A CURA DELLA REDAZIONE Un bianco infinito
Kenneth White, ‘Valle bianca (White Valley)’ da Open World – The Collected Poems (2003)

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SCRIVERE NELL’ ARTICO

Tra febbraio e marzo ho camminato centinaia di chilometri poco sopra il 68esimo parallelo Nord, nella Groenlandia occidentale. Ero lassù per una residenza artistica, a bordo di una piccola nave di ventisette metri di lunghezza, il Manguier, bloccata dal ghiaccio in un fiordo. L’essere per trenta giorni lontano e disconnesso dal mondo, vivere una quotidianità rigida – a ore di marcia dal primo villaggio - in un altrove solitario e ricoperto dal ghiaccio è stato un’esperienza fuori dal comune. Ho imparato a muovermi in un mondo ghiacciato, spazzato dal vento, freddo e, nonostante l’apparente immobilità, ricolmo di vita. Con il passare dei giorni ho costruito una mia geografia e una nuova quotidianità. Le mie esplorazioni erano nell’entroterra, sulla banchisa, tra gli iceberg, nella luce solare e nella notte, talvolta in compagnia di Phil, il capitano del Manguier, e spesso in solitaria. Mentre camminavo registravo suoni, la sera scrivevo, raccontando quel che mi era capitato. Ne è uscito un podcast particolare, “Diary from elsewhere”, presentato al Festival Territori di Bellinzona, in streaming gratuito su nucleomeccanico.com Tutte le parole che ho scritto stanno diventando un lungo racconto, eccone sei estratti.

Ascolta le voci e i suoni dall’Artico

Tutto è bianco. E il bianco ha sfumature che non gli riconosco. Non riesco a fermarmi. Cammino senza una meta precisa. Forse quel rilievo lassù, da dove osservare questo selvaggio paradiso. O inferno. Tutto è fermo e in movimento allo stesso tempo. I passi producono suoni sempre diversi, a dipendenza del tipo di neve che calpesto. Con me ho il tuk, una specie di arpione dal nome onomatopeico. Mi serve per testare la solidità della banchisa, se ho dubbi. Cerco di eccedere nella prudenza, un bagno fuori programma non è consigliato. Con forza prendo di mira un punto che non mi sembra particolarmente solido. Uno, due e tre colpi Se non cede posso passare. I punti li scelgo in base a un bianco particolare, che solitamente tende all’azzurro, o perché c’è una sottile fessura che non mi convince. È così che avanzo. Con gli occhi in basso a studiare il ghiaccio e in alto a perdersi nell’infinità del territorio. Colonna sonora il vento, i suoni diversi dei miei passi, il ritmato percuotere del tuk, il mio respiro che sembra usare il corpo come cassa di risonanza e rimbomba ovunque. Se mi vedessi dall’esterno direi che sono un alieno su di un pianeta lontano anni luce. Uno strano essere con il volto coperto da un passamontagna e da una maschera che arranca senza meta tra il ghiaccio, a -25 gradi.

SOPRA: “RITROVARSI NELL’ARTICO. REGISTRARE I SUONI DEL VENTO, DEL GHIACCIO, DELL’INCEDERE QUOTIDIANO DI UNA NAVE. ESSERE SOLI E ISOLATI. PER UN ATTIMO LONTANI, ALTROVE” IN BASSO A SINISTRA: LO SPAZIO DI LAVORO DENTRO IL ‘MANGUIER’

*** Il Manguier è diventato la mia casa, il mio mondo arrugginito, arancione ma ricoperto di teli bianchi per preservarlo dalle violenze del gelo. Se dovessi trovare un aggettivo per descriverlo direi: ruvido. Eppure risplende di calore e può colpirti a fondo se lo tocchi senza guanti, provocandoti fastidiose bruciature da freddo, o se cammini dimenticando la pista di pattinaggio che diventa quando il vento lo colpisce forte da tribordo. La sera, mentre torno dalle mie esplorazioni, a volte sento il gruppo elettrogeno che lo aiuta a rimanere vivo. A volte invece è spento, come la mattina per la colazione a base di porridge, formaggio, burro e marmellata. Il primo che si alza deve accendere le stufe, litigando con la legna gelata dalla notte. Poi accende il gas per il caffè e il tè. In testa la lampada frontale, come la notte per raggiungere la cabina non riscaldata di prua dove dormo rintanato nel sacco a pelo, e sul tavolone delle candele, come fanno i groenlandesi. Il mattino non c’è bisogno di luce artificiale, grazie alle candele si vive più vicino agli spiriti, a chi non è più fisicamente tra noi. Il giorno inizia in una terra di mezzo tra questo e l’altro mondo.

sabato 11 marzo 2023 2 Ticino7 REPORTAGE TESTO E FOTOGRAFIE © FLAVIO STROPPINI

*** L’intero cielo a sud-est risplendeva di vertiginosi e abbaglianti torrioni in creazione e disfacimento. Una miriade di pilastri luminescenti si torceva e rincorreva in una danza ancestrale. Una gigantesca aurora boreale. Bianca. Un biancore ricolmo di gelide sfumature. Era come se il cielo succhiasse il ghiaccio della terra. Mi era girata la testa e mi ero domandato se fossi vivo o fossi morto per essere parte di uno spettacolo del genere. Mi veniva da ridere e da piangere allo stesso momento. Credo di avere urlato, con tutta la mia forza. Ma non per paura o gioia. Credo di averlo fatto semplicemente per provare a me stesso di essere vivo. Lì ho capito cosa si intende per vertigo artica È il momento in cui la solitudine, mescolata alla rigidità e alla bellezza selvaggia provoca negli esseri umani il bisogno di fare qualcosa di folle. Ho sentito di gente che si è messa a correre nuda sulla banchisa fino a scomparire. Altri che hanno iniziato a ridere e non hanno smesso per settimane, o proprio non hanno smesso. Quel che penso è che vertigo artica sia lo scatto che allontana la mente da questo mondo e la porti in uno di quelli accanto. Qua in Groenlandia questi mondi si incontrano in continuazione ed è probabilmente impossibile tracciare linee di confine nette.

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L’altro giorno ho agganciato due Kanajooq, pesci dall’aspetto primordiale, grandi una trentina di centimetri, che sembrano provenire da un universo differente. Per pescare mi metto al centro della baia. Con il tuk segno un cerchio per terra. Incido i margini per qualche centimetro. Poi dal centro raschio, sempre con il tuk, il ghiaccio verso i margini del cerchio. Pulisco e ricomincio. Più e più volte. Margini e poi dal centro. La banchisa ha uno spessore di circa quindici centimetri in quel punto. In dieci minuti di lavoro riesco a raggiungere l’acqua. Con gli ultimi colpi ben assestati tolgo il cappello di ghiaccio: ecco il mio buco. Le braccia fanno male e ho il fiato grosso. Il corpo è caldo per il movimento, mi scalderà per un po’. Prima del freddo pungente causato dalla parziale immobilità della pesca. Due grezzi ami di ferro e un peso legati a una cordicella avvolta a un legno. Si immergono gli ami nell’acqua e si svolge la cordicella fino a quando tocca il fondo. Una quindicina di metri nella mia “zona di pesca”. Toccato il fondo, con movimento ritmato, senza troppa fretta, si solleva, con il braccio, la cordicella e la si lascia cascare sul fondo. Una, due, dieci, cento volte. Uno, due, dieci minuti. Fino a quando qualcosa non abbocca. Spesso si tratta di falsi allarmi, ma si pesca anche. Non c’è nemmeno bisogno di uccidere il pesce come dalle nostre parti, lo si lascia lì sulla banchisa per mezzo minuto ed è già congelato. Nonostante l’aspetto spaventoso i Kanajooq sono ottimi nella zuppa.

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SOPRA: LO SPETTACOLO

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Ma tutto scompare. La musica, anche il mondo. Sono ubriaco di bianco. Tutto è bianco. Fatico a capire dove sia il sotto e dove sia il sopra. Qua lo chiamano whiteout, l’allucinazione bianca. Aspetto che passi, che torni la percezione dello spazio. Non devo pensare, non devo usare la testa. Devo aspettare e concentrarmi sulle mie ginocchia. Sono loro che devono diventare il centro del mio equilibrio. Se attendi passa. Passa e prendo la borraccia. Bevo un po’ di tè zuccherato. Torno a camminare, non sono nemmeno a un terzo del percorso per la fonte. Mentre il corpo si rilassa e si riscalda grazie al movimento, penso ai fenomeni che questo luogo mi sbatte sul volto costringendomi ad affrontarli. Il bianco è accecante, i raggi del sole riverberano ovunque. Non ci sono ombre. Il buio che è un sipario nero quando non si vedono le stelle. Si perde l’equilibrio. Qua tutto è in quantità estreme, non ci sono mezze misure. Questi passaggi estremi portano alle allucinazioni. Qua è un fenomeno tipico. E ognuno racconta le sue. La più comune è avvertire la presenza di qualcuno e poi vederlo, che si avvicina o che si allontana. O, ancora peggio, che ti insegue. Il cuore accelera e si viene invasi dalla paura. È successo anche a me.

Lontano un suono. È l’ululare di centinaia di cani da slitta. Abbaiano e ululano all’aurora boreale. Quel concerto, che potrebbe spaventare, è per me di conforto. Se sento i cani significa che il villaggio è vicino. Mi rialzo. Ho la barba ghiacciata, le dita di mani e piedi che bruciano, la schiena che urla e le gambe rigide. Mi aggrappo a quel dolore per continuare. Rimettendomi in movimento dovrebbe passare. Non seguo più alcun inuksuit, Sirio o qualsiasi altro mio riferimento. A guidarmi è l’ululare dei cani. Sopra di me l’aurora inizia a pulsare. Perde e riprende intensità. Cambia forma e dimensioni. Cambia posizione. Ma il demone è svanito, non mi ha catturato. Sono sopravvissuto. Passo dopo passo torno in forze. Salgo e scendo montagne che riconosco. Uno, due e tre colpi su zone di faglia più volte attraversate. I cani groenlandesi continuano a ululare e abbaiare fino a quando vedo, da un inuksuit più alto degli altri le loro cucce e le luci del villaggio. Giro a destra e proseguo allontanandomi da quel suono che mi ha salvato.

C’è ancora un’ora per arrivare al Manguier, alla baia dov’è arenato nel ghiaccio, alle luci del quadro. Immagino che quando arriverò Phil mi avrà tenuto qualcosa in caldo sulla stufa a legna.

sabato 11 marzo 2023 3 Ticino7
CREATO DALL’AURORA BOREALE. IN ALTO A SINISTRA E SOTTO: LE PRIME ABITAZIONI SI TROVANO A ORE DI CAMMINO, NUCLEI CHE CONTANO POCHE DECINE DI ABITANTI. IN BASSO: IL MANGUIER’ CONTA UN EQUIPAGGIO DI 6 PERSONE, TUTT’ATTORNO È UN GRANDE DESERTO GELIDO. LA NOTTE POLARE
QUI REGALA 5 ORE DI LUCE AL GIORNO.
“(...) le quotidianità ci mostrano la grandezza del vivere”

Concorso il Quotidiano in classe 2023

La scrittura apre le porte del mondo

Condizioni di partecipazione Premi

Lasciati ispirare e invia il tuo testo, massimo 3000 caratteri spazi inclusi, entro lunedì 8 maggio 2023 all’indirizzo quotidianoinclasse@edu.ti.ch.

Indica il titolo, il tuo nome, cognome, indirizzo, numero di telefono, scuola, ed eventualmente il nome del tuo insegnante di italiano.

Saranno selezionati i lavori migliori e si terrà conto della pertinenza al tema, dell’originalità e della correttezza linguistica. La premiazione avrà luogo entro la fine dell’anno scolastico.

Verrà inoltre assegnato il premio speciale Leggere e scrivere con in palio un computer portatile

Per gli allievi di Scuola media e delle Scuole del Cantone dei Grigioni

Sara Poma

È nata nel 1976 a Pavia ma da anni vive nella sua adorata Milano. Sua moglie si chiama Lucrezia e i loro “pelosi a quattro zampe” sono Ope e Margot. Una delle sue passioni è ascoltare, è per questo motivo che nella vita è autrice e curatrice di contenuti audio per Chora Media. Nel 2020 ha realizzato il podcast ‘Carla, una ragazza del Novecento’: storia di un quaderno ritrovato che contiene la vita di sua nonna, nata nel 1923. Qualche anno dopo, era il 1935, nasce un’altra donna che per Sara sarà fonte d’ispirazione e portatrice di riflessioni esistenziali: Maria Silvia Spolato, la prima donna che dichiarò la sua omosessualità a Roma, nel 1972. Grazie a una minuziosa ricerca e ricostruzione la sua storia viene raccontata nel podcast ‘Prima’ e nel suo libro d’esordio ‘Il coraggio verrà’.

La vita nella sua imprevedibilità ci offre innumerevoli porte da aprire su orizzonti e possibilità che non avremmo mai pensato di poter esperire. Per Sara Poma una memorabile sliding door risale al 1997, lei studentessa in Erasmus nel sud dell’Inghilterra, si dichiara tutto d’un fiato ad una compagna di corso con un: “I guess, I like you”. E pensare che pure io, galeotto fu un viaggio in Messico, scrissi la mia prima dichiarazione d’amore a una giovane di Seattle conosciuta sulla playa. A proposito di scrittura Sara è al suo debutto letterario con Il coraggio verrà. Un libro che è un po’ biografia, un po’ memoir, un po’ fiction in cui, in primo piano, viene raccontata l’esistenza, non poco travagliata, di Maria Silvia Spolato, a cui l’autrice con delicatezza e passione restituisce dignità e forma... “Sono abbastanza certa che ognuno di noi possa indicare momenti spartiacque nella propria vita, per me sono tre: l’incontro con mia moglie Lucrezia, la pandemia che mi ha donato il tempo e la possibilità di riprendere in mano la storia della mia famiglia attraverso le memorie di mia nonna, che ho poi raccolto nel podcast “Carla, una ragazza del Novecento”. Poi è arrivato “l’incontro” con Maria Silvia Spolato, che ha generato ulteriori incontri con persone che sono diventate importanti, permettendomi di allargare lo sguardo. La storia di questa donna incredibile mi ha permesso di fare un’indagine su me stessa mai fatta prima di allora, di fatto si è rivelata essere la spina dorsale del libro.

Sovrapposizione

Entrambe donne, omosessuali, una nata negli anni Trenta e l’altra a metà anni Settanta. Sara Poma confronta pezzetti della sua vita con quelli di Maria Silvia Spolato ponendosi molte domande che l’hanno aiutata a mettere a fuoco parti di sé. “Alla fine del viaggio la domanda più importante che serbo dentro me riguarda la rappresentazione, per me un tema centrale. Se avessi conosciuto la sua storia quando ero ragazza non mi sarei sentita rappresentata: all’epoca ero acerba sia a livello di educazione sentimentale che civile. Dall’altra parte le sue vicissitudini mi hanno portata a chiedermi: ma se io fossi stata al suo posto che cosa avrei fatto in quel periodo, in quel contesto così ostile e pericoloso in cui si rischiava la vita in mille sensi? Avrei avuto il coraggio che ha avuto lei e le persone intorno a lei? Queste domande non hanno ovviamente risposta ma sono dei preziosi spunti di riflessione”.

Rivendicare

Cosa significava negli anni Settanta rivendicare il diritto di esistere – rispetto al proprio orientamento sessuale o a qualsiasi altro tipo di minoranza – e cosa significa farlo oggi? “Secondo me oggi è importante essere reali e sinceri con sé stessi, con le persone che ci circondano e con chi non la pensa come noi. È facile per me dirlo perché vivo in una bolla di privilegi: vivo in una grande città dove questo è automatico e dove quello che arriva dalla cronaca o da certi ministri che sono seduti in

Parlamento è un’eco lontana destinata a passare. Fortunatamente in molti contesti si corrono meno rischi di quelli che correva Maria Silvia Spolato, però siamo decisamente molto lontani dall’essere in un contesto inclusivo e sicuro per le persone che non aderiscono alla cosiddetta norma”.

Immaginazione

Dal podcast alle pagine del libro, il passo è breve: “Avendo lavorato sul documentario audio avevo una struttura solida: conoscevo le fasi della sua vita su cui avevo informazioni e quelle in cui c’era un buco totale. Ho affinato le ricerche di alcune parti rimaste in sospeso con il podcast e, sorprendentemente, ho trovato nuove rivelazioni. Nei punti in cui ho dei vuoti mi sono data la libertà – non so se con diritto o meno – di immaginare e quindi ci sono parti di fiction - scritte in corsivo - in cui porto la storia dove la mia proiezione su Maria Silvia Spolato prende un po’ il sopravvento”.

Numeri e storie

Sara Poma ricostruisce e racconta la storia dell’impavida Spolato partendo dalla sua infanzia a Padova, il suo primo amore, la laurea in matematica, la carriera di insegnante e le discriminazioni subite a scuola, la vita da clochard, la passione per la letteratura e non da ultimo l’amore per i numeri che tanto la facevano sentire al sicuro: “A me fa sentire al sicuro il fatto che ci siano, e ci saranno sempre, storie da ascoltare e da leggere. Questa consapevolezza mi dà molto conforto: sapere che ci siano innumerevoli cose che non conosco e che ci siano il tempo e la lucidità – me lo auguro- quando sarò anziana, di colmarle”.

Coraggio “Il coraggio verrà, da un poco di quella polvere” sono versi di una poesia di Maria Silvia da cui ha preso spunto il titolo del libro: “È una frase di apertura e di grandissima speranza che però era contenuta in una sua poesia molto cupa – immagino - scritta dopo una delusione d’amore cocente. Abbiamo scelto questi versi perché in fondo, nella vita di chiunque, dalle delusioni d’amore ci si rialza e si rifiorisce in qualche modo”.

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INCONTRI DI
NATASCIA
BANDECCHI; FOTOGRAFIA © MATTEO COLOMBO
“Avrei avuto il coraggio che ha avuto lei e le persone intorno a lei?”
APPENA PUBBLICATO PER HARPERCOLLINS, IL LIBRO RICOSTRUISCE LA FIGURA DI UNA CORAGGIOSA DONNA DEL NOVECENTO.

Cosa unisce un videogioco basato su uno dei franchise di maggior successo di tutti i tempi, gli attivisti per i diritti delle persone transgender, un sacco di dilemmi etici e morali e Twitter? La magia, ovviamente.

Harry Potter è, alla pari di Star Wars, uno di quei franchise di cui tutti, volenti o nolenti, hanno sentito parlare. Non a caso la sua autrice, J.K. Rowling, è la scrittrice più ricca del mondo, con un patrimonio stimato che gravita attorno al miliardo di dollari. Autrice, che negli ultimi anni è tornata alla ribalta, non per le sue doti letterarie, ma per alcuni commenti che l’hanno resa, almeno su internet, uno dei tanti nemici della comunità Lgbtq+. E adesso, con l’uscita di un videogioco basato sull’universo da lei creato, la faida sta raggiungendo un clamore quasi irreale.

Operazione nostalgia

Quella scritta dalla Rowling è una saga di libri da cui sono stati tratti molteplici film, videogiochi, opere teatrali e tanto altro, passando dall’essere una semplice storia per ragazzi a un fenomeno globale che coinvolge persone di tutte le età, ma soprattutto i Millennial, ossia la generazione cresciuta leggendo suddetti libri. Con queste premesse, è scontato dire che quando, nel 2020, è stato annunciato un nuovo videogioco basato sulla serie, in cui i giocatori possono creare un personaggio a loro immagine e vivere le proprie avventure all’interno della famosa scuola di magia, i fan sono andati in brodo di giuggiole. Il problema è che, grazie alle sopracitate dichiarazioni dell’autrice, sembra che anche il solo giocare a questo videogame abbia acquisito una valenza politica.

Il tweet della discordia

Tutto è iniziato nel 2019, quando la Rowling ha preso le difese di una ricercatrice britannica, accusata di transfobia per aver dichiarato che “il sesso biologico è un dato oggettivo e che le donne trans non sono vere donne”. Da quel momento la Rowling stessa è stata accusata di transfobia da diverse comunità online, venendo in seguito etichettata come Terf (Trans-Exclusionary Radical Feminist, un termine usato in maniera dispregiativa per identificare quelle femministe che discriminano le donne transessuali). Reputazione che la scrittrice non ha mancato di confermare con ulteriori esternazioni su questa lunghezza d’onda.

La disputa su ‘Hogwarts Legacy’

La faida tra i sedicenti ‘alleati’ della causa transgender e la Rowling, combattuta prevalentemente su Twitter, non ha mancato di coinvolgere anche l’universo narrativo creato dall’autrice, che però, avendo smesso da tempo di essere attualità, non ha scaldato gli animi più di quel tanto. La storia è però cambiata quando, all’inizio di febbraio, è uscito Hogwarts Legacy, il tanto atteso videogioco. Già nei giorni precedenti all’uscita si è potuto assistere a una vera e propria campagna politica contro il gioco, malgrado i suoi sviluppatori abbiano, già da anni, affermato che la Rowling non avesse in alcun modo collaborato alla creazione di Hogwarts Legacy. A ogni modo, la narrativa in rete, polarizzata come solo su internet può essere, è riassumibile come segue: se compri questo videogame stai supportando la Rowling, e quindi sei transfobico. Il che ha portato, non senza una certa ironia, le persone che transfobiche lo sono per davvero a interessarsi al gioco, quando di Harry Potter non gliene era mai fregato nulla prima di allora.

Bullismo ed etica

Nei giorni successivi all’uscita, la battaglia si è intensificata. Gli acquirenti del gioco sono stati vittime di cyberbullismo a più riprese. Una ragazza, che stava giocando in diretta streaming, è stata insultata fino alle lacrime. In rete si possono trovare guide su come nascondere, in un mondo sempre più connesso, ai propri amici in rete di star giocando ad Hogwarts Legacy. Come storicamente spesso accade, quando gli oppressi si prendono la rivincita, finiscono per assomigliare tristemente agli oppressori. L’aspetto più tragicomico della faccenda è che la fanbase di Harry Potter è stata storicamente contraddistinta da una grande vicinanza alla causa Lgbtq+, mentre le persone più conservative hanno spesso snobbato questo universo alternativo. Questo ha portato molte persone di fronte a un dilemma etico non da poco: rinunciare a un gioco attesissimo e desiderato da anni, o mettere da parte i propri principi? Alcune testate giornalistiche del settore hanno anche scritto di come questo gioco, per quanto stupendo e ricolmo di nostalgica magia, faccia sentire intrinsecamente in colpa. È solo un videogioco o è una presa di posizione politica? E soprattutto, nel mondo di oggi, è possibile separare l’artista dalla sua arte? Chissà se esisterà mai un incantesimo per rispondere a queste domande…

sabato 11 marzo 2023 6 Ticino7
MEDIA & EDITORIA DI MIRKO SEBASTIANI
J.K. ROWLING E IL PRIMO VOLUME, APPARSO IN ITALIANO NEL ’ 98. IMMAGINI TRATTE DA “ HOGWARTS LEGACY ”.
“Trans-Exclusionary Radical Feminist, un termine usato per identificare quelle femministe che discriminano le donne transessuali”

AL-ANDALUS: dall’ALCÁZAR all’ALHAMBRA

Oggi la regione si chiama Andalusia, ma dall’VIII secolo e fino alla riconquista dei re cristiani nel XV secolo, era “al-Andalus”, il nome della Spagna islamica. Una lunga storia iniziata come sempre con guerre, ma poi ricca di sviluppi straordinari, grazie all’incontro di tre grandi culture che hanno lasciato segni indelebili su tutti gli aspetti della vita in tutta la penisola iberica; e città ricche di monumenti fastosi. Vediamone due, che visitiamo con il cuore e con la testa, come vuole questa rubrica.

A Siviglia mi lega un ricordo fuori dal normale. Ero in Andalusia per realizzare dei documentari radiofonici, tra storia, architettura, arte e tradizioni popolari. Lì le occasioni non mancano: la Settimana Santa, la Romería del Rocío (della quale vi ho riferito qualche tempo fa), un giro nell’antico nucleo di Ronda detta ‘la graticola di Spagna’, l’insuperabile Alhambra di Granada, la Mezquita dalle mille colonne o i cortili fioriti di Cordova, senza dimenticare Malaga. L’Andalusia è da questo punto di vista una regione privilegiata, perché lì hanno convissuto per secoli arabi, ebrei e cristiani.

Una visita notturna

Una delle mie destinazioni erano i Reales Alcázares di Siviglia, o semplicemente l’Alcázar. Allora non c’erano nternet e le e-mail, per cui dopo uno scambio epistolare e qualche telefonata da Lugano, mi era stato dato un appuntamento per una visita accompagnata il giorno tale. Giunto in città, la mattina seguente chiamo il mio corrispondente che mi propone un incontro nientemeno che con il Conservatore del celebre monumento. Bel colpo. Il piccolo problema è l’ora fissata: mezzanotte! Inutile spiegare che in Svizzera si cena alle sette e mezza, e che durante la notte in genere la gente normale dorme. Lì, per ovvie ragioni, non è così; lui abita con la famiglia in un appartamento all’interno del complesso e cena alle dieci e mezza; ‘dopo cena’ significa dunque all’incirca a mezzanotte. Logico. E poi siamo qui per lavorare, non per fare vacanze o cambiare le abitudini di un Paese, mi dico. Tiro tardi godendomi la Siviglia notturna: la sua famosa torre (la Giralda), la cattedrale più grande di Spagna in stile gotico suggestivamente illuminata, l’edificio dove si conservano i documenti della conquista spagnola dell’America compreso un diario originale di Cristoforo Colombo e gli scritti di Bernardino di Sahagún e di Bernal Díaz del Castillo (è il famoso ‘Archivo de Indias’) e mi presento all’ora stabilita suonando a un ingresso laterale. Presentazioni eccetera eccetera. Poi lo stupore del visitatore che, come si dice, rimane a bocca aperta davanti a quella meraviglia, da godere in un silenzio quasi assoluto, rotto solo dal fluire melodico delle parole del mio accompagnatore (che si esprime in un dolce spagnolo del sud),

dal rimbombare dei passi sul pavimento e dal gorgoglio dell’acqua che continua a scorrere nei cortili interni. Niente turisti vociferanti, niente scatti di macchine fotografiche. Un’immersione inebriante nel passato. Sono un privilegiato; mi dico che cercherò almeno di trasmettere queste emozioni attraverso le onde; e oggi lo faccio anche con le parole e le immagini di questa pagina. La struttura, realizzata esteriormente in una calda pietra locale, è complessa e riflette la sua storia: saloni spettacolari come quello detto ‘degli ambasciatori’, raffinati ambienti privati, cortili con eleganti colonne e giardini interni quale il ‘Labirinto del mirto’ Vi hanno messo mano architetti e artigiani arabi e locali, nonché

riconquista cristiana avvenuta appunto in quel fatidico anno quando il succitato Colombo approdava sulle cose americane. Il 2 gennaio 1492, dopo un lungo assedio, il Sultanato di Granada si arrendeva infatti a Isabella la Cattolica, che poteva infine entrare in città brandendo il Crocefisso. La descrizione della Casa Real dell’Alhambra parla di tre settori: il Mexuar, cioè il salone delle udienze destinato anche all’mministrazione della giustizia; il Serraglio, residenza ufficiale del sultano, e il cosiddetto Harem che era la zona privata riservata alla famiglia reale. Si tratta di una serie di raffinati edifici che circondano grandi cortili dove l’acqua non manca mai, quell’acqua che per i musulmani, che venivano da regioni aride, rappresenta un elemento indispensabile per la vita spirituale e per quella di tutti i giorni. Un esempio è il famoso ‘Patio de los Leones’ con al centro una fontana marmorea decorata con sculture di leoni che distribuiscono il prezioso nettare in tutto il cortile, circondata da 124 colonne gemellate: simboleggiano un’oasi con freschi palmizi che inducono alla serenità e alla riflessione. Decine di ambienti che andrebbero goduti con calma, prendendosi il tempo necessario non solo per ammirarli in quanto capolavori artistici, ma anche per quanto ci suggeriscono a distanza di secoli in fatto di legami culturali.

artisti di Toledo a partire dal 1326 (è la parte più spettacolare in stile mudéjar) con successivi interventi architettonici dovuti a quasi tutti i reali di Spagna, che ancora oggi godono del privilegio di usare un appartamento privato quando sono in visita da quelle parti (il mio accompagnatore mi permette di dare un’occhiata a quello dell’allora re Juan Carlos). All’interno l’Alcázar si presenta come ‘una sinfonia di colori’ - dall’azzurro al verde, dall’oro al rosso - con pareti e soffitti che sono uno straordinario ricamo in filigrana, con stucchi bianchi, mosaici e smalti. Arabeschi, appunto. L’ingegno umano all’opera che ti passa davanti come un filmato storico-artistico.

Alhambra: stupore e meraviglia Granada è la seconda tappa del viaggio; e qui l’ingegno umano si supera. Sì, perché l’Alhambra e il Giardino del Generalife sono come i Reales Alcázares, solo più in grande e con risultati artistici che inducono alla meraviglia anche il più scafato dei viaggiatori o il più insensibile essere umano. Una cittadella fortificata dentro una Granada che la abbraccia quasi per proteggerla, con la Sierra Nevada sullo sfondo; l’ultimo baluardo musulmano prima della

Esco frastornato dalla visita all’Alhambra, un po’ anche per la folla che mi ha accompagnato durante il giro, ma con l’impellente bisogno di andare a scovare un libro straordinario, scritto nel 1832: ‘Los cuentos de la Alhambra’ di Washington Irving, diplomatico americano, viaggiatore e storico per passione, che ebbe l’onore di vivere alcuni mesi all’interno di un’Alhambra allora semiabbandonata, raccogliendo storie e leggende popolari sullo storico edificio. Sono fortunato: ne trovo un’edizione moderna sugli scaffali di una libreria del centro, in traduzione italiana con illustrazioni d’epoca (Edizioni Miguel Sanchez, Granada) e con la prefazione di Vittore Castiglioni, già responsabile delle pagine culturali del Corriere del Ticino Piccolo il mondo.

sabato 11 marzo 2023 7 Ticino7 CUOREMENTE DI MARCO HORAT
MOSAICI ARABI ALL ALHAMBRA DI GRANADA.
SOPRA: IL PATIO DE LOS LEONES (GRANADA). IN ALTO: REALES ALCÁ ZARES (SIVIGLIA).

CASA N OST R A

Dall’album dei ricordi culinari

La prima copia la vedemmo nella cucina di nostra suocera, con un dorso talmente consunto dall’uso che ne leggemmo male il titolo: ‘Cosa nostra’. Cosa ci faceva un trattato sulla mafia siciliana, lì tra la zuccheriera e il bottiglione di bianchino per sfumare l’arrosto? Fu solo dopo averlo visto aperto sul tavolo di cucina, alla voce ‘uova affogate alla polacca’, che ci rendemmo conto di aver letto male. Il titolo corretto era ‘Casa nostra’, un “trattato di economia domestica, igiene alimentare e cucina”…

Quasi cent’anni fa Il libro era rivolto alle “direttrici di casa”, dando per scontato che certi lavori fossero roba da donne. D’altronde il volume – adottato dalle scuole ticinesi e grigionesi – nasce nel 1927: altri tempi, in cui le bambine dovevano apprendere come far fronte a una modernità che nei decenni successivi si sarebbe fatta sempre più d’inurbamento, piccoli appartamenti, cucine economiche. La cucina, insieme al ricamo, alla “guarnizione della tavola” e alla piccola contabilità erano materie di studio. Corsi istituiti anche, come ricorda un articolo di qualche anno fa, “per permettere alle giovani di modesta estrazione sociale di essere prese a servizio da qualche famiglia borghese”. Pioniera di quell’insegnamento fu la maestra Erminia Macerati (1871-1957), alla quale la sua Genestrerio ha appena dedicato una via. Fu lei a elaborare una prima edizione di Casa nostra, ripensata poi nel 1967 dalla collega (e allieva) Lina Manghera insieme a un’altra stimata insegnante, Bice Caccia. È questa seconda edizione che oggi viene ripubblicata dall’Istituto editoriale ticinese.

alla tenerezza: un pranzo all’aperto sui monti di Caslaccio (in copertina) con la famiglia religiosamente china sui suoi piattoni, la nonna che ne distribuisce ancora, la polenta e il fiasco di vino sulla tavaglia a quadretti; un gaudente che al fiasco ci s’attacca proprio, sarà il 1930 o giù di lì; due bimbe che decorano le uova pasquali, e così via.

La nuova introduzione avverte: “Può darsi che le mutazioni del gusto e della sensibilità faranno apparire superati questi dosaggi”, ora che è tutto un affannarsi col low-fat, le verdurine bollite e la manutenzione delle coronarie. “Ma l’editore confida nelle capacità delle cuoche e dei cuochi di casa nostra (si noti la rinnovata sensibilità di genere, ndr), che quando necessario sapranno reinterpretare anche con creatività le ricette che hanno determinato la nostra cultura alimentare degli ultimi cinquant’anni”. Abbiamo selezionato alcune proposte che ci paiono particolarmente curiose o succulente. Per il burro, fate un po’ voi…

Di gusti e di ricette

Si perde la prima parte dedicata ai temi dell’arredamento, del vestiario e della contabilità – evidentemente datati, se non per la loro proprietà di conservare come ambra i passati costumi –e si guadagna, accanto alle ricette, una serie di immagini d’epoca a sfondo gastronomico recuperate dall’Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla, in un accostamento che spazia dall’ironia

sabato 11 marzo 2023 8 Ticino7
CUCINA & SOCIETÀ A CURA DELLA REDAZIONE
SOPRA: L’EDIZIONE ORIGINALE
A DESTRA:
“(...) altri tempi, in cui le bambine dovevano apprendere come far fronte a una modernità (...)”
DEL LIBRO.
LA COPERTINA DELLA NUOVA RISTAMPA. 1.

R ICET TE

Le ricette base sono calcolate per 4 persone.

IL CIFRARIO DELLA CUCINA

1 c = 1 cucchiaino (da caffè)

1 C = 1 cucchiaio (da minestra)

1 g = 1 grammo

1 kg = 1 chilogrammo

1 dl = 1 decilitro

1 L = 1 litro

Equivalenze

3 cucchiai colmi di zucchero sono ca. 100 g

4 cucchiai colmi di farina bianca sono ca. 100 g

6 cucchiai sono ca. 1 dl

Burro di fegatini di pollo

20 g di burro

1 cipolla affettata

2 fegatini di pollo

q.b. salvia

1 C di Marsala

q.b. sale

q.b. pepe

80 g di burro

Rosolare leggermente la cipolla nel burro. Affettare la carne e rosolare insieme alla salvia nel condimento. Innaffiare con il Marsala e cuocere alcuni minuti. Aromatizzare. Passare al setaccio. Lavorare il burro in crema e amalgamare al passato (ndr: ‘amalgamai’? Si scherza, eh).

Consommé

1 kg di carne mista

1 mazzetto odoroso

1 osso ben spugnoso

2 1⁄2 L di acqua

q.b. sale

Tagliare la carne a pezzetti o passarla alla macchina. Affettare il mazzetto odoroso. Collocare in una pentola, versarvi l’acqua fredda necessaria, coprire e portare a ebollizione. Salare; cuocere lentamente per almeno 3 ore. Passare in colabrodo fitto. Sgrassare.

Nota: Se si ha un brodo poco limpido: filtrarlo con una tela umida. Se si ha un brodo troppo chiaro: unirvi 1 c di zucchero caramellato. Se si ha un brodo troppo scuro: aggiungervi qualche goccia di succo di limone e 1 albume montato a neve; far bollire e quindi filtrare. Se si vuole migliorare il brodo: aggiungere in ogni tazza 1 c di Cognac o di Madera, o del tuorlo d’uovo. Un consommé si serve in apposita tazza, liscio o con l’aggiunta di crostini di pane essiccati al forno o tostati nel burro; farinate tagliate finissime; fegatini di pollo arrostiti; petto di pollo lessato e tagliato a striscioline; sfogliatine; pasta reale; prosciutto o lingua a listine.

Pollo o anitra alla cacciatora

800 g di pollo o anitra a pezzi

2 C di farina bianca

50 g di condimento

1 mazzetto odoroso affettato

2 manciate di funghi

1 bicchiere di vino bianco

2 tazze di brodo

1 C di salsa di pomodoro

o 4/5 pomodori freschi tritati

q.b. sale

q.b. pepe

Rosolare la carne infarinata. Mettere sulla carne il mazzetto e i funghi e rinvenire. Innaffiare. Lasciar evaporare. Coprire la carne con il brodo e i pomodori e cuocere per ca. 2 ore a seconda dell’età dell’animale.

Nota:

Servire con polenta, patate lessate, passato di patate, pasta o riso in bianco. Completare il pasto con un pezzetto di buon formaggio.

Salsiccetta con latte

400 g di salsiccetta

q.b. stecchi

30 g di condimento

q.b. salvia

1 bicchiere di brodo

1 bicchiere di latte

1 c di fecola

q.b. acqua fredda

Dividere la salsiccetta in 4 parti. Arrotolare a lumaca. Affrancare con lo stecco. Rosolare la salsiccetta nel condimento. Unire il brodo e il latte. Cuocere lentamente per 15 min. Diluire la fecola. Addensare la salsa.

Torta di albumi

5 albumi

140 g di zucchero

1 pizzico di sale

1 bustina di zucchero vanigliato

75 g di farina bianca

75 g di burro fuso tiepido

q.b. frutta sciroppata

Montare a neve gli albumi. Aggiungere frullando lo zucchero, il sale e lo zucchero vanigliato. Unire la farina setacciando. Amalgamare delicatamente il burro alla massa. Collocare in uno stampo da plumcake imburrato. Cuocere a calore moderato per ca. 20-30 min. Raffreddare. Sformare. Bagnare la torta con sciroppo di frutta condensato e aromatizzato con succo di limone. Contornare con frutta sciroppata. Guarnire a piacere con panna montata e frutta candita.

Nota:

Dolce eccellente ed economico, soprattutto se nella stagione propizia avremo provveduto a conservare la frutta necessaria.

CREDITI PER LE IMMAGINI

Si ringraziano l’Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla (acvc.ch) e gli aventi diritto per aver concesso all’editore di pubblicare le fotografie.

1. Due bambine mentre decorano le uova di Pasqua, 1950 circa. Provenienza: Matthias Gianini, Lamone Fonte: Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla.

2. Bambini alla risottata di Carnevale, 1961 Fotografia: Kurt Meili. Provenienza: Erica Brunner-

Meili, Zurigo. Fonte: Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla.

3. Ritratto di donne all’interno della trattoria Menghetti, 1920-1930. Provenienza: Mauro Menghetti, Bigorio. Fonte: Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla.

4. Uomo che scherza con un fiasco di vino, 1929– ’ 33. Provenienza: Claudia Esposito-Bernasconi, Pazzallo. Fonte: Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla.

sabato 11 marzo 2023 9 Ticino7
2. 3. 4.

Orizzontali

1. Capitale del Venezuela 7. Intimorirono Don Abbondio 12. C’è quello della scabbia 13. Il lago di Lugano 15. Località delle Centovalli 16. Sono chiamati anche prugni 17. Sulle targhe di Aarau 18. Isole norvegesi 20. Particella dubitativa 21. 1’499 romani 23. Equine testarde 24. Calura estiva 26. Un saluto crepuscolare 29. Organo del volatile 31. Lo sono le previsioni dell’ottimista 32. Cittadina della Bassa Engadina 34. Benvoluto e costoso 35. Nascosto, recondito 37. Guancia 38. Lo può essere un melone 39. Uncinetto del pescatore 40. Località del Luganese 41. Iniziali del pittore Segantini 42. Iniziali dello scrittore Bellow 43. Località della Calanca 44. Stavano sull’Olimpo 45. Un piccolo insaccato 47.

Spedisci un SMS al 434 (CHF 1.–/SMS) scrivendo TI7 <spazio> SOLUZIONE e partecipa all’estrazione. Termine di partecipazione: giovedì prossimo.

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Solido geometrico 48. Un albero con le samare 49. Selezione alla francese 51. Satira, sarcasmo 53. Ossa delle spalle 55. Segue il tic 56. Selvaggi, spaventosi 58. In coda 59. Il nome del regista Bernasconi 61. Abitante di un cantone svizzero 63. Concretezza, tangibilità 64. Una festa prima di notte, alla francese.

Verticali

1. Un’esclamazione di stupore 2. È chiamato anche anacardo 3. Un notabile etiope 4. Fu un grande lago 5. Simbolo chimico del cobalto 6. Ci sono prima delle Medie 7. Formaggio francese 8. Tira la slitta di Babbo Natale 9. Divinità nordiche 10. Rovina al centro 11. Lettera dell’alfabeto greco 14. Un’eroina biblica 16. Non imbal-

late, vendute a peso 19. Uno stomaco del ruminante 20. Hector, che scrisse Senza famiglia 22. Impreziosito da un metallo 25. Aveva corna e piedi caprini 27. Protagonista di Casa di bambola 28. Località del Malcantone 30. Il nome del linguista Petralli 33. Rango sociale 34. Coincidere, collimare 36. Il fornello dell’alchimista 37. Quella d’amante è un nodo 38. Mangiati dai topi 40. Una spezia 41. Magnanime, prodighe 43. Giocatore sleale 44. L’ultimo fu Ludovico Giovanni Manin 46. Sudicia, sporca 47. Si accendono d’inverno 50. La sua tintura disinfetta 52. Irsuta, ispida 54. Nascono in testa 55. Segue il bis 57. La lettera incognita 60. Kilolitro in breve 62. Le iniziali di Ramazzotti.

SOLUZIONE DEL 25.02.2023

CABARETSI

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HA VINTO: Angela Delmué ( Biasca )

sabato 11 marzo 2023 10 Ticino7
2 X 2 B iglietti per IL GABBIANO al Teatro Sociale, martedì 28 marzo
ViaGhiringhelli 9 6500 Bellinzona T+41 91 821 11 90 pub@regiopress.ch regiopress.ch laregione © ceck GIOCA CON TICINO7 VINCI
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1 63 19 13 62 8 58 45 32 28 © ceck 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 SENZA PAROLE © DORIANO SOLINAS

La capra

Un animale che racconta il territorio

www.ticinoate.ch

Capretto ticinese

4 persone | 120 minuti | Difficoltà media

1,4 kg capretto nostrano (tagliato a pezzi da 50-70 g)

q.b. sale e pepe dal mulino

q.b. olio o burro per arrostire

4/5 rametti di rosmarino

120 g burro da cucina

1/1,5 dl Marsala ev. un po’ di acqua

Ci sono piatti, prodotti, razze e varietà che vanno al di là del semplice interesse gastronomico, che sono vere e proprie tradizioni e che raccontano la storia e le origini di un territorio. Come la capra, da sempre un’alleata di allevatori e agricoltori, che oltre a donare meravigliosi prodotti, è bravissima nell’aiutare a mantenere pulito il terreno, grazie alla sua passione: ruminare. Quando si parla di tradizioni, se pensiamo all’agroalimentare, non possiamo esimerci dal nominare il capretto ticinese, tipico del periodo pasquale; in cui per l’occasione diversi ristoranti di Ticino a Tavola propongono l’iniziativa “Capretto e agnello ticinesi per Pasqua”, che mira a valorizzare questi prodotti locali, parte integrante del paesaggio e del patrimonio culinario ticinese. Un progetto che l’Unione Contadini Ticinesi e GastroTicino portano avanti da una decina di anni, con risultati molto positivi: la richiesta

Itinerario 1:

‘Il sentiero delle leggende’

→ Il sentiero delle leggende di Gerra Verzasca è una passeggiata circolare adatta a tutti, dalle famiglie agli escursionisti più esperti. Basta seguire la volpe che sbuca sui cartelli lungo il percorso e sui pannelli nelle otto tappe principali per dare il via a un’ora e mezza di magia dentro e fuori dai boschi, alla scoperta dei luoghi popolati di personaggi, storie e leggende della Valle Verzasca. Lungo il percorso si possono leggere – e, scansionando i codici QR sui pannelli, anche ascoltare dallo smartphone – storie di animali parlanti, streghe, Crüsc, diavoli e santi che animano i boschi, i monti, i pascoli degli alpeggi, i nuclei, il fiume o le caverne della Valle Verzasca.

è tantissima con vendite in tempi da record. Limitandoci ai capretti, ricordiamo che provengono dai piccoli produttori ticinesi, che li allevano con cura e nel rispetto delle severe norme svizzere. Sono molte le rassegne gastronomiche che hanno come protagonista la capra, perlopiù si svolgono nel Locarnese e nel periodo autunnale. Vi è pure una rassegna interamente dedicata ai Cicitt (Presidio Slow Food): lunghissime e sottili salsicce di capra dal gusto particolare, preparate con le parti meno nobili dell’animale, tipiche delle valli del Locarnese. Ma i prodotti che questo animale ci offre non finiscono qui: violini, formaggi, più o meno, stagionati, büscion… alcuni dei quali certificati Ticino regio. garantie, la certificazione che garantisce ai consumatori che la produzione delle materie prime e la loro lavorazione abbiano avuto luogo interamente nella regione.

Itinerario 2: ‘BoBosco’

→ Boccia al Bosco (o BoBosco in breve) è un’ingegnosa pista per bocce completamente costruita in legno di castagno che si estende tra Brione Verzasca e Lavertezzo.

Il tracciato di 5,5 km nel bosco, lungo le acque smeraldine del fiume Verzasca, è caratterizzato da 12 postazioni di gioco che rendono quest’escursione un gioco emozionante per le famiglie, ma anche uno spettacolo naturale da ammirare in un paesaggio suggestivo.

Abbiamo tuttibisogno di puntifermi, di certezze edisicurezze. Noi vi offriamo il costante impegno di esseredasemprecon il Ticino eper iticinesi.

11 Ticino7 sabato 11 marzo 2023
Ticino
bancastato.ch BancaStato èlaBanca di riferimento in
noi per voi DAL TERRITORIO A CURA DEL CENTRO DI COMPETENZE AGROALIMENTARI TICINO Sagra dei tortelli, Solduno 19 marzo Sagra del pesce, Muralto 26 marzo Mercato alimentare in piazza a Maggia 1. aprile Food Truck Festival dal 28 aprile al 1. maggio Manggiainvalpasseggiata enogastronomica in Valle Maggia 6 maggio Gusta Cardada 13 maggio Fragole in Piazza 18 maggio Güstemm er Verzasca 3 giugno Mercato del Gusto, Ascona 4 giugno Swiss Wine Tour Esperienze enoturistiche Prenotabili online tutto l’anno Attività
Ricetta
46˚19 ’ 7 . 912 ” N08˚48 ’17 .408 ”E
Ricetta tipica della tradizione ticinese rivisitata da SSSAT. Scopri il percorso Scopri il percorso ©TICINO TURISMO, ALAIN INTRAINA ©TICINO TURISMO, LUCA CRIVELLI Scopri la ricetta
sabato 11 marzo 2023 12 Ticino7 TIPO UN FUMETTO DI ALESSIO VON FLÜE
sabato 11 marzo 2023 13 Ticino7

Nonno, meglio le favole

- Je grésille, tu grésilles, il, elle grésille, nous grésillons...

- Come dici?

- Aspetta nonno... vous grésillez, ils, elles, grésillent. Adesso puoi parlare.

- Che lingua è?

- Nella lezione di francese abbiamo imparato come si chiama il nostro verso. Noi grilli, nonno, in francese nous grésillons

- Non lo sapevo.

- Tu sai cose passate nonno, ma io ti ammiro lo stesso. Perché le sai tutte.

- Grazie.

- Sul passato sei imbattibile e a scuola potresti fare lezione di Favole. Ma lo sapevi che tu sei un ortottero, per esempio?

- No. Che vuol dire?

- Che hai le ali rigide.

- Pensa un po’, e io non sapevo nemmeno di avere le ali.

- Chiaro, noi saltiamo. E di essere fitofago?

- Nemmeno ma avrà a che fare col cibo.

- I fitofagi si nutrono di piante, come noi grilli infatti.

- Fitofagi... Erbivori è più facile.

- Nonno, dimmi una favola.

- Dovrei pensarci.

- Quella con la farfalla, che mi piaceva.

- Vediamo... Un grillo guardava una farfalla, pieno di sorpresa. Volava da un fiore all’altro, leggera, multicolore. Magari essere come lei, così bella, poter volare... Mentre pensa questo arriva un gruppo di bambini. La vedono e vogliono afferrarla, con una rete, le maglie, con il cappello perfino. Uno riuscì a prenderla, ma anche gli altri la volevano. Ognuno la tirava verso sé, e tu puoi immaginare la povera farfalla...

- Non mi ricordo la morale.

- La morale la pensò lo stesso grilletto, all’istante. Meglio non attirare l’attenzione su di sé, starsene nascosti su un ramo o in una buca.

- Io ho paura dei bambini.

- Gli esseri umani sono la sola specie capace di prendersi cura di tutte le altre. Ma anche di eliminarle, se gli torna utile o se gli va.

- Ho sentito che si fanno la guerra tra loro. Possibile? Si vede che sono carnivori.

- Non è per mangiare che si fanno la guerra.

- Se mangi le piante nessuno ti farà niente. Al limite per errore.

- Che vuoi dire?

- Che tu sei un’ape e gli uomini prendono il miele. Finisci nel miele e diventi miele tu stessa, che sei un’ape. Altro esempio: sei un camaleonte e ti vesti da foglia, arriva l’elefante che è un fitofago, si mangia le foglie te compreso.

- Questa è bella.

- Oppure sei un grillo campestre e vivi nei campi. Nei campi c’è il grano, arriva la macchina che lo raccoglie, e...

- E finisci nei panini.

- Ah ah! Diventiamo energia alternativa! Anche se non ho capito bene che significa.

- Gli umani hanno bisogno di molte energie perché hanno costruito cose che occorre nutrire. E non smettono di costruirle. Pensa che sanno ricavare energia dal sole, dal vento. Queste fonti si aggiungono alle altre che già conoscono. E che continuano a usare, naturalmente.

- Altrimenti quella del sole si chiamerebbe energia eliminativa!

- Vedi? Avevi capito benissimo.

- Meglio le favole, nonno. Anche se il pane è buono, e non parliamo dei biscotti. Ai bambini cade sempre un pezzetto di quello che mangiano. Io aspetto che passino, esco dalla buca e me lo mangio.

- A volte trasformano i cibi che trovano. Il grano, per esempio, non gli piace com’è. Lo stritolano e ne fanno una polvere, che si chiama farina. Poi con

quella fanno un altro cibo. Che sa di grano. I cibi cotti si chiamano cotti, i crudi, crudi.

- Io sono un crudista, si fa prima.

- Ti avranno insegnato, a scuola, che viviamo in un luogo fortunato. In cui gli esseri umani, pur essendo onnivori, non mangiano noi, né le cavallette, né le cicale...

- Tutti i nostri parenti.

- Al limite ci sgridano quando friniamo troppo forte.

- Non è che ci hanno addomesticato, questi esseri umani?

- In un certo senso, senza volerlo. O ci siamo addomesticati da soli: viviamo accanto a loro, a volte proprio vicino.

- Mah, io ho sempre fame.

- Se tu non mangiassi molto addio salti. I bei salti che fai, alla tua età!

- Nonno tu quante ore hai?

- 650 fra mezz’ora.

- 650! Quasi quattro settimane!

- Eh sì.

- Spero di arrivare alla tua età.

- Ci arriverai. Viviamo in un luogo fortunato.

- Meno male.

- Un luogo felice reso più bello dal nostro modo di vivere. Tu saprai che noi grilli siamo panteisti, come la maggior parte degli animali.

- Onoriamo tutto, noi. E siamo grati per ogni cosa.

- Devi sapere che siamo panteisti più due sante. Santa Ànite e Santa Miro. Miro perché era pietosa verso tutti i grilli e Ànite perché ha scritto la storia di Miro. Brevissima.

- Continua, continua nonno.

- Santa Ànite ha scritto così:

“A un grillo usignolo dei campi e a una cicala, ospite delle querce, piangendo molte lacrime infantili, una tomba comune fece Miro. Ade crudele le strappò di colpo i suoi amati trastulli”.

- Questo è volere bene. “A un grillo usignolo dei campi...”, a scuola non ce ne hanno parlato. Anche se certe cose non mi tornano, di quello che studio. Ho letto, per esempio, che il grillo “abonde dans les boulangeries”.

- Sarebbe a dire?

- Abbonda nei panifici.

- Si saranno sbagliati.

- L’ho letto in due libri diversi. L’altro dice: “Se plaisent surtout dans les” eccetera eccetera... Vivere al panificio, cioè, gli piace tantissimo.

- Sarà un’altra specie di grillo. E comunque, meglio vivere nei panifici, o in qualunque altro posto, che morirci.

- Ah ah. Nonno!

- Aspetta. Sicuro che “boulangerie” significa panificio?

- Certo.

- Prova a cercare meglio, a volte le parole...

- Nonno, lo dice una grande enciclopedia. Che si chiama Larousse che poi vuol dire Larossa, se non sbaglio. Ed è infallibile.

- Allora è vero.

- Quanto è vero che je grésille, tu grésilles e nous grésillons.

- Eh eh.

- Eh eh eh.

sabato 11 marzo 2023 14 Ticino7
IL RACCONTO DI MARCO STRACQUADAINI

La pillola delle meraviglie

Prima dei giornali, prima delle newsletter modaiole, prima di The Cut, New York e le foto di Pierpaolo Ferrari e Cattelan ci sono stati il mio frigo e mio zio a Natale. Cominciamo da mio zio, che, come tutto il parentado da parte di mia mamma, soffre di problemi alle anche. La vigilia di Natale era splendido splendente seduto dalla parte maschile della tavolata a raccontare come il rischio diabete gli avesse messo al sicuro l’anca. Merito di questo farmaco nuovissimo che consente ai diabetici di abbassare il livello di zucchero nel sangue e che ha il collaterale e salvifico effetto di far perdere peso. “Ti toglie l’appetito”; spiegava rimbalzando la seconda porzione di focaccia di mia zia, quella friabile e gustosa grazie allo strutto. Finalmente contento di aver tolto un po’ di chilogrammi che pesavano sulle sue articolazioni. Nessuno sapeva, quella sera a Natale, che il meraviglioso farmaco fosse nel mio frigo da qualche mese. Che la dottoressa che mi aveva fatto dimagrire portentosamente con una inflessibile dieta chetogenica e mi aveva vista lievitare come un panettone nell’anno successivo, mi avesse consigliato qualche giro di questo nuovo farmaco che sta dando ottimi risultati in pazienti che proprio non riescono a perdere peso. Niente effetti collaterali,

Una gran voglia di vivere

niente dipendenza, prescrizione sotto controllo medico. Cosa può andare storto? Nel frattempo, mentre il farmaco ha iniziato a stazionare nel mio frigo, tutti hanno iniziato a parlarne. Pare che vada molto di moda tra le celebrities, chi ne sente parlare non di rado ammette: “Lo hanno consigliato anche a me”.

Il dibattito continua e arriva, sempre sulle pagine di The Cut (quindi a ruota si trasferirà anche sui giornali della nostra parte del mondo), a toccare un tema culturalmente bollente: e la body positivity? “La body positivity mi ha salvata in un mondo inflessibile contro i grassi – scrive una contributor della testata newyorchese -. Poi mi hanno prescritto un farmaco che fa perdere peso e tutto si è capovolto”. Come a dire, con un senso di colpa piuttosto evidente: ho speso anni a dire a tutti e a dirmi che il mio corpo non può essere giudicato e ora che ho trovato un farmaco miracoloso cosa ne sarà di tutto questo? Che figura ci farò?

Nel mio frigo quel farmaco ci è rimasto fino a scadere. Per ben due volte. L’ho provato per qualche settimana e quando uno degli effetti che riducono l’appetito (ovvero la nausea) ha iniziato a farsi sentire, ho deciso che non ne valeva la pena. Quanto

Sentimenti On the Road

durerà non lo so, perché nessuna società può essere maligna e spietata con qualcuno, specialmente con una donna in carne, di quanto può esserlo lei con sé stessa.

ALTRI SCHERMI

LA COPPIA SCOPPIA

Il nuovo film con Fabio Volo e Vittoria Puccini è su Prime Video. Milano: Marco e Anna, dopo anni di convivenza serena e la nascita di Tommaso, sono in crisi nera. Il loro sembrava un amore solido, ma non è sopravvissuto alla quotidianità. Quando Anna, che si sente confinata nei ruoli di moglie e madre, propone a Marco un trasferimento a Ibiza per ricominciare insieme, Marco rifiuta. Ma quando a lui viene proposto un trasferimento per lavoro ad Amsterdam, inizia a pensarci, senza avere però il coraggio di dirlo ad Anna.

GALEOTTO

FU IL CAMPER

Fra Ibiza e Amsterdam il terzo vince: infatti per non infrangere una promessa fatta al piccolo Tommaso, decidono di partire per la Norvegia, ripromettendosi di prendere una decisione sul matrimonio alla fine del viaggio. Durante quel magico e indimenticabile giro in camper per le terre del sole di mezzanotte, sembrano recuperare in modo naturale e insperato il loro rapporto. Naturalmente fino all’inevitabile momento in cui Anna scoprirà che Marco le ha tenuto nascosta la proposta di lavoro ad Amsterdam...

IL “FABIOVOLISMO”

SOPRA LA PANCA

Tra la Zurlindenstrasse e la Sihlfeldstrasse c’è un triangolo di erba che non si può nemmeno chiamare un parco. Passo di lì una domenica mattina d’inizio marzo, quando si notano appena i primi sommovimenti della primavera. L’aria è fredda, il cielo lattiginoso. Questa sembra una panchina senza qualità: non è abbastanza isolata per chi cerca la pace ma lo è troppo per chi ama la folla. Di fatto, il mondo qui si riduce a qualche ragazzo in bicicletta, a qualche passante indaffarato. Perfino i cani, una volta marcato il territorio, si allontanano in fretta. E allora, perché mi siedo qui? Forse perché è il contrario di un luogo panoramico. Niente tramonti o mari o montagne maestose: c’è solo un po’ d’erba spelacchiata che aspetta il sole. Se i paesaggi grandiosi espandono l’anima questa panchina mi aiuta invece a sentirmi più piccolo, in sintonia con i mille eventi microscopici che accadono ogni minuto, e ai quali di solito non presto attenzione. L’eco di una conversazione, lo zampettio di un insetto, un volto intravisto di sfuggita: tutto, all’improvviso, diventa interessante.

IN GERTRUDPLATZ

Coordinate: 2’681’461.3; 1’247’472.5

Comodità: ★★★☆☆

Vista: ★★☆☆☆

Ideale per… sentirsi piccoli.

Con Fabio Volo, scrittore e attore, non si possono avere mezze misure, o piace o no; oppure piace ma non lo si confessa. In quest’ultimo film, diretto da Michela Andreozzi, ci sono concentrate tutte le tematiche che lo hanno portato al successo (colpi di fulmine, amori travagliati, rapporti burrascosi e genitorialità) spesso inseriti nel contesto di un viaggio all’estero quasi sempre risolutore. In Una gran voglia di vivere c’è proprio tutto questo, arricchito dai paesaggi mozzafiato dei fiordi norvegesi.

VITA VISSUTA

In un’intervista rilasciata per l’uscita del film Fabio Volo ha raccontato:

“Ci sono spunti autobiografici che poi ho vissuto, mi sono separato dopo dieci anni dalla mia compagna islandese, Johanna, con cui ho due figli. Il camper è un’esperienza fatta personalmente”. “Meglio una separazione civile che un matrimonio triste”, la massima è nota, l’attuazione, però, non è sempre scontata. “E qual è il problema vero?” - recita una battuta del film –: “Semplicemente ho una gran voglia di vivere”.

sabato 11 marzo 2023 15 Ticino7
LA FICCANASO DI LAURA INSTAGRAM: @LA_FICCANASO
DI ALBA REGUZZI FUOG
Settimanale inserito nel quotidiano laRegione ticino7.ch • #ticino7 • facebook.com/Ticino7
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TESTO E FOTOGRAFIA © ANDREA FAZIOLI Direttore Beppe Donadio Caporedattore Giancarlo Fornasier Grafica Variante agenzia creativa
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"Cambiare vuol dire crescere"

Incontro con il life coach de I Sognatori, Filippo Ongaro

Abbiamo incontrato, per conoscerlo meglio, Filippo Ongaro, il life coach della trasmissione I Sognatori condotta da Fabrizio Casati

Medico degli astronauti dal 2000 al 2007, è il primo italiano a essersi certificato in medicina anti-aging e medicina funzionale negli Stati Uniti.

È autore di numerosi bestseller, tra cui “Fino a cent’anni” (2016), “Il metodo Ongaro” (2019), “Forte come l’acqua” (2020). Seguitissimo sui social e su YouTube, ha lasciato l’attività clinica per aiutare le persone a vivere meglio. Vive e lavora in Svizzera.

Dottor Ongaro, cosa s’intende per medicina funzionale e perché è importante?

È un approccio integrato che va alla radice delle problematiche e non interviene solo a livello dei sintomi. La medicina funzionale è quindi una forma di medicina preventiva che interviene soprattutto sui processi biochimici di base contribuendo a regolarli. Le due regole fondamentali sono eliminare ciò che può nuocere e fornire ciò che può contribuire alla salute.

“Il metodo Ongaro”, ideato insieme a sua moglie Sonja, si basa su 4 principi: nutrizione, nutraceutica, allenamento fisico e lavoro interiore. In che misura le emozioni incidono sulla nostra salute?

Moltissimo. Sia direttamente che indirettamente. In modo diretto perché le emozioni negative sono una forma di stress che altera il nostro sistema neuroendocrino e indirettamente perché per cercare compenso dalle emozioni negative spesso adottiamo comportamenti che causano altri danni come il fumo, l’eccessivo utilizzo di alcol o l’abuso di cibo.

L’uomo per natura tende ad essere abitudinario. Le abitudini danno sicurezza, mentre l’ignoto spaventa. Cosa consiglia a chi fatica ad uscire dalla comfort zone?

Di fare piccoli passi, di affrontare piccole sfide e di alzare piano piano l’asticella. La zona di comfort ha un nome che inganna: non si tratta di comfort ma di insoddisfazione in cui si accetta una situazione perché il cambiamento sembra ancora più pericoloso. A volte le persone si dimenticano che il cambiamento può voler anche dire crescere, essere più felici, sentirsi più realizzati.

Nel programma RSI lei mette in evidenza le caratteristiche e i punti forti di chi ha intrapreso un percorso imprenditoriale.

Molti vorrebbero dare una svolta coraggiosa alla propria vita ma spesso non conoscono le proprie potenzialità e i propri talenti.

C’è un modo per farli emergere?

Accettare la sfida, rispondere alla chiamata che si sente dentro è l’unico modo di scoprire davvero le proprie potenzialità.

Com’è arrivata questa proposta e cosa ti ha spinta ad accettarla?

È stata probabilmente la proposta più inaspettata che potessi ricevere! Dentro di me, una Sara ha reagito con un “buttati!”, l’altra con un “ma ti pare?!” Ho ascoltato la prima!

Cosa ti piace di questo mestiere?

Ha debuttato giovanissima come “Signorina Buonasera”, poi è arrivato il programma per bambine e bambini Telecicova, i programmi d’intrattenimento del pomeriggio Amici miei, In compagnia, Pausa Pranzo e il programma di cucina I cucinatori. A distanza di 13 anni, il ritorno in video, come conduttrice, con DallAZetA, quiz preserale in programma su LA 1 dal 27 febbraio.

Tutto! Mi piace fare televisione sia davanti che dietro le quinte. Questo lavoro mi ha regalato tanto, soprattutto sul piano personale. La RSI è la mia seconda casa. Non potrei immaginare di vivere senza.

Se potessi scegliere tra qualsiasi personaggio della tivù, chi inviteresti a cena?

Fabrizio Casati! Nel periodo in cui conducevamo insieme Pausa Pranzo, ci frequentavamo tutti i giorni e spesso uscivamo a cena insieme. Per il pubblico televisivo eravamo una coppia; nella realtà due grandi amici. Oggi ci vediamo poco ed è un peccato.

Non si scoprono a tavolino, teorizzando o facendo progetti, ma mettendosi in gioco con coraggio pur senza perdere la necessaria prudenza del fare un passo alla volta. È come per un atleta agonista. Non va alle olimpiadi da zero, c’è un percorso da fare in cui la posta in gioco si alza di pari passo al miglioramento della prestazione.

In giovane età vogliamo compiacere i nostri genitori, da adolescenti cerchiamo l’approvazione degli amici, da adulti ci adeguiamo al partner o ai dettami della società. Crescendo perdiamo di vista la nostra unicità e le nostre vere passioni che forse andrebbero coltivate. Che consiglio darebbe oggi a un genitore affinché un figlio, crescendo, abbia il coraggio di essere sé stesso?

Bella domanda. Paradossalmente occorre apprezzare di più la figlia o il figlio che si ha davanti e meno le regole e le norme sociali. Viviamo un po’ nell’illusione che certe regole siano sacre quando invece hanno forse sempre funzionato poco e ora non funzionano proprio più. Il mondo di oggi, cosi complesso e articolato, si può conquistare solo con l’unicità, la passione e la ricerca di una crescita interiore che va oltre la pura produttività e il conformarsi allo status quo.

I Sognatori Da sabato 4 marzo alle 20.40 su LA 1 e alle 8.30 su Rete Uno

con il quiz DallAZetA

Per diversi anni hai lavorato dietro le quinte come redattrice dei programmi Piattoforte, Cuochi d’artificio e Filo diretto. Attualmente sei impegnata nella redazione di Siamo fuori. Un lavoro che ti ha permesso di entrare in contatto con tante persone speciali e tante storie particolari… Sono innumerevoli gli incontri che porterò sempre nel cuore, sia dal lato umano che da quello... gastronomico. Ricordo le divertenti uscite in montagna, con i miei due gemelli Noam e Kilian, allora bambini, alla scoperta delle capanne della nostra regione. La serie si chiamava Pancia mia fatti capanna Ho la fortuna di entrare facilmente in empatia con le persone e a telecamere spente ho ascoltato storie davvero commoventi. Camaleontica e versatile. Composta e sofisticata nei panni dell’annunciatrice televisiva. Spumeggiante e divertente in Telecicova.

Abile intrattenitrice in Amici miei. A tuo agio tra i fornelli dei Cucinatori. Nel nuovo quiz DallAZetA ti abbiamo vista elegante, cordiale e ironica. Ma nella vita di tutti i giorni com’è Sara?

Lo devo dire? La Sara di tutti i giorni è una vera e propria “montanara”! La mia attività preferita è fare su e giù dalla montagna a due passi da casa. La vita a volte è in salita, ma finché lo è su un sentiero, mi sento fortunata.

Dal 27 febbraio, ogni giorno dal lunedì al venerdì, alle 19.45 su LA 1

sabato 11 marzo 2023 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 12.3 al 18.3 16 IN PRIMO PIANO
“Io tornare in tivù? State scherzando, vero?”
Sara Galeazzi di nuovo davanti alle telecamere

SUCCESSION

Premiata agli Emmy Awards e ai Golden Globes 2022 come miglior serie drammatica, il telefilm targato HBO racconta le vicende dell’anziano proprietario di un impero delle co municazioni, che deve decidere a chi passare il testimone. Una narrazione cruda e tagliente, non priva di una buona dose di black humor, ci mostra le relazioni interne di questa famiglia, in cui ai rapporti di amore e fratellanza si sostitui scono quelli del potere e del dominio.

Logan Roy (interpretato da Brian Cox) è il patriarca di una facoltosa ma disfunzionale famiglia, nonché il proprietario di una delle più importanti società a livello mondiale nel settore dell’intrattenimento e dei media: la Waystar RoyCo.

I già difficili rapporti con i quattro figli Roman, Connor, Siobhan ‘Shiv’ e Kendall si logorano ulteriormente quando tra di loro inizia una vera e propria lotta per decidere chi debba prendere il posto del padre, che ritengono ormai anziano e incapace di decidere lucidamente le sorti della compagnia. Riusciranno a trovare il modo di gestire un enorme patrimonio, senza avere le conoscenze adeguate per farlo?

Nel frattempo il cugino Greg Hirsch, del ramo più povero della famiglia, si trova dall’oggi al domani assunto alla Waystar senza avere alcuna esperienza: è il punto di vista della persona ordinaria, sebbene particolarmente inetta, che esalta il contrasto con lo stile di vita dei Roy, al di sopra della realtà.

Di certo, non mancheranno colpi bassi e sotterfugi in questa serie diretta, tra gli altri, da Adam McKay (La Grande Scommessa) e scritta da Jesse Armstrong (Black Mirror), che analizza quanto il desiderio di potere possa influenzare un ristretto gruppo di persone.

Da lunedì 13 marzo la prima e la seconda stagione alle 23.55 in prima TV su LA 1

L’ultimo atto di Freddie Mercury

Un documentario che racconta l’incredibile ultimo capitolo della vita di Freddie Mercury, deceduto a soli 45 anni di AIDS, e gli eventi che hanno portato i Queen a realizzare uno dei più grandi concerti di tutti i tempi, il Freddie Mercury Tribute Concert allo Stadio Wembley, per celebrare la sua straordinaria carriera di cantante e combattere i pregiudizi sul virus

Il filmato è ricco di interviste ai membri del gruppo e alle e agli artisti che hanno partecipato all’epica manifestazione, come il frontman degli Who, Roger Daltrey, e Joe Elliot, cantante dei Def Leppard.

E per la prima volta, la vicenda di Freddie Mercury viene raccontata attraverso le testimonianze di chi è risultato positivo al virus HIV e di chi in quegli anni ha perso persone care. Professioniste e professionisti della medicina, sopravvissute e sopravvissuti, attiviste e attivisti politici descrivono l’intensità dei contrasti sociali che hanno caratterizzato la pandemia e la lotta per combattere i giudizi morali che all’epoca stigmatizzavano la comunità gay.

Buon compleanno Michael e David!

La RSI festeggia questa settimana due ricorrenze relative a due grandi protagonisti della storia del cinema: Michael Caine e David Cronenberg

Per festeggiare i 90 anni del grande attore britannico martedì 14 marzo alle 21.05 su LA 2 andrà in onda il film “La giovinezza” di Paolo Sorrentino. Nella pellicola, coprodotta dalla RSI, Caine veste i panni di Fred, un anziano compositore in vacanza insieme all’amico Mick (Harvey Keitel) in un elegante albergo ai piedi delle Alpi svizzere.

Giovedì 16 marzo alle 00.10 su LA 1, in omaggio agli 80 anni del regista David Cronenberg, vi proponiamo il thriller “La promessa dell’assassino” con protagonisti Viggo Mortensen, Naomi Watts e Vincent Cassel

Il film racconta una dura vicenda ambientata nel mondo della mafia russa di Londra. Una scrupolosa indagine del regista canadese all’interno della mente, della psicologia e del destino degli uomini.

Quegli stupefacenti anni zero

“Alla fine dello scorso millennio io ero ancora minorenne e sicuramente non mi era chiaro che in Svizzera si stava per scatenare una vera e propria rivoluzione. In questo podcast, che esce esattamente a vent’anni dall’Operazione Indoor, racconto gli anni a cavallo del cambio di secolo, in un Ticino in cui si poteva vendere e comperare canapa in maniera apparentemente legale. Un limbo sospeso tra una vecchia legge non più adatta ai tempi e una nuova visione del futuro ancora tutta da scrivere. E in mezzo a quel caos, c’eravamo noi, che stavamo cercando di diventare grandi.”

“Quegli stupefacenti anni zero” è un podcast originale di Olmo Cerri, facente parte di una nuova serie di produzioni del settore Audio Fiction della RSI. Creati appositamente per un consumo itinerante e slegato dalla programmazione radiofonica, narrano la realtà da un punto di vista più intimo e privato e il racconto lo fa chi l’ha vissuto.

VITA!

Mercoledì 15 marzo alle 21.00 su LA 2

Ascoltabili sul play RSI e le maggiori piattaforme anche “Loris” di Flavio Stroppini e “Cimiteriali” di Sara Flaadt

In uscita lunedì 13 marzo su rsi.ch/audiofiction

sabato 11 marzo 2023 Ticino7 • Programma Radio&TV • dal 12.3 al 18.3 17
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Una serie TV pluripremiata racconta le ombre di una famiglia a capo di un impero multimediale
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