
3 minute read
Il piacere di un buon Vermouth di Torino
Di Fabrizio Salce
Passeggiando per le vie di Torino, i palazzi storici e i tanti portici non cessano mai di ricordare all’ospite l’eredità del passato e i respiri del presente.
Un giro in centro, quattro passi nel quadrilatero romano bastano spesso a creare un giardino di emozioni tali da restare paralizzati da impulsi e desideri che talvolta si oppongono tra loro. L’ambiente è colmo di stimoli e dopo una giornata di lavoro è un piacere sedersi al tavolino di un caffè e godersi l’atmosfera..
È questa la cornice ideale per apprezzare le rotondità di un vero Vermouth di Torino .
Un tempo era la prassi, era l’ora del vermouth, poi la celebre bevanda, famosa in tutto il mondo, ha vissuto un periodo accompagnato dall’oblio, come una grande squadra di calcio che per alcuni anni si spegne e non riempie più la sua bacheca di trofei. Ma le vittorie dei grandi tendono a tornare a vivere, ed ecco anche il Vermouth, da qualche anno, sta riprendendo le sue performance occupando i vertici di classifica che gli competono. E pensare che alle sue spalle ci sono secoli di storia, per non parlare della conoscenza legata ai vini aromatici degli antichi romani già al tempo di Marco Gavio Apicio. Ne abbiamo una testimonianza scritta nel “De Re Conquinaria” in cui si trova traccia di un vino all’assenzio . L’assenzio, ingrediente principe del Vermouth. È la parola germanica “wermuota”, con la quale si identificava la pianta dell’assenzio e poi ripresa da altre lingue nord europee, a dare l’abbrivio al nome che oggi tutti conosciamo.
La storia del Vermouth di Torino è molto lunga, a partire dal lontano 1786 quando Antonio Benedetto Carpano ne mise a punto la formula.
Un vino aromatico, speziato, che si produce grazie all’uti - lizzo di svariate botaniche: artemisia su tutte. Dal grande apprezzamento dei Savoia, che contribuirono a sviluppare in città una vera e propria aristocrazia di Vermuttieri, alle prime esportazioni in sud America e negli Stati Uniti. Dalla nascita di tante distillerie alle molteplici etichette propagandistiche: cartelloni, disegni, slogan che un tempo erano il magico mondo della “réclame”. Nomi come Martini, Cinzano, Gancia, Riccadonna, Cora. Dal Risorgimento italiano, con personaggi come Camillo Benso conte di Cavour, che amava berne un bicchierino prima dei pasti come stimolatore dell’appetito, fino al proibizionismo americano. E arriviamo ai giorni nostri, che hanno riacceso i riflettori sulla storica bevanda, e ai tanti produttori che lavorano per questo elisir del tempo ed icona Sabauda.
Del Vermouth di Torino ho scritto sul web e sulla carta stampata, ne ho parlato alla radio e alla televisione e di recente ne ho incontrato uno che ancora non conoscevo. Si chiama MU ed è il figlio dell’intraprendenza di un giovane nutrizionista, Andrea Balestrini
Andrea era seduto al tavolo di un noto locale di Alba mentre si gustava, guarda il destino, un Vermouth. In quel momento gli balenò nella testa il pensiero di provare a fare un Vermouth dal gusto personale. Quante volte nella vita capita che ci vengano delle idee, magari nei momenti più stravaganti della giornata, ma quasi sempre ci ridiamo sopra e passiamo oltre. Andrea ci ha creduto subito. E allora vino, la prima prova con del Moscato, erbe e spezie. Un esperimento; e se le cose si fossero fermate li, avrebbe avuto dei regali per amici e parenti durante le feste natalizie. Ma l’esperimento non si fermò: anzi!
Andrea decise dunque di continuare a lavorarci e nel frattempo di trovare altre persone che credessero nel progetto. Entrano in scena Fabrizio Stecca , enologo, Paolo Masoero, appassionato e conoscitore di vini e la psicologa Emilia Masoero.
MU è un Vermouth rosso ottenuto dall’infusione di vini pregiati esclusivamente piemontesi, bianchi e rossi, con una miscela composta da 29 erbe e spezie accuratamente selezionate.
Realizzato seguendo la ricetta originale di Andrea Balestrini e frutto di un meticoloso e appassionato lavoro di ricerca e miscelazione , al fine di ottenere un armonioso equilibrio delle botaniche, ha un colore ambrato con riflessi aranciati; al naso presenta un profumo intenso e complesso, con note di cannella, arancio amaro e genziana.
Al palato risulta corposo, presenta un ingresso elegante e floreale, in cui le note del caramello si mescolano con quelle della cannella e della vaniglia. In uscita prevale invece la componente amara, data da sentori di china, rabarbaro e artemisia , che conferisce un retrogusto amaricante e persistente, piacevole e mai stucchevole.
I vini utilizzati sono per il 10% Barbera d’Asti e il 90% Cortese
E il nome MU? Nei libri storici del passato il nostro quartetto di passionari si è spesso imbattuto un due termini: Vermutte e Vermuttino. Un tempo era tipico sentire dire alla persone: “ci beviamo un Vermuttino al posto del caffè?”.
Quella sillaba MU sempre presente è stata lo stimolo per il nome finale. L’elegante etichetta è stampata su carta vegetale, mentre la dicitura Vermouth Rosso Superiore ci rammenta che stiamo parlando di un vino speziato che supera i 17 gradi. MU è ottimale come aperitivo, da gustare liscio con una fetta d’arancia o con una spruzzatina di scorza di limone; ideale in miscelazione per la preparazione di cocktail come il Negroni e l’Americano. Il suo caratteristico retrogusto amaricante lo rende di pregio a fine pasto, abbinato ad un fine cioccolato fondente o a una torta di nocciole del Piemonte.








