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dell’aurora boreale
Volevamo così tanto immergerci in una notte infinita e vedere rincorrersi quelle scie luminose verdi, rosse, viola e blu, e seguirle danzare sopra la nostra testa, che non ci ha spaventato volare in Norvegia proprio nel gennaio scorso, il periodo più freddo dell’anno, né ci ha frenato il sospetto che le condizioni atmosferiche non sarebbero state le migliori.
D’altronde, se volevamo vedere l’aurora boreale non avevamo alternative: ci rimaneva poco più di un mese per farlo, perché da marzo le ore di sole non sarebbero state più solo tre e il fenomeno avrebbe iniziato a svanire, salvo aspettare nuovamente settembre e rinviare il viaggio.
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Così, a metà gennaio ci siamo imbarcati a Bologna e, dopo lo scalo a Francoforte, siamo arrivati a Evenes , da dove ci siamo spostati verso le isole Vesterålen sopra il Circolo Polare Artico, quindi, oltre latitudine 66° 33’ N.
Lungo il tragitto, a Risøyhamn, ad accoglierci un paesaggio da fiaba: un’esplosione di luce verde in un cielo di stelle e la neve, tanta tutta intorno, a rendere ancora più magica e surreale la scena, così da non sentire che la temperatura era scesa a -16°.

Il secondo giorno abbiamo camminato in mezzo alle casette rosse sparse nella cittadina di Andenes avvolta in una ovattata, romantica e perenne aurora, grazie a un sole appena sopra l’orizzonte e che da lì non si sarebbe mosso, in grado però di tingere di rosa il ghiaccio e il mare.

Non sapevamo, però, che lo scenario che si sarebbe aperto, dopo la visita al centro “Whale2sea”, sarebbe stato completamente diverso: abbiamo preso il largo in un Mare del Nord con le onde nero pece, mosse da un vento così forte che ci costringeva a urlare per farci sentire e, mentre l’aria gelida e pulita ci penetrava nei polmoni, eravamo sospesi in attesa di uno spetta - colo unico: ecco le balene nuotare, sbuffare, saltare, avvicinarsi incuriosite e poi scappare via.

Dopo un paio di ore su quel pezzo di ghiaccio a motore, stremati dal freddo, il faro rosso ci ha accolto nuovamente in porto.
Il terzo giorno è stato di trasferimento verso le Lofoten e di immersione nella cultura Sami; abbiamo dormito a Nappstreaumen in un “rorbu”, cioè una tipica casa di pescatori sulle palafitte di legno.
Dal quarto giorno la Natura si è manifestata in tutta la sua forza: le bufere di neve, il vento forte, le nubi basse e il ghiaccio non ci hanno più lasciati e, nonostante tutto, abbiamo continuato il nostro itinerario toccan - do le località più famose delle Lofoten: Henningsvaer , la Venezia delle Lofoten, Eggum , Nusfjord , Reine , Svolvaer , Hammnot .

Seguendo la strada E10, a pochi km da Reine abbiamo trovato Hamnøy , uno dei più antichi villaggi dell’intero arcipelago, dove il rosso delle tipiche casette è stata l’unica variazione cromatica che ha risvegliato i nostri occhi, assuefatti al grigio costante.
Calato il sole, abbiamo ricevuto in regalo una incredibile notte, con filamenti verdi di una rara bellezza, che erano proprio lì per noi a indicarci la strada.

A Eggum la nostra anima era tutt’uno con il mare, il vento e le montagne innevate lungo la costa.
E così, senza neanche rendercene conto, ci siamo ritrovati seduti nuovamente in aereo, scettici - data la quantità di neve in pista - sulla possibilità di decollare e, invece, anche in quel caso i Norvegesi ci hanno insegnato che: “Non esiste il brutto tempo, ma solo un abbigliamento inadeguato!” vino, bon vivant,
Si è concluso un viaggio che ci ha riconnesso con la natura e con noi stessi: la neve, la pioggia, ma anche le balene e per tre notti questa luce magica che ha danzato sui nostri nasi all’insù facendoci diventare parte di paesaggi unici e indimenticabili.
E se la felicità oggi fosse un’immagine, sarebbe quella di una casetta rossa isolata, in riva a un fiordo.
Il sole alle isole Vesterålen.








