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LAITE un’eleganza tutta al femminile
di Paola Calvano
Foto di Ennio Calice
e Riccardo Di Luca
Ristorante Laite
Borgata Hoffe, 10 33012 Sappada (UD)
Tel. 0435 469070 www.ristorantelaite.com
Le due si raccontano e si confrontano in questa intervista, sedute intorno a una tavola concepita affinché “gli ospiti possano sedersi comodamente per godersi un’esperienza gastronomica in assoluto agio.”
In entrambe è percepibile la necessità di condividere e di rendere partecipi i propri ospiti di quel sogno che prima era anche di Roberto [Brovedani], perché lui in realtà non è mai andato via, ma continua a vivere nei loro occhi che si illuminano nel ricordo.
Fabrizia ama profondamente un territorio che è imprescindibile e del quale lei dice: “È tutto, lo vivo sempre. Questo territorio, per me, è come l’aria”.
Ma è anche la sua principale fonte di ispirazione a cui attinge a piene mani per rendere concreta la sua idea di “cucina di montagna”, fatta delle erbe, dei fiori, dei profumi che la circondano e a cui si è accostata con grande rispetto e riconoscenza, in un percorso intimo e creativo in continuo divenire.
Ma come nasce un nuovo piatto o la variazione di uno già presente in menù?
Non esistono schemi fissi per la creazione di un nuo - vo piatto, dipende un po’ dall’impulso, dal periodo; mi collego molte volte a un ricordo d’infanzia, oppure a un assaggio accidentale, da cui partono poi le sperimentazioni. Mi piace molto giocare su gusti opposti, dosando le giuste quantità di un determinato ingrediente in relazione a quanto sia persistente o forte, calibrandone l’apporto a seconda dell’effetto che voglio ottenere. Ogni ingrediente è oggetto di studio.
C’è una base tecnica, sicuramente, ma poi quello che fa la differenza è l’istinto maturato con l’osservazione, l’assaggio e la sperimentazione. Sono quelli che io amo definire metodi arcaici
Cosa significa studiare l’ingrediente?
Vuol dire informarsi sui periodi di raccolta, di crescita, sulle caratteristiche del luogo in cui cresce: è tutto questo che determina quella che chiamo la forza di un determinato ingrediente.
Sta facendo riferimento allo studio delle erbe spontanee? Non a caso “laite” significa “prato al sole”...
Sì, ma anche ai pesci di acqua dolce, a un formaggio o a un latte come quello di capra, che a me piace molto, che non è detto che abbia un gusto forte, intenso, come si pensa, perché dipende ad esempio dall’alimentazione, dalla tenuta e dalla pulizia della stalla. Questo per dire che ogni prodotto è il frutto di un insieme di attenzioni nei confronti dell’animale o della pianta, affinché presenti o meno determinate caratteristiche: si pensi ad esempio al diverso sapore del latte delle vacche d’alpeggio nei vari periodi dell’anno.
Mi ha colpito molto l’utilizzo del cirmolo come ingrediente, soprattutto in abbinamento al cervo. Come nasce il suo utilizzo?
Avevo conosciuto un intagliatore del legno che era venuto a cena qui e si era portato addosso questo profumo, che non ho potuto non avvertire, perché apre il cuore. Così ho iniziato a informarmi. Ho trovato degli oli utilizzati soprattutto per profumare l’ambiente delle Spa, nei quali vengono utilizzati soprattutto la resina e i rami; a me interessava quell’aroma di cirmolo ma proveniente solo dal legno, escludendo la resina.
Così, con un’amica che si occupa di distillazioni, ho provato a distillare il legno di cirmolo che è particolarmente morbido e dolce, evitando però di utilizzare il legno tagliato con la motosega perché ne annulla l’odore. L’olio di cirmolo conferisce alla carne, e non solo, particolare dolcezza, perché non c’è resina. È un legno che esce dagli schemi. Io lavoro con altri legni come le pigne, il larice, l’abete rosso, il ginepro, ma lui è a sé...
Io dico sempre che bisogna guardare le cose che ci circondano e farlo con occhi curiosi e sempre nuovi , non bisogna snobbarle e lasciarle andare, ma dare loro la giusta attenzione, perché è sempre importante confrontarsi su materie prime o tecniche che non c’entrano con la nostra storia.
Lei dichiara di aver segnato la propria svolta stilistica dopo l’incontro con alcuni ristoranti famosi che non manca mai di citare.
Ha rubato qualcosa dalle cucine dei suoi locali preferiti, come il Roma di Cosetti a Tolmezzo, o il Dolada di Pieve d’Alpago?
Gianni [Cosetti] per noi [si riferisce a Roberto] è stato un faro: eravamo ragazzi ed è stato illuminante avere questo rapporto di stima e amicizia con lui, che era








