L'ALTRAMETA

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ANTENORE,

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Lo sport delle donne

ANTENORE ENERGIA via della Provvidenza, 69 – Rubano (PD) tel 049 630466 – fax 049 635289 via del Santo, 54 – Limena (PD) tel 049 768792 – fax 049 8843294 via del Vescovado, 10 – Padova (PD) tel 049 652535 – fax 049 8360967 piazza Marconi, 7 – Camponogara (VE) tel 041 0986018 e-mail info@antenore.it sito web www.antenore.it

CUS Padova Atletica Centro Universitario Sportivo Padova (Pd)


èlan vital, il centro fitness di riferimento per le donne!

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Il gruppo èlan opera nel mondo del fitness e del benessere con la gestione di tre centri fitness (Padova, Mestrino e Saccolongo), un ambulatorio medico fisioterapico, una beauty farm, un laboratorio di biomeccanica applicato al movimento e un centro Olistico. Nel 1987 era una piccola palestra di ginnastica medica a Padova in quartiere Sacra Famiglia. Da subito l’obiettivo societario è stato quello di non lavorare sul classico modello di fitness basato sul potenziamento del corpo, bensì sviluppando un progetto che prevedesse il benessere dell’individuo introducendo il concetto di prevenzione ed informazione. Oggi questo modello è diventato la mission del gruppo che ha saputo, attraverso una programmazione mirata, crescere in tutti i propri canali arrivando oggi a gestire tre palestre tra Padova, Mestrino e Saccolongo. In totale oltre 3.000 metri quadri e con oltre 2.500 clienti frequentatori suddivisi tra i vari centri. Nell’ottica di seguire a 360° i propri atleti, il gruppo nel 2007 fonda Fisioélan un poliambulatorio medico specialistico in medicina fisica e riabilitazione. In questo poliambulatorio il lavoro in team tra medici specialisti, fisioterapisti, specialisti della riabilitazione motoria, con l’ausilio di macchinari all’avanguardia come anche quelli del laboratorio di biomeccanica, è finalizzato al recupero nel modo più efficace possibile di infortuni o patologie. Ad oggi Fisioèlan viene utilizzata non solo da sportivi, ma anche da persone che ne hanno bisogno. Il gruppo oggi conta anche un proprio ramo d’azienda dedicato all’estetica con la presenza a Mestrino di una beauty farm con bagno turco, sauna, vasca idromassaggio jacuzzi e specialisti in trattamenti ayurvedici e linfodrenanti. Prendersi cura del corpo e della mente, questo è per noi un motivo di sviluppo ed è per tale motivo che da settembre 2016, abbiamo creato il centro olistico ricreando un ambiente idoneo per trovare la necessaria tranquillità per concentrarsi meglio sulle esercitazioni. Attività innovative sono state inserite come ad esempio il corso di hot yoga che si pratica portando la stanza alla temperatura di 38°. Steve Jobs diceva «Chi investe in tempo di crisi sta comprando un paio d’ali mentre gli altri precipitano». Mentre molti hanno tagliato le spese e diminuito gli investimenti, il gruppo èlan ha scelto invece di investire in modo importante sulle persone che contribuiscono alla crescita del gruppo stesso arrivando a contare oltre 54 esperti specializzati. La più grande macchina, il più grande attrezzo che tu puoi trovare nei nostri centri è il nostro personale. èlan vital Società Sportiva Dilettantistica a.r.l. via Goito 132, 35142 Padova (PD) - via G. Galilei 42, 35035 Mestrino (PD) - via A. De Gasperi 2/A, 35030 Saccolongo (PD) tel +39 049 8808641 - info@palestraelanvital.com - www.palestraelanvital.com


Patrocinio

Comune di Padova Assessorato allo Sport

È davvero un grande onore per Padova ospitare questo incontro del Torneo 6 Nazioni Femminile 2018. Si tratta del più importante torneo femminile di rugby a livello continentale e non è un caso che la nostra città sia stata scelta per questo evento. A Padova il rugby è più di uno sport, è praticamente una religione, ed è bellissimo che possa vantare risultati a livello internazionale sia in campo femminile che maschile. Ormai il rugby femminile italiano è entrato nella top-ten delle nazionali più forti del mondo. Sarà certamente una grande festa e un’opportunità per far conoscere ulteriormente questo sport forte dei suoi valori di lealtà e correttezza dentro e fuori dal campo anche a tanti giovani. Ringrazio la FIR per aver portato nella nostra città un nuovo entusiasmante incontro di rugby internazionale dopo il test match della nazionale maschile contro il Sud Africa lo scorso novembre. E speriamo che il Plebiscito faccia da portafortuna per la nostra nazionale femminile, visto che in questo stadio le nostre azzurre sono riuscite a battere il Galles nel 2005. Il Sindaco di Padova Sergio giordani

Sono felice che questo importantissimo incontro del 6 Nazioni femminile si giochi a Padova. Avere qui la nazionale è anche un riconoscimento al movimento rugbystico femminile della nostra città, che ruota attorno al Valsugana Rugby al quale è stato nuovamente affidato il ruolo di Comitato Organizzatore del match, e alle sue “Valsugirls” capaci di vincere tre campionati nazionali consecutivi. L’entusiasmo che si respira attorno a queste ragazze è contagioso e sono certo che, anche grazie a eventi come il match contro la Scozia, altre giovani saranno attratte da questo magnifico sport. Come Amministrazione diamo molta importanza all’attività sportiva, sia essa agonistica ai massimi livelli che di base. E questo incontro sarà un appuntamento non solo agonistico ma anche di divertimento con il coinvolgimento dentro e fuori lo stadio di adulti e ragazzi. Il pubblico sarà accolto in un Villaggio dove prima e dopo la partita ci saranno punti ristoro, giochi e animazioni. È per noi quindi un piacere poter contribuire al successo di questo appuntamento sportivo, per il quale voglio ringraziare oltre alla FIR, anche il Presidente del Valsugana Rugby Franco Beraldin. L’Assessore allo Sport diego Bonavina


Pubblicazione realizzata in occasione del Torneo 6 Nazioni di Rugby femminile 18 marzo 2018 promossa da Asd Valsugana Rugby ideazione e cura editoriale Silvia Scarabello testi Francesco Rigoni Silvia Scarabello fotografie Alessandra Lazzarotto Caterina Santinello Alessandra Toninello illustrazioni Giulia Filippini Kimberly McKean consulenza tecnica Filippo Agostini progetto grafico Caterina Santinello stampa La Grafica Faggian srl - Campodarsego

Altrametamagazine

Laltrametamagazine laltrametadellosport@gmail.com www.laltrametadellosport.com Progetto realizzato grazie a Antenore Energia srl

Contributors

Lo sport delle donne


Sommario

4

12

6 Valsugirls in nazionale

Nicoletta. Bere una tazza di tè e fare il giro del mondo

Se puoi sognarlo, puoi farlo

14 Aurora. Cavalcando la Settima Onda

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18 Martina, Giulia e Silvia. Campionesse di autonomia

Francesca. Una vita in punta di fioretto

24

22

Giulia. Artista da sempre, oggi web designer

Michela, Loredana e Laura. Scegliere il Viaggio come dimensione quotidiana

Valentina. Una manager informatica con le mani in pasta

26 Village stadium. Sport e intrattenimento al Plebiscito

28 #rugbyecultura. Sport arte e cultura a Padova


by Cat


erete Qui dentro trov a. hanno fatto met e h c e n n o d i d storie sere di esempio es o n io gl o v e h do, Donne c a ancora cercan st la a et m ia pr per chi la pro lontana per chi la vede bbe aiutare e per chi vorre itazioni. chi ha delle es o. seguire un sogn n i er p à et o n Non ci so ine che seguono ag p le el d te is n Le protago in vari ambiti - donne attive torio nel nostro terri atte e le hanno ritr h c fe ra g to fo e le olo capolavoro. cc pi n u ta vi o r hanno reso la lo storie Leggete le loro razione e traetene ispi nti a chi o cosa a av d vi r a m r fe a. per non e la vostra Met oi v a fr i rs te sembra met ura e di questa lett et er d or c ri vi Se dirà che qualcuno vi ta ol v a im ss o re - la pr nte non si può fa e m n i e et av e h che ciò c remo raggiunto av oi n e h nc a allora la nostra Meta.



Valsugirls in nazionale

Valentina Ruzza, Beatrice Rigoni, Beatrice Veronese, Elisa Giordano dal Valsugana nella squadra azzurra per il Torneo 6 Nazioni di Francesco Rigoni foto Alessandra Lazzarotto

L

e ragazze nelle foto in queste pagine sono Valentina “Esimia” Ruzza, Beatrice “Canoa” Veronese e Beatrice Rigoni - quest’ultima è anche mia sorella. Sono le giocatrici del Valsugana che sono state convocate in Nazionale. In realtà ne manca una, e non proprio una qualunque: Elisa “Polipo” Giordano - il capitano, quella che ha sollevato la coppa dell’ultimo Scudetto (il terzo consecutivo per le padovane) - assente dallo shooting per lavoro. Guardo le foto e penso che le ragazze sono bellissime. So che l’associazione “tre ragazze in posa” e “bellezza” non è molto originale, ma loro sono belle davvero: ognuna a modo suo, tutte eleganti e con negli occhi quella scintilla di disagio che abbiamo tutti quando facciamo una cosa a cui non siamo abituati. Hanno il sorriso - genuino e meraviglioso - di chi sta bene insieme. Lo si nota in particolare nelle foto in cui maneggiano l’ovale: lo accarezzano, ci giocano, ci fanno quello che vogliono. La manualità è notevole, il divertimento è sincero. Per intervistarle ho chiesto due favori a due donne di mia fiducia: ho incaricato Beatrice di invitare a cena da noi le sue compagne e ho chiesto a mia

mamma di preparare le sue famose cotolette. Ha funzionato: una sera sono venute da noi le quattro Valsugirls “azzurre”, accompagnate per l’occasione anche da Giulia “Cera” Cerato e da Silvia “Stoppina” Stoppa, altri due pilastri della mischia biancoazzurra, che hanno sostenuto le loro compagne nel momento del bisogno (e nel momento cui erano pronte le cotolette). Visto che le sono seduto a fianco comincio a fare le mie domande a Valentina che mi risponde come se cercasse di mettermi a mio agio. D’altronde, sono un po’ emozionato: sono a cena con quelle per cui faccio il tifo ogni domenica. La Vale mi racconta che ha iniziato a giocare a rugby per caso, quando aveva otto anni. Una domenica era andata a vedere una partita del fratello che giocava nel Cus Padova. L’allenatore la vede a bordo campo, le dà una maglia da gioco e le chiede: «Ti va di provare?». Da quel momento non ha più smesso. Quando non gioca a rugby studia lingue - e io questo l’avevo notato anche prima che me lo dicesse, perché nelle interviste post-partita del Mondiale irlandese della scorsa estate («l’esperienza sportiva più bella della mia vita finora», confessa)


era lei che andava a rispondere alle domande dei giornalisti internazionali, facendo un’ottima figura. Se non sta studiando o giocando ama guardare le serie TV: dice di aver visto più volte Modern Family e Friends, e se potesse permetterselo sicuramente starebbe in divano per ore attaccata a Netflix. L’ultima volta che è andata al cinema è stato mentre era a Reggio Emilia con la Nazionale, con Bea Canoa e Polipo, per vedere The Post: le è piaciuto molto, «ma se devo dirti il mio film preferito non ho dubbi, è The Terminal». Le altre ragazze, che ascoltano le risposte della Vale mentre mangiano le cotolette, chiedono all’Esimia di non dimenticarsi un’altra sua caratteristica peculiare: la sua abilità ai fornelli. La Vale cerca di minimizzare, ma le altre insistono, descrivendo una cena a base di hamburger, oppure un favoloso brunch, interamente preparato da lei, che consisteva in flat bread, uova in camicia, pancakes e muffin. In effetti, sembra invitante. Ha una passione quasi maniacale per quasi tutti gli sport (le chiedo, a caso, se segue la NBA, e mi dice che è tifosissima degli Spurs) e le piace tantissimo viaggiare e studiare geografia. Si ricorda a memoria tutte le capitali di tutto il mondo. Quando risponde «Ouagadougou» alla mia domanda «Burkina Faso?» non vado oltre. Prima di lasciarla cenare in pace, le chiedo di levarmi un’ultima curiosità: come mai la chiamano “Esimia”? Lei si mette a ridere talmente tanto che per rispondere le viene in sostegno la Silvia: «Nasce tutto dal modo in cui la Vale entra in spogliatoio; la prima cosa che fa è salutare tutte le ragazze, dando un titolo ad ognuna: “egregia, reverendissima, eccellenza”, tutte cose esagerate. Allora abbiamo deciso che lei sarebbe stata L’Esimia, con l’articolo davanti». Che signora vera. Beatrice ha una storia sportiva molto simile a quella della Vale. Ha iniziato al Petrarca da piccolissima: la voglia le è venuta accompagnando me e mio fratello agli allenamenti. È sempre stata in gamba, e soprattutto si è sempre divertita un sacco a giocare. Oltre al rugby studia farmacia

all’Università di Ferrara e nel tempo libero coltiva le sue passioni: sa a memoria le battute di Apocalypto, Il Gladiatore e de Il sapore della Vittoria; non si è persa un episodio di Spartacus e aspetta i prossimi di The Walking Dead; le piacciono i documentari storici e si registra tutte le puntate di Come è fatto? e di House Rules. Prova un fastidio fisico per le cose in disordine e appena può sistema anche le cose degli altri, spesso a loro insaputa. Le chiedo se c’è una persona che considera un punto di riferimento e lei risponde subito: «La Gina». La Gina è Paola Zangirolami, una delle rugbiste più forti che io abbia mai visto giocare, che si è ritirata dopo il Mondiale. Fin dal giorno in cui la Bea è arrivata al Valsu, la Gina l’ha presa sotto la sua ala protettrice, facendole un po’ da “mamma chioccia”, tanto che la chiamava “la mia putina”. Sia la Gina che la Bea hanno il numero 12 tatuato sul polso destro, a simboleggiare un legame indissolubile e anche l’amore per un ruolo, il primo centro, che entrambe prediligono (e di cui sono - o sono state - splendide interpreti). Il numero 12 non è l’unico tatuaggio della Bea. Ne ha altri cinque (ma presto ne farà un altro, perché ne vorrebbe sette). Sono tutti piccoli o piccolissimi, fatti in zone discrete del corpo. Sotto le costole a destra ha la scritta Un giorno senza sorriso è un giorno perso, di Charlie Chaplin; sul trapezio ha sei elefantini che simboleggiano la nostra famiglia; sull’avambraccio sinistro ha la scritta in gaelico irlandese mo chuisle, che significa “il mio cuore”, fatto per tramandare una rara dimostrazione di affetto di mio papà; sopra la caviglia destra ha un Calimero, che è come mia mamma la chiama spesso; infine un “cerchio con lo spigolo”, fatto in tandem con Maria Grazia “Mary Thank-You” Cioffi, fortissima secondo centro di Benevento prima e Colorno oggi, che come Gina ha detto addio alla Nazionale. Beatrice “Canoa” ha avuto un avvicinamento al rugby completamente diverso rispetto alla Bea e alla Vale. Ha fatto danza classica per otto anni, e fa ancora stretching come le ballerine; poi ha fatto



canoa per cinque anni (vedi il suo soprannome), in cui ha sviluppato un fisico muscoloso ma asciutto: un tifoso di una squadra avversaria, sinceramente colpito e ammirato, l’ha lodata per il suo “telaio”, ignaro di avere a fianco il padre Claudio, che si è fatto quattro risate. Lavora con i suoi nella Tipografia Veronese, dopo aver studiato lingue nella stessa scuola della Vale (quando l’ho sentita parlare spagnolo sono rimasto a bocca aperta). Mentre mi risponde mi guarda con i suoi occhi verdi che mi mettono leggermente in soggezione. Noto che ha le labbra screpolate, ma non vuole mettersi la crema prima di aver finito le cotolette. «E poi così può parlare a culo di gallina come Audrey Hepburn» dice la Cera, con le altre amiche a ruota: sono unite e sempre pronte a fare gruppo, ma non fanno sconti a nessuno. Le chiedo se le piace Padova, e lei mi risponde: «Tantissimo. Trovo che sia della giusta misura: non è dispersiva, ma neanche troppo piccola». Chiedo anche alle altre ragazze dove porterebbero un turista che viene in città per la prima volta. Mi fanno un elenco di posti che neanche le migliori guide: Prato della Valle, il Santo, un giro sotto il Salone, un tramezzino al Nazionale, qualche sponcetto e un aperitivo nei baretti imbucati del centro, una passeggiata per via Roma, un giro alla Specola, al Palazzo della Ragione, una visita agli Eremitani e alla Cappella degli Scrovegni, e anche all’Orto Botanico, dove sono state scattate alcune foto di questo servizio. La Bea Canoa ha una passione per la natura, in particolare i fiori. Le dispiace di avere poco tempo per leggere, cosa che riesce a fare come vorrebbe solo d’estate. Non sa dirmi che genere di musica preferisce: nel suo iPod con la riproduzione casuale si passa dagli Alt-J agli Slipknot e dagli Eiffel 65 a Mozart. Prima delle partite importanti si ascolta una canzone particolare insieme a TSA (acronimo

che sta per “Tua Sorella Alessia”, ovvero Alessia Giordano, la sorella del Polipo). Quando mi giro verso Elisa la vedo seduta con il computer insieme alla Cera, che è geometra, per imparare ad usare Solid Edge, un software di progettazione. Mentre disegna quello che a me sembra un bullone in 3D, mi racconta che lei non sapeva nemmeno cosa fosse il rugby prima dei 19 anni. Giocava a pallamano a Paese, in serie B. Quando la sua squadra si sciolse cercò un altro sport: provò col basket, ma non le piacque, così si disse: «proviamo col rugby».Venne al Valsugana e da quel giorno non ha mai saltato un allenamento. Pensavo che il soprannome “Polipo” derivasse dalla sua cattiveria agonistica e dalla sua capacità di placcare gli avversari, ma mi sbagliavo. Le è stato affibbiato dopo una partita di frisbee, perché intercettava sempre i tiri delle avversarie, tanto che dopo un po’ hanno smesso di giocare perché non era più divertente. Lavora come terapista occupazionale e si occupa dell’inserimento di disabili per conto di una cooperativa di Noale - il suo paese - che si chiama Attivamente. Nel tempo libero legge libri, guarda film e serie TV, soprattutto cose che rientrano nelle categorie Gialli,Thriller o Medicina. È tifosa del Napoli. Suona la chiarina - una specie di tromba - e fino a poco tempo fa lo faceva nella Contrada Tempesta di Noale, composta anche da tamburini e sbandieratori, che gareggia nel campionato FISB nella categoria A2. Suona anche la chitarra, la batteria e il banjo. Mi dice che a Padova ci viene più o meno solo per giocare a rugby, e che infatti si sposta quasi sempre come una turista, facendosi portare in giro dalle altre. Dopo cena le ragazze mi hanno raccontato molte altre cose, ma ho promesso che sarebbero rimaste off-record. Se qualcuno fosse curioso di conoscere anche gli altri segreti non deve fare altro che invitarle a cena e cucinare delle cotolette strepitose: per me ha funzionato. n


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Nicoletta Bere una tazza di tè

e fare il giro del mondo foto Alessandra Toninello


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icoletta Tul è una donna che andrebbe frequentata con lentezza e attenzione. Non si può consumare del tè di fretta e con superficialità. Sarà per questo che quando Nicoletta offre una piccola tazza di un prezioso Gyokuro - che significa “rugiada di giada” - non si può fare altro che mettersi in ascolto. È in questo momento che ha inizio il viaggio. Nicoletta ci racconta che nelle due settimane prima del raccolto le piante vengono coperte con paglia di riso. Questo consente alla pianta di sviluppare molta clorofilla per cui alto sarà il concentrato di aminoacidi evitando invece la concentrazione di tannino. L’incontro con l’acqua calda genererà un sapore particolare e inatteso, il famoso Umami, insieme ad una sorprendente dolcezza, concentrato che i giapponesi chiamano “pura essenza del tè”. Dopo averne assaporati piccoli sorsi ci si può solo chiedere: ma Nicoletta come è diventata la Signora del Tè? Lei ci racconta che da piccola sognava il canto lirico, ma nessuno in famiglia la prendeva sul serio e questa aspirazione non prese mai la direzione di un percorso di studi. Pragmatica e determinata, come immaginiamo possa essere una donna nata a Trieste con lontane origini scozzesi, e cresciuta sul mare, Nicoletta si iscrive a biotecnologie agrarie all’Università di Padova. Ammette di essere stata indecisa tra questo e il corso di Geologia, una passione che ancora oggi coltiva. L’incontro con il tè è legato a qualcuno di cui Nicoletta preferisce non rivelare nulla. Ci dice solo

che quella persona fu il suo viatico per scoprire il tè. È difficile immaginare una donna dai tanti interessi come Nicoletta accendersi per qualcosa di ancora sconosciuto. Ma come lei stessa afferma: «In quel preciso momento decisi che il tè sarebbe diventato la mia via». Da lì la scelta di scrivere una tesi sul tè e l’inizio di un percorso di scoperta e apprendimento, fatto attraverso molti viaggi in Asia e numerosi corsi con Maestri internazionali. Il suo primo viaggio importante è nel Nord del Vietnam. Dopo molte ricerche per poter visitare una piantagione e fare una esperienza che non fosse solo turistica ma di vero e proprio lavoro, Nicoletta arriva in una famiglia contadina che la accoglie con stupore e ovviamente servendole un tè. Prende parte alla raccolta insieme a tre donne che non hanno mai visto prima una persona straniera. Le tre donne hanno dei sorrisi dolci e sereni, anche se il lavoro è veramente pesante. Chissà chi è più felice quel giorno? Nicoletta, per aver potuto compiere quel gesto elementare e insieme necessario ed essenziale per portare in tavola una buona tazza di tè. O le tre signore, per avere avuto una compagna di lavoro cosi particolare, bionda ed elegante come una principessa. A questo pensiamo mentre la guardiamo cambiarsi d’abito - perché Nicoletta indossa un kimono diverso per ogni tipo di tè, o meglio un diverso abbigliamento per ogni degustazione - e guardiamo i tanti barattoli che la circondano, con nomi esotici ed evocativi. Ad ogni tazza di tè un viaggio, un personaggio e una storia. Non avrà fatto la cantante lirica, ma lei di ogni degustazione non è solo laTea Master, è la protagonista assoluta e ci guida attraverso secoli di storia, zone remote dell’Asia, circoli letterari inglesi e salotti della Russia degli Zar. E intanto siamo seduti su una poltroncina, nella sua Finestra sul Tè. Una teiera fa da lampadario e le immagini della città si proiettano sul vetro. Siamo a Padova e non ci siamo mai davvero mossi da qui... Ne siamo convinti ? n


Aurora

Cavalcando la Settima Onda foto Caterina Santinello


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uale relazione c’è tra il rugby femminile e una donna, storica dell’arte, che si occupa di musei e di arte contemporanea nella Pubblica Amministrazione? Chi già conosce Aurora Di Mauro lo sa: la passione, vissuta ogni giorno in un intenso corpo a corpo con la vita. È il motore che spinge a realizzare quello che il cuore suggerisce al di là di ogni interesse pratico e immediato, con il solo obiettivo di vivere, e di far vivere, un proprio spazio di libertà e indipendenza. Aurora, siamo qui alla Settima Onda, un appartamento di un palazzo nel quartiere Guizza, che è contemporaneamente spazio di “accadimenti” culturali e casa sua. Ci racconti questo progetto. L’arte per me è qualcosa che si deve vivere ogni giorno superando le pareti chiuse e le ritualità di un museo. Ad un certo punto della mia vita ho sentito l’esigenza di mettere in pratica questo sentire, così ho ristrutturato l’appartamento in cui vivo trasformandolo in quello che chiamo «appartamento relazionale per la libertà delle arti»: un luogo in cui l’arte contemporanea è elemento di aggregazione e interazione fra persone, che siano amici o conoscenti. Ho chiesto ad alcuni amici artisti di realizzare opere site specific, che non sono elementi di decorazione, ma potenziano il senso di questo luogo perché nate dalle emozioni che ognuno di loro ha provato passando qui del tempo con me. Qui si svolgono conversazioni, mostre, piccoli spettacoli teatrali e musicali, progetti relazionali. Parla spesso di relazioni. Perché per lei sono così importanti? È il solo bene prezioso di cui mi sono arricchita. Volevo condividere questa mia ricchezza, fatta di tante relazioni autentiche. Ho reso pubblico questo luogo, fisico ma anche dello spirito, vivendo la mia casa come occasione di libertà

dalle tante costrizioni e dai condizionamenti che nella vita ci legano. In questo ambiente, reso speciale dall’atmosfera artistica e amicale, è facile attivare nuove relazioni che non hanno altri fini se non quello di condividere idee, progetti, momenti di benessere intellettuale. Un’esperienza che lei vorrebbe portare anche fuori da questo luogo… Sì. Con il fotografo Beppe Calgaro ho coinvolto il condominio nella Mostra di Condominio. Sorry, we are open. Ora, in un’ottica di arte pubblica, cerco di allargare le relazioni a tutto il quartiere. Un’ultima curiosità: perché Settima Onda? La Settima Onda è quella che Papillon (si ricorda il film con Steve McQueen?) attende per fuggire dall’Isola del Diavolo, perché è l’unica che non si frange sugli scogli ed è quella che gli farà riconquistare la sua libertà. Serve che aggiunga altro? n


Francesca Una vita in punta di fioretto foto Alessandra Lazzarotto


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uando Francesca Bortolozzi accetta di incontrarci siamo emozionate e un po’ stupite del fatto che lei abbia aderito al nostro progetto senza esitazione. Ma incontrandola ci è tutto chiaro. Ci aspettiamo che arrivi in auto e con un’assistente visto che le abbiamo chiesto di portare con sé l’equipaggiamento sportivo. Invece lei arriva in una mattina di febbraio, a piedi. Fioretto e maschera sono in un carrellino per la spesa. Francesca è trafelata e curiosa di conoscerci quanto noi lo siamo di sapere cosa si prova a tenere fra le mani una medaglia olimpica.Vorremmo chiederle come ci si sente a toccare il cielo con un dito. Invece è lei a chiederci perché vogliamo parlare di scherma in una pubblicazione associata al rugby femminile. La risposta è semplice: perché nel rugby, come nella scherma, si ha in mano la vita dell’avversario e la propria. Nel rugby il corpo deve essere usato nel rispetto dell’altrui fisicità. Lo scontro c’è, ma come deve essere tra gentiluomini, che imbracciano il fioretto nel rispetto di un codice d’onore. Francesca più che praticare uno sport lo ha interpretato. La pedana di gioco è stata il suo palcoscenico. E il gesto sportivo, compiuto con determinazione e finalizzato ad un punteggio vincente, diventa gesto estetico. Sarà per questo che è stata inserita nel Wall of Fame della scherma mondiale. Trasmette lucidità e determinazione, qualità che vuole ispirare alle sue atlete, le allieve dell’Accademia Comini, alle quali dice sempre: «Quando vedete un ragazzo che vi piace che cosa fate? Di certo non aspettate che arrivi qualcuno a cui piace altrettanto a portarvelo via. Così dovete fare con quello che volete dalla vita, che sia un risultato sportivo o di altro genere». Parole pronunciate in modo soave ma determinato. Francesca parla e pensa come tira di scherma. Fotografarla all’Odeo Cornaro ci è sembrata una scelta naturale, la sua figura regale si staglia sullo sfondo. Padova, una campionessa olimpica e la sua lezione per le donne di domani: correte a prendere ciò che desiderate dalla vostra vita! n



Martina Giulia e Silvia Campionesse di autonomia foto Alessandra Lazzarotto

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uattro ragazze, che vanno a vivere insieme. Cosa c’è di strano? Che nessuno ci avrebbe scommesso. Invece loro ce l’hanno fatta. Le protagoniste di questo racconto sono Silvia Zaramella, Giulia Drago e Martina Scamozzino. Assente giustificata dal nostro shooting fotografico Silvia Giraldo, anche lei parte della compagine che condivide l’appartamento al quarto piano in una via del quartiere Arcella. Ma ci sono altri ragazzi e ragazze che stanno andando con passo lento e deciso verso l’obiettivo dell’autonomia insieme alla Associazione DownDadi Vite Vere. Grazie a un grande lavoro educativo, come ci tengono a sottolineare in associazione, non ad un progetto di assistenza. È questa la differenza fondamentale. Un cambio di prospettiva grazie al quale la vita delle persone con sindrome di Down può essere una vita vera che deve poter essere

vissuta con pienezza in ogni suo aspetto. L’obiettivo è ambizioso ovvero quello di moltiplicare le esperienze in ambito abitativo e lavorativo. Perché tantissimi dei ragazzi sono coinvolti anche in negozi come commessi e in varie attività produttive. Le famiglie di origine collaborano al progetto, imparando, come devono fare tutti i genitori, che il loro figli devono poter spiccare il volo. Tornando alle nostre protagoniste, le abbiamo fotografate davanti al Palazzo della Ragione, dove le abbiamo incontrate durante una passeggiata in città. Sono arrivate in tram e con loro abbiamo fatto un giro sotto il Salone per trovare la luce ideale per gli scatti, salutando i tanti negozianti che conoscono i ragazzi coinvolti nel progetto di autonomia dell’Associazione DownDadi. Ci piace lo spirito che anima questo progetto, che si può riassumere in una frase di Ella Fitgerald: «Non è da dove vieni, bensì è dove stai andando ciò che conta». Dritte alla meta! n


A scuola di arti e mestieri

C ’è un luogo...

...in cui si apprende a fare della propria passione un lavoro qualificato. Vi presentiamo Dieffe l’accademia delle professioni e vi raccontiamo due storie di allieve che hanno fatto meta.

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uando si parla di eccellenze del Made in Italy il pensiero va alle materie prime e ai prodotti che hanno reso l’Italia celebre nel mondo. Ma spesso ci si dimentica che nel nostro Paese a fare la differenza sono prima di tutto le persone e che la nostra storia è intrecciata con quella delle arti e dei mestieri, ricca di professionisti con expertise di livello che si esprimono in lavori ad alto tasso di creatività, intuito, artigianalità. All’Accademia delle Professioni DIEFFE si diventa professionisti nei due settori che più di tutti si caratterizzano per questo spirito creativo: quello enogastronomico e quello digitale. Ogni anno oltre 2.600 allievi studiano e praticano per diventare cuochi, pasticceri, pizzaioli,gelatieri,birraiartigiani, sommelier del vino e della birra, maître e bar manager, ma anche programmatori PHP, web designer e specialisti del web & social media marketing, diventando conoscitori del Food & Beverage e del Web, testimoni diretti delle capacità e delle maestranze Made in Italy. Con oltre 100 percorsi formativi e più di 60.000 ore di formazione erogate

all’anno, DIEFFE è polo didattico di riferimento in Italia per la formazione e l’aggiornamento professionale di privati e imprese. È un Ente di Formazione accreditato presso la Regione Veneto e dal Ministero dell’Istruzione, i cui corsi professionali(600 ore tra aula, laboratori pratici, stage ed esame finale) sono riconosciuti dall’Unione Europea perché erogati secondo il sistema EQF (European Qualification Framework), quadro comune europeo di riferimento che collega fra loro i sistemi di qualificazione di Paesi diversi. Premiata agli ultimi Veneto Awards con il riconoscimento Cultura per l’Impresa, DIEFFE ospita presso le sue sedi (cinque in Veneto, una in Friuli Venezia GiuliaeunainEmiliaRomagna)prestigiose Associazioni di Categoria del settore enogastronomico (Federazione Italiana Cuochi, Associazione Italiana Barman e Sostenitori, Fondazione Italiana Sommelier). È accreditata presso Apple Inc. come Ente Istituzionale Educational e diffonde la conoscenza del marketing e della cultura della comunicazione tradizionale e digitale in qualità di socio di TAG-Talent Garden. www.dieffe.com


Valentina Una manager informatica con le mani in pasta

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na vita professionale già realizzata e appagante, project manager di un’azienda informatica del settore bancario; tanti interessi fra i quali quello, subito divenuto amore, per il mondo dei lievitati, che ha presto dato forma a quell’impaziente piano B: unire passione e studio per crearsi una nuova professione, diventando esperta pizzaiola e panificatrice. Valentina Ballin si iscrive, in coppia con il fratello Diego, all’Accademia delle Professioni DIEFFE per frequentare il Corso Professionale per Pizzaiolo. In seguito avviano insieme un’attività imprenditoriale legata all’Arte Bianca: Fratelli di Teglia, uno spazio dinamico e creativo legato al territorio, la Riviera del Brenta in provincia di Venezia, un luogo che non c’era, in cui godere del cibo e della compagnia mentre lo sguardo viene catturato dalla splendida vista sui fiumi Naviglio Brenta e Taglio Novissimo. L’aver deciso di non farsi frenare dall’età adulta e di

non improvvisare, ma di mettersi in gioco partendo da un corso professionale, è stato fondamentale per Valentina e quando le chiediamo quale sia stata la parte più importante del suo percorso in DIEFFE, ci risponde senza alcuna esitazione: «Il laboratorio di Pizzeria e Panificazione è stato sicuramente il momento fondamentale. Affiancare il maestro pizzaiolo Simone Calore mi ha permesso mettere in pratica quanto appreso in aula sulle tecniche del mestiere. A questo si aggiungono i moduli dedicati alla tecnologia delle farine, le lezioni di igiene e procedure HACCP, e ovviamente lo stage, che ho avuto la fortuna di poter svolgere in una pizzeria d’asporto d’eccezione, Il Fornino a Malo, in provincia di Vicenza, tra le dieci migliori pizzerie italiane per la produzione di pizza al Kamut. Lì ho potuto utilizzare lievito madre e ottime materie prime, oltre che farine ricercate; insomma, ho visto e usato tutto ciò che di interessante si può vedere in una pizzeria!». n


Giulia Q

Artista da sempre, oggi web designer e co-founder del progetto Meraki

uando ci si trova di fronte a una ragazza come Giulia Filippini si viene subito investiti da una personalità fantasiosa, curiosa e senza ombra di dubbio creativa. Quando le si chiede di raccontare qualcosa in più di sé, si scopre che è appassionata di arte, disegno e pittura sin da bambina, tanto da decidere, una volta cresciuta, di estendere i suoi interessi a «tutto ciò che ha un aspetto artistico in senso più ampio», dedicandosi alla Storia del Cinema, del Video e della Fotografia all’Università. Terminati gli studi, Giulia incontra il mondo del web design e scopre che il panorama digitale, affascinante e in continua evoluzione, è perfetto per collegare e fondere insieme i suoi interessi, stimolando la sua voglia di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo. Il web design per Giulia diventa una nuova passione: da qui l’idea di iscriversi al corso professionale DIEFFE per la qualifica di Web Designer. «Ho trovato nel web design il lavoro che coniuga le mie passioni e una concreta opportunità professionale. Gli studi fatti fino a quel momento mi avevano dato nozioni di base non abbastanza “tecniche” per affrontare un lavoro in questo campo a pieno titolo. Sentivo il bisogno di un ulteriore percorso di formazione che colmasse le mie lacu-

ne. Ecco perché ho scelto di rimettermi in gioco, iscrivendomi all’Accademia delle Professioni». Se chiediamo a Giulia cosa consiglia alle ragazze che vogliano prendere in mano la propria vita e realizzare le proprie ambizioni, risponde che alla base di tutto vi è l’apprendimento di competenze tangibili e, soprattutto in un ambito dinamico come quello digitale, la costruzione giorno dopo giorno di una rete di relazioni. «L’esperienza in DIEFFE mi è stata utile sia dal punto di vista formativo (per l’ampia scelta di materie proposte), sia da quello personale. Studiando con docenti che sono veri professionisti e trascorrendo il periodo di stage in un’importante web agency, ho potuto acquisire molti contatti e conoscere nomi importanti del settore. Attualmente ho la fortuna di lavorare insieme ad alcuni di loro». Oggi Giulia ricopre il ruolo di Web Designer e Web Content Specialist presso una delle agenzie di comunicazione più importanti d’Italia, la Pallino&Co. Ma non solo. Curiosità e creatività hanno continuato a galoppare veloci, e si sono fuse con le competenze, sia digitali che imprenditoriali, apprese in DIEFFE, dando vita a Meraki. Midori & Traveler’s Notebook, un progetto in cui artigianato, handmade e design si intrecciano con e-commerce, web e social media marketing. n


by Giulia


Michela, Loredana e Laura Scegliere il Viaggio come dimensione quotidiana

A

vete mai immaginato come potrebbe essere un viaggio in compagnia di qualcuno di esperto che insieme a voi progetta il percorso e le singole tappe? Da questo tipo di richiesta è nata l’idea delle tre ragazze dell’agenzia Rubius di partire in viaggio insieme ai propri clienti. In piccoli gruppi, in modo che ci si possa recare anche in luoghi particolari, in alcuni casi anche non aperti al pubblico. Michela Filippi ha fondato la sua Agenzia Viaggi vent’anni fa insieme alle sue socie. Dalla loro sede di Rubàno, un luogo accogliente dove i toni dell’ottanio e dell’azzurro la fanno da padrone, organizza per i propri clienti viaggi su misura. È anche coordinatrice per i viaggi del prestigioso Gruppo Giardino Storico Padovano. La incontriamo appena tornata da un viaggio in Sud Africa dove ha voluto portare con se il figlio più piccolo. Ci racconta come increbilmente, il suo 10 enne, al ritorno in Italia abbia preparato per i propri compagni una relazione di viaggio completa, con lo scopo di con-

dividere quanto aveva appreso durante questo viaggio. E che lui, più che dagli animali selvaggi e dai panorami mozzafiato, sia rimasto colpito dalla storia di Nelson Mandela. Loredana Stecca, socia e amica da sempre di Michela, dice che il suo viaggio più recente è stato quello che ha fatto per vedere l’Aurora Boreale. Lei che con il suo carattere flemmatico fa da contraltare alla solarità di Michela, si illumina descrivendo la bellezza di questo spettacolo naturalistico. Ultima ad arrivare in Rubius è Laura Tacchini, che ha speso gran parte della sua vita vivendo all’estero, Londra la ultima sua tappa. Avevamo pensato di mettere delle puntine sul mappamondo per segnare i luoghi in cui sono state le tre socie di Rubius... ma quelle di Laura sarebbero state decisamente troppe! Avere delle consulenti di viaggi come loro è garanzia di ricevere quelle dritte che renderanno un viaggio indimenticabile, con la sensazione di aver goduto di momenti tanto emozionanti quanto fuori dall’ordinario. www.rubiusviaggi.it n



Village Stadium Area food Giochi e gonfiabili per i bimbi Market

Stadio Plebiscito

18 marzo - ore 12-19 Kimberly McKean


Una giornata di grande

divertimento

per il pubblico

di Italia-Scozia! Il Valsugana Rugby, con il gruppo dei suoi volontari, è al lavoro da mesi per trasformare lo stadio Plebiscito in uno spazio per sport, food e intrattenimento. A partire dalle ore 12 il Village ospita: - una zona dedicata ai più piccoli con gli immancabili gonfiabili di 3e60 Fun Games e gli Stand dedicati ai Camp Estivi - l’area Food dove degustare l’ottima birra Carlsberg e i Panini del Rugbista - Gli stand di Macron dove acquistare le maglie ufficiali della Nazionale Italiana Rugby - L’Ape Boutique di Petit Grimaud insieme ad altre proposte handmade per aggiungere un tocco di rosa a questa giornata di sport.

Grazie

a quanti hanno reso possibile la realizzazione del Village insieme a a Antenore Energia a Fashion Wall Lab a Carlsberg Beer a a 3&60 Eventi a IN’s Mercato a e all’Agenzia Enrico Stoppa di UnipolSai che ha fornito la copertura Assicurativa dell’evento.



#rugbyecultura L’iniziativa che abbina sport, arte e cultura. Due mesi di visite gratuite ai musei padovani

S

port e arte parlano entrambi un linguaggio universale e da tempo oramai non sono più considerati due mondi del tutto separati. Ecco quindi che diventa quasi naturale l’idea sviluppata dalla FIR e dagli assessorati allo Sport e alla Cultura del Comune di Padova di offrire l’ingresso ai Musei Comunali a tutti gli appassionati che acquistano in prevendita un biglietto per la partita della Nazionale di Rugby Femminile contro la Scozia del prossimo 18 marzo. E siccome tra partita e tradizionale “terzo tempo” per molti tifosi non rimarrebbe il tempo per visitare con calma uno o più musei, il biglietto della partita “vale” per ben due mesi come lasciapassare gratuito nei musei padovani. Una bella occasione da non lasciarsi sfuggire perché Padova offre davvero un ventaglio di opportunità di grande interesse. Il tour può partire dal Palazzo della Ragione e dalla sua splendida sala pensile, la più grande al mondo di 81 metri per 27 ed alta 27 metri, completamente affrescata. Si può poi passare al vicino Caffè Pedrocchi e salire al Piano Nobile, dove è ospitato il Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea. Al di là del Museo, il Pedrocchi è comunque uno di quegli edifici storici che chi visita

Padova non può ignorare. L’itinerario prosegue con i Musei Civici agli Eremitani, nell’omonima Piazza, ospitato nei chiostri dell’ex Convento dei Frati Eremitani. Nelle sale trovano spazio il Museo Archeologico e il Museo di Arte Medievale e Moderna. Vi si trovano opere di Giorgione, Tiziano, Giotto, Guariento, Romanino, Tintoretto, Canova e Tiepolo, solo per ricordare alcuni degli artisti più noti. Il complesso comprende anche la Cappella degli Scrovegni e Palazzo Zuckermann, sede del Museo di arti applicate, e il Museo Bottaccin. In via Santa Lucia una tappa d’obbligo è presso l’Oratorio di San Rocco, un edificio medievale oggi utilizzato come sede espositiva. Nei pressi della Basilica di Sant’Antonio in via Cesarotti si trova invece il complesso della Loggia e Odeo Cornaro, una delle testimonianze più importanti del ‘500 padovano. Chiude l’elenco dei siti museali di proprietà comunale la Casa del Petrarca, situata sui Colli Euganei, nel centro di Arquà Petrarca. Le opportunità sono quindi veramente interessanti e per essere sfruttate al meglio l’ideale è immaginare un weekend dedicato a Padova. Ci sarà il tempo così di passeggiare per la città, mangiare in una delle ottime trattorie del centro e dedicare anche qualche ora allo shopping. n


Padova e i suoi musei Palazzo della Ragione

Caffè Pedrocchi Piano Nobile:: Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea Musei Civici agli Eremitani Palazzo Zuckermann: Museo di Arti applicate e Museo Bottaccin Oratorio di San Rocco Loggia e Odeo Cornaro Casa del Petrarca ad Arquà Petrarca Cappella degli Scrovegni


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«Sono cresciuto in una grande famiglia e a casa nostra i dolci di pasticceria entravano raramente. Ai miei occhi di bambino paste e dolci erano destinati ad occasioni speciali. Sarà per questo che dall ’eta di sei anni volevo diventare pasticcere» «Il rugby mi ha insegnato che per fare meta bisogna lavorare tanto e insieme alla propria squadra. Ogni prodotto che esce dal mio laboratorio è frutto del lavoro mio e di tutto il mio staff, insieme al quale sono felice di avere raggiunto questa vittoria: offrire ai miei clienti l’occasione per rendere speciale ogni singola giornata.» Luca Scandaletti ha giocato nel Valsugana Rugby fino a quando, dopo il diploma, lascia Padova per andare a specializzarsi all’estero, prima a Bruxelles nella prestigiosa pasticceria Wittamer in Place Le Sablon, poi a Londra con Rik De Beare, campione del mondo. Torna nella sua città di origine e fonda Le Sablon nel 1998. Il nome viene scelto da Luca per ricordare i tempi dedicati a imparare tutti i segreti della pasticceria belga e la base di ciò che lo renderà negli anni famoso e apprezzato per la sua personale ed esclusiva miscela di cioccolato e per la torta “35100”, dedicata a Padova. Per puro caso, o per segno del destino, in questo nome ci sono anche le sue iniziali!

LE SABLON - via Guido Reni 67 - 35134 Padova - tel/fax 39 049.601361 - www.lesablon.it - info@lesablon.it


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