L'Altrameta . Raccontiamo L'Energia delle Donne. Antenore Energia official House Organ

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Lo sport delle donne

Energia,

che bella parola.

Una parola bella, una parola responsabile. Antenore è semplice, chiara, comprensibile. E soprattutto seria. Ama le parole buone, i fatti concreti. Da Antenore potete chiedere una verifica, un preventivo o anche solo un confronto. L’Energia è più bella, dove le parole sono sincere. L’ENERGIA DI ANTENORE. PARLIAMONE BENE.

PUNTI ENERGIA ANTENORE RUBANO (PD) via della Provvidenza, 69 tel 049 630466 fax 049 635289

LIMENA (PD) via del Santo, 54 tel 049 768792 fax 049 8843294

PADOVA (PD) via del Vescovado, 10 tel 049 652535 fax 049 8360967

CAMPONOGARA (VE) piazza Marconi, 7 tel 041 0986018


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by Cat


FINO ALLA LUNA E RITORNO To the moon and back

è la misura dei chilometri percorsi da alcune delle donne protagoniste delle storie che leggerete in questo numero per inseguire un sogno e un obiettivo. È dedicata a loro la nostra contro copertina per ringraziarle di aver condiviso in queste pagine ciò che ha guidato le loro scelte e i loro percorsi. Ancora tante protagoniste che hanno voluto raccontare le loro vicende personali per offrire alle altre donne la possibilità di ispirarsi.

Scegliere le parole giuste per comunicare anche momenti e aspetti della propria vita complicati e difficili, superandoli e traendone l’occasione per costruire un’esistenza più simile ai propri ideali e desideri. L’Altramèta nel frattempo compie un anno! Un piccolo traguardo,festeggiato con una nuova edizione primaverile che racconta anche tante storie di rinascita. Buona lettura!

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Lo sport delle donne

Official house organ Antenore Energia ideazione e cura editoriale Silvia Scarabello testi Elena Barbini Claudia Belleffi Valentina Berengo Diana Gunatillake Lucia Pasini Cristina Sartori Silvia Scarabello Nicoletta Tul

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fotografie Elena Barbini Lucia Pasini Caterina Santinello Mara Scampoli Diana Scrovegni Alessandra Toninello consulenza scientifica Giovanni Sinico fotoeditor e progetto grafico Caterina Santinello stampa Stampato il 14 marzo 2019 presso La Grafica Faggian srl via Francesco Severi 2/4 35011 Campodarsego (PD) Crediti Foto Simona Maraspin (pagg. 3 e 14, Pink Run) Nicoletta Tul (pagg. 3 e 29, Tè di Primavera)

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In copertina Silvia Bortot (foto C. Santinello)

Altrametamagazine Laltrametamagazine laltrametadellosport@gmail.com Progetto realizzato da Antenore Energia srl via Della Provvidenza 69 35030 Rubano PD

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DONNE VINCENTI

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Nessuno mette Silvia in un angolo

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Rugby femminile Donne, qui si fa la storia L’inattesa Camber

Pink Run 2019 Arrivare preparate!

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Corri come mangi La ricetta Pink Energy Bar

UNA SCELTA DI VITA

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Rebecca La fata madrina degli animali Caterina Vorrei un mondo senza plastica

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Barbara La libraia indipendente La Festa di Primavera e le sue tradizioni

Linda Una baita per la vita Elena Quattro zampe nell’obiettivo Lucia Un blog, un telaio e le mie bolle d’amore

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Alessandra L’altrametà di Antenore Energia Padova 2019 History is now - #bepartofit

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Donne

vincenti Alla meta non si arriva mai da soli

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La copertina bis

Silvia Bortot campionessa europea dei pesi superleggeri di pugilato

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Nessuno mette Silvia in un angolo

di Silvia Scarabello foto Elena Barbini 6


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incontro con Silvia è stato da subito “non convenzionale”, intenso e pieno di umanità. La campionessa europea dei pesi superleggeri di pugilato a chi la chiama sbagliando cognome, confondendo origini oltre che società di appartenenza, risponde così: «Chiariamo subito una cosa: mi chiamo Silvia Bortot, sono di Salgareda, ho 34 anni, vivo ad Abano Terme, ma lavoro e mi alleno a San Bonifacio con la Verona Boxing Fighters. A risultati come il mio si arriva anche perché ho saputo circondarmi di persone che, oltre ad essere dei professionisti, sono degli amici». Insomma anche per essere pugili vincenti occorre saper fare squadra. Nel suo caso con l’allenatore, Luca Tescaroli; con il cutman, Pietro Orante; con il manager, Massimo Brognara; e il mental coach, Andrea Vianello. Silvia ha permesso alla fotografa Elena Barbini di fotografarla in allenamento alle 7 del mattino nella palestra di San Bonifacio. Un posto di quelli dove il ring non è solo un complemento d’arredo: i segni di gomma sul muro sono la vera decorazione e i sacchi appesi in aria sono tanti perché lì dentro si fa solo questo, si tira di boxe. Silvia e Luca sono concentrati come sanno essere due persone che lavorano con una grande intesa, sicuramente abituati a non farsi distrarre dal rumore che circonda il ring. Silvia, sudata, fa piegamenti e corsa sul posto, a non finire. Per poi uscire dallo spogliatoio, rilassata e felice, pronta per andare in ufficio. Si è laureata allo Iuav di Venezia e, fuori dal ring, ha un lavoro dove mette testa, cuore e creatività: è infatti grafica pubblicitaria. E anche qui una bella 7


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«Dopo aver vinto il titolo europeo, sento ancora di più il desiderio di condividere il mio percorso e aiutare altre atlete raggiungere i loro obiettivi.»

sorpresa. Due giorni dopo l’appuntamento in palestra ci accoglie a casa sua, aiutandoci a creare un set, e sposa il nostro mood per la copertina di questo numero, giocando con noi a comporre immagini che vogliono comunicare tutta la gioia della primavera. Finito, Silvia scappa a Mestre a presiedere un collegiale di ragazze, giovani pugili dilettanti, e ci dice che anche per il weekend in corso non avrebbe di certo avuto tempo di “spiaggiarsi” in divano. Perché dopo aver vinto il titolo europeo, sente ancora di più di avere voglia di condividere il proprio percorso e aiutare altre atlete ad arrivare ai suoi stessi risultati. Che lei ci sia piaciuta è fuor di dubbio. Anche se all’inizio pensavamo che non avrebbe nemmeno trovato il tempo per noi, intenta com’era a preparare la sua intervista per Rai 1 e a dividersi fra Abano, Verona e resto del mondo tra lavoro, allenamenti, collaborazioni con diverse realtà sportive e sociali. Ci è piaciuta anche perché non ha avuto paura a raccontare in tv, alla conduttrice Caterina Balivo, che per un lungo periodo ha lottato contro la bulimia. Una vincitrice di un titolo europeo può convivere con il più grande avversario: quello che molto spesso sta dentro di noi. Ha fatto pace con la sua fragilità e ci sta lavorando, anche qui insieme al suo team. n

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Il 17 marzo a Padova una nuova sfida per le italiane del rugby, quest’anno impegnate contro le avversarie della nazionale francese. Con l’occasione ripercorriamo le tappe del rugby femminile, intervistando Maria Cristina Tonna protagonista e testimone di questo percorso dagli esordi ai giorni nostri. di Silvia Scarabello e Maria Cristina Tonna

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orniamo ad occuparci della nazionale femminile di rugby, ad un anno dalla nascita del nostro magazine in occasione della partita Italia Scozia del 2018 allo stadio Plebiscito, e in vista di nuovo incontro che si disputerà il 17 marzo sullo stesso campo contro la nazionale francese. Una nazionale femminile che nei match disputati fino ad ora nel Torneo Sei Nazioni 2019, ha raggiunto risultati nettamente migliori di quelli dei colleghi della nazionale maschile. Una grande soddisfazione che è anche esito di un lungo percorso del quale Maria Cristina Tonna è stata protagonista, prima come giocatrice della Nazionale e poi nel suo attuale ruolo di coordinatrice dell’attività femminile della Federazione Italiana Rugby. Maria Cristina ci racconta come è cambiato il rugby femminile, dai suoi esordi a tredici anni nei campi di Ostia, passando per il suo debutto in Nazionale nel 1985 fino ai giorni nostri. Come era la a vita di una ragazzina che cominciava a giocare a rugby negli anni ’80? Mi sono avvicinata a questo gioco per caso, dopo aver visto un torneo a Ostia, dove vivevo, ed è stato subito colpo di fulmine! Proprio nella Rugby Ostia ho fatto i miei primi placcaggi, insieme ai miei fratelli e vi assicuro non era affatto semplice perché gli stessi ragazzini non accoglievano così bene il fatto di avere come compagna di squadra una ragazza, sebbene la mia struttura fisica non fosse di certo inferiore alla loro a quell’età. Gli allenatori per fortuna riuscirono a farmi accettare e mi permisero di giocare con grande entusiasmo. A 14 anni, non essendoci alcuna categoria femminile juniores, mi ritrovai a giocare con una squadra seniores, l’allora Ceccherelli Roma, divenuto poi da lì a poco Villa Pamphili. Gli allenamenti li alternavo, a volte con le ragazze a Roma, a volte con i ragazzi a Ostia. Immagino quindi tanti chilometri macinati tra casa, scuola e campi di allenamento? Esatto! La mattina uscivo alle 7 da casa per andare a scuola sulla Via Ardeatina, da cui uscivo alle 14.30 per andare ad allenarmi a Villa Pamphili mangiando un panino sul bus, e fino alle 19 non ero a casa. I primi tempi non potevamo fare neanche la doccia, e sovente rientravo a casa, dopo aver preso vari autobus ed il treno per Ostia, mezza infangata e tutto questo avveniva tre volte a settimana. Qual era il panorama del rugby femminile all’epoca? All’epoca giocare era un miraggio, non esisteva alcuna attività strutturata e le uniche partite disputate erano delle amichevoli tra le pochissime squadre italiane. 10 10


Rugby femminile

Donne, qui si fa la storia

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Non essendoci divisioni in categorie, a 14 anni non mi rimase altro che giocare con le seniores, aiutata anche da una struttura fisica importante. Nel 1985 partì il primo Campionato Nazionale, con pochissime squadre e io a soli 15 anni feci il mio esordio in Nazionale, nella storica prima gara internazionale dell’Italia Femminile. Le partite, sia di club che di Nazionale, si contavano sulle dita di una mano: i primi campionati furono disputati con pochissime squadre, mentre la Nazionale si accontentava di una gara all’anno. Quali sono le tappe da ricordare nel percorso di crescita del movimento femminile? Sicuramente il 1992, con il riconoscimento da parte di Fir di tutta l’attività femminile; il 1998 prima Coppa del Mondo riconosciuta dall’allora International Rugby Board; il 2005 anno in cui in Fir nasce il Settore Femminile;, il 2005 e il 2006 anni in cui l’Italia vinse la Coppa Europa; il 2007 il primo Sei Nazioni ufficiale! Nel 2005 le giocatrici in Italia erano 600, di cui 200 seniores, e sparse su tutto il territorio; ci sono voluti anni, progetti e strategie per far sì che il rugby giocato dalle ragazze diventasse più capillare, anche se ancora adesso capita che in alcune zone d’Italia debbano migrare per poter giocare. La divisione in categorie è stata una tappa obbligata del percorso di crescita, per poter dare il giusto contesto alle giovani giocatrici, con regolamenti flessibili il giusto per cercare di non avere dispersione di giocatrici e garantire loro la migliore formazione possibile. Quando ci fu l’introduzione, ad esempio, dell’U14 femminile, dopo la riforma delle categorie, inizialmente le giocatrici di questa categoria erano sparse a macchia di leopardo, anche perché ancora i club stentavano ad avere una programmazione sul femminile. Ora, grazie alle azioni sia da parte di Fir che dei club - che sono, come naturale che sia, il motore dell’attività quotidiana - le squadre U14 sono più consistenti, e nella maggior parte dei Comitati ci sono sempre più squadre complete. Di certo la flessibilità di questa attività (ad esempio si gioca in 7, e non in 13 come i colleghi maschi) è stata ed è tuttora fondamentale per la continua crescita, senza perdere di vista l’obiettivo di portare tutte le categorie femminili a giocare, a livello numerico, come le maschili. Non è utopia, è solo questione di programmazione. Questo discorso è valido anche per la U16 e per la nuova categoria U18, con la quale abbiamo colmato un vuoto, sia a livello di formazione che di competizione. 12

Valuteremo nel medio e lungo periodo se avremo avuto, grazie a questa nuova categoria, meno dispersione di praticanti in questa fascia di età così delicata ed importante. Rispetto a questi 37 anni di rugby, quali sono i tuoi ricordi personali? Ho dei ricordi indelebili di quegli anni, tra cui i viaggi in treno in cuccetta, per andare a giocare al Nord in cui a volte mi accompagnava anche mio papà, vista la mia giovane età. Le telefonate che mi faceva dopo la partite la mia adorata nonna, volata in cielo poco più di un mese fa; era la mia più grande tifosa. Anche divenuta grande, ho mantenuto questo rito a cui nessuna delle due voleva rinunciare. E i panini delle trasferte, sempre di nonna, scavati dall’alto per togliere la mollica e far spazio al companatico; a volte nel ripieno ci metteva anche le uova sode, facendomi rischiare l’espulsione dal vagone appena aprivo l’involucro! Non posso non ricordare anche episodi legati ai miei figli. Durante la mia prima gravidanza, quando aspettavo Gabriel e contemporaneamente allenavo il Cus Siena in serie C maschile, sono rimasta con loro fino a 36 ore dal parto, i ragazzi mi dicevano sempre «Occhio che partorisci in campo»! È stata un’esperienza molto bella, e spero formativa per loro come lo è stato per me, un’accettazione della gravidanza come momento di passaggio e non come un peso. Al momento siamo tutti in campo: Gabriel ha iniziato ad allenare, dopo che un infortunio al ginocchio lo ha costretto al riposo come giocatore, e Juanita gioca in Under 14, di certo un bel modo di “diventare grandi”. Tu che segui anche la Nazionale Femminile, immagino che spesso ti troverai a dire alle ragazze «eh ai miei tempi si faceva questo e quello».Ti succede mai? Può succedere, certo, perché oggi per fortuna la loro vita come sportive è sicuramente meno complicata ma continua ad essere una vita di grande dedizione. Il ruolo di professionisti sportivi non è riconosciuto in Italia per i giocatori e le giocatrici di rugby. Se per i colleghi maschili si può dire che le sponsorizzazioni garantiscano un professionismo di fatto, non è così per le giocatrici donne. Quindi le giocatrici della Nazionale usano i giorni di ferie per venire a disputare le partite del Sei Nazioni così come i ritiri e gli allenamenti che li precedono. Questo dà ancora più valore al loro impegno, la maglia azzurra diventa una seconda pelle. n


L’inattesa Camber di Cristina Sartori

Compie 93 anni la prima campionessa olimpica di scherma. Vi raccontiamo la storia di Irene Camber e della sua medaglia d’oro ad Helsinki nel 1952

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Archivio privato, per gentile concessione di Irene Camber

stata la prima donna a vincere un oro olimpico per la scherma femminile nell’olimpiade di Helsinki del 1952. La cosa singolare è che Irene Camber, classe 1926, era originaria di Trieste, quella città sentita dai più come “di confine” e che ancora non era stata riconosciuta come italiana. La vittoria alle Olimpiadi dell’«inattesa Camber», come era stata ribattezzata dai giornalisti, arriva così a unire uno Stato, oltre le divisioni presenti a livello politico. «Ho assaporato un tale entusiasmo. Tutte le case esponevano la bandiera italiana! – racconta commossa – È stata una dimostrazione di italianità che allora mi riempì il cuore e che non scorderò mai!». Quella di Irene Camber, oltre ad essere la prima storica vittoria di una atleta italiana donna nel fioretto individuale, fu ed è tutt’ora una grande lezione di vita. Fare il proprio dovere e farlo bene è il cardine dell’educazione impartitale fin da piccola dalla madre Mira e dal padre Giulio Camber Barni: ogni riconoscimento è una conquista, niente è dato per scontato e non c’è posto per vanto e adulazione. Bagaglio formativo che Irene porta sempre con sè, sin dalla prima vittoria, campionessa regionale a tredici anni, quando il padre non le fa ritirare il premio: «Non ti accontenti di aver vinto? Cos’altro vuoi?». Con questa disposizione d’animo Irene prosegue nella sua carriera sportiva agonistica, senza tralasciare gli studi all’Università.Tra i suoi primati, oltre ad essere la prima donna a vincere l’oro olimpico per il fioretto è stata anche la prima donna a laurearsi in chimica industriale all’Università di Padova e si è diplomata in pianoforte al conservatorio. Campionessa italiana giovanile della Giovane Italia littoria nel 1941, passa da un podio all’altro, sino a quel fatidico 27 luglio 1952 ad Helsinki che la vede scontrarsi con l’avversaria di sempre, l’ungherese Ilona Elek, per i primi due gradini. Una mossa “inattesa” proprio come la sua vittoria: Irene esegue una coupé di quarta, passa sopra il ferro dell’avversaria e le assesta una stoccata in pancia. È l’oro! «In quel lungo, magnifico attimo – ricorda Irene – ho pensato a Trieste e alla mia bandiera». Una grande lezione di valori sportivi che ancora oggi insegna l’avventura olimpica di Irene Camber. Nulla è scontato e il rispetto per l’avversario è sacro. Così come sacra diviene l’amicizia con Ilona Elek, con Velleda Cesari sua compagna di squadra in tanti campionati e tante gare che, una volta ammalata, trascorre l’ultimo periodo proprio in casa di Irene. n 13


PinkRun 2019

“Pink Run” - la corsa “in rosa” - giunge nel 2019 alla decima edizione. Sono trascorsi 10 anni da quando al signor Toni, appassionato podista, venne in mente di organizzare insieme al figlio una corsa riservata solo alle donne e di devolvere quanto raccolto a una Onlus. La manifestazione è cresciuta a dismisura, di pari passo con l’impegno enorme profuso dai fondatori e da tutti i volontari “pink amici” che negli anni hanno raccolto cifre sempre maggiori, sostenendo realtà no profit selezionate con attenzione e arrivando a coinvolgere 8500 donne. Una marea rosa che innonderà il centro di Padova nel weekend dell’11 e 12 maggio. Noi saremo presenti con un’edizione speciale perché Antenore Energia, da quest’anno, è fra i main sponsor della manifestazione. Siete pronte a correre con noi ?

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Arrivare preparate!

Le manifestazioni di corse non competitive richiamano soprattutto dilettanti, molti dei quali arrivano senza una preparazione adeguata. Come arrivare preparate per la Pink Run? Ecco la strategia consigliata dalla nostra consulente sportiva Diana Gunatillake.

n Alimentarsi correttamente per fornire energia al nostro corpo: ne parliamo nell’articolo a pag. 16. n Allenarsi almeno un mese prima della manifestazione: costanza e dedizione ripagano sempre. n Alternare allenamenti intensi ad allenamenti di riposo: è fondamentale per favorire un corretto recupero muscolare. Di seguito, un programma di tre allenamenti settimanali (se non si riesce almeno due allenamenti alternando 1 e 2) per poter arrivare al grande giorno con il piede giusto! 1. Allenamento prolungato

Un’ora di corsa lenta con leggera progressione finale. Approfitta di questa andatura per concentrarti sul respiro, il movimento del piede, il ritmo dei tuoi passi e la sincronia delle oscillazioni tra braccia e gambe. Questo allenamento ti permetterà di fare un lavoro aerobico di fiato permettendoti di avere una buona resistenza prolungata nel tempo. 2. Allenamento ripetuto 15’ riscaldamento/camminata veloce 5 per 100mt (= 5 piloni della luce per chi si allena sugli argini) 4 ripetute da 3’ corsa sostenuta - 4’ corsa lenta - 3’ corsa sostenuta - 5’ camminata. 3. Allenamento di forza 15’ riscaldamento/salto con la corda 10 salite 100m (in alternativa salire gli scalini di casa fino al 4° piano) Esercizi di forza alternando: flessioni, addominali e squat (2 serie da 15 per ogni esercizio)

Terminare ogni allenamento con lo STRETCHING per allungare la muscolatura e migliorare la mobilità articolare, prevenendo infortuni.

n CORRERE AL MATTINO Il nostro corpo si rivela più attivo durante la prima parte della giornata. Correre al mattino risveglia il metabolismo. Praticare attività fisica aumenta i livelli di serotonina (ormone della felicità, del buon umore) permettendoti di iniziare la giornata con la giusta carica. Allenarsi al mattino ottimizza i tempi. Essenziale in una società come la nostra dove l’orologio la fa da padrone. Se non riesci ad allenarti al mattino programma 2/3 sedute settimanali fisse dedicate alla corsa in una fascia oraria dove puoi goderti appieno l’esercizio fisico senza fretta e pensieri in testa.Testa vuota e corpo libero! n SCARPE E ABBIGLIAMENTO ADATTO Utilizzare un abbigliamento comodo e traspirante senza ostacolare il movimento della corsa, evitiamo quindi di coprirci troppo, Le scarpe da runner sono fondamentali per evitare l’insorgere di infortuni e danni per la pianta del piede. La scelta va calibrata in base al tipo di appoggio del piede, lo stile di corsa e il tipo di allenamento. Una scarpa da corsa ideale deve essere aderente, stabile, comoda, ammortizzata, traspirante, impermeabile e resistente. Negozi specializzati vi sapranno indirizzare nella scelta. n RECUPERO Tra un allenamento e l’altro lascia 1-2 giorni di stacco per dare al tuo corpo il tempo di recuperare e poter distribuire gli allenamenti in modo bilanciato. n ALTRO? La donna dedica anima e corpo alla famiglia e al lavoro arrivando, molto spesso, a trascurare il proprio aspetto fisico. Impariamo a dedicare uno spazio a noi stesse. Ascoltiamoci! 15


Corri come mangi di Diana Gunatillake Nutritional Sport Consultant

Il movimento fisico richiede al nostro corpo maggiori energie per affrontare lo sforzo al meglio, perciò un’alimentazione bilanciata diventa preziosa, nell’attività fisica come nella quotidianità.

n Non si dovebbe correre a stomaco vuoto, ma nemmeno dopo un pasto troppo elaborato, che sovraccarica l’organismo e rende faticosa la digestione impedendo così di godersi appieno la corsa. È necessario bilanciare la propria alimentazione in relazione all’intensità dell’attività fisica, alla frequenza degli allenamenti e all’eventuale presenza di gare. n Ad ogni pasto devono essere presenti tutti i macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi) e micronutrienti (vitamine e sali minerali). Questi sono indispensabili per la salute e la resa energetica. n Senza trascurare il tempo: tempo per scegliere gli alimenti giusti. Tempo per prepararli, cucinarli. Concedetevi il tempo per mangiare bene, per il vostro corpo, la vostra mente e la vostra salute! 1616

Proteine. Devono essere sempre presenti per sostenere il muscolo e migliorarne il tono: le troviamo in carni magre quali vitello, pollo, tacchino, coniglio; il pesce e le uova. Per le atlete vegane legumi, tofu, quinoa, facendo attenzione a garantire sempre un corretto apporto proteico. In particolare assunti dopo l’allenamento facilitano il recupero muscolare. Carboidrati. Scegliere carboidrati semplici e complessi, integrali e ricchi di fibre (frutta, verdura, pane, pasta, riso integrali, cereali integrali), limitando gli zuccheri raffinati (dolci, farine bianche) e consumandoli preferibilmente prima degli allenamenti per poter arrivare carichi di energia. Grassi. Visti dalla maggioranza delle donne come elemento ostile, sono in realtà un’ottima fonte di energia fornendo ben 9 Kcal/g. Particolare attenzione va posta alle quantità e soprattutto alla scelta di fonti di grassi insaturi quali oli vegetali, pesce (ricco di omega3), frutta secca (ottima come spuntino). Da limitare invece i grassi saturi, come il burro, le fritture o cotture in padella a base di condimenti troppo elaborati. Grassi e carboidrati vanno bilanciati in base al piano di allenamento: nei giorni in cui ci si allena si potranno mangiare più carboidrati (senza esagerare), nei giorni di riposo servirà più attenzione. Con un po’ di pratica si riuscirà ad ottenere il giusto equilibrio. n


Pink Energy Bar

La ricetta Vi proponiamo una ricetta sfiziosa ma allo stesso tempo equilibrata per uno spuntino gustoso e... senza sensi di colpa: una barretta energetica home made, compatta e tascabile, da portare con sé al mattino quando non si ha tempo di fare colazione, per merenda o prima di fare attività fisica. La ricetta è davvero semplice: pochi ingredienti ma mirati. Ingredienti 1/3 tazza di frutta secca ½ tazza di cocco grattugiato 10 datteri freschi senza nocciolo (ricchi di zuccheri naturali e sali minerali) 3 cucchiai di semi misti (chia, canapa, lino, zucca...) ½ cucchiaino di succo di limone 1 e ½ cucchiaio di marmellata ai frutti di bosco senza zucchero aggiunto (ingrediente pink) 1-2 cucchiaio di acqua 3-4 cucchiai di miele Per una versione più sweet: un pizzico di cannella

n Tagliare grossolanamente la frutta secca e sminuzzare i datteri con un coltello. Mettere tutto in una ciotola aggiungendo i semi e il cocco grattugiato. Una volta amalgamato, aggiungere gli altri ingredienti (eccetto il miele). n Scaldare il miele diluito con acqua a fuoco basso. Mescolare energicamente fino ad ottenere un aspetto caramellato. Incorporare il miele all’impasto di frutta e semi. n Versare su una teglia foderata di carta forno. Con le mani stendere l’impasto e col dorso di un cucchiaio livellare per bene la superficie. Aggiustare la consistenza aggiungendo eventualmente acqua o cocco. Riporre in freezer per almeno 30 minuti. n Tagliare le barrette nella misura desiderata. Le barrette così ottenute si conservano in frigo per 7-10 giorni avvolte in pellicola trasparente.

n Spazio alla creatività! Realizza le tue barrette personalizzate e mandaci qualche scatto delle tue versioni Pink Energy Bars che inseriremo nella nostra pagina Facebook! 17


Una scelta di vita

Storie di donne che lavorano e vivono con una passione: per l ’ambiente e la natura, per un progetto, per un’idea

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Rebecca Ricci, medico veterinario specialista in nutrizione del cane e del gatto e ricercatore dell’Università di Padova 19


Rebecca La fata madrina degli animali

di Silvia Scarabello foto Elena Barbini 20 20


Prima puntata della lunga intervista con Rebecca Ricci veterinaria cosmopolita specializzata in nutrizione animale

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oi che scriviamo, fotografiamo, impaginiamo, creiamo L’altramèta, abbiamo principalmente due cose in comune: siamo donne e abbiamo animali domestici nelle nostre abitazioni. Quindi Rebecca ci è sembrata una specie di fata madrina di tutte noi e dei nostri amici ‘non umani’. Ho avuto una via privilegiata per conoscerla: suo marito Francesco. Ascoltandolo mentre mi parlava di lei ho pensato: ma allora esistono davvero gli uomini che parlano in tono entusiastico della propria compagna, con gli occhi che brillano, orgogliosi e fieri di stare accanto ad una donna che stimano e supportano sia nella vita privata che in quella professionale. Nel lunghissimo curriculum di Rebecca Ricci, dal sito del Dipartimento di Medicina Animale Produzioni e Salute dell’Università di Padova, risulta che lei ad un certo punto della sua formazione, non paga di una laurea in Medicina Veterinaria e di un dottorato di ricerca di tre anni, svolto in parte presso la North Carolina State University negli Stati Uniti, ha intrapreso un percorso formativo di altissimo livello accademico per diventare esperta nella nutrizione e alimentazione del cane e del gatto. Un percorso durato tre anni in diversi atenei d’Europa fra i quali Torino, Parigi, Londra e soprattutto Liegi, che per lei è stata una seconda casa. «Andammo a Liegi in auto, io e Francesco, stipando nel bagagliaio tutto ciò che potevamo. L’inizio fu traumatico: il freddo e il grigiore della città, il distacco dai miei cari per iniziare un lavoro, ma anche un pezzo di vita, da zero. Invece andò benissimo: l’esperienza all’Università di Liegi, il rapporto con i colleghi, gli amici, l’incontro con una famiglia meravigliosa (lui belga, lei taiwanese, quattro figli e un pastore tedesco) presso la quale ho soggiornato, condivdendo giorno dopo giorno le gioie e le difficoltà di questo percorso

formativo, come una figlia, una sorella, un’amica». Questo per dire che viaggiare e fare esperienza di condivisione abitativa non capita solo in Erasmus ma anche nella vita adulta, quando hai già messo in piedi casa con una persona che ami. Scelte fuori dal comune per chi non si accontenta. La tua “vocazione” si è manifestata fin da bambina? Assolutamente sì. Quando morì l’anziano vicino di casa io adottai la sua gattina non sterilizzata... ci ritrovammo con una colonia di gatti in giardino! Avevo anche quattro galline, ciascuna con il suo nome. Emma, la più longeva, fu aggredita dal cane del vicino. Con l’aiuto di mio padre la portai dal veterinario che, seppur sorpreso dall’insolita richiesta, le fece l’anestesia le suturò la ferita. Emma morì tre anni dopo, di vecchiaia come le sue compagne, all’età di quindici anni. I tuoi studenti ti stimano molto e guardano a te come esempio. Cosa consigli a chi si iscrive alla facoltà di Veterinaria ? Consiglio innanzitutto di sfruttare al meglio questi cinque anni di studio. Oggi l’Università offre grandi opportunità di approfondimento, imparando nuove lingue, confrontandosi con studenti di altri Paesi. E dico sempre di non accontentarsi: la laurea è solo l’inizio di una bellissima avventura, dopo ci sono possibilità di specializzazione che racchiudono esperienze eccezionali, professionali ma anche umane. Un consiglio per la nutrizione dei nostri pet? Esistono vari approcci, tutti validi e ragionevoli: crocchette e mangimi umidi, dieta casalinga o BARF e simili. Il mio consiglio è, in tutti i casi, di chiedere sempre un parere al Medico Veterinario e non lasciare spazio al fai-da-te. Sul tema della dieta casalinga, in particolare, sto realizzando un ambizioso progetto che si chiama VetEkipp e che oggi è pure uno spin-off dell’Università di Padova. Ma di questo progetto, e molto altro, parleremo con Rebecca nel prossimo numero. Rimanete sintonizzati! n (continua nel prossimo numero)

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di Claudia Belleffi foto Mara Scampoli 22 22


Caterina Vorrei un mondo senza plastica

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astano pochi minuti che già ti senti avvolto da essenze che parlano di legno, lavanda, tea tree. E mentre inspiri o osservi con curiosità i prodotti sugli scaffali, la voce appassionata della giovane padrona di casa, Caterina Pauletti, ti fa entrare in un mondo dove la regola vigente è “zero waste!”. Zero sprechi. Ventidue anni, lei proprio non ha sprecato tempo! «Quattro anni fa – racconta – ho iniziato a interessarmi alla sostenibilità, legata all’abbigliamento, e allo sfruttamento dei lavoratori nelle grandi catene: l’idea che venisse messa a rischio la loro vita per un vestito che poi avrei acquistato a poco prezzo e indossato, mi provocava sdegno e rabbia. Se pensiamo poi che l’industria della moda è la seconda causa di inquinamento al mondo dopo il petrolio...». L’8 giugno 2018 dà così vita reale (in via del Vescovado 20, a Padova) a Friendly Shop, il primo negozio in Italia specializzato in prodotti eco-sostenibili e zero waste. Caterina è riuscita a “tradurre” in lavoro quell’attenzione che da sempre ha nei confronti di sostenibilità ambientale, riduzione dei rifiuti, trasparenza nella produzione dei prodotti e nel rispetto del personale.

«Il desiderio mio e di mio marito – sì, perché è già anche felicemente sposata – è presentare alternative per creare uno stile di vita diverso». Ma la vendita dei prodotti (dallo spazzolino in bambù con setole di origine vegetale all’alternativa vegana alla pellicola per alimenti, dal balsamo solido all’intimo in tessuto naturale) sembra quasi secondaria rispetto al movimento di riflessione che ruota attorno agli scaffali e che favorisce un incontro tra generazioni diverse. «Arrivano giovani dai 18 ai 35 anni, ma anche mamme che le figlie stanno convincendo a usare meno plastica. I più giovani sono davvero preoccupati e spesso con loro si aprono dibattiti accesi in merito a cosa ci attende dal punto di vista ambientale. I più adulti sentono la necessità di un ritorno alla tradizione, al vivere “come una volta”. Nel mio piccolo sensibilizzo, porto le persone a farsi domande, a confrontarsi, per provare a cambiare abitudini. Se “faccio ambiente” in questo? Sì! Si crea un senso di community tra chi entra in negozio e chi ci conosce tramite il sito e i social: condividiamo interessi, prospettive di cambiamento e questo ci fa sentire in rete, tutti parte di qualcosa di importante». n 23


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La libraia indipendente di Valentina Berengo foto Caterina Santinello

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na via poco trafficata del centro di Padova, al piano terra di un palazzo storico: qui c’è una libreria speciale. In tutti i sensi. Non ha grandi vetrine, ma una bussola d’ingresso che ti dà la sensazione di entrare in una casa accogliente. Dentro, non libri a migliaia come nelle librerie di catena, e non libri di “grande consumo”, ma titoli pensati, accostati gli uni agli altri con criteri quasi filosofici, appoggiati su un clavicembalo antico, sulle scale che portano ad un intimo soppalco, oltre che negli scaffali e su un grande tavolo centrale. Spesso alle pareti le opere di un qualche artista o illustratore emergente. Un luogo per palati fini, insomma. Lì ad essere regina è Barbara Da Forno, libraia soprattutto per passione (si sa, l’editoria non è mestiere per “far soldi”), una laurea in Lettere con indirizzo Storia dell’arte e molti anni di esperienza in casa editrice. Barbara, perché hai scelto il mestiere di libraia? Io amo i libri, non solo per il loro contenuto, li amo proprio come oggetti in sé. L’esperienza in casa editrice mi ha insegnato molto: ho imparato a distinguere un buon libro da un libro riuscito male, ho visto moltissime prove di stampa, scelto “pantoni”... perciò sento di 25


avere una certa esperienza in questo settore e una sorta di affinità con questo tipo di “oggetti”. Cosa si trova nella tua libreria, perché e in che modo? Io rivolgo molta attenzione al catalogo degli editori, per questioni di spazio non posso avere “tutto” e nemmeno mi interessa il singolo libro, né avere le novità. Da me i libri raramente vengono resi all’editore con la celerità con cui accade nelle librerie del grande circuito (che hanno un turnover velocissimo), anzi se posso tengo, di alcuni editori, l’intero catalogo. Questo perché mi interessa mettere in evidenza il progetto che l’editore mette in piedi, penso ad esempio alla casa editrice SUR di Marco Cassini, che ha, con i suoi primi titoli, riportato in auge la forma del libro di una volta senza sovracoperta e con il titolo stampato sopra. E per quanto riguarda la loro disposizione qui dentro credo di essere stata molto influenzata da Aby Warburg, lo storico dell’arte tedesco (su cui ho fatto la tesi di laurea), che nella sua biblioteca, che chiamò Mnemosine, accostava i libri con il criterio del “buon vicinato”. Lo stesso faccio io, di modo che, incuriosito da un titolo di un certo tipo, ti trovi poi a prenderne in mano altri di simili, e magari a venire a conoscenza di libri che mai, nelle librerie tradizionali, avresti avuto tra le mani così, per caso. Non ti spaventa avere un progetto così raffinato da rischiare di non essere compreso dal grande pubblico?

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Qui a Padova ci sono diverse librerie indipendenti che portano avanti progetti distanti da quello della grande libreria di catena, non sono l’unica. Devo dire che alla lunga ho dovuto ammorbidire il mio criterio di posizionamento e per esempio introdurre l’ordine alfabetico per semplificare la ricerca al lettore. C’è da dire, poi, che se è vero che in Italia leggono in pochi, quei pochi che leggono leggono moltissimo e cercano cose come quelle che ho qui. Il lettore che sta bene alla librera Zabarella non si fa influenzare dalla campagna pubblicitaria strapagata e cerca invece di essere (piacevolmente) sorpreso. Certo vivo nella precarietà (come del resto gli autori, gli editori, i tipografi ecc.), ma la passione mi spinge ad andare avanti. So che, oltre alle classiche presentazioni di libri e riviste letterarie, organizzi nella tua libreria occasioni in cui i bambini leggono ad alta voce ad un cane… Il mio compagno è un allevatore di Golden retriever e c’è una cagnolina, Antigua, che è particolarmente empatica e che coinvolgiamo in una sorta di applicazione della pet therapy. L’idea è di far leggere a bambini un po’ timidi, o distanti dalla lettura, un libro a voce alta al cane, accarezzandolo quando magari si scoraggiano. E siccome il cane non ti giudica, ma è lì per te e ti ascolta davvero, ecco che il bambino che legge piano piano si scioglie e si rassicura. n


«Sono stata molto influenzata da Aby Warburg, lo storico dell’arte tedesco che nella sua biblioteca, che chiamò Mnemosine, accostava i libri con il criterio del “buon vicinato”.»

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Un buon libro si gusta meglio sorseggiando un tè e guardando la luna.

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La Festa di Primavera e le sue tradizioni

di Nicoletta Tul foto Alessandra Toninello

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ran parte degli asiatici, da Singapore alla Malesia, da Taiwan alla Corea e al Giappone, festeggiano il capodanno lunare, che quest’anno cade il 5 febbraio. Viene chiamato Festa di Primavera perché segna l’inizio della stagione della rinascita, un nuovo ciclo energetico che porta in grembo il picco massimo potenziale di energia Yang, dopo lunghi mesi di introspezione e energia Yin. Durante la settimana di festeggiamenti si consumano, oltre al tè, cibi che portano fortuna, salute e prosperità, dalle forme propiziatorie e dai colori accesi come il giallo e il rosso, colori imperiali e ricchi di energia. Mangiare mandarini freschi e canditi assieme a piccole zucche o semi di loto porta ricchezza e buona salute. Dolci rotondi, forma prediletta dall’astrologia cinese, o con ripieno di fagioli dolci sono l’abbinamento ideale per i Tè bevuti durante il capodanno cinese. La primavera segna la ripresa dei raccolti in piantagione. Le piccole gemme lanuginose che spuntano a marzo rappresentano la rinascita della pianta del Tè e

della natura, e in esse troviamo la maggior parte degli oli essenziali, aromi e molecole che la pianta ha immagazzinato in inverno, e che in primavera daranno aromi e sapori unici al Tè con esse prodotto. Durante il capodanno lunare iTè primaverili non sono ancora disponibili, ma ci si prepara a gustarli con dei Tè di “transizione” dalla natura energetica neutra che possono riscaldare il corpo adattandosi alla stagione che cambia. È il caso degli oolong, dei Tè semi ossidati, chimicamente una via di mezzo fra il Tè verde e il Tè nero. La loro lavorazione è una delle più lunghe e complesse nel mondo del Tè, richiede molti passaggi effettuati manualmente da esperti artigiani e contadini. È necessario scuotere le foglie per creare piccole lacerazioni lungo i bordi, farle areare spesso e farle ossidare solamente per il giusto periodo di tempo. Dopo il fissaggio della foglia, che blocca l’ossidazione, ci sono altri importanti passaggi che danno aromaticità e forma alle foglie, come il processo di arrotolamento, di tostatura o di torrefazione: tecniche antiche e tramandate di generazione in generazione, dalle montagne della Cina a quelle di Taiwan. Si tratta di Tè da bere durante la primavera in attesa dei Tè verdi e bianchi in estate, o in autunno in attesa dei Tè rossi e fermentati in inverno. Ogni stagione ha il suo Tè, che porta un effetto benefico diverso sull’organismo. Dalla regione di Wuyi Shan nel Fujian in Cina provengono oolong molto pregiati e caratteristici, dai sapori tostati e ricchi, dall’aroma fruttato e sapore umami con forte retrogusto minerale dovuto alla composizione del suolo e di un terroir unico. Consiglio di sorseggiare degli oolong cinesi o taiwanesi durante tutto il periodo primaverile e di iniziare a bere i primi Tè bianchi e verdi dell’anno verso fine aprile, quando il corpo ha bisogno di Tè dalla natura rinfrescante e purificante. Abbinate gli oolong di primavera ai kumquat canditi o a piccoli dolci di loto o fagioli dolci: ne riceverete salute, prosperità e fortuna, sapendo di gustare Tè unici, frutto di tradizioni secolari e di una cultura complessa e variegata. Buona primavera a tutti: con il Tè giusto è più facile e bello accoglierla! n 29


Linda

Una baita per la vita

ÂŤCon mio marito Matteo volevo una dimensione quotidiana che ci somigliasse. PerchĂŠ ogni minuto passato insieme venisse speso a costruire qualcosa da condividere anche con gli altri.Âť

di Silvia Scarabello foto Diana Scrovegni 30 30


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ole e una copiosa neve scesa pochi giorni prima a ricoprire anche il lago ghiacciato di Calaita. Soggetti dell’intervista e del reportage fotografico Linda Moro e i suoi due bracchi di Weimar. È un sabato di febbraio di quelli da cartolina e io ho la fortuna di poter venire fino a qui per chiedere a questa ragazza che cosa ha portato lei e il marito a scegliere di abbandonare la città (dove entrambi avevano impieghi sicuri) per condurre l’eco-baita Natura Spensierata, che apriranno al pubblico a Pasqua. Spesso risposte così hanno dietro delle verità che aprono scenari inattesi. Linda mi racconta di soffrire di endometriosi e di essersi svegliata una mattina dopo una operazione importante e di aver pensato: «Non ho scelto questa malattia, ma posso scegliermi la vita che voglio. Da quel momento, insieme a mio marito Matteo è stato chiaro che dovevamo cercare una dimensione quotidiana che ci somigliasse. Perché ogni minuto passato insieme potesse essere speso a costruire qualcosa da condividere anche con gli altri, con tutti coloro che sono in cerca di spensieratezza e atmosfere incontaminate come quelle della montagna fuori dai circuiti “mondani”» . Altre protagoniste indiscusse di questa giornata sono state Olivia e Nina. «Sono due femmine e sono

le nostre “tate” - mi racconta. - Le abbiamo dotate di un dispositivo che ci permette di ritrovarle attraverso una App del telefono, nel caso si perdano per i boschi. Staranno sempre con noi e offriremo ai nostri futuri ospiti la possibilità di portare in baita i loro cani. Sarà questo il punto di forza della nostra ospitalità insieme a tanti altri aspetti quali l’offrire una colazione anche a base di prodotti da forno fatti in casa con materie prime biologiche o a km zero. La nostra struttura sarà ecologica, utilizzeremo saponi e detergenti eco-compatibili e a basso impatto ambientale, non tossici per le persone e l’ambiente. Per noi la natura deve essere rispettata sempre e comunque, perché è il nostro bene più grande. Sappiamo di non avere grande esperienza alle spalle, ma dalla nostra abbiamo l’aver battuto in lungo in largo queste zone insieme a Olivia e Nina. Gli itinerari sono stati descritti per anni nel nostro blog ‘Trek by Trek’. Quando iniziammo a scrivere delle passeggiate che facevamo durante il weekend insieme ai nostri cani, non immaginavamo di certo che un giorno ci saremmo ritrovati qui tutti insieme ad affrontare questa grande avventura. Ogni giorno ci svegliamo immersi in un paesaggio che prima era solo il nostro sogno nel cassetto». n 31


Elena Quattro zampe

nell’obiettivo

«F testo e foto Elena Barbini 32 32

otografia, sport e natura sono da sempre le mie passioni. La fotografia sportiva è diventata una professione che svolgo da molti anni, collaborando con giornali, agenzie, pagine web dedicate allo sport. In tempi più recenti anche gli animali, e le loro foto, sono divenuti protagonisti di buona parte della mia vita lavorativa, oltre che della mia quotidianità. Vivo a Padova insieme a due rottweiler, Leon e Kira, e un cavalier king, Timmy, oltre ad occuparmi a volte del gatto di mia figlia. È stata proprio l’ultima arrivata, una cucciola di rottweiler , a farmi capire che comunicare con gli animali, imparando a leggere i loro segnali, porta ad una relazione profonda e magnifica. La piccola Kira è giunta dopo un’adozione sfortunata; nei primi mesi di vita aveva ricevuto un’educazione poco idonea a un cucciolo così vivace.


Era insicura e aggressiva. Con lei ho intrapreso un percorso per diventare coadiutore del cane con la PetProject, associazione che lavora dal 2006 con progetti di Pet Therapy presso la Pediatria dell’Ospedale di Padova e in altre strutture che accolgono e si prendono cura di persone con bisogni speciali. È attiva anche in cinofilia dove mette in atto un metodo educativo che rispetta il cane, nella piena conoscenza della comunicazione e dei diversi aspetti della relazione uomo-animale. Sono anche volontaria del Canile di Rubano (sezione di Padova della Lega Nazionale Difesa del Cane, che ha sedi in tutta Italia), associazione di promozione sociale che opera senza scopo di lucro grazie a contributi e donazioni. La struttura è datata come costruzione, ma grazie alla nuova gestione è all’avanguardia dal punto di vista organizzativo su tutti i fronti: gestione quotidiana del canile, cure veterinarie e ricerca di adozioni, tutela degli animali sul territorio, campagne di sensibilizzazione e di divulgazione degli aspetti legislativi, azioni di contrasto ad ogni forma di sfruttamento e violenza. Tutte attività impegnative anche economicamente, per cui non perdo occasione per invitare a donare: ogni aiuto - adozioni a distanza con offerte, giochi per gli ospiti a quattrozampe, cibo medicale per gli animali con intolleranze - è bene accetto e sarà devoluto ad una giusta causa. Perché il livello di civiltà di una comunità si vede da come tratta i suoi soggetti più indifesi e vulnerabili». n 33


Lucia

Un blog , un telaio e le mie bolle d ’amore

«L

a mia storia potrebbe essere quella di moltissime altre donne. Solo che ad un certo punto ho scelto di rimettere in ordine la mia vita. E per farlo mi sono messa in cima alla lista delle mie priorità. 2009: matrimonio felice 2010: nasce la prima figlia 2012: arriva la seconda! Una casa, un cane di nome Ragù e un lavoro che inizio ad inventarmi grazie a un blog. Una famiglia normale, insomma, che affronta la quotidianità discutendo, stringendo la cinghia e volendosi bene. All’inizio del 2016, nel giro di qualche settimana, il mio matrimonio crolla. Mio marito mi tradisce. Sono oggetto di stalking. Il mio portafoglio è vuoto. Sono in ginocchio. Mi rimane un blog e soprattutto due figlie piccole da crescere. Tutto svanisce e scopri che niente ha mai avuto senso. Dopo una prima fase di shock arriva la disperazione, poi cominciano a bussare alla porta la rabbia, i dubbi, la paura, l’incertezza. E finalmente arriva la voglia di riscatto. Le mie figlie sono state la mia prima ancora di salvezza. La loro ingenuità, il loro amore, le loro domande di

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testo e foto Lucia Pasini blog Bubbles Before Bed


«Non ho avuto paura di chiedere aiuto. Ho solo realizzato di non essere invincibile.»

«Lo weaving, la tessitura a telaio, mi ha aiutato a ricomporre la trama della mia vita.»

fronte alle mie lacrime, i loro abbracci e disegni mi hanno fatto capire che avevo il compito di continuare ad essere la loro mamma e che loro chiedevano di vivere in un mondo bambino. La mia famiglia d’origine, le mie sorelle, mio fratello, i miei genitori, tutti mi hanno teso la mano. All’inizio di questa vicenda pensavo di essere sola, poi ho realizzato che, di fatto,“mancavo” solo io, e sentirmi autoesclusa da questa bolla d’amore non mi faceva stare bene. Così ho chiamato la psicologa, e oggi, a distanza di tre anni, posso dire di aver fatto la telefonata migliore della mia vita. Non ho avuto paura a chiedere aiuto. Ho semplicemente realizzato di non essere una super eroina invincibile. Mi vergogno dei retaggi culturali, di quelli che pensano che solo i matti vadano da uno psicologo. Non sopporto quelli che si convincono di non averne bisogno, quando tutti secondo me, dovremmo riflettere di più su alcuni aspetti della nostra vita. La psicoterapia ha ricomposto i pezzi della mia vita, ha messo in ordine la mia autostima, la mia voglia di essere presente, il mio ruolo di mamma e di donna. Ho iniziato a prendermi cura di me, mi sono iscritta a boxe e ho comprato trucchi nuovi. Ho continuato a credere nel mio blog, a sviluppare la mia creatività e ad usarla per evitare di cadere in giorni difficili. Ho trovato un lavoro che mi occupa tutte le mattine. Mi sono perdonata per essermi trovata in ginocchio. Ho imparato il significato di consapevolezza. Non ho perso fiducia nel genere umano, tantomeno in quello maschile. Ho scoperto lati del mio carattere che non conoscevo e ne vado fiera. Non provo odio verso nessuno. Sono una donna separata-quasi-divorziata che vive serenamente questa condizione, e le mie figlie a loro volta riflettono questo stato d’animo. Ho scelto la verità, la serenità e soprattutto ho scelto di nuovo l’amore, ma questa volta per me stessa. Sono convinta che da questo punto di partenza, tutto il resto arriverà con molta spontaneità. Rinascere si può, anche quando hai il portafoglio vuoto e al posto del cuore un macigno di dolore. L’ingrediente magico è avere il coraggio di volersi bene». n 35


Alessandra

L ’altrametà di Antenore

Energia

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ÂŤI rapporti umani e le relazioni fra persone sono alla base di tutto, anche del business.Âť

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«Le sfide mi appassionano e lì dove si crea innovazione io non mi spavento, anzi partecipo con tutto il mio entusiasmo.»

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«Vivo giornalmente uno scambio vivace e proficuo proprio con i colleghi più giovani: sono un continuo stimolo a fare meglio e ad andare incontro alle esigenze dei nostri clienti.»

ono Alessandra Gambatese, vice-presidente di Antenore Energia. Insieme alla redazione del nostro house organ abbiamo pensato fosse arrivato il momento di presentarmi e di raccontare che la nostra società ha anche un vice-presidente donna. Ho partecipato alla nascita della società perché io e mio marito conosciamo da anni Filippo Agostini e dal 2015, insieme ad un gruppo di giovani collaboratori, ho accettato la sfida di partecipare attivamente alla creazione di una società dove i rapporti umani e le relazioni fra persone sono alla base di tutto, anche del business. Il mio sogno era di ritrovarmi finalmente in un ambiente lavorativo simile a quello dove sono professionalmente nata e “cresciuta“, ovvero quello di TIM, dove nel 1997 sono entrata insieme a uno sparuto gruppo di coetanei per sviluppare, da un piccolo“incubatore di impresa”, un colosso delle telecomunicazioni. Tutto questo senza però spersonalizzare i ruoli e considerare le persone come semplici numeri come spesso accade nelle grandi società. Come potete capire le sfide mi appassionano e lì dove si crea innovazione, io non mi spavento e anzi partecipo con tutto il mio entusiasmo. Posso dire di avere alle spalle una lunga esperienza in materia di organizzazione del lavoro ed è con gioia che oggi posso dire di vivere giornalmente uno scambio vivace e proficuo proprio con i colleghi più giovani. Sono un continuo stimolo a fare meglio ed ad andare incontro alle esigenze dei nostri clienti. Il fatto che la nostra “crew” sia composta in prevalenza da under 40, ci porta a osservare con uno sguardo attento anche le esigenze del territorio e a farci coinvolgere in progetti sociali, sportivi e culturali dei quali siamo sostenitori. La scelta di Antenore Energia è quella di devolvere il 5% del proprio fatturato a progetti la cui ricaduta sul territorio è a diretto beneficio di tutti gli abitanti, non solo dei clienti della nostra compagnia. Facciamo tutto questo sperando di essere d’esempio anche ad altre aziende del territorio. Io sono nata in Molise e ho sempre guardato con ammirazione al passato del Veneto dove le grandi imprese si occupavano degli abitanti del territorio e dei propri dipendenti sostenendoli non solo con le attività produttive ma anche con attività sociali che coinvolgevano lo sport, l’arte e la cultura, e perché no anche per formare i potenziali futuri colleghi. Antenore è ancora agli inizi ma questo è lo spirito attraverso il quale scegliamo di portare Energia in ogni casa, certi che ci sarà più energia per il futuro. n 39


PADOVA 2019 HISTORY IS NOW – #BEPARTOFIT Corpo Libero Gymnastics Team riporta a Padova la ginnastica artistica maschile e femminile il 29 e 30 marzo 2019

Corpo Libero Gymnastics Team, realtà patavina ormai riconosciuta a livello locale e nazionale, nasce come società di ginnastica artistica e ora opera in diversi settori, quali ginnastica ritmica, atletica leggera, fitness, tessuti aerei e parkour/freerunning, permettendo ad oltre 1700 iscritti tra bambini/e, ragazzi/e e adulti di praticare attività sportiva a qualsiasi livello in un ambiente sano, divertente e ad alta professionalità. Dopo le memorabili edizioni padovane del campionato di serie A, dal 2011 al 2013, Corpo Libero Gymnastics Team riporta a Padova una tappa del campionato di ginnastica artistica maschile e femminile. Il 29 e 30 marzo 2019 Padova sarà la capitale della ginnastica artistica italiana maschile e femminile di serie B, A2 e A1 Antenore Energia. Il nome dato all’evento è Padova 2019 History is now – #bepartofit: ricordare e celebrare il passato, ma vivere con energia e partecipazione il presente. Un titolo nato dall’idea di celebrare il 150esimo anniversario della Federazione Ginnastica d’Italia. I festeggiamenti per questo storico traguardo della più antica Federazione Sportiva Italiana si accompagnano alle attività che il Corpo Libero Gymnastics Team, come tantissime altre realtà societarie, portano avanti quotidianamente con passione e fatica, dall’organizzazione degli eventi sportivi, alla crescita agonistica dei ginnasti migliori, alla semplice partecipazione alle attività competitive federali. Rispetto alle passate edizioni iI tempi sono molto cambiati; un evento oggi va costruito non solo in funzione della gara, ma con l’obiettivo di trasmettere l’intensità di questa esperienza a chi vi partecipa e vi assiste. L’organizzazione vorrebbe rendere una gara di ginnastica artistica, tipicamente ricca di tecnicismi e spesso di difficile comprensione per il pubblico profano, uno spettacolo divertente ed entusiasmante, affascinante anche per un target di pubblico che si approccia per la prima volta a questa disciplina sportiva. Tra le molte novità, Corpo Libero Gymnastics team ha inoltre deciso di perseguire con l’organizzazione dell’evento anche uno scopo benefico: parte dell’incasso dei biglietti sarà donato alla Fondazione Vite Vere Down Dadi di Padova. L’obiettivo della Fondazione è quello di pensare, realizzare e sostenere progetti, attività e iniziative che servano ad un più agevole inserimento nella società delle persone con sindrome di Down o con disabilità intellettiva. Lo scopo e la volontà dei suoi fondatori è di finanziare attività che permettano alle persone con disabilità di vivere una vita quanto più possibile autonoma, indipendente ed integrata, ciascuno in rapporto alle proprie capacità e potenzialità (www.downdadi.it). A sostegno della Fondazione Vite Vere Down Dadi, al termine delle gara di Serie A1, il Corpo libero Gymnastics Team organizzerà presso la propria sede del Palaindoor di Padova una Cena di Gala (alla presenza di grandi campioni della ginnastica e non solo), durante la quale si terrà un’asta di beneficenza.

Corpo Libero Gymnastics Team press release

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