Rivista Santuario della Consolata - Aprile/Giugno 2020

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IL Rivista fondata nel 1899

DELLA n. 2 APRILE - GIUGNO 2020


Periodico religioso trimestrale Anno 122 - n. 2 Aprile - Giugno 2020 Poste italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale «Regime R.O.C.» - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO - Nuovo corso n. 2/2020 C.C. post. n. 264101 intestato a: Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino

In copertina: «L’Ultima cena» copia dell’affresco di Leonardo da Vinci Sala Leonardo, Convitto Ecclesiastico della Consolata (fotografia di Andrea Aloi)

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editoriale

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rubriche

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Questo mondo chiede consolazione Osvaldo Maddaleno

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La Consolata nella pandemia del coronavirus Giacomo Maria Martinacci

Direttore responsabile: Marco Bonatti Autorizzazione del Tribunale Civile di Torino n.379 del 22 febbraio 1949

La parola del Rettore Giacomo Maria Martinacci

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La celebrazione della S. Messa Giacomo Maria Martinacci

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Paolo Sacchi Lino Ferracin

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I Cistercensi Foglianti alla Consolata Daniele Bolognini Redazione:

Informiamo i lettori che i loro dati personali sono utilizzati esclusivamente per l’invio della nostra rivista. Tali dati sono trattati con la massima riservatezza e non vengono ceduti per nessun motivo a terzi. In ogni momento si potrà richiedere la consultazione, l’aggiornamento, la cancellazione.

Andrea Aloi Daniele Bolognini Lino Ferracin Osvaldo Maddaleno Giacomo Maria Martinacci Giulia Poretti


editoriale

La parola del Rettore mons. Giacomo Maria Martinacci

Carissimi amici e devoti della Consolata, in altre pagine di questo numero della nostra rivista sarà proposta una descrizione di come qui alla Consolata abbiamo vissuto il primo periodo del coronavirus-covid 19 che ha completamente stravolto la vita del Santuario e il normale svolgimento della Quaresima e della Settimana Santa. Senza dubbio le misure di prevenzione stabilite dalle Autorità pubbliche, anche se molto restrittive, erano necessarie; ma la storia ci ricorda che accanto a queste, e non senza di esse, per un credente la preghiera è un pilastro da cui non può staccarsi mai. Mi ha quindi profondamente commosso leggere, sul quotidiano La Stampa del 20 marzo, un'intervista a Papa Francesco con il Suo accenno esplicito alla Consolata dove il Santo Padre citava una strofa -in piemontese- della celebre poesia-preghiera di Nino Costa con l'invito esplicito ai piemontesi a «pregare la Consolata, con fede e ducia». Nella stessa giornata ho sentito il bisogno di scrivergli, esprimendo il nostro ringraziamento corale e chiedendo la Sua benedizione su noi sacerdoti, sui generosi volontari che ogni giorno ci afancano nel servizio pastorale e su tutti i fedeli devoti della Consolata. Nel nostro sito web si può trovare il testo dell’intervista, quello della mia lettera con la risposta inviatami dalla Segreteria di Stato, oltre al testo completo della poesia–preghiera di Nino Costa.

vuto partire proprio nei giorni in cui Israele chiudeva le proprie frontiere agli italiani. Ma, in accordo con coloro che si erano iscritti, si è orientati a riproporre il medesimo programma nella prima quindicina del mese di marzo del prossimo anno, quando appunto si può ragionevolmente prevedere la totale riapertura dei Luoghi Santi e tutto sarà ritornato alla normalità. Invito quindi i nostri affezionati lettori a valutare se programmare anche la loro partecipazione.

Una delle conseguenze dovute alle restrizioni citate è stato l'annullamento del previsto pellegrinaggio nella Terra di Gesù. Avremmo do-

Si avvicina intanto la Festa della Consolata, a cui ci stiamo preparando con la pia pratica dei Nove Sabati, voluta dal Beato Giuseppe Allamano,

Come già in due occasioni nell'estate scorsa, l'Angelo della morte è ritornato tra noi: all'inizio di marzo ha portato a Dio don Sergio Ariasetto, che da più di sette anni svolgeva il suo apprezzato ministero nel nostro Santuario, e negli ultimi giorni di aprile ci ha lasciati don Mario Cuniberto, la cui fedele presenza quotidiana in confessionale era quanto mai preziosa. La loro capacità di ascolto e il dono del consiglio prudente e saggio, con il loro stile riservato, ci sono davanti agli occhi e nel cuore. Ambedue non godevano di una grande salute sica, ma non si sono mai risparmiati. Il servizio delle Confessioni ne risentirà certamente e ci auguriamo di poter trovare la disponibilità di altri sacerdoti generosi per integrare questo delicato e insostituibile servizio, caratteristico della vita spirituale di un Santuario.

a cui tanto deve il nostro Santuario. In questo anno, e ne faremo memoria nel prossimo numero di questa rivista, ricorre il 30° della sua Beaticazione, mentre si avvicina il primo centenario (nel 2026) della sua pia morte avvenuta il 16 febbraio 1926. Chissà se per quella data ci sarà concesso di poterlo venerare come Santo, accanto al suo zio materno San Giuseppe Cafasso? Per noi, come per i Missionari e le Missionarie della Consolata, sarebbe certamente molto signicativo. Nella preghiera chiediamo quindi al Signore di accogliere l'intercessione del nostro Beato a favore di persone gravemente malate, magari proprio in terre nelle quali i suoi Missionari e le Missionarie si stanno spendendo con illimitata generosità, concedendo la grazia di guarigioni inspiegabili per la scienza medica. Carissimi, la preghiera quotidiana che rivolgiamo alla Consolata con ancora maggiore intensità a motivo del coronavirus perché nella sua materna intercessione ci sia vicina, non è che un accrescersi di quanto già ogni giorno in Santuario facevamo per presentare a Maria ognuno di voi. La Vergine Santa, nel quadro dell'altare ci indica Gesù e, come a Cana, ci ripete: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Saremo beati davvero se ci metteremo con determinazione e continuità a quella scuola. È l'augurio cordiale che, con gli altri sacerdoti, accompagno con la preghiera per tutti voi.

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Questo mondo chiede consolazione Il Samaritano, paradigma della spiritualità della Chiesa di oggi

Osvaldo Maddaleno

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l discorso con il quale Papa Giovanni XXIII apriva il Concilio Vaticano II fu come una grande ouverture sinfonica, che anticipava i contenuti dell'assise ecumenica e insieme indicava gli atteggiamenti con i quali si sarebbero dovuti affrontare. Gli obiettivi che il Papa afdava al Concilio erano soprattutto quello di donare la verità della fede cristiana con modalità nuove, così che essa potesse essere compresa e accolta dal mondo di oggi, e quello di promuovere l'unità della famiglia umana, soprattutto l'unità nella verità tra tutte le Chiese. Tra gli atteggiamenti che proponeva per giungere e perseguire questi obiettivi, vi era innanzitutto uno sguardo positivo sul mondo contemporaneo, cogliendone le opportunità e sapendo scorgervi il lavoro della Provvidenza che «ci sta conducendo a un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più al di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento di disegni superiori ed inattesi». Dissentiva apertamente dai “profeti di sventura” che nei tempi moderni non sapevano vedere se non “prevaricazione e rovina”. Per reprimere gli errori, che pure sapeva presenti nella società contemporanea, invitava a preferire «il ricorso alla medicina della misericordia piuttosto che brandire le armi della severità. Invece di condannare, essa (la Chiesa) ritiene di rispondere meglio ai bisogni della nostra epoca, mettendo meglio in luce la forza della sua dottrina» (11 ottobre 1962). Scriveva Teilhard de Chardin: «Non si converte se non quello che si ama. Se il cristiano non è in completa simpatia con il mondo nascente, se non trova in se stesso le aspirazioni e le ansietà del mondo moderno, se non lascia crescere nel suo essere il senso dell'umano, non realizzerà mai la sintesi liberatrice tra la terra e il cielo da cui può nascere la manifestazione ultima del Cristo universale. Immergersi per emergere e sollevarsi. Partecipare per sublimare. Questa è la legge stessa dell'Incarnazione». Papa Paolo VI nell'omelia dell’ 8 dicembre 1965 diceva che: «L'antica storia del Samaritano è stata il paradigma (il modello) della spiritualità del Con-

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cilio». Esso aveva provato per il mondo contemporaneo la stessa compassione di quell'uomo buono per il ferito che giaceva lungo la strada: «Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani ha assorbito l'attenzione del nostro Sinodo. Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano odierno». «Non la Chiesa da una parte e il mondo dall'altra – direbbe uno dei Padri Conciliari ancora vivo, il Vescovo Luigi Bettazzi -, ma la Chiesa fermento del mondo, perché tutti possano camminare verso il regno di Dio». La Chiesa oggi qui da noi non ha più il personale e i mezzi per intraprendere grandi progetti; al contrario, i suoi progetti possono solo essere modesti, un po' come seminare in un piccolo orto. Scaviamo il terreno, mettiamo il fertilizzante, annafamo, ma soprattutto ci diamo del seme. Seminare è un gesto di speranza. È come dare la vita. Qui da noi nella Chiesa è giunto il momento della semina, il vero tempo della speranza. Non mancano i


semi di grande qualità: “il messaggio di Gesù”. Fortunatamente c'è ancora buona terra, per lo più abbandonata e incolta. In un Santuario vi è l'iniziativa divina, che in vario modo, qui alla Consolata, attraverso l'intervento di Maria, pone un segno tra gli uomini per richiamarli alla fede. La ricerca di Dio si trasforma nella consapevolezza di essere stati cercati e chiamati da Lui, come ha detto Papa Francesco (18 maggio 2013): «Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare da Lui, ma quando noi andiamo, Lui ci aspetta, Lui è prima! Noi, in spagnolo, abbiamo una parola che spiega bene questo: il Signore sempre ci “primerea”, è primo, ci sta aspettando! E questa è proprio una grazia grande; trovare uno che ti sta aspettando». E qui Gesù ci dona il suo Spirito che è Consolatore.

▲ «Il buon Samaritano», scultura in bronzo sita sulla facciata di un edicio a Würzburg (D)

Gesù stesso promette consolazione: «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati» (Mt 5, 4), o anche «Beati voi, che ora piangete, perché riderete» (Lc 6, 21). Ma soprattutto Dio «ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2 Cor 1, 3-4). In questa società c'è tanto bisogno di accogliere gli afitti. Non sempre si riesce a risolvere loro i problemi, ma si può pregare, stare loro vicino con rispetto e carità, soffrire con loro accompagnandoli a Gesù e al suo abbraccio di consolazione. Se qualcuno che ci ama ci è vicino, allora anche il dolore perde la sua forza e noi, pur piangendo, godiamo della beatitudine di non essere soli. Se umanamente è così, tanto più lo è con Dio! Perciò Gesù, che ha compiuto un capovolgimento radicale dei nostri valori, non ha esitato a dire che n d'ora sono beati quelli che piangono, e sono beati i poveri, gli afitti, i per-

seguitati. Sono beati perché sperimentano la profondità del cuore di Dio, perché possono scoprire il tesoro nascosto della Croce, perché pian piano cominciano a vedere con gli occhi stessi di Dio, da un'altra prospettiva. Il Cardinale Martini, interrogato su quale fosse il ruolo della Chiesa nel mondo postmoderno, dove ideologie e valori sono in via di estinzione per lasciare spazio a nichilismo e solitudine, rispondeva: «Il ruolo dei cristiani e della Chiesa è quello della consolazione». E noi qui alla Consolata possiamo essere questa presenza: Dio non ci fa incontrare il dolore se non perché noi, in qualche maniera, ne siamo consolatori. E non ce ne fa incontrare più di quello che noi, con il suo aiuto, possiamo consolare. Alcune esperienze consolatorie. Padova è la prima città italiana ad ottenere il riconoscimento di “Capitale del volontariato”. Una persona ogni cinque fa volontariato. Questo è il Dna dell'Italia che sa consolare e agire. L’attuale Vescovo di Graz in Austria, Wilhelm Krautwaschl, racconta come fa digiuno dallo stress: «È un esercizio per poter vivere pienamente l'attimo presente. È abbastanza semplice: ogni mattino afdo a Gesù tutti gli appuntamenti già ssati. Prima di ogni incontro -e ce ne sono molti nella giornata- mi rivolgo verso l'alto: “Signore, ti chiedo, fammi incontrare questa persona in modo tale che mi riconosca come tuo servo”. Dopo l'incontro un nuovo contatto molto breve verso il cielo: “Spero di essere stato pienamente con te. Ti chiedo di accogliere questo incontro nella tua eternità. E ora rendimi libero per il prossimo che sta arrivando”. Sono Vescovo da più di 4 anni nella più grande Diocesi dell'Austria (un milione e 200mila abitanti di cui 800mila cattolici). Sto ancora imparando a essere completamente “qui” una presenza di Chiesa che consola». Dopo una Quaresima vissuta in casa, questa esperienza di padre Andrea ci fa bene. «Così ho risposto a un religioso che temeva di rovinare la sua vita conventuale lavorando così spesso fuori di casa: “Sei in convento quando sei fuori per amore; sei fuori convento quando vivi dentro senza amore”. Anche un giovane portiere d'una azienda mi ripeteva il suo timore di vivere fuori di famiglia per troppe ore. Allora con coraggio gli dissi che non doveva parlare così perché…”Per chi lavori?” gli chiesi. “Per la mia famiglia” rispose. “A chi porti la busta paga?” aggiunsi. “Alla mia famiglia”. “Perché esci di casa tutti i giorni?”. “Per amore di mia moglie e dei gli”. Allora non dire più “sono fuori casa”, ma puoi affermare con verità: “Io lavoro sempre in casa, perché lo faccio per amore della mia famiglia”. Ora, spesso quando lo incontro, il giovane sorridendomi mi sussurra: “Grazie per quello che mi ha detto; ora io lavoro in casa”. Dove non ami, là non ci sei. Il tuo cuore ti fa abitare là dove tu ami». Signore, per intercessione della Madre tua, Consolatrice degli afitti, consolaci con la tua consolazione divina perché, da te consolati, diffondiamo la gioia in quelli che sono nel dolore.

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La Consolata nella pandemia del coronavirus L’indispensabile prevenzione sanitaria mai senza la preghiera

Giacomo Maria Martinacci fotograe di don Luca Ramello

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on possiamo passare sotto silenzio la grande prova da cui l'Italia e il mondo intero sono stati travolti a partire dai mesi scorsi. Torino e il Piemonte non sono risultati immuni da questa pandemia che, al momento in cui andiamo in macchina per la stampa, purtroppo non è ancora del tutto debellata. Anche il nostro Santuario è stato coinvolto dalle norme molto restrittive impartite dall'Autorità pubblica e di fatto riguardanti persino lo svolgimento delle celebrazioni religiose. A memoria d'uomo non si ricorda un tempo in cui ai fedeli sia stato impedito di partecipare, nelle chiese, alla preghiera comunitaria. La conseguente rarefazione dei fedeli ci ha offerto molti motivi per confrontarci con altre situazioni analoghe del passato, quando non solo davanti alla Consolata ma anche all'altare con le reliquie di San Valerico vi era una processione continua di fedeli con incessanti preghiere di supplica. I nostri Vescovi, comprendendo i grandi pericoli di contagio e la virulenza del male, hanno infatti sospeso ogni celebrazione pubblica mantenendo libero -pur con alcune precauzioni- l'accesso alle chie-

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se, ma i sacerdoti hanno dovuto forzatamente celebrare le Sante Messe a porte chiuse, senza la presenza dei fedeli. Così è avvenuto anche per il nostro Santuario, che ha però almeno potuto offrire -tramite il proprio sito internet- la visione di quanto in ogni giorno si è compiuto all'altare. La sospensione della celebrazione della S. Messa con la partecipazione dei fedeli è certamente stato per tutti il sacricio più grande e sofferto. Da più parti, anche Papa Francesco stesso e il nostro Arcivescovo lo hanno fatto, si è riproposta la “Comunione spirituale” come alternativa all'impossibilità di nutrirsi di Gesù vivo e vero nell'Eucaristia. Il gravissimo sacricio, che è stato imposto al popolo cristiano impedendo la partecipazione diretta ed attiva alla S. Messa (non è la stessa cosa seguirla, da spettatore, su uno schermo televisivo o di computer) e di fatto non consentendo ai fedeli di accedere alla Comunione eucaristica, ha fatto toccare con mano come invece è essenziale per un cristiano quel “Pane di Dio che dà la vita” (cfr. Gv 6, 33). Questo tempo di “digiuno” eucaristico, come qualcuno lo ha denito, potrà avere come conseguenza di suscitare una più viva partecipazione alla Santa Messa? Ce lo auguriamo vivamente; ma questo non avverrà quasi come una conseguenza automatica se non è stato accompagnato dalla riscoperta del desiderio intenso dell'incontro, nel tempo in cui ci era stato impedito. Nasce inevitabilmente l'esigenza di un confronto: il virus –a volte mortale– che ha colpito il nostro mondo ha trovato, anche se non proprio in tutti, la disponibilità ad osservare una serie di norme come prevenzione per evitare accuratamente l'estendersi del male: questo riguarda la salute sica. Siamo altrettanto vigili ad evitare altri “virus”, non meno indi, che attentano in maniera ancora più subdola alla vita dello spirito? Don Giuseppe De Luca, noto pubblicista della metà del secolo scorso, nel 1947 scriveva: «Il cristiano che vive la sua fede conosce per esperienza la violenza estrema e perniciosa del

celebrata,aaporte portechiuse chiuse,celebrata il 15 marzo ▲ Sopra: un momento della S. Messa celebrata il 15 marzo ◄ Nella pagina a lato: L’Arcivescovo nel momento di preghiera di supplica alla Vergine Consolata-Consolatrice

peccato; la conosce per esperienza e pazienza. È un lievito di morte, lievito inestirpabile e contro cui deve guardarsi di continuo, e non si guarda mai abbastanza. Un menomo alito ci appesta, e qualche volta non è un alito, è una vampa di morte». Questo ed altro scriveva nel contesto di una riessione sull'Assunzione di Maria e concludeva: «Maria ebbe questa nostra stessa natura, ma senza il peccato: oh, questa sua felicità splenda sulla nostra tortura, tanta sua grazia rafforzi noi poveri storpi e storti, se è vero che è tuttavia la nostra Madre». Pur molto rarefatti, i fedeli sono venuti in Santuario per la preghiera personale ed hanno sostato sia davanti all'immagine della Consolata che nella cappella di San Valerico, memori dell'efcacia dell'intercessione di questo Santo Abate –riscontrata e riconosciuta in più di una pestilenza– a favore della nostra Città a partire n dal secolo XVI. Anzi per alcuni è stata l'occasione per scoprire la presenza di questo Santo monaco vissuto nella seconda metà del primo millennio, le cui reliquie giunsero a Torino e furono deposte nell'antichissima cappella di Sant'Andrea posta a ridosso delle mura citta-

dine nell'angolo Nord-Ovest (l'attuale nostro Santuario è costruito nel medesimo luogo e ne è la continuazione) circa mille anni fa dai monaci dell'abbazia di Novalesa in fuga dal loro monastero per non soccombere a bande di saraceni, che seminarono terrore e morte nell'alta Valle di Susa. Anche il ministero delle Confessioni ha continuato ad essere offerto, come sempre, dai nostri sacerdoti ma la proibizione a uscire di casa se non con precise e documentate motivazioni ha inuito in modo fortemente negativo e la conseguenza immediata e inevitabile è stata la grande rarefazione dei fedeli. Il nostro Arcivescovo ci ha esplicitamente invitati alla preghiera con la proposta concreta del testo di una supplica da rivolgere quotidianamente al Signore con duciosa e determinata insistenza; lui stesso ci ha aiutati: prima di tutto con il suo esempio, recandosi a pregare il Rosario nel Santuario della Madonna della Salute, nel Borgo Vittoria di Torino; poi presiedendo personalmente in ogni pomeriggio la preghiera del Rosario dalla sua cappella nell'Arcivescovado con la possibilità di unirsi via internet.

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È stato un momento di particolare rilievo, nel tardo pomeriggio di domenica 15 marzo (abbiamo poi scoperto che anche Papa Francesco, in quel pomeriggio, si era recato in devoto pellegrinaggio alla Salus Populi Romani e al grande ed antico Crocisso della Basilica romana di San Marcello), poter concelebrare con il Pastore della nostra Arcidiocesi venuto espressamente in pellegrinaggio nel Santuario della Vergine Patrona della Città e dell'Arcidiocesi di Torino. In ossequio alle prescrizioni, le porte erano chiuse ma non sono stati pochi i fedeli a seguire dalle loro case, attraverso il nostro sito internet (www.laconsolata.org), l'intera celebrazione, che si è conclusa con una speciale supplica di afdamento alla Consolata e una sosta, ancora in preghiera, nella cappella di San Valerico. Il particolare signicato di quella celebrazione è stato evidenziato dal rettore del Santuario, che all'inizio ha offerto all'Arcivescovo e ai concelebranti gli elementi utili per evidenziarne il valore anche storico. Nella pagina a lato pubblichiamo il testo dell'intervento iniziale del rettore del Santuario e della Supplica pronunciata dai sacerdoti del Santuario con il Pastore dell'Arcidiocesi. Il nostro Arcivescovo, al termine del Rosario da lui ogni giorno presieduto

nella sua cappella in Arcivescovado, ha poi sempre concluso la recita della corona proprio con questa grande Supplica pronunciata con noi sacerdoti nella sua visita alla Consolata. Stanno riprendendo nel Santuario sia la normale vita sia le varie attività, come dappertutto. È evidente che ci vorrà non poco tempo per tornare alla normalità e tutto questo inuirà certamente sulla stessa celebrazione della Novena e della Festa della Consolata nel prossimo mese di giugno. Io amo pensare che sarà importante, specialmente in quella occasione, rendere vivissime grazie a Maria ed a San Valerico per l'efcacia della loro preghiera di intercessione presso Dio: il nostro Piemonte e Torino, pur non poco provati da questa pandemia, non hanno dovuto subire quanto in altre parti d'Italia ha inciso purtroppo molto più pesantemente sulla popolazione. Si affaccia il tempo della ripresa anche a tutti gli altri livelli, con una serie immensa di incognite estremamente concrete. Accanto all'intraprendenza che certamente non manca, sarà necessario un ulteriore supplemento d'anima per sostenere scelte che devono essere coraggiose, e forse anche impopolari, oltre a suscitare con ardita fantasia soluzioni nora impensabili da noi. Il ricorso alla mediazione materna di Maria,

che sa sempre essere concretamente attenta e vicina alle necessità (la vicenda delle nozze di Cana è davanti ai nostri occhi), dovrà essere ulteriormente invocato con insistente e duciosa preghiera. Ma è sufciente chiedere? Non dovrà forse accadere qualcosa dentro di noi? Tutta questa vicenda, che ha coinciso nella sua parte iniziale proprio con il tempo della Quaresima, tempo di revisione di vita e di conversione, chiede a ciascuno di non rimanere un triste ricordo del passato da dimenticare al più presto, ma di essere stimolo a un rinnovato stile di vita a tutti i livelli. La concreta e cordiale condivisione vista e sperimentata durante l'acuirsi del contagio, la più intensa comunione fraterna vissuta nelle singole famiglie anche a motivo del divieto di uscire di casa, la forzata e sofferta impossibilità di vivere pienamente l'Eucaristia nelle nostre chiese, … dovranno produrre in tutti e in ciascuno di noi un rinnovamento che però sarà tale solo se frutto di riessione attenta e di impegno generoso e continuativo. Accanto ai nostri indispensabili sforzi personali, poniamo la preghiera duciosa a Maria: tutto potrà avvenire, anche il miracolo della nostra conversione!

▲ Il saluto del rettore all’inizio della Celebrazione eucaristica, a porte chiuse, presieduta dall’Arcivescovo

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Saluto iniziale del rettore Eccellenza Reverendissima, grazie per la Sua presenza questa sera qui con noi nel Santuario della Consolata, Patrona della Città di Torino e dell'intera Arcidiocesi. Lei vede unicamente la presenza di noi sacerdoti perché, come è noto, le attuali disposizioni dell'Autorità pubblica non consentono la presenza dei fedeli; ma non sono pochi gli amici della Consolata che in questo momento sono uniti a noi e ci seguono attraverso il nostro sito internet: tutti insieme formiamo un'unica grande assemblea. Il Suo pellegrinaggio si colloca in una tradizione di secoli che ha visto costantemente Pastore e fedeli venire in preghiera in questa Casa di Maria per afdarle le sorti comuni, specialmente quando Torino fu afitta da epidemie e guerre. Chi viene alla Consolata non può non vedere sulla piazza la colonna con la statua di Maria: è uno dei ricordi visibili del voto compiuto dalla nostra Città nel 1835, grazie anche all'opera del Venerabile Servo di Dio Carlo Tancredi Falletti di Barolo che allora era parte dell'Amministrazione cittadina, in occasione dell'inerire del cholera morbus. Nella realtà attuale, multiculturale e multietnica, non sarebbe ipotizzabile un esplicito gesto da parte dell'Autorità pubblica come avvenne allora, ma la Comunità cristiana sa di potersi afdare con ducia alla mediazione materna di Maria per implorare il fermarsi del contagio in atto, implorando il recedere di questa pandemia e la guarigione di tutti coloro che ne sono stati colpiti. È la preghiera che esprimiamo anche per intercessione di San Valerico, l'abate benedettino del primo millennio le cui reliquie sono qui conservate da quasi mille anni e che nei secoli Torino ha invocato in precedenti epidemie, proclamandolo n dal 1598 compatrono della Città. Ringraziamo quindi la Vergine Santa per il fatto di poter essere insieme qui con Lei, Eccellenza carissima, per pregare insieme ed essere da Lei accompagnati nell'afdarci con ducia a Maria: Consolata da Dio e Consolatrice nostra.

Siamo qui riuniti nel Santuario della Vergine Consolata-Consolatrice, per elevare a lei la nostra liale supplica afnché, per la sua intercessione materna, discenda su tutti la misericordia di Dio, Padre di ogni consolazione. Ave, Maria. O santissima Vergine Consolata, Patrona della nostra Arcidiocesi e della Città di Torino, siamo raccolti nel tuo Santuario in questo tempo di grande sofferenza per tutti e facciamo appello alla tua fedele protezione costantemente dimostrata nei secoli. O Madre della Chiesa, veglia sul nostro Papa Francesco, sul nostro Arcivescovo Cesare e su tutti i Pastori della Chiesa: fa' che, confermati nella fede, speranza e carità, possano guidare il popolo cristiano sulla via del Vangelo. Ave, Maria. Vergine Consolata e Consolatrice, mettiamo nelle tue mani la difcile situazione che non solo la nostra Città ma l'Italia tutta e il mondo intero stanno attraversando. Tante famiglie sono in grande disagio e molti vagano nel buio senza prospettive di futuro. Ti preghiamo per i poveri, i senza tetto, gli stranieri ed i rifugiati politici. In particolare oggi ti afdiamo i malati e le persone tribolate nel corpo e nello spirito delle nostre famiglie e dei nostri ospedali, insieme ai medici e agli operatori sanitari, agli educatori e agli operatori sociali. Accompagna tutti con la tua presenza materna, perché l'esperienza del dolore non offuschi il sostegno della fede. Ave, Maria.

Maria, Regina della famiglia, ti afdiamo tutte le famiglie perché custodiscano integro il senso cristiano della vita e in questo tempo possano approfondire o riscoprire il valore prezioso del dialogo cordiale e fraterno. Siano luoghi in cui si prega insieme e ci si confronta con il Vangelo di Gesù. Maturi in esse la ricerca aperta e disponibile del progetto di Dio su ognuno dei loro membri e nascano vocazioni sacerdotali e religiose. Ave, Maria. Maria, Regina della pace, Salute degli infermi e Aiuto del popolo cristiano, ti afdiamo il mondo intero e coloro che ci governano, perché la tua intercessione illumini la loro mente e il loro cuore a cercare il bene comune nella vera libertà e nella pace. O Vergine Consolatrice degli afitti, al tuo cuore di Madre e Patrona è presente la vita di tutti i tuoi gli. Accogli e accompagna, credenti e non credenti, all'incontro con Cristo Signore, medico delle nostre anime. Accompagna anche i defunti, e in particolare quelli che in questo periodo sono morti a causa del coronavirus, alla visione del Figlio tuo nel suo Regno. Tu che sei invocata come Tempio dello Spirito Santo, il Consolatore, ottienici il dono della consolazione perché anche noi sappiamo essere portatori e operatori di quel conforto che i tanti sofferenti e le famiglie che hanno perso i loro Cari attendono, sperimentando la misericordiosa bontà che il nostro Salvatore e Redentore ha portato, così potremo, tutti insieme, lodare e ringraziare la Divina Provvidenza. Ave, Maria.

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La celebrazione della S. Messa

▲ «La cena di Emmaus», olio su tela (dettaglio) di Philippe de Champaigne (prima metà del 1600)

È sempre possibile unire intenzioni particolari

Giacomo Maria Martinacci

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consuetudine secolare, molto radicata anche nelle nostre terre, chiedere al sacerdote di celebrare la S. Messa secondo intenzioni particolari, ad esempio per ottenere la pace nel mondo, o per afdare al Signore situazioni speciche sia liete -come ad esempio la nascita o il Battesimo di un bimbo, una guarigione ottenuta, un compleanno, …- sia legate a sofferenze -come la malattia di una persona cara, la ricerca di un lavoro dignitoso, particolari tribolazioni, …- sia come suffragio per fedeli defunti, che risulta essere la richiesta più frequente.

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La pietà popolare ha unito alle richieste di cui sopra anche un'offerta, di solito in denaro, sulla scia dell'antichissima tradizione di portare all'altare doni con lo scopo di sostenere i poveri e le varie necessità della Comunità cristiana. Nello scorrere dei secoli tale uso è stato via via regolato anche da precise norme dell'Autorità ecclesiastica. Una -ma non l'unica- delle destinazioni dell'offerta, che comunque non può mai essere considerata come un “pagamento”, è anche quella di partecipa-

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re alla sollecitudine della Chiesa per garantire al sacerdote celebrante un dignitoso sostentamento, oltre al mantenimento delle opere pastorali e caritative. È facile notare che, non solo da oggi, la richiesta di celebrazioni della S. Messa viene più facilmente da persone avanti negli anni, che hanno assimilato questa signicativa tradizione n dai loro anni giovanili, mentre nelle altre fasce di età su questo vi è una sensibilità decisamente minore. Probabilmente nel tempo non è stata sufcientemente proposta una specica catechesi sul valore del sovvenire alle necessità della Chiesa. La corresponsabilità anche economica dovrà certamente essere riscoperta: n dagli inizi della Chiesa (si leggano gli Atti degli Apostoli!) questa era una realtà condivisa a largo raggio. Circa la celebrazione della S. Messa in suffragio di persone defunte lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che «n dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in


particolare il sacricio eucaristico» (n. 1032), facendo riferimento a un documento del XIV Concilio Ecumenico (Lione, 1274) che in un passaggio circa la sorte dei defunti afferma: «Le loro anime sono puricate dopo la morte … e a sollevarli … giovano loro i suffragi dei fedeli viventi, vale a dire i sacrici delle Messe, le preghiere, le elemosine e gli altri esercizi di pietà che sono soliti farsi, secondo le indicazioni della Chiesa» (DS, 856). Il suffragio per i fedeli defunti «che sono morti in Cristo e non sono ancora pienamente puricati» (come afferma il Concilio di Trento: DS, 1743) però non si esaurisce con la celebrazione di Sante Messe, infatti giovano a loro “le preghiere, le elemosine e gli altri esercizi di pietà” (cfr. Concilio di Lione, citato sopra), tra cui non possiamo non ricordare anche il dono delle indulgenze in loro favore. Possiamo affermare, con San Tommaso d'Aquino, che il suffragio può essere considerato come opera meritoria che giova non solo a colui al quale è destinata, ma molto di più a chi la compie (cfr. S. Th., Suppl. 71, 4). La S. Messa offerta per i fedeli defunti è anche un modo concreto di esprimere il nostro amore facendo loro del bene, oltre che segno della fede nella vita futura, dopo la morte corporale. Si può utilmente fare memoria della raccomandazione fatta, prima di morire, da Santa Monica al glio Sant'Agostino e a suo fratello: «Di una sola cosa vi prego: ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all'altare del Signore» (cfr. S. Agostino, Confessiones, 9, 11, 27). È tuttora viva la tradizione plurisecolare che risale al Papa San Gregorio Magno ( 604) di celebrare 30 Sante Messe per trenta giorni consecutivi in suffragio di un fedele defunto (le cosiddette Sante Messe gregoriane). Questa pia pratica, che in passato ebbe anche più larga diffusione, si fonda su un racconto del Santo Pontece che riferiva della vicenda di un monaco morto senza la riconciliazione con la Chiesa dopo aver commesso un grave peccato contro la povertà. Al termine di 30 giorni, durante i quali quotidianamente era stata celebrata per il defunto una S. Messa di suffragio, il defunto apparve a un confratello riferendogli di aver raggiunto la piena visione di Dio. Questo racconto non autorizza a concludere che possa esserci quasi una specie di automatismo nella preghiera di suffragio, infatti non ci è dato di sapere nel dettaglio quali siano le modalità con cui Dio nella sua misericordia applica la nostra preghiera. Comunque anche nel nostro Santuario viene accolta la richiesta di celebrare queste 30 Sante Messe per altrettanti giorni consecutivi. Al di là del legittimo cumulo di intenzioni nella medesima celebrazione, da attuarsi secondo precise e vincolanti norme canoniche, oggi molto diffuso, nel nostro Santuario continuiamo la prassi tradizionale che evita questo “cumulo”: ad ogni richiesta corrisponde la celebrazione di una S. Messa. Magari possono convergere

più sacerdoti a concelebrare insieme: in questo caso ognuno di loro può celebrare per una intenzione distinta da quella degli altri concelebranti. Di norma tutte le richieste di celebrazione di Sante Messe che ci pervengono trovano attuazione nel Santuario stesso; quando questo non risulti possibile in tempi ragionevoli, vengono trasmesse o al Vicario Generale dell'Arcidiocesi -perché le possa afdare ad altri sacerdoti, venendo incontro alle loro concrete necessitàoppure a sacerdoti missionari, che annunciano il Vangelo in altri Paesi. È forse il caso di evidenziare che sembra opportuna e da promuovere la richiesta di celebrazioni di Sante Messe non solo per il suffragio di persone defunte, la quale comunque -è doveroso rilevarlo- è una concreta manifestazione di riconoscenza e di affetto sincero, nonché un regalo bello fatto ai nostri cari, ma anche per altre intenzioni come il ringraziamento o una ricorrenza signicativa per la persona o la propria famiglia (ad esempio l'anniversario di Matrimonio o del proprio Battesimo, un evento straordinario, la pace nel mondo, una particolare difcoltà come può essere un intervento chirurgico impegnativo o una malattia da superare, la richiesta di protezione,…). La preghiera della Chiesa nel sacricio del nostro Redentore deve infatti estendersi e giungere a sostenere tutte le situazioni di vita. Afferma infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo. Il sacricio di Cristo presente sull'altare offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere uniti alla sua offerta» (n. 1368).

Come richiedere al nostro Santuario la celebrazione di Sante Messe? Normalmente ci si rivolge personalmente all'Ufcio della Sacrestia: questo è sempre necessario quando si intende ssare una data con un orario preciso. Non vengono accolte richieste effettuate tramite telefono oppure e-mail. È possibile inviare le richieste (specicando con precisione il numero delle Sante Messe da celebrare e l'intenzione per cui si chiede di pregare) anche tramite: - conto corrente postale n. 264101 (il modulo è accluso in ogni invio della nostra rivista trimestrale); - bonico bancario su UNICREDIT: IBAN IT 98 S 02008 01046 00000 3068475; - assegno bancario (solo se emesso da Istituto bancario italiano) intestato a Santuario Beata Vergine della Consolata.

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Paolo Sacchi Un eroe ringrazia la Consolata

Lino Ferracin

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li ex voto che adornano la Basilica della Consolata raccontano quasi tutti storie individuali, di gruppo o di famiglia, alcuni rivivono storie nella storia della Città, pensiamo agli ex voto legati alla prima guerra mondiale o quelli della seconda con i terribili bombardamenti, uno solo però ricorda l'importanza per la Città del gesto di un uomo, ispirato e sorretto dalla Consolata, che con il suo coraggio ha preservato la vita di centinaia di persone ed evitato la distruzione di un borgo intero di Torino. È il gesto di Paolo Sacchi, un eroe che, di fronte a un pericolo estremo, ha trovato dentro di sé la forza di fermarsi invece di fuggire e di affrontare l'imminente nuova esplosione salvando se stesso e molti tra compagni di lavoro e cittadini inermi. Tutto comincia il 26 aprile dell'anno 1852, nel quartiere di Borgo Dora vicino al cimitero di San Pietro in Vincoli tra Porta Palazzo e la Dora dove sorgeva la Regia Fabbrica delle Polveri. Questo importante centro di produzione di polvere da sparo e da mina, voluto dal Duca Emanuele Filiberto nel 1580 per non più dipendere dalle forniture estere, occupava un'area di circa 52.400 m², sfruttava con 13 mulini l'energia di due canali e comprendeva edici vari per le diverse fasi di preparazione e stoccag-

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gio della polvere da sparo o da mina, oltre ad un magazzino che in quei giorni custodiva circa 40.000 chilogrammi di polvere da sparo all'interno di 800 barili. Verso le 11.45 di quel lunedì 26 aprile gli operai della polveriera cominciavano a fermare il lavoro e ad uscire dallo stabilimento per la sosta di mezzogiorno, quando in un laboratorio dello stabilimento una scintilla generata in una botte ternaria, una macchina dove si mescolavano i diversi componenti della polvere da sparo, provocò la prima esplosione in due granitoi, cilindri di bronzo concentrici per ridurre in grani la polvere da sparo, poi in un deposito di duemila chilogrammi ed immediatamente dopo di tremila chili di polvere in uno stenditoio, locale dove su tavolacci si stendeva il materiale umido da essiccare. Lo scoppio che ne seguì provocò il crollo di murature, di tetti e di materiali e soprattutto la morte di una ventina di lavoranti ancora dentro all'edicio. Un secondo scoppio si produsse subito dopo in due magazzini attigui facendo esplodere circa 12.000 Kg. di polvere. Uno scoppio ancor più forte del primo che provocò la distruzione delle abitazioni più vicine ed ingenti danni alle altre più discoste, edici abitati da circa 24.000 persone, in gran parte di povere condizioni, che

in quella Torino in espansione si arrangiavano come potevano. Un terzo scoppio di 1500 Kg portò altre vittime, danni e paura nelle zone vicine alla Fabbrica. Ma il pericolo più grave stava maturando a causa della caduta di un muro che separava i locali già devastati da un magazzino nel quale erano in deposito 40 tonnellate di polvere essiccata distribuita in 800 botti pronte per il collaudo e per la spedizione ma non ancora sigillate. Nello stenditoio che ormai bruciava, dove diversi operai erano rimasti uccisi, altri solo feriti o gettati a terra dallo scoppio, il nostro Paolo Sacchi, benché ferito, ebbe la prontezza di spirito di guardarsi attorno e di accorgersi che, nell'ambiente dove erano pronti i barili, una coperta inammata era volata accanto a quelli e minacciava di provocare un ultimo spaventoso scoppio. Nella lucidità di quel momento facendosi coraggio e invocando: «Consolata proteggimi», il Sacchi si gettò dentro il magazzino, raccolse la coperta in amme e nonostante il terzo scoppio lo gettasse nuovamente a terra la portò all'aperto. L'ex voto appeso nel corridoio dei confessionali rivive proprio il momento in cui il Sacchi con il volto sconvolto ma rivolto alla Vergine esce da una porta con la coperta in amme tra le mani. Così ricostruisce l'e-


▲ «Il furiere Sacchi», ex voto del 1852 che reca in basso a sinistra la scritta: «Il furiere Sacchi pose questo segno di riconoscenza alla Vergine SS. che gli diè difesa e coraggio nello scoppio della polveriera di Borgo avvenuto il dì 26 aprile 1852», corridoio degli ex voto del Santuario della Consolata (fotograa di Andrea Aloi)

pisodio il ministro Alfonso Lamarmora nella sua relazione al re Vittorio Emanuele II: «Benché ferito, riavutosi dalla scossa ricevuta, si accorse che il magazzino principale non era ancora scoppiato, ma vide nel tempo stesso quanto imminente fosse il pericolo; imperocché le tegole del tetto si erano smosse per la maggior parte ed erano cadute lasciando scoperto quasi completamente il magazzino; pezzi di traliccio accesi erano stati lanciati nell'interno di questo; i barili di polvere nera erano tutti senza coperchio, come si usa tenerli per facilitare l'estrazione dei campioni nelle collaudazioni»1. I primi a giungere e ad attivarsi per limitare i danni sono gli operai non coinvolti negli scoppi che insieme al Sacchi si danno a svuotare il magazzino delle botti ripiene di polvere ed a

spegnere i vari incendi. In attesa dell'arrivo dei pompieri con l'acqua, ci si arrangia come si può e qui un episodio che fa sorridere e che coinvolge Don Bosco, sì il Santo, che accorso dal vicino oratorio si vuole prodigare nei soccorsi, viene però fermato dalla sorveglianza ma il Sacchi gli prende dalle mani il suo tricorno, il cappello da prete, e lo usa come primo recipiente per gettare acqua sugli incendi residui. Al primo scoppio Don Bosco era in una sala del convento di San Domenico dove portava a termine i preparativi per una lotteria organizzata per raccogliere fondi per la nuova chiesa dell'Oratorio in Valdocco. Allo scoppio il Santo corse verso l'Oratorio, distante non più di 500 metri dalla Fabbrica, preoccupato per i suoi ragazzi che fortunatamente tro-

vò sani e al sicuro e corse allora per dare una mano dove il disastro era avvenuto. Poté solo assistere un operaio ferito a morte ma il suo berretto da prete divenne strumento per bagnare le coperte che ricoprivano i barili di polvere. Paolo Sacchi confermò più volte negli anni questo episodio. I soccorsi arrivarono presto organizzati dal Duca di Genova, comandante dell'Arma dell'Artiglieria, accorso tra i primissimi. Con lui arrivarono i ministri D'Azeglio e Lamarmora; il Re stesso, udito da Moncalieri lo scoppio e, saputane per telegrafo la causa, montato a cavallo si era precipitato sul luogo del disastro. Alle 15 ogni pericolo era sotto controllo. I feriti gravi furono 16 mentre il numero dei morti arrivò a 23. Le case attorno alla polveriera furono in gran par-

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▲ Ex voto per grazia ricevuta del 26 aprile 1852 di Sapatti custodito nel Santuario della Consolata (fotograa di Andrea Aloi)

te scoperchiate o incendiate obbligando il Comune ad allontanarne gli abitanti che furono ricoverati in ospedali e in alberghi. Danni importanti ebbe il cimitero di San Pietro in Vincoli connante con l'edicio sinistrato dallo scoppio. Nessun danno si ebbe nel Santuario della Consolata, nessun vetro della cupola fu infranto, mentre i vetri dell'annesso Convento andarono in frantumi. Nel Santuario, al momento dello scoppio, il Santissimo era appena stato esposto e ci si preparava a dare la benedizione quando al fortissimo rumore uno dei due sacerdoti ebbe un moto di paura e fece per fuggire ma l'altro, un certo don Sa, prete spagnolo, lo trattenne gridandogli: «Che temete? Il Padrone è lì…» e subito intonò il Tantum ergo accompagnato dai fedeli tornati ad inginocchiarsi. All'Oratorio di Valdocco una trave cadde a pochi metri dalla casetta di Don Bosco che per l'onda d'urto ebbe

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seri danni alla muratura e agli inssi, mentre la nuova chiesa di San Francesco, non ancora consacrata e ancora priva di tutti i serramenti non patì danneggiamenti. Nessun ferito soprattutto, perché i giovani ed i presenti si erano raccolti un poco distante in un prato dove col tempo sarebbe stata edicata la Basilica di Maria Ausiliatrice. Al Cottolengo, di cui alcuni edici distavano meno di 80 metri dalla polveriera, e che in quei giorni ospitava all'incirca 1300 tra suore, malati ed orfani, nessuno ebbe ferite; il softto di un’infermeria di giovani malate crollò schiacciando ogni cosa ma fortunatamente tutte erano già fuori; una massa incandescente attraversò la cappella delle Taidine sorando la suora che dirigeva le preghiere senza colpirla; l'infermeria delle suore con 30 ammalate fu sconquassata ma senza danni alle ricoverate, così come nel reparto degli infanti. Danni gravissimi subirono anche gli

edici dell'Istituto del Rifugio, fondato nel 1823 dalla Marchesa Giulia Falletti di Barolo, appena più in là del Cottolengo rispetto alla polveriera: softti crollati, muri abbattuti, inferriate e vetri divelti, tantissima paura ma nessun ferito o danno a persone; e come molte testimonianze confermarono nessuna statua o quadro della Consolata, presenti nei vari locali, caddero o si rovinarono. In ricordo del fatto e in ringraziamento alla Consolata protettrice fu eretto un altarino con un quadro della Consolata avente come base d’appoggio pietre, rottami e pezzi di inferriate cadute sull'Istituto. Oggi parte di quei materiali sono il basamento di una statua alla Consolata in uno dei cortili dell'Istituto. Il boato dello scoppio percorse tutta la città e moltissimi furono gli edici con i vetri infranti. «In un momento di forti tensioni sociali tra progressisti e conservatori, in Torino si diffusero voci incontrollate: si temeva


che qualcuno avesse fatto saltare la sede del Parlamento Subalpino nel Palazzo Carignano o, addirittura che l'esplosione avesse colpito il Palazzo Reale»2. Come visivamente ben testimonia il

secondo ex voto presente nel Santuario, relativo allo scoppio della polveriera, un elemento è comune alle testimonianze dell'epoca: la quantità di oggetti, travi, vetri, metalli precipitati dal cielo; così rappresentano i

fatti il quadro nella chiesa di San Gioacchino, una litograa della Collezione Simeon, nell'Archivio di Torino, o ancora il quadro nella portineria del Cottolengo.

Biograa Paolo Sacchi era nato a Voghera il 28 maggio 1807 da genitori contadini. Chiamato a vent'anni alla leva militare fu aggregato alla ferma di otto anni nel Corpo Reale di Artiglieria. In quel corpo rimase per 25 anni giungendo al grado di sergente e, per meriti speciali, a quello di furiere: era questo il grado del sottufciale più anziano della compagnia, o del reparto, incaricato dei servizi di contabilità. Uomo di grande fede e devozione alla Consolata, si recava ogni mattina nel Santuario per una breve preghiera e ogni volta che partecipava alla Santa Messa amava servire all'altare. Il suo gesto eroico nell'episodio dello scoppio della polveriera portò il Sacchi all'attenzione della pubblica opinione confermata dagli onori e dalle ricompense deliberate dal Consiglio comunale, dalla Guardia Nazionale e dal Governo. Su proposta del sindaco cav. Giorgio Bellono fu deliberato all'unanimità che al sergente polverista Sacchi Paolo fosse conferito il diritto di cittadinanza torinese; che il suo nome, ancora lui vivente, fosse imposto ad una delle vie della città (primo e unico caso in Torino); che fosse acconsentita a favore del sig. Sacchi sull'erario comunale un'annua pensione di L. 1200 con decorrenza 26 aprile. L'assemblea deliberò inoltre nel civico palazzo fosse apposta una lapide a memoria dell'episodio, del Sacchi e degli altri valorosi che si erano distinti nello spegnimento dell'incendio alla polveriera. In occasione di una festa in suo onore nella sua Voghera, che gli aveva dedicato un busto nel palazzo comunale e intitolata una via, così Paolo Sacchi ricordava (in dialetto) quanto accaduto: «Che volete che io vi dica? Io ero un semplice contadino come voi; la patria mi ha chiamato e mi ha elevato, perché sono vogherese. Del resto, è la Consolata che mi ha ispirato, ed io non ho fatto che il mio dovere»3. Andato in pensione dopo i tragici avvenimenti, Paolo Sacchi condusse una vita ritirata a Torino. «… i vecchi d'anni e d'idee negli ultimi suoi anni salutavano con rispetto il Sacchi e lo additavano ai giovanetti, incontrandolo sotto i portici di piazza Vittorio, passeggiata da lui preferita ad ogni altra. Meglio ancora conoscevano e ammiravano il Sacchi i frequentatori del Santuario della Consolata, dove il bel vecchio dai baf brizzolati e tagliati alla militare e col nastrino azzurro della medaglia al valore, si recava, secondo l'antica sua abitudine a sentire ed a servire la S. Messa, ed era d'inappuntabile esattezza alla visita del sabato, gloriandosi di prestar servizio d'onore alla diletta sua Madonna. Paolo Filippo Sacchi morì il 21 maggio 1884, in età di 77 anni»4 e la sua tomba è tuttora nel Campo Primitivo del Cimitero Monumentale di Torino.

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SERAFINO FIORIO, Nel centenario dello scoppio della polveriera di Borgo Dora 25 [sic] aprile 1852, in Torino. Rivista mensile della Città e del Piemonte, Torino febbraio 1952, p. 26. Citato in PIERGIUSEPPE ed EMANUELE MENIETTI, Il Risorgimento nelle vie di Torino, Il Punto, Torino 2010, p. 178. 2 MENIETTI, op. cit., p. 178 3 4

La Consolata IV (1902), n. 4 Aprile 1902, p. 61. Ivi, pp. 61 - 62.

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▲ «La gloria di S. Bernardo», affresco di Michele A. Milocco nella volta della sacrestia del Santuario della Consolata (1730-1736) (fotograa di Andrea Aloi)

I Cistercensi Foglianti alla Consolata e l'eroico esempio di padre Giovanni Gualteron

Daniele Bolognini

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ella sacrestia del nostro Santuario, al centro della volta, un affresco ricorda San Bernardo (1091-1153), il Fondatore dei Cistercensi devotissimo della Vergine Maria. Fu l'Ordine che sostituì i Benedettini, con il ramo riformato dei Foglianti (o Fogliensi o “Bernardoni”), dal 1589 alla soppressione napoleonica. A loro tanto si deve: si distinsero per un fecondo apostolato - si pensi ai cruciali mesi dell'assedio del 1706 e alle ricorrenti epidemie – e furono

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arteci della radicale trasformazione dell'antica chiesa romanica di Sant'Andrea nell'attuale edicio barocco. Nel mese di febbraio si è tenuto a Torino un importante Convegno e si è fatta luce su vicende e personaggi caduti in oblio: i Foglianti, no a inizio '800, erano un Ordine radicato e inuente in tutto il Piemonte. I Foglianti devono la loro fondazione al francese Giovanni Battista de la Barrière, nato nel 1544, nobile, studen-


te alla Sorbona di Parigi. Decise di farsi cistercense con l'ispirazione di riformare il suo Ordine e, prete a 33 anni, entrò nell'abbazia di Notre-Dame de Feuillant (Tolosa), da cui il nome “Foglianti”. Dovette scontrarsi con la maggior parte dei confratelli, ma nel 1581 il Papa Gregorio XIII approvò la Riforma. A Roma avevano l'importante protezione della famiglia Caetani e fu loro afdato il monastero di S. Pudenziana. Conobbero uno sviluppo notevole sia in Italia che in Francia. Nel 1592 si tenne a Roma il Capitolo Generale, ma de la Barrière accusato ingiustamente fu deposto dalla carica di abate. Dopo otto anni di “nascondimento” presso il monastero di S. Bernardo alle Terme, San Roberto Bellarmino ottenne da Clemente VIII la revisione del processo e la sua riabilitazione. Il “riformatore” morì però, poco tempo dopo, il 24 aprile 1600. Queste vicende si intrecciarono con quelle del nostro Santuario. A Torino i Foglianti giunsero il 25 ottobre 1589 dal monastero romano di S. Pudenziana, grazie a Camillo Caetani, priore commendatario di S. Andrea (la Consolata) che ottenne l'avvicendamento coi Benedettini, a motivo della decadenza della vitalità di quella comunità monastica. Erano anni in cui la peste, con alterne virulenze, serpeggiava in tutto lo Stato Sabaudo che dal 1562 aveva eletto come capitale Torino. Nelle epidemie, oltre alla Consolata, i torinesi pregavano S. Valerico che nel 1598 fu eletto Compatrono cittadino. In Santuario, n dall'arrivo dei Benedettini erano venerate le sue reliquie e nel 1599 fu realizzato un nuovo altare di patronato municipale. Proprio in quell'anno si dovette nuovamente affrontare una terribile epidemia di peste in cui si distinsero, per il soccorso spirituale, ma anche materiale verso il popolo, proprio i Foglianti. Loro guida fu il priore padre Giovanni Gualteron (Gualteronio), di cui abbiamo notizie dalle monograe sul Santuario e da un inedito manoscritto conservato alla Biblioteca Civica Centrale di Torino. Spagnolo di nascita – secondo il manoscritto, che citeremo anche in seguito, invece viene detto francese – Giovanni esercitava la professione forense quando decise di farsi monaco. Professò tra i Cistercensi nel 1581, assumendo il nome di Giovanni di S. Girolamo “perché avrebbe imitato la vita del Santo Dottore e seguito la sua dottrina”. Fu in diverse case dell'Ordine, dove si distinse per zelo e religiosità. È descritto come mite e paziente, umile e non ambizioso, parco di parole. Camillo Caetani, già ricordato, ottenne dal fratello Cardinale Enrico, titolare di S. Pudenziana, che padre Gualteron andasse a Torino per contribuire a rivitalizzare il monastero (la pianeta, tuttora conservata, detta di “S. Francesco di Sales”, riporta lo stemma del Cardinale Enrico che fu anch’egli priore commendatario prima del fratello). Vi giunse nel 1596 e tra le prime iniziative chiese ed ottenne la cessazione della parrocchia – che aveva circa 500 parrocchiani – afnché la Consolata fosse solo “un cen-

tro di preghiera, comune a tutti i cittadini”. Nel 1599 scoppiò, come detto, una nuova pestilenza e i Foglianti furono riferimento per tutta la Città. I malati più poveri vennero accolti nel chiostro del convento. Padre Gualteron, stimolo ed esempio per i confratelli, trovò la forza pregando davanti alla venerata icona della Consolata. Divise i confratelli secondo i compiti: ai monaci laici afdò la preghiera, ai confratelli sacerdoti invece chiese di confessare, dare la Comunione e rispondere alle necessità del popolo. Gualteron tenne per sé i malati maggiormente bisognosi di aiuto. Nel manoscritto citato, troviamo in merito eloquenti elogi su padre Gualteron: «Volle farsi grande di fronte al Signore, soprattutto in quel tempo in cui una terribile pestilenza squassava Torino e in quella Città un’orribile morte percuoteva equamente i palazzi dei ricchi ed i tuguri dei poveri, tirando fuori e trasportando per vicoli e piazze una moltitudine di cadaveri putrefatti dalla peste che riempivano l'aria di fetore e causavano una maggior pestilenza ai poveri. […] Coloro poi che non si nascondevano, fuggivano lontanissimo dalle mura della Città e così chiunque era contagiato dal morbo moriva per le strade e nelle case lontano dal conforto e dalla speranza della salvezza, mentre non si preparavano i salutari rimedi dell'anima mancando i “medici” sacri. […] Ma non fece così Giovanni mentre instancabile nella cura di tutti correva per i vicoli della Città e consolava coloro che soccombevano al morbo portando i doni della pietà e carità ed amministrava a tutti non soltanto ciò che era necessario al sostentamento della vita […]. Così tutto fervente di carità non temeva il fetore del morbo pestifero, non tralasciava di vegliare su ogni calamità, convinto di rendere onore a Dio offriva ai malati il Pane eucaristico con le sue mani, li ungeva con l'Estrema Unzione, li esortava a sperare nell'eterno riposo e inne raccomandava a Dio con sacre preghiere i dormienti nel Signore, non risparmiando nessuna fatica e sudore afnché le anime guadagnassero il Cielo e per allontanare da loro il pestifero serpente dell'Inferno e per consegnarli nelle mani degli spiriti celesti per condurli in Paradiso, volentieri offrendo la sua vita per loro, se piacesse a Dio, e anche morire egli stesso con loro prontissimo a lasciare ad altri l'amministrazione dei Sacramenti». Epica, l'anno seguente, fu la sua testimonianza di fede in occasione della festa del Corpus Domini. Torino, Città del SS. Sacramento (per il miracolo del 1453), rischiava che non si svolgesse la processione, essendo morti o avendo abbandonato la Città pure molti ecclesiastici. Gualteron e confratelli, a piedi scalzi e in abito di penitenza, con atti supplichevoli, andarono in Duomo dove presero la SS. Eucaristia per portarla per le strade. In pochi li seguirono, per paura del contagio, molti si affacciarono alle nestre rimanendo edicati dal loro passaggio e piangendo incrociarono le mani al petto. Nessun monaco fu colpito dalla peste, che da quel giorno, dicono le cronache, cominciò a declinare. Quell'anno

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(1600) fu chiamato a Roma e gli venne afdata l'abbazia di Valvisciolo (Sermoneta) che viveva un periodo di difcoltà. Tornato a Torino, vi rimase saltuariamente no al 1619. In quegli anni si abbellì l'altare della Consolata e la cappella sotterranea della Madonna delle Grazie (nel 1608), e si fondò il convento dei Foglianti a Miraori per volontà del principe Vittorio Amedeo di Savoia. Nell'Urbe conobbe San Roberto Bellarmino, priore commendatario della Consolata dal 1616 al 1621, di cui Gualteron fu quindi vicario. Alla Consolata padre Gualteron probabilmente incontrò S. Francesco di Sales, ospite in Santuario nel 1596, nel 1599 e nel 1603.

storia dell'Ordine dei Certosini. Nel 1693 fu nominato Vescovo di Bobbio mentre era Procuratore Generale dei Foglianti, fu poi Vescovo di Saluzzo nel 1698. Per trent’anni il suo ministero fu importante e fecondo. Scrisse anche una biograa del Beato Amedeo IX di Savoia.

Fu monaco alla Consolata Giovanni Bona, nato a Mondovì nel 1609, che nel 1625 vestì l'abito dei Foglianti presso l'abbazia di S. Maria di Pinerolo. Fu alla Consolata in particolare nel 1632 e nel 1643. Studiò a Roma teologia e losoa, fu priore del monastero di Asti nel 1641. Nel 1651 venne eletto Generale dell'Ordine ed ebbe modo di conoscere il Cardinale Fabio Chigi che nel Spossato dalle fatiche, sul nire dell'anno 1619, lasciò 1655 divenne Papa Alessandro VII. Bona ricoprì imporTorino per recarsi a Roma. Passò a salutare i confratelli tanti incarichi no alla nomina a Cardinale nel 1669, di Vicoforte ed a pregare Maria Regina Montis Regalis. celebrata l'anno seguente a Torino con un'opera scritta Giunse a S. Bernardo alle Terme allo stremo delle forze, dal Morozzo. Visse sempre in modo semplice, attento in preda alla febbre. Dopo alcuni giorni volle ricevere il alle necessità dei poveri, no alla morte che lo colpì a Viatico inginocchiato a terra, dopo aver chiesto perdono Roma nel 1674. Bona scrisse opere teologiche di sucdei peccati ai confratelli. Morì il 10 gennaio 1620. Padre cesso, alcune pubblicate postume. Gualteron è poi caduto in un ingiusto oblio. A padre Domenico Arcourt, priore alla Consolata e Almeno tre le gure di spicco tra i Foglianti che sono le- consultore del Sant'Ufzio, dobbiamo l'Historica notitia gati alla Consolata. Carlo Giuseppe Morozzo (1645- della miracolosa imagine della Madonna santissima 1729), saluzzese, fu abate ed ebbe l'onore di accogliere della Consolata, importante fonte di notizie sul Santuaalla Consolata Jean Mabillon, insigne teologo e storico rio, pubblicata nel 1704, ristampata nel 1705 e nel 1767. benedettino, considerato l'ideatore della paleograa e della diplomatica. Morozzo nel 1681 pubblicò la Croni-

Ringrazio per la collaborazione: Enrico Pio Ardolino, Alberto Blandin Savoia, Maria Teresa Reineri.

del Santuario di Torino La Compagnia della Consolata ha come scopo di favorire la devozione alla Vergine Maria, venerata come Consolata dai doni di Dio e, per questo, Consolatrice dei sofferenti e degli afflitti: modello e sorgente di speranza, Ella ci precede nel cammino della fede e ci sostiene nelle difficoltà della vita quotidiana. È vivamente raccomandata agli iscritti la partecipazione personale alle celebrazioni liturgiche del Santuario e, nel giorno della festa titolare (20 giugno), alla processione in onore della Consolata.

Tutti, anche i defunti, possono essere iscritti nella Compagnia. Per loro, in Santuario, ogni sabato viene celebrata una S. Messa alle ore 10,30. Per iscrizioni e maggiori informazioni rivolgersi alla sacrestia del Santuario o telefonare al n. 011/483.61.01.

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Il Santuario della Consolata


calendario liturgico del Santuario Giugno 2020 1. B. V. Maria Madre della Chiesa (m.) S. Giustino, martire (m.) 3. Santi Carlo Lwanga e Compagni, martiri (m.) 5. S. Bonifacio, vescovo e martire (m.) 6. Memoria del “Miracolo di Torino” (m.)

2.

Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria

S. Barnaba, apostolo (m.) 13. S. Antonio di Padova, sacerdote e dottore della Chiesa (m.) 9° sabato della Consolata

14. c SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO (s.) 19. SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ (s.) Giornata Mondiale per la santificazione sacerdotale

20. BEATA VERGINE MARIA CONSOLATRICE (s.) Solennità titolare del Santuario Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria

Cuore Immacolato della B. V. Maria (m.) 21.

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25. 26.

12 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Luigi Gonzaga, religioso (m.) S. GIUSEPPE C AFASSO, sacerdote: le sue reliquie sono conservate nel nostro Santuario (f.) NATIVITÀ DI S. GIOVANNI BATTISTA, patrono della Città di Torino (s.) S. Massimo di Torino, vescovo (m.) Beata Nemesia Valle, vergine (m. f.)

28.

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23. 24.

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13 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Giornata Mondiale per la carità del Papa

S. Ireneo, vescovo e martire (m.) 29. SANTI PIETRO E PAOLO, apostoli (s.) Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria

Luglio 2020 3. 4. 5. 6. 11. 12. 15. 16. 19. 22. 23. 25. 26.

S. TOMMASO, apostolo (f.) Beato Pier Giorgio Frassati (m. f.) a c 14 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Maria Goretti, vergine e martire (m. f.) S. BENEDETTO, abate, patrono d'Europa (f.) a c 15 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Bonaventura, vescovo e dottore della Chiesa (m.) B. V. Maria del Monte Carmelo (m. f.) a c 16 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. MARIA MADDALENA (f.) S. BRIGIDA, religiosa, patrona d'Europa (f.) S. GIACOMO, apostolo (f.) a c 17 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Santi Gioacchino e Anna, genitori della B. V. Maria (m.) 29. S. Marta (m.) 31. S. Ignazio di Loyola, sacerdote (m.)

Agosto 2020 1. S. EUSEBIO, vescovo e martire, patrono del Piemonte (f.)

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18 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Porziuncola. Perdono di Assisi Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria

S. Alfonso Maria de' Liguori, vescovo e dottore della Chiesa (m.) 4. S. Giovanni Maria Vianney, sacerdote (m.) 5. Dedicazione della Basilica di S. Maria Maggiore (m. f.) Solennità titolare della Basilica Papale di S. Maria Maggiore a cui la Consolata è collegata Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE (f.)

8° sabato della Consolata

7. c SS. TRINITÀ (s.) 9. Beato Luigi Boccardo, sacerdote: per 30 anni confessore nel nostro Santuario (m. f.) 11-19. Novena della Consolata 11. ANNIVERSARIO DELLA CONSACRAZIONE DEL SANTUARIO (1904) (s.)

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6. 8. S. Domenico, sacerdote (m.) a 9. c 19 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE, vergine e martire, patrona d'Europa (f.) 10. S. LORENZO, diacono e martire (f.) 11. S. Chiara, vergine (m.) 12. S. Giovanna Francesca de Chantal, religiosa (m. f.) 14. S. Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e martire (m.) 15. c ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA (s.) Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria

16. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 27. 28. 29. 30.

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20 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Rocco (m. f.) S. Bernardo, abate e dottore della Chiesa (m.) S. Pio X, papa (m.) Beata Vergine Maria Regina (m.) a c 21 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. BARTOLOMEO, apostolo (f.) Beato Luigi della Consolata Bordino, religioso (m. f.) S. Monica (m.) S. Agostino, vescovo e dottore della Chiesa (m.) Martirio di S. Giovanni Battista (m.) a c 22 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Beata Teresa Bracco, vergine e martire (m. f.)

Orario delle celebrazioni in Santuario Sante Messe: Festive: ▪ Domenica e feste: 7 - 8,30 - 10 - 11,30 - 16 (sospesa in luglio e agosto) - 18 - 19,30 ▪ Sabato e prefestivi: 18

Feriali: 7 - 8 - 9 - 10,30 - 12 18 - 19 (sospesa nei prefestivi e in agosto)

Liturgia delle Ore: ▪ Lodi mattutine: 8 (lun./ven. feriali) ▪ Vespri: 17 (sab./dom.) - 18 (lun./ven. feriali)

Adorazione Eucaristica: ▪ Sabato (feriale): 12,30 - 17,30

Confessioni: ▪ Giorni festivi: 7 - 12,15 / 15 - 20,15 ▪ Sabato e prefestivi: 7 - 12,15 / 15 - 18,45 ▪ Giorni feriali: 7 - 12,15 / 15 - 19,15

Rosario: ▪ Ogni giorno: 17,30


Il Ramo O.N.L.U.S. si dedica alla tutela, custodia, valorizzazione e promozione del Santuario B. V. della Consolata e dell'annesso Convitto Ecclesiastico e particolarmente delle opere d'arte in essi custodite, nonché della loro manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Per sostenere le iniziative si può contribuire preferibilmente: ► tramite bonico su conto corrente bancario UNICREDITSPA: IBAN IT 91 A 02008 01046 000105031377 specicando la destinazione al “Santuario B. V. della Consolata - Ramo O.N.L.U.S.” (codice scale 97501670018) ► tramite versamento sullo specico conto corrente postale n. 1040900498 allegato ad ogni numero della rivista del Santuario. Attraverso queste operazioni le somme versate potranno godere dei beneci scali nell’annuale denuncia dei redditi.

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Lasciti e donazioni Da tanti anni, affezionati devoti della Consolata esprimono la volontà di destinare al Santuario parte delle loro sostanze. Il Santuario B. V. della Consolata, con sede in Torino, gode di personalità giuridica come ente ecclesiastico (decreto ministeriale del 18.6.1987) ed è iscritto nel registro della Prefettura di Torino al n. 463. Come tale può ricevere legati ed eredità. Per le formule da utilizzare nella stesura di un testamento -che è sempre modicabile e/o revocabile- può essere utile il consiglio di un notaio al ne di evitare spiacevoli errori o incomprensioni, che rischiano di inciarne la validità. Solo con il generoso aiuto di tutti il Santuario può continuare ad essere un luogo accogliente e sicuro per svolgere il servizio pastorale che gli è proprio. Quanto potrà essere destinato al Santuario sarà un dono prezioso, segno di particolare amore alla Vergine Consolata-Consolatrice. Per informazioni rivolgersi direttamente al rettore del Santuario.

Attenzione: in caso di mancato recapito, rinviare all’Ufficio di Torino C.M.P. Nord per la restituzione al mittente, Rettore del Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino, che s’impegna a corrispondere la relativa tariffa.

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