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rubriche Questo mondo chiede consolazione

Questo mondo chiede consolazione

Il Samaritano, paradigma della spiritualità della Chiesa di oggi

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Osvaldo Maddaleno

Il discorso con il quale apriva Papa Giovanni XXIII il Concilio Vaticano II fu come una grande ouverture sinfonica, che anticipava i contenuti dell'assise ecumenica e insieme indicava gli atteggiamenti con i quali si sarebbero dovuti affrontare. Gli obiettivi che il Papa afdava al Concilio erano soprattutto quello di donare la verità della fede cristiana con modalità nuove, così che essa potesse essere compresa e accolta dal mondo di oggi, e quello di promuovere l'unità della famiglia umana, soprattutto l'unità nella verità tra tutte le Chiese. Tra gli atteggiamenti che proponeva per giungere e perseguire questi obiettivi, vi era innanzitutto uno sguardo positivo sul mondo contemporaneo, cogliendone le opportunità e sapendo scorgervi il lavoro della Provvidenza che «ci sta conducendo a un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più al di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento di disegni superiori ed inattesi». Dissentiva apertamente dai “profeti di sventura” che nei tempi moderni non sapevano vedere se non “prevaricazione e rovina”. Per reprimere gli errori, che pure sapeva presenti nella società contemporanea, invitava a preferire «il ricorso alla medicina della misericordia piuttosto che brandire le armi della severità. Invece di condannare, essa (la Chiesa) ritiene di rispondere meglio ai bisogni della nostra epoca, mettendo meglio in luce la forza della sua dottrina» (11 ottobre 1962). Scriveva : Teilhard de Chardin «Non si converte se non quello che si ama. Se il cristiano non è in completa simpatia con il mondo nascente, se non trova in se stesso le aspirazioni e le ansietà del mondo moderno, se non lascia crescere nel suo essere il senso dell'umano, non realizzerà mai la sintesi liberatrice tra la terra e il cielo da cui può nascere la manifestazione ultima del Cristo universale. Immergersi per emergere e sollevarsi. Partecipare per sublimare. Questa è la legge stessa dell'Incarnazione». nell'omelia dell’ 8 dicembre Papa Paolo VI 1965 diceva che: «L'antica storia del Samaritano è stata il paradigma (il modello) della spiritualità del Con

cilio». Esso aveva provato per il mondo contemporaneo la stessa compassione di quell'uomo buono per il ferito che giaceva lungo la strada: «Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani ha assorbito l'attenzione del nostro Sinodo. Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano odierno». «Non la Chiesa da una parte e il mondo dall'altra – direbbe uno dei Padri Conciliari ancora vivo, il Vescovo Luigi Bettazzi -, ma la Chiesa fermento del mondo, perché tutti possano camminare verso il regno di Dio». La Chiesa oggi qui da noi non ha più il personale e i mezzi per intraprendere grandi progetti; al contrario, i suoi progetti possono solo essere modesti, un po' come seminare in un piccolo orto. Scaviamo il terreno, mettiamo il fertilizzante, annafamo, ma soprattutto ci diamo del seme. Seminare è un gesto di speranza. È come dare la vita. Qui da noi nella Chiesa è giunto il momento della semina, il vero tempo della speranza. Non mancano i

semi di grande qualità: “il messaggio di Gesù”. Fortunatamente c'è ancora buona terra, per lo più abbandonata e incolta. In un Santuario vi è , che in vario mol'iniziativa divina do, qui alla Consolata, attraverso l'intervento di Maria, pone un segno tra gli uomini per richiamarli alla fede. La ricerca di Dio si trasforma nella consapevolezza di essere stati cercati e chiamati da Lui, come ha detto Papa Francesco (18 maggio 2013): «Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare da Lui, ma quando noi andiamo, Lui ci aspetta, Lui è prima! Noi, in spagnolo, abbiamo una parola che spiega bene questo: il Signore sempre ci pri“ merea , è primo, ci sta a” spettando! E questa è proprio una grazia grande; trovare uno che ti sta aspettando». E qui Gesù ci dona il suo Spirito che è Consolatore.

▲ «Il buon Samaritano», scultura in bronzo sita sulla facciata di un edicio a Würzburg (D)

Gesù stesso promette consolazione: «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati» Mt ( 5, 4), o anche ( 6, «Beati voi, che ora piangete, perché riderete» Lc 21). Ma soprattutto Dio «ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» 2 Cor ( 1, 3-4). In questa società c'è tanto bisogno di accogliere gli afitti. Non sempre si riesce a risolvere loro i problemi, ma si può pregare, stare loro vicino con rispetto e carità, soffrire con loro accompagnandoli a Gesù e al suo abbraccio di consolazione. Se qualcuno che ci ama ci è vicino, allora anche il dolore perde la sua forza e noi, pur piangendo, godiamo della beatitudine di non essere soli. Se umanamente è così, tanto più lo è con Dio! Perciò Gesù, che ha compiuto un capovolgimento radicale dei nostri valori, non ha esitato a dire che n d'ora sono beati quelli che piangono, e sono beati i poveri, gli afitti, i perseguitati. Sono beati perché sperimentano la profondità del cuore di Dio, perché possono scoprire il tesoro nascosto della Croce, perché pian piano cominciano a vedere con gli occhi stessi di Dio, da un'altra prospettiva. Il Cardinale Martini , interrogato su quale fosse il ruolo della Chiesa nel mondo postmoderno, dove ideologie e valori sono in via di estinzione per lasciare spazio a nichilismo e solitudine, rispondeva: «Il ruolo dei cristiani e della Chiesa è quello della consolazione». E noi qui alla Consolata possiamo essere questa presenza: Dio non ci fa incontrare il dolore se non perché noi, in qualche maniera, ne siamo consolatori. E non ce ne fa incontrare più di quello che noi, con il suo aiuto, possiamo consolare. Alcune esperienze consolatorie. Padova è la prima città italiana ad ottenere il riconoscimento di “Capitale del volontariato”. Una persona ogni cinque fa volontariato. Questo è il Dna dell'Italia che sa consolare e agire. L’attuale Vescovo di Graz in Austria, Wilhelm Krautwaschl, racconta come fa digiuno dallo stress: «È un esercizio per poter vivere pienamente l'attimo presente. È abbastanza semplice: ogni mattino af- do a Gesù tutti gli appuntamenti già ssati. Prima di ogni incontro -e ce ne sono molti nella giornata- mi rivolgo verso l'alto: “Signore, ti chiedo, fammi incontrare questa persona in modo tale che mi riconosca come tuo servo”. Dopo l'incontro un nuovo contatto molto breve verso il cielo: “Spero di essere stato pienamente con te. Ti chiedo di accogliere questo incontro nella tua eternità. E ora rendimi libero per il prossimo che sta arrivando”. Sono Vescovo da più di 4 anni nella più grande Diocesi dell'Austria (un milione e 200mila abitanti di cui 800mila cattolici). Sto ancora imparando a essere completamente “qui” una presenza di Chiesa che consola». Dopo una Quaresima vissuta in casa, questa esperienza di ci fa bene. padre Andrea «Così ho risposto a un religioso che temeva di rovinare la sua vita conventuale lavorando così spesso fuori di casa: “Sei in convento quando sei fuori per amore; sei fuori convento quando vivi dentro senza amore”. Anche un giovane portiere d'una azienda mi ripeteva il suo timore di vivere fuori di famiglia per troppe ore. Allora con coraggio gli dissi che non doveva parlare così perché…”Per chi lavori?” gli chiesi. “Per la mia famiglia” rispose. “A chi porti la busta paga?” aggiunsi. “Alla mia famiglia”. “Perché esci di casa tutti i giorni?”. “Per amore di mia moglie e dei gli”. Allora non dire più “sono fuori casa”, ma puoi affermare con verità: “Io lavoro sempre in casa, perché lo faccio per amore della mia famiglia”. Ora, spesso quando lo incontro, il giovane sorridendomi mi sussurra: “Grazie per quello che mi ha detto; ora io lavoro in casa”. Dove non ami, là non ci sei. Il tuo cuore ti fa abitare là dove tu ami». Signore, per intercessione della Madre tua, Consolatrice degli afitti, consolaci con la tua consolazione divina perché, da te consolati, diffondiamo la gioia in quelli che sono nel dolore.