Rivista Santuario della Consolata - Gennaio/Marzo 2022

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IL Rivista fondata nel 1899

DELLA n. 1 GENNAIO - MARZO 2022


In copertina: «S. Francesco di Sales», pittore anonimo, olio su tela del 1600 Bussy-le-Grand, Francia (fotografia di Benjamin Gavaudo)

Periodico religioso trimestrale Anno 124 - n. 1 Gennaio - Marzo 2022 Poste italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale «Regime R.O.C.» - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO - Nuovo corso n. 1/2022 C.C. post. n. 264101 intestato a: Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino Tel. +39 011 483.61.11 Fax +39 011 483.61.99 E-mail: rivistasantuario@laconsolata.org Sito web: www.laconsolata.org Impaginazione grafica rivista: Andrea Aloi Stampa: A4 servizi grafici di Serra Sergio Snc Via F.lli Meliga 5/D - Chivasso (TO) Tel. 011919.55.96 E-mail: info@a4servizigrafici.it Sito web: www.a4servizigrafici.it

editoriale

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rubriche

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La Chiesa «riparte» dalla gente e si «mette in gioco» Osvaldo Maddaleno

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L’Anno Amoris laetitia 3: La gioia dell’amore: la vocazione della famiglia Da: Amoris laetitia di Papa Francesco

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Il Convitto Ecclesiastico di Torino: fucina di santità sacerdotale Daniele Bolognini e Giacomo Maria Martinacci

Direttore responsabile: Marco Bonatti Autorizzazione del Tribunale Civile di Torino n.379 del 22 febbraio 1949

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La parola del Rettore Giacomo Maria Martinacci

Dall’Italia: ■ versamento sul c.c. postale n. 264101 allegato ad ogni numero della rivista del Santuario ■ assegno bancario o circolare di Banca Italiana (inviato a mezzo assicurata) intestato: «Santuario Beata Vergine della Consolata»

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■ Bonifico su c.c. bancario UNICREDIT intestato a: Santuario Beata Vergine della Consolata IBAN IT 98 S 02008 01046 000003068475 specificando la causale della donazione

Miracula 1813 - 1814 Gianlorenzo Boano e Giulia Poretti

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IV Centenario della morte di S. Francesco di Sales 1: Fedele a Dio nel sì quotidiano Maria Grazia Franceschini

Dall’estero: ■ solo con bonifico su c.c. bancario UNICREDIT: intestato a: Santuario Beata Vergine della Consolata IBAN IT 98 S 02008 01046 000003068475 specificando la causale della donazione

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Redazione:

Collaboratori:

Andrea Aloi Daniele Bolognini Lino Ferracin Osvaldo Maddaleno Giacomo Maria Martinacci Giulia Poretti

Gianlorenzo Boano Maria Grazia Franceschini


editoriale

La parola del Rettore mons. Giacomo Maria Martinacci

Carissimi amici e devoti della Consolata, ci siamo lasciati alle spalle l'anno 2021 nel quale purtroppo -nonostante l'estendersi a largo raggio del vaccino- il Covid-19 non ci ha abbandonati. Le notizie dell'autunno, che avevano fatto balenare timide aperture alla speranza, sono state smentite dalla recrudescenza della pandemia. Ci auguriamo che questo sia soltanto un colpo di coda, ma è estremamente difcile poter fare delle previsioni concrete. Ecco perché, nonostante quanto pubblicato sullo scorso numero della rivista, anche il nostro pellegrinaggio in Terra Santa deve ulteriormente attendere tempi migliori: al momento possiamo ipotizzarlo nella terza decade del prossimo mese di novembre. Ma per ogni decisione sembra saggio attendere almeno l'inizio della stagione estiva, condando che l'opera dei sanitari possa consentire una situazione più serena. La vita della Chiesa locale torinese ci ha offerto nei mesi scorsi un momento intenso di affetto riconoscente a Mons. Cesare Nosiglia, nostro Arcivescovo: il 14 settembre l'Arcidiocesi si è data appuntamento nel nostro Santuario per unirsi a Lui in preghiera nel XXX della sua Ordinazione episcopale. L'Arcivescovo è poi ritornato tra noi, domenica 17 ottobre, per l'avvio del Cammino Sinodale fortemente voluto dal Papa: incontrare, ascoltare e discernere sono le tre linee portanti che Papa Francesco ha afdato alla Chiesa intera come programma per questo importante evento ecclesiale. Nel 2022 Torino sarà interessata da

un fatto importante: Mons. Nosiglia lascerà la cura pastorale diretta della nostra Arcidiocesi, che aveva assunto nell'autunno del 2010. Al momento in cui scrivo siamo in attesa che il Santo Padre nomini per noi il nuovo Arcivescovo e può darsi che la nostra attesa venga colmata prima che questo numero della rivista giunga nelle vostre case. Ne parleremo sul prossimo, ma intanto in Santuario abbiamo cominciato a pregare per colui che sarà il Pastore destinato ad accompagnare il nostro cammino ecclesiale nei prossimi anni, afdandolo alla Vergine Consolata. Accanto ai momenti belli, dobbiamo però ricordare la morte di don Ferruccio Gambaletta. Per 37 anni aveva svolto in Santuario un servizio ininterrotto come confessore ed accompagnatore spirituale di tantissime persone. Dal dicembre 2020 era stato destinato ad altro incarico, lasciando tra noi il ricordo di una presenza sempre positiva e cordiale, apportatrice di serenità e speranza. Nel giorno sacro alla Madonna della Neve, il 5 agosto scorso, è stato vittima di un incidente stradale e noi amiamo pensare che la Vergine Santa gli sia venuta incontro aprendogli la visione del Volto di Dio, che colma con sovrabbondanza ogni nostra attesa. Con l'Avvento scorso abbiamo ripreso in ogni sabato l'adorazione eucaristica, tradizionale per il nostro Santuario: nemmeno durante le due guerre mondiali venne interrotta. L'unica sospensione è stata causata dal Covid-19, ma ci è sembrato che

fosse giunto il momento di riproporre questo particolare tempo di adorazione e la risposta dei fedeli è consolante. Contestualmente all'adorazione proponiamo l'invocazione allo Spirito Santo per accompagnare il Cammino Sinodale, sopra citato, e la preghiera per ottenere il dono di nuove e sante vocazioni sia al sacerdozio ministeriale sia alla vita consacrata, oggi tanto necessarie. Anche da casa è possibile unirsi a noi alle 17,15 di ogni sabato feriale, attraverso lo streaming del Santuario, per rendere ancora più corale la preghiera. Quando questo numero della nostra rivista giungerà nelle vostre case probabilmente sarà già avviato il cammino quaresimale, tempo di particolare impegno nella vita della Chiesa, che sfocia nella Pasqua di Risurrezione: culmine dell'anno liturgico. A tutti voi giunga l'augurio mio e dei sacerdoti del Santuario, unitamente a quello dei Volontari e delle Volontarie che con noi collaborano quotidianamente: il Risorto sia per ognuno sorgente di grazia e di gioia, di speranza e di sempre rinnovata ducia nelle promesse di Dio, ma anche nei tanti segni di bontà che ognuno è chiamato a compiere ed a scoprire intorno a sé. Ci aiuteranno in questo impegno anche i nove sabati della Consolata, che avranno inizio proprio il sabato dell'ottava di Pasqua. Maria, che ha saputo attendere con fede la risurrezione del Figlio, ci accompagna costantemente all'incontro con Lui. Camminiamo insieme: sorretti da lei e dalla sua intercessione materna.


La Chiesa «riparte» dalla gente e Con Maria per la conversione alla sinodalità

Osvaldo Maddaleno

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ell'ottobre scorso si è aperto solennemente il Sinodo della Chiesa di Dio dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Con questa convocazione, Papa Francesco invita la Chiesa intera ad interrogarsi su un tema decisivo per la sua vita e la sua missione: “Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. Avremo modo in questi due anni di capire e collaborare perché il protagonista dei lavori è lo Spirito Santo, che sempre crea novità, che ci sorprende con le sue ispirazioni, che preserva la comunità ecclesiale dall'immobilismo, dal dire “si è sempre fatto così”, dall'intellettualismo, dal formalismo, … Lo Spirito, dice il Papa è il «respiro sempre nuovo di Dio, che libera da ogni chiusura, rianima ciò che è morto, diffonde la gioia. Lo Spirito è Colui che ci guida dove Dio vuole e non dove ci porterebbero le nostre idee ed i nostri gusti personali». Partendo dal brano evangelico del giovane ricco, il Papa invita a guardare a Gesù, che sulla strada dapprima incontra l'uomo ricco, poi ascolta le sue do-mande ed inne lo aiuta a discernere che cosa fare per avere la vita eterna. Incontrare, ascoltare, discernere sono i verbi che illuminano e tracciano il percorso sinodale. Incontrare. È essenziale incontrare i volti, incrociare gli sguardi, condividere la storia di ciascuno, non essere frettolosi, non guardare l'orologio, non mostrarsi infastiditi dell'incontro con l'altro. Nel cammino sinodale cia-

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scuno è chiamato a diventare esperto nell'arte dell'incontro. Ascoltare. Porsi in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e Nazione. Ed anche in ascolto del mondo, delle sde e dei cambiamenti che ci mette davanti. Discernere. L'incontro e l'ascolto non sono ne a se stessi, ci mettono in discussione, in cammino e cambiano il cuore: diventano un processo di guarigione condotto dallo Spirito. È l'invito a liberarsi da ogni forma di chiusura, da modelli pastorali ripetitivi e non più efcaci, a cercare di comprendere in che direzione il Signore vuole orientare la Chiesa. Nella conversazione del Papa con i Gesuiti slovacchi (13.9.2021) uno gli chiese: «Oggi vedo che molti vogliono tornare indietro o cercano certezze nel passato. Quale visione di Chiesa possiamo seguire?». Francesco rispose che stiamo soffrendo questo, oggi, nella Chiesa: l'ideologia del tornare indietro. La vita ci fa paura. La libertà ci fa paura. Ci fa paura celebrare davanti al Popolo di Dio che ci guarda in faccia e ci dice la verità. Ci fa paura andare avanti nelle esperienze pastorali. Ci fa paura accompagnare gente con diversità sessuale. È il male di questo momento, cercare la strada nella rigidità e nel clericalismo, che sono due perversioni. «La mia non è una lode all'imprudenza -diceva ancora il Papa-, ma voglio segnalarvi che tornare indietro non è la strada giusta. Lo è, invece, andare avanti nel discernimento e nell'obbedienza. La prospettiva della Chiesa non deve esse-


e «si mette in gioco» re quella di custodire ceneri, ma di aprirsi alle sde del futuro in modo evangelico». Il Papa ha ssato per tutta la Chiesa una prossima meta, che possiamo esprimere con i celebri versi di Antonio Machado: Caminante, no hay camino, se hace camino al andar (“Viandante, il cammino non c'è, lo si fa camminando”). «Il Concilio Vaticano II ha segnato un importante passo nella presa di coscienza che la Chiesa ha, sia di se stessa sia della sua missione nel mondo contemporaneo. Questo cammino, iniziato più di cinquant'anni fa, continua a spronarci nella sua recezione e sviluppo, e non è ancora giunto a termine, soprattutto rispetto alla sinodalità che si deve operare ai diversi livelli della vita ecclesiale (parrocchia, diocesi, nell'ordine nazionale, nella Chiesa universale, come pure nelle diverse Congregazioni e comunità)» (Francesco 29.6.2019). Mons. Piero Coda, membro della Commissione teologica del Sinodo, in un'intervista dei media vaticani, ha esplicitamente affermato che pensa che questo sia l'avvenimento ecclesiale più importante, più strategico, dopo il Concilio Vaticano II. Il Concilio ci ha fatto riscoprire la Chiesa come è: unità nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, comunione e missione. Oggi, dopo tutto un cammino in cui abbiamo trovato nuove energie e fatto esperienza, siamo pronti a compiere un passo ulteriore. Oggi possiamo far diventare vita, quella partecipazione al mistero di Cristo in cui siamo inseriti in grazia del Battesimo. Quindi fare un Sinodo sulla sinodalità non vuol dire farlo su un tema come tanti altri, ma sull'identità più profonda della Chiesa come comunione e missione, che diventa concreta, storicamente incisiva, quando è partecipata da tutti. La Chiesa è tale, infatti, solo quando è portata sulle proprie spalle da tutti ed è condivisa nel proprio cuore da tutti, a servizio dei fratelli, soprattutto a cominciare dagli ultimi, e dalle periferie esistenziali e spirituali del nostro tempo. Nella Chiesa per lunghi secoli, nel secondo millennio, dalla riforma gregoriana no al Vaticano II, per necessità di crescita storica, di maturazione, è prevalsa una visione principalmente piramidale, pur con grandi Santi, grandi movimenti, … che però non hanno coinvolto no in fondo tutte le membra del Popolo di Cristo. Con il Vaticano II si parla di vocazione universale alla santità, tutti abbiamo la stessa dignità come Popolo di Dio, quindi il momento storico è proprio questo. Dobbiamo perciò cercare di aprirci all'azione dello Spirito che rende tutti corresponsabili in prima persona di questo grande evento di grazia. A Natale il Santo Padre parlando alla Curia Romana ha

► nella pagina a lato: «Le nozze di Cana» (dettaglio), olio su tela di Paolo Veronese (1563), Museo del Louvre, Parigi

proprio detto che dobbiamo convertirci alla sinodalità, ma senza umiltà non potremo fare questo. In altre parole mi sembra volesse dire: basta parlare, bisogna ascoltare. Una delle virtù di Maria è il silenzio. Questo racconto ci può illuminare. «Basta!». Tutti in Paradiso trattennero il ato. Nessuno aveva mai visto Gesù così arrabbiato. «Sono stato 33 anni in mezzo agli uomini, ho detto loro che le opere valgono immensamente di più delle parole e per questo sono stato crocisso. Ho spiegato che non sono le tante parole e le cerimonie a qualicare i miei discepoli, ma l'amore realizzato. Ma quasi nessuno l'ha capito. Predicano ai quattro venti, cantano e partecipano a celebrazioni coinvolgenti e toccanti, ma fanno così poco». «Che cosa intendi fare?» chiese un angelo. «Toglierò loro la parola, come è successo a Zaccaria, il padre di Giovanni Battista», decise Gesù, e tolse a tutti i cristiani la facoltà di parlare. In un primo tempo si stupirono. Molti si precipitarono in farmacia a comprare sciroppi e pillole per il mal di gola. Poi cominciarono a preoccuparsi ed inne si spaventarono. Come potevano pregare senza parole? Come facevano a dire a Gesù e al prossimo che li amavano, senza parole? I teologi ed i predicatori si sentivano disoccupati. La gente comune non riusciva neanche più a litigare, ma quel che è peggio non sapevano come esprimere solidarietà, conforto, sostegno, compassione. A forza di pensarci arrivarono a una semplice conclusione: «Quello che non possiamo più dire con le parole, possiamo comunicarlo con i fatti». I grandi maestri impararono ad esprimersi con lo sguardo, con il sorriso e gesti di servizio. Anche il catechismo divenne pieno di gioia e di giochi. Molti si vergognarono ricordandosi di quanto era facile mentire con le parole. Su qualche giornale apparvero articoli con il titolo: “Guardate come si amano!”. Sempre più gente trovò questa fede molto interessante, sentendosi attirata dall'atmosfera di pace, serenità e vera accoglienza che si respirava tra i discepoli di Gesù. Quando, dopo un po', Gesù restituì loro la possibilità di parlare, ne furono quasi rammaricati. Nel tempo del grande silenzio avevano sperimentato quanta tenerezza c'era nella fede cristiana. La Vergine Consolata, come a Cana, ci insegna ad accorgerci e a farci carico delle necessità di quelli che ci sono vicini, riconoscendo che i loro bisogni sono anche nostri. Che lei ci aiuti ad aprire gli occhi e a riscoprire l'orizzonte nuovo della missione. Capire che il cambiamento è necessario, è il primo passo verso un vero cambiamento.

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La gioia dell’amore: la vocazione della famiglia L’Anno Amoris laetitia

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Accompagniamo lo speciale Anno della Famiglia (19 marzo 2021 - 26 giugno 2022), proseguendo la presentazione di una sintesi dei singoli capitoli dell'Esortazione Apostolica Amoris laetitia (19 marzo 2016) di Papa Francesco. Siamo al terzo di essi (nn. 58-88). Per una riflessione più completa invitiamo alla lettura del testo integrale che si può trovare sia in forma cartacea nelle librerie cattoliche, sia nel sito web www.vatican.va

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avanti alle famiglie ed in mezzo a esse deve sempre risuonare il primo annuncio, ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario, e deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice. È l'annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare, perché non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio. Non si può neppure comprendere pienamente il mistero della famiglia cristiana se non alla luce dell'innito amore del Padre, che si è manifestato in Cristo, il quale si è donato sino alla ne ed è vivo in mezzo a noi. Egli ha guardato alle donne ed agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi con verità, pazienza e misericordia, nell'annunciare le esigenze del Regno di Dio. Allo stesso modo, il Signore ci accompagna oggi

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nel nostro impegno per vivere e trasmettere il Vangelo della famiglia. Gesù recupera e porta a compimento il progetto divino Gesù, riferendosi al disegno primigenio della coppia umana, riafferma l'unione indissolubile tra l'uomo e la donna. «Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mt 19, 6) non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini, bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. La condiscendenza divina accompagna sempre il cammino umano, guarisce e trasforma con la sua grazia il cuore indurito, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce. L'alleanza sponsale, inaugurata nella creazione e rivelata nella storia della salvezza, riceve la piena rivelazione del suo signicato in Cristo e nella sua Chiesa. Da Cristo, attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia necessaria

per testimoniare l'amore di Dio e vivere la vita di comunione. Gesù ha inaugurato la sua vita pubblica con il segno di Cana, compiuto a un banchetto di nozze (cfr. Gv 2, 1-11). Ha condiviso momenti quotidiani di amicizia con la famiglia di Lazzaro e le sue sorelle (cfr. Lc 10, 38) e con la famiglia di Pietro (cfr. Mt 8, 14). Ha ascoltato il pianto dei genitori per i loro gli, restituendoli alla vita (cfr. Mt 5, 41; Lc 7, 14-15) e manifestando così il vero signicato della misericordia. Ciò appare chiaramente negli incontri con la donna samaritana (cfr. Gv 4, 1-30) e con l'adultera (cfr. Gv 8, 1-11), nei quali la percezione del peccato si desta davanti all'amore gratuito di Gesù. L'incarnazione del Verbo in una famiglia umana, a Nazaret, commuove con la sua novità la storia del mondo. Abbiamo bisogno di immergerci nel mistero della nascita di Gesù, nel sì di Maria all'annuncio dell'angelo, quando venne concepita la Parola nel suo seno; anche nel sì di


▲ «Famiglia», fotografia di Jamie Virgin (sito web: www.jamievirginphotography.com/)

Giuseppe, che ha dato il nome a Gesù e si fece carico di Maria; nella fuga in Egitto, in cui Gesù partecipa al dolore del suo popolo esiliato, perseguitato e umiliato; nell'ammirazione dei dottori della Legge mentre ascoltano la saggezza di Gesù adolescente. E quindi penetrare nei trenta lunghi anni nei quali Gesù si guadagnò il pane lavorando con le sue mani, sussurrando le orazioni e la tradizione credente del suo popolo ed educandosi nella fede dei suoi padri. Questo è il segreto di Nazaret, pieno di profumo di famiglia! L'alleanza di amore e fedeltà, di cui vive la Santa Famiglia di Nazaret, illumina il principio che dà forma ad ogni famiglia e la rende capace di affrontare meglio le vicissitudini della vita e della sto-

ria. «Nazaret ci ricordi che cos'è la famiglia, cos'è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile; ci faccia vedere com'è dolce ed insostituibile l'educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell'ordine sociale» (Paolo VI). La famiglia nei documenti della Chiesa Il Concilio Vaticano II si è occupato della promozione della dignità del matrimonio e della famiglia. Ha denito il matrimonio come comunità di vita e di amore, mettendo l'amore al centro della famiglia. Il “vero amore tra marito e moglie” implica la mutua donazione di sé, include ed integra la dimensione sessuale e l'af-

fettività, corrispondendo al disegno divino. Inoltre sottolinea il radicamento in Cristo degli sposi. Nell'incarnazione, Egli assume l'amore umano, lo purica, lo porta a pienezza e dona agli sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede, speranza e carità. In questo modo gli sposi sono come consacrati e, mediante una grazia propria, edicano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica. Paolo VI ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita. Giovanni Paolo II ha denito la famiglia “via della Chiesa”; ha offerto una visione d'insieme sulla vocazione all'amore dell'uomo e della donna; ha proposto le

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linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società. Benedetto XVI ha ripreso il tema della verità dell'amore tra uomo e donna, che s'illumina pienamente solo alla luce dell'amore di Cristo crocisso. Egli ribadisce come il matrimonio basato su un amore esclusivo e denitivo diventa l'icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell'amore umano. Il sacramento del matrimonio Il sacramento del matrimonio è un dono per la santicazione e la salvezza degli sposi, perché la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Il matrimonio è una vocazione, in quanto è una risposta alla specica chiamata a vivere l'amore coniugale come segno [pur sempre] imperfetto dell'amore tra Cristo e la Chiesa. Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà ed apertura alla vita; essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. Cristo stesso viene incontro ai coniugi cristiani: rimane con loro, dà loro la forza di seguirlo prendendo su di sé la propria croce, di rialzarsi dopo le loro cadute, di perdonarsi vicendevolmente, di portare gli uni i pesi degli altri. L'unione sessuale, vissuta in modo umano e santicata dal sacramento, è a sua volta per gli sposi via di crescita nella vita della grazia. Il valore dell'unione dei corpi è espresso nelle parole del consenso, dove i coniugi si sono accolti e si sono donati reciprocamente per condividere tutta la vita. Queste parole conferiscono un signicato alla sessualità, liberandola da qualsiasi ambiguità. La trasmissione della vita e l'educazione dei gli Il matrimonio è in primo luogo

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un'intima comunità di vita e di amore coniugale che costituisce un bene per gli stessi sposi, e la sessualità è ordinata all'amore coniugale dell'uomo e della donna. Perciò anche i coniugi ai quali Dio non ha concesso di avere gli, possono nondimeno avere una vita coniugale piena di senso, umanamente e cristianamente. Ciò nonostante, questa unione è ordinata alla generazione per la sua stessa natura. Il bambino che nasce non viene ad aggiungersi dall'esterno al reciproco amore degli sposi: sboccia al cuore stesso del loro mutuo dono, di cui è frutto e compimento. Non giunge come alla ne di un processo, ma invece è presente dall'inizio del loro amore come una caratteristica essenziale che non può venire negata senza mutilare lo stesso amore. Fin dall'inizio l'amore riuta ogni impulso di chiudersi in se stesso e si apre a una fecondità che lo prolunga oltre la propria esistenza. Il glio chiede di nascere da un tale amore e non in qualsiasi modo, dal momento che egli non è qualcosa di dovuto ma un dono, che è il frutto dello specico atto dell'amore coniugale dei suoi genitori. In questo modo il Creatore ha reso partecipi l'uomo e la donna dell'opera della sua creazione e li ha contemporaneamente resi strumento del suo amore, afdando alla loro responsabilità il futuro dell'umanità attraverso la trasmissione della vita umana. Se la famiglia è il santuario della vita, il luogo dove la vita è generata e curata, costituisce una lacerante contraddizione il fatto che diventi il luogo dove la vita viene negata e distrutta. È così grande il valore di una vita umana, ed è così inalienabile il diritto alla vita del bambino innocente che cresce nel seno di sua madre, che in nessun modo è possibile presentare come un diritto sul proprìo corpo la possibilità di prendere decisioni nei confronti di tale vita, che è un ne in se stessa e che non può mai essere oggetto di dominio da parte di un altro essere umano. Una delle sde fondamentali di fronte a cui si trovano le famiglie oggi è sicuramente quella educativa, resa

più impegnativa e complessa dalla realtà culturale attuale e dalla grande inuenza dei media. È molto importante ricordare che l'educazione integrale dei gli è “dovere gravissimo” e allo stesso tempo “diritto primario” dei genitori. Non si tratta solo di un'incombenza o di un peso, ma anche di un diritto essenziale ed insostituibile che sono chiamati a difendere e che nessuno dovrebbe pretendere di togliere loro. La scuola non sostituisce i genitori bensì è ad essi complementare. Qualsiasi altro collaboratore nel processo educativo deve agire in nome dei genitori, con il loro consenso e, in certa misura, anche su loro incarico. La famiglia e la Chiesa Con intima gioia e profonda consolazione, la Chiesa guarda alle famiglie che restano fedeli agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole ed incoraggiandole per la testimonianza che offrono. Nella famiglia si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l'amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l'offerta della propria vita. L'amore vissuto nelle famiglie è una forza permanente per la vita della Chiesa. Nella loro unione di amore gli sposi sperimentano la bellezza della paternità e della maternità; condividono i progetti e le fatiche, i desideri e le preoccupazioni; imparano la cura reciproca e il perdono vicendevole. In questo amore celebrano i loro momenti felici e si sostengono nei passaggi difcili della loro storia di vita. La bellezza del dono reciproco e gratuito, la gioia per la vita che nasce e la cura amorevole di tutti i membri, dai piccoli agli anziani, sono alcuni dei frutti che rendono unica e insostituibile la risposta alla vocazione della famiglia, tanto per la Chiesa quanto per l'intera società. (Continua)

Papa Francesco


Il Convitto Ecclesiastico di Torino: fucina di santità sacerdotale Daniele Bolognini e Giacomo Maria Martinacci

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a condizione religiosa del Piemonte, nell'ultimo scorcio del secolo XVIII e all'inizio del XIX, risentì non poco di inussi dalla vicina Francia con i suoi orientamenti religiosi, i principi della Rivoluzione e la successiva dominazione napoleonica. Anche la Facoltà di Teologia, presente nell'Università degli Studi di Torino n dall'inizio del XV secolo, subiva pesantemente la mentalità imperante, non sempre in linea con tutti gli insegnamenti pontici. Le dottrine del Gallicanesimo e del Regalismo si inltravano facilmente nelle coscienze, con tendenze anche di insubordinazione ecclesiale, senza dire di uno spirito di mal sopportazione delle cose di religione e di una libertà di pensiero no a quel tempo da noi sconosciuta, che rimase poi nella mai scomparsa mentalità anticlericale. Era il tempo di grandi difcoltà anche per la libertà dei Papi, basti pensare a quanto dovettero subire dai dominatori francesi sia Pio VI che Pio VII. L'insegnamento della Teologia Morale nell'Università torinese, nonostante le indicazioni e le stesse direttive della Sede Apostolica, era fortemente segnato da orientamenti rigoristi e di conseguenza diventava molto difcile per i fedeli una vita sacramentale serena, segnata dalla frequente e fruttuosa ricezione del sacramento della Penitenza e della Comunione eucaristica, nonostante il progressivo diffondersi della devozione al Cuore di Gesù e lo slancio affettuoso nel culto di Maria. Ad opera di Nicolao Diessbach (1732-1798), calvinista convertito e successivamente gesuita, e del Venerabile Pio Brunone Lanteri (1759-1830), fondatore degli Oblati di Maria Vergine, sorsero le “Amicizie Cristiane” (che nel 1817 mutarono il nome in “Cattoliche”): una associazione il cui obiettivo era la diffusione della stam-

pa religiosa, molto ostacolata durante il periodo napoleonico, per cui i membri avevano l'obbligo di mantenere segreto il loro impegno. Visto l'accrescersi delle adesioni, ebbe inizio il gruppo della Conversazione Cristiana Cattolica, una sorta di accademia letteraria alla quale si aggiunse anche una terza associazione denominata Amicizia Sacerdotale. La dottrina si fondava principalmente sugli insegnamenti di S. Ignazio di Loyola (Diessbach ne era glio spirituale), di S. Francesco di Sales e di S. Alfonso Maria de' Liguori, creando di fatto un aperto contrasto con il formalismo giansenista e le teorie pseudoreligiose del tempo. La situazione del nostro Clero risentiva fortemente del clima imperante nel Piemonte e il sacerdote torinese Luigi Maria Guala (1775-1848) -nella scia avviata da Diessbach e Lanteri, a cui era particolarmente legato- si adoperò per favorire una riforma tra gli ecclesiastici, dopo essere stato membro molto attivo di un Comitato di sacerdoti e laici che sostenne il Papa Pio VII nel periodo della sua prigionia a Savona, per cui egli stesso rischiò anche di essere deportato in una Colonia penale francese d'oltremare. Nel 1805 il Guala, giovane sacerdote, fu nominato rettore della Congregazione degli Artisti, che aveva trovato sede presso la centrale chiesa torinese di S. Francesco d'Assisi (di cui egli divenne rettore nel 1808) e prese alloggio in alcune camere dell'ex-convento francescano (espropriato nel 1801 durante l'occupazione francese e che allora era in parte adibito a caserma) annesso a quella chiesa. Riunendo dei giovani ecclesiastici come collaboratori per il servizio della chiesa, prese anche a istruirli con private conferenze ed iniziandoli alla Teologia Morale secondo la dottrina di S. Alfonso Maria de' Li-

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► a pagina 9: stemma del Convitto Ecclesiastico di Torino (fotografia di Andrea Aloi) ► a lato: «Teol. Luigi Guala», olio su tavola di Mario Gilardi (1957), Convitto Ecclesiastico,Torino (fotografia di Andrea Aloi) ► a pagina 13: «San Giuseppe Cafasso» (particolare): sono evidenziati i tre orientamenti fondamentali della sua azione pastorale: la formazione dei giovani sacerdoti, la visita ai carcerati, l’opera caritativa per i poveri. Olio su tela di Luigi Gugliemino (1925) della scuola di Enrico Reffo, Convitto Ecclesiastico, Torino. (fotografia di Andrea Aloi)

guori. Questo avveniva con molto riserbo, al ne di evitare animosità e ostacoli, facilmente intuibili in quel preciso periodo storico. Egli però aspirava a poter tenere Conferenze pubbliche, come in quel tempo già avveniva in Città n dal 1738 nell'Università e poco tempo dopo anche nel Seminario e per le quali era stabilito che i capi dovessero essere scelti tra i migliori teologi, di conosciuta idoneità e bontà di dottrina, mentre i sacerdoti appena ordinati erano tenuti a frequentare una di esse almeno per un triennio. Conseguito pertanto il titolo di dottore collegiato dell'Università torinese e prottando delle buone disposizioni delle Autorità civili, previo accordo con l'Arcivescovo Mons. Giacinto Della Torre, presentò al Re una supplica per il riconoscimento pubblico della sua Conferenza. La

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domanda venne accolta e con Regie Patenti del 16 dicembre 1814 venne nominato “Capo e Direttore” di una Conferenza Morale in Torino con tutti i privilegi e vantaggi che ne dipendevano (e uno stipendio annuo di lire 500 a carico dell'Università). Da quel momento la sua Conferenza cominciò a essere frequentata da neosacerdoti desiderosi di conoscere le dottrine di S. Alfonso, tanto diverse da quelle loro trasmesse nell'insegnamento delle altre due Conferenze. L'intendimento del Guala, però, andava oltre: desiderava vivamente formare le giovani leve dell'altare alla pratica delle virtù sacerdotali e quindi intendeva proporre loro una forma di vita comune animata dal vero spirito ecclesiastico. Nel 1817, fattasi libera una parte dell'exconvento francescano, chiese ed ottenne di prenderla


in aftto. Fu così che poté accogliervi il primo nucleo di giovani sacerdoti, con i quali aprì l'anno scolastico 181718, riuscendo così a realizzare quello per cui il Lanteri tanto si era adoperato ma che non gli era stato possibile attuare. Per loro compose un Regolamento, con poche regole improntate a grande moderazione, allo scopo di prepararli a continuare anche nel successivo ministero lo stile sacerdotale necessario per l'efcacia del loro servizio pastorale. Già nel febbraio 1821, il nuovo Arcivescovo, Mons. Colombano Chiaveroti, rmò la sua approvazione, costituendo di fatto il riconoscimento ufciale del Convitto da parte dell'Autorità ecclesiastica, a cui il 25 ottobre 1822 seguì quella del re Carlo Felice. Nel 1823 il Guala, già rettore della chiesa di San Francesco, fu nominato dall'Arcivescovo anche rettore e preside del Convitto.

L'opera del Guala dovette affrontare numerose e persistenti controversie fortemente critiche sia da parte di coloro che erano stati formati nell'Università o nel Seminario, assorbendone le dottrine rigoriste e regalistiche, sia di quanti vedevano in lui l'amico dei Gesuiti (in effetti dopo la sua Ordinazione sacerdotale egli aveva desiderato di entrare tra loro, in quel tempo rifugiati in Russia), e d'altronde egli era consigliere di parecchi ministri del Governo, oltre che ritenuto da molti quale l' “oracolo” dell'Arcivescovo Mons. Luigi Fransoni. Sono note le valutazioni molto denigratorie nei confronti del Convitto scritte da Vincenzo Gioberti nella sua opera Il Gesuita moderno. Tutto questo però non impedì la prosecuzione del suo importante cammino al Convitto stesso, consolidatosi e sviluppatosi ulteriormente con l’opera del Cafasso, primo successore del Guala.

Nelle intenzioni del Guala, espresse nei vari ricorsi per ottenere l'approvazione dell'Opera da lui fondata, il Convitto doveva essere un'istituzione non solo diocesana ma destinata al “compimento dell'educazione ecclesiastica dei sacerdoti di tutte le diocesi degli antichi Stati Sardi”. E in effetti nel 1821-22 i convittori presenti appartenevano a 8 diverse diocesi del Piemonte e della Savoia: la sola diocesi di Chambéry aveva fatto richiesta per 10 o 12 posti annuali. Per poter soddisfare il crescente numero di domande il Guala chiese quindi che fosse stabilmente assegnata al Convitto tutta la parte invenduta dell'ex-convento di San Francesco, liberata proprio allora dalle truppe che la occupavano. Ottenuto l'assenso del re, in data 17 gennaio 1823 ebbe anche la regia autorizzazione ad accettare lasciti e ad acquistare beni stabili, e il Convitto divenne un ente morale.

Nel novembre 1833, da Castelnuovo d'Asti, era giunto a Torino il giovane sacerdote Giuseppe Cafasso che quasi subito si iscrisse alle Conferenze di San Francesco. Molto presto fu notato dal Guala, che già nella Quaresima del primo anno lo inviò nelle Carceri giudiziarie, come responsabile di alcuni altri convittori, per spiegarvi il catechismo ai carcerati. Allo scadere del triennio di formazione, essendo venuto a mancare il “Ripetitore”, cioè il primo collaboratore del Rettore del Convitto, che integrava la sua opera tenendo anch'egli lezione ogni giorno ai convittori, già nel 1836 il Cafasso fu incaricato di sostituirlo. A distanza di anni, alcuni di loro poterono testimoniare che egli poggiava sulle dottrine di Sant'Alfonso la scuola della Morale, svolgendola con la massima chiarezza, senza lasciar mai di esporre le opinioni dei più accreditati Autori, dei quali mostrava la più limpida conoscenza. Nella scuola proponeva anche un caso di morale, invitando alcuni dei convittori a risolverlo; subentrava poi egli stesso con parola calma e chiara, dapprima distinguendo le questioni che riguardavano il caso, che successivamente risolveva ad una ad una secondo i principi, tanto chiaramente che tutti potevano facilmente ricordare le soluzioni.

Il Convitto, giunto così a pieno regime, poteva ospitare anche più di 80 sacerdoti convittori interni, ma alla Conferenza pubblica che il Guala teneva nel pomeriggio (al mattino era un Ripetitore che teneva lezione, destinata solo ai convittori interni) assistevano parecchi sacerdoti esterni, non solo giovani: non pochi dei confratelli più anziani erano anch'essi desiderosi di conoscere le dottrine del Liguori che aprivano a valutazioni meno restrittive la vita morale dei cristiani. Altro intendimento del Guala, e già del Lanteri, era la pratica degli Esercizi Spirituali secondo il metodo ignaziano. Per questo egli n dal 1807 si orientò alla valorizzazione del Santuario di S. Ignazio sopra Lanzo, rimasto quasi abbandonato dopo la soppressione dei Gesuiti. Sono merito del Guala, nominatone poi rettore il 23 novembre 1836, non solo il restauro del Santuario e l'ampliamento dei suoi locali di accoglienza, ma anche i lavori -avviati nel 1843 ma che richiesero parecchi anni per il loro completamento- per aprire un’apposita strada carrozzabile da Lanzo Torinese al ne di rendere più accessibile quella località, collegata istituzionalmente con il Convitto Ecclesiastico.

Con i principi di Morale, n dagli inizi, si possono trovare nell'insegnamento del Cafasso quelle osservazioni ascetiche che dovevano poi avere tanta parte nelle sue Conferenze pubbliche. Compito del Ripetitore, dopo aver presieduto al mattino alla Conferenza privata, era di intervenire nel pomeriggio anche a quella pubblica -tenuta dal Rettore- facendovi regolarmente il penitente nella confessione pratica (prassi che rimase abituale nel Convitto no agli anni Sessanta del Novecento). Obbedientissimo al Guala, ne parlava con grande rispetto e faceva prontamente la sua volontà. Al disbrigo dei suoi doveri di Ripetitore, il Cafasso unì il ministero diretto delle Confessioni nell'attigua chiesa di San Francesco d'Assisi e vi passava abitualmente molte ore della giornata; continuò e incrementò l'opera a ser-

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vizio delle Carceri, iscrivendosi all'Arciconfraternita della Misericordia per potervi più facilmente entrare: fra i carcerati, i poveri e gli infermi seppe spendere senza riserve il suo tempo libero dagli impegni nel Convitto. Gli impedimenti che la malattia impose al Guala a partire dal 1843-44 furono il motivo per cui il Cafasso dovette assumere anche le Conferenze pubbliche e, gradualmente, tutte le altre incombenze del Rettore per cui fu normale che alla morte di questi, avvenuta nel dicembre 1848, gli subentrasse pienamente. Tra i sacerdoti che fruirono dell'insegnamento impartito al Convitto spicca particolarmente San Giovanni Bosco che, ordinato nel 1841, vi fu ospite su invito del conterraneo Cafasso che già negli anni precedenti ne era stato consigliere e benefattore. Don Bosco celebrò proprio nella chiesa di S. Francesco d'Assisi la sua prima S. Messa e nello stesso anno, l'8 dicembre, prese di fatto avvio la sua mirabile missione educativa rivolta ai giovani: nella sacrestia incontrò Bartolomeo Garelli, un giovane ragazzo che era approdato in Città privo di ogni assistenza e formazione religiosa. La Società Salesiana, ora diffusa praticamente in tutto il mondo, vede in quell'incontro la sua origine provvidenziale. Nei tre anni che questo giovane sacerdote trascorse in Convitto si sviluppò ulteriormente il suo legame spirituale con il Cafasso che, nel nascere e nello sviluppo dell'opera di Don Bosco, ne fu il principale sostenitore, anche economicamente. Sono molti i sacerdoti passati nel Convitto durante i 24 anni in cui il Cafasso fu dapprima Ripetitore e successivamente Rettore, i quali portarono nel loro successivo ministero sacerdotale -e per alcuni anche episcopale- i frutti di quelle radici innestate in loro proprio dall'opera del Cafasso. Tra questi si può ricordare il Beato Clemente Marchisio, ordinato sacerdote nel 1856, che fu poi parroco di Rivalba, divenendo fondatore delle Suore Figlie di San Giuseppe. Il Convitto, sia al tempo del Guala e che del Cafasso, non sempre fu guardato con simpatia anche per il clima anticlericale che in Torino era presente. In una notte del 1848 vi fu compiuta una perquisizione dell'alloggio del Rettore Guala: frugarono dappertutto ma non vi trovarono nulla di compromettente. Tale vessazione però incise sulla sua salute già compromessa e, secondo alcuni, ne affrettò la ne. Stesso trattamento fu poi riservato anche al Cafasso nel giugno 1860: preso in sospetto di tenere relazione con l'esiliato Arcivescovo Mons. Fransoni, dovette subire una perquisizione, senza che si potesse trovare alcun pretesto di tale provvedimento giudiziario. Poco prima anche Don Bosco aveva subito lo stesso affronto e si era giunti all'arresto persino di uno dei Canonici del Capitolo Metropolitano. Il Cafasso ne ebbe un forte contraccolpo e il 23 dello stesso mese si

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concluse la sua vita. Nonostante tutto questo il Convitto Ecclesiastico continuò la sua opera, anche se nel primo ventennio si andò riducendo il numero dei convittori: primo successore del Cafasso fu il can. Eugenio Galletti (1860-64), poi Vescovo di Alba; seguirono nell'ordine: teol. Felice Golzio (1864-73), can. Bartolomeo Roetti (1873-80), can. Giuseppe Allamano (1880-1926), can. Luigi Coccolo (1926-60), can. mons. Giuseppe Rossino (1960-66), can. Ugo Saroglia (1966-78) e can. Maggiorino Maitan (1978-90). Durante il mandato dei due ultimi rettori il Convitto, permanendo come Ente, cambiò progressivamente volto -come si dirà più oltre- perché divenne ed è tuttora una delle Case del Clero di Torino dove, con gli addetti al Santuario della Consolata, risiedono anche altri sacerdoti. Il Convitto, nel 1871, mutò la sua sede. Per ricuperare alla sua originale funzione il monastero e l'annesso Santuario della Consolata, che erano stati incamerati dallo Stato a seguito delle leggi eversive divenendo un bene dell'Amministrazione del Fondo per il culto (che aveva utilizzato il monastero anche per altri scopi), si operò una permuta: la quasi totalità di quanto rimaneva dell'ex-convento dei Francescani annesso alla chiesa di San Francesco e che in quel momento era di proprietà del Convitto passò al Comune (salvo una piccola parte, con lo scalone originale del convento), che lo utilizzò trasformandolo in aule scolastiche, ed il Convitto divenne proprietario dell'intero isolato della Consolata, in cui inizialmente parte dei locali rimase ancora a disposizione dei Francescani Minori Osservanti (che avevano ofciato il Santuario dal 1858, subentrando agli Oblati di Maria Vergine i quali avevano sostituito i Cistercensi nel 1834) e di alcuni sacerdoti anziani in essi ospitati. In conseguenza di ciò, il servizio pastorale nel Santuario passò al Clero diocesano, come è tuttora. È importante rilevare che le bufere addensatesi sul Convitto, soprattutto vivente il Guala, non furono le uniche. Durante il suo episcopato (1871-83), l'Arcivescovo Mons. Lorenzo Gastaldi avviò un'inchiesta tra il Clero torinese circa l'insegnamento in atto che nel 1876 portò all'esonero del teol. Giovanni Battista Bertagna, Capo delle Conferenze. La cosa suscitò non pochi contrasti e divisioni tra il Clero, al punto che di fatto il Convitto stesso nel 1878 venne praticamente sospeso. Solo un intervento del can. Allamano convinse l'Arcivescovo alla sua riapertura. Nel novembre 1882 ripresero pienamente le attività formative a favore dei giovani sacerdoti, cosa che ebbe un riscontro molto positivo anche per una migliore ufciatura del Santuario della Consolata. Vi è chi ha scritto che questo fatto si può considerare “il capolavoro della sua vita”, da cui dipese in gran parte la stessa fondazione dell'Istituto per le Missioni. L'Allamano, ispirandosi allo spirito del Cafasso (suo zio materno), di cui intese continuare l'opera, fece riorire


il Convitto anche avvalendosi della collaborazione di validi sacerdoti; fra questi è degno di nota il Beato Luigi Boccardo che per 30 anni (1886-1916) fu al suo anco, il quale poi nel periodo in cui di fatto il Convitto restò privato dei convittori (i giovani sacerdoti dovettero seguire l'esercito italiano negli anni della grande guerra) lo lasciò per dedicarsi completamente alla Congregazione religiosa fondata dal fratello il Beato Giovanni Maria, deceduto tre anni prima. È merito dell'Allamano l'aver riportato il teol. Bertagna (che era suo conterraneo ed era stato suo insegnante quando da neo-sacerdote frequentava come esterno il Convitto) a Torino e al suo regolare insegnamento nel Convitto, oltre ad aver aggiunto nuove materie di insegnamento quali la teologia pastorale e la sociologia. La morte dell'Allamano non fece venir meno l'opera preziosa del Convitto, che giunse ad accogliere non solo i novelli sacerdoti di Torino ma anche quelli di altre diocesi piemontesi. L'insegnamento fondamentale continuò ad essere quello della Teologia Morale applicata alla

concretezza delle situazioni, scopo per cui era stato fondato dal Guala, ma accanto a questo si aggiunsero via via ulteriori discipline per favorire al giovane clero l'inserimento nella pastorale parrocchiale. Come tutte le istituzioni, giunse poi il tempo in cui venne ritenuto più efcace ricorrere ad altre forme per aiutare i giovani sacerdoti a vivere nel modo migliore il loro ministero: incontri a cadenza periodica, settimane residenziali, itinerari formativi, … Al presente rimane il ricordo di un glorioso passato, nel quale questa istituzione è stata un'autentica fucina di quella santità sacerdotale che rende la Chiesa torinese giustamente orgogliosa per gli abbondanti frutti raccolti: quale altra diocesi può vantare tanti sacerdoti Santi, Beati, Venerabili e Servi di Dio negli ultimi due secoli? Non tutti, ma parecchi di loro e tanti altri una radice della loro santità sacerdotale la devono proprio a quanto maturato durante la permanenza nel Convitto Ecclesiastico.

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Miracula 1813 - 1814

► Ex-voto della famiglia Cavalli olio su tela del 1813-14, Corridoio degli ex-voto, Santuario della Consolata (fotografia di Andrea Aloi)

Le medagliette della Consolata nei campi di battaglia di Napoleone

Gianlorenzo Boano e Giulia Poretti

“M

è la scritta che compare su un ex-voto purtroppo molto degradato e di non facile interpretazione, quasi illeggibile, danneggiato dal tempo, dall'umidità, dal fumo delle candele o altro. La data però ci dice chiaramente che riguarda un fatto avvenuto durante il periodo napoleonico, quindi quasi 210 anni fa. Ci viene in soccorso il Bollettino della Consolata n. 8 (agosto) del 1900, sul quale è riportata la relazione a cui si riferisce la grazia ricevuta con una bella e chiara riproduzione dell'epoca che ne permette una precisa lettura. L'ex-voto si riferisce alle grazie ricevute da due giovani durante le guerre napoleoniche ed è un ex-voto importante perché è l'unico in nostro possesso che si riferisce a quel determinato periodo storico. Il quadro è suddiviso in tre scene: la prima rappresenta una carica di cavalleria con un cavallo ferito e il cavaliere che rovina a terra mentre è inseguito da due nemici; la parte centrale, più importante, presenta una la di letti di ospedale con al primo posto un giovane sofferente assistito da un Vescovo che lo benedice con un crocisso e lo conforta, in alto l'immagine della Consolata sopra una nuvola; la terza scena rafgura dei soldati, fra i quali uno che spara verso i commilitoni, sopra si legge una data: 1814. I tre riquadri si riferiscono alle vicissitudini passate da

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due giovani torinesi arruolati nell'esercito francese. La lunga relazione che accompagnava l'ex-voto, fu scritta di pugno dal padre dei due giovani, il notaio Carlo Amedeo Cavalli, persona di grande cultura e devotissimo alla Vergine Consolata, autore anche di una “Storia del Santuario della Consolata”. Dopo la tragica campagna di Russia, guidata da Napoleone, l'esercito francese aveva bisogno di molti nuovi soldati per ricostituire interi Reggimenti, per cui vi furono dei massicci reclutamenti in tutti i territori soggetti alla Francia ed anche Torino e il Piemonte dovettero dare il loro contributo. Due gli del notaio Cavalli furono arruolati: Michele Clemente nel 14° Reggimento Usseri e partì per la Germania nel maggio 1813; mentre il primogenito Luigi fu arruolato nel 81° Reggimento Fanteria di Linea e partì cinque mesi dopo il fratello perché inizialmente riformato. Entrambi, prima di partire, ebbero in dono dal padre la medaglia della Vergine Consolata. Le durissime condizioni, a cui erano sottoposti i soldati in quei tempi di continue battaglie, li misero subito alla prova. Il giovane ussero Michele Clemente non partecipò alle prime cruente battaglie di Lützen e Bautzen, nel Regno di Sassonia, perché comandato di guardia al Re di Napoli, Gioacchino Murat, mentre molte Compagnie del suo Reggimento furono massacrate e decimate. Fu unito in-

vece ai resti del 14° Reggimento Usseri che vennero schierati nella successiva battaglia di Dresda per affrontare un corpo di ventimila russi con i temibili cosacchi. In quella terribile battaglia, combattuta tra il 26 e il 27 agosto, il giovane ebbe, per ben due volte, ucciso il cavallo, si trovò ferito e contuso in mezzo ai propri commilitoni che cadevano da tutte le parti; fu catturato, malmenato, derubato di tutto quanto aveva indosso e per pura crudeltà un colpo di lancia lo ferì gravemente a una gamba. Lasciato quasi per morto fu portato nell'ospedale di Lipsia, dove le pessime condizioni sanitarie stavano sviluppando una contagiosa epidemia, fu quindi trasferito nell'ospedale di Daremberg dove non migliori erano le condizioni di centinaia di feriti che morivano uno dopo l'altro. Michele entrò in uno stato di incoscienza, quasi in coma, e si risvegliò dopo non si sa quanto tempo in un altro ospedale, a Wigisbourg. Qui, con sua grande incredulità si trovò, accanto al letto un Vescovo che gli aveva amministrato i SS. Sacramenti e che lo assisteva. Il giovane, che a detta del Vescovo si era miracolosamente ripreso, ringraziò intensamente la Vergine Consolata di quell'inaspettato incontro e di essere ancora vivo fra tanti morti. Per il giovane Cavalli però non era ancora nita; dopo la scontta francese nella battaglia di Lipsia del 19 ottobre 1913, egli fu catturato e, come prigioniero di guerra, errò per la


Prussia, l'Austria e la Polonia; patì fame, freddo e brutali trattamenti, sempre però riponendo la speranza di salvezza nella Vergine Consolata. In questo errabbondare, giunse no a Praga dove, per non morire di fame, fu costretto ad arruolarsi negli Usseri ungheresi. Nuovamente fatto prigioniero e poi liberato, poté nalmente mettersi sulla via del ritorno coprendo, a piedi, la migliaia di chilometri che lo separavano da Torino, dove giunse, dopo ben 14 mesi da quando era partito, stanco, lacero, ridotto a uno scheletro, ma vivo: ed era giunto a casa!

Altra sorte toccò al fratello Luigi che, dopo alcuni mesi di impiego come furiere in ufci, partecipò alle battaglie di Brienne, il 29 gennaio 1814, e di Craonne, il successivo 7 marzo, nché con il suo Reggimento giunse a Grenoble. Qui, mentre erano fermi e schierati in una piazza per una rivista, un caporale, per fare un macabro scherzo, gli puntò il fucile contro dicendo che voleva ucciderlo e, credendolo scarico, ne premette il grilletto. Il fucile però era carico, partì quindi un colpo che uccise un soldato dietro a Luigi, che in quel momento rivolse il pen-

Due sono le motivazioni che ci hanno portato a presentare questo ex-voto: la prima sta nella eccezionalità del periodo storico a cui si riferiscono gli episodi e la seconda per mettere i fedeli del nostro Santuario di fronte alla realtà di conservazione di alcuni ex-voto. Questo dipinto presenta infatti uno stato di conservazione piuttosto critico che rende la sua lettura particolarmente difcile, come è facile notare. La supercie risulta essere discontinua, è caratterizzata da screpolature e punti di fragilità, in alcune parti la tela di supporto risulta esposta

siero alla Vergine Consolata, ringraziandola per averlo salvato; anche lui, dopo varie peripezie, riuscì a ritornare a Torino. Così termina la lunga relazione: «Il padre, mentre si riconosce immeritevole di tanti singolari favori da sì amorevole Madre, di lui protettrice e difenditrice di sua famiglia, compartiti, non tralascierà giammai di umilmente professargliene la debita riconoscenza, come si gloria di protestare».

per la caduta dello strato pittorico. L'intera supercie dipinta manifesta deposito di sporco oltre a scurimento generale del lm pittorico per ossidazione ed alterazione sia della vernice protettiva che delle probabili plurime manutenzioni susseguitesi nel tempo, contribuendo così ad appannare e scurire l'area. È pensabile e proponibile ai nostri amici lettori una forma di sostegno economico attraverso il Ramo O.N.L.U.S. del Santuario per la bonica e il restauro dei numerosi nostri altri quadri votivi che versano in stato di degrado?

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IV Centenario della morte di S. Francesco di Sales

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Fedele a Dio nel sì quotidiano In questo anno 2022 ricorre il IV Centenario della morte di S. Francesco di Sales che fu particolarmente legato al nostro Santuario, dimorando anche alcune volte nel monastero dei Cistercensi Foglianti che in quel tempo erano subentrati ai Benedettini nella cura spirituale dell'antica chiesa romanica di Sant'Andrea (la quale nel XVII secolo, con la ristrutturazione di Guarino Guarini, fu radicalmente trasformata nell'attuale nostro Santuario). Tuttora è conservata la modesta cella monastica in cui Egli ha alloggiato sostando a Torino e in essa vi è la piccola finestra da cui in quel tempo si poteva vedere la cappella con il quadro della Consolata, l'attuale, che risale agli ultimi anni del Quattrocento. È facile immaginare il Santo in preghiera, affacciato proprio da quella finestrella. Con la presentazione della vita, iniziamo la pubblicazione di alcuni articoli che ci accompagneranno lungo tutto l'anno centenario per illustrare la figura e l'opera del Santo. Siamo grati a suor Maria Grazia Franceschini, monaca della Visitazione, che ha accolto il nostro invito e mette a disposizione i frutti dei suoi approfonditi studi sul Santo. La Redazione

Maria Grazia Franceschini

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i Francesco di Sales sono state date varie denizioni: “L'uomo più somigliante al Figlio di Dio sulla terra” (San Vincenzo de' Paoli), “Il glio privilegiato dello Spirito Santo” (Henri Chaumont), “Dottore dell'amore” (San Paolo VI) … Quanto a lui diceva di se stesso: «Sono uomo come di più non si può esserlo» (lettera del 2 novembre 1607) e ancora, ormai verso la ne della sua corsa terrena: «Non c'è nessuno che ami più cordialmente, più teneramente […] di me, perché così è piaciuto a Dio di fare il mio cuore» (lettera del 1620 o 1621). Quale è stata la sua vita? Siamo nella seconda metà del '500. In breve il contesto storico: l'Europa sta assistendo al congurarsi e rafforzarsi delle identità nazionali, tra guerre sanguinose, tregue e trattati instabili, continuamente rimessi in discussione, il tutto spesso coniugato con motivazioni “religiose”. La dolorosa frattura dello scisma della Riforma è infatti ormai consumata e se, a livello religioso, la Chiesa risponde con il Concilio di Trento (1545-1563) e una nuova stagione di consapevolezza e di santità, sullo scacchiere politico protestanti e cattolici si fronteggiano servendosi di cannoni e archibugi. L'Alta Savoia, punta estrema del Ducato omonimo, è appunto terra di frontiera tra i domini “cattolici” e quelli calvinisti. Ginevra è a due passi. Francesco non tarderà a vedere le rovine materiali e morali causate dalla divisione.

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Il quadro geograco è quello dell'Alta Savoia e se è vero che un uomo è anche il paesaggio in cui è nato e vissuto, conviene dare un rapido sguardo a quella breve pianura all'ingresso della stretta valle di Usillon sul cui fondo scorrono le acque del Filère e dove sorgeva il castello dei di Sales: qui il 21 agosto 1567 Francesco di Sales vede la luce. Una bellezza dispiegata in una cornice di montagne possenti, scintillanti di ghiacciai, mormorio dei torrenti, laghi incastonati fra le rocce, profumo di abeti e canti di uccelli; e ancora villaggi appollaiati in luoghi inaccessibili, castelli massicci e severi, ma anche borgate ridenti tra pianori verdeggianti, ricchi di frutteti, tintinnio dei campanacci delle mandrie al pascolo. Di questa bellezza possente ed armoniosa Francesco porterà sempre nel cuore, nella parola e nell'azione il sigillo intatto. Francesco è il primogenito di Francesco di Boisy, 45 anni, l'integrità in persona, e di Francesca di Sionnaz, 15 anni, delicatissima ed affettuosa. Il secondogenito nascerà solo nove anni dopo, tuttavia l'infanzia di Francesco non è solitaria: nel castello infatti vive anche la famiglia dello zio paterno e, con i tre cuginetti, giochi e scherzi con allegre risate riempiono le giornate. La sua vita dunque nei primi sei anni sboccia nel castello, educato dalla fermezza serena del padre e dalla sensibile bontà della madre. Entrambi convinti e ferventi cattolici, si completano felicemente nell'educazione del bam-


bino che ben presto si rivela di una intelligenza vivis- vede senatore e gli ha trovato pure una giovane come sima e dotato di una forte carica di affettività, avido di possibile promessa sposa. Ma il cuore del glio coltiva un conoscere e capace di amare intensamente: «Il buon sogno che è maturato col tempo: essere sacerdote, esDio e la mamma mi amano molto» saranno le sue prime sere per sempre ed interamente di Dio. In breve le posiparole. zioni del padre e del glio si trovano, scoperte, fronte a Nel 1573 inizia il suo iter scolastico: dapprima al colle- fronte. Quando, nel 1592, arrivano le lettere da Torino gio di La Roche, poi di quella che diventerà la “sua” An- con la nomina a senatore (per lui che ha soli 24 anni!), necy. Dove passa lascia dietro di sé una testimonianza Francesco riuta: il confronto con il padre non è più ri“di docilità, facilità di apprendimento, pietà”. È uno stu- mandabile; per quanto mediato dalla mamma, non sarà dente modello, ma non certo il tipo chiuso sui libri: ama indolore per nessuno dei due. Ad addolcire la bruciante cavalcare, incontrarsi con i compagni, osservare, riet- delusione dell'anziano signore di Boisy giunge da Roma tere, … Riesce bene in tutto e sprigiona un fascino irre- la nomina di Francesco a prevosto del Capitolo di Ginesistibile. Il sogno del padre di farne un vra, esiliato con il suo Vescovo ad Annecy: alto magistrato va prendendo corpo. il titolo ecclesiastico più prestigioso dopo Da parte sua Francesco, che nel 1575 ha quello vescovile. Nomina richiesta proricevuto Cresima e prima Comunione, prio dal Vescovo di Ginevra, Mons. de nel 1578 chiede di poter ricevere la TonGranier, all'insaputa dello stesso Francesura. Il padre, dopo qualche esitazione, sco. Ottenuto così il consenso e la benediacconsente giudicando questo desiderio zione paterna, Francesco può incammidi “entrare a far parte della Chiesa” da narsi sulla via su cui il Signore lo chiama. parte del glio un fuoco di paglia infantile. Nel 1593 è ammesso agli Ordini sacri e il 18 Francesco vive la cosa ben diversamente: dicembre dello stesso anno viene ordinato per lui questo è già l'impegno denitivo per sacerdote da Mons. de Granier, che poco doil Signore, il primo passo sulla “sua” via, po Natale lo insedia come prevosto del quella a cui, segretamente, già l'aveva consaCapitolo. Il discorso “programmatico” che Francrato, mentre ancora lo portava in grembo, la sua cesco tiene per l'occasione resterà memorabile: rigiovane mamma raccolta in preghiera davanti al conquistare Ginevra con la carità e la verità, nella santo telo della Sindone. forza di una testimonianza di santità. Avrà modo Nel 1578 Francesco con il cugino, e accompadi metterlo in pratica negli anni di missione nello gnato dal precettore, lascia la Savoia per Parigi. Chablais (1594-1598), regione che era stata tolQui frequenta il collegio di Clermont tenuto ta al duca di Savoia dai ginevrini i quali vi avedalla giovane Compagnia di Gesù e segue il corso vano imposto, con la violenza, il culto calvinista. regolare degli studi no al conseguimento, nel Ora, riconquistata dal duca, “doveva” tornare cat1588, del dottorato in Arti: la via è aperta per accetolica, secondo il principio vigente a quel tempo: dere alla facoltà di Diritto. Da Parigi passa a Paquale la religione del re, tale deve essere quella dei dova, nel pieno clima del Rinascimento italiano, sudditi. Francesco si offre per la missione e, indove risiede la facoltà di Diritto più rinomata del viato dal suo Vescovo, si reca nello Chablais con il tempo. A Padova trova una guida spirituale sacugino Louis, nello spirito del suo discorso propiente nel gesuita Possevino e studia Diritto in grammatico e con uno zelo apostolico che gli obbedienza al padre e Teologia in risposta farà affrontare fatiche e pericoli di ogni ad una profonda esigenza interiore. È genere. Sono anni di vita veramente a il 1591 quando consegue brillanterischio (ha riutato la protezione mente il dottorato “in utroque” e degli archibugi offertagli dal catorna nalmente in Savoia, acpo della guarnigione che alloggia colto con comprensibile orgoglio nella fortezza des Allinges!), tra e compiacenza dalla famiglia. In difcoltà inimmaginabili, nella tutti questi anni non ha solo stupiù cruda povertà, percorre la diato. È diventato abile nell'equi► Calice d’argento cesellato a sbalzo (sec. XVIII): regione, predica, cerca vie di sulla base è raffigurato in rilievo S. Francesco tazione, si distingue nella danza dialogo e di comunicazione: è di di Sales - Santuario della Consolata non meno che nella scherma. quel periodo “l'invenzione” di (fotografia di Andrea Aloi) Ha frequentato gli ambienti di foglietti, all'inizio manoscritti corte a Parigi, ha conosciuto le fatiche e le lotte di ogni poi stampati, con brevi sintesi della dottrina cattolica adolescente per diventare uomo. Ha attraversato due che egli fa scivolare sotto le porte tenacemente chiuse grandi crisi esistenziali da cui è uscito temprato, più della gente che continua ad avere paura di un ritorno consapevole di sé e “più innamorato di Dio”. Il giovane dei ginevrini al potere. Con pazienza riesce a riportare dunque tornato in Savoia è un perfetto cavaliere, ar- tutta la regione alla comunione con la Chiesa. dente e colto, completo, sotto ogni aspetto. Il padre già lo Nel 1602, alla morte di Mons. de Granier, gli succede

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alla guida della Diocesi. L'8 dicembre di quell'anno è consacrato Vescovo: sperimenta in quel momento che Dio lo toglie a se stesso per darlo al suo popolo. E Francesco sarà davvero un uomo interamente donato nel servizio della Chiesa e del suo popolo: fedele alle direttive del Concilio di Trento e insieme attento a cogliere e a rispondere ai segni dei tempi. È impossibile seguire qui la sua intensissima attività pastorale: compie la visita di tutte le parrocchie della sua vasta Diocesi, cura la scelta e la formazione dei candidati al sacerdozio, è per i suoi sacerdoti padre, guida, consigliere e maestro, evangelizza approttando di ogni occasione. Assiduo nel confessionale, si ritrova ben presto padre spirituale di un'innumerevole schiera di persone di ogni ceto: tutti hanno libero accesso presso di lui, tutti hanno da lui la stessa accoglienza colma di benevolenza e di comprensione, se fa “preferenze” le fa per gli ultimi, per quelli che, per i motivi più diversi, sono ai margini. Si fa mediatore di contese ed intesse una tta rete di amicizie profonde. La sua vita è povera, la mensa parca, gli abiti modesti ma dignitosi, non ha una corte di valletti né va in giro in portantina. La consapevolezza della sua missione diventa sempre più profonda, sempre più totale ed appassionato l'amore per il suo Dio. L'attività di Francesco si estende anche oltre la sua Diocesi. Divenuto ben presto famoso per la profondità della sua dottrina e l'efcacia della sua parola, è chiamato ovunque a predicare. Così lo troviamo a Digione per la Quaresima del 1604. Fermiamo, tra le molte, solo questa data perché segna un'ora decisiva per la vita di Francesco nel suo incontro con Giovanna Francesca Frémyot, giovane vedova del barone de Chantal, madre di 4 gli. Da questo incontro orisce una delle amicizie spirituali più intense e straordinarie nella storia della Chiesa e nascerà, nel 1610, la Visitazione di Santa Maria. Dapprima Congregazione semplice in Annecy, quindi Ordine religioso il cui ne è indicato da Francesco stesso: «Dare a Dio donne capaci di adorarlo in spirito e verità», donne che osino tendere all'unione con Lui, in una consegna totale di sé nell'abbandono al suo divino beneplacito, nella perfezione del puro amore, attuato mediante una vita intensa di carità e di preghiera. Nel 1618 troviamo Francesco a Parigi: miete ammirazione e conversioni, conteso da tutti; il re vorrebbe perno trattenerlo in Francia facendogli balenare la prospettiva del seggio episcopale della stessa Parigi. Non conosce l'uomo. Francesco non si lascia sedurre, ha ben altro per la mente: tornare a servire la sua Diocesi, la sua povera “sposa”, e poi, magari, potersi ritirare in qualche eremo tra i suoi monti dove continuare a servire Dio e il suo popolo con la penna e l'orazione. Torna in

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effetti ad Annecy e si immerge di nuovo nel suo intenso ministero, ma il suo sico è consumato precocemente 1 dalle fatiche e non reggerà ancora a lungo . È il 1622 quando Francesco è costretto a tornare in Francia in obbedienza alla volontà del duca di Savoia che lo vuole con sé nel viaggio che lo porterà ad incontrare Luigi XIII. Francesco, che pur presagisce imminente la ne, parte. Lo ritroviamo a Lione, presso le sue glie della Visitazione. Gli hanno offerto come alloggio il palazzo più bello della città, ma lui ha preferito la modesta casetta del cappellano del monastero. Qui, in un giorno di dicembre, incontra madre de Chantal: è il loro ultimo incontro sulla terra. Il 27 dicembre Francesco è colpito da apoplessia e, dopo aver conosciuto tutti gli atroci rimedi dell'arte medica del tempo, il giorno seguente con breve sospiro varca le soglie del tempo. “Morì dunque d'amore e di gioia”, scrive E. Lajeunie: gioia per la certa speranza dell'incontro così ardentemente atteso con l'Amato. Subito la notizia si diffonde, subito si parla della morte di un Santo e sulla sua tomba oriranno presto i miracoli. Trasportato ad Annecy, il 29 gennaio 1623 vengono celebrati i funerali solenni. Tutti si sentono un po' orfani e ognuno custodisce il ricordo di una attenzione d'amore particolare ricevuta dal suo Vescovo … Francesco viene beaticato nel 1661, canonizzato nel 1665, dichiarato dottore della Chiesa nel 1877 e nel 1923 patrono dei giornalisti e degli scrittori cattolici. Nonostante la sua prodigiosa attività è riuscito a lasciarci una quantità enorme di lettere, miniera inesauribile per la vita spirituale, -pare che ne abbia scritte circa ventimila, di cui ci resta solo la decima parte- e capolavori come la Introduzione alla vita devota o Filotea e il Trattato dell'amore di Dio o Teotimo, vette della letteratura francese del '600, per non parlare del loro valore teologico e spirituale. Quale il segreto di quest'uomo, umanista e pastore, padre ed amico incomparabile, fondatore e teologo che segna un punto di non ritorno nello sviluppo della teologia spirituale? Certo doti di natura e di grazia non comuni, doti cui Francesco ha corrisposto con generosità e coraggio: quella sua mitezza non era certo conquistata a poco prezzo, come non lo era la sua sconnata ducia nell'uomo né la sua costante volontà di pace. Forse il suo segreto più profondo è quell'essere rimasto fedele a Dio, nel sì quotidiano, continuamente approfondito no all'abbandono, no alla “santa indifferenza”, no a quel morire a sé per vivere in Dio, frutto ultimo dell'“estasi” della vita consumata nella normalità dei giorni, come aveva insegnato al suo Teotimo.

Il Santo venne a Torino almeno cinque volte: nel 1596, nel 1599 e nel 1603; nel 1613 partecipò a una ostensione della S. Sindone; la quinta volta fu nel 1622: sembra che vi sia rimasto per circa tre mesi, durante i quali dovette anche tenere il letto per alcune settimane [N.d.R.].

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Il Santuario della Consolata


calendario liturgico del Santuario

Marzo 2022 2. MERCOLEDÌ DELLE CENERI (astinenza e digiuno) 4. Venerdì (astinenza) a 6. c 1 DOMENICA DI QUARESIMA 11. Venerdì (astinenza) 13. c 2a DOMENICA DI QUARESIMA Anniversario dell'elezione di Papa Francesco (2013) 18. S. Cirillo di Gerusalemme, vescovo e dottore della Chiesa (m. f.) Venerdì (astinenza) 19. S. GIUSEPPE, Sposo della B. V. Maria (s.) a 20. c 3 DOMENICA DI QUARESIMA 25. ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE (s.) Venerdì (non vige l'obbligo dell'astinenza) a 27. c 4 DOMENICA DI QUARESIMA Beato Francesco Faà di Bruno, presbitero (m. f.)

Aprile 2022 1. Beato Giuseppe Girotti, presbitero e martire (m. f.) Venerdì (astinenza) a 3. c 5 DOMENICA DI QUARESIMA 4. S. Isidoro, vescovo e dottore della Chiesa (m. f.) 7. Giorno anniversario della concessione al Santuario del titolo di Basilica Pontificia (1906) Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria 8. Venerdì (astinenza) 10. c DOMENICA DELLE PALME: PASSIONE DEL SIGNORE 10-17. SETTIMANA SANTA 15. VENERDÌ SANTO “PASSIONE DEL SIGNORE” (astinenza e digiuno) Giornata Mondiale per le opere della Terra Santa 17. c DOMENICA DI PASQUA «RISURREZIONE DEL SIGNORE» 18-23. OTTAVA DI PASQUA 18. Anniversario della morte dell'Arcivescovo Card. Giovanni Saldarini (2011) 21. S. Anselmo, vescovo e dottore della Chiesa (m. f.) 23. 1° sabato della Consolata 24.

25. 28. 29. 30.

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2. 3. 4. 6. 7. 8. 10. 13. 14. 15.

18. 21. 22. 24. 25. 26. 28. 29.

30. 31.

S. Atanasio, vescovo e dottore della Chiesa (m.) SANTI FILIPPO E GIACOMO, apostoli (f.) Venerazione della Sindone (m.) S. Domenico Savio (m. f.) 3° sabato della Consolata a c 4 DOMENICA DI PASQUA Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni S. Giovanni de Avila, presbitero e dottore della Chiesa (m. f.) Beata Vergine Maria di Fatima (m. f.) S. MATTIA, apostolo (f.) 4° sabato della Consolata a c 5 DOMENICA DI PASQUA Giornata Nazionale di sensibilizzazione per il sostegno economico alla Chiesa Cattolica S. Leonardo Murialdo, presbitero (m.) 5° sabato della Consolata a c 6 DOMENICA DI PASQUA S. Rita da Cascia, religiosa (m. f.) Beata Vergine Maria Aiuto dei cristiani (m.) S. Beda Venerabile, presbitero e dottore della Chiesa (m. f.) S. Filippo Neri, presbitero (m.) 6° sabato della Consolata c ASCENSIONE DEL SIGNORE (s.) Giornata Mondiale per le comunicazioni sociali S. Paolo VI, papa (m. f.) S. Giuseppe Marello, vescovo (m. f.) VISITAZIONE DELLA B. V. MARIA (f.)

Abbreviazioni: s. = solennità; f. = festa; m. = memoria; m. f. = memoria facoltativa

Orario delle celebrazioni in Santuario Sante Messe: Festive: ▪ Domenica e feste: 8,30 - 10 - 11,30 - 16 - 18 - 19,30 ▪ Sabato e prefestivi: 18

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2 DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia Partecipando a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria S. MARCO, evangelista (f.) S. Luigi Maria Grignion de Montfort, presbitero (m. f.) S. CATERINA DA SIENA, vergine e dottore della Chiesa, patrona d'Italia e d'Europa (f.) S. Giuseppe Benedetto Cottolengo, presbitero (m.) 2° sabato della Consolata

Feriali: 8 - 9 - 10,30 - 12 18 - 19 (sospesa nei prefestivi)

Confessioni: ▪ Giorni festivi: 7,45 - 12 / 15 - 20 ▪ Sabato e prefestivi: 7,45 - 12,15 / 15 - 18,30 ▪ Giorni feriali: 7,45 - 12,15 / 15 - 19,15

Adorazione Eucaristica: Maggio 2022

▪ Sabato feriale: 12,30 - 17,45 (alle ore 17,15 Rosario e Benedizione)

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3 DOMENICA DI PASQUA Giornata Nazionale per l'Università Cattolica del Sacro Cuore S. Giuseppe Lavoratore (m.)

Rosario: ▪ Ogni giorno: 17,30 ▪ Sabato feriale: 17,15


Il Ramo O.N.L.U.S. si dedica alla tutela, custodia, valorizzazione e promozione del Santuario B. V. della Consolata e dell'annesso Convitto Ecclesiastico e particolarmente delle opere d'arte in essi custodite, nonché della loro manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Per sostenere le iniziative si può contribuire preferibilmente: ► tramite bonico su conto corrente bancario UNICREDIT: IBAN IT 91 A 02008 01046 000105031377 intestato a: “Santuario B. V. della Consolata - Ramo O.N.L.U.S.” specicando la causale: «Erogazione liberale per la tutela dei beni artistici» ► tramite versamento sullo specico conto corrente postale n. 1040900498 allegato ad ogni numero della rivista del Santuario. Dal 1 gennaio 2018 le erogazioni a favore delle ONLUS fatte da persone siche, da società o enti possono essere dedotte, nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato (art. 83 co.2 D.Lgs 117/2017). In alternativa, solo per le persone siche, le erogazioni liberali a favore di ONLUS per un importo complessivo di ciascun periodo d’imposta non superiore a 30.000,00 euro danno diritto a una detrazione di imposta pari al 26% dell’importo erogato (art. 83 co. 1 D.Lgs 117/2017).

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La Compagnia della Consolata, istituita dal Beato Giuseppe Allamano, ha come scopo di favorire la devozione alla Vergine Maria, venerata come Consolata dai doni di Dio e, per questo, Consolatrice dei sofferenti e degli afflitti: modello e sorgente di speranza, Ella ci precede nel cammino della fede e ci sostiene nelle difficoltà della vita quotidiana. È vivamente raccomandata agli iscritti la partecipazione personale alle celebrazioni liturgiche del Santuario e, nel giorno della festa titolare (20 giugno), alla processione in onore della Consolata. Tutti possono essere iscritti nella Compagnia, anche i defunti. In Santuario, alle ore 10,30 di ogni sabato, viene celebrata una Santa Messa per tutti gli iscritti: vivi e defunti. Per iscrizioni rivolgersi alla sacrestia del Santuario o telefonare al n. 011/483.61.01

Attenzione: in caso di mancato recapito, rinviare all’Ufficio di Torino C.M.P. Nord per la restituzione al mittente, Rettore del Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino, che s’impegna a corrispondere la relativa tariffa.

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