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4 – Approfondimento sulle comunità rom in Italia

culturale e un forte senso di indipendenza dalla società ospitante. I cinesi provano sempre di risolvere i loro problemi all’interno della propria comunità e solo nel momento in cui appare impossibile trovare una soluzione nell’ambito dell’associazione o del gruppo tentano la via del ricorso all’autorità italiana. Comunque, nelle comunità che conosciamo, i rapporti fra le comunità cinesi e gli enti pubblici sono quasi sempre tenuti, soprattutto per ragioni di competenza linguistica, dal rappresentante delle varie associazioni cinesi mentre manca un diretto rapporto di fiducia tra l’amministrazione italiana e i singoli immigrati. Fino ad ora l’immagine dei poliziotti italiani per gli immigrati cinesi è negativa ed è sempre considerata come una figura oppressiva. Qualunque cinese che collabori con la polizia perde la fiducia dei connazionali e diventa una spia ai loro occhi, tutti cercheranno di allontanarsi da lui e di isolarlo. Questo succede presso tutti i gruppi di cinesi, anche quelli – e sono i più – che non avrebbero nulla da temere dalle forze dell’ordine. Purtroppo, come abbiamo spiegato altrove nel manuale, i rapporti tra i due gruppi sono talmente deteriorati che è necessario un grande impegno da parte di tutti per superare questo problema. Se non cambia quest’impressione sulla polizia non si può pensare che un cinese diventi un poliziotto e, anche se ciò avvenisse, non sarebbe dal punto di vista della comunità cinese un fatto positivo perché egli/ella sarebbe visto come “oppressore”, perché poliziotto e “spia” e perché poliziotto cinese. Fino a che le cose non cambieranno non si può sperare che un cinese voglia diventare poliziotto allontanandosi così dalla propria comunità. Siamo però convinti che degli operatori di polizia ben preparati, capaci di agire con professionalità, consapevoli del rispetto e della gentilezza che è dovuta agli altri, anche quando questi altri sono di origine etnica minoritaria, saranno un potente fattore di cambiamento.

La situazione dei rom in Italia é stata sempre precaria e i rom sono sempre stati oggetto di discriminazione, sebbene essi siano da secoli in questo Paese, accampandosi sempre nei cosiddetti “campi nomadi”, oppure “campi di sosta”, che erano inizialmente creati da loro stessi, con le roulot-

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te e qualche baracca. Tradizionalmente essi svolgevano lavori d’artigianato come lavorazioni del rame, produzione di pentole e altri piccoli mestieri come ombrellai e arrotini. Le donne andavano in giro a prevedere il futuro, leggendo le mani alle persone oppure i fondi di caffè. Ricordate quante volte ci veniva il desiderio di farci leggere il futuro dalla zingara? Oggi però non possiamo dire che questi mestieri sono utili per una sopravvivenza. Per lo più i rom passavano inosservati, soprattutto quando andavano nei piccoli paesi a vendere oppure a offrire i loro lavori di artigianato. Certe volte invece destavano scalpore per cose in fondo banali, come quando passavano i bambini mal vestiti o la zingara si portava dietro i piccoli sporchi e scalzi oppure i bambini tentavano piccoli furti. Tutto ciò finiva magari nelle prime pagine dei giornali locali. È chiaro che i mass media hanno avuto quasi sempre un ruolo fondamentale nel creare e diffondere un’immagine negativa degli zingari. Alcuni gruppi rom sono in Italia da più di sei secoli e perciò hanno già dimenticato la cultura dei loro Paesi di partenza (Macedonia, per esempio) ma non dimenticano la cultura e la lingua dei loro padri, romanes, così come la cultura dei loro antenati, cioè le feste, le tradizioni, le usanze. Il fenomeno del nomadismo ha sempre creato turbamento fra la gente comune, e questo in tutte le culture, soprattutto per una società che non ha l’abitudine di spostarsi da un Paese all’altro come fa gran parte dei rom (o zingari e nomadi, come vengono generalmente chiamati i rom in Italia). Il termine “nomadi” ha due facce: quella di un mestiere legato a giostrai e luna park e quella di un nomade senza fissa dimora che provoca paura nella gente comune e rappresenta un problema ingestibile per le forze dell’ordine e per le istituzioni comunali. “Zingaro” é un’espressione antica, con una forte connotazione negativa che purtroppo i rom si portano addosso da secoli, perché nomadi, perché si spostano sempre, perché legati alla storia antica quando, ancora nell’impero Bizantino, si dicevano dediti alle magie nere. In realtà erano cartomanti, prevedevano il futuro leggendo la mano o i fondi del caffè, mestieri che oggi sono svolti dagli italiani o da altri stranieri. La parola zingaro proviene dal termine greco atinganoe – atingani che vuol dire “intoccabili”, da non confondere con gli “intoccabili” (paria) dell’India, sebbene le ultime ricerche in campo antropologico confermino le loro origini indiane. Rom é la parola con la quale questo popolo definisce se stesso e ha un significato duplice: uomo e marito.

L’8 aprile del 1971 a Londra si tenne la prima conferenza mondiale con tutti i rappresentanti rom in provenienza dai diversi Stati europei. Fu deciso allora che quella ricorrenza sarebbe diventata il giorno internazionale rom che si festeggia ogni anno (Romani Union). Fu decisa la bandiera bicolore blu (che rappresenta il cielo) e verde (che rappresenta la terra) e in mezzo la ruota del carro che rappresenta il viaggio dall’Oriente verso l’occidente. Fu anche scelto l’inno rom (gelem, gelem= ho camminato, ho camminato) e fu deciso che i rom sono un popolo unico, senza uno stato e senza divisioni etniche. Il popolo rom è un popolo che non ha mai fatto guerre ma le ha sempre subite e dalle quali è spesso stato in fuga. Anche recentemente sono arrivati rom dall’area dei Balcani e dell’ex Jugoslavia, dapprima per ragioni economiche e poi in fuga dalle guerre che hanno colpito l’ex Jugoslavia (Bosnia e Herzegovina nel 1991 e quella in Kosovo con il bombardamento della NATO nel 1999). Sono costretti alla fuga e a cercare altrove un rifugio dove possono vivere una vita tranquilla, senza guerre e senza discriminazioni razziali e/o etnico culturali, senza pulizie etniche. Arrivati in Italia, sono immediatamente spediti presso i “campi nomadi” dove gli stessi rom italiani (tra questi sono chiamati sinti coloro che arrivarono in Italia via terra, attraverso i Paesi est europei) sono segregati in una condizione già di per sé discriminatoria, emarginata, esclusa dalla maggior parte della gente intorno. È chiaro che i rom Balcani non conoscono il fenomeno dei “campi nomadi”, creato e voluto dalle Istituzioni comunali e regionali, con specifiche leggi e decreti, e che oggi comportano piuttosto un nuovo disagio e un problema per quelle stesse Istituzioni. Perciò quando si inseriscono in un campo nomade non sono accettati immediatamente bene da chi vive lì intorno (gli stanziali) e non riescono a trovare un lavoro, meno che mai un lavoro regolare, cadendo così facilmente preda delle offerte della malavita. Questo comporta avere problemi quotidiani con la polizia e i carabinieri, insomma con la giustizia. Molti rom affermano che la polizia però non perde occasione per maltrattarli, offenderli, umiliarli, fermandoli alcune volte anche per banalità oppure per chiedere i documenti e fare accertamenti, trattenendoli anche per ore.

ESEMPIO

Dopo una preghiera al campo, un rom prende il figlio già addormentato, lo mette in macchina e si dirige verso casa, un normale appartamento del comune. Viene fermato da una volante della polizia che dopo un quarto d’ora è raggiunta, nel posto di controllo, da altre due volanti, ciascuna con due poliziotti a bordo. L’auto è perquisita mentre uno dei poliziotti interroga il rom chiedendogli chi sia, dove abiti, quale lavoro svolga, se ha il permesso di soggiorno regolare, se ha subito condanne in Italia ecc. Chiedendosi il motivo di tanta attenzione, il rom risponde di essere “regolare”, di avere il permesso di soggiorno e un lavoro retribuito. Un secondo poliziotto, rivolgendosi al suo collega, dice: “io li rimanderei tutti a casa loro questi zingari”. Alla domanda del rom: “perché scusi?” il poliziotto reagisce bruscamente continuando a perquisire l’auto, nonostante le rassicurazioni fornite e nonostante il bambino dorma sul sedile posteriore della macchina. Dopo quarantacinque minuti di controllo, avendo trovato due pezzi di legno di venticinque centimetri legati fra di loro con una catena, gli operatori procedono a denunciare il rom per porto d’armi abusivo. Il nostro rom sarà poi assolto in Tribunale. Testimonianza di un rappresentante della comunità rom

I rom, avendo spesso una famiglia numerosa composta da genitori, figli, figli sposati, nipoti ecc. sono costretti anche a chiedere la carità per mantenere la famiglia. Un rom con la moglie e due figli minori chiedeva l’elemosina in un paese. Dopo circa un’ora, scattato l’allarme per furto in appartamento ad opera di soggetti non identificati, tutta la famiglia si vedeva raggiunta da una pattuglia della Polizia che procedeva al suo accompagnamento per identificazione presso il locale Commissariato. Senza alcuna domanda, né spiegazione, il capofamiglia veniva perquisito intimandosi a lui di consegnare la refurtiva. Dopo quattro ore di attesa nella stazione di polizia e tutte le relative indagini e confronti, si constatava che non era stata la famiglia rom a rubare. Ciononostante tutti venivano rilasciati dal Commissariato senza nemmeno un cenno di scusa. Testimonianza di un rappresentante della comunità rom