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3.6 – Standard minimi per la registrazione di episodi razziali

• tutti i contatti con la vittima, siano essi personali, telefonici o postali, debbono essere documentati negli atti di indagine; • sarebbe opportuno approntare un opuscolo illustrativo sul servizio erogato dalla polizia a vantaggio delle vittime dei casi di razzismo e di discriminazione in genere; • ogni volta che ciò sia possibile, avvalersi dell’apporto collaborativo dei mediatori culturali; • pianificare una “strategia di uscita” che lasci la vittima e la famiglia soddisfatte dello svolgimento dell’indagine e dell’appoggio fornito.

È indispensabile per l’attività di accertamento di un caso di razzismo registrare il fattore in base al quale è avvenuta la discriminazione. I fattori di discriminazione possono essere molteplici: alla classica discriminazione basata su aspetti fisionomici (colore della pelle, forma degli occhi, ecc.), si è affiancata la discriminazione basata sull’essere espressione reale o presunta di una data cultura (ad es. nomade) ed ancora sull’appartenenza effettiva o ritenuta tale ad un determinato gruppo etnico (ad es. Rom) o religioso (ad es. musulmano, ebreo ecc.). Chiaramente questi fattori non sono scissi l’uno dall’altro, per cui il credo religioso può essere ad un tempo percepito anche come fattore culturale (ad esempio, si parla spesso impropriamente della cultura musulmana piuttosto che della religione musulmana). Sebbene siamo consapevoli della complessità della situazione, sappiamo però che, se non si riesce a identificare e registrare sui sistemi informatici di intelligence il discriminante di ciascun episodio, non avremo materiale su cui lavorare: come indagare, per esempio, sulla matrice antisemita di un reato se non si riconosce l’appartenenza reale o presunta della vittima alla religione ebraica? È poi da notare che non sempre la cittadinanza della vittima è sufficiente a rilevare l’origine della discriminazione, perché molti figli di immigrati hanno, e sempre più spesso avranno, la cittadinanza italiana ma il colore della pelle e altri tratti somatici che ne rivelano, in apparenza, una provenienza diversa.

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L’operatore di polizia che riceve la denuncia dovrebbe quindi potere raccogliere queste informazioni minime fondamentali sulla vittima: • il nome completo della persona che presenta la denuncia; • l’indirizzo; • la data di nascita; • il sesso; • la religione, sulla base di una lista delle principali religioni praticate dai gruppi presenti sul territorio, preventivamente predisposta dalla Polizia insieme con le comunità religiose. Dove la religione dichiarata non fosse tra quelle previste nell’elenco occorrerebbe definirla in uno spazio apposito; • il gruppo etnico di appartenenza, sulla base di una lista di principali gruppi etnici e nazionali presenti sul territorio, preventivamente predisposta dalla polizia insieme con le comunità oppure il gruppo etnico dichiarato dalla persona nel caso che esso non sia ricompreso tra quelli figuranti nell’elenco; • occupazione; • anni di scolarità; • la madrelingua ed eventuali altre lingue conosciute; • se è stata vittima di altri incidenti negli ultimi dodici mesi; • se gli altri incidenti sono stati denunciati o segnalati.10 Se la denuncia è fatta da persona diversa dalla vittima, si devono registrare per questa persona gli stessi dati richiesti alla vittima e la relazione che li lega. È bene inoltre raccogliere almeno questi ulteriori dati sul tipo d’incidente: • specificare il tipo di evento, sia nel caso che si tratti di un reato, sia che non si tratti di reato; • se non si tratta di un crimine, descrivere in dettaglio i fatti; • descrivere il luogo dove sono avvenuti i fatti, ad esempio abitazione, luogo di culto, strada, posto di lavoro, trasporto pubblico, ecc.

note

1 Si tratta del caso Stephen Lawrence, un giovane nero che fu ucciso alla fermata di un autobus una notte del 1993 a Londra. Quando la polizia arrivò sul luogo del delitto trovò il cadavere di Stephen e il suo amico, pure nero, ferito. La conclusione alla quale la polizia arrivò rapidamente fu che si trattasse di un “regolamento di conti tra due neri”. Le famiglie dei ragazzi non si arresero, furono trovati i veri autori dell’assassinio che, come aveva sempre riferito l’amico della vittima, risultarono essere un gruppo di giovani bianchi. Per indagare sull’episodio fu creata la commissione parlamentare McPherson che concluse i propri lavori con l’affermazione che la polizia di Londra era evidentemente razzista e con una serie lunghissima di raccomandazioni. Oggi le conclusioni di quella commissione costituiscono un punto di riferimento fondamentale per chi voglia combattere il razzismo e, in particolare, la discriminazione perpetrata dalle organizzazioni. 2 Adattato da Thompson N., Promoting Equality – Challenging discrimination and oppression in the human services, Londra, Macmillan, 1998. 3 Ciò non esclude comunque l’azienda di trasporti dalla propria responsabilità vicaria. 4 Essed P., Understanding everyday racism, 1991. 5 Lévi-Strauss C., Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi, Torino, 1968. 6 Commissione per l’integrazione, Secondo rapporto sull’integrazione degli immigrati in

Italia, Dipartimento per gli Affari Sociali – Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2000. 7 D.L. 26 aprile 1993, n. 122 (G.U. 27-4-1993, n. 97) conv., con modif., in L. 25 giugno 1993, n. 205 (G.U. 26-6-1993, n. 148). – Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa. 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’articolo 4 della convenzione, è punito: a) con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. 8 Art. 43 Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (L. 6-3-1998, n. 40, art. 41) 1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.

In ogni caso compie un atto di discriminazione: a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessità che nell’esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente; b) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità. 9 Polvi et al, 1990, Repeat break-and-enter victimisation, Once bitten, twice bitten, Farrell and Pease, 1993. 10 Siccome, come abbiamo più volte segnalato, i casi di razzismo sono molto sotto-rappresentati, chi raccoglie la denuncia deve indagare ogni possibile precedente al fine di accumulare informazioni per il lavoro di intelligence.