INSONNIA Settembre 2019

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8 SETTEMBRE 1943

insonnia

mensile di confronto e ironia

l'inizio della Resistenza

Insonnia n° 115 Settembre 2019 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Rigoletto e il signor G Gli amici in pizzeria sono sempre otto – vedi editoriale di giugno. Di cambiare il mondo non parlano più, ma di cambiare governo sì, visto che la crisi del governo Conte - si scrive Conte, ma si legge Salvini - è, non si capisce ancora se ufficialmente o meno, aperta da ieri, venerdì 9 agosto. Salvini, stufo di giocare col figlio e con le moto d’acqua della polizia, ha detto basta! Non alle moto, non alla polizia, e, naturalmente, non al figlio - debolezza di padre, dice lui - ma al governo Conte, scusate, Salvini e, dalla spiaggia, con un semplice tweet, potenza della comunicazione moderna!, senza neanche una cravatta al collo sul costume da bagno ancora umido, ha chiuso con Di Maio. Sia lodato! ‘Oh rabbia, oh dannazione, esser buffone!’ direbbe Rigoletto. Ma che c'entra, dirà qualcuno. C'entra, eccome, vedete un po' voi... Dice G: “E adesso? adesso sono c…”. “No” - interviene un altro, lo chiameremo signor G -, Gaber compiacente. Dice: “Adesso la soluzione è dietro l'angolo. Mattarella chiama l'esploratore e sinistra tutta, finalmente memore dei propri errori, centro-sinistra tutto, memore dei propri fasti passati, più ciò che resta dei 5stelle dopo Di Maio, memori dei tanti errori recenti, si uniscono e, anziché andare al voto con questo consentendo a Salvini l'incasso di quel 40% di cui si parla da mesi, lo mettono in un angolo col suo 17% dei seggi nel Parlamento di oggi”. “Miracolo!” interviene ancora G: “Come puoi pensare che tutti questi vadano d'accordo. Alla prima vera scelta si spaccano, penso anche solo a 5S e PD sulla TAV. La politica, lo dovresti sapere, non si fa solo con i numeri, 2 + 2 non fa sempre quattro, già alle elementari ti dicevano che due teste di rapa +2 teste di insalata, non fanno 4 ma restano

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Federica Dalmazzo al Parlamento Europeo

“La violenza non è il nostro futuro” a cura di Guido Piovano

Pubblichiamo un ampio stralcio del testo che ha assicurato alla studentessa di Racconigi la vittoria al XXXV Concorso “Diventiamo cittadini europei”. È una lettera aperta ad un coetaneo sul tema della parità uomo-donna nell’ambito della politica sociale europea.

Parco del Castello, a che punto siamo? di Virna Lava

“Cara Aamiine, ho letto la tua ultima lettera in cui mi spieghi tutto ciò che hai passato. Voglio farti sapere che io sono indignata e spiegarti come la penso: vorrei iniziare consigliandoti di denunciare le violenze subite, perché costituiscono un gravissimo reato, e la tua incolumità in questo momento è davvero molto a rischio. La nostra condizione è frutto di un antichissimo retaggio; le donne sono sempre state discriminate, e non hanno potuto godere di fondamentali diritti, politici, eco-

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Una storia infinita

Federica davanti alla sede del Parlamento Europeo

Una chiacchierata con Giorgio Tuninetti sulla situazione dell’area ecologica del Ponte Rosso

Quella del nostro parco sembra ormai una storia infinita, una storia cominciata il 14 agosto 2018 e che ha ormai compiuto e superato il primo compleanno. Dopo 10 mesi di chiusura dovuti alla caduta del famoso albero e dopo la visita del Ministro Bonisoli, ma secondo me soprattutto dopo tutta l’attenzione che con facebook, giornali locali e flash-mob abbiamo cercato di attirare sulla questione (da qui la venuta del Ministro, chi la racconta diversa lo fa per propaganda), finalmente il 1 giugno 2019 il nostro amato parco ha riaperto. Ma era il nostro parco, quello che ricordavamo, scenario di passeggiate, pic-nic, o foto di matrimoni? Assolutamente no! Era più un bosco incolto, con arredi abbandonati a loro stessi per mesi e rovinati dagli agenti atmosferici, con vialetti cosparsi di erba tagliata e lasciata lì e cortecce e resti di alberi abbattuti, nulla è rimasto del parco che era stato dichiarato più bello d’Italia. E noi ci siamo accontentati? Per niente, così abbiamo continuato a postare le foto di come abbiamo trovato il parco, come ancora oggi potete trovarlo, perché dopo 10 mesi c’è stata la riapertura del primo anello e ad oggi del resto del percorso non si sa nulla. Dal primo di giugno ad oggi lo stato di semi abbandono trovato alla riapertura non è mi-

a cura di Rodolfo Allasia

D. Nell’area di conferimento dei rifiuti del Ponte Rosso, io stesso ho notato più volte un sovraffollamento di mezzi di trasporto e di persone, con un notevole disagio che la gente commenta con particolare fastidio. Lì c’è un orario di apertura definito dall’appalto stipulato nel 2017 e divenuto operativo nel 2018. Ogni sette anni gli appalti cambiano ed era cambiato in peggio. Se avessero dovuto mantenere gli stessi servizi di prima le tariffe Tari sarebbero schizzate in alto.

segue pag. 3 La ditta ha imposto questo orario di apertura dell’area che tra l’altro prevede anche la domenica mattina. Ma viste le lamentele abbiamo chiesto al Consorzio se potevano ampliare l’orario di apertura e questi hanno fatto una proposta che ci è costata qualche migliaio di euro. Questa l’ha ancora pagata il Comune e non i cittadini. Secondo me l’orario è ancora insufficiente ma il problema di fondo è proprio la geografia di quell’area.

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PALIO DEI BORGHI pag. 5

Pax Christi

Anpi

ADDIO FANTASMI pag. 14

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IL RACCONTO FOTOGRAFICO di questo MESE

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Il problema del bambino gentile di Luciano Fico

IL PALIO DEI BORGHI 2019 I protagonisti del racconto fotografico di questo mese sono i racconigesi che hanno partecipato al palio dei borghi. Come dice Chiara Cosentino nell'articolo che porta la sua firma: " mettersi in gioco e dare il via a un evento, una manifestazione, che fosse in grado di accendere gli animi dei giovani, così da riportare nuovo interesse a valorizzare non solo il territorio in cui viviamo ogni giorno e che troppo spesso diamo per scontato, ma anche valorizzare la comunità racconigese, noi stessi." Le foto sono di Francesco Giordana a cui vanno i nostri complimenti per aver saputo fermare "attimi di storia" racconigese. Le foto del racconto fotografico sono riconoscibili perchè circondate da una cornicetta nera.

Francesco era un bambino gentile. Era gentile nei modi, gentile nello sguardo e persino nelle intenzioni. I bambini sono tutti meravigliosamente aperti all’altro e alla vita, ma già ai tempi della scuola materna alcuni di loro si chiudono un po’, il carattere si fa corazza e iniziano a germogliare le male erbe della vita adulta: la diffidenza, l’egoismo, la manipolazione, la paura… Francesco si era mantenuto libero da quelle infestazioni, quasi vivesse protetto da un’invisibile barriera. I suoi occhioni chiari si spalancavano sull’altro e non lasciavano scampo: si era costretti a sorridere e ad accogliere, nel proprio cuore, un riflesso di gioia. Giorno dopo giorno quel bambino attraversò la vita, rimanendo fedele al suo sguardo aperto e fiducioso: prima le Elementari, poi le Medie e poi addirittura l’adolescenza si scostò un poco per non inquinare quell’animo puro. Però Francesco si “incantava” spesso, si perdeva per qualche attimo in un mondo tutto suo, misteriosamente. Nessuno se ne fece mai un problema, era considerata una sua deliziosa stranezza: così nessun si curò di andare a cercare quel suo mondo nascosto e laggiù (o lassù…) lui rimase solo. Francesco divenne infine un uomo: un uomo amabile. Evitò di creare il benché minimo conflitto, cercando nel vasto mondo la sua autonomia. Ben presto incontrò una donna che lo volle al suo fianco e da loro nacque un nuovo bambino: insieme crearono una famiglia piena di gioia e di vita, cambian-

do spesso sogni e quindi lavoro, senza curarsi troppo del denaro e delle apparenze. Francesco era sorridente e gentile anche nell’ultima fotografia fatta insieme alla sua nuova famiglia, con in mano il grosso pesce che avevano pescato tutti insieme. È l’ultima immagine che abbiamo di lui… Ormai sono cinque anni che di Francesco non si sa più niente: uscì una sera qualunque, lasciandosi alle spalle il suo sorriso buono e non rientrò mai più. C’è chi ha pensato all’incidente, chi ad un rapimento (qualcuno, naturalmente, ha chiamato in causa i soliti alieni!), chi ha maliziosamente accennato ad un’altra donna, chi ha temuto un gesto insano (“avrà avuto dei debiti…”) … A noi piace pensare che Francesco si sia di nuovo “incantato”. Immaginiamo che di colpo gli sia riapparso quel mondo solo suo, che mai nessuno ha saputo vedere insieme a lui; stavolta deve aver capito che lo deve esplorare fino in fondo, altrimenti rischia di vivere per finta, di vivere per gli altri. A noi piace pensare a Francesco che conosce una dimensione a noi ancora sconosciuta, dove incontra altri sguardi aperti e dolci come il suo; una vita altra, dove si può essere ciò che si è e nessuno ti chiede di fare niente di speciale; dove non esiste la prestazione e neppure il fallimento; dove il cuore parla ed il cervello ascolta. Quando avrà finito la sua esplorazione, quando sarà finito l’incantamento, Francesco tornerà e ci porterà in dono la sua gentilezza, ma stavolta lo farà da uomo e terrà per mano il suo bambino.


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Federica Dalmazzo al Parlamento Europeo

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“La violenza non è il nostro futuro” segue dalla prima

nomici e sociali. L’unico dovere era provvedere ai figli e al marito. Nel corso della storia, la figura della donna ha subito un processo di emancipazione, che l’ha portata a migliorare in molti Stati la sua condizione di vita, benché la società resti ovunque in generale maschilista.” È l’inizio della lettera di Federica Dalmazzo, la studentessa racconigese della Classe IL del LICEO SCIENTIFICO “ARIMONDI-EULA” sezione associata di Racconigi che, insieme ad una trentina di altri vincitori del Concorso – più di 2000 erano i partecipanti -, ha visitato dal 19 al 21 giugno Bruxelles e la sede del Parlamento europeo. Presso il Parlamentarium, nelle vesti di europarlamentari, i ragazzi in un gioco di ruolo molto stimolante, hanno elaborato e fatto approvare dagli “avversari politici” alcune proposte di legge, misurandosi con la difficoltà di confrontarsi e cercare mediazioni con gli altri “partiti”. Dice Federica “Sicuramente questo viaggio è stato una esperienza entusiasmante, una occasione per avvicinarsi alle istituzioni europee ma anche per riflettere su quei valori su cui l’Europa si fonda” e ringrazia la prof. Antonella Giordano, referente del progetto per la sede di Racconigi, ed il professor Luca Martin, dirigente scolastico. Nella lettera, ricordato il processo di emancipazione che ha portato la don-

na a “migliorare in molti Stati la sua condizione di vita, ma anche le discriminazioni, i femminicidi, gli abusi e le intimidazioni che la società ancora esercita sulle donne, Federica alza alto il suo grido “Ma la violenza non è il nostro futuro. Non deve esserlo. Solo un piccolo uomo usa la violenza sulle donne per sentirsi grande” e prosegue “in Italia, ci sono molti famosi artisti che nelle loro canzoni prendono posizione contro la violenza sulle donne” citando i testi ‘Nessuna Conseguenza’ di Fiorella Mannoia e ‘Vietato morire’ di Ermal Meta. Un’ampia descrizione dei problemi che la donna incontra in Europa per accedere al lavoro, ricca di dati della Banca d’Italia e di raffronti tra i diversi Paesi Europei di fonte Eurostat-Istat è poi oggetto della lettera che afferma “L'uguaglianza tra uomini e donne è uno degli obiettivi dell'Unione europea. […]. Il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne è sancito dai trattati europei sin dal 1957 (e, attualmente, dall'articolo 157 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)). L'articolo 153 del TFUE consente all'UE di intervenire nell'ambito più ampio delle pari opportunità, mentre l'articolo 191 consente l'adozione di provvedimenti legislativi per combattere tutte le forme di discriminazione, incluse quelle fondate sulla violenza.

Per raggiungere una effettiva parità di genere in tutti i settori, sarebbe però importante in primo luogo che la componente femminile fosse rappresentata in misura paritaria nel mondo politico, a partire dallo stesso parlamento della UE: le donne invece ricoprono soltanto il 37.3% dei seggi. Per rimediare a questo problema, il Parlamento europeo ha approvato nel 2012 una risoluzione con cui invita i governi a prevedere nelle loro leggi elettorali “quote rosa”, per rafforzare la presenza femminile in ogni settore della società, compreso quello politico.” Citati gli organismi europei che operano nel settore, il Comitato Consultivo per le Pari Opportunità, la Commissione FEMM per maternità,

servizi per l'infanzia, salute e violenza di genere, e l' EIGE, Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, Federica termina la sua lettera ricordando che i passi avanti compiuti dalle donne non sarebbero stati possibili “se non fosse vissuta una Olympus de Gouges, che nel 1791 scrisse la prima “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, una Emmelin Pankhurst, fondatrice nel 1903 del movimento delle suffragette, una Rosa Parks, che con un No mise fine alla segregazione razziale negli Stati Uniti, e poi tante altre “cattive ragazze”, donne forti e trasgressive come le italiane Franca Viola, Nilde Iotti, Rita Levi Montalcini, Felicia Impastato, Lucia Annibali…”.

Una storia infinita

Parco del Castello, a che punto siamo? segue dalla prima

nimamente cambiato, anzi è anche peggiorato. Nel frattempo il Ministro che aveva promesso a breve la riapertura totale non si è più visto, il suo partito dopo aver incassato glorie per quel misero risultato, che ripeto io attribuisco più alla piazza che non alla politica, è svanito e tutto questo non dopo la caduta del Governo ma già prima. Dal Polo Museale nulla e intanto la stagione estiva è giunta al termine, il lago è quasi secco e, per festeggiare il compleanno dell’albero caduto il 14 agosto 2018, ne è caduto un altro il 12 agosto 2019. Si vede che qui da noi invece delle stelle cadenti a San Lorenzo cadono alberi. Ironia a parte la rabbia è tanta, le prese in giro si sono moltiplicate e i fatti non sono mai arrivati. Quasi direi che ci troviamo punto e a capo e mi chiedo… perché? Se sono stati stanziati 900.000 euro, perché? Nel frattempo la notizia ha superato i confini del Piemonte e anche la tv nazionale ne ha parlato durante un notiziario, ha detto chiaramente a tutta Italia che il nostro parco è abbandonato a se stesso, che i fondi non sono utilizzati e i responsabili sono latitanti. In questi mesi qualche forza politica ci ha sbeffeggiati, me e le quasi 6800 persone della pagina “ridateci il parco del Castello di Racconigi”. Persone che come me hanno deciso di farsi sentire perché, anche se tutti siamo impegnati e affannati nelle nostre vite quotidiane, abbiamo deciso di prendere a cuore questa causa; e nonostante ci sia stata l’estate, le vacanze, gli utenti sulla pagina sono aumentati così come l’interesse verso le sorti del nostro parco.

L’unica che deve però interessarsi e fare qualcosa concretamente è la politica; e vi posso dire che mi sento molto delusa proprio da quest’ultima, perché i politici sono eletti da noi cittadini e noi ci crediamo. Siamo scesi in piazza noi, i nostri ragazzi e bambini, e anche loro hanno “sfilato” tutti in clima da campagna elettorale, chi in piazza chi a far selfie sulle scalinate o al cancello del parco, questi ultimi appunto sbeffeggiandoci, e ora? Noi siamo ancora qui, anzi siamo anche di più. E voi? Il Governo è caduto e questo rimescola le carte perché ora come ora non abbiamo più neanche un Ministro poco presente a cui far riferimento; sono arrivati segnali dalla Regione e il 18 settembre dovrebbe esserci un sopralluogo di Bongioanni, presidente della Com-

missione Cultura della Regione Piemonte. Questo sopralluogo fa sicuramente capire che la Regione è ancora interessata alla sorte del parco, ma finché il Castello e il parco resteranno sotto la direzione del Polo Museale sarà comunque il Ministero dei Beni Culturali ad occuparsene e la burocrazia e forse anche la scarsa conoscenza della nostra realtà locale non faranno altro che peggiorare la situazione. Il parco è vivo e per questo motivo necessita di cure continue che ad oggi non sono state fatte o non adeguatamente, lo dimostrano il secondo albero caduto, il fieno non raccolto, tutti interventi non eseguiti che hanno due gravi conseguenze. La prima, perdita di denaro dovuta alla mancata vendita; la seconda, il deterioramento degli alberi, dei terreni, del lago, e il mancato rimboschimento. Tutto questo porterà inevitabilmente conseguenze a lungo termine. Io non mi fermo e so che neppure chi segue la pagina ha intenzione di farlo, abbiamo aspettato tutta l’estate e come tutti immaginavamo nulla è cambiato. A questo punto, una volta nominato il nuovo ministro, forse sarà il caso di farci sentire di nuovo. Nel frattempo invito tutti i racconigesi e non a far vedere non solo lo stato del parco fuori Racconigi e on-line, ma anche le cose belle di Racconigi perché Racconigi non è solo Castello e parco e può vivere di turismo lo stesso. Ci vuole un piccolo sforzo da parte di tutti, ma possiamo fare grande la nostra piccola cittadina nell’interesse di tutti.


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Una chiacchierata con Giorgio Tuninetti sulla situazione dell’area ecologica del Ponte Rosso segue dalla prima

Intanto l’area e insufficiente, se tu noti a destra, prima c’era un sottobosco che ora abbiamo ripulito; con il Consorzio ci vediamo ogni 15 giorni o tre settimane e a settembre voglio ritrovarli per discutere del progetto di questa area. Il Consorzio si è dichiarato disponibile a pagarla e a fare il progetto, lo stiamo sollecitando, al termine del lavoro pagheremo probabilmente il 50% del costo complessivo. Si dirà: “allora non fanno più l’area ecologica nuova?” certo, bisognerebbe spostarla, sarebbe l’ideale ma se la togli di lì, la sposti fuori città e la gente andrà di meno, forse razionalizzerà gli accessi, andrà in macchina. Bonetto, dell’Ufficio Tecnico, aveva individuato un’area nella strada del Barraggio, nella nuova area artigianale, dopo la rotonda. Era una bella zona ma il Consorzio ha detto che secondo i loro parametri tecnici non è sufficiente. Non abbiamo ancora individuato altre aree e certamente i poveretti che hanno la casa vicino al ponte rosso hanno diritto a protestare per questi disagi che provano. L’intendimento politico c’è; è chiaro che per fare un’isola ecologica nuova è necessario fare delle scelte: burro o cannoni? Togli da un’altra parte… bisogna vedere se siamo tutti d’accordo sulle scelte da fare. Intanto non sono contento del servizio; all’inizio tutto bene, tante belle parole, ma poi se non gli stai dietro… come sempre... Solo questa mattina ho visto un operatore ecologico che usava questa scopa in modo poco professionale, c’è sporcizia davanti all’edicola a fianco del Comune. Anche se non è un bel lavoro… ringrazia che lo hai. A parte ciò abbiamo chiesto questo allungamento dell’orario di apertura dell’area ecologica. Comunque in questa fase di transizione ci siamo detti “sistemiamo l’altro pezzo che tra l’altro è anche brutto, c’è un magazzino comunale pratica-

mente cadente”. È vero ora c’è molto traffico di conferimento e si crea anche intasamento perché c’è quel collo di bottiglia all’ingresso. Un altro problema è che ci sono operatori del settore che vanno a svuotare le cantine e poi portano tutto nell’isola ecologica e impiegano tanto tempo a svuotare il loro camioncino. Abbiamo monitorato con la tessera sanitaria e sono proprio questi che stanno dentro un sacco di ore e quindi creano disagio, abbiamo chiesto se è possibile, senza penalizzare troppo, fare in modo da non autorizzare tutto ciò che viene scaricato. D. Il conferimento del materiale di svuotamento delle cantine come viene regolato? Chi assicura che le cantine svuotate siano tutte di cittadini Racconigesi? È vero che chi conferisce il materiale è cittadino di Racconigi ma chi lo sa se il materiale lo è? Queste ditte che vanno a svuotare le cantine sono sicuramente imprese di Racconigi, le conosciamo. Per ora sono sempre andati a smaltire ciò che raccoglievano dalle cantine di Racconigi ma si dovrebbe regolamentare tutto ciò con una forma di pagamento e una autorizzazione a fare questo lavoro. Però a regolamentare troppo si rischia che anziché conferire materiali nell’area ecologica si smaltiscano fuori, illegalmente. Il Consorzio dovrebbe monitorare gli ingressi e noi, Comune, in autonomia convocare queste ditte e istruirle sulle modalità. D. La rimozione dei cassoni dell’isola, il loro trasporto e stoccaggio o riciclaggio del materiale contenuto ha un costo? Certo si paga il Consorzio perché paghi il servizio di smaltimento e riciclaggio. Si porta a Villafalletto e lì si suddivide ulteriormente, anche l’indifferenziata. Questo ha un costo, è nell’appalto. Tutti i rifiuti portati via hanno un costo anche se poi vengono riciclati! Si paga l’accatastamento, il trasporto eccetera.

Per quanto riguarda lo smaltimento del verde degli utenti abbiamo visto che ci sono delle criticità, abbiamo chiesto che si passi con un po’ più di frequenza ma anche questo costa: più servizi si hanno più la gente paga. I confinanti dell’isola ecologica hanno disturbi dovuti agli odori che emanano dai cassoni ma anche a causa delle zanzare. Con il consorzio abbiamo parlato di questi problemi e loro hanno consigliato di fare una piantumazione di alberi che dovrebbero sia lenire gli odori sia eliminare le zanzare. Per gli odori si dovrebbero chiudere. Comunque cassoni chiusi e più frequente svuotamento degli stessi potrebbe risolvere in parte il problema. L’Asl ha poi fatto un controllo per vedere il percolato dei liquidi presenti nei cassoni; ora è stata imposta la manutenzione del fondo dell’area ecologica per renderlo impermeabile e impedire l’inquinamento dei percolarti. In conclusione i cittadini un po’ si lamentano ma la cultura della differenziata è entrata nella testa di tutti. Ora si allargherà l’area attuale e intanto si cercherà una nuova area più all’e-

sterno. Vedremo di ridurre i disagi dei cittadini vicini all’area, cercheremo di ridurre anche le aree di propagazione delle zanzare. D. Già, ma oltre alle zanzare qui a Racconigi abbiamo anche il problema dei colombi. Avete pensato a qualche tipo di soluzione? Abbiamo già interpellato una azienda che ha i falchi ed i falconieri e ci devono fare un preventivo per venire per più settimane con i falchi i quali, essendo questi uccelli predatori, dovrebbero spaventare i colombi. Sono già stati fatti esperimenti a Barolo, non sarà certo sufficiente una presenza sporadica dei falchi ma occorre vedere il costo di questa operazione. Non è una vera e propria caccia è una sorta di terrore provocato dai predatori e questo porterebbe far spostare i colombi in altre aree. È un modo intelligente per farli andare via senza incorrere in lamentele degli animalisti. Certo sono ancora altri costi e nella Amministrazione ognuno fa le scelte che ritiene opportune rispetto alla destinazione dei fondi di bilancio. Vedremo.

Tutte le strade portano a Roma...


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IL PALIO CHE FA LA DIFFERENZA

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Quando l’amicizia e la competizione ti spingono oltre i confini di Chiara Cosentino

Troppo spesso abbiamo sentito ripetere la stessa frase: “A Racconigi non c’è mai niente” e altrettante volte ci siamo interrogati su cosa, esattamente, mancasse. Questo è stato il nostro punto di partenza che, giorno dopo giorno, si è trasformato in un incentivo per mettersi in gioco e per dare il via a un evento, una manifestazione, che fosse in grado di accendere gli animi dei giovani, così da riportare nuovo interesse a valorizzare non solo il territorio in cui viviamo ogni giorno e che troppo spesso diamo per scontato, ma anche valorizzare la comunità racconigese, noi stessi. Non poca influenza è arrivata anche dai nostri stessi genitori, zii, parenti che ci hanno raccontato molte volte cosa significasse abitare a Racconigi trent’anni fa quando ancora si svolgevano i giochi del Palio dei Borghi e da qui ci siamo resi conto che loro erano cresciuti in una realtà totalmente diversa da quella che conoscevamo. I giochi, gli attacchi notturni tra i vari borghi, le “dichiarazioni di guerra” e soprattutto le relazioni tra i giovani che si erano rafforzate e instaurate erano a dir poco invidiabili. Abbiamo creduto fin da subito che ai giovani racconigesi mancava proprio una scusa per potersi trovare tutti insieme, dimenticare

lo stress, divertirsi in modo goliardico e al tempo stesso, tornare un po’ bambini. Quale poteva essere una buona scusa se non due giornate in cui ci si sfida anche tra amici? Il Palio è stato sin da subito la nostra grande occasione per soddisfare tutte le richieste che, direttamente o indirettamente, arrivavano dai nostri stessi coetanei, ovvero il poter condividere dei momenti, divertirsi insieme a tanti altri giovani, confermare le vecchie amicizie e di instaurarne di nuove. Il primo anno è stato un esperimento, il secondo un affermazione e adesso, che siamo arrivati al terzo anno consecutivo, ci troviamo a fare i conti con la realtà e possiamo affermare che senza tutto questo a Racconigi mancherebbe davvero qualcosa. È difficile spiegare a parole il grande cambiamento che è avvenuto in ognuno di noi e che ha portato nuova linfa alla città, ma basta uscire per strada e vedere con quanta gente ci fermiamo volentieri per fare due chiacchiere. Il Palio è qualcosa di veramente impegnativo e per ognuno significa qualcosa di diverso perché Palio è sinonimo di fatica, di adrenalina, agitazione, emozione, lacrime, gioia, attesa e voglia di vincere. Significa scendere in campo, mettersi in gioco per il proprio borgo e dimenticare per un momento

le differenze che ci allontanano. Per noi ragazzi dell’Associazione “Tocca A Noi” è stata e continua tutt’ora ad essere una vittoria. Significa aver finalmente fatto emergere qualcosa che probabilmente esisteva già ma era rimasto sopito dentro ognuno di noi. Viviamo in una piccola realtà ed è assurdo pensare che fino a poco tempo fa non ci si conosceva quasi minimamente con il proprio vicino di casa anche se probabilmente lo si incrociava sul pianerottolo. Ma ora le cose sono cambiate. Ora è diverso. Si esce la sera e si fa festa con tutti, non ci sono più distanze perché insieme a tanta fatica abbiamo scoperto il bello di stare insieme e di essere amici. Il Palio è riuscito a tirar fuori dai ragazzi di Racconigi uno spirito di aggregazione che prima non c’era. Questa è la sua vera forza. Per questo diciamo grazie a tutti quelli che hanno creduto in noi, si sono fidati e che ci hanno resi quello che oggi siamo perché tutto ciò è risultato possibile soprattutto grazie alle persone che hanno partecipato al palio, che hanno compreso sin dall’inizio il suo valore e che hanno creduto fino alla fine nelle sue grandi potenzialità. È stato un ottimo lavoro di squadra.


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a cura di Guido Piovano

UN CLERO CHE NON SOPPORTA PAPA FRANCESCO? di José María Castillo

Per nessuno è un segreto che le relazioni di un settore del clero con papa Francesco non sono proprio facili e distese. Un esempio eloquente in quest’ordine di cose è quello che recentemente ha detto il cardinal Müller (ex Prefetto del Sant’Ufficio), che, come circola sulla stampa e sui social, è arrivato a dire che la Chiesa adesso ha “un papa eretico”. Non riesco proprio a capire che un cardinale così rinomato, come è il caso del cardinal Müller, sia arrivato a dire ed a diffondere una simile sciocchezza. In ogni caso – e quale che sia il comportamento dell’ex Prefetto del Sant’Ufficio – la resistenza di un settore del clero al governo papale di Francesco diventa di fatto sempre più evidente. Adesso, quando ci stiamo avvicinando al sinodo dell’Amazzonia dal 6 al 27 ottobre su “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”, ndr - si

accentua il rifiuto dei resistenti a questo papato. E il motivo più importante – come dicono gli esperti della questione – è il tema del celibato ecclesiastico. Perché, come è logico, se la legge del celibato non è più obbligatoria per i preti che si occupano degli indigeni in Amazzonia, perché continuerà ad essere vincolante per i parroci dell’Europa? Questo pensano e dicono i chierici “anti-Francesco”. Ma quello che realmente spinge questi preti (ed i loro seguaci) ad attaccare il papa è il tema del celibato? Non si deve essere un esperto o una lince per rendersi conto che in tutta questa questione c’è una trappola. Perché il celibato dei preti non è “una verità che si deve credere per fede divina e cattolica” (can. 751). Il celibato dei preti è una legge ecclesiastica. Una legge che non è stata mai universale. Non è vincolante per i chierici cattolici della

Chiesa Orientale. Inoltre fu introdotta in Occidente dopo secoli di forti discussioni. Di più, nel Nuovo Testamento si dice che l’ordinazione di vescovi e presbiteri si deve conferire a uomini sposati (1 Tm 3, 2-5.12; Tt 1, 6), che sappiano governare bene la loro casa e la loro famiglia. Perché chi non sa educare la sua famiglia nella Fede, come potrà avere la dovuta cura della Chiesa di Dio? Anzi, si sa che nel concilio di Nicea (anno 325), secondo lo storico Socrate, alcuni vescovi proposero di “introdurre una nuova legge nella Chiesa: che gli ordinati, cioè i vescovi, i presbiteri ed i diaconi non dormissero con le loro mogli con le quali si erano sposati quando erano laici”; ma Pafnuzio, vescovo della Tebaide Superiore, celibe e venerato confessore della fede, intervenne contro la proposta: “con veemenza proclamò ad alta voce che non si doveva imporre questo pesante giogo sulle spalle dei chierici e dei preti, dicendo che è anche degno di onore l’atto matrimoniale ed immacolato è lo stesso matrimonio; che non recassero danno alla Chiesa esagerando in severità, perché non tutti

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possono sopportare l’ascesi dell’ “apátheia”, da cui forse sarebbe derivata la difficoltà di conservare la castità delle loro rispettive spose” (Hist. Eccl. I, XI. PG 67, 101-104). […] Quello su cui voglio (e debbo) insistere è che non ha capo né coda qualificare come “eretico” papa Francesco a causa di alcune decisioni (che non si sono ancora prese) alle quali possa giungere il Sinodo dell’Amazzonia. Allora, cosa c’è dietro tutto questo? Sicuramente logorare e danneggiare l’immagine ed il modo di governare di papa Francesco. Perché ed a quale scopo questo logorio? La cosa più logica sembra essere che questo disgustoso pasticcio abbia una finalità che salta agli occhi: preparare il conclave perché il successore di Francesco debba prendere un’altra strada. Un papa che umanizza il papato e lo avvicina a coloro che soffrono di più nella vita, un papa così non “conviene” (?) certamente alla Chiesa e al mondo nel quale viviamo. Pubblicato il 31 luglio in Religión Digital (www.religiondigital.com), traduzione di Lorenzo Tommaselli.

UN LIBRO PER APPROFONDIRE “La solitudine di papa Francesco” di Marco Politi, Edizioni Laterza “Nel cattolicesimo è in corso una guerra sotterranea per mettere Francesco, il pontefice riformatore, con le spalle al muro. Preti, blogger e cardinali conducono un'opera sistematica di delegittimazione e, mese

dopo mese, si va compattando un fronte conservatore con notevole forza organizzativa e mediatica. Debole, invece, è la mobilitazione dei sostenitori della linea riformatrice di Francesco: vescovi e cardinali si affacciano poco sulla scena per difendere il papa e appoggiare gli obiettivi di cambiamento”.

Un miserabile euro di Zanza Rino

Agosto. Tornano in sella dopo l’infuocata parentesi estiva. Se almeno il sole avesse scaldato le indolenzite e scricchiolanti giunture dell’attempata redazione… ma non sembra sia stato di grande utilità. Eccoli là, sempre gli stessi, un pochino più attempati, vagamente smarriti. Prossimi pazienti del professor Alzheimer? Chissà. Forse non è ancora il tempo, ma certo non è più il tempo in cui guardavano con occhi vivi e lam-

peggianti il bel sol dell’avvenir. Li ritrovo una sera mentre torno da una produttiva giornata passata a punzecchiare racconigesi stravolti dal caldo, riuniti intorno al tavolo per preparare il numero di settembre. Non ci sono lacrime, perché la dignità è l’ultima a morire, ma se siete un po’ depressi state alla larga. Qualche ragione ce l’hanno. Sono sempre gli stessi, le passioni giovanili sono un ricordo e ora per giunta devono anche trovare i soldi per continuare ad uscire. Conti presto fatti. Ogni numero costa 300 euro (più o meno). Undici numeri l’anno, 3.300 euro (più o meno). Distribuzione gratuita, finanziamento attraverso i volontari contributi dei lettori. 2019: raccolti 2.650 euro (più o

meno). Mancano 650 euro (più più che meno). Conclusione: o riducono il numero di uscite… o ce li mettono loro… o chiudono la baracca. Ed è qui che nascono i dubbi e si accende la discussione (per accendere la discussione, lì in mezzo, non ci vuole niente, nelle chiacchere… mi scuso… nel confronto dei veri fenomeni). “Magari il giornale non piace (più)” … “Ma ne distribuiamo 1.800 copie (più o meno), la gente lo prende” … “Bella forza, è gratis” … “Però lo leggono, tanti lo aspettano, copie buttate in giro non se ne vedono” … “Sì, sì, ma tanti non scuciono un euro” … “In parecchi ci dicono che facciamo un buon lavoro” … “E ancor di più non ci dicono niente” … “Basterebbe avere due giovani

in più” … “Chiediti perché non ce ne sono” … Cose di questo genere. C’è il rischio che continuino così per mesi. Bisogna fare qualcosa. Una proposta. Un bussolotto sotto i portici in v. Morosini, dove c’è lo scaffale del book crossing. Chi ci tiene che il giornale continui ad uscire ci mette un euro (un miserabile ed unico euro). Resta lì per un mese e poi si guarda cosa c’è dentro. Tre possibilità. Ci sono abbastanza euro per continuare ad uscire. Ci sono quattro euro in croce e un vecchio gettone del telefono. Qualcuno ruba il bussolotto. Le conclusioni le potete trarre da voi. I redattori hanno (ri)cominciato a discutere.


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A Racconigi Pat Gaffney, segretaria nazionale per l'Inghilterra del movimento cattolico Pax Christi

“Che la potenza della nonviolenza sia sempre più creativa” Problemi mondiali, Europa, Brexit, ruolo delle religioni, laicità, nuova Palestina a cura di Guido Piovano , con Stefano Scudiero nel ruolo di interprete/traduttore

Pat Gaffney è nata a Londra dove abita tuttora; ha insegnato biologia per 10 anni, e ha poi collaborato con un'agenzia per il terzo mondo. Da 30 anni in Pax Christi, è oggi Segretaria Nazionale per l'Inghilterra e responsabile esecutivo di un progetto cattolico internazionale sulla nonviolenza. L’ho incontrata lo scorso 15 giugno ospite della famiglia Scudiero di Racconigi, di cui certamente conoscete il bar in piazza Castello. L’amicizia tra Pat e Sante Scudiero risale ai tempi della collaborazione nella Pax Christi londinese tra Pat e il fratello di Sante, Giovanni Scudiero, missionario della Consolata deceduto il 14 giugno 2009.

Signora Gaffney, com'è nato il suo impegno in Pax Christi? I più grossi problemi del mondo sono quelli di guerra, la vendita internazionale delle armi, la vita dei rifugiati politici, la povertà. Il mio impegno è nato per assecondare i miei ideali. Sui temi da lei citati, dove si sta andando? Oggi vedo problemi maggiori di un tempo, il mondo è molto più diviso. Ad esempio, noi in Inghilterra abbiamo il problema Brexit. L'idea generale di Europa è l’Europa della pace: dividendoci, resteremo soli, prenderemo strade diverse, ci allontaneremo fatalmente da questi ideali. Come valuta il rischio di un asse Londra-USA? È un disastro. La visione di Trump del mondo è ristretta, limitata, chiusa. Non è l'idea di un mondo aperto, contempla muri e barriere. Possiamo dire che con una Europa debole a perderci sono la cultura, l’umanesimo, una certa visione di Stato sociale che è propriamente nostra, della nostra evoluzione culturale e civile? L'Europa oggi è forte nel modo sbagliato… non tanto negli scambi commerciali, nella libera circolazione delle persone, nell'apertura dei

confini. È forte nella Nato, non nei suoi ideali storici. Si spendono sempre più soldi in armamenti. Lei, dal suo punto di osservazione internazionale, quale futuro vede per le religioni del mondo, così divise e in conflitto? Le religioni possono avere un ruolo nella costruzione di un futuro di pace solo se sono molto unite, secondo anche quello che è il pensiero di papa Francesco. In Pax Christi sto lavorando ad un progetto col Va-

UN EURO PER INSONNIA Abbiamo preso alla lettera il suggerimento del nostro amico zanzarino. Ci rivolgiamo a tutti coloro che leggono Insonnia. Sotto i portici di v. Morosini, presso lo scaffale del book crossing, troverete un bussolotto. Se volete contribuire alla sopravvivenza del vostro giornale vi invitiamo a mettere un euro, o anche di più, dentro il bussolotto. Non chiediamo altro, basta che siate in tanti a farlo. Grazie, abbiamo fiducia in voi.

ticano, insegnare nonviolenza nelle chiese e anche nel mondo politico… lavoriamo per un’idea di pace attiva: un progetto internazionale molto importante. Parliamo di laicità: perché qui in Italia c'è così scarso interesse per un superamento del Concordato del ’29 che comporta tra l’altro l'istituto dei cappellani militari, i preti con le stellette? Penso che quando lo Stato e le Chiese lavorano insieme, con i cappella-

ni militari, si legittima la violenza. Anche in Inghilterra abbiamo un problema analogo con la Chiesa Anglicana. È fondamentale parlare con lo Stato da laici. Per chiudere, quale auspicio si sente di formulare per il mondo? Che la potenza della nonviolenza sia sempre maggiore, che la nonviolenza sia sempre più creativa, coinvolga più persone, offra più opportunità della violenza. Bisogna lavorare a questo, lottare per la nonviolenza come casa comune da costruire. In questo lavoro quali sono i vostri compagni di viaggio? Sono i movimenti civili e religiosi, i movimenti per l'ambiente, le religioni. Come in Palestina anche in Israele, cristiani, musulmani, ebrei… noi collaboriamo con tutte le religioni. A proposito di Palestina: lei è per la soluzione “due Stati per due popoli” o “due popoli in uno Stato solo”? Un solo Stato, una federazione con uguali diritti per tutti, ebrei e palestinesi. Piano piano sarà possibile, speriamo, anche se difficile. Oggi è difficile per noi anche solo entrare in Palestina. Grazie, signora Gaffney e auguri sinceri per il suo lavoro in Pax Christi.

Pubblichiamo un breve ricordo che Tonio dell’Olio, di Pax Christi Italia, ha scritto per la scomparsa di Giovanni Scudiero. “Giovanni Scudiero se n’è andato ieri. Non conosceva la diplomazia e i suoi linguaggi. Era molto spiccio il suo modo di fare e a volte metteva in imbarazzo. E così ha fatto anche col cancro che rapidamente si è fatto strada dentro di lui. Oggi MOSAICO DEI GIORNI (rubrica di “Mosaico di pace”, www.mosaicodipace.it, n.d.r.) è per lui perché non si dedicano strade agli eroi anonimi che hanno abitato il Sudafrica, il Kenya, la Tanzania e poi insegnato nel Missionary Institute di Londra. Per 18 anni Giovanni ha sussurrato a tanti giovani missionari come stare in mezzo agli altri col passo lieve ma deciso quando si tratta di contrastare violenze e prepotenze. Giovanni Scudiero, vicepresidente di Pax Christi in Gran Bretagna e membro dell’esecutivo internazionale dello stesso movimento, credeva profondamente nella nonviolenza al punto da studiarla, praticarla e insegnarla. Giovanni Scudiero è l’abbraccio forte che non ha bisogno di parole, è vita nomade che si nutre di incontri, è curiosità per ogni alito di vita, per tutto quel che esiste. […]” 15 giugno 2009


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SCUOLA D’ECCELLENZA, MULTICULTURALE

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Alessandria: il 78% di alunni stranieri nelle classi della miglior scuola piemontese di Grazia Liprandi - Rete Insegnareducando

Voglio raccontarvi una bella storia. Si proprio così. Una storia vera. Bellissima. Proprio ora, mentre la maggior parte di noi si sta incagliando nel pessimismo, soprattutto chi tra noi è molto impegnato a livello sociale, chi più di altri si sforza di mantenersi aggiornato, ma continua a farlo con vecchi strumenti, ormai totalmente corrotti, giornali e tv che trasmettono paura. La paura è sempre funzionale ai sistemi oppressivi che vorrebbero aver la meglio. La paura paralizza, confonde, blocca le idee, rende passivi. Occhio! Mentre le notizie dei gravissimi incendi che devastano le più belle foreste del pianeta ci annebbiamo completamente la speranza, nessuno ci racconta che in molte parti del pianeta si stanno piantando milioni di alberi. Nessuno ce lo dice perché la speranza susciterebbe in noi la voglia di fare. I popoli potrebbero agire per il bene della terra, intralciando intrallazzi e interessi economici di chi guadagna profitti indisturbato. Io mi permetto una rubrica controcorrente. Perché le cose belle accadono, ma nessuno le racconta. Eppure conoscerle apre il cuore. E illumina la prospettiva. È quello che è successo a me a luglio, quando sono andata in una scuola di Alessandria, in un quartiere di case popolari, il quartiere “Cristo”. Se qualcuno avesse dubbi sul nome, è proprio quello, e ci sta a pennello, perché più che “Cristo” non potrebbe chiamarsi: vie tutte uguali di palazzi popolari tutti uguali, con quelle piazze uguali con la chiesa in cemento da un lato e dall’altro il bar spoglio, le sedie di plastica fuori, solo uomini che guardano i passanti, qualche slot, il sole che cuoce l’asfalto senza ombra. Lì è situata la “Morbelli”, una scuola che ha il 78% di stranieri in classe. Sapete cosa vuol dire? Che nelle classi c’è il mondo. Per la precisione 27 etnie che un nonno di un bimbo italiano si è divertito a disegnare sul planisfero col suo nipotino. Pensavo di trovare una piccola scuolina che si arrabattava appena nel raggiungere un buon livello di educazione coi propri allievi immigrati, invece ho scoperto un’eccellenza, studenti ai primi posti nell’apprendimento, che vincono gare nazionali, un gruppo di docenti meraviglioso che da dieci anni lavora insieme, dal primo anno della scuola materna al terzo anno delle medie, con un curriculum verticale esemplare e soprat-

tutto con una qualità invidiabile, tanto da portarla ad esempio nella 10° Conferenza regionale della Scuola che si svolge all’inizio di ogni anno scolastico a Torino per tutto il Piemonte. Gli ingredienti di tanta efficacia? Per sintetizzare ne abbiamo individuati una dozzina, copiabili e applicabili da qualunque scuola: 1. “Un te insieme”, uno spazio d’incontro periodico con tè e dolcetti, tra genitori di ogni etnia, insegnanti e operatori. Nessuno sportello, né riunione formale. Il tè si beve in tutto il mondo, scioglie le lingue e aiuta a capirsi guardandosi negli occhi. 2. Le ricette del mondo: il cibo da sempre aggrega, è bello conoscere piatti diversi, mescolare sapori e spezie. Il cibo è evocativo, il cibo è accogliente. Come dice un proverbio siberiano: “A colui che bussa alla porta non si domanda “Chi sei?” Gli si dice “Siediti e mangia”. 3. Un libro comune che viene letto – con i dovuti accorgimenti - dai 3 ai 14 anni. Indovinate un po’ qual è stato uno dei primi titoli? Poteva non essere “Il giro del mondo in 80 giorni”? 4. Una grande rappresentazione teatrale con genitori di etnie diverse, insegnanti e bidelli che recitano insieme ai bambini la storia letta. 5. Un’orchestra multietnica nella scuola media, si suona per tutti, i musicisti sono peer-educator dei bambini più piccoli. Dice il prof: “Quando facciamo lo scrutinio di classe è un disastro ‘non sa fare questo, non sa fare quell’altro’…ma quando li si fa suonare insieme accade un miracolo, all’unisono le voci degli strumenti si accordano e i ragazzi diventano bravissimi.

6. Le mamme e i bambini che fanno da mediatori culturali e linguistici, traducono, aiutano chi è appena arrivato. 7. I nonni che entrano in scuola per varie attività, per raccontare antichi mestieri, per supportare i laboratori tra i quali l’orto. 8. La cura della terra con un progetto di riforestazione della propria zona e una grande festa della terra nella quale ogni anno si piantano tanti alberi. 9. Un calendario del mondo con le foto degli studenti e delle famiglie di ogni etnia in costume, a rappresentare un mese. 10. Gruppi di narrazione genitori insegnanti e bidelli insieme con le regole della pedagogia dei genitori. 11. Un bel pensatoio tra insegnanti di vari ordini diversi, per confrontare e inventare mille strategie efficaci per insegnare meglio in cooperazione, a partire dalla bellezza, dall’arte e dalle abilità di ciascuno; una formazione continua senza tanti esperti esterni, guardandosi dentro. 12. Tante reti, tante collaborazioni: associazioni, enti e scuola che lavorano in sinergia nel quartiere. Il tutto condito con uno slogan che si racconta da sé: “UNA SCUOLA SEMPRE APERTA” Altroché Salvini e i suoi porti chiusi. Qui l’apertura ha significato non solo la sopravvivenza del plesso e il mantenimento dei posti di lavoro, ma l’opportunità di avere una scuola vicina per i pochi bimbi italiani insufficienti nel quartiere. E ha significato aprirsi ad esperienze inimmaginabili come quelle sopra citate e non solo. Dicono gli insegnanti “Ultimamente

molti genitori, alcuni artisti, valorizzano questa scuola e appositamente vengono ad iscrivervi i propri figli italiani proprio per dare loro l’opportunità di crescere in un ambiente più stimolante e propositivo. Alla Morbelli i programmi didattici si svolgono regolarmente affiancando al metodo tradizionale un altro metodo: “fare divertendosi”. Cerchiamo di superare la lezione frontale con strategie più accattivanti e metodologie laboratoriali. Un esempio: la matematica più stimolante si studia per prepararsi a gare regionali o nazionali: i giochi matematici organizzati dal Centro Pristem con l’Università Bocconi, arrivando in semifinale! Oppure superando la selezione regionale a andando alle finali in Puglia come campioni di Geometriko, una specie di Risiko dove si avanza solo se si conoscono le regole della geometria. E non si gioca da soli ma in coppia o in gruppo”. Sentire parlare gli insegnanti della Morbelli commuove. Un team verticale altamente professionale che con semplicità e creatività sa creare occasioni di apprendimento che bypassano la complessità del contesto. Una sinergia fluida di tantissime persone che dentro la scuola e in rete col quartiere diventa punto di riferimento non solo per Alessandria, ma per tutto il Piemonte e l’Italia stessa. È proprio vero allora che laddove le problematiche sociali sono esasperate, emergono risorse e capacità straordinarie. Da loro possiamo imparare la bellezza della multiculturalità che aiuta a pensare in modo più creativo e ad inventare mille modi diversi per insegnare davvero.


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Faccio e farò sempre politica in classe Inizia la scuola, crediamo che il nostro miglior augurio per tutti, alunni, insegnanti e famiglie, lo possiate trovare in

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queste parole di Enrico Galiano, insegnante e scrittore, scritte e diffuse quando Salvini era ancora Ministro Caro Ministro dell’Interno Matteo Salvini, ho letto in un tweet da Lei pubblicato questa frase: “Per fortuna che gli insegnanti che fanno politica in classe sono sempre meno, avanti futuro!”. Bene, allora, visto che fra pochi giorni ricominceranno le scuole, e visto che sono un insegnante, Le vorrei dedicare poche semplici parole, sperando abbia il tempo e la voglia di leggerle. Partendo da quelle più importanti: io faccio e farò sempre politica in classe. Il punto è che la politica che faccio e che farò non è quella delle tifoserie, dello schierarsi da una qualche parte e cercare di portare i ragazzi a pensarla come te a tutti i costi. Non è così che funziona la vera politica.

La politica che faccio e che farò è quella nella sua accezione più alta: come vivere bene in comunità, come diventare buoni cittadini, come costruire insieme una polis forte, bella, sicura, luminosa e illuminata. Ha tutto un altro sapore, detta così, vero? Ecco perché uscire in giardino e leggere i versi di Giorgio Caproni, di Emily Dickinson, di David Maria Turoldo è fare politica. Spiegare al ragazzo che non deve urlare più forte e parlare sopra gli altri per farsi sentire è fare politica. Parlare di stelle cucite sui vestiti, di foibe, di gulag e di tutti gli orrori commessi nel passato perché i nostri ragazzi abbiano sempre gli occhi bene aperti sul presente è fare politica. Fotocopiare (spesso a spese nostre) le

foto di Giovanni Falcone, di Malala Yousafzai, di Stephen Hawking, di Rocco Chinnici e dell’orologio della stazione di Bologna fermo alle 10.25 e poi appiccicarle ai muri delle nostre classi è fare politica. Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché in prima pagina sul giornale c’è l’ennesimo femminicidio, sedersi in cerchio insieme ai ragazzi a cercare di capire com’è che in questo Paese le donne muoiono così spesso per la violenza dei loro compagni e mariti, anche quello, soprattutto quello, è fare politica. Insegnare a parlare correttamente e con un lessico ricco e preciso, affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più chiari e perché un domani non siano

succubi di chi con le parole li vuole fregare, è fare politica. Accidenti se lo è. Sì, perché fare politica non vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come te: vuol dire spingerli a pensare. Punto. È così che si costruisce una città migliore: tirando su cittadini che sanno scegliere con la propria testa. Non farlo più non significa “avanti futuro”, ma ritorno al passato. E il senso più profondo, sia della parola scuola che della parola politica, è quello di preparare, insieme, un futuro migliore. E in questo senso, soprattutto in questo senso, io faccio e farò sempre politica in classe.

Enrico Galiano

SPRECO IN CUCINA, POVERTÀ VICINA La fotografia di una situazione che va superata (1° parte) di Chiara Reviglio

Il tema di oggi è lo spreco alimentare, argomento di cui per fortuna si sente sempre più spesso parlare con termini quali “eccedenze”, “surplus”, “invenduti” oppure “scarti”. Stiamo parlando di cibo prodotto e buttato via: ogni anno per un europeo si producono circa 840 kg di cibo, di cui 560 sono consumati, poco meno di 200 vengono sprecati nella filiera di produzione e vendita, gli ultimi 95 vengono buttati in pattumiera direttamente dal consumatore. Vi sembra impossibile? Pensateci: 95 kg all'anno sono circa 260 grammi al giorno, 1,8 kg alla settimana: un paio di yogurt scaduti, poche decine di grammi di pane al giorno, quelle tre patate ormai germogliate, un pacchetto di farina comprato per torte mai realizzate, un sedano disidratato, qualche fetta di prosciutto madreperlato, una bevanda aperta e ormai sgasata, la ricotta intonsa ma - dice il pacchetto - scaduta... E poi gli sprechi dei bar, dei ristoranti, delle mense aziendali e scolastiche... Lo spreco comincia dai campi: spesso il cibo non viene raccolto perché era

stato seminato per ottenere sovvenzioni previste dai governi nazionali o sovranazionali, non per essere raccolto (i contributi vengono erogati in base alla superficie utilizzata, non al raccolto, che non ha mercato); oppure perché i prezzi crollano per via di speculazioni della finanza o perché è un'annata particolarmente generosa per quel prodotto e non conviene pagare la manodopera per raccoglierlo; per problemi estetici dovuti a grandinate o fattori climatici: nessun supermercato vorrà comprare una mela un po' rovinata, e allora la frutta resterà sugli alberi; per la concorrenza sul mercato di prodotti di bassa qualità che danneggiano gli altri che si devono adeguare a un prezzo troppo basso che non remunera delle spese, e si torna da capo: frutta e verdura restano nei campi. Nelle fasi di trasformazione, confezione e distribuzione le cose non vanno meglio: spesso la trasformazione, lontana dal luogo di produzione, avviene dopo un trasporto che pregiudica la qualità di parte del prodotto, che è quindi scartata prima di iniziare il processo; frutta e verdura devono

avere determinate dimensioni, forme e colori, e tutto quello che non corrisponde agli standard (zucchine fuori misura, mele bitorzolute, prugne un po' graffiate) viene scartato; nei centri di stoccaggio si perde circa l'1,2% della produzione ortofrutticola. Arriva la fase della vendita in negozi e supermercati, dove gli scaffali devono essere pienissimi e grandissimi. Qui inizia la guerra delle date di scadenza, dell'appassimento di frutta e verdura, dei minimi difetti di prodotti e confezioni. Tutto ciò che non è perfetto dev'essere tolto dagli scaffali, tutto ciò che sta per scadere, va considerato scaduto. E, infine, ci siamo noi consumatori che compriamo troppo e poi sprechiamo perché non tutto finirà sulle nostre tavole. Insieme al cibo, se ne vanno anche i soldi: in Italia buttiamo via circa 1600 euro all'anno, il 27% della spesa complessiva destinata al cibo. Ma assieme al cibo non sprechiamo solo denaro: sprechiamo terra, acqua, clima... In Italia per produrre frutta e verdura che verrà buttata si impiegano all’anno 400 km quadrati di terra e 73

milioni di metri cubi d'acqua, a cui si aggiungono i prodotti chimici serviti per coltivarle, il carburante usato per trasportarle, le emissioni atmosferiche generate dalla loro produzione... una macchina immensa e costosa che gira a vuoto. Provate a immaginare il percorso con tempi accelerati: una mucca produce il latte, l'agricoltore lo conferisce all'industria che lo trasforma in yogurt, lo confeziona nel vasetto di plastica (che qualcuno avrà prodotto usando energia, acqua, risorse, tempo), sistema il vasetto nel cartone da due (idem), il cartone in una scatola (idem), la scatola su un camion refrigerato (idem), il camion va al supermercato, il cartone viene aperto, la confezione da due viene messa su uno scaffale refrigerato (idem), la confezione da due viene tolta dallo scaffale refrigerato, messa su un'automobile, portata in una casa, messa in frigorifero, tolta dal frigorifero, il cartone va nel bidone della carta, il vasetto di plastica nella plastica, lo yogurt nell'umido. Non ha senso, vero? Eppure succede di continuo. Ma come se ne esce?


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Punti di vista

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Guardare da una ottica superata fa così male? di Rodolfo Allasia

Diamo tutto in mano ai giovani, loro sanno come si deve fare, sono moderni, innovatori, creativi. Questa è una linea che negli ultimi tempi è andata per la maggiore. Mi sembra invece che di fallimenti messi insieme da giovani se ne possono contare molti a partire da quelli accumulati dal governo, un governo giovanissimo su cui poggiavano tutte le speranze degli elettori (almeno di quanti li avevano votati) ora non più. GIOVANI non è una categoria da considerare in quanto tale come non lo deve essere qualunque altra come i vecchi, le donne, ecc. questo per non cadere in superficiali generalizzazioni; credo che invece siano i valori, le conoscenze, le capacità di ognuno, ciò che dovrebbe essere tenuto in conto e valutato quando si affida un incarico ad una persona. Oggi invece sembra essere sufficiente essere giovane, donna o appartenente ad una “categoria” idealizzata in quanto tale per rappresentare una garanzia di successo. Anche Greta l’ecologista ha saputo fare ottime cose radunando e coinvolgendo una moltitudine di persone intorno a temi e pensieri indiscutibilmente importanti; grazie proprio alla sua età è riuscita a mobilitare studenti e categorie rimaste a lungo indifferenti alla salvaguardia del pianeta Terra;

è riuscita a far parlare tutti i giornali e televisioni, ma adesso dopo le manifestazioni cosa sapranno fare i giovani nei settori dove dovranno prendere le conseguenti decisioni? Molti giovani sanno crearsi un fisico bestiale, sanno affrontare prove da record, in bici, in montagna, nei viaggi, imprese mai tentate ma credo che questo non sia sufficiente per saper organizzare e condurre una impresa di quelle più concrete come guidare una amministrazione, sia politica, economica o sociale. I giovani sanno organizzare feste, mangiate colossali, concerti e ogni tipo di evento con un seguito eccezionale di partecipanti ma questo non credo sia sufficiente per fare del nostro mondo una macchina che funziona. Dovrebbero seguire concreti progetti perché queste “macchine” abbiano ruote per andare avanti, non solo dichiarazioni di principio spesso smentite dai fatti. Queste generazioni sono cresciute nel benessere generalizzato ed io non credo abbiano sufficienti strumenti per affrontare e resistere alle difficoltà che necessariamente si presentano quando si affrontano questo tipo di imprese: la fragilità viene fuori, forse sentono il bisogno di aiuto ma la protervia spesso impedisce loro di

ammettere le debolezze e conseguentemente la spinta da parte dei padri a venire in aiuto. Io credo che le generazioni più vecchie abbiano fatto molti sbagli sia nell’amministrare sia nel formulare progetti ed elaborare teorie ma lo sbaglio più grande è stato quello di non aver saputo formare le nuove generazioni ad affrontare la vita, per migliorare le molte questioni aperte nel mondo. Mi si dirà che nel settore informatico e delle nuove tecnologie i giovani sono stati molto attenti a fare impresa, con enormi successi scientifici ed economici ma oggi vediamo che anche in queste realtà si affacciano problematiche nemmeno immaginate prima; si è giunti fino a dichiarare, proprio coloro che hanno dato il via a queste imprese, di non sapere porre rimedio agli errori che hanno generato. So che con queste considerazioni mi attirerò le ire e la disapprovazione di moltissimi giovani e dei loro sostenitori o forse nessuno di loro leggerà queste pagine immersi come sono nei social che loro controllano così bene. O forse si dirà semplicemente “…è vecchio e anche già un po’ fol”. Per non farmi definire massimalista, affermo con tutta sincerità che per dare un giudizio è necessario analizzare le realizzazioni compiute dai

soggetti, parallelamente ai prìncipi fondamentali che stanno sotto a queste realizzazioni e porre attenzione alle possibili conseguenze. Penso che la rapidità della tecnologia e la scoperta delle implicazioni sociali, ecologiche e di sistema che ne conseguono non vanno avanti di pari passo; forse scopriremo molto in là, spero non tardivamente, quello che certe applicazioni della tecnologia avranno comportato. Le ultime “vecchie generazioni” siamo noi e abbiamo anche altre colpe: i primi a vergognarci di essere vecchi, superati, ormai scaduti e non più utilizzabili, siamo stati noi stessi. Noi abbiamo creato il mito dell’essere sempre giovani, prestanti, fisicamente, atletici ed intellettualmente aggiornati, paurosi e vergognosi di contestare le nuove tendenze. Paura di farci accusare di essere “superati” dimenticando che anche solo l’esperienza dei nostri errori potrebbe aiutare ad accompagnare i “figli” in questi impegni che, spesso molto leggermente, a volte si sono assunti. Chiedo scusa se non sono stato più preciso nelle accuse ed anche in semplici considerazioni e se in certi passaggi sono scivolato in qualche deriva paternalista, ma spero che mi si contraddica con molti, molti esempi contrari; ne sarei felice.

traprese da giovani particolarmente attenti ai problemi della città. Con i loro appelli – vedi volantino - chiedono rispetto e il ripristino delle regole!

Impariamo dai giovani! Hanno tanto da insegnarci.

I GIOVANI DANNO LA SVEGLIA

chiuso al pubblico. È stato un momento commovente di alta politica, nel senso più puro e nobile della parola. I più piccoli, i più indifesi hanno alzato la testa ed espresso il loro malumore. Il clamore è enorme, esce da Racconigi e raggiunge Roma dove coinvolge il ministro competente che nel giro di poco riapre il primo anello del parco, promettendo inoltre la riapertura del secondo entro luglio (si spera!). Ok, giovani, obiettivo centrato! Ma non finisce qui: più o meno nello stesso periodo la città viene tappezzata di volantini che auspicano una maggiore educazione alla sicurezza stradale. Ne ho letto uno con molto interesse, scritto da bambini della 3aB: Matteo, Amin, Mattia, Emanuela, Alessia, Gaia che invitano a non andare in bicicletta sotto i portici. Questo comportamento poco civico iniziò alcuni anni fa con l'istallazione degli scivoli per i cittadini diversamente abili, ma si sa, in Italia quando una cosa fa comodo, diventa un diritto! La realtà odierna dice che per una carrozzina ci sono almeno cento biciclette transitanti (a quando le motociclette?). Queste sono due delle iniziative in-

Pochi mesi orsono una piccola signorina del Nord Europa (Greta) mette in imbarazzo i cosiddetti “grandi” della terra accusandoli giustamente di fare troppo poco per la salute del pianeta. Poco tempo dopo esplode la festosa primavera anche a Racconigi, grazie a bambini delle scuole locali che, con entusiasmo e determinazione, hanno svegliato la dormiente cittadina mobilitandosi e scendendo pacificamente in piazza, con i rispettivi docenti, per reclamare la riapertura del parco da troppo tempo arbitrariamente

Mario Rossetti

“ORA CONOSCO IL TUO NOME” Alla redazione e carissimi amici di INSONNIA A volte tornano… Qualcuno ha già seguito le mie vicende negli anni scorsi, quindi per un progetto di continuità, la redazione mi ospita di nuovo, gentilmente, per potervi comunicare che quelli che sono stati i miei appunti e che qualcuno di voi ha generosamente letto, sono ora diventati un libro, dal titolo “ORA CONOSCO IL TUO NOME”. Vi presento in anteprima la copertina; per chi fosse interessato sarà in vendita presso la Cartolibreria Clerici. La presentazione del libro a Racconigi avverrà presso Santa Croce l’11/10/19 ore 21. Potrete trovare oltre agli appunti pubblicati, l’intera vicenda con considerazioni a posteriori. Grazie a tutti quelli che si sono interessati alla mia storia ed a quelli che continueranno a seguirmi. Danila Piovano

p.s. un ringraziamento particolare alla redazione di Insonnia


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IIS Vallauri e Alambicco continuano il progetto di collaborazione

DISABILI E TECNOLOGIE ASSISTIVE di Paolo Ingaramo

Per il terzo anno consecutivo, il settore elettrotecnica dell’I.I.S. Vallauri di Fossano ha approfondito la collaborazione con il Centro Diurno per disabili Alambicco di Racconigi. Il prof. P. Ingaramo insieme a due ragazzi di quinta (F. Mattiauda e S. Milanesio), ha

intrapreso a inizio anno scolastico una nuova esperienza, con lo scopo di creare un ponte tra la scuola e il “mondo” dei disabili, con l’obiettivo di realizzare con le proprie mani e conoscenze, un prodotto interattivo, utile a sviluppare le abilità e le capacità sensoriali dei ragazzi ospitati dal centro. Il Centro Diurno Alambicco è un servizio per giovani persone con disabilità fisico-psichico-sensoriale gravi e gravissime che manifestano una riduzione dell'autonomia personale. In questo centro le attività per i ragazzi includono tutta la sfera sensoriale: si fanno attività di massaggio per la riabilitazione muscolare, dog therapy, laboratori di informatica, laboratori espressivi, laboratori di musica e attività inerenti lo sviluppo dei cinque sensi. L’obiettivo delle attività e degli interventi svolti all’interno del centro,

è di favorire la crescita personale e sociale degli ospiti, la ricerca del massimo sviluppo possibile delle loro potenzialità per ottenere un elevato livello di integrazione e realizzazione personale. Per ciascun ragazzo vengono individuate alcune aree di intervento (espressività, motricità, relazione, socializzazione…) e sulla base di queste vengono strutturate le diverse attività per costruire un Progetto Educativo Individualizzato. Durante l’anno scolastico i responsabili del centro, le educatrici, il prof. Ingaramo e gli alunni si sono potuti interfacciare e comprendere le esigenze di alcuni ospiti dell’Alambicco; progettando e ideando un “prodotto” ad hoc per le necessità dei ragazzi. L’oggetto pensato si può annoverare tra le tecnologie assistive, cioè quell’insieme di strumenti o sistemi hardware/software che consentono alla persona disabile di accedere a servizi, a informazioni, aumentare la qualità della vita, comunicare, avere una grande o piccola autonomia quotidiana. Il gioco progettato, in particolare, aveva lo scopo di intrattenere dal punto di vista sensoriale gli ospiti del centro. L’11 giugno 2019, è stato consegnato presso il centro, il gioco composto da una scatola di

legno al cui interno, tramite dei diffusori di vapore azionati da pulsanti e relè elettronici, è possibile scegliere un’essenza che si desidera diffondere in ambiente. In questo modo i ragazzi possono sviluppare sia la capacità di scelta sia il senso dell’olfatto riconoscendo le varie tipologie di profumi. La collaborazione è stata molto positiva; gli studenti si son dimostrati entusiasti e gratificati nel poter metter al servizio dell’Alambicco le loro competenze. Anche dal punto di vista umano, questa attività non può che arricchire studenti e docente, i quali hanno la possibilità di avvicinarsi a una realtà poco conosciuta e di intrecciare nuove e affascinanti relazioni con persone e ragazzi del centro diurno. Allo stesso tempo, questa collaborazione, per il centro “Alambicco” rimane un’ottima possibilità per farsi conoscere, per realizzare un legame con il mondo della scuola e per arricchire il centro diurno con tecnologie assistive, che possono migliorare e favorire il tempo trascorso dagli ospiti all’interno della struttura.

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA Email:

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ANPI Caduti per la Libertà

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di Pierfranco Occelli, Presidente A.N.P.I. (Ass. Naz. Partigiani d’Italia - Sez. Racconigi

L’Agosto del 1944 è stato un mese particolarmente sfortunato per il partigianato racconigese, infatti ben quattro partigiani, in quegli assolati giorni di mezza estate, sono caduti sotto il piombo dei nazifascisti.La locale Sezione A.N.P.I. ha deciso di non lasciar passare sotto silenzio questo importante anniversario. Ci proponiamo, al contrario, di ricordarli uno per uno, per quanto possibile nel giorno del loro martirio. Siamo consapevoli che non per tutti sarà possibile, dopo tanti anni,

dare notizie precise della loro vita e delle circostanze della loro morte. L’importante però, crediamo, è tenerne vivo il ricordo, sperando che anche solo il loro nome entri a far parte della memoria collettiva della Città. A loro, a tutti loro, nessuno escluso, dobbiamo dire grazie se oggi possiamo godere della nostra libertà.

Leandro Savia (Lallo) - 8 gennaio 1923 - 4 agosto 1944 A stretto rigore forse Lallo non sarebbe da inserire tra i caduti partigiani racconigesi: non era di Racconigi e non è caduto nel nostro Comune. Pensiamo però che ne abbia sicuramente diritto avendo operato nella nostra città ed essendosi offerto volontario al sicuro olocausto. Leandro Savia, nato a Crevola d’Ossola nel 1923, arriva a Racconigi a fine aprile del ’44 perché conosce Enzo Conti, un vecchio comunista di origini umbre, sfollato da noi negli anni precedenti come operaio specializzato della Manifat-

tura Bosco (sita dove adesso c’è il supermercato LIDL). Si mette subito a disposizione del CNL, che lo apprezza immediatamente. In precedenza era stato un paracadutista della Folgore e aveva combattuto a El Alamein. Per questo motivo aveva tardato ad aggregarsi ai partigiani, notoriamente sospettosi verso i reduci della Folgore stessa, molti dei quali divenuti membri delle milizie della R.S.I. L’iniziale diffidenza viene superata in men che non si dica. Il 31 luglio del ’44 un piccolo nucleo di parti-

giani racconigesi lascia un’automobile, carica di armi, incustodita per qualche minuto in quel di Moretta. Destino vuole che l’auto cada in mano alle SS, che minacciano di dare fuoco al paese. Il CNL racconigese, subito avvertito, non sa bene cosa fare ma è consapevole del grave pericolo che corre Moretta. La situazione, per così dire, si risolve perché Lallo si accolla la proprietà dell’auto, ben sapendo a cosa va incontro. Moretta è salva. Il nostro partigiano invece viene

catturato, portato nella caserma delle SS di Pinerolo, torturato per diversi giorni ed infine impiccato il 4 agosto. Viene poi sepolto malamente nel cortile stesso della caserma. Dopo la Liberazione il corpo affiora e viene perciò dissepolto. Il CNL di Racconigi paga il trasporto della salma nel comune di residenza, cioè Chivasso e il relativo funerale. Moretta lo onora intitolandogli una strada.

Ernesto Sismonda (Ernesto) - 2 aprile 1926 – 22 agosto 1944 Ernesto Sismonda sale tra i partigiani della Valle Po nel mese di maggio del ’44, quando la sua classe di leva, a soli 18 anni, viene chiamata alle armi per la RSI dai famigerati bandi Graziani. Dopo poche settimane di addestramento, viene inquadrato nella

4ª Brigata Garibaldi “Cuneo”. Subito dopo la metà di agosto comincia il grande rastrellamento tedesco lo sbarco degli alleati in Provenza. La Brigata sale la valle e, per sfuggire all’accerchiamento, attraverso passaggi in alta quota, si porta in Val Varaita e passa

successivamente in Francia. Durante un inevitabile combattimento, Ernesto muore. Probabilmente precipita in un dirupo perché il suo corpo non verrà mai ritrovato. È l’unico disperso tra i partigiani racconigesi. Un destino particolarmente avver-

so si è accanito sulla sua povera mamma: anche il fratello maggiore, Matteo, era risultato disperso nelle steppe di Russia durante la tragica ritirata.

Giuseppe Ferzero (Jhonson) - 24 maggio 1916 – 29 agosto 1944 Giuseppe Sapino (Kiri) - 14 luglio 1927 – 29 agosto 1944 Renato Bonino (Valanga) - 4 febbraio 1922- 29 agosto 1944 Strano destino quello di questi tre partigiani. A fine maggio ’44 partono assieme, e con loro ci sono molti altri giovani racconigesi che fortunatamente sono tornati, verso le colline della vicina Langa, tra Monforte, la Morra e Verduno. Tutti fanno parte della XIVª Divisione Garibaldi “Capriolo” ma in due Brigate diverse: uno nella 179ª “Lamberti” e gli altri due nella 48ª “Di Nanni”. Ferzero era il più anziano, aveva 28 anni, di lavoro faceva l’impiegato e, di fronte alla prospettiva del richiamo, aveva preferito prendere la strada delle colline anche perché all’epoca il C.L.N.

racconigese indirizzava tutti verso le Langhe. Sapino era il più giovane: aveva scelto di stare con i partigiani quando non aveva ancora 17 anni, seguendo alcuni amici della sua età o di qualche mese più vecchi di lui. Bonino non era propriamente un racconigese, abitava a Torino, ma era sfollato a Cavallerleone, paese d’origine della famiglia. Era amico del gruppo di giovani racconigesi che si erano arruolati tra i partigiani e avevano raggiunto le colline delle Langhe. Tutto fila liscio fino al mese di agosto. La parte delle Langhe tra

Verduno e Monchiero è totalmente in mano ai partigiani, che siano i Garibaldini della XIVª “Capriolo” o gli Autonomi della XIIª “Bra”. Ciò causa enormi difficoltà di comunicazione sia ai tedeschi sia soprattutto ai fascisti (militi della Muti, brigatisti della Brigata nera mobile “Ricciarelli”). Si scatena perciò un terribile rastrellamento. Un gruppo di circa una trentina di partigiani tra Garibaldini ed Autonomi viene accerchiato e costretto ad arrendersi, con la promessa di aver salva la vita. Ovviamente la promessa dei fascisti non viene mantenuta e i partigiani vengono fucilati nei

dintorni della Frazione Cerequio di La Morra. Kiri e Valanga sono tra questi, anche se Valanga, benché ferito, riesce ad allontanarsi e morirà più tardi dissanguato. Jhonson viene catturato poco dopo, orribilmente torturato e, trasportato verso Alba dai fascisti, colpito a morte e scaricato in un fosso sulla strada tra Verduno e Roddi. Per la cronaca, i fascisti non riuscirono a proseguire oltre la Morra e dovettero ritirarsi: insomma, una vittoria dei partigiani, anche se pagata a caro prezzo.


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Un anno dalla morte di Marinetti La Sezione A.N.P.I. di Racconigi

Un anno fa, esattamente il 20 luglio 2018, ci lasciava Beppe Marinetti. L’A.N.P.I. vuole continuare a ricordarlo non soltanto perché della nostra Associazione è stato tanta parte: fondatore, presidente, animatore e tante altre cose, ma soprattutto perché non devono smarrirsi il senso del suo insegnamento e l’esempio che la sua vita ci ha lasciato. Innanzitutto, certo, il partigiano Pepi, che giovanissimo rischiava la vita sulle balze della Val Maira, ma anche il militante, il politico, l’amministratore pubblico, il Sindaco. L’uomo che ha lottato senza paura per i suoi ideali, che erano quelli di libertà, di democrazia, di uguaglianza, di tolleranza, di pace, cercando in ogni modo di trasmetterli agli altri, in primo luogo alle giovani generazioni. Esempio fulgido di un modo di far politica per puro servizio al pubblico, senza cedere alle lusinghe dei possibili vantaggi perso-

nali né, tantomeno, di qualsivoglia arricchimento. I militanti dell’A.N.P.I. racconigese cercano di portare avanti i suoi insegnamen-

ti, pur consapevoli dei loro limiti e della loro inadeguatezza, sperando che su questa via molti altri, in primo luogo i giovani, li seguano. Non vorremmo che, con l’inesorabile fluire del tempo, il suo ricordo si affievolisca sempre di più fino a diventare un anonimo anniversario. Ci viene quindi da pensare che forse sarebbe il caso che quanti lo hanno conosciuto, amato, stimato, quanti hanno condiviso con lui ideali e lotte politiche possano unirsi per dare vita a qualcosa di meno celebrativo di uno scritto ogni tanto. Le forme sono tante, più o meno istituzionali e più o meno ufficiali. Così come sono tante le persone e gli enti che si potrebbero coinvolgere: dall’A.N.P.I. in primo luogo, a singole personalità, a fondazioni varie, al Comune, a politici. Chissà, forse resterà solo un nostro sogno. Per intanto, caro Beppe, la tua A.N.P.I. non ti dimentica.

Una bella storia

La mamma arranca in spiaggia, la figlia ‘adottata’ dai bagnanti da https://www.lecodelsud.it/questa-e-una-bella-storia-leggetela

Accade su una spiaggia di Trapani, ma sarebbe bello accadesse su ogni spiaggia d’Italia. Quanti tra i bagnanti stesi sulla sabbia, al sole o sotto l’ombrellone, che scandiscono quel tempo di vacanza tra un bagno in mare e un ritorno a riva, freschi, hanno guardato con indifferenza quegli extracomunitari che stracarichi di merce, su braccia e spalle (monili vari, teli da mare, abiti, parei) arrancano sulla sabbia cocente, sotto un sole che non perdona? Forse non molti. Forse in tanti si sono, anche per un attimo, immedesimati in quell’uomo stanco, ma sempre sorridente, che offre la sua mercanzia. Forse, per altri, e si spera pochi, è quasi una legge di natura che mentre lui arranca con fatica, loro possano comodamente godersi il paradiso. Eppure, tra chi s’immedesima (e basta) e chi se ne frega del prossimo suo, c’è qualcuno che abbatte ipocrisie e indifferenze e fa la sua parte: quella che ogni essere umano dovrebbe fare. La notizia che fa sperare che ‘non tutto è perduto’ ci arriva da un blogger, Lorenzo Tosa, succede in una ordinaria giornata di questa caldissima estate 2019. Leggetela tutti: “Trapani, ore 13 All’orizzonte spunta uno dei tanti ambulan-

ti africani che affollano le spiagge italiane. Solo che stavolta è donna. Solo che stavolta è mamma. Sulla testa porta una cesta enorme, pesantissima, e dietro, legata ad una fascia, la sua bambina. Avrà 2 anni e mezzo, forse 3. Chissà da quante ore se ne sta lì, rannicchiata sulla schiena della mamma, sotto il sole. Un gruppo di altre mamme, che hanno assistito alla scena, si avvicina alla donna. “Vai pure – le dicono – Vai pure a lavorare tranquilla. A tua figlia ci pensiamo noi.” E ci hanno pensato davvero. È finita così, con la piccola che ha mangiato insieme a tutti loro al ristorante, ha giocato sul bagnasciuga insieme ai figli, fatto e preso gavettoni con i bimbi della spiaggia. Perché lei quello è: una bimba della spiaggia, proprio come ognuno di loro. E, per qualche ora, è sembrata la cosa più normale del mondo”. Questa è la bella vicenda italiana raccontata su un blog, letta da oltre 111mila persone, condivisa da quasi 40mila. Una vicenda sulla quale qualcuno, cinico oltremisura, ha addirittura ipotizzato fosse una bufala. Già, perché credere che ancora ‘serpeggi’ umanità tra la gente appare difficile. Ma dob-

biamo crederlo e sperare che dilaghi. 26 agosto 2019


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ADDIO FANTASMI (testi anonimi)

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Pensieri dietro le sbarre di un carcere a cura di Rodolfo ALLASIA

Nei mesi di maggio e giugno abbiamo pubblicato alcuni testi scritti da reclusi del carcere di Saluzzo. Queste pagine erano scaturite dall’incontro tra i reclusi, due classi di allievi del Liceo Arimondi-Eula di Racconigi e la scrittrice Nadia Terranova che aveva appena pubblicato il suo ultimo libro “Addio fantasmi”.

Ora questo libro è arrivato al quinto posto del premio letterario più importante d’Italia: il Premio Strega e noi pubblichiamo ancora due racconti di detenuti del carcere “Morandi” di Saluzzo che narrano i loro pensieri scaturiti dalla lettura di “Addio fantasmi”

1.

da cinquant’anni, ogniqualvolta regalavo mimose alla festa della donna o qualsiasi cosa gialla sia passata fra le mie mani, tornavo nella mia testa al turbamento provocato da quella molestia. Dopo aver bevuto tanto, quella persona iniziò, pian piano come se fosse un gioco, a togliermi prima la magliettina e poi il pantaloncino, rimasi solo con la mutandina. Il molestatore si fermò lì, per il momento, e proseguimmo con le bevute. Pensavo che stavamo giocando e come in un gioco ridevamo entrambi ma dopo un po’ mi tolse pure le mutandine. Come rimasi nudo, mi disse “adesso tocca a te spogliarmi” e facendolo, nella mia ingenuità, mi divertivo pure perché, per me bambino, era vera-

mente un gioco. Rimasti nudi entrambi, iniziammo a toccarci e ad abbracciarci a vicenda e dopo un po’ iniziò a strusciare il suo pene vicino alle mie gambine: io invece di respingerlo, pensando sempre che era un gioco, ridevo e lo lasciavo fare. Per mia fortuna, una vicina di casa, sentendoci ridere da ubriachi, bussò per assicurarsi che stavamo bene. L’intervento prodigioso e miracoloso di questa vicina fece sì che non subissi una vera e propria violenza sessuale anche se la molestia ha avuto gli stessi drammatici effetti sulla mia crescita. Per cinquant’anni, di notte, a periodi alterni, ho rivissuto quel momento. Ho tenuto nascosto questo fanta-

sma per cinquantadue anni senza mai raccontarlo a nessuno, nemmeno alle persone a me più care. Non so se è stata la lettura del libro “Addio fantasmi”, ma di sicuro il personaggio di Ida mi ha dato la forza e il coraggio di scacciare da dentro la mia mente il fantasma che ci albergava da cinquantadue anni e di dirgli addio per sempre. La potenza che può avere un libro anche su un ex camorrista che doveva essere tutto d’un pezzo e non mostrare mai le proprie debolezze! Grazie a Nadia Terranova per averlo scritto e grazie agli insegnanti che lo hanno inserito nel programma di Adotta uno scrittore.

2.

potente, ribelle e insensibile alle regole, che non amava lo studio e pensava di sapere tutto del mondo, mentre di solito ci sbatteva contro la testa; quel ragazzino che i genitori, sapendo ormai inutili le loro punizioni, per quanto spesso tremende ed esagerate, internarono in un collegio: quel collegio dove ti conobbi. Ricordi, amico mio, ci assomigliavamo in tutto, entrambi obesi e indisciplinati, ci difendevamo e coprivamo l'un l'altro, uguali come due fratelli. Ne combinammo di tutti i colori finché, un anno dopo, non fui dichiarato indesiderato ed espulso dal collegio. Eppure il nostro legame non s'interruppe e si fece ancora più forte quando, a tredici anni, fosti affidato a tua sorella e ti trasferisti da lei a Pavia. Due ragazzi terribili, grandi e grossi che, con il cruccio di dover perdere peso, iniziano a praticare il pugilato. Che bello poi sfogare sul ring tutte quelle frustrazioni che ci avevano reso aggressivi e indomiti! Tanto che, solo un paio d'anni dopo, avevamo raggiunto un ottimo livello agonistico risultati altrettanto importanti persino in dispute internazionali. Quante volte ci trovammo sul ring uno di fronte all'altro! Allora, sapevamo offrire al pubblico lo spettacolo che chiedeva: eravamo diventati talmente bravi a simulare quei colpi terribili che si scatenava un'ovazione ogni volta che colpivamo. Il pubblico non sapeva che decidevamo anticipatamente

persino chi doveva prendere più cazzotti. “Questi due prima o poi si sposano” - dicevano scherzosamente nel nostro ambiente, talmente ci vedevano affiatati. Sì, Paolo, eravamo dei ragazzi terribili, forse per questo, quando ci esibivamo nelle nostre città, il pubblico si ammassava per vederci combattere. Ricordi, amico mio, solo per caso lo facemmo anche il giorno del tuo diciottesimo compleanno, nel palasport della tua città. Volevamo festeggiarti alla grande, Paolo; per questo la tua società sportiva organizzò quel match tra pugili lombardi e veneti. La nebbia impedì poi a questi ultimi di raggiungere Pavia e quindi, considerate anche le spese e la quantità di spettatori, decidemmo di combinare gli incontri tra noi lombardi. L'ultimo fu quello che vide salire sul ring noi due. L'incontro sarebbe dovuto andare a te. Del resto quella era la tua città, quello era il tuo pubblico, quelli erano i tuoi amici e quella in prima fila era la tua fidanzata. Fummo subito d'accordo, come sempre. Perché allora successe poi quello che è successo? L'euforia, l'attesa di quel momento, il desiderio di lealtà verso la tua gente: cosa t'indusse a non rispettare più la nostra regola? Questa domanda viene sempre a darmi tormento. Ricordi, amico mio? Per la prima volta, dopo centottanta incontri, la violenza dei tuoi colpi mi mise

al tappeto. “Cosa cazzo ti succede?” - ti chiedevo tra i denti, appena qualche attimo prima. Non capivo, non riesco a capire ancora adesso. Mi rialzai deluso, tradito, ma deciso a lottare. Quanti colpi feroci e potenti ci scambiammo allora! Poi, quel gancio prepotente, avvelenato, che ti assestai alla mandibola, facendoti crollare al tappeto. Non ti rialzasti più. Il pubblico iniziò a inveire contro di me, mentre ti trasportavamo via in barella, mentre dalla tua bocca traboccava quella schiuma bianca. I carabinieri mi scortarono fuori dal palasport, facendomi uscire dalla porta di servizio. Qualche ora dopo una telefonata annunciò la tua morte, Paolo. Era finito tutto in una tragedia. Io ti avevo ucciso, amico mio. Rimasi senza combattere per oltre un anno. Veramente ero deciso a non farlo più. Mi convinse a ritornare sul ring il mio allenatore. “Se molli adesso - mi disse - mollerai tutta la vita”. Ritornai sul quadrato, amico mio, ma non ero più la stessa persona, la cattiveria e la rabbia che fanno di un pugile un demolitore non erano più parte di me. Combattevo da “tecnico”, rispettando l'avversario. Lo sport mi ha insegnato la disciplina. Tu Paolo, con il tuo sacrificio, mi hai reso un uomo migliore. Ti chiedo perdono. Per tutti i giorni di vita che ti ho tolto.

La lettura del libro “Addio fantasmi” ha fatto sì che sia nata in me, interiormente, la quiete dopo una tempesta che durava da ben cinquantadue anni. All’età di dieci anni ho subito una molestia sessuale da parte di un mio vicino di casa, più grande di me. E’ la prima volta che lo rivelo. Al ritorno dalla scuola, ci andavamo entrambi, il molestatore - prima di recarci in campagna, dove andavamo tutti i giorni a lavorare - mi fece entrare a casa sua per bere qualcosa. Quel qualcosa era un liquore giallo, Strega. Ho evidenziato il colore perché

Caro Paolo, qualche giorno fa la lettura di una poesia che aveva per tema “Il perdono” mi ha invitato a ritornare nuovamente su questo sentimento appartenente all'essere umano eppure così lontano dalla collettività umana. Riflettevo su come si manifesti a volte in modo naturale, altre volte a seguito di una profonda riflessione sulle vicissitudini e sulle sofferenze patite nel corso della propria vita e di quanta consapevolezza e appagamento spirituale possa recare a chi lo riceve e a chi lo dona. Il pensiero del perdono ricorre in me ogni volta che vengo sfiorato dal ricordo dei miei genitori, credo perché non sono stato quel figlio che essi avrebbero voluto, oppure quando, sentendo la mancanza di mia moglie, mi dolgo (sempre, sempre) di averla esasperata e delusa così tante volte da costringerla, dopo venti anni di matrimonio, a chiedere la separazione. Mi coglie quando, guardando i nostri figli soffrire la consapevolezza che i loro genitori vivono ognuno per conto proprio, riconosco di non essere stato capace di tenere unita la famiglia e condividere così con loro, nel bene e nel male, tutta la vita. Questo desiderio ritorna soprattutto la sera, quando la compagnia del passato mi fa ritrovare quel ragazzino grasso, grosso e pre-


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Programma ricco di iniziative quello di settembre al Museo della Seta

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di Cristina Fenoglio

Venerdì 7, insieme al Circolo culturale delle Clarisse, si inizia con la presentazione del libro di Giuseppe Culicchia Il cuore e la tenebra presso la Chiesa di S. Croce alle 21. Un intenso viaggio all’interno di un rapporto padre-figlio che riflette su amore, fallimento e sui conti che a un certo punto tornano sempre. Domenica 8 saremo, invece, presenti alla 70a Fiera del peperone di Carmagnola per dare vita sempre più a una rete comune sul territorio. In occasione della festa patronale di Racconigi il Museo, da giovedì 12 a domenica 15 esporrà la mostra Un tema, un autore del Circolo Fotografico Racconigese. Venerdì 20 alle 21 sarà, invece, il turno dell’appuntamento con la fotografa Andreja Reistak, che presenterà c/o il Museo il suo vivido reportage sulla condizione femminile in Iran. Sabato 21 alle 17 assisteremo alla presentazione del libro tratto da una storia vera I giorni di Elisa della psicologa Silvia Senestro. Temi cruciali quelli del rapporto madre-figlia, della colpa, del controllo e delle verità nascoste che si celano dietro l’apparenza delle cose. Domenica 22 in collaborazione con l’associazione Tocca Noi ritorna l’appuntamento con la Photomarathon, per scoprire con sensibilità e occhi nuovi la magia del quotidiano.

Cin

Cinema IL RE LEONE di Cecilia Siccardi

Lib

Libri di Michela Umbaca

Ambientato nel periodo della grande depressione, tra il 1933 e il 1935, Il buio oltre la siepe segue le avventure di Scout, una bambina di sei anni che vive con il padre, l’avvocato Atticus Finch, la governante afroamericana

La storia la conosciamo tutti: Simba è un coraggioso cucciolo di leone, destinato a ereditare il regno di suo padre Mufasa. La sua ingenuità lo rende però facile preda delle macchinazioni dello zio Scar, che ambisce a liberarsi di fratello e nipote per diventare re, e non riesce del tutto nel suo intento soltanto a causa di una leggerezza da parte delle iene sue alleate. Simba infatti sopravvive e incontra Timon e Pumba, che gli insegnano uno stile di vita basato sull’Hakuna Matata: dimenticare i problemi del passato e non avere pensieri né preoccupazioni. Grazie al ritorno di Nala, vecchia amica d’infanzia e promessa sposa, all’aiuto di Rafiki e agli incoraggiamenti dello spirito di Mufasa, Simba deciderà però di affrontare il passato e assumersi le proprie responsabilità per salvare le Terre del Branco dal regno

di Scar e delle iene. A distanza di 25 anni, Il Re Leone torna nelle sale in animazione digitale, e il risultato visivo è talmente realistico che a tratti si ha l’impressione di guardare un documentario di National Geographic. L’effetto risulta particolarmente straniante quando gli animali parlano, e soprattutto quando cantano: il realismo del loro aspetto va ovviamente a discapito dell’espressività, e il film finisce per perdere molto della carica dell’originale, soprattutto in termini di ironia. La sensazione che resta è quella di un’operazione sicuramente imponente dal punto di vista tecnologico, che porterà una sicura incetta di incassi alla Disney, ma in qualche modo inutile sul piano artistico: non solo la nuova versione non riesce ad aggiungere nulla a quella del ’94, ma perde un po’ in efficacia.

Calpurnia e il fratello Jem, di dieci anni, a Maycomb, una cittadina nella provincia dell’Alabama. Pubblicato nel 1960 Il buio oltre la siepe (titolo originale To kill a Mockingbird) si inserisce fin da subito, per l’urgenza delle tematiche sociali trattate, in un dibattito quanto mai attuale. La vicenda si svolge, per l’appunto, in Alabama negli anni ’30, ai tempi della segregazione razziale, presente in tutti gli Stati Uniti, ma particolarmente feroce negli stati del sud. All’interno di questo panorama storico, Atticus accetta di occuparsi della difesa di Tom Robinson, bracciante afroamericano, arrestato con l’accusa di violenza carnale su una giovane donna bianca. La vicenda, che è solo l’episodio centrale del romanzo, è raccontata attraverso gli occhi della piccola Scout, emblema di un’innocenza ancora intatta e priva di qualsiasi forma di discriminazione e

preconcetto. Sebbene le prove di Atticus dell’innocenza di Tom si basino su dati reali e non ci siano effettivamente prove concrete contro l’accusato, il tribunale rifiuta la difesa dell’avvocato, condannando a morte il giovane bracciante. Il buio oltre la siepe è la metafora della paura dell’ignoto, generata dall’ignoranza e dall’incapacità di accettare ciò che è diverso e non conforme a un ideale stereotipato e socialmente accettabile. L’esperienza della diversità e dell’ingiustizia genera nella piccola Scout una consapevolezza nuova, una visione del mondo lontana dai sicuri confini dell’infanzia: non può esistere

Harper Lee “Il buio oltre la siepe” 2018, pp.290, € 9,50 Giangiacomo Feltrinelli Editore

il bene, senza il male; non può esserci tolleranza, senza accettazione.


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Mus

Musica Liro Rantala MY FINNISH CALENDAR di Giuseppe Cavaglieri

Il pianista finlandese Iiro Rantala è un camaleonte del jazz che ama sperimentare approcci innovativi soprattutto nei suoi progetti per pianoforte solo. Nel suo nuovo album, “My Finnish Calendar”, Rantala presenta un punto di vista molto personale

e intimo, mettendo in musica il passaggio di un anno visto dalla sua casa di campagna. Ogni pezzo di questo album rappresenta un mese dell'anno e ogni brano ha la sua indipendenza artistica pur essendo inserito in questo concept unico. E se la trama che sottende ogni brano può talvolta non essere sempre direttamente evidente nella musica, Rantala ha fornito spiegazioni e aneddoti esilaranti nelle note di copertina. “January” apre l’album con un potente inno in chiave minore, fedele alla descrizione che Rantala dà di questo mese di “rimpianto”. Come spiega il pianista: «I finlandesi si rammaricano di aver speso troppi soldi per Natale, di aver mangiato troppo e sicuramente di aver bevuto troppo. Molti finlandesi si stanno ripulendo e si impongono un mese senza alcool a gennaio. Questo di certo non li rende più felici». A febbraio si sente il contrario: un vortice allegro e vivace travolge l'ascoltatore, poiché i

finlandesi si stanno ora godendo tutti i tipi di attività sulla neve che li rendono felici. Ma a marzo fa ancora freddo e buio da molto tempo e i finlandesi sono annoiati dal lungo inverno. Il “March” di Rantala è una chanson leggermente malinconica: «I finlandesi stanno sognando un viaggio a Parigi, dove la primavera è già iniziata». E così v i a passando di mese in mese, di sensazione in sensazione, fino a giungere alla fine

2019

insonnia

dell’anno, il tutto rielaborato attraverso al grande inventiva e raffinata tecnica di Rantala.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Francesca Galante, Marco Capello, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Elisa Reviglio, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

2 + 2 che non si sommano”. Riprende il signor G: “Vero, ma questo è un momento speciale. Lo devono capire. O le forze politiche comprendono che qui è in gioco molto della nostra democrazia e agiscono di conseguenza mettendo da parte egoismi, particolarismi e tornaconto di partito o si va a finir male, molto male. Non penso a un governo balneare, né a un governo tecnico, anzi penso a un governo molto politico con a capo una personalità di forte carisma, come potrebbero essere Bonino, Cacciari, Carofiglio, o altri, che faccia da garante a un governo - perché no! - di ‘salvezza nazionale’. Il momento lo richiede. Esagero? Non sono io ad aver chiesto pieni poteri per governare da solo! Con questo, non dico che sia facile, né che sia a portata di mano. Dico semplicemente che è l'unica via possibile, anche se tutta da costruire attraverso progetti concreti e chiari con senso di responsabilità nei confronti del Paese, se non ci si vuole suicidare col voto. E non parlatemi di inciucio. L’inciucio, complice il Pd che ‘non era pronto’, è caso mai avvenuto un anno fa, quando si sono uniti Lega e 5stelle per un governo che non era certo uscito dalle urne. E c’è da sperare che questa volta il Pd sia finalmente pronto, pronto ad assumersi le proprie responsabilità”.

‘Passano i giorni ma ventiquattro son lunghi, però quel governo ne ha fatta di strada’ direbbe il ragazzo della via Gluck. Questa sera Rousseau ha detto sì, domani al Colle Conte scioglie la riserva e presenta la lista dei ministri. È fatta. Questa volta solo un caffè. Dice G: “Hai visto? Abbiamo proprio il tuo governo? Ed ora mi tocca pure di sostenerlo e lo farò”. Signor G: “Non il ‘mio’ governo. Bonino non c’è, addirittura non si sa se lo voterà. E non pensavo certo a Conte premier. Forse però oggi Conte è l’unico in grado di arginare l’arroganza di Di Il primo G: “No, no e poi no. Bisogna riprendere il lavoro politico di base, tra la gente e nel Paese. Bisogna studiare, approfondire l'uso dei mezzi di comunicazione più moderni; siamo lontani da tutto questo mondo, c'è molto lavoro da fare su questo terreno. E poi, mi dici cosa accadrebbe se dopo soli sei mesi cadesse il tuo governo? Salvini non andrebbe al 40%, ma al 60%”. Siamo stanchi, la pizza è finita, anche la discussione piano piano si esaurisce. Le diverse posizioni sono chiare. Anche stasera non abbiamo cambiato il mondo, anche stasera non abbiamo fatto altro che parlare e parlare, ma siamo stati vivi. Racconigi, 10 agosto2019

Maio che la logica avrebbe detto dovesse essere fuori. G: “E adesso?”. Signor G: “Adesso sono c…! C’è solo da sperare che renziani e grillini non l’abbiano fatto solo per non perdere il posto in Parlamento. C’è da sperare che tutti insieme vogliano fare una cosa seria. Non voglio Borghezio presidente della Repubblica!”. E siamo ancora vivi: speriamo almeno di mantenere la voglia di sorridere. Racconigi, 3 settembre 2019 a cura di Guido Piovano


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