INSONNIA Marzo 2021

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mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 129 Marzo 2021 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Buon 8 marzo di Chiara Cosentino

Numerosi sono i temi che possiamo andare a trattare per la festa della donna: si può parlare di cosa significa essere donna; si può parlare del diritto all’aborto; si può parlare della tassa sugli assorbenti e di come, per magia, nascere donna significa nascere con 500 € in meno; si può parlare di quante lotte sono state portate avanti con l’intento di raggiungere la parità di genere; o si può parlare di quanta strada ancora c’è da fare perché sì, nel 2021, non possiamo dichiarare di aver raggiunto l’obiettivo. L’8 marzo è dunque una giornata dedicata alle donne, alle lotte e al denunciare a gran voce la situazione attuale perché ancora oggi, ogni giorno, le donne vengono discriminate in quanto donne. Solo dall’inizio del 2021, sono 11 le donne vittime del femminicidio, che si sono viste rubare la vita non soltanto nell’istante esatto in cui sono state uccise, ma anche prima, quando il mondo intero le ha abbandonate nel silenzio e nella consapevolezza di non essere in grado di poterne uscire vincitrici. Lampante è il caso di Clara che si è pagata il funerale da sola, l’ennesimo esempio che dovrebbe aiutarci a capire che alla base di tutto c’è un vero e proprio problema culturale che dobbiamo vincere. Il vero ostacolo risiede alla base della società patriarcale in cui viviamo, una società che ci fa vedere la realtà da un solo punto di vista: quello maschile. La donna diventa pari all’uomo solo quando egli non è presente come ad esempio accade durante le guerre, quando la loro presenza si rivela fondamentale per portare avanti il Paese e quando viene loro permesso di ricoprire ruoli che diversamente non vengono considerati adatti.

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Il centro storico di Racconigi è ad una vera svolta? PROGETTO

NEL BLU DIPINTO DI BLU

Le note che seguono vogliono essere un invito alla riflessione su di un tema che ci coinvolge tutti da vicino e che richiede una valutazione attenta e non preconcetta

CANTOREGI La comunità e il territorio intorno a un progetto culturale condiviso a cura di Progetto Cantoregi

a cura della Redazione

Partiamo da una PRIMA CONSIDERAZIONE che possiamo dire preliminare: l’introduzione dei parcheggi a pagamento non dovrebbe ignorare una domanda: « Perché si va, si andava, in centro con l’auto?». Se ipotizzassimo che è solo per una cattiva abitudine che questo avviene la nostra sarebbe un’analisi assai superficiale e forse preconcetta, che non ci aiuta ad affrontare il problema e che ci porterebbe fatalmente a risposte scontate. Prima di affrontare un problema è necessario studiarlo: risolverlo è una conseguenza della comprensione dello stesso. segue pag. 3

Alla memoria di Guido Cardellino

UN SINCERO PLAUSO ALLA CROCE ROSSA DI RACCONIGI Un servizio davvero essenziale

Tra i progetti e gli intenti che ci hanno guidato quando abbiamo deciso di buttarci nella folle e meravigliosa avventura di gestire i locali della Soms di Racconigi, spiccavano in particolare la volontà di creare uno spazio che fosse aperto a tutta la comunità, uno spazio condiviso, di aggregazione, riflessione, incontro, dialogo. Abbiamo lavorato molto, grazie all’aiuto di numerosi entusiasti volontari e grazie al sostegno di enti come il Comune e fondazioni bancarie, per inaugurare il 19 ottobre del 2019 e aprire così un nuovo luogo capace di diventare fulcro di attività e iniziative culturali e sociali. La pandemia da Covid 19 e la conseguente emergenza sanitaria ci hanno costretto a ridimensionare il percorso avviato, ma non ad annullarlo. La programmazione 2020 è stata quindi inevitabilmente influenzata dalla situazione emergenziale, ma siamo riusciti a avviare collaborazioni con alcune realtà culturali del territorio.

di Michela Dellavalle

Sono ancora qui a raccontarvi della mia vita che come voi lettori di Insonnia sapete è una vita in carrozzina, la mia carrozzina nuova che ho chiamato Pandora. Ho pensato di scrivere questo articolo in memoria di una persona, mancata due anni fa, che ha dato l’anima per questa C.R.I racconigese della quale era presidente:

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LEGA AMBIENTE pag. 4

Diario di Guerra

pag. 10/11

Il Bosco Incantato pag. 8

ARTE

pag. 12


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A 96 anni Giorgio MO ci ha lasciati

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Nel silenzio più totale di Luciano Fico

di Bruno Crippa

Scrivere di lui per me è tornare giovane, tornare bambino. Come non ricordarlo con Giovanni Panero (il suo socio) nel piccolo laboratorio di falegnameria in via del Teatro, quando andavo per acquistare un ritaglio di compensato per i lavori al traforo con in mano una moneta da 50 lire che immancabilmente rimaneva generosamente nelle mie mani! Finita la quinta elementare, durante le vacanze estive, mio padre mi mandò

Giorgio per noi ragazzi è stato fondamentale per la nostra crescita: organizzava tornei di calcio, formò una squadra di calcio sponsorizzata dalla sua ditta dove noi ragazzi dell’Oratorio fummo protagonisti, indossando le prime maglie e scarpe da calcio acquistate da lui. Quante merende improvvisate, offerte su un piano di compensato e due cavalletti a fungere da tavolo, nel suo laboratorio al termine delle partite di calcio!

da “bocia”(garzone) nella loro nuova bottega nella via a fianco della chiesa di San Giovanni (oggi sede della CRS) e lì iniziò per me una gioiosa avventura! Giorgio pareva uscito dalle pagine di un fumetto, da un film di Charlie Ciaplin o di Totò. Con la sua affabilità, la sua fantasia, con le sue trovate e i suoi scherzi coinvolgeva tutti, e primo fra tutti mio papà Piero che, oltre a essere il suo bersaglio preferito, era anche suo complice nei tanti scherzi indirizzati agli amici. Indimenticabile fu quello della “corsa in bici proveniente dalla Francia” dove mio padre e Panero erano il suo meccanico e il suo massaggiatore, e ancora, quello dell’inaugurazione di un torneo notturno di calcio con la “ presenza di Pelè” (annunciata da manifesti), personaggio che impersonava lui stesso!

Caro Giorgio hai voluto bene a tutti noi ragazzi e noi a te; ci hai fatto ridere e divertire ma ci hai anche aiutati a crescere con i valori dell’amicizia e il senso di appartenenza a un gruppo dove contava la lealtà oltre al divertimento. Caro Giorgio sei stato per me un secondo padre e un amico sincero della mia famiglia. Oggi Giorgio hai voluto andartene in silenzio, senza voler disturbare nessuno, ma ne sono certo, in tanti in Racconigi ti hanno dedicato un pensiero, un grazie, una preghiera. Ciao Giorgio, ora sei lassù con papà Piero… andateci piano con le vostre “trovate e i vostri scherzi” anche se, ne sono certo, il buon Dio li accetterà divertito! 18 febbraio 2021

Per un inspiegabile riflesso, il suo corpo si è predisposto, anche oggi, alla fatica quotidiana del risveglio. Sono le 6.30, dal momento che la signora con la divisa verde è già entrata in stanza per lavare la sua vicina di letto. Dalla finestra non filtra ancora nessuna luce e la stanza è immersa nel chiarore giallastro della luce artificiale. Domenica è molto attenta alle sfumature di colore, perché, da tempo, solo più quelle riesce a percepire. Il suo è diventato un mondo di ombre e di luci, le sagome degli altri si muovono sfumate, difficilmente riconoscibili. Da quando si sono messi tutti quelle orribili mascherine, ha rinunciato del tutto a provare a riconoscere chi le gira intorno. Tanto, comunque, nessuno avrebbe un viso familiare. Le persone che le sono state care, quelle che a guardarle in faccia ti senti a casa, sono tutte morte, ormai: nessuno ha saputo tenere il passo con i suoi quasi 98 anni. Le rimangono due nipoti, ma da mesi le impediscono di incontrarli: li può vedere solo attraverso un vetro, ma quello che vede è veramente poco! È colpa del COVID, le hanno detto. È come la Spagnola di quando lei era ragazza, le hanno detto. Batte con rabbia lo scarno braccio sul letto: “Ma perché i miei non mi vengono a prendere!!! Cosa ci faccio ancora qui???” “Domenica…Stai brava, che vengo subito da te…” Questo ha detto la OSS della Struttura, dove Domenica si sta rassegnando a finire i propri giorni. Il braccio scheletrico trova ancora la forza per un altro pugno sul materasso: non ha sentito nulla di cosa le è stato detto, perché è

diventata ormai completamente sorda e prova tanta rabbia quando qualcuno le parla inutilmente e a lei arrivano solo suoni ovattati e confusi. Ora viene la colazione, uno dei pochi momenti che scandiscono la giornata e poi sarà di nuovo uno scorrere di minuti, che, ogni tanto, proverà a distinguere sul quadrante dell’orologio da cui non si separa mai. Tre erano le cose da cui non si separava mai, quando era entrata in Struttura: il telefono, il fazzoletto e l’orologio. Ora il telefono riposa, scarico, nel cassetto del comodino, da quando l’udito l’ha abbandonata del tutto. Si tiene stretto l’orologio con i numeri grandi, il più grande che il nipote sia riuscito a trovare, ma già fatica ormai a distinguere le lancette: il più delle volte cerca di indovinare e si accontenta di quella piccola, triste, bugia. Tra poco le rimarrà solo il fazzoletto, che tiene sempre pulito nella manica della maglia: ogni volta che piange, lo prende in mano, sente la stoffa preziosa di quel fazzoletto bianco e ricamato e le sembra di darsi un tono. Piangere senza quel fazzoletto in mano, sarebbe ancora più inutile. Seduta sulla sua carrozzina, addossata alla parete, in fondo alla stanza, fissa il vuoto e va dietro ai pensieri, riuscendo ancora a preoccuparsi per cose di cui non potrà mai più occuparsi. Il televisore, perennemente acceso per tutti gli altri ospiti, continua a vomitare immagini e parole, che a lei non possono arrivare. In questo momento, un servizio del TG racconta di come la popolazione non ne possa più del protrarsi delle limitazioni per il virus: sembra che la gente stia perdendo il senso del proprio vivere, perché non può muoversi come vorrebbe.


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Il centro storico di Racconigi è ad una vera svolta?

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NEL BLU DIPINTO DI BLU

Le note che seguono vogliono essere un invito alla riflessione su di un tema che ci coinvolge tutti da vicino e che richiede una valutazione attenta e non preconcetta segue dalla prima

Tuttavia non faremo qui un elenco dettagliato dei motivi che inducono all’uso dell’auto, essi sono sotto gli occhi e nell’esperienza di tutti noi, ci chiederemo invece se è stato giusto, o addirittura doveroso, chiedere a noi cittadini di rinunciare all’auto in ragione di esigenze superiori. E sono proprio queste esigenze a dover essere analizzate per scoprire, forse, che le stesse non sono state adeguatamente espresse. Una SECONDA CONSIDERAZIONE sta nel domandarci se prima di intraprendere la via dei parcheggi blu siano state considerate soluzioni alternative o integrative (e/o perché siano state poi eventualmente scartate). Tale sarebbe stata una campagna contro la sosta selvaggia - contro il mancato rispetto del disco orario, contro la sosta fuori dagli spazi consentiti, contro la sosta abusiva in spazi dedicati - intesa a modificare il comportamento degli automobilisti (crediamo sarebbe stato sufficiente un impiego massiccio dei vigili per due / quattro settimane per sanzionare i comportamenti irregolari) o, su di un altro piano, la pedonalizzazione del centro storico e l’allargamento dell’area pedonale. La TERZA CONSIDERAZIONE che vi proponiamo è per sottolineare come sia mancata nella fase precedente l’istituzione dei parcheggi blu una campagna di informazione e di confronto con la popolazione insieme a quella chiamata alla partecipazione, sempre evocata nelle propagande elettorali ma completamente disattesa da questa Amministrazione, che avrebbe dovuto tendere a coinvolgere i racconigesi nelle scelte e a renderli conseguentemente responsabili nei comportamenti. Nel pieghevole che costituisce la guida informativa per il cittadino di Racconigi, riguardante le aree di sosta a pagamento non sarebbe stato opportuno spiegare quali vantaggi avrebbe portato ai cittadini questa scelta dell’Amministrazione e intraprendere una azione educativa verso la cittadinanza riguardo alla vivibilità del Comune?

L’ULTIMA CONSIDERAZIONE è in realtà l’espressione di un dubbio: non è facile capire e non è dato sapere se i singoli provvedimenti adottati, che di per sé possono essere buoni o cattivi, stanno dentro una visione complessiva che investe la vivibilità, ma anche la sopravvivenza, del centro storico. Il più volte evocato PUMS è un esempio emblematico di tale difficoltà: mai divulgato, non ce né traccia nemmeno sul sito del Comune e resta poco più di un oggetto misterioso, presente soltanto in alcune dichiarazioni del sindaco. Veniamo più strettamente al merito della questione. Chiariamo subito che noi non siamo né contrari a priori né favorevoli a prescindere ai parcheggi blu e faremo dunque una valutazione soltanto alla luce dei risultati che verranno raggiunti, sempre che si raggiungano, però su più fronti: in termini di vivibilità del centro storico, di viabilità, di riduzione di smog e stress,… ed anche alla luce della capacità dell’Amministrazione di ovviare a quei disagi e a quelle storture che andranno emergendo e che già emergono nella fruibilità dei luoghi di

lavoro e di acquisto. La nostra prima impressione però è proprio che si sia persa un’occasione, che si potesse fare di più. Si potesse cioè pensare ai parcheggi all’interno di una visione più ampia circa la vivibilità del centro storico di Racconigi. E la senzazione netta, come si diceva in premessa, è che questa sia mancata. Vedere oggi il centro storico svuotato di un'alta percentuale di automobili ci fa pensare che lo si potesse nel contempo rendere più vivibile ai pedoni, alle biciclette, ai soggetti con disabilità motorie abbattendo le innumerevoli barriere architettoniche che lo caratterizzano quali sono ad esempio i marciapiedi (v. via Levis), gli scalini e determinati accessi. Coinvolgendo i privati, poi, li si poteva invitare ed incentivare a fare altrettanto. In quest’ottica un’altra ipotesi consisteva nello studio di una percorribilità a senso unico e a 30 all'ora, senza diritto di sosta, in modo da mettere il pedone al centro del piano. Ecco perché giudichiamo assente nei fatti una visione di insieme ed un coinvolgimento attivo del cittadino. Apprezziamo invece quanto

si sta facendo nelle vie subito attorno al centro dove si cerca di rendere difficoltosa la percorribilità alle auto e le si costringe a ridurre la velocità, ricavando nel contempo nuovi parcheggi bianchi. Anche qui, il non aver reso edotto il cittadino degli intendimenti dell’Amministrazione temiamo possa limitarne la collaborazione. Cosa possiamo ancora dire? Dopo l’introduzione dei parcheggi a pagamento s’è notata nel centro una certa diminuzione delle auto, vedremo in seguito se si tratterà di una più o meno diffusa “protesta”, se sarà l’effetto positivo prodotto dai nuovi costi legati all’impiego dell’auto, oppure se sarà una nuova abitudine capace di indurre una accresciuta coscienza ecologica. A questo punto delle cose non ritiene utile l’Amministrazione mettere in cantiere una vera valutazione di quella che sarà nel breve la risposta della cittadinanza anche in rapporto al disagio provocato da alcune scelte? La partecipazione dei cittadini alle scelte dell’Amministrazione non porterebbe reali benefici al ‘governo’ del Comune?


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È nato il Mite

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Un Ministero dell’Ambiente potenziato per affrontare le sfide dell’immediato futuro di Lorenza Lerda

Il 12 febbraio è stata annunciata la lista dei Ministri del Governo Draghi. Fra le novità c’è stata la trasformazione del Ministero dell’Ambiente in Ministero per la Transizione ecologica (Mite). Ma di cosa si tratta esattamente? La transizione ecologica è l’insieme dei cambiamenti che è necessario adottare per giungere allo sviluppo sostenibile, cioè alla possibilità di soddisfare i bisogni di tutti nel rispetto dell’ambiente e delle generazioni future. Nello specifico il nuovo Ministero guidato dal fisico Roberto Cingolani avrà, oltre ai compiti ereditati dal Ministero dell’Ambiente da cui è nato, competenze per quanto riguarda l’energia, in particolare decarbonizzazione e uso delle fonti rinnovabili, e la mobilità sostenibile. L’Italia non sarà il primo Paese a sperimentare una svolta di questo genere: già in altri Stati è stato istituito un simile dicastero. In Francia dallo scorso anno è presente il Ministero della transizione ecologica che si occupa di ambiente, clima, energia, trasporti; anche in Spagna c’è un organo analogo: il Ministero per la transizione ecologica e la sfida demografica, che si occupa di questioni ambientali, economiche e relative allo spopolamento di alcuni territori. In un momento storico in cui la perdita di biodiversità, la distruzione degli ecosistemi e gli sconvolgimenti climatici si fanno sempre più evidenti e con ripercussioni di maggior entità sull’umanità, è quanto mai importante focalizzare le energie sui temi ambientali, senza più vederli come un qualcosa di a sé stante ma iniziando a pensarli come parte integrante di ogni altro ambito. Il mondo ambientalista, a cui per la prima volta è stata data voce durante le consultazioni, è fiducioso nei confronti del nuovo Ministero. Questo avrà un ruolo di primo piano nella stesura di un piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che dia il giusto spazio ai temi ambientali ed alle sfide ad essi collegati e che gestirà le risorse derivate dal Recovery Fund. Gli obiettivi europei sul fronte

della lotta alla crisi climatica si sono fatti più ambiziosi: al 2030 dovremo aver ridotto le emissioni di CO2 del 55% (il precedente obiettivo era una riduzione del 40%). Per raggiungerli in Italia sarà necessario lavorare molto sulle rinnovabili, soprattutto su eolico e fotovoltaico, nonché

sullo stoccaggio e la distribuzione dell’energia prodotta da tali fonti. Altre potenzialità saranno ricercate nell’economia circolare, che si basa su riuso e riciclaggio di oggetti e materiali, in un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente e nella mobilità sostenibile.

Quest’ultima andrà ad abbracciare in particolare i trasporti extraurbani su ferro e quelli urbani. Ci si aspetta che alle questioni ambientali venga finalmente dato il giusto peso, ne va del nostro futuro.


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SOGNI IN TEMPO DI PANDEMIA

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Quando la casa si trasforma in un luogo poco sicuro, una prigione dalla quale è difficile uscire di Marilisa Rosso

In questo anno di Covid la casa per alcuni di noi è diventata il nido in cui rifugiarsi e ripararsi dal mondo, per altri si è trasformata in un luogo poco sicuro, una prigione dalla quale è difficile uscire. La pandemia ha agito da amplificatore, aggiungendo isolamento a isolamento: per tante donne la casa si è trasformata in una trappola mortale. 180 sono state le nuove richieste di aiuto che Mai+Sole si è trovata a gestire nell’arco degli ultimi 12 mesi. Degenerazione di rapporti coniugali, abuso di alcool, problemi economici e incapacità di gestire una coabitazione coatta hanno inasprito rapporti di coppia già difficili, amplificando momenti di stress, paura, violenza e reso insopportabile l’impossibilità di muoversi, difficoltoso il cambiamento delle abitudini in fatto di occupazione o di gestione del tempo libero. La perdita del lavoro da parte di uno o di entrambi i membri della coppia oltre all’impoverimento repentino della famiglia, ha avuto ripercussioni evidenti anche sul piano emotivo e sulla salute mentale. Depressione, chiusura in se stessi, ma anche rabbia e violenza nei confronti di chi ti vive accanto. Ci sono situazioni in cui l’aspetto economico, per fortuna, non è stato toccato perché non vi è stata una perdita dell’occupazione, ma soltanto un nuovo modo di viverla; il lavoro da casa, meno traumatico del licenziamento o del ricorso ad ammortizzatori sociali, non si è però dimostrato privo di rischi. Tutti sperimentiamo come le nostre abitudini siano difficili da abbandonare: il solito tran tran a volte può rivelarsi noioso, ma allo stesso tempo rassicurante, diciamo una zona di comfort.

Mettiamoci nei panni di una coppia che si ritrova a lavorare da casa con figli adolescenti costretti anche loro all’isolamento dalla didattica a distanza in cui sia necessario riorganizzare i ritmi, la gestione delle faccende domestiche e gli spazi, spesso limitati, e soprattutto a gestire rapporti familiari non sempre idilliaci e scopriremmo che non è facile far quadrare il tutto. L’etologia ci insegna che gli spazi vitali ridotti aumentano l’aggressività e portano l’animale a difendere il proprio territorio. Troppo spesso anche noi umani, animali pensanti, ci comportiamo allo stesso modo. Le difficoltà del periodo sono state molte, ma, benché non si siano potute organizzare sedute di auto-aiuto ed incontri in presenza, non è mancato il sostegno umano e psicologico on-line da parte delle volontarie e delle psicologhe dell’Associazione. Sempre tramite la rete è stato possibile effettuare una sentenza di separazione. Sono aumentati i casi di violenza segnalati da donne italiane e le case rifugio hanno continuato ad accogliere donne, mamme e bambini in difficoltà. L’attività dell’Associazione ha dovuto subire degli adattamenti sia per quanto riguarda il calendario, sia per le modalità degli incontri tra le stesse volontarie, senza abbassare il livello di qualità. La Bottega di Savigliano ha rispettato periodi di chiusura ed ha traslocato al numero 22 sempre in via Beggiami. La Bottega, per chi ancora non lo sapesse, raccoglie il materiale offerto da persone sensibili che in parte viene utilizzato per le esigenze di donne e bambini seguiti da Mai+Sole, mentre la parte restante viene donato in cambio di una piccola offerta. Il ricavato va a coprire le spese e a finanziare i progetti dell’Associazione. Anche in questo periodo non sono mancare le offerte d’aiuto: alcune persone sarebbero disposte a mettere a disposizione dei locali di loro proprietà a titolo gratuito a favore dell’Associazione. L’idea di aprire non soltanto case rifugio, ma residenze in cui le donne in difficoltà possano trascorrere un periodo più o meno lungo prima di diventare completamente autonome è un “sogno” ribadito più volte da Adonella. La complicità femminile, la resilienza, la capacità di fare squadra, potrebbero dimostrarsi un’opportunità per ripartire, per inventarsi nuove occupazioni. Un’altra possibilità, sarebbe quella di replicare l’esperienza della Bottega di Savigliano in un altro comune, con il contributo non solo di volontarie, ma di donne seguite dall’Associazione. Un aiuto prezioso è venuto da una signora di Asti, da poco pensionata, ex titolare di un’azienda che effettuava stampe su tessuti: ci ha donato i mac-

chinari e si è dichiarata disponibile ad insegnare le modalità di lavorazione a persone interessate. Un’opportunità imperdibile che potrebbe avere sviluppi interessanti e vantaggiosi. Nuovi stimoli, ventate di solidarietà, segni concreti che potrebbero aiutarci a trasformare alcuni “sogni” in realtà. L’Associazione nacque per offrire un aiuto immediato alle donne vittime di violenza, ma con il passare degli anni è diventato altresì importante aiutarle a intraprendere un nuovo percorso di vita, capace di farle sentire al centro di un progetto di riscatto. Quando una donna che si rivolge all’Associazione riesce a riprendere in mano la sua vita conquistando una propria indipendenza ed un’autonomia personale ed economica, si instaura un circolo virtuoso che diventa esempio e dà forza ad altre donne. “Ciascuno cresce solo se sognato” è il titolo di una poesia di Danilo Dolci e i sogni possono trasformarsi in realtà. A coloro che leggeranno l’articolo chiediamo idee per continuare a sognare…


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a cura di Guido Piovano

ERNESTO BONAIUTI (1881 - 1946) Sono trascorsi 92 anni dall’11 febbraio 1929 che vide la Chiesa Cattolica e l'Italia fascista stringere un accordo di potere, la chiesa rinunciando ad una fetta di Vangelo, lo Stato ad una fetta di laicità. Tali sono infatti da considerare I Patti Lateranensi, il Concordato. Oggi in verità li si ricorda molto poco, quasi che la presenza di un papa come Bergoglio, umano ed evangelico, faccia venir meno la necessità di quella battaglia anti-concordataria che ha scritto importanti pagine di storia. Tuttavia, temi quali il cappellanato militare (i preti con le stellette, incorporati a tutti gli effetti nell'esercito) e la delega ai preti o il placet per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole dello Stato, non dovrebbero essere abbandonati. A questo proposito voglio qui ricordare Ernesto Bonaiuti. IL FATTO Furono 12 su circa 1500 i professori delle Università italiane che nel 1931 rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista: Ernesto Buonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi Della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Francesco ed Edoardo Ruffini, Lionello Venturi e Vito Volterra. Il Vaticano, pur ritenendo abusiva

la richiesta di giuramento, avendo stipulato appena due anni prima il Concordato con lo Stato italiano che di fatto superava la “questione romana” postasi nel 1870 con la presa di Porta Pia, non si volle urtare con il regime fascista e consigliò ai professori di area cattolica di giurare con la formula della “riserva mentale” ponendo cioè, nel segreto della propria coscienza, la condizione che avrebbero rispettato il giuramento solo se ciò non li avesse obbligati ad atti contrari alla propria fede. LA FIGURA Ernesto Buonaiuti, allievo al Pontificio Seminario Romano di Roma, venne ordinato sacerdote il 19 dicembre 1903. Avendo condiviso moderne impostazioni scientifiche delle discipline religiose fu scomunicato dalla gerarchia vaticana e privato dell’insegnamento nelle università ecclesiastiche. Quando nel 1931 rifiutò di prestare giuramento di fedeltà al regime fascista perse anche la cattedra all’Università di Roma. Alla caduta del fascismo fu ancora vittima del Concordato che impediva agli scomunicati di accedere a quei ruoli statali che comportassero contatti col pubblico. Mantenne sempre una posizione di dissenso rispetto al Concordato e non fu mai riabilitato dalla chiesa. Alla morte non ottenne

la sepoltura ecclesiastica, essendosi rifiutato di ritrattare le proprie posizioni. Nel 2014 un “Comitato per una migliore conoscenza e per la riabilitazione di Ernesto Buonaiuti”, raccolse centinaia di adesioni tra cui quelle di Raniero La Valle, Ettore Masina, Vittorio Bellavite, Luigi Bettazzi, Enrico Payretti, Giovanni Franzoni, Lidia Menapace, Carlo Molari, Giovanni Miccoli, Adriana Valerio, Vito Mancuso, Mina Welby, Frei Betto, Stefano Rodotà. Nel documento istitutivo era scritto: “Sgradito, come cattolico, ai partiti di sinistra e come scomunicato dai politici di obbedienza vaticana, non fu mai riabilitato ufficialmente, anche se molte delle sue tesi furono riecheggiate nei dibattiti conciliari del Vaticano II e riprese nei documenti ufficiali. […] la sua memoria restò nell’ombra per decenni, dal momento che, pur trattandosi di una figura di testimone eticamente e giuridicamen-

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te superiore a ogni motivo di critica, Buonaiuti fu considerato scomodo da tutti i centri di potere, data la sua irriducibile fedeltà alla propria coscienza e alla propria onestà intellettuale e morale, al di sopra di ogni altra considerazione.”

L'ARCIVESCOVO NOSIGLIA A TORINO ACCOGLIE GLI ULTIMI E A RACCONIGI? L'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia da tempo accoglie clochard e persone rimaste senza casa in Arcivescovado presso le “stanze dei papi”. È un esempio di quello spirito evangelico che non può ridursi ad una semplice dichiarazione di principio, ma che assume l’accoglienza nei confronti di persone in difficoltà come obiettivo primario… Spiega l’arcivescovo: «Da tempo vivono qui una trentina di persone, italiani e immigrati. Provengono da situazioni difficili in famiglia, o sono rimaste senza abitazione. In questi giorni di grave emergenza mi è sembrato doveroso offrire un segnale e un esempio ancora più chiari. Per questo mi sento di chiedere alle parrocchie e alle comunità religiose, ma anche alle famiglie private che ne hanno la disponibilità, di aprire ancor

più le porte delle loro case, per sistemazioni anche temporanee». La morte di due clochard avvenuta di recente a causa del freddo ha indotto Nosiglia a chiedere il «coraggio di fare un passo in più lungo un cammino che è già ricco di scelte generose e di disponibilità. Il profeta Isaia d’altronde ci domanda esplicitamente di “introdurre in casa i miseri senza tetto”». Auspico che l’appello dell’arcivescovo non cada nel vuoto proprio qui a Racconigi dove alcuni ragazzi africani rischiano di perdere la casa dove abitano, tanto più che la medesima è di proprietà della Curia di Torino. Da parte nostra, come giornale, seguiremo questa vicenda nella certezza che sia possibile giungere ad una soluzione condivisa del problema.

I nostri ragazzi

Che belli i nostri ragazzi… Quelli che li conosci tutti dalle elementari perché ci si trovava tutti ai giardinetti dopo la scuola Quelli che portavamo tutti a casa a turno, una mamma per volta Quelli che sono rimasti tutti amici, pur con le loro diversità

Quelli che hanno imparato a divertirsi in modo sano Quelli a cui piace stare insieme a fare festa Quelli che ogni volta che li incontri ti salutano come se non fossi la mamma di un loro amico, ma come se fossi anche un po’ la loro… di mamma Quelli che sanno fare festa anche con noi adulti e se capita bevono una birra insieme a noi Quelli che si informano, quelli che vogliono capire cosa succede, come gira il mondo, quelli emozionati quando devono andare a votare per la prima volta Quelli che quando arriva questo strano mostro chiamato Corona virus sono capaci di rispettare le regole…

Quelli che stanno due mesi in casa senza vedere la fidanzata ed escono solo per portare la spesa agli anziani… Quelli che appena riescono si riuniscono… perché hanno una voglia matta di rivedersi Quelli che quando il Decreto lo permette mangiano di nuovo tutti insieme al Ristorante… e bevono qualche bicchiere di vino, perché sono felici di stare insieme e cantano qualche canzone, qualcuno suona… come facevamo noi quando eravamo giovani… Quelli che meritano di essere rispettati perché non sono delinquenti e quelli che non meritano di incontrare sul loro percorso agenti che senza

salutarli li trattano con arroganza e supponenza solo perché hanno una mascherina abbassata e sono in grado di esprimere delle opinioni, solo perché non sopportano le ingiustizie e sanno rispondere a tono, solo perché cercano di consolare la fidanzata spaventata… Mio figlio ha detto al maresciallo, l'altro giorno che è andato a ritirare le sue multe in caserma: "Guardi sig. Maresciallo io penso che l'educazione debba esserci a prescindere... non si impara né all'università né alla Scuola di Allievi carabinieri… e il suo collega è stato maleducato. Che belli i nostri ragazzi… Francesca Pirlato


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LA DESCRIZIONE DI UN ATTIMO

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di Federico Bronzin

Federico Bronzin, chinesiologo e massoterapista, ex racconigese ora residente a Caraglio, scrittore per passione, sognatore e animo da viaggiatore Assorto nei miei pensieri, camminavo lentamente lungo il corridoio. All'improvviso spuntò dal nulla, mi passò a non più di un metro, e per un attimo i suoi occhi incrociarono i miei. Sguardo freddo il suo, distaccato, il mio non fu da meno, purtroppo. Solo un attimo, poi continuammo la nostra strada, opposta. Negli attimi successivi meditai sull'attimo appena passato, la mia espressione cambiò, mi girai di scatto ma lei non si girò, era già troppo lontana per sentirmi. Persi l'attimo per provare ad essere gentile. Nei giorni successivi continuai a pensare a quell'incontro, a quello sguardo, a cui avrei voluto dire tante cose. Città di Cusco, Perù, ero ospite-turista in un centro di accoglienza fondato da una professoressa piemontese in pensione, la quale aveva ricevuto la “chiamata” e si trasferì nel Paese latino per aiutare le ragazze di strada. Prelevate dalle campagne all'età di cinque o sei anni, vendute dalle famiglie con l'illusione di fare la scelta migliore per tutti, le bambine venivano reclutate come lavapiatti o pela patate nei ristoranti delle città peruviane. Cronache di chi ha avuto il coraggio di ribellarsi, parlano di intimidazioni continue da parte dei loro proprietari-aguzzini, di violenze, di stupri, di omicidi, talvolta di suicidi. Nel centro di accoglienza, a parte il marito di una coppia di danesi, ero l'unico maschio. E, come prevedibile, intorno a me si formarono delle pareti di ghiaccio. La stessa professoressa, a una mia richiesta di intervista, parlava con voce roca, che non ammetteva repliche. Sguar-

do altrove, le rughe scavavano solchi profondi in un volto stanco. Dopo qualche mese, presi una pausa dalle mie “scorribande” in giro per il mondo e tornai in Italia. Come al solito, ripercorsi gli attimi salienti del mio ultimo Viaggio, tanti meravigliosi, intensi, indelebili. Quell'attimo in particolare, si è stampato nei miei ricordi, sono passati quasi dieci anni, era luglio del 2011. E ancora adesso mi chiedo quante altre volte non mi sarò accorto di aver perso l'attimo per essere gentile. Rispolvero questo pensiero dopo che, qualche giorno fa, durante una piacevolissima chiacchierata con cari amici racconigesi, mi è stata fatta la proposta di scrivere questo articolo. La mia mente si è messa subito alla ricerca nei bagagli dei ricordi di un evento che potesse in qualche modo rappresentare quell'effimero ten-

tativo della mente umana di condensare in un attimo ciò che dovrebbe essere una costante della Vita. Arriviamo quindi all'8 marzo, conosciuto da tutti come la Festa della donna, in termini un po' più ufficiali Giornata internazionale dei diritti della donna. Così come il 25 novembre, giorno contro la violenza sulle donne, viene tanto ostentato – specialmente sui social – e l'indomani ributtato nel dimenticatoio, anche l'8 marzo lo percepisco come una ricorrenza senza seguito, appunto un condensare qualcosa che dovrebbe essere la normalità. Sarà che il mio lavoro è fondato sul cercare di comprendere le persone e i loro bisogni, sarà che in Famiglia sono in “minoranza”, ma fatico a capire quei contesti dove si genera violenza verso le donne, o anche solo mancanza di rispetto. Sarà che il Viaggio mi ha insegnato a vivere l'attimo e portarlo con me per sempre, ma penso che per noi uomini la festa della Donna dovrebbe essere tutti i santi giorni. E tutti i santi giorni coltivare nel nostro cuore un animo gentile. Partiamo dall'8 e il giorno successivo rovesciamolo di 90 gradi, facendolo diventare il simbolo dell'Infinito. Perché noi siamo Infinito, e le nostre azioni, comportamenti e pensieri daranno l'imprinting alle generazioni future. Con animo gentile, lavoriamo ogni giorno per costruire le basi di futuro fatto di rispetto e di diritti non calpestati, come purtroppo ancora oggi accade. Buona festa, oggi e sempre, a tutte le Donne del Mondo.

In bocca al lupo di Zanza Rino

Matteo Salvini: citazioni autentiche, liberamente ordinate da uno zanzarino perplesso. “Non sono uno di quelli che cambia opinione in base ai quarti d’ora… cambi idea, molla la cadrega e torna a lavorare; ne ho trovati pochi di quelli che hanno cambiato idea e hanno mollato la cadrega” Amici miei 21 febbraio 2018: “Mai governo Lega – 5 stelle, è un impegno solenne che prendo”. 1 giugno 2018: nasce il governo Lega – 5 stelle 19 dicembre 2018: “Un gover-

no c’è e per quello che mi riguarda dura cinque anni, il governo avrà lunga e proficua vita”… 7 febbraio 2019: “Ho dato una parola agli italiani, ho firmato un contratto di governo e quello intendo onorare fino in fondo”… 19 aprile 2019: “Questo governo sta facendo bene e può continuare a fare bene per altri quattro mesi… altri quattro anni… scusate”… Tre mesi prima della crisi: “Voglio dare per altri quattro anni stabilità al governo di questo paese” 9 agosto 2019: Salvini apre la crisi di governo: “Troppi no fanno male all’Italia”

“La parola patria la usa chi non ha altro a cui pensare o di cui parlare” “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino”

Amata Italia 1 giugno 2013. Festa della repubblica: “Notte serena amici, oggi non c’è un c… da festeggiare” … “prima la nostra gente, prima i padani” “Prima l’Italia. Questa è la battaglia in cui io credo, a cui sto dedicando giornate, nottate, impegno”

Euro no… euro sì “Ma io sono profondamente convinto che l’euro sia una moneta criminale” “Non abbiamo intenzione di uscire né dall’euro né dall’unione europea” “C’è qualcuno che in mala fede difende l’indifendibile che si chiama euro”

La legge è legge “Chi disobbedisce alle leggi va in galera in un paese normale”… “Ma se siamo in guerra e per D… siamo in guerra contro quel ladro che si chiama stato italiano, cominciamo a disobbedire e stiamo uniti perché uniti non ci ferma nessuno”… “Siamo pronti a disobbedire, la padania è pronta a disobbedire”… “L’Italia è un paese di m… Arrestatemi”

“Non c’è e non ci sarà nessun proposito di uscire dall’unione europea o dal sistema della moneta unica” “L’euro è la moneta della fame, l’euro è la moneta della disoccupazione, torniamo padroni di casa nostra e della nostra moneta” “Le monete alternative le usiamo al monopoli” “L’euro è una moneta totalmente sbagliata, moneta delle banche, moneta della finanza” Lunga vita a Draghi "… Non abbiamo parlato di ministeri, sottosegretari equilibri di governo… e non ne parleremo perché abbiamo fiducia nell’idea di Italia e di squadra che ha il prof. Draghi… c’è un Governo… che deve nascere, noi non abbiamo messo veti nei confronti di niente e di nessuno” In bocca al lupo al nuovo Presidente del Consiglio.


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Abbiamo incontrato Sabrina a “Il Bosco Incantato”

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“Il nostro progetto del futuro è cambiare e rinnovare” a cura di Anna Simonetti

Continua la mia voglia di conoscere lo stato d’animo di chi ha aperto una attività commerciale in questo periodo di restrizioni dovute alla pandemia di Corona virus 19. Sono andata a “Il Bosco Incantato”, la cui porta si affaccia sull'incrocio tra C.so Regina Elena e la provinciale per Torino: minuscolo a vedersi da fuori, in realtà una volta dentro rivela un ambiente ampio, luminoso, accogliente e di buon gusto. Incontro la titolare dell’attività. Ciao, vuoi presentarti? Mi chiamo Sabrina Boncristiano, ho 25 anni, ho fatto l’alberghiero a Bra e prima ancora ho frequentato il linguistico a Torino dove prima risiedevo. Che lavori hai fatto? Ho fatto degli stages, uno proprio qui da Mosè, altri li ho fatti a Torino, mentre ne ho fatti altri non inerenti alla cucina, cui però non ha mai fatto seguito un contratto. A dire il vero ho fatto anche Babbo Natale… Quando avete aperto l’attività? Il 17 di giugno, veramente dovevamo aprire prima, ma abbiamo voluto frequentare un corso della regione Piemonte “Mi metto in proprio”, grazie al quale abbiamo potuto valutare se c’erano le basi per aprire una attività del genere, parlare con esperti e capire che cosa fare e come agire; quindi, trovata una quadra, abbiamo aperto “Il bosco incantato”. Qual è l’ambito in cui vi muovete? Abbiamo la licenza di ristorante, ma la mia idea era un po’ più complessa perché di ristoranti ce ne sono molti e di ottima qualità anche qui a Racconigi, volevo qualcosa di diverso dal solito ristorante, nessuno di noi ha l’impostazione di barista, di chi sta dietro ad un bancone e serve il cliente. Noi siamo un po’ particolari: chi entra qua viene accolto come

un amico, un parente, veniamo da una grande famiglia e vogliamo portarla qui dentro allargandola, in modo che ogni cliente si senta di farne parte. Non doveva essere un bar, non doveva essere un ristorante e quindi abbiamo deciso di fare una dolceria: un po’ di zucchero che porta felicità, un po’ della nostra simpatia e poiché la gente deve mangiare, pranzi di lavoro, torteria, caffetteria. Mancava qualcosa alla sera per attirare i ragazzi e trattenerli qui in città, dovevamo trovare qualcosa di particolare. Ci siamo rivolti all’oriente ed abbiamo trovato il bubble tea. È la prima volta che lo sento nominare, in cosa consiste? È un nostro prodotto di punta, un the aromatizzato alla frutta o al latte con le bollicine, di stampo orientale che è piaciuto molto ai giovani. Poiché abbiamo aperto d’estate abbiamo introdotto i freddaccini, possiamo farli anche caldi nella stagione fredda: sono dei caffè freddi aromatizzati per i quali usiamo del vero caffè e latte intero della fattoria Sant’Anna di Cavallermaggiore. Usiamo prodotti del territorio a km 0; frutta e verdura la compriamo dai nostri mercati e dai nostri fruttivendoli. Anche per la carne ci serviamo dei macellai di zona. Avete penato a partire? A parte la prima settimana, poi abbiamo avuto sempre una grande affluenza, ma non a pranzo, non abbiamo ancora capito il perché, non certo per il prezzo considerato che con 10 euro offriamo anche dolce e caffè. Mentre la sera va molto bene, siamo aperti dalle 8 alle 22, con aperitivi e apericena, rispettivamente al prezzo di 12 e 15 euro offriamo veramente tanti piatti... Ovviamente gli orari vengono modificati a seconda dei Dpcm in atto. Il venerdì e il sabato offriamo apericena a tema, abbiamo fatto quella cinese, giapponese, hawaiana, tedesca con grande affluenza di

giovani. Ma il locale è solo questo o avete altro spazio? No, è tutto qui ma pur mantenendo le distanze di sicurezza, a giugno si entrava in 30 persone dello stesso nucleo familiare, da settembre solo 20, ora non possiamo più ospitare nessuno. Inoltre abbiamo quel piccolo spazio sul marciapiede di fronte il cui uso ci è stato concesso dal comune. Attualmente fate piatti da asporto? Sì, abbiamo una buona clientela e non solo a Racconigi, asportiamo piatti nei paesi vicini fino a Savigliano e Bra. Avete un menu fisso? No, cambiamo menù tutti i giorni. A quanto ammonta per voi la perdita per l’attuale lockdown? Abbiamo calcolato una perdita del 75%. Le restrizioni di Natale ci hanno portato via tantissimo, si lavorava solo nei giorni festivi. Avete ricevuto dei ristori? Sì e sono sempre arrivati. I primi ristori sono stati sorprendenti, pensavo di ricevere 600 euro, invece ne ho ricevuti 1000. A dicembre ne ho avuti 500. Pago 750 euro di affitto al mese quindi mi sono tornati utili per sopravvivere. In quanti siete a lavorare? Ho una sola dipendente, Cristina, come barista ed è una mamma di tre figli che prima di questo lavoro correva di qua e di là per sbarcare il salario; c’è mia sorella Gina, mia nipote Denise, mia madre e mio padre. Quindi siete proprio tutti di famiglia Sì e sono tutti coadiuvanti e ci alterniamo anche se io ci sono sempre. Come vedi il futuro? Spero che diventi giallo e speriamo di passare finalmente al bianco. Fate dei controlli con i tamponi?


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Noi no, ma i nostri familiari lavorando nelle fabbriche sono tenuti a farli e sono sempre negativi. Qual è il piatto della casa che ha incontrato successo? Le polpette, siamo diventate famose per le polpette. Le facciamo di tutti i tipi. Nelle serate a tema abbiamo fatto la serata “Polpettiamo”. Facciamo anche prodotti per gli intolleranti, abbiamo clienti vegani, vegani celiaci, vegetariani e cerchiamo sempre qualcosa di nuovo per ciascun cliente. Progetti per il futuro? Noi cambiamo tutte le settimane, ci reinventiamo ogni giorno, ci piace rinnovarci, se una cosa mi piace devo farla, se una cosa non va bene devo migliorarla, dobbiamo sempre dare qualcosa che nessuno ha mai dato, di nuovo… direi che il nostro progetto del futuro è cambiare e rinnovare. P.S. Non credo di riuscire a incontrare altri audaci debuttanti nell’ambito di esercizi pubblici, per cui desidero fare alcune considerazioni: Debora e Simone de “Al Muretto” e Sabrina de “Il Bosco Incantato” hanno 25 anni, sono giovani con una gran voglia di lavorare e met-

tere in atto le loro competenze, non si sono buttati allo sbaraglio, hanno calcolato i rischi e malgrado tutto hanno osato iniziare partendo dall’aiuto che la famiglia di ciascuno di loro è riuscito a dare.

Hanno voglia di fare e rinnovarsi ogni giorno, offrire qualcosa di particolare che incontri i desiderata del cliente e consenta loro una dignitosa vita lavorativa!

Alla memoria di Guido Cardellino

UN SINCERO PLAUSO ALLA CROCE ROSSA DI RACCONIGI Un servizio davvero essenziale segue dalla prima

parlo di Guido Cardellino che ha lavorato a lungo perché la sezione locale della C.R.I. potesse garantire servizi sempre più all’altezza delle necessità.

Lo ricordo con grande emozione e sono contenta di ricordarlo per i valori nei quali credeva, valori importanti che ha realizzato nell’aiuto a disabili e anziani. E ricordo quella volta che trovandomi per Racconigi con Maria, la mia compagna di viaggio di allora, ebbi l’avventura di cadere dalla carrozzina. Accadde che Maria seguendo il mio naso sanguinante a causa di

una piccola emorragia momentanea, non si avvide di una buca e la carrozzina diede il giro. Fu lì che il signor Cardellino mi soccorse con grande premura fino a risistemarmi sul mio mezzo con l’aiuto di alcuni passanti. Prima di lasciarmi si procurò un bicchiere d’acqua al vicino ristorante e lo offrì alla spaventatissima Maria, chiedendo a me “stai bene, stai bene…?”. Era il 25 aprile del 2008. Oggi il fatto è che quando ho dovuto passare alla nuova carrozzina non ho tenuto conto delle misure della pedana del mio furgoncino e non ho previsto che la carrozzina non avrebbe più potuto salire e sistemarsi sul mezzo. Dovete anche considerare che il mio papà, senza nulla togliere a lui sempre presente per tutte le mie necessità, non ce la fa più a mettermi con la carrozzina sopra al furgoncino come ha sempre fatto. Fortuna ha voluto che proprio in quel frangente sono venuta a conoscenza di un servizio della Croce Rossa di Racconigi che ho poi sperimentato essere veramente un servizio valido, validissimo. In precedenza avevo già conosciuto la C.R.I di Savigliano; fu l’anno scorso quando ero stata accompagnata a Parma ad una gita e a Torino alla visita per la nuova carrozzina.

Vengo al servizio del quale vi voglio dire ed è un servizio di cui ho molta considerazione perché fatto da persone davvero molto umane e valide. Loro, i volontari della C. R. I. di Racconigi, ti vengono a prendere, ti portano dove vuoi, ti accompagnano fino al luogo dell’appuntamento. Hanno questi pulmini belli grandi, bisogna solo prenotarsi un po’ prima. Le ultime volte, ad esempio, avevo un forte mal di denti, allora mi sono tesserata, così mi sono potuta giovare dello sconto. Tu vai là con carta di identità e codice fiscale e loro ti danno una tessera, un cartoncino, paghi venti euro l’anno e hai diritto al servizio con il 50 % di sconto sulla tariffa chilometrica, ogni volta che hai necessità. È un servizio anche notturno, un servizio che può essere effettuato anche fuori Racconigi, libero a tutti. Io ho sempre avuto un mio accompagnatore ma se non hai nessuno, fanno tutto loro. Ti accompagnano a una vista, ti aspettano e ti riportano a casa dopo la visita, naturalmente previo avviso perché si possano fare un’idea della durata dell’impegno. Così adesso non ho più bisogno del furgoncino, quando occorre mi affido a questi volontari. Ringrazio tutti i volontari, ho molta stima e gratitudine per tutti loro;

non basta però dire grazie, voglio anche segnalare che con loro mi sono sempre sentita molto sicura, perché sono tutti molto professionali.


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Una storia per non dimenticare – parte II FRANCESCO CASALE, DIARIO DI GUERRA (1943-1945) Siamo alla seconda puntata del diario (“Indimenticabile priore”, Appendice, di Umberto Casale). Sfumano le illusioni di un rapido ritorno a casa mentre lo stato di prigionia si va delineando in tutta la sua crudezza. Iniziano gli spostamenti da Tripoli ad Atene a Ido-

Atene, domenica 26 settembre 1943

Siamo partiti da Tripolis ieri alle 9, alle 20 abbiamo attraversato il canale di Corinto senza incidenti, il viaggio è proseguito ancora per 2 ore tranquillo, da Corinto ad Atene si costeggia sempre il mare, cosa che ci ha permesso di osservare un concentramento di fuoco veramente impressionante. Eravamo a una quarantina di km da Atene quando un bagliore attirò la nostra attenzione, era un razzo luminoso, pochi minuti dopo non era più uno ma centinaia che mandavano un bagliore accecante, nel medesimo tempo da terra entrarono in azione le fotoelettriche e le batterie della contraerea germaniche che facevano un fuoco da finimondo, ma ciò non impedì agli aviatori anglo-americani di portarsi sugli obbiettivi sganciando le loro bombe, che fecero delle esplosioni tremende, intanto la nostra tradotta filava verso quel fuoco come se niente fosse. Dopo mezzora il fuoco cessò e noi entrammo nella stazione di Atene verso la mezzanotte. Quando tutto era già ritornato tranquillo, dopo una sosta di poche ore, all’alba ci hanno messo in cammino per venire alla caserma dei granatieri perché non si sa ancora quando riprenderemo il viaggio. Abbiamo attraversato tutta la città: è veramente bella. Nonostante non dormissi da 48 ore, appena arrivato in caserma, trovando l’acqua, ho subito fatto un bel bagno che mi ha subito dato un benessere salutare. Stasera, quando siamo andati al rancio, il capitano ci ha dato le ultime notizie: lasciare la speranza di andare in Italia come ci avevano promesso, perché ci manderanno nella zona di Salonicco a lavorare, quindi non ci resta che se-

meni e sempre lavoro, lavoro, duro lavoro. Francesco, come molti altri, rifiuta di dichiararsi volontario e ne subisce tragicamente le conseguenze da parte degli ex alleati tedeschi, mentre si avvicina il freddo del primo inverno.

guire la sorte dei prigionieri di guerra in mano alla razza più brutta che esiste sulla crosta terrestre. (Con molta gioia stasera ho trovato Renzo Rainero, abbiamo parlato del nostro bel Racconigi, dimenticando per un’ora la triste situazione in cui ci troviamo).

Atene 27 settembre 1943

Dal posto in cui siamo attendati si vede un magnifico panorama della maggior parte di Atene, fra l’altro anche l’acropoli, avevo tanto desiderato vedere questa città, ma non mi ero mai sognato di vederla in queste condizioni. La giornata è stata molto movimentata, dietro informazioni si è venuto a sapere che la proposta di andare a lavorare a Salonicco è stata fatta a tutti i reparti che sono passati di qui, ma nessuno l’ha accettata. Allora siamo venuti alla conclusione che il nostro maggiore è stato imbrogliato dai tedeschi, oppure ci ha venduti prevedendo una sorte migliore per lui. Questo stato di cose ha sollevato un malcontento generale, in massa siamo andati alla baracca dove c’era il maggiore e tutti gli ufficiali dichiarando apertamente che ci avevano venduti per migliorare la loro posizione, a queste proteste ci hanno spiegato che la colpa non era loro, ma che erano i tedeschi a imporci questi ordini, tutti assieme ci siamo opposti di andare a lavorare come volontari. Ora attendiamo domani per una risposta. Per finire la giornata alle 22 c’è stata un’incursione sui due campi d’aviazione, ma noi non abbiamo subito danni.

Atene 28 settembre 1943

Stamattina, quando ci siamo alzati, abbiamo

avuto la sorpresa che il maggiore e i due capitani che comandavano la nostra batteria erano spariti, lasciandoci soli nei guai. Alle 9 i tenenti rimasti sono andati al comando germanico per decidere cosa intendevano fare di noi. I tedeschi risposero che la decisione era sempre uguale. I nostri ufficiali fecero presente che noi non saremmo partiti per la zona di Salonicco e i tedeschi ci dissero che se non andavamo con le buone, ci avrebbero costretto con le armi, quindi fecero presente a noi tutti la situazione, dandoci queste disposizioni: noi di qui non andremo via se non verranno qui i tedeschi con le mitragliatrici e le baionette innestate, difficilmente oseranno farci questa violenza, ma se lo faranno avremo sempre migliaia di testimoni che potranno affermare che non siamo volontari, ma costretti dalla forza bruta. Oggi alle 13 c’è stata la prima incursione, alle 20 la seconda sui campi di aviazione e al Pireo, noi non abbiamo avuto danni.

Atene 1 ottobre 1943

Siamo in ottobre ma il caldo non diminuisce, però qui l’acqua è abbondante perciò ogni tanto si lascia l’ombra della tenda, che più che altro è un forno, e si corre sotto i rubinetti dell’acqua che ci dà sempre un po’ di sollievo. In questi due giorni la situazione non è cambiata, anzi stanno organizzando le squadre per portarci a lavorare a Salonicco, tutte le nostre proteste non valsero a niente, ora dicono che non siamo prigionieri di guerra, ma internati quindi siamo obbligati a eseguire tutti gli ordini ed al minimo rifiuto che faremo contro i tedeschi ci passeranno al loro tribunale, quindi non ci resta altro che seguire il destino, ma ogni colpa ricade su quell’avventuriero che con la sua alleanza con la razza barbara, la quale come lui non conosce altra legge che quella del suo egoismo di grandezza, calpesta tutte le leggi internazionali ed umane pur di raggiungere il suo scopo. Speriamo che la fine del duce sia la scintilla che brucerà il trono al suo alleato, che in questo momento ci tiene schiavi della sua brutalità. Il comando germanico continua a farci la propaganda, invitandoci a riprendere le armi e a combattere al suo fianco, ma i suoi bollettini a noi servono da carta igienica, non siamo certo noi a riprendere le armi per ordine del duce e tanto meno dei suoi alleati, la maschera ormai è caduta e anche i ciechi che credevano ancora a quei due egoisti non ci credono più, il solo desiderio di tutti noi che ci troviamo in queste terre e di ritornare in Italia e vedere i nostri cari che da tre anni non sentiamo più e di cui non abbiamo più notizie. Le condizioni in cui si trova l’Italia non sono nascoste ai tedeschi, ma non ci lasciano nessuna informazione che ci possa fare un po’ di luce sulla vera situazione.

Atene 2 ottobre 1943

Stamattina alle quattro i tedeschi sono venuti ben armati e con lo zaino ci hanno fatto fare una


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decina di chilometri per le vie di Atene. Arrivati alla stazione siamo stati cinque ore su un piano caricatore sotto un sole che bruciava. Finalmente alle sedici siamo saliti sui carri bestiame e alle diciassette abbiamo lasciato la stazione (ricorderò sempre questa visita alla capitale ellenica). Il maggiore, che i tedeschi hanno messo a comandare il nostro battaglione, quando siamo arrivati alla stazione è fuggito.

Salonicco 4 ottobre 1943

Dopo 48 ore di viaggio senza incidenti siamo arrivati a Salonicco. Alla stazione c’erano già degli ufficiali tedeschi ad aspettarci che ci chiesero se eravamo il battaglione volontario. A questa domanda i nostri ufficiali risposero che eravamo comandati con la Forza e non volontari. A questa risposta, i tedeschi ci fecero scendere tutti dai vagoni e quando fummo tutti davanti a loro armati, ci chiesero nuovamente di andare volontari per avere tutti i diritti dei soldati tedeschi. Ma nessuno accettò e visto che la loro proposta non era andata a buon fine, prima caricarono i nostri ufficiali su un autocarro e li portarono via senza lasciar loro prendere il bagaglio, e a noi diedero 10 minuti di tempo per risalire sui vagoni con la minaccia di far fuoco su tutti quanti avessero tentato di scendere e, più di 70 per vagone, passammo la notte.

Salonicco 5 ottobre 1943

Stamattina altra adunata, un ufficiale tedesco ci disse che da oggi non eravamo più suoi camerati, ma prigionieri e che la più piccola mancanza ai suoi ordini verrà punita con le armi, poi la giornata trascorse chiusi nei carri.

Idomeni 6 ottobre 1943

Stamattina verso le quattro il treno è partito, ma non si sapeva quale era la nostra destinazione, abbiamo viaggiato fino alle tredici, poi ci hanno fatto scendere e piantare le tende in questo piccolo paesetto di confine (greco-bulgaro), domani vedremo cosa ci faranno fare. Fino ad oggi non possiamo lamentarci perché di fame non ne abbiamo fatta col maurò gurà tutti ci siamo arrangiati, per l’avvenire il Signore provvederà.

Idomeni domenica 10 ottobre 1943

Oggi è già il quarto giorno che siamo in questa piccola stazione, al mattino ci portano al lavoro alle 6, un’ora di riposo a mezzogiorno, poi si riprende e si lavora fino alle 17, poi ci riportano in tenda che è già notte fatta. La razione che ci danno è così poca che si riesce appena a fare un rancio al giorno. Il primo giorno abbiamo reclamato, ma ci hanno risposto di andare volontari con loro per avere la razione dei soldati tedeschi. Chi non lavora verrà segnalato dalle guardie e starà 2 giorni senza razione. La cosa che più ci preoccupa è che si avvicina la stagione invernale e il luogo dove siamo attendati quando piove è un lago, ma pazienza. Speriamo che questa prigionia duri poco e che il Signore ci aiuti.

Idomeni 17 ottobre 1943

Anche questa settimana è passata, ma che settimana! Abbiamo avuto due giorni consecutivi di pioggia, ma anche in quelle giornate i tedeschi non ci hanno lasciato sotto le tende, ma ci hanno fatto lavorare ugualmente. Così abbiamo bagnato tutto il nostro corredo, la temperatura si è di molto abbassata e alla notte, nonostante la stanchezza, non siamo riusciti a dormire. Si tremava dal freddo e al mattino ci siamo alzati più stanchi di prima e con dolori alla schiena e alle spalle tremendi, ma ciò non ha impressionato i tedeschi che ci fanno lavorare continuamente. Grazie al Signore mercoledì è tornato il bel tempo e un po’

di sole è stato il nostro sollievo. Questa gente ci tratta come schiavi: ci fanno scaricare e trasportare terra da prima dell’alba a dopo il tramonto con l’interruzione di un’ora a mezzogiorno per il rancio, ma le guardie non ci lasciano mai un momento perciò bisogna lavorare come negri. Ora la scorta di gallette è finita e il rancio che ci danno è tutt’altro che sufficiente per le fatiche che dobbiamo fare, alle 17 è già notte e ci portano nelle tende, si rende un gavettino di caffè amaro per cena e si va a dormire. Non c’à altro da fare: è buio e non abbiamo candele, la fame si fa sentire, quindi l’unica cosa è cercare di dormire. Dopo 15 giorni ininterrotti di lavoro oggi ci hanno lasciato mezza giornata di riposo. Per fare il bagno e lavarsi la roba, al ritorno dal fiume, 4 uomini sono stati sorpresi a rubare pannocchie di grano turco e per punizione non hanno più avuto la razione di pane per 2 giorni. In conclusione se questo stato di cose non cambia c’è da lasciarci presto la pelle.

Idomeni 19 ottobre 1943

Stamattina sono venuti da Salonicco due capitani: uno tedesco e l’altro italiano, quest’ultimo è un vercellese che è fuggito dall’Italia dopo la caduta del fascismo ed ora è qui volontario con i tedeschi. Per ordine del comando tedesco ci ha chiesto per l'ultima volta di arruolarci volontari a lavorare con loro, altrimenti ci avrebbero convogliati in Russia. Questa minaccia ci ha poco impressionati perché da due mesi siamo allo scuro della vera situazione in Italia e ben pochi di noi credono ancora alle promesse dei tedeschi, ne hanno fatte molte senza mai mantenerle. Il risultato di questa adunata è stato che su 600 uomini solo una decina si è offerto volontario. Questi ultimi sono da compatire, perché hanno ragionato solo con la pancia, difatti quando si è trattato di firmare si è constatato che sono tutti analfabeti. Hanno chiamato un nostro sergente a firmare per loro, ma la scheda da sottoscrivere non parlava affatto di lavoro, ma di combattenti volontari al che il sergente si è rifiutato di firmare. Dopo aver spiegato il tutto agli uomini, i tedeschi ci hanno detto di aver sbagliato modulo, hanno scritto a matita che si trattava di lavoro, e hanno

fatto firmare con una croce perché il sergente si rifiutava di firmare per loro. Dopo ci hanno mandato a lavorare.

Idomeni 24 ottobre 1943

Anche oggi abbiamo avuto mezza giornata di riposo. La minaccia di portarci in Russia non l’hanno ancora messa in esecuzione, si limitano a farci lavorare come negri, vigilati sempre da guardie armate con palla in canna, per fortuna il tempo si mantiene al bello, il vitto anche se è poco con l’aiuto del maurò si tira avanti, per l'avvenire speriamo in bene. Da 15 giorni si vede un gran movimento di carri armati, autoblindo, pezzi e munizioni che vanno verso la Bulgaria, credo che in Grecia non resti che la truppa a piedi.

Idomeni 1 novembre 1943

Anche questa settimana il solito lavoro, oggi che ricorre il giorno di tutti i Santi ci hanno fatto lavorare tutto il giorno come sempre. Siamo riusciti a comprare della farina, così alla sera si fa un po’ di polenta e si tira avanti un po’ meglio che con la sola razione.

Idomeni 14 novembre 1943

Vento e pioggia quasi tutti i giorni, in modo che siamo quasi sempre con i panni bagnati addosso. Per fortuna il Signore ci protegge, infatti finora nessuno di noi si è preso dei gravi malanni, salvo raffreddori e dolori reumatici, mentre le bronchiti e le polmoniti dovrebbero essere all’ordine del giorno. Oggi ci hanno lasciato mezza giornata di libertà per farci un po’ di pulizia personale, al fiume non si può più andare, qui dentro il reticolato l’acqua è più preziosa del pane, perciò ci siamo lavati la camicia con una gavetta di acqua. Insomma bisogna adattarsi e arrangiarsi, nulla più ci stupisce. Quando partii da Tripolis avevo 100.000 dracme di sigarette ed ora sono finite anche quelle, cioè devo smettere anche di fumare, ma pazienza. Per ora non si fa ancora della fame, benché la razione sia piccolissima, tiriamo avanti con polenta, certo che la farina dobbiamo fornircela dai greci e non avendo più dracme si fa i1 cambio merci con indumenti e oggetti personali. Dobbiamo privarci di tutto questo per combattere un po’ la fame che ci tormenta. (continua nel prossimo numero)


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DIECI MINUTI CON LA BELLEZZA

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Artemisia Gentileschi: donna di carattere e “famosissima pittrice” di Rodolfo Allasia

Autoritratto o allegoria della pittura (particolare) 1639

Circa 400 anni fa, a Roma, viveva una ragazza che, per le festività cattoliche frequentava le Chiese non solo per fede ma anche per osservare le opere in esse dipinte dai grandi maestri dell’epoca. Tra questi, che nel tempo avrebbero trasformato la scena artistica romana aveva collocato i suoi lavori il sommo Caravaggio che con i suoi tagli di luce, con figure che si stagliavano su fondi scuri produceva vere imitazioni della natura in scene sacre che venivano considerate veri miracoli di abilità e sensibilità artistica. La ragazza era spinta a queste attente osservazioni dal padre, pittore lui stesso, amico di Caravaggio e suo compagno in qualche scorribanda fra le taverne. Orazio, padre della ragazza, sapeva bene che la figlia aveva una predisposizione per questa forma d’arte e voleva che lei la coltivasse; più vecchio di Caravaggio sapeva apprezzare il suo lavoro, indirizzato a rendere la materia una vera copia della realtà così come gli incarniti e le tonalità della pelle che risultavano avere una morbidezza naturale. Il suo “segreto” era quello di copiare dal vero i soggetti. La ragazza, Artemisia, crescendo in questo ambiente, col proprio talento ed alimentando la passione iniziò l’apprendistato nella bottega del padre che significava macinare il colore fino poi a stendere alcune campiture delle stesse opere paterne. Orazio era, in quel periodo (primissimi anni del 1600) impegnato in molte committenze

nati, che in gioventù si era distinto in opere “raffinate e velate di sottile erotismo privilegiando la raffigurazione di figure nude”, in età avanzata, avvicinandosi ai Gesuiti scrisse una accorata lettera agli Accademici Fiorentini del Disegno invitando a fermare l’”ingorda voglia di dilettare” e di “impudicamente piacere” evitando di rappresentare “figure ignude” che avevano l’effetto di “muovere” (…) a cattivi pensieri. Per tenere fede a questa esortazione molti dipinti riproducono episodi biblici per non avere motivi per dipingere una femminilità troppo frivola. Anche Artemisia trovandosi in una età dove sono frequenti fi-

danzamenti e matrimoni si trova a dover affrontare questa scelta tra una pittura a rischio di frivolezza e a rischio di indurre a “pensieri morbosi” e così opta di far parlare le espressioni del viso che dimostrano come il soggetto femminile dipinto sia lontano da un minimo di seduzione. All’alba del ‘600, come oggi, l’interpretazione degli atteggiamenti femminili da parte degli uomini sembra essere molto lontana dall’intento che li ha espressi e così anche tele raffiguranti scene che non vogliono avere alcuna intenzione di provocare piacere vengono raccolte ugualmente in collezioni in cui la ambiguità di-

tanto da non avere tempo di portare a termine i lavori iniziati. Artemisia incrementò sempre più la collaborazione col padre e carpì sempre più i preziosi insegnamenti dai colleghi di Orazio; teniamo presente che Caravaggio (Michelangelo Merisi) aveva come allievi pittori di mezza Europa e quindi i suoi insegnamenti o anche solo il vederlo dipingere significava una opportunità che non era da tutti. Avrete inteso che sto parlando di Orazio e Artemisia Gentileschi. La giovane di bell’aspetto e di buona capacità in quanto pittrice (non erano molte le artiste donne in quell’epoca) si cimentava a dipingere soggetti umani e non avendo sufficiente denaro per far posare soggetti reali si accontentava di dare le proprie forme ed espressioni ai personaggi che doveva rappresentare. La giovinezza della ragazza tornava a suo vantaggio per creare suggestione ai propri dipinti. Il ‘600 fu un secolo in cui la figura umana era molto rappresentata ed in una molteplicità di situazioni diverse: abbellite con stoffe e gioielli diversi, senza abiti, abbandonate in riposo o intente ad azioni di tutti i generi, come guerriere o in qualità di personaggi della Bibbia, dei Vangeli o della Mitologia. La rappresentazione dell’incarnito e la anatomia, la muscolatura possono essere un linguaggio espressivo che sostituisce quello verbale nel caso dell’arte visiva. Il fiorentino Bartolomeo Aman-

Madonna con bambino 1610-1611


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Marzo 2021 come scopo il piacere. Anche fra l’alto clero si trovano opere di pittura che sono ben lontane dall’avvicinare chi le osserva ad avere alti moti spirituali. Le stesse opere di Artemisia Gentileschi viste da un’angolatura colma di ambiguità possono far perdere il sensum ad un uomo che lavora nella stessa bottega dei Gentileschi.

Il 6 maggio del 1611 entra in scena Agostino Tassi; pittore ,appunto, che lavora a stretto contatto con Orazio Gentileschi e ne frequenta la casa; costui approfittando della assenza del padre usa violenza verso la giovane che al momento Giuditta decapita Oloferne ha 18 anni; Artemisia e Orazio de1617 nunciano il Tassi, indifferenti alla venta l’asse attorno al quale ruo- di lui proposta di sposare la giovatano gli interessi di una pittura che ne (si saprà in seguito che l’uomo marcia in tutte altre direzioni. Col- è già sposato e quindi non avreblezionisti tra le famiglie nobili con be potuto adempiere alla promesaltri fini assolutamente lontani da sa fatta ad Artemisia. Il processo quanto vorrebbe Amannati, hanno dura a lungo ed Artemisia si dichiara disposta a sottoporsi anche a tortura pur di dimostrare che quanto lei dice è la verità (la tortura alla quale vengono sottoposti i pittori è una pressione esercitata sulle dita con un filo di ferro fino a far uscire il sangue). La giovane donna nonostante la tortura non cambia opinione dimostrandosi una vera e propria donna eroica descrivendo dettagliatamente le scene di violenza. Mentre i Gentileschi escono dal processo colpiti nella loro dignità al punto da doversi trasferire in altre regioni, Tassi ottiene una pena mite e dopo un periodo Maddalena (particolare)1612 circa

di carcere viene graziato. Orazio aiutò poi la figlia a ripartire e farsi riconoscere in altre corti, a dipingere finanche in Inghilterra, Artemisia si sposò con un modesto pittore ed ebbe 4 figli. Non ebbe una grande fortuna critica neppure nei tempi moderni, ma visse una vita ricca di illustri fre-

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quentazioni come intellettuali del calibro di Galileo Galilei. Fu Roberto Longhi che nel 1916 presentandola insieme a suo padre, nella collana d’arte che lui dirigeva la fece conoscere ed apprezzare al grande pubblico e le diede, dopo lungo tempo, la notorietà che meritava.

Susanna e i vecchioni 1610

Gli occhi di Liliana di Angelica Rossetti

Come spilli piantati nel ghiaccio, racchiudono in sé l'indicibile, custodito con dolore e con rassegnazione. Un mondo difficile da penetrare, pur facilmente immaginabile, da cui è impossibile uscire del tutto. Di cui vorresti liberarti, ma sai che non potrai mai farlo. E allora, con questi occhi, di donna, di moglie e mamma

amorevole, penetri nelle nostre anime ignare. Che per quanto vogliano capire, non capiranno mai abbastanza, perché non hanno mai provato, vissuto, tutta l'indicibile sofferenza che Tu, cara Liliana, hai provato. Occhi, specchio dell'anima e della nostra vita. Occhi, da cui trapelano gli orrori, le paure e i dolori che ci

hanno segnati. L'unica arma che ti rimane per trasmettere i tuoi messaggi supplichevoli, inoffensivi, edificanti. Arma ancora più incisiva delle tue parole. I tuoi occhi così espressivi, pur glaciali. Ti guardo e rabbrividisco Liliana. E subito ti abbraccerei. In un caldo abbraccio, nel tentativo di sciogliere il ghiaccio taglien-

te che ti attanaglia ancora ora, nei vivi ricordi. Non ci riuscirò. Ma forse ti aiuterò a continuare a far trapelare la luce accecante che dai tuoi occhi, cara Liliana, ancora e per sempre sgorgherà. Per te, per Loro, per noi.


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PROGETTO CANTOREGI

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La comunità e il territorio intorno a un progetto culturale condiviso Il bilancio di un anno di pandemia e le tante idee per il futuro segue dalla prima

generatore di prossimità nel contesto socio-territoriale di riferimento che risponda al bisogno crescente di socialità, con attenzione alle fasce sociali più deboli, e di cultura in ogni sua forma ed espressione. Luogo di ricreazione, di formazione, di sosta, di lavoro e progettazione partecipata, di affermazione

vembre abbiamo avviato la campagna di crowdfunding “Riporta il cinema a Racconigi!”, termina il 31 gennaio 2021. Ha riscosso un eclatante successo, andando oltre le nostre aspettative, con donazioni che hanno superato i 7.000 euro e circa 200 donatori. Un risultato inaspettato per il quale ringrazia-

e costruzione di una nuova identità collettiva, in cui il cittadino, il professionista, l'ente privato e pubblico, possano incontrarsi e fare comunità. In questo periodo di chiusura stiamo continuando a apportare migliorie agli spazi, rendendoli più performanti e accoglienti. Ricordiamo in particolare che a no-

mo commossi e felici tutti i cittadini racconigesi, e non solo, che con il loro sostegno, la loro generosità e il loro entusiasmo hanno accolto il nostro progetto. Questa raccolta fondi ci permette ora di acquistare un proiettore video e un nuovo telo da proiezione, di maggiore qualità di resa rispetto a quello attualmente in possesso, per poter organizzare così serate cinematografiche e cineforum alla Soms di Racconigi. L’idea è quella di partire con appuntamenti di cinema per bambini e famiglie, grazie alla collaborazione con Goccia dopo Goccia e con la proiezione di film per i giovani, grazie alla collaborazione con Tocca a noi. Questo stringersi della comunità e del territorio intorno a un progetto culturale condiviso, in un momento così difficile per tutti, con la salute a repentaglio e con le tante difficoltà economiche che la popolazione sta attraversando, ci fa capire quanto la cultura sia sentita come una luce che va alimentata per guidarci e orientarci nei momenti più bui dell’esistenza.

Accanto alle proposte pensate e portate avanti da Progetto Cantoregi, come gli spettacoli teatrali, i laboratori teatrali con disabili, i laboratori per bambini, gli allestimenti scenici, abbiamo ospitato tante attività che le realtà associative e private del territorio hanno portato alla Soms. Tra queste ricordiamo le giornate di letture di fiabe, le serate a tema come quella dedicata alle donne con Mai più Sole, le riunioni di professionisti e aziende, i consigli comunali, le residenze teatrali, le lezioni di musica con l’Istituto musicale Fergusio, gli spettacoli con la compagnia di teatro dialetta-

le racconigese, le iniziative con la Biblioteca civica e Unitre, la messa a disposizione degli spazi come set per riprese audiovisiva. A meno di un anno dalla sua apertura e in piena pandemia, la SOMS ha aperto 67 giorni. Con la Soms, Progetto Cantoregi intende proseguire in questo arricchente percorso di apertura verso le realtà sociali e culturali, proprio come avevamo anticipato in occasione dell’inaugurazione. La Soms ha una vocazione pubblica e ambisce a diventare negli anni il


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Conosci Racconigi?

Cin

Cinema MALCOLM & MARIE di Cecilia Siccardi

Malcolm e Marie sono una coppia. Lei è un’attrice e modella, ma la sua carriera non è ancora decollata; lui è

Lib

Libri di Michela Umbaca

“Qualsiasi cosa si pensi del Game, è un pensiero inutile se non parte dalla premessa che il Game è la nostra assicurazione contro l’incubo del Novecento”. A dieci anni dall’uscita de “I Barbari”, Alessandro Baricco propone un nuovo saggio sui mutamenti che hanno interessato la nostra società,

15 Racconigi non è solo parcheggi, bianchi o blu che siano. Anzi. Questa nuova rubrica vuole essere un invito rivolto al lettore a guardarsi intorno nel nostro Centro Storico svuotato dalle automobili, alla ricerca di siti e particolari architettonici che nel quotidiano rischiamo di non vedere e che sono invece parte della nostra storia. Cominciamo con questa prima immagine. Dove si trova nel nostro centro la “pietra” che vedete raffigurata? La risposta sul prossimo numero.

un regista, e ha appena girato un film che sembra destinato ad avere grande successo. Tornati a casa dalla premiere, i due iniziano a litigare: nel suo discorso di ringraziamento, Malcolm ha dimenticato di ringraziare proprio Marie. Questo sarà il pretesto per una lunga notte di discussioni, in cui i due tireranno fuori vecchi rancori e si rinfacceranno torti passati e presenti. Malcolm & Marie è un film di Sam Levinson del 2021, il primo a essere girato nel corso della pandemia di Covid 19. Gli attori, infatti, sono solo due, Zendaya (che ha già lavorato con Levinson nella serie TV HBO Euphoria) e John David Washington (recentemente visto in Tenet). Il film si basa dunque interamente sul dialogo fra i due, il che è potenzialmente molto interessante: la sceneggiatura va però spesso a pescare luoghi

comuni fra diversi temi di attualità, mettendo in bocca agli attori discorsi apparentemente profondi e rivelatori, spesso recitati con grande enfasi, ma che risultano, in realtà, piuttosto vuoti

e poco ispirati. Malcolm & Marie ha un grande potenziale, e gli attori sono bravi; pur essendo un film godibile, però, non riesce a far passare grandi contenuti, e non lascia un granché.

ponendo il focus su quella che lo scrittore definisce “insurrezione digitale”. The Game, infatti, è la descrizione ad interim del fenomeno radicale che pone la tecnologia, dagli anni Novanta ad oggi, come l’elemento chiave e imprescindibile di quel cambiamento – l’ homo digitus - che, con l’avvento di Internet, ha modificato per sempre le nostre vite. Il saggio è infatti bipartito: nella prima parte Baricco traccia in maniera sincronica l’evoluzione digitale a partire dagli anni ’80, con la produzione dei primi modelli di pc, fino ad arrivare all’avvento di Google (1998), il colosso dei motori di ricerca più usato al mondo. L’analisi, per così dire, antropologica che ne deriva è frutto anch’essa di un’evoluzione darwiniana proposta da Baricco: l’utente primordiale, quello del calciobalilla, del flipper, si è “evoluto” da una realtà analogica a una più libera, più semplice: la realtà digitale. La seconda e ultima parte del saggio prende in analisi le due strutture

uomo-spada-cavallo e uomo-tastiera-schermo e le confronta: non è la sola posizione che si assume ad aver cambiato visceralmente il nostro modo di essere. Il Game di Baricco è una ribellione, una ridefinizione di uno status quo che vede nella fruizione di massa la vera libertà sociale. I fautori della rivoluzione tecnologica altri non sono che i pionieri di un’idea che va ben oltre la mera praticità dello strumento tecnologico atto a semplificarci la vita. La vera crasi, la grande frattura che separa i noi di vent’anni fa dai noi di oggi è racchiuso proprio in questa sottile, ma potente considerazione: “niente più élite, niente più caste sacerdo-

tali, politiche, intellettuali”. L’insurrezione mentale che ha prodotto l’insurrezione digitale è il frutto di un progetto ben più delineato, che vede nell’abbattimento dei confini, la vera e autentica libertà.

Alessandro Baricco “The Game” 2018, pp. 324, € 18,00 Giulio Einaudi Editore SpA


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Mus

Musica POST-APOCALYPTO di Mattia Magri

Tenacious D: l’incredibile duo formato dall’eclettico Jack Black (celebre attore protagonista di numerosissimi film tra i quali i nuovi Jumanji, The Jackal, School of Rock, la rivisitazione dei viaggi di Gulliver) e dal suo inseparabile amico Kyle Gass, ha sfornato il suo ultimo album nel 2018:

Post-Apocalypto. Il loro ultimo lavoro è un viaggio fantascientifico ambientato in un futuro, per l’appunto, post apocalittico; i nostri 2 eroi, scampati ad un disastro nucleare, iniziano a girare la Terra in cerca di sopravvissuti fino a ritrovarsi protagonisti di una vera e propria avventura che li porterà a decidere le sorti del Mondo. Le canzoni sono la sceneggiatura di questo viaggio, costellato da una moltitudine di personaggi, tutti impersonati da Jack e Kyle. In questa loro epopea incontreranno cani mutanti, amazzoni insaziabili, robot ambigui, giganteschi mostri e addirittura Trump!! I dialoghi sono coniugati alla loro ormai nota bravura musicale (inoltre il batterista, in alcune canzoni, è niente di meno che Dave Grohl, frontman dei Foo Fighters e loro grande amico), testi piccanti e provocatori verso le scelte politiche degli ultimi anni. Il Post-Apoclypto è stato portato anche in tour (Milano per l’Italia),

avendo per base un palco costellato da scenografie e proiezioni che animano le varie canzoni rendendolo uno spettacolo innovativo e coinvolgente. I disegni delle scene sono stati anch’essi creati dai Tenacious, i quali sono ideatori a tutto tondo dell’intero processo artistico. Tra palco e pubblico (ovviamente pre-covid) è stato installato un telo sul quale vengono proiettati i vari personaggi che interagiscono con i “D”, dando l’idea ai fan di trovarsi di fronte ad uno schermo. Alla fine della storia JB e KG sfondano il telo, eludendo così la sottile barriera che li separava dal pubblico e terminate le canzoni “apocalittiche”, partono alla riscossa sfoderando i vecchi pezzi del loro repertorio. L’album è composto da 21 brani di cui 13 canzoni; in aggiunta è disponibile anche un libretto con la storia disegnata. Consigliato anche il video/film a cartone animato dove viene narrata questa pepata

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fiaba moderna, i disegni sono molto grezzi, ma nel complesso sono un valore aggiunto, che vi porteranno a gustarvi momenti di alta comicità con musiche coinvolgenti e personaggi al limite della decenza. Come poi omaggiato durante il lockdown dai Tenacious, verrete catapultati in situazioni e sonorità che strizzano l’occhio al The Rocky Horror Picture Show. Ascoltati una volta, difficilmente vi dimenticherete dei Tenacious D!

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Roberto Magri, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

Nonostante non ci siano limiti imposti dalle leggi, è difficile che ad una donna venga dato un riconoscimento sociale così come è più probabile che per un lavoro venga assunto un uomo perché non vi è rischio di gravidanza. L’ideale di donna è infatti, spesso e volentieri, legato alla figura materna, il cosiddetto “angelo del focolare” e inoltre, quando non è legato a questo pensiero, il corpo della donna viene strumentalizzato facendone risaltare solo l’aspetto fisico. Riusciremo mai ad andare oltre a queste facciate? Oltre agli stereotipi? Riusciremo mai a vedere scritto sui giornali titoli come “Margherita Tripodo, primo vigile del fuoco donna della Sicilia” anziché “È bella, è mamma, è tosta: vi presentiamo il primo vigile del fuoco donna della Sicilia”? Una donna non viene mai riconosciuta per le sue competenze, ma perché è madre, è bella, è tosta. Questo è solo un esempio, ma titoli di giornale di questo tipo ne esistono in gran quantità e forse, e sottolineo forse, sono un po’ troppi. Cerchiamo anche di non dimenticare che come alle bambine vengono imposte determinate regole, anche i bambini vengono inseriti in un sistema patriarcale che li istruisce, sin da piccoli, a considerare la bambina come debole, come

colei che non è adatta ad arrampicarsi sugli alberi o a giocare con la pista radiocomandata mentre loro, invece, devono comportarsi da “ometti” e si sa, un vero “ometto” non piange mai. Forse, se decidessimo di intervenire sin da subito cercando di non imporre ai nostri figli delle regole inventate lasciandoli così liberi di esprimersi come meglio credono, in futuro loro potrebbero comportarsi allo stesso modo con le persone che li circondano, apprezzando il prossimo senza giudicarlo ed è possibile che si arrivi a vivere in un mondo più sereno. Finché non riusciremo a cambiare questi ideali, non arriveremo tanto lontano. La violenza e la discriminazione nei confronti delle donne, nasce infatti da questi concetti e da qui noi dobbiamo partire. Insegnate ai vostri bambini che un giocattolo rosa non fa femmina; insegnategli che una gonna corta non significa disponibilità; insegnategli che una donna può essere madre, donna in carriera o nessuna delle due, semplicemente libera di essere ciò che vuole; insegnategli che la parità di genere può esistere e deve esistere soprattutto grazie a loro. E voi, uomini illuminati, unitevi alla lotta, questa è una strada a doppio senso. Buon 8 marzo.

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA

Email:

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Tel.:

+39 335 1701008 +39 331 6893698 +39 331 6893684


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