INSONNIA Febbraio 2021

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mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 128 Febbraio 2021 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

PANE FRESCO di Rodolfo Allasia

A Racconigi le panetterie sono: “Il Fornaio” in Corso Regina Elena e “Dolce & Salato” (rivendita) in via Priotti 7 di Monica e Dario, il Panificio/ Grissinificio/ Focacceria in corso Principe di Piemonte 36 e il panificio (rivendita) in via Levis 10, di Simona, il “Real Forno” in via Ceriana Mayneri 17 di Preka Kolec, il “Pane e Cioccolato” in via Lobetto 3, la “Bottega del pane” in via Principe Amedeo 93, “L’angolo del pane” in via Umberto I 64, la “il Forno” in via Regina Margherita 26, “L’antico forno di Sara” in via Stefano Tempia 18. Nelle città come la nostra è tradizione che ogni famiglia abbia il proprio panettiere “storico“ o “di fiducia“; difficilmente si cambierà esercizio, nel corso del tempo, per comprare il pane da un altro fornaio; ci si affeziona a quel pane lì a quella panetteria. È un rito quotidiano, quasi una abitudine, al punto che il panettiere conosce i tuoi gusti ed il tipo di pane che ti dovrà servire: più cotto, più soffice, la biova, la mica ma anche i grissini, la focaccia ed ora, anche tipi di pane che sono stati importati da altre regioni o addirittura da altre nazioni. Tutto ciò per soddisfare i gusti dei clienti e mantenere viva la tradizione del consumo quotidiano di questo alimento che rientra nella consuetudine, soprattutto qui in Italia. I ristoratori stranieri riconoscono noi italiani, tra gli altri clienti, per essere i più accaniti consumatori di pane. I nostri genitori ci sollecitavano a mangiare il cibo che ci veniva servito nei pasti accompagnandolo con adeguato pane per non essere troppo “spreconi” ed esagerare con la “pietanza”. Segno questo che il pane era l’alimento più economico rispetto gli altri cibi. Oggi purtroppo il prezzo è au-

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IL "TOCCA A NOI" PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA

L’Associazione Tocca A Noi promuove un monologo inedito contro l’odio e la violenza

QUEL CICLISMO DEGLI ANNI 70, INCISO NEL MIO CUORE di Grazia Liprandi

di Chiara Cosentino

Il 27 gennaio ricorre la giornata della memoria, una giornata dedicata alle vittime dell’Olocausto, un pezzo di storia che ha una continua e crescente esigenza di essere ricordato soprattutto di questi tempi in cui l’o-

dio e il razzismo sembrano farsi strada in modo sempre più evidente. Proprio per questa ragione e per sensibilizzare ulteriormente il pubblico su questo tema, l’Associazione Tocca A Noi ha deciso di portare in scena

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Non ricordo esattamente come il ciclismo invase la mia casa. Ero piccola e i dettagli si sono persi tra le diapositive sbiadite degli anni 70. Ma so che papà - che a Racconigi tutti chiamavano ‘Il Maestro’ - quando si innamorava di un’idea, era un vortice di energia contagiosa e la mamma, i miei fratelli ed io ne rimanevamo avvolti, trascinati dentro fino al midollo, senza capirne bene i dettagli e i contorni.

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Una storia per non dimenticare

Il Diario di guerra di Francesco Casale Con questo numero iniziamo la pubblicazione di un diario che il nostro concittadino Francesco Casale scrisse negli anni che vanno dal 1943 al 1945. Si tratta del suo DIARIO DI GUERRA. Nel diario, uscito come appendice al libro “Indimenticabile priore” che il figlio Umberto ha dedicato al teologo Saglietti, Francesco registra con meticolosa cura le tremende vicissitudini personali vissute quale soldato che al termine

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INTERVISTA MURETTO pag. 7

Scuola Perugia

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Comunicato Sindaco pag. 8 LEGA AMBIENTE

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In ricordo di Amalia … Lei e lui Due amiche ricordano Amalia Baravalle

L’amicizia è un bene prezioso che proviene unicamente dal cuore, l’amicizia va coltivata e curata nel tempo affinché proceda nel suo cammino. Con un’amica ci si confida, si chiede un consiglio, un aiuto e si crea un rapporto di fiducia ed onestà. Nell’amica non si cerca la perfezione, ma si accettano virtù e difetti, ci si confronta ed a volte ci si scontra in nome della lealtà e sincerità reciproca, ma ci si vuole bene sempre. Questa è stata la nostra amicizia con te cara Amalia, la nostra amicizia che è cresciuta con noi e ci ha unite per cin-

NUOVE OPPORTUNITÀ ON LINE OFFERTE ALL’AMA A CARMAGNOLA L’associazione Ama, in questo protrarsi di emergenza dovuta al COVID19, ha cercato di dare continuità ad alcuni suoi servizi, ricorrendo alla tecnologia informatica. Il Punto Alzheimer di Carmagnola prosegue le attività della palestra cognitiva mediante videochiamate, mentre sono sospesi gli altri interventi (caffè Alzheimer, gruppo di prevenzione per la memoria, gruppo psicologico di sostegno ai familiari). La sede AMA operativa di Poirino, LocalMente, al fine di prevenire il declino cognitivo delle persone e migliorare il benessere fisico e la percezione di sé, ha trasferito le sue attività su zoom: Quando? Lunedì ore 18: Stimolazione Cognitiva con Letizia Martinelli Martedì ore 10: Esercizi con la Psicologa Dott.ssa Adriana Ricci Mercoledì ore 10: attività fisica, Pilates con Tiziana Costabile Giovedì ore 15: Musicoterapia con Rita Pischedda Come? Con l’utilizzo di PC, Tablet o smartphone Chi desiderasse partecipare agli incontri sopra indicati dovrà inviare un’email a: direttivo@amalzheimer.it: successivamente riceverà in risposta il link che servirà per collegarsi e partecipare alle attività, che si terranno mediante zoom (il programma è scaricabile gratuitamente da internet per fare le videochiamate).

quant’anni. Abbiamo condiviso giornate liete ed uggiose, ci siamo sempre ritrovate vicine nei momenti di gioia e di dolore. Abbiamo percorso insieme un lungo tratto di strada, a volte le nostre strade si sono allontanate un po’ per il diverso decorso della vita, ma poi qualche sentiero ci ha sempre riunite e non ci siamo mai perse. Ora tu hai intrapreso un altro cammino, e starai attraversando grandi praterie nella luce e nella serenità. Ma questo cambiamento non ci dividerà perché di te ci resterà sempre il tuo ricordo. Il ricordo di un’amica schietta sulla quale si poteva contare, che ci ha riempito il cuore con la sua esuberanza, la sua determinazione e la sua spontaneità. I ricordi sono una cosa importante, sono i tasselli della nostra vita ed è per questo che noi ti ricorderemo sempre perché sei stata e sarai sempre parte di noi. Nulla potrà mai cancellare un’amica dal cuore. Grazie Amalia. Racconigi, 29/12/2020 Maria Teresa e Paola La pandemia ci ha certamente trovati tutti impreparati ed è difficile garantire i servizi: le nuove tecnologie possono aiutare, ma non tutti sono in grado di usufruirne, in particolar modo gli anziani, che hanno bisogno dell’aiuto delle loro famiglie, dei loro amici o conoscenti per apprendere l’uso dei supporti informatici e le modalità di collegamento. Mai come in questo periodo è quindi opportuno aiutarli a superare l’imbarazzo nell’accostarsi all’informatizzazione, che rappresenta un valido aiuto contro l’isolamento, anche se con questo non si vogliono certamente sostituire i rapporti sociali. La memoria dei nostri anziani è un bene prezioso, da preservare con ogni mezzo. È uno sguardo nel mondo di ieri che può consegnare nuove parole a quello di domani. Gli anziani sono parte essenziale della nostra comunità, in particolare rappresentano le radici e la memoria di un popolo.

TUTELA GIURIDICA DELLE PERSONE CON DECADIMENTO COGNITIVO: SE NE PARLERÀ ON LINE IL 19 FEBBRAIO A CHIERI L’Associazione AMA di Chieri promuove un incontro on line informativo sulle utilità delle tutele giuridiche (procura, amministrazione di sostegno, tutela) per le persone con decadimento cognitivo il 19 febbraio alle ore 18,00. L’incontro sarà condotto dall’avv. Michele Toninello che illustrerà le varie tipologie giuridiche e sarà a disposizione per rispondere ai quesiti dei partecipanti. Chi fosse interessato dovrà inviare un’email a: direttivo@amalzheimer.it, successivamente riceverà in risposta il link che servirà per collegarsi e partecipare all’incontro, che si terrà mediante zoom (il programma scaricabile gratuitamente da internet per fare le videochiamate).

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di Luciano Fico

Lei viveva sola da molti anni. Lui era sposato, da molti anni, ed aveva due figli adolescenti. Lei continuava a cercare un difficile equilibrio fra il bisogno di sentirsi libera ed il desiderio di un rapporto profondo con un uomo. Lui amava di certo la moglie e la famiglia, ma sentiva di non essere del tutto sé stesso tra le mura di casa. Così nacque il loro incontro, senza sapere che lo volevano da tempo; entrambi sorpresi quella prima sera in cui si ritrovarono a letto, nudi di vestiti ed anche di parole. Era una sera strana, in cui la pioggia cadeva a scrosci, quasi volesse coprire l’impaccio di quei gemiti, che non osavano ancora farsi grida. Non fu una serata memorabile, tant’è che nessuno dei due riuscì più a ricordare i particolari di quella notte. Lui ricordava solo di essere stato congedato molto presto e consegnato a quella pioggia feroce; lei ricordava l’attesa di quell’incontro e la paura che qualcuno entrasse stabilmente nel suo mondo. I mesi si sono poi accodati a formare gli anni e quegli anni sono diventati più di dieci; in tutto quel tempo i due si sono alternati nel tentare chiusure “definitive”, per poi capitolare, con un sorriso, nella successiva ricerca di un incontro. Ci sono amori che non si sa proprio come chiamare, ci sono incontri che non si immagina dove possano portare. Loro scoprirono, nel tempo, che sempre meno erano interessati a darne una definizione; più calava l’interesse classificatorio, più cresceva il tepore del loro rapporto. Ormai la paura di lei ed i sensi di colpa di lui si erano stemperati in una piacevole sensazione di libertà: se lo erano anche detti di

sentirsi fortemente uniti, proprio in quanto liberi da ogni vincolo, da ogni definizione. Persino i limiti dello spazio e del tempo si erano allentati. Rinunciando ad una frequentazione assidua e rischiosa, impararono a godere di una presenza lieve e virtuale nella vita reciproca: a volte era un messaggio, altre una foto, altre ancora una telefonata o una video chiamata, quando il desiderio diventava potente. Impararono, nel tempo, a coniugare la presenza e l’attenzione con la leggerezza che nulla impone alla vita dell’altro: erano diventati, l’una per l’altro, come un vento, a volte gentile a volte irruento, che tutto smuove, ma nulla cambia. Chi è cresciuto leggendo le fiabe non può sottrarsi al bisogno di sapere cosa succederà dopo: saranno vissuti felici e contenti? Oppure una qualche strega cattiva od un orco o una belva avrà posto fine al loro incanto? Lei e lui sembravano vivere in un mondo diverso, dove si sopravvive solo se si impara a non guardare avanti, ma tenendo lo sguardo, sempre stupito, sul momento presente. Come faccio ad esserne sicuro? Provate a leggere anche voi alcuni dei loro messaggi e mi darete ragione! Lei - “Stasera sono molto stanca…e starei lì abbracciata a te… al caldo...” Lui – “Spegnerei la luce e staremmo nudi a guardare il fuoco…” Lei – “E poi mi accarezzeresti i capelli mentre sono appoggiata al tuo petto” Lui – “Adoro quel gesto…” Lei – “Anche io!” Lui – “Poi ti direi piano che ti amo…così piano che tu possa chiederti se l’ho detto oppure no…”.


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IL TOCCA A NOI PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA

L’Associazione Tocca A Noi promuove un monologo inedito contro l’odio e la violenza segue dalla prima

un testo inedito nato dalla volontà di raccontare ed esprimere il male sia fisico che verbale. Sempre più spesso ci troviamo a dover fare i conti con gesti, azioni, frasi e commenti così mirati e ostili da non lasciar spazio ad alcuna incomprensione e che, ogni giorno, contribuiscono allo sviluppo di un odio che piano piano finisce per consumare l’uomo. Così come il male fisico lascia dei lividi, le parole, quando vengono utilizzate in malo modo, sono forti abbastanza da spogliarci totalmente di ogni dignità fino ad arrivare a ferire e uccidere oltrepassando il corpo e danneggiando direttamente il cuore e lo spirito. L’intento di questa iniziativa è quello di far vedere il male invisibile mettendosi nei panni di chi è costantemente oggetto di queste offese e immaginando quali possano essere i reali effetti che le parole piene di odio provocano su un corpo nudo che in questo caso particolare, si fa portavoce della storia del popolo ebraico e al contempo rappresenta l’anima di ognuno di noi. Anna Arendt scrisse “È nella natura delle cose che ogni azione umana che abbia fatto una volta la sua comparsa nella storia del mondo, possa ripetersi anche quando non appartiene a un lontano passato” e proprio da questa riflessione nasce il video del Tocca A Noi. Il testo ci racconta le tappe storiche

più significative che hanno portato gli ebrei all’esclusione sociale e al successivo sterminio, ma lo fa attraverso la voce di una bambina che, costretta ad abbandonare i sogni propri dell’infanzia, si trova a vivere in un mondo crudele e pieno di odio. All’inizio si presenta a noi come una bambina comune, piena di speranze e fantasie, ma alle ultime battute ci rendiamo conto che il suo spirito è cambiato tanto che la bambina stessa, tutto ad un tratto, sembra essersi trasformata in donna matura e consapevole. Il suo, però, non è un racconto lineare perché viene costantemente interrotto da frasi piene di odio e razzismo che si accompagnano a segni netti e decisi che mirano a colpire il suo corpo nudo e indifeso. Attraverso questi interventi esterni, lo spettatore viene invitato a mettersi in discussione perché in un primo tempo queste frasi sembrano dar voce a pensieri legati a quel tempo storico, ma piano piano ci rendiamo conto che forse non è proprio così. Infatti, alcune di queste frasi appartengono sì al “Manifesto della razza”, mentre altre sono state estrapolate da commenti Facebook di pubblico dominio, ma la vera domanda è: siamo sicuri di essere in grado di poter distinguere le une dalle altre? Siamo davvero sicuri che ciò che è capitato una volta non possa manifestarsi di nuovo?

Quest’anno, a prima vista, pareva assai difficile, in piena pandemia, celebrare in modo adeguato la ricorrenza del Giorno della Memoria. In presenza, con il pubblico non si può far nulla, quindi niente spettacoli, niente presentazione di libri, conferenze o concerti in una sala condotti nel modo classico. Non rimaneva che cercare di far qualcosa sui social, perché proprio in questo frangente storico la data del 27 Gennaio, se possibile, è ancora più importante che negli anni precedenti. Basti ricordare i rigurgiti di negazionismo, di suprematismo bianco, di intolleranza, di razzismo, di antisemitismo che continuano a moltiplicarsi, sollecitati non solo dall’ex presidente U.S.A., ma anche da più di un politico italiano alla ricerca di un pugno di voti in più. Parliamo allora, come tante altre volte, con gli amici del Progetto Cantoregi che in fatto di social sono molto più avanti del vecchio presidente dell’A.N.P.I. : stanno partendo con un allestimento da far visualizzare su vari siti. Entusiastici partecipiamo anche come ANPI. Viene così fuori l’iniziativa più eclatante : l’allestimento scenico “Come le rane d’inverno” dedicato alle donne della Shoah, che spero, mentre il giornale va in stampa, molti abbiano già visto sulla pagina Facebook del Progetto Cantoregi o del Comune di Racconigi. Il titolo prende spunto dalla famosa poesia di Primo Levi ed il video riporta lettere che

vanno da Anna Franck a Edith Bruck a Liliana Segre, fino a Lidia Rolfi, alternate ad oggetti quali la stella di David, scarpe, indumenti, valigie, capelli, tutti simboli dell’universo dei Lager. Sempre sui social è apparso anche un bellissimo e toccante video dell’Associazione ToccaNoi . Si tratta di un suggestivo monologo scritto da Chiara Cosentino e interpretato da vari membri dell’Associazione, che ripercorre attraverso la voce di una giovinetta le tappe che hanno portato all’esclusione degli Ebrei dalla vita sociale, alla loro successiva deportazione nei lager e al loro sterminio. Un po’ a sorpresa poi nella tarda mattinata del 27 Gennaio è arrivato anche qualcosa in presenza, simile a ciò che era successo, più in grande, lo scorso anno. Davanti al Municipio, dopo una breve introduzione del Presidente dell’Anpi, Michelangelo Banchio e la sua chitarra ha cantato Auschwitz, la canzone di Guccini sempre avvincente e capace di toccare i cuori. Certo erano presenti in pochi, per non violare le norme anti covid, ma è stato comunque significativo esserci. L’importante, credo, è che il messaggio di condanna di quei terrificanti fatti, non poi così lontani, e del razzismo di oggi sia arrivato, via social o in presenza, al maggior numero di persone possibili. -Pierfranco OccelliPresidente ANPI RACCONIGI

Giorno della Memoria: Re Mohammed V e gli Ebrei Marocchini

Il re che seppe dire di no a leggi moralmente ingiuste e salvò molte vite umane di Angelica Rossetti

Nel Giardino dei Giusti di Yad Vashem, luogo della memoria della Shoah a Gerusalemme, dal 1963 vengono piantati alberi di carrubo per commemorare “uomini giusti tra le nazioni”, che hanno rischiato la loro vita per aiutare degli ebrei e cercare di salvare loro la vita. In tale giardino sono stati commemorati, tra gli altri, il noto Oskar Schindler, i nostri connazionali Giorgio Perlasca, Carlo Angela e Gino Bartali. Tra i giusti che ancora non rientrano nell’elenco di Yad Vashem è doveroso ricordarne uno, non meno meritevole, che a suo tempo fece un nobile gesto di solidarietà ed evitò così una tragica fine a migliaia di persone: Re Mohammed V, nonno dell’attuale Sovrano del Marocco, Mohammed VI. Occorre ricordare, come premessa, che in Marocco la comunità ebrea è molto antica e, già prima della fondazione dello Stato di Israele, vi dimoravano abitualmente più di 300.000 ebrei. Molti di essi arrivarono in Marocco già nel 70 d.C., quando il Regno di Giudea fu distrutto e molti suoi abitanti cercarono rifugio nelle province

dell’Impero Romano . Il Marocco allora faceva parte della provincia romana “Mauretania”. Nel corso dei secoli, la comunità ebbe molte vicissitudini e fu anche perseguitata, durante i regni dei vari sultani che si succedettero e la dominazione di tribù e dinastie arabe provenienti dal Medio Oriente. Tuttavia riuscì nel tempo ad integrarsi nella società marocchina, contribuendo al suo sviluppo e occupando anche posizioni di rilievo nelle istituzioni dello stato. La tradizione di tolleranza ha sempre caratterizzato la monarchia della dinastia alaouita in Marocco, Paese in cui convivono ancora oggi musulmani, cristiani ed ebrei, senza particolari attriti. Mohammed V tenne sempre a preservare l’unità almeno morale e civile del Marocco. Ancora oggi in Marocco vi è una politica religiosa aperta e tollerante, dove le fedi abramitiche vivono assieme e collaborano per il progresso del Paese. La comunità ebraica marocchina si è ridotta progressivamente a partire dalla nascita dello Stato di Israele e, a seguito delle numerose emigrazioni, attualmente conta circa 8.000 persone.

Negli anni ’40, la Francia occupava parzialmente il territorio del Marocco, dove aveva tentato di introdurre le stesse leggi anti-ebraiche che erano state approvate in Algeria. L’allora Presidente Vichy, su ordine di Adolf Hitler, chiese al re Mohammed V di consegnare una lista con i nomi di tutti i sudditi marocchini di fede ebraica. Il re si oppose a tale richiesta, impedendo così un’inevitabile deportazione degli stessi nei lager nazisti. Egli rispose che “non esistevano in Marocco sudditi ebrei, ma solo sudditi marocchini”. Impedì quindi ai nazisti di applicare nel suo Paese le leggi anti-ebraiche e compì altri due gesti simbolici per riaffermare con un gesto di sfida e coraggio l’eguaglianza della comunità ebraica marocchina all’interno della Nazione. Infatti, alla successiva richiesta di imporre agli ebrei di indossare la stella gialla, il re rispose che avrebbero dovuto ordinarne dieci in più, per i membri della famiglia reale e, in occasione della sua ascesa al trono nel 1941, invitò una rappresentanza della comunità ebraica marocchina ai festeggiamenti.

L’opposizione alle leggi antiebraiche in Marocco, grazie alla determinazione del sovrano, coinvolse tutta la popolazione. Molti avvocati e professionisti marocchini di fede ebraica furono protetti dai loro colleghi marocchini di fede musulmana. «Noi ebrei marocchini siamo stati salvati da re Mohammed V. È grazie a lui se in Marocco la Shoah non c'è stata», dichiarò in un’intervista il rabbino Yousef Haddad, esponente di spicco della comunità ebraica marocchina. Da anni André Azoulay, Consigliere ebreo del Re Mohammed VI (e già Consigliere del padre Hassan II), si batte affinché anche a Re Mohammed V venga dedicato un albero nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme. Fonti: agenzie internazionali d’informazione e interviste sul web (Prof. Marco Baratto, esperto di storia del Marocco e cultore della materia presso l'università Statale di Milano - articoli Aki-Adnkronos International; Notizie Geopolitiche; Gariwo Network, La foresta dei Giusti).


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Una storia per non dimenticare IL DIARIO DI GUERRA DI FRANCESCO CASALE segue dalla prima

della seconda guerra mondiale vive l'8 settembre ’43, trovandosi a dover passare da alleato a prigioniero dei tedeschi, senza poter davvero conoscere e capire gli eventi, fino a narrare del ritorno a casa avvenuto il 15 agosto 1945.

Una testimonianza davvero importante in grado di far luce sugli avvenimenti di quel periodo storico. Ringraziamo don Umberto Casale per averci consentito questa pubblicazione. (g. p.)

Indimenticabili davvero Mentre scrivevo il libro sul teologo Francesco Saglietti (Indimenticabile priore, Effatà 2020), avendo sempre nel cuore il desiderio di trovare il modo di pubblicare il diario di prigionia di mio padre Francesco, ho pensato di associare i due testi in un’unica pubblicazione. Per un duplice ordine di motivi: il carattere affettivo che accomuna le due persone che, pur morendo entrambi prematuramente nel 1964, hanno avuto su di me una benefica e duratura influenza; in secondo luogo le vicende e le questioni affrontate nella biografia del priore – soprattutto quelle legate al secondo conflitto mondiale – sono le questioni e le vicende che mio padre ha vissuto e sofferto da soldato e da prigioniero. Quel diario, scritto su un quadernetto con un lapis a caratteri finissimi, è stato redatto in un contesto disastroso: fatti prigionieri in Grecia nel settembre del ‘43 da nazisti ormai in ritirata, ammassati in tende, con lavori forzati e in continui spostamenti, negli ultimi tempi sotto attacco delle truppe slave. È davvero un cimelio storico, testimone certo delle nefandezze della guerra, ma anche di uno spirito indomito che ha saputo resistere fino alla liberazione con un’encomiabile fede (è tornato a casa nell’agosto 1945). Anche questo accomuna i miei “due padri”, legati da profonda amicizia (insieme agli inseparabili Nino Pirlato [vedi foto 1] e Simone Bertola). Lo confesso senza falsa modestia: sebbene abbiano contribuito a forgiare in me uno spirito riflessivo (trasmettendomi anche l’arte dello scrivere), non riuscirò mai a raggiungere l’altezza (fisica e morale) di queste due personalità. E tuttavia non vivo come chi non ha speranza – «la sorella minore che in realtà guida le maggiori: la fede e l’amore» (Ch. Peguy).” Umberto Casale

FRANCESCO CASALE LA VITA

Francesco Casale nasce a Racconigi il 5 ottobre 1913 da Michele e da Elisabetta Ajassa, e viene battezzato il 12 dello stesso mese nella parrocchia di S. Maria. Secondogenito di una numerosa famiglia (Vittoria, la primogenita, Caterina, Giuseppe, Antonietta, Giovanna), dopo la scuola primaria inizia a lavorare presso piccoli artigiani (imbianchino, decoratore), coltivando fin da giovane l’hobby della pittura (e l’amicizia con alcuni pittori, in primis Nino Pirlato). Chiamato alle armi nel corso della Seconda guerra mondiale (nel 59° Artiglieria Alpina, vedi foto 5), è mandato sul fronte orientale (Grecia, Albania). Dal 9 settembre 1943 il suo battaglione è catturato dai tedeschi a Tripolis (Grecia): questi propongono ai soldati italiani di andare a combattere come volontari con loro, ma, avendo tutti rifiutato, vengono fatti prigionieri, costretti ai lavori forzati e a continui spostamenti (…). Dopo i numerosi e pericolosi spostamenti a cui erano costretti (passando attraverso Grecia, Bulgaria, Macedonia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Croazia), il 9 maggio 1945 furono lasciati dai tedeschi ormai in

Tripolis 8 settembre 1943 Siamo arrivati qui alle 19, i conducenti hanno scaricato i muli e sono andati in caserma mentre noi, una ventina, ci siamo fermati qui alla stazione con il materiale. Alle 20 abbiamo avuto la notizia che l’1talia aveva firmato l’armistizio. Questa notizia in un primo momento ci ha rallegrati, ora ci preoccupa per il fatto che qui abbiamo un’infinità di tedeschi e non sappiamo ancora come si risolverà la questione. Tripolis 9 settembre 1943 Stamani un nostro ufficiale ci ha confermato che l’armistizio era firmato, però si era in attesa di ordini da Atene, ma questi non vennero. Verso le ore 8 i tedeschi con carri armati e lancia fiamme circondarono la caserma e i comandi di divisione e reggimento poi dettarono le disposizioni al nostro generale: o combattere ancora al loro fianco, o entro la giornata consegnare tutto l’armamento pesante. Per la città tutti i negozi sono stati chiusi e nessun civile puo circolare, e noi abbiamo iniziato a versare tutto il materiale ai tedeschi.

Foto 1. Ritratto di Casale dipinto da Nino Pirlato. ’Cesco’ 1935

ritirata, ma vennero fatti prigionieri dai partigiani comunisti di Tito e, un mese dopo, furono consegnati all’esercito inglese. Da qui inizia, ormai libero, il ritorno a casa (…) Riprende il lavoro, mettendo in piedi una piccola azienda di artigiano (decoratore, tappezziere) e, pochi anni dopo, nel 1050, convola a nozze (…). Un anno dopo, il 26 marzo 1951, nasce il primo figlio, cui darà il nome Umberto Michele. Il 22 giugno 1952 nasce Elisabetta e l’8 marzo 1956 nasce Maria Carla. (…) Sul finire del 1963 i primi sintomi del male avvertono il buon Cesco di una fine non lontana. Durante il corteo di un funerale confida, con le lacrime più che con le parole, a un cugino la triste prospettiva. Muore, dopo alcuni mesi di sofferenza, il 13 luglio 1964 (a pochi mesi di distanza, ma nello stesso anno della motte del priore Saglietti). (…) «Io considero la sua morte - facendo mie le parole di Kierkegaard - come l’ultimo sacrificio che nel suo amore egli ha fatto per me; perché con la morte non mi ha lasciato... Da tutto quel che ho ereditato da lui, il suo ricordo, la sua immagine trasfigurata, non dalle finzioni della fantasia ma dai molti tratti che ora comincio a rilevare, è per me ciò che ho di più prezioso e che terrò nascosto più di qualsiasi altra cosa al mondo»

DIARIO DI GUERRA LA PRIGIONIA, IL RITORNO (1945-1945)) Messene 7 settembre 1943 Sono partito stamattina da Tripolis per Kandremin a portare la posta, ma giunto a Messene ho trovato metà della mia batteria in movimento per recarsi a Sparta, quindi con loro ho iniziato il viaggio di ritorno.

Tripolis 10 settembre 1943 Ieri si sono fatti consegnare i pezzi e il materiale, oggi hanno preso possesso di tutti i magazzini di sussistenza, e già diminuita la razione. Tripolis 11 settembre 1943 Oggi si sono fatti consegnare anche il moschetto che ieri ci avevano lasciato, quindi ora siamo completamente disarmati in attesa della decisione di questi bruti.


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Tripolis 12 settembre 1943 Oggi le cose hanno preso una piega alquanto preoccupante: visto che ogni giorno i tedeschi ci prendono quel poco che resta, cerchiamo di vendere ai greci tutto quanto ci è possibile portare fuori dalla caserma, vestiario e altri oggetti vari. Alle 18 i tedeschi bloccarono tutte le porte d’uscita dando ordine di consegnare immediatamente la baionetta che ancora avevamo, con la minaccia di fucilare tutti quelli che avessero trovato con un’arma o una sola cartuccia. Ormai non ci resta più niente da fare, siamo disarmati e prigionieri, nella nostra sussistenza avevamo viveri per sei mesi, ora hanno preso tutto loro e a noi, da due giorni, non danno da mangiare che un po’ di verdura secca e diminuito la razione di pane a meta, per fortuna non hanno messo in atto nessuna minaccia contro di noi, ma tutti i greci che tentano di avvicinarsi alla caserma li allontanano con raffiche di mitraglia, in modo che bisogna fare bene attenzione se ci e cara la vita. Tripolis 13 settembre 1943 Oggi i tedeschi ci hanno fatto la rivista al bottino per assicurarsi che nessuno avesse più armi, non trovando di meglio hanno sequestrato suole di scarpe e altri oggetti diversi che qualcuno aveva in più, benché questa rivista abbia molto irritato, la giornata e passata calma. Tripolis 14 settembre 1943 Stamattina il nostro generale è venuto a spiegarci a voce quale è la nostra situazione, raccomandandoci di stare calmi per non complicare le cose e irritare i tedeschi, assicurandoci che, anche se avevano già mancato a molte parole date, non avevano ancora negato di portarci in Italia, e quando saremo là vedremo chi sono i nostri nemici e combatteremo al canto «va fuori d’Italia, va fuori stranier», a queste ultime parole i tedeschi lo fecero salire su una macchina e lo fecero sparire. Tripolis 15 settembre 1943 Stamattina è partito il primo scaglione di 800 uo-

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mini e questo ci ha alzato molto il morale. Stasera i tedeschi sono venuti in caserma con un altoparlante e hanno cominciato a fare propaganda: il duce è fuggito e sta riorganizzando nuovamente il P.N.F., quindi, se vogliamo rientrare in Italia con l’onore delle armi, dobbiamo andare a combattere volontari con loro. A questa proposta abbiamo risposto con un fischio che ha coperto la voce del propagandista, ed è stato costretto a smettere e andare via. Tripolis 16 settembre 1943 Oggi non c’è stato nessun avvenimento importante, solo la lotta di ogni giorno per avere un po’ di acqua da bere e lavarsi che è molto scarsa, ogni giorno arrivano reparti che si trovavano dislocati nella zona fuori Tripolis, quindi il formicaio di uomini si fa sempre pin grande. Stamattina sono partiti altri 800 uomini, ma la massa e tanto grande che non ci accorgiamo del vuoto lasciato, ma pazienza, speriamo che ogni giorno ci sia una tradotta che parte, vuol dire che arriverà anche il nostro turno. Tripolis 18 settembre 1943 Nessuna novità eccetto la radio di propaganda tedesca che vuole farci credere che il duce e stato liberato, quindi ci invitano a passare nelle loro file e continuare a combattere per il fascismo, ma ormai la loro propaganda è inutile perché nessuno di noi vuole più saperne dei tedeschi e tanto meno del fascismo. Tripolis 22 settembre 1943 Sino ad oggi la nostra situazione non è cambiata, ogni giorno le tradotte continuano a partire, però non sappiamo quale sia la vera destinazione. In questi giorni i tedeschi si sono fatti più rari e quelli che restano si sbrigano a far sparire tutto il materiale che ci hanno preso. 1 nostri autisti, che non vogliono pin lavorare per i tedeschi, smontano le macchine inutilizzate e vendono le ruote ai greci e spaccano i motori. Questo stato di cose non puo pin durare a lungo, quindi speriamo di vedere presto la fine.

Tripolis 24 settembre 1943 In caserma siamo rimasti in pochi, quindi ci hanno dato l’ordine di tenerci pronti che la prima partenza sarà la nostra, siamo in attesa da stamattina, ma l’ordine di andare alla stazione non arriva mai, ad ogni modo ora è mezzogiorno e prima di stasera speriamo di partire. Questi ultimi 15 giorni passati a Tripolis, nonostante la nostra situazione, non sono stati brutti perché non abbiamo sofferto la fame, anzi abbiamo mangiato a sazietà perché in questi giorni il maurò gurà [il mercato nero, ndr] ha funzionato a tutta carica, la roba costa molto cara, ma non si trova difficoltà perché tutti abbiamo le tasche piene di dracme. Ora siamo pronti per la partenza e ognuno ha lo zaino ben fornito, certo che prima di uscire dalla caserma dobbiamo ancora subire la rivista dei tedeschi, speriamo che non ci portino via rutto. Dopo 6 ore di attesa i tedeschi sono venuti a farci la rivista agli zaini, per fortuna sono stati discreti, però dopo tanta febbrile attesa ci rimandano in camerata perché non si parte fino a domani. (continua nel prossimo numero)

MAI PIU' FASCISMO E NAZISMO Proposta di legge popolare contro la propaganda fascista e nazista OGGETTO: COMUNICATO ( progetto di legge popolare ai sensi dell’art.71, secondo comma, della Costituzione e della legge 25/5/1970, n.352) La sezione ANPI di Racconigi invita gli antifascisti e tutti i cittadini a recarsi nel proprio comune di residenza per firmare LA PROPOSTA DI LEGGE POPOLARE CONTRO LA PROPAGANDA FASCISTA E NAZISTA. Ritiene fondamentale in questo momento storico mettere un freno forte alle derive revisioniste ed ai facili proclami che ci riportano all’atmosfera “terribile” che l’Italia ha già purtroppo vissuto. L’Anpi ritiene necessario che ogni cittadino consapevole del bene della democrazia e della pace si faccia parte attiva per difendere i valori fondanti della nostra Repubblica. Pertanto vogliamo far conoscere a tutti la

possibilità di contribuire ad arginare questa deriva andando a firmare la Proposta di Legge Popolare in oggetto. Ci sembra importante ricordare che la proposta di Legge nasce da Stazzema città martire e simbolo della barbarie nazi-fascista con l’eccidio drammatico di S. Anna dove 560 persone, uomini , donne, bambini (130), vecchi furono trucidati. Per poter sottoscrivere la proposta, i residenti presso il Comune di Racconigi, possono recarsi ( muniti di carta d’identità) presso l’ufficio elettorale del comune il mercoledì e giovedì dalle 9 alle 12 previo appuntamento telefonico. Il numero da contattare è: 0172/ 821611 La raccolta firme terminerà il 31 marzo 2021

Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito: www.anagrafeantifascista.it Si ringrazia per la collaborazione La sezione ANPI di Racconigi


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saranno 50 mila gli alberi tagliati. Ogni giorno ne vengono abbattuti 15 milioni. Eppure da quelle foreste dipende la sopravvivenza dell’uomo. Distruggere le foreste è dunque un atto di autolesionismo di grande stupidità. Mi domando: riusciremo ad imparare dalla disgrazia attuale e sapremo invertire la rotta almeno su questo terreno? È adesso che occorre iniziare ad agire! Il secondo (sul piano personale): a cura di Guido Piovano

OGNI COSA HA IL SUO MOMENTO Manifesti funebri (v. figura) e messa d’addio per il 2020 “finalmente morto dopo 366 giorni di ansia”: è successo nella vicina Moretta dove il parroco, don Gianluigi Marzo, ha

celebrato giovedì 31 dicembre, una messa nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, per dire addio al 2020. Un vero e proprio funerale che, per quanto celebrato secondo tutti i canoni di una funzione religiosa, è sembrato essere un rito scaramantico di scarso profilo evangelico. Il parroco non ha certo riflettuto sul verso che troviamo in Qoelet 3, 1-11: “C’è un tempo per piangere e un tempo per gioire” e sul fatto che entrambi questi tempi sono da vivere in piena consapevolezza, perché entrambi potenzialmente ricchi di significato, se solo si matura l’idea che dopo il tempo della gioia sarà

ancora tristezza, così come dopo il tempo del pianto tornerà la gioia. E allora riflettiamo su come stiamo vivendo questo tempo di Covid; pensiamo a tutte le polemiche, a tutta l’impazienza, la rabbia, la disperazione dalle quali ci siamo lasciati vincere in questi difficili giorni. Se anziché pensare a seppellire il famigerato 2020, riuscissimo davvero a vivere nell’attesa di un tempo migliore, lavorando concretamente alla sua costruzione, certi che prima o poi esso dovrà arrivare, sapremmo cogliere anche i segnali propri di questo periodo. Propongo un paio di esempi. Il primo (sul piano socio-politico): è ormai assodato che un ambiente naturale sempre più mutilato e in primis la scomparsa delle foreste primarie, quelle sopravvissute fino a noi, determinando la riduzione della distanza tra gli animali selvatici e l’uomo, è alla base della diffusione di virus zoonotici quali appunto il SarsCov2, causa del Covid-19. Fin qui avete impiegato circa 50 secondi a leggere questa mia rubrica: in questo breve spazio di tempo nelle foreste primarie, sono stati abbattuti circa diecimila alberi e quando avrete finito di leggere la rubrica,

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abbiamo tutti sperimentato l’importanza delle relazioni affettive di cui sentiamo la mancanza, degli incontri, dei gesti di affettuosità, degli abbracci; riusciremo, a Covid sconfitto, ad apprezzare tutto questo più di quanto non siamo riusciti a fare in passato? Non solo, riusciremo ad esprimere la nostra vicinanza a coloro che vivono abitualmente una vita di solitudine, senza il pur minimo affetto?

PREGHIERA DEI CRISTIANI E DEI MUSULMANI Signore del creato, tu che ascolti l’invocazione, noi abbiamo la certezza che tu non abbandoni l’umanità nei suoi errori e peccati, ma, con misericordia e bontà, continuamente la chiami e la ispiri a fare il bene. Aiutaci, unico vero Dio, Creatore degli uomini e delle donne, che ci vieni incontro per diverse vie tutte convergenti a te, aiutaci ad essere fedeli alla tua parola e al tuo insegnamento, alla tua luce che illumina ogni uomo. Ci riconosciamo tue creature, uguali nei diritti umani, nella dignità che tu hai dato a tutti e tutte, e vogliamo insieme lavorare, come fratelli e sorelle in umanità, per la pace e la salvezza delle tue creature. da Tempi di Fraternità Penso a un momento comune di preghiera con i tanti musulmani di Racconigi. È pura fantasia o ci possiamo lavorare?

DAL SINODO DELLA CHIESA TEDESCA Il Sinodo della Chiesa Cattolica tedesca non cede alle pressioni del Vaticano e mantiene le sue proposte: benedizione delle coppie omosessuali e apertura alle donne prete. In questo caso papa Francesco resiste al rinnovamento e si schiera contro una chiesa che dal basso sceglie la via profetica della disobbe-

dienza, avendo dalla sua il sostegno di teologhe, teologi e vescovi che guardano “oltre” con coraggio. Ha detto il cardinale Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca “Andiamo avanti, non ci fermeremo”. A volte l’obbedienza non è una virtù, come ci ha insegnato don Milani.

SIAMO TUTTI ZANZARINO a cura della Zanzaredazione

Avrete certamente notato una assenza inspiegabile nell'ultimo numero di Insonnia. Se non l’avete notata ce ne faremo una ragione. Non c'era Zanzarino. Purtroppo al momento dell’uscita del giornale non avevamo nessuna notizia del nostro collaboratore, misteriosa-

mente scomparso. Ogni ricerca era risultata vana. Nelle settimane successive avevamo avuto notizie molto allarmanti che lo stesso Rino Zanza ci aveva fatto pervenire in modo fortunoso che non possiamo rivelare, scritte con una grafia molto incerta e sgrammaticata, tanto da essere difficilmente comprensibile, di cui vi diamo conto. “Aito! Sonno nele mani di forse oscure che mi ano seqquestato. (segue frase illeggibile). Non so dove sonnno in cuesto momento, ma sono sstato spostatto piu volte durante la pigioneria. Poso solo vedere da una piccola finstra un pezo di collina con una grossa costrusione che mi smia uma prigionione.

Quei (espressione leggibile ma irripetibile) mincciano di tenerm0i qui per sem0e se non chudiamo il giornale. Non o capito chi sono e perche ce lanno con noi. Per fare vedere che non scerzano mi hanno datto una cosa che m fa scrivere alla (omissis). No vi fatte ricatare… Resistite…” Qui il messaggio finiva con alcune farneticazioni smozzicate che sembravano dire “zanzarini di tutto il mondo unitevi… questa estate pungiamoli a sangue…. facciamogli un (omissis) cosi”. Non abbiamo ceduto. Ne abbiamo parlato, abbiamo pensato di mettere in moto iniziative popolari per liberare Zanzarino, anche se siamo un po' vecchiotti e acciaccati e la sera andia-

mo a dormire presto e nelle manifestazioni rischiamo di raffreddarci. E poi c'è il covid. Ma d'altra parte molti lettori ci hanno pregato di non cedere al ricatto per farci chiudere il giornale (sul destino di zanzarino non si sono espressi). Poi il colpo di scena. Zanza, approfittando di un momento di distrazione dei suoi carcerieri, è scappato ed è arrivato a casa, piuttosto acciaccato per la verità, ma tutto intero. Ora è nascosto in una località segreta per evitare ritorsioni e permettergli la ripresa. Per questo il pezzo viene firmato da tutta la zanza redazione. Zanzarino è libero… Insonnia continua.


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Abbiamo incontrato Debora e Simone di “Al Muretto”

“Non si deve aver paura di inseguire i propri sogni!” a cura di Anna Simonetti

Mentre il covid 19 imperversa in tutto il mondo, distruggendo attività imprenditoriali di varia natura e lasciando senza risorse uomini e donne di tutti i ceti, mi è parso interessante sondare i motivi e l’umore di chi, a Racconigi, in questi mesi di lockdown ha aperto attività commerciali. Ecco quindi che con grande curiosità, sono andata Al Muretto, caffetteria, gastronomia, dolceria di Burzio Debora e Sanfilippo Simone. Una giovane coppia che ha iniziato a lavorare in pieno lockdown. Audacia o incoscienza? Ma sentiamo cosa dicono.

Vuoi presentarti? Sono Debora, titolare di “Al Muretto”, facciamo caffetteria gastronomia e dolceria, partiamo dalla colazione con diversi tipi di croissants, facciamo a giro ogni giorno torte diverse; facciamo gastronomia, mentre i salatini vengono da fuori, focaccia e vitello tonnato e tutto quello che vedi nel frigo lo prepariamo noi. Facciamo torte di semifreddo da cui ricaviamo porzioni uniche che consentono di assaggiarne più di un gusto. Ora abbiamo iniziato a fare i pasticcini e ne faremo sempre di più pur conservando il salato, sempre molto richiesto dalla clientela. Avete anche piatti da asporto? Sì certo e quando sarà consentito anche pranzi. Niente cene? No, per cena potranno prendere piatti da asporto e non servizio al tavolo; facciamo orario continuato, mezza giornata la domenica e chiusura il lunedì. Da quando siete aperti? Dal 2 di dicembre, sta andando bene, fortunatamente si lavora nonostante il periodo di lockdown, certo si spera che tornando al normale si lavori di più. …avete ricevuto qualche ristoro? Devono arrivarci. Come sei arrivata a questa attività? Dopo aver conseguito il diploma di arti bianche ad Alba, ho lavorato per 5 anni a Carmagnola come dipendente in un bar pasticceria. All’inizio aiutavo a fare i dolci ma in seguito mi hanno spostato al banco dove mi sono trovata bene; anche qui preferisco stare al banco piuttosto che cucinare. Certo, occorre che qualcuno lo faccia e a questo provvede Simone, il mio compagno, che ama cucinare. Siete una società? Sì, siamo in tre con mia sorella, gemella, che provvede alle vetrine dei semifreddi e aiuta in

cucina; in caso di bisogno, viene una mia cugina. Invece Simone? Simone ha fatto l’alberghiero a Bra, ma dopo aver fatto un corso di pasticceria che gli è piaciuto molto, ha deciso di ampliare il settore “dolcineria”. Cosa vi ha spinto ad aprire malgrado tutto? Ci siamo detti: a noi piace questo lavoro, sappiamo farlo, perché non farlo per noi stessi? Mi trovavo bene a lavorare come dipendente, ma lavorare in proprio è un’altra cosa anche se lavoriamo molto di più. In tre, i turni sono pesanti. Cosa avete da offrire di particolare? Abbiamo molte varietà nei croissants, nelle torte che offriamo in monoporzioni, usiamo monoporzioni anche per la gastronomia: lasagne, crespelle, parmigiana… e possiamo tenere conto di intolleranze e allergie. Per i nostri piatti ci riforniamo da produttori del territorio, giovani che come noi sono all’inizio della loro attività. Simone, vi ammiro: avete osato aprire in periodo lockdown…? Sì, ci hanno detto che siamo due folli.

mo su febbraio, carnevale, Pasqua. Abbiamo clienti fedelissimi, di tutti i giorni con qualsiasi tempo… Ridurremo la gastronomia che useremo per i pranzi di lavoro e per gli aperitivi serali dalle 18 in poi. Certo ci mancano eventi come cresime, comunioni… Non capisco perché non possiamo lavorare anche se abbiamo fatto tutte le modifiche richieste e necessarie per evitare i contagi… Quale l’alternativa, secondo te? Sicuramente non ci sono stati controlli che andavano fatti, forse si dovrebbe chiudere tutto e tutti per uno o due mesi, con le chiusure parziali ci sono settori penalizzati e settori non penalizzati… Devo stare chiuso, ma posso andare a trovare i miei nonni che sono a rischio in quanto, essendo io a contatto con tanta gente e malgrado ogni accortezza, potrei portare loro il virus… Posso andare dal tabacchino, al market dove non ci sono controlli, ma non posso far sedere alcuno al tavolino anche rispettando le distanze, far entrare 20 persone in un locale…. Insomma è una situazione difficile. Comunque noi stiamo lavorando, ogni mattina ci alziamo e sappiamo di doverci reinventare, lavoriamo tanto anche 16/17 ore al giorno, ma va bene così. Tornando al vostro progetto di aumentare la pasticceria, a Racconigi ci sono ottimi pasticceri, pensate di riuscire ad inserirvi nel mercato? È vero, sono grandi pasticceri, ma io dico che se si lavora bene c’è spazio per tutti, e poi non si deve aver paura di inseguire i propri sogni! Sono d’accordo con voi, Auguri e buon lavoro!

Avrete senz’altro fatto debiti… Sì, un mutuo anche se i locali sono di sua nonna. …e riuscite a tirare fuori uno stipendio per voi? Sì, ci sono molte difficoltà ma non ci lamentiamo, certo lavoriamo tanto per avere meno spese. Inoltre, essendo una nuova apertura, c’è stata la curiosità del nuovo da parte degli avventori, la voglia di uscire anche solo per un caffè, per cui abbiamo lavorato bene sia con la pasticceria che con la gastronomia. Senza dipendenti lavoriamo tanto, ma non abbiamo spese. Le difficoltà ci sono, non c’è paragone con l’afflusso cui eravamo abituati come dipendenti, ma adesso, dopo un gennaio tiepido, contia-

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA

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Racconigi, 21 gennaio 2021

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CONFERENZA STAMPA AVVIO DELLA CONCESSIONE DEI PARCHEGGI A PAGAMENTO La realizzazione dei parcheggi blu nasce dall’esigenza di rendere la Città più sostenibile, più vivibile, dalla necessità di ridurre le percorrenze nell’ambito urbano e di ridurre, quindi, le emissioni che tanto danneggiano l’ambiente e consumano le risorse insostituibili del pianeta Terra, che, ci piace ricordare, non ci sia stato consegnato dai nostri avi ma ci è stato dato in prestito dalle future generazioni. Proporre uno stile di vita più sostenibile, disincentivare l’uso dell’auto e rendere accessibili, soprattutto a chi ha limitata mobilità, i luoghi degli acquisti piuttosto che gli ambulatori medici e i servizi in genere è una scommessa a cui tutti dobbiamo partecipare. L’utilizzo del parcheggio a pagamento è una scelta, confermata dal fatto che, nel raggio di poche centinaia di metri, a Racconigi, esistono circa 1100 parcheggi liberi e che quelli su cui ricade il servizio a pagamento sono solamente 260. Inoltre, troveranno, posto in Città parcheggi per le biciclette, per i motocicli, i parcheggi rosa e, in futuro, tutte le esigenze atte a migliorare la qualità della Città stessa, che abbiamo già visto trasformarsi con un primo embrione rappresentato da quelle che sono le zone 30, in cui l’automobilista è invitato ad utilizzare prudenza, nella certezza di poter incontrare sul suo passaggio pedoni o ciclisti. Abbiamo già installato una colonnina per le ricariche delle auto elettriche, anche queste saranno esentate dal pagamento dei blu, così come saranno esentate le auto dei disabili, quelle dei medici e i veicoli per il trasporto merci durante l’operazio-

ne di carico e scarico. Ridurre la presenza dei veicoli lo possiamo paragonare ad altre operazioni fatte in Città in passato, come l’eliminazione dei parcheggi in Piazza Carlo Alberto e la realizzazione dell’area pedonale, operazioni che hanno portato con sè posizioni e visioni differenti, ma che ora possiamo ritenere funzionali ed opportune, come poche altre azioni messe a punto in Città. Inoltre, prendendo anche ispirazione dalle Città provinciali che sono più prossime a noi, come Savigliano, Saluzzo e Bra, abbiamo adottato misure di pagamento più contenute, con un costo orario di 0,70 centesimi ed un minimo di spesa di 0,30 centesimi. L’avere poi a disposizione, oltre le classiche colonnine, i mezzi di pagamento elettronici attraverso l’utilizzo dello smartphone consentirà una spesa puntuale rispetto all’uso. Altro elemento fondante di questa rinnovata ricerca di sostenibilità in Città è la presenza degli ausiliari del traffico, che opereranno sia sulle aree blu che su quelle bianche immediatamente prossime alle stesse. Lo scopo sarà quello di mettere fine agli episodi di parcheggio selvaggio. Infine verrà riservata ai residenti nelle aree del Centro su cui grava il servizio a pagamento la possibilità dell’acquisto di un abbonamento. Vi chiederemo un po’ di pazienza, un po’ di tolleranza, la disponibilità a lasciare qualche volta l’auto a casa, la voglia di essere protagonisti di uno stile di vita che è già attivo in molte città e molti paesi europei e che, in qualche modo, la pandemia ci ha consegnato. Insieme saremo promotori e prota-

Foto Andrea Bellino

Ecco come di presentavano i parcheggi blu il primo giorno di attivazione: un boicottaggio degli automobilisti???

gonisti di un cambiamento che in molti luoghi è già avvenuto e che è diventato improcrastinabile per la salvaguardia del bene di tutti noi e, come già detto, delle future generazioni. Non siamo differenti dal resto del mondo, dobbiamo credere che ciò che è già avvenuto in altri luoghi possa avvenire anche da noi. IL SINDACO Valerio Oderda

Foto Francesca Pirlato

Piazza Carlo Alberto 1 T: 0172 821628 · 0172 821637 delibere@ comune.racconigi.cn.it 12035 RACCONIGI F: 0172 85875 usc@comune.racconigi.cn.it (CN) P.Iva: 00473170041 comune. racconigi@cert.ruparpiemonte.it IBAN: IT08L0848746690000100800001 www.comune.racconigi.cn.it


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LETTERE ALLA SCUOLA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS Pubblichiamo un estratto dei testi che ci ha inviato la professoressa Antonella Guerrini dell’IIS G. Bruno di PERUGIA Le stagioni della scuola sono brevi, come breve è l'adolescenza ed è triste pensare che i ragazzi sanno di averne perso un pezzo. Per loro non è il 2020, anno solare, ma sono quasi due gli anni di scuola che non recupereranno. Lo sanno e ne soffrono. Ed io con loro. D'Avenia nell'Appello quando al Prof. Omero una ragazza chiede "Perché esiste il dolore?", lui risponde così: "Per raccontarlo. Il dolore ha la capacità di spogliarci di tutte le domande inutili e condurci all'essenziale, attira le componenti invisibili della vita come quello che in chimica si chiama catalizzatore. Dal dolore pretendiamo di ricavare sempre una formula, proprio come se fosse uno stato descrivibile. Ma il dolore è un processo e se ne può raccontare solo la storia, è una storia che si deve ancora fare." Antonella

professori a spiegarglielo… Giacomo, 15 anni Sarebbe bello svegliarsi e scoprire che era tutto un brutto sogno. Alzarsi alle 6, prendere l'autobus con così tante persone da stare tutti schiacciati e mentre vai ripensi alla verifica di matematica della prima ora perché a te quelle equazioni di secondo grado proprio non entrano in testa, perché non ci mancano solo le cose belle, non ci mancano solo le ricreazioni, le battute con le bidelle, gli incontri in bagno, ci mancano anche le piccole "difficoltà" di tutti i giorni. Ci manca la normalità. Margherita, 15 anni

nuate a ripetermi che andare a scuola è un privilegio, sembra che mi devo sentire in colpa per tutti i ragazzi che non possono andarci. Mi sento più vivo ascoltandoti dietro uno schermo, sperando che non mi parli, lasciandomi ai miei pensieri, aspettando che tutto questo finisca. Filippo, 15 anni Non ho mai pensato a quanto contasse ogni singolo abbraccio, ogni piccola parola, una risata; svegliarmi presto la mattina, prendere l’autobus e venire da te. Paolo, 15 anni

timbrare il badge e tornare a provare tutte quelle emozioni che solo tu mi puoi offrire. Giulio, 15 anni La scuola come comunità viene sostituita da una piattaforma tramite cellulari e computer, ma non si può fare scuola senza scuola, si fa istruzione ma non educazione, e si fa comunicazione ma non comunità. A me manchi tu scuola come comunità. Gabriele, 16 anni Ricordati che sei unica! Questa “nuova scuola” è solo una copia di te venuta male perché gli manca la cosa più importante, le emozioni. È come

Ho scoperto che non sei solo corridoi e lavagne, lezioni e interrogazioni ma anche luogo di incontro, e a volte di scontro tra vite, menti, cuori e caratteri… ti hanno rimpiazzata con degli schermi e una piattaforma chiamata Classroom. Non sentirti insultata perché è solo una copia uscita male di te. Bouchra, 16 anni E poi ci sono i compagni. Loro sono le persone con cui condividi le risate, i sorrisi, i pianti, le cotte, gli amori, la felicità, la tristezza, l’ansia, le insicurezze, i ricordi. Ricordi di serenità, spensieratezza, calma, caos, le ore di buco e le piccole avventure, le sostituzioni e le gite, gli scherzi e le battutine. Tutto questo mi manca, e mi manca da morire. Asia, 15 anni Mentre gli anni passati, in questo periodo dell’anno, non vedevo l’ora che arrivasse l’estate per separarmi da te, adesso mi trovo ad aspettare con ansia che arrivi settembre per poterti rivedere. Spero che almeno tu resterai sempre la stessa, pronta ad accoglierci e a farci dimenticare, per quanto possibile, questo orribile anno. Lorenzo, 15 anni La cosa più strana in assoluto è il fatto che mi manchino i professori, non avrei mai pensato di provare questa sensazione, anche se credo sia anche normale, visto che fanno parte di ogni mia giornata. Marika, 15 anni Penso che l’inversione dei ruoli sia stata molto divertente per tutti perché ognuno si è messo nei panni dell’altro e questo mi ha permesso di capire anche i professori. Perché molti professori, ad eccezione di alcuni, si sono ritrovati a farsi spiegare da noi il funzionamento di internet e noi da

A me manca assistere a una vera lezione, non a questa didattica a distanza dove c’è gente che non sente, alunni a cui non va il microfono, chi entra ed esce perché la connessione è scarsa. Mi manca azzannare quel pezzo di pizza calda mentre la prof è distratta, lanciare la pallina di carta a un compagno per farlo distrarre o chiedere al mio amico: “ma tu hai capito qualcosa?” Ora cara scuola ti saluto che mia madre mi ha ordinato di andare a stirare, non ce la faccio più aiutoo. Gabriele, 16 anni Abbiamo bisogno di te, io ho bisogno di te e non è giusto che in questa situazione tu venga sottovalutata così tanto, ci hanno separato per un tempo indeterminato, chissà quando ti rivedremo come sarai… Haji, 16 anni Mentirei dicendoti che mi manchi, perché purtroppo quando sono con te non mi sento bene e nemmeno apprezzato, mettendo tutti su una scala, ed essere sempre l’ultimo non dà molto gusto, mi fa sentire diverso e quasi inferiore agli altri e tutti conti-

Sai, tu mi facevi sentire sbagliata, non adatta, non abbastanza, e inutile. Questo lo penso anch’io di me stessa ma tu lo evidenziavi con il pennarello indelebile… Hafsa, 16 anni Cara scuola, sarò diretto: non mi manchi affatto. Ho finalmente il tempo di guardarmi numerose serie (sia in tv, che in streaming su apposite piattaforme) e posso anche recuperarmi i grandi classici del cinema italiano ed internazionale (…). Un`altra fedele alleata in questo periodo di quarantena è la musica (di qualsiasi genere, da Hip Hop a Rock passando per i generi Pop, Indie, Soul, Funk, Blues e per finire Jazz) che mi tiene carico andando a creare una sorta di colonna sonora per la mia giornata. Alexandros 16 anni Spero che uno giorno dei primi di settembre, io possa finalmente svegliarmi alle sei e mezzo, imbracciare il mio zaino stracolmo di libri e penne, timbrare il biglietto dell’autobus, attraversare le tue porte in vetro,

comprare una Ferrari senza motore, per quanto possa essere bella all'esterno non correrà mai. Francesco, 16 anni Questo stesso computer, che prima amavo tanto perché lo ritenevo una via di fuga dal mondo reale, ora mi provoca tensione e angoscia, tristezza e rabbia. Ora basta rispondere davanti ad una webcam per essere valutati... Leonardo, 17 anni Cara scuola tu mi hai insegnato anche a come controllare le mie emozioni, come essere gentile, mi hai reso quello che sono, certo ci ho messo del mio, ma tu mi hai fatto da genitore, mi hai sgridata quando sono uscita dai limiti, mi hai premiata quando ho lavorato duramente, mi hai consolato quando sono caduta e mi hai fatto sentire come a casa quando mi sono sentita persa. Eleonora, 16 anni IIS G. Bruno, Perugia, 29 dicembre 2020


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A Parigi la 21ᵃ Conferenza delle Nazioni Unite

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Lotta ai cambiamenti climatici Inversione di rotta dell’Amministrazione Biden di Elena Dealessandri, Legambiente Circolo il Platano

Il 20 gennaio 2021 il democratico Joe Biden ha giurato come 46° presidente degli Stati Uniti. Giusto poche ore dopo la cerimonia d’insediamento, Biden ha firmato diciassette ordini esecutivi per smantellare alcune decisioni prese dalla precedente amministrazione Trump. Uno tra questi è stato quello che ha dato il via al processo di reintegrazione degli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi per il clima. Una completa inversione di rotta rispetto al suo predecessore secondo il quale la crisi climatica non era assolutamente una delle priorità del governo americano e che aveva espresso in più occasioni dubbi riguardo l’esistenza dei cambiamen-

ti climatici, assumendo posizioni del tutto anti-scientifiche. L’adesione degli USA all’Accordo è cruciale in quanto sono uno tra i primi paesi al mondo per emissioni di gas serra. Tale accordo, sottoscritto nel dicembre 2015 nel corso della Cop21 (21ᵃ Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) svoltasi a Parigi, è il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici. Stabilisce un quadro globale per mantenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C in più, rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C. La strategia per evitare il

superamento di tale limite è la riduzione delle emissioni di gas serra, responsabili appunto dei cambiamenti climatici e dell’aumento di temperatura. Ma è indispensabile affiancare alla riduzione delle emissioni anche delle politiche di mitigazione dei danni che quel grado e mezzo in più, inevitabilmente comporterà e che anzi in alcuni paesi, tra cui l’Italia, sono già visibili, come siccità, desertificazione, danni alla biodiversità, danni al settore agricolo, perdita di vite umane a causa di eventi atmosferici estremi. Dopo la Cop21, madre dell’Accordo, si sono susseguite altre quattro conferenze che hanno coinvolto leader politici di tutto il mondo, ma

purtroppo risulta evidente come pochi paesi si stiano impegnando veramente nella lotta ai cambiamenti climatici o comunque non con azioni sufficienti e commensurate alla gravità della crisi climatica in corso. Si guarda quindi con interesse e speranza alla Cop26 che si svolgerà a Glasgow dall’1 al 12 Novembre 2021, augurandosi che non sia l’ennesima occasione per promesse vuote e parole sterili ma che sia finalmente la Cop dell’azione efficace, della lotta ai cambiamenti climatici in modo da garantire un futuro vivibile alle generazioni che verranno.

ridere e scherzare, senza paura di essere fraintese e fu la conferma che con lei si poteva osare. Un episodio che rivela la sua fine psicologia è il salvataggio in corner, per usare un’espressione calcistica, da un 7 in condotta che il Consiglio di classe voleva assegnare in pagella ad una delle scriventi. Anni dopo scoprimmo che fu proprio Marisa ad opporsi convincendo i colleghi che la valutazione era ingiusta, in quanto non rispecchiava la realtà dei fatti. Il comportamento dell’allieva in questione non dipendeva da una mancanza di educazione, ma soltanto da ciò che un tempo veniva definito “argento vivo”, oggi tradotto in ADHD. Il 7 si trasformò in 8 evitando all’interessata ramanzine e castighi relativi… Nel momento delle gare sentivamo la sua presenza, percepivamo le sue emozioni celate dietro al suo sguardo apparentemente distaccato e in caso di vittoria è difficile stabilire se fosse più importante per noi salire sul podio o ricevere un

suo abbraccio accompagnato da un semplice “brava” dal quale traspariva la passione per il suo lavoro e l’affetto nei nostri confronti. Aver incontrato Marisa ci ha permesso di entrare nel mondo dello sport e sicuramente ha condizionato non poco le nostre scelte lavorative. Marisa possedeva il dono dell’empatia e riusciva a trasmettere quella voglia di fare, di sperimentare che trasforma l’insegnamento in vera e propria educazione. Ci sono persone che ci lasciano un segno, persone con cui percorriamo insieme un tratto di vita e poi spariscono, altre con cui non riusciamo a legare e poi ci sono quelle, come nel suo caso, in cui il rapporto che si instaura cambia nel tempo, ma rimane sempre improntato sulla stima reciproca, sulla fiducia e sulla sincerità, dove le parole non sono tante, ma vanno dritte al cuore. Grazie di tutto. Ciao Marisa le tue allieve, colleghe ed amiche marilisa e luisella

Allieve, colleghe e amiche ricordano Marisa Antonacci

LA NOSTRA MARISA La morte dietro l’angolo è una certezza a cui spesso non vogliamo credere, soprattutto se ad incontrarla è una persona amica, sentita telefonicamente soltanto due giorni prima. Sgomento e incredulità i primi sentimenti alla notizia inaspettata che Marisa se n’era andata nella notte. Dopo lo stupore iniziale e una profonda tristezza, la moviola dei ricordi ha iniziato a riavvolgersi, catapultandoci nei favolosi anni della scuola media. Anni felici, ricchi di opportunità, di crescita fisica e mentale, di incontri e di spensieratezza. Le ore di ginnastica e soprattutto quelle del gruppo sportivo oltre ad essere una novità, ci permisero di sperimentare una maggiore autonomia sul piano personale. Erano gli anni dei “Giochi della gioventù” e di interi pomeriggi passati alla ex-Gil dove ci cimentavamo nelle differenti specialità dell’atletica leggera tentando di scoprire la più congeniale per ognuna di noi. Ore di fatica fisica la cui finalità non era soltanto quella di arrivare preparate alle gare, anzi il piacere maggiore era quello di stare insieme, di cementare legami che sarebbero, in alcuni casi, durati per sempre e sperimentare le prime cotte. In un periodo in cui la libertà riservata agli adolescenti era scarsa e le opportunità limitate, il permesso di trascorre ore ed ore fuori casa non era certo negato dai nostri genitori, anzi era-

no loro stessi a spronarci a partecipare. Marisa riusciva a tenere insieme, a gestire, a motivare, coadiuvata dal mitico Ferrara, decine e decine di ragazzine che sotto la sua abile guida e grazie al rapporto che si era instaurato si cimentavano in gesti atletici mai sperimentati. La modalità con cui Marisa si poneva nei confronti delle allieve era innovativa. Fin dal primo incontro fu chiaro che lei era la nostra insegnante verso la quale nutrivamo un rispetto indiscusso, ma nello stesso tempo la percepivamo come una di noi, attenta alle nostre esigenze, con un atteggiamento schietto ed ironico, mai melenso o paternalistico. Ricordo che scoprimmo la sua idiosincrasia per le piume e proprio su tale “debolezza” escogitammo uno scherzo per il pesce d’aprile. Costruimmo una sagoma a forma di pesce, lo vestimmo di piume colorate e lo inserimmo all’interno del registro di classe. Al momento dell’appello Marisa lanciò un urlo, scaraventando a terra il registro, pesce piumato compreso, e fece un balzo all’indietro. “Me la pagherete” furono le sue prime parole, lanciandoci uno sguardo minaccioso, seguito immediatamente dalla sua irresistibile e contagiosa risata, alla quale si aggiunsero le nostre dopo un attimo di timore. Da allora capimmo che con Marisa si poteva


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CURARSI CON INSONNIA... ANCHE di Rodolfo Allasia

A casa nostra riceviamo sistematicamente il notiziario dell’ORDINE DEI MEDICI chirurghi e odontoiatri della provincia di Cuneo, ed io, pur non essendo appartenente alla categoria, per curiosità lo sfoglio e a volte leggo un articolo. Proprio in quest’ultimo numero sono stato attratto da un articolo di stretta attinenza alle cose che io continuo spesso a far presente ai nostri lettori. Data la fonte da cui proviene l’articolo del bollettino, Andrea Sciolla, consigliere dell’ordine dei medici di Cuneo e chirurgo vascolare operante nella ASL CN1 E CN2, mi è sembrato opportuno farne partecipi i nostri lettori perché è un parere molto più accreditato del mio che pure continuo a diffondere, annoiando a volte anche i miei più cari amici. Riporto il testo quasi per intero perché lo ritengo sensato e ringrazio l’autore per averlo scritto. Già il titolo è significativo “Il benessere dalle pagine che si toccano“ e illuminante è la prima domanda che pone il dottor Sciolla. “Può avere ancora un ruolo la carta stampata in un momento storico dove la cultura e l’informazione vengono trasmesse principalmente via web?” Domanda mia: avete notato come questo articolo non poteva essere trascurato da me e poi diffuso alla Redazione ed ai nostri lettori? “Negli ultimi anni, nel nome della praticità, dell’economia e dell’ambiente, il contenuto “digitale” va prendendo il sopravvento sullo stampato soprattutto nell’ambito dell’informazione grazie all’immediatezza di diffusione delle notizie.

Perché dovremmo preservare il cartaceo, nonostante le evidenze ”politically correct” che farebbero propendere alla sua graduale soppressione? Perché leggere online non è la stessa cosa. La lettura sullo schermo non dà le stesse soddisfazioni. La maggior parte dei lettori ama toccare le pagine, soffermarsi sulle parole, e, secondo studi documentati, leggere su carta è vincente per le evidenti differenze di percezione e memorizzazione delle informazioni. Per la lettura tradizionale serve tempo e concentrazione, mentre lo schermo dà luogo a un processo mentale diverso, di regola più frammentato e dispersivo, caratterizzato da attenzione parcellizzata. Se il digitale permette agli utenti di essere aggiornati in tempo reale, l’approfondimento è vocato al supporto cartaceo. La capacità di comprensione collettiva dei testi aumenterebbe dal 20 al 30% leggendo testi stampati. Inoltre, secondo il Lighting Research Centre la lettura su carta “rilassa“ mentre la luce emessa da un display interferisce con la secrezione di melatonina nel senso di una sua riduzione. Sfogliare le pagine aiuta a ricordare con maggior precisione, a registrare dati specifici e, in generale a comprendere meglio quello che si sta leggendo. Volendo, poi, si può parlare della quantità di luce blu a bassa lunghezza d’onda che emettono device quali pc, tablet e smartphone, con conseguenti effetti su epitelio pigmentato, coni e bastoncelli retinici. (...)” Mi sono reso conto che ho quasi riportato per

Lettera aperta di un cittadino racconigese Fino a che punto l’amministratore di un comune può non ascoltare i propri concittadini? Era già successo con gli escrementi di piccione che ricoprono le strade del centro storico, rovinando il decoro e corrodendo le architetture, e a dirla tutta era anche successo con 2600 firme raccolte contro i parcheggi a pagamento (una raccolta firme enorme, 1/3 della popolazione inascoltata). Dal 28 Dicembre permane il cadavere in putrefazione di un ratto lungo circa 25 cm 24 giorni, segno che la pulizia delle strade continua a non essere eseguita. 24 giorni in cui, in un periodo diverso dell’an-

no, quel cadavere avrebbe portato a larve, insetti, animali di ogni genere e l’odore insopportabile in un posto che, tra gli altri, è la porta d’ingresso per la città di Racconigi. Non una grande accoglienza, soprattutto se sommata al fatto che l’amministrazione ha puntato molto (turisticamente parlando) sulle vie centrali cercando di dare a Racconigi un’identità diversa dalla sua Reggia, ma che ora si ritrova con un centro storico ricoperto da una coltre di sterco che sta danneggiando edifici e immagine del paese. Fino a che punto si può parlare di un paese che “non si ferma mai” con un topo morto FERMO a decomporsi ormai da 24 giorni davanti alla stazione ferroviaria? Racconigi 22 gennaio 2021 Lettera firmata

intero il testo di Sciolla ma credo ne valesse la pena; INSONNIA e RODOLFO ringraziano. Garantisco che né uno né l’altro abbiamo pagato l’autore (non lo facciamo con nessuno dei nostri collaboratori) e nemmeno avremo il Dottore tra i nostri redattori anche se ci piacerebbe.


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RACCONTAMI....

QUEL CICLISMO DEGLI ANNI 70, INCISO NEL MIO CUORE segue dalla prima

Ed è così che da un giorno all’altro casa mia si riempì di ragazzini che io vedevo grandi perché avevano un anno o due più di me. Arrivavano ad uno ad uno con un genitore o a volte entrambi, le loro biciclette per mano, a chiedere consiglio: - Vorrebbe correre il bambino, ma questa va bene? E papà scendeva a dare un’occhiata alla bici - di solito una specie di ‘Graziella’ - e conversare della vita come vecchi amici che si ritrovano: - Ma sì, bisogna vedere se riusciamo a cambiargli qualche pezzo, il manubrio da corsa... ne ho ancora qualcuno, andiamo subito dal ciclista a vedere cosa consiglia. E partiva con loro, conosciuti o no non aveva importanza perché il collante era la voglia di provare a correre su due ruote. Quando ero svelta, gli correvo dietro: - Papà posso venire anch’io” e saltavo sulla 1100 beige che andava veloce al Ponte di Santa Maria. Quante volte sono stata lì, sul ponticciolo della bealera prima di scendere quei 5 scalini della bottega di Calliano, la porta sempre aperta, quell’eterno odore di gomma e grasso e a destra entrando le due catene per tenere su le bici che i ciclisti – e le loro mogli - riparavano. Papà riusciva a stare lì dentro secoli interi; a me faceva uno strano effetto quell’officina buia, ma m’ero pure io affezionata. Papà e Cesco coi genitori di quel ragazzo di turno guardavano l’ultimo cimelio arrivato, ci giravano intorno per capire bene come trasformarlo in una bici da corridore senza un soldo.

Ipotizzavano, pensavano... - Maestro, ‘sta volta, so propri nen se ‘i la fuma. Ma papà con la sua giacca a quadretti appoggiata alle spalle e le maniche della camicia tirate su ai gomiti come dovesse smontarla lui la bici, non mollava; conosceva l’animo buono e generoso dei Calliano e alimentare il sogno di un bambino era la sua passione: “Ma non avevi ancora un cambio Universal?” – i ‘Colnago’ costavano cari, li montavano sulle bici di chi era più grandino e aveva ‘la stoffa’. - Sì Costanzo, ma - oltre mia mamma,

ricordo solo Cesco che lo chiamava così, oltre a ‘Dutur’ che però si è aggiunto un po’ più tardi - Abbiamo solo più 3 cambi... - Va benissimo - diceva papà - ma io sapevo che quella non era ancora la frase giusta per uscire da quel bugigattolo che io conoscevo a memoria in ogni dettaglio: la tappezzeria verde dell’ufficio, il portacenere a forma di ruota da trattore, quel pavimento un po’ nero un po’ lucido un po’ a piastrelle che papà percorreva avanti e indietro a grandi falcate e chiacchierate finché la bici delle pretese non prendeva il posto su una delle due catene a destra dell’ingresso, segno che il lavoro era ufficialmente avviato. E l’indomani una fuoriclasse da corsa, splendente come nuova, veniva fatta uscire dai 5 scalini e portata sulla strada alla luce ... ricordo la gioia del bambino di turno, fortunato, che vi si sedeva sopra ancora incredulo; e le pacche sulle spalle che papà dava a Cesco. - Il miglior ciclista! - gli gridava - Il miglior ciclista! E poi era tutto un fermento; si doveva mangiar presto la domenica, velocemente perché la macchina del ciclismo era già pronta nel cortile di casa con le bici caricate; e sul più bello, che la napoletana colava ancora l’acqua per il caffè, arrivava il pulmino dei Calliano per sistemare la lamiera con la scritta CICLISMO RACCONIGI. Ricordo papà perennemente in ritardo, affannato di non dimenticare niente, la mamma che gli porgeva il caffè mentre lui s’allacciava le scarpe e si

precipitava giù per le scale perché le voci nella strada si erano fatte molte: i genitori dei ragazzi, quelli che stavano sul pulmino e quelli che lo seguivano, quelli che non ci stavano più, quelli che bisognava trovargli un passaggio. C’era sempre Gianoglio il papà: - Maestro! - gridava col suo vocione – ‘sta volta vinciuma!!! Noi dalle finestre o dal balcone a guardare lo spettacolo di quel meraviglioso carrozzone in partenza; a volte scendevamo le scale, ma io ero così timida allora che non sapevo come muovermi in quella folla. Guardavo papà che svettava alto e felice: - Si parte! - e spariva. Così, dopo il vortice dei preparativi e dell’adrenalina prima della gara, restava quel silenzio che non ti sai spiegare, che dicono si senta dopo il terremoto. Mi sarebbe piaciuto far parte delle truppe, ma allora le bambine non gareggiavano se non in qualche rara occasione dedicata. La ricordo bene la mia gara intorno ai giardinetti delle elementari, con una delle bici “Fratelli Calliano” rigorosamente arancione amaranto, di quelle che venivano date in prestito per chi voleva cimentarsi con la corsa, ma ancora non possedeva il mezzo. Ce n’erano alcune che facevano il giro tra i ragazzini e li vedevi quando gliela davano per la prima volta perché gli occhi dei prescelti erano così felici che forse oggi non si può più neanche immaginare quella trepidazione. Il prestito poteva durare anche mesi e i bambini tenevano quella bici come


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una reliquia... Ma non era solo la domenica che il ciclismo invadeva la mia casa. Ogni sera, tanti pomeriggi, ricordo il campanello... - Grazia vai a vedere chi è? Un ragazzino dietro l’altro, quello alto, quello che mi piaceva, quello che era bello, quello timido come me, quello che neanche lo conoscevo, quello che invece eravamo amici, quello che aveva i brufoli... papà li aspettava in cima alle scale col sorriso: - E allora, che mi racconti? E parlavano della gara, svisceravano i passaggi, gli errori da migliorare, i cambi da modificare; papà dava istruzioni per l’allenamento: - mi raccomando, sei andato bene, non mollare... E così per così tante volte... io ascoltavo dalla mia camera con la porta aperta, oppure nel corridoio. Non appartenevo a quel mondo; eppure, ero così orgogliosa d’avere un papà direttore sportivo capace di trasformare i ragazzini in ciclisti appassionati. Se erano i giorni del giro d’Italia le visite aumentavano e arrivavano anche i grandi: - Maestro hai visto Gimondi? Porca miseria che gara! E vai, tutta la sera a commentare i passaggi del Giro. Forse non mi rendevo conto perché ero bambina, ma ora so che siamo saliti tutti su quelle bici, anch’io e mamma che sembravamo più in disparte, perché era impossibile non correre con l’entusiasmo e i sogni di papà e di tutta la squadra, e tutto ciò che vi era annesso. Ricordo benissimo il nostro ruolo preponderante quando si trattò di disegnare il logo e scegliere le tute per la squadra.

Papà aveva finalmente trovato uno sponsor dopo vari tentativi: Osella Fattorie. Che festa a casa! Perché tutti partecipavamo, era impossibile starne fuori. Ricordo che un giorno lui portò a casa una specie di catalogo per la scelta dell’abbigliamento sportivo. Oh, se lo trovassi ancora oggi tra i cimeli, che risate! C’era poco o nulla su quel dépliant, due o tre modelli uguali tra loro, la scelta poteva ricadere su una tuta blu a righe bianche oppure

rossa con le stesse righe. Ma la stoffa si poteva scegliere più spessa e opaca o più leggera e leggermente lucida. Sfogliammo quel cataloghino mille volte, come fosse il bagnami del Postal Market. E la scelta fu naturalmente sul blu come piaceva a mamma che aveva stile. La scritta bianca, una casa dal tetto molto largo con la scritta Gruppo Ciclistico Racconigi . Se chiudo gli occhi la vedo ancora.

13 Mi è rimasto nell’anima il sapore dolce di quegli anni, il gusto della passione sportiva sana e semplice, dello spirito di squadra, prima di tutto; quella voglia di migliorarsi a ogni allenamento e a ogni gara senza prendersi in giro con surrogati per avere prestazioni impossibili; ricordo con una nostalgia immensa la genuinità di tante relazioni, le risate e quegli sguardi incoraggianti che mio padre rivolgeva ai suoi piccoli campioni. Il ciclismo mi ha fatto crescere a li-

vello personale e professionale e mi è rimasto nel cuore. E non importa se non sono mai stata un corridore, perché, anche senza bici, è come se avessi sempre corso tutte quelle gare e superato tutti quei traguardi; e quelle decine e decine di coppe che la squadra portava a casa le ho sempre sentite anche un po’ mie. Perché quel ciclismo era una passione profonda che è rimasta incisa del cuore di tutti. Una tuta per ogni iscritto: contammo e ricontammo i ragazzi un mucchio di volte, ma sempre, da quando partiva l’ordine a quando arrivavano le tute, erano arrivate diverse nuove reclute e immancabilmente (anche quelle 6 o 7 ordinate in più) non bastavano mai. Gli anni del ciclismo nella mia casa furono intensi e vivaci. Crebbero con me i ragazzi che accumulavano vittorie e passavano di categoria. Papà poteva seguirli fino ad una certa età poi doveva accompagnarli a scegliere una squadra di esordienti. Ma le visite a casa non finivano mai: c’erano moltissime cose da raccontare al Maestro e ancora tanti consigli da ascoltare. Quelli erano gli anni di Ghiberti, il dottore sportivo amico di papà: quante chiacchierate, confidenze, viaggi, racconti e risate... le sento ancora nel mio cuore. C’era Cavallino che aveva spiccato il volo ed era entrato nei professionisti, c’era Bruno che vinceva sempre e Massimo che in salita era una saetta insuperabile e poi c’era Stefano un po’ più grande, riservato e impegnato in lunghissime conversazioni con papà, e poi... quanti ancora vi vedo suonare il campanello e venir su per le scale di casa, e scusate se non vi cito tutti. Alcuni li conoscevano appena, eppure sono diventati parte della nostra vita familiare come ad esempio “Parisi di notte” che chiamavamo così perché suonava il campanello quando era già buio e noi bambini lo sapevamo che era lui anche senza guardare, l’unico che arrivava dopo cena. Sono passati quasi 50 anni dall’inizio di quell’avventura che ha trascinato come un tornado la mia infanzia e quella di molti racconigesi sessantenni - o quasi - di oggi.

Questo racconto è tratto dal libro di Nino Gallo, "L'importante è partecipare" che ripercorre la storia del ciclismo racconigese e che prossimamente potrete trovare in libreria


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“Ricordiamo MARISA”

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Marisa Antonacci: donna di grandi passioni, persona con grandi doti umane e professionali Te ne sei andata in punta di piedi, lasciandoci addolorati per la perdita ed anche un po’ tormentati dai sensi di colpa, per non esserti stati vicini negli ultimi tempi, quando ti sei ritirata in una struttura protetta, dove, a causa delle disposizioni legate alla diffusione del coronavirus, non è stato facile incontrarti e godere della tua compagnia. Nonostante tali rincrescimenti, che caricano la tua dipartita di malinconia, vogliamo oggi parlare un po’ di te, quale sei stata per molti di noi, a Racconigi, tua città di elezione dopo Fossano, avendo scelto di condividere il cammino di una vita con Carlo, a cui ti sei dedicata con coinvolgimento e trasporto, tanto da indurre il Sindaco a dire, in occasione della tua morte: “Ci ha lasciato Marisa Antonacci, compagna e musa ispiratrice del nostro pittore e compositore Carlo Sismonda,…”. Ma per tutti noi che ti abbiamo conosciuta e frequentata a scuola, nei corsi di “ginnastica dolce” e in paese, tu sei stata molto di più e così amiamo ricordarti. Sei stata una donna capace di grandi passioni e una persona con grandi doti umane e professionali.

Eri aperta all’esperienze e agli altri, capace di rapporti intensi e disinteressati e, difficilmente, davi giudizi, perché non sentivi il bisogno di classificare le persone secondo schemi precostituiti. Eri una persona vera, equilibrata, libera, disponibile al confronto, al dialogo, senza bisogno di definirsi attraverso gruppi, che spesso danno sicurezza, ma ingabbiano.

Eri una donna acuta, sensibile e intelligente, che amava la vita in tutte le sue sfaccettature ed eri rispettosa di tutte le persone che incontravi sul tuo cammino, verso cui eri capace di grande empatia. Sapevi cogliere con occhio attento gli aspetti più normali della vita ed anche quelli particolari, sapevi ridere, scherzare, avevi la battuta pronta ed eri portata all’ironia e, cosa rara, all’autoironia.

Tutto ciò si rifletteva anche sul tuo lavoro (hai insegnato Educazione Fisica a Racconigi per oltre 35 anni), che hai sempre gestito con estrema professionalità. Come colleghi abbiamo sempre apprezzato la tua capacità di cogliere in tutti gli allievi a te affidati, e non sono stati pochi, non solo le abilità fisiche, spaziali e di coordinazione, ma anche quelle relazionali o relative alla volontà e all’impegno. Eri in grado di prenderti cura di loro e di gestire i loro eventuali problemi di crescita psico-fisica: con attenzione e rispetto, li hai sempre aiutati a conoscersi e ad affrontare con fiducia le loro difficoltà. Per questo, nei consigli di classe, i tuoi pareri erano sempre preziosi, perché con il lavoro, mai banale,

sapevi cogliere negli allievi aspetti nascosti, in grado di far luce su caratteristiche particolari inerenti la loro personalità e utili a predisporre un efficace itinerario di crescita. Tali tue doti ti hanno poi resa cara e significativa per molti di noi anche nei corsi di “ginnastica dolce” per adulti, soprattutto donne, che avevano bisogno di fare attività fisica e di prendere consapevolezza del proprio corpo, con l’intento di sentirne ed interpretarne i messaggi. Per tutte queste ragioni gli incontri con te, anche se ultimamente erano divenuti più saltuari e fugaci, non erano mai banali: ci davano gioia, ci stimolavano sotto molti aspetti e, anche quando si parlava di fatti seri e/o dolorosi, traspariva sempre nelle tue parole una buona dose di leggerezza e serenità nei confronti della vita. Per tutto questo, ti salutiamo con tristezza, certi però di aver avuto molto da te e che ciò che è stato non scompaia con la tua morte, ma rimanga in noi per sempre. Racconigi, 4 gennaio 2021 maresa olivero

AGNELLI CON LA CORAZZA

Come un agnello può salvarsi e proteggersi dal mondo che lo circonda di Daniela Anna Dutto

Tre lettere, tre destinatari differenti, un mittente misterioso da scoprire che sconvolgerà le loro esistenze. Si struttura in questo modo il romanzo di Daniela Anna Dutto che si cala nella veste del misterioso scrittore di missive anonime per raccontare, con originalità, un intreccio di vite vissute ai limiti della rottura, capaci però di ripartire. Sono storie che crescono pagina per pagina a partire da quelle lettere che arrivano, senza destinatario, e riportano citazione di celebri autori come suggerimenti da metabolizzare nello spirito e poi vivere nel reale. Così tecnicamente il romanzo si costruisce su un triplice livello: quello del mittente, che apre il racconto, ma rinvia alla fine del romanzo lo svelare la sua identità, quello dei riceventi di cui emergono via via particolari e passi che cambiano le loro vite, infine quello dei rimandi letterari che hanno il compito di scuotere le loro menti, essere seme in attesa di germinare.

Di fatto queste pagine appaiono un omaggio allo scrivere come strumento per entrare in comunicazione, stringere relazioni a distanza per lanciare salutari, seppure silenziose e discrete, provocazioni. Un omaggio che si incarna nel narratore/mittente, un “nessuno” da sempre ma appassionato della bella calligrafia, che si cela nelle citazioni, magari antiche, ma vive tramite il gesto di trascriverle e consegnarle al lettore. Eccoli i destinatari delle lettere anonime: Kiko “il lupo dagli occhi gentili” giovane spacciatore fagocitato dall’ambiente in cui è nato e cresciuto, il professor Livi “un incrocio tra Rambo e un Marine” che non accetta le scelte di vita del figlio, e lo chef Antonio che, nell’alcool, rischia di giocarsi il suo futuro. Le lettere che ricevono li costringono a guardarsi dentro e a riavvolgere i nastri della loro vita. Per loro e per l’anonimo mittente la lettera si trasforma in liberazione dal proprio passato, perché anche chi scrive, nelle ultime pagine

del romanzo, svelerà la sua identità di persona ferita che con moda-

lità diverse ha incrociato le altre tre vite e ora se ne è fatto carico.

Per acquisto Contattandomi direttamente dutto.d@libero.it https://www.libreriauniversitaria.it/agnelli-corazza-dutto-daniela-anna/libro/9788863874044 https://www.librerie.coop/libri/9788863874044-agnelli-con-la-corazza-ass-primalpe-costanzo-martini/


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Cinema MA RAINEY’S BLACK BOTTOM di Cecilia Siccardi

Chicago, 1927. In uno studio di registrazione, la band della famosa cantante blues Ma Rainey attende l’arrivo della

Lib

Libri di Michela Umbaca

“Un giorno mangerai e dormirai, fumerai e non ti brucerà la gola, un giorno avrai voglia di fare l’amore”. Pubblicato del 2014, “La collina” è un romanzo d’ispirazione autobiografica, che attinge per luoghi e vicende all’esperienza dell’autrice

mensile di confronto e ironia

Cin

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Le idee "INSONNI"

diva, perennemente in ritardo, per incidere alcuni brani. Durante l’attesa, i quattro musicisti si scambiano storie di vessazioni da parte dei bianchi, scherzano e discutono. Levee, giovane e ambizioso trombettista, sogna di avere una propria band e suonare la sua musica, ma la sua personalità apparentemente allegra nasconde un profondo trauma, rabbia e frustrazione: i suoi frequenti litigi con il pianista Toledo e il trombonista Cutler fanno crescere la tensione, fino ad arrivare allo scontro fisico. La situazione non migliora affatto quando Ma, accompagnata da una flapper e dal nipote balbuziente, giunge infine allo studio: col trucco sbavato per il caldo, la cantante impone da subito le sue pretese e i suoi capricci, decisa e prepotente, facendo allungare ulteriormente i tempi delle prove. Ma Rainey’s Black Bottom è un film diretto da George C. Wolfe e prodotto da Denzel Washington, ed è disponibile

su Netflix dal 18 dicembre 2020. Tratto dall’omonima opera teatrale di August Wilson, si svolge quasi interamente in un unico spazio, lo studio di registrazione: è qui che si dipana la vicenda di Ma e dei membri della sua band, ognuno con alle spalle una storia di sofferenza e oppressione. Ma Rainey è interpretata da una fantastica Viola Davis, ma è il Levee di Chadwick Boseman, qui alla sua ultima apparizione cinematografica, a rubare la scena. Il suo monologo sull’orrore di cui è stato testimone da bambino spezza il cuore, e fa entrare in empatia con il dramma di un personaggio non particolarmente simpatico; si parla già di una possibile candidatura postuma ai prossimi Oscar. Un film corale e intenso, in cui la trama non è che un pretesto per riflettere sulle ingiustizie sociali e sui traumi vissuti da intere generazioni di afroamericani. Da vedere.

Andrea Delogu all’interno della comunità di San Patrignano. La Delogu, oggi famosa conduttrice tv, ha trascorso i suoi primi dieci anni all’interno di una struttura di recupero per tossicodipendenti, a San Patrignano per l’appunto. Luogo che, peraltro, ha ispirato il recentissimo docufilm edito da Netflix col titolo “Sanpa – Luci e tenebre di San Patrignano”. La collina altro non è che una vera e propria comune, dove vivono e lavorano tutti insieme, uomini e donne, nel tentativo di uscire dal tunnel dell’eroina, sotto la rigida supervisione di Riccardo, l’angelo redentore di anime sperse. Barbara e Ivan, entrambi tossicodipendenti, vivono in collina: lui, un figlio prediletto, è riuscito a ingraziarsi Riccardo; lei, una giovane donna ribelle, troppo irrequieta per lo standard comportamentale della Collina. I due si conoscono e si sposano col benestare di Riccardo, “perché è lui a decidere chi puoi amare e chi devi odiare”. Da questo legame na-

sce Valentina: la vita in collina pare trascorrere in armonia, con regole da seguire, ma in un contesto che, apparentemente, sembra sugellare un perfetto equilibrio tra volontà e doveri. Ma la Collina nasconde delle profonde zone d’ombra: per raggiungere la salvezza, la luce, è necessario talvolta passare dall’umiliazione, dal buio più profondo. La Collina è un’eco di salvezza. È un inno alla vita reale, alla vita ingiusta, scomoda, difficile. È il ricordo dei sopravvissuti e dei sommersi, di chi ha lottato e di chi è perito nella lotta alla droga. Di chi è morto per l’infima indifferenza, celata die-

Andrea Delogu, Andrea Cedrola “La Collina” 2014, pp.345, € 18,00 Fandango libri srl

tro ai paraocchi di chi, questa vita, la ignora.


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Mus

Musica DIRE STRAITS THE STUDIO ALBUMS 1978 – 1991 di Roberto Magri

Dopo l’uscita in vinile del cofanetto dei Dire Straits nel 2013, finalmente l’anno scorso ad ottobre ha visto la luce anche la versione in CD. I Dire Straits capitanati dal chitarrista, produttore discografico e compositore Mark Knopfler (citato molte volte come uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi), sono nati nel 1977.

Nella band oltre a Mark (voce, chitarra e autore di tutti i brani), c’erano il fratello David Knopfler (chitarra), John Illsley (basso) l’unico insieme a Mark a rimanere nella band fino allo scioglimento avvenuto nella metà degli anni 90, e Pick Withers (batterista). Con il loro sound dal rock schietto con sfumature di country, blues e se vogliamo anche di jazz, tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80, i Dire Straits hanno prodotto successi storici come : “Sultans of swing” (la storia dipinta dalla canzone è quella di un gruppo jazz, i Sultans of swing, composto da impiegati londinesi che pensano solo alla loro musica senza interessi per la popolarità e si esibiscono solamente in un piccolo club di Londra), “Tunnel of love” (Il testo poetico della canzone tratta temi quali la solitudine, l'incomunicabilità, l'amore come mezzo di evasione dalla quotidianità e il timore di soffrire), “Romeo and Juliet” (Il protagonista della canzone rappresenta l’archetipo dell'innamorato sincero i cui sentimenti sono stati traditi oppure non vengono ricambiati ), “Money for

nothing” , “Walk of life”, solo per citarne qualcuno. Gli album presenti nel cofanetto sono 6 e tutti registrati in studio : “DIRE STRAITS” (1978): un disco che, nonostante le difficoltà a farsi strada nelle classifiche di allora, successivamente ha di fatto superato le dieci milioni di copie vendute. “COMMUNIQUE’ “ (1979): questo disco, su dichiarazione di Mark Knopfler rilasciata in una intervista, era già pronto da tempo, ma l’uscita è stata posticipata solo per la lenta scalata delle classifiche da parte dell’album precedente. “MAKING MOVIES” (1980): l’album che ha catapultato i Dire Straits in cima alle classifiche mondiali, un disco di svolta sotto diversi punti di vista, un album originale pieno di poesia, molto amato in Italia al tempo della sua pubblicazione. “LOVE OVER GOLD” (1982): a questo album il difficile compito di confermare e ampliare a livello di testi e musiche il lavoro svolto nella precedente produzione, riuscendoci perfettamente.

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“BROTHERS IN ARMS” (1985): è il disco della consacrazione con una miniera di singoli, riuscirà a superare i 30 milioni di copie vendute e vincerà due Grammy Award, più una infinita serie di dischi d’oro, di platino e di diamante. “ON EVERY STREET” (1991): a sei anni di distanza da “Brothers in arms”, questo è l’ultimo album della rock band britannica, si aggiudicò cinque dischi di platino, uno di diamante, tre d’oro e uno d’argento, le vendite raggiunsero oltre dieci milioni di copie vendute in tutto il mondo.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Roberto Magri, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

mentato fino ad assumere lo stesso costo delle pietanze, in qualche caso. Nella preghiera del Padre Nostro i cattolici richiedono al loro Signore: “ Dacci oggi il nostro pane quotidiano“: una richiesta di soddisfare il bisogno di sopravvivenza con l’alimento più modesto che si può trovare sul mercato ed evidenzia come questo alimento sia il più diffuso. Suonerebbe egoistico chiedere “Dacci oggi il nostro prosciutto quotidiano”. Tutti noi conosciamo molteplici aneddoti e storie che ci giungono dalle nostre nonne a proposito di questo alimento; modi di dire, proverbi, opere poetiche parlano di questo semplice e completo pasto. Dante Alighieri scriveva “saprai quanto sa di sale lo pane altrui“ per indicare come è pesante e faticoso procurarsi il necessario per vivere ma anche come le tradizioni, ognuno le proprie, ci vengono a mancare quando siamo esuli in terra straniera; i toscani tradizionalmente producono pane senza aggiungere sale. Il sale ha un prezzo e quindi non usarlo ha anche la funzione di risparmio e non solo quella di una “dieta salutare”. L’importanza della cultura può aver fatto sì che un pane senza sale, ancora oggi in questa regione venga definito “sciocco”. Anche noi di INSONNIA abbia-

mo associato le riflessioni che proponiamo ai lettori ad un alimento (intellettuale) semplice, di uso quotidiano, di basso costo ed abbiamo capito che se vogliamo distribuire il nostro mensile in un punto dove la gente lo ritiri appena esce il nuovo numero dobbiamo portarlo nelle panetterie ed è infatti lì che il nostro giornale “va come il pane“ e questo è il “punto vendita“ in cui dobbiamo ritornare più spesso a rifornire di nuove copie, perché le precedenti si sono esaurite più in fretta. Ovviamente è anche l’esercizio commerciale giornalmente più frequentato. Questo accostamento PANE/ INSONNIA ci ha fatto giocare su una serie di battute che ci sembrano simpatiche e preziose, speriamo non presuntuose: INSONNIA è buono come il pane, INSONNIA è genuino, è sempre fresco anche se esce solo una volta al mese, è difficile che gli articoli pubblicati siano ammuffiti; queste cose e altre ce le hanno dette in tanti fra i nostri lettori. Che le nostre siano pagine buone che sanno di elementi naturali ed inoltre che costa poco lo sanno tutti e che gli ingredienti siano fra i più antichi, i più collaudati lo ripetiamo sovente noi perché è proprio vero. Il pane, non INSONNIA, pare lo abbiano inventato gli egizi verso il 4000 a.C. Le prime pagnotte furono simili a gallette; dure e con scarso sa-

pore, poi i cereali furono macinati più finemente e poi, forse per errore, fu provocata la fermentazione, così si iniziò a mangiare un pane morbido e più saporito. Questo alimento conquistò in modo rapido il ruolo fondamentale nell’alimentazione umana. Le mani, la farina, l’acqua, il lievito (usato non sempre e non in tutti i paesi e regioni) sono gli ingredienti per produrlo ovunque si possa accendere un fuoco per cuocere. Provate a fare il parallelo con il nostro giornale e vedrete che la semplicità è alla base di questi prodotti; anche noi abbiamo eliminato il superfluo tant’è che lo stampiamo in bianco e nero, avevamo anche provato a farlo a chilometro zero ma poi per forza maggiore siamo stati obbligati a stamparlo un po’ più lontano ma sempre in b/n.

Stampare con un solo colore significa provare a creare un prodotto altrettanto (o più) invitante nonostante i molti meno ingredienti: i colori. Non ho la presunzione che il nostro giornale possa avere un ruolo fondamentale come il pane , sarebbe pura follia; comunque, finché continueremo ad uscire, ci piacerà l’idea di distribuirlo nelle panetterie racconigesi con tutta la semplicità possibile e sempre allo stesso costo. Perdonate la caratteristica di questo editoriale ma ho una scusante plausibile: un duemilaventi di pandemia ed i miei anni che aumentano in modo pericoloso mi hanno reso sicuramente meno razionale. Oltre che con la penna stilografica scrivo col cuore ed uso il sangue come inchiostro.


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