INSONNIA OTTOBRE 2020

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mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 125 Ottobre 2020 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

POSSIAMO FARE LA NOSTRA PARTE di Pino Tebano

Nei giorni scorsi, andando a camminare su via Stramiano, che porta al Centro Cicogne, ho notato, come credo i molti che frequentano la strada, i campi dei pomodori che non venivano raccolti. Successivamente, nei giorni a seguire, sono stati prima di tutto distrutti e poi interrati con la lavorazione del terreno. Da alcune informazioni che ho recuperato sembrerebbe che la grandinata di fine agosto ne abbia rovinato una buona parte, a quel punto visto che la raccolta avviene a macchina, il prodotto, non più interamente conforme agli standard richiesti, non è stato conferito all’industria conserviera perché non lo avrebbe ritirato. A volte capita che l’industria rimandi indietro il carico all’agricoltore se non rispetta i parametri, ma nel nostro caso specifico non si poteva, con apposito cartello affisso dai proprietari del fondo, consentire la raccolta gratuita, alle famiglie interessate, dei pomodori ancora buoni? Tempo una settimana e gran parte di ciò che si poteva recuperare sarebbe finito nelle dispense delle famiglie, più bisognose, e non sottoterra. Lo spreco di cibo e di derrate alimentari che vengono distrutte è molto frequentemente sui giornali, nei programmi televisivi e molte sono le iniziative di volontariato, a favore di famiglie con poche risorse economiche, che cercano di porre un argine a questo problema.

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SE CI SEI, BATTI UN COLPO

Prove di contrasto del cambiamento climatico in Europa e in Italia di Giancarlo Meinardi

“Se ci sei, batti un colpo”, come dire “se sei vivo/a, fatti sentire”. L’Europa ha fatto sentire il colpo in questi tempi difficili, rilanciando l’obiettivo della

lotta al cambiamento climatico. Lo ha dichiarato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione U.E., nel recente discorso sullo stato dell’Unione: riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. La strada è ancora lunga, le resistenze molto forti (a partire dai Paesi la cui economia è fortemente centrata sul carbone), gli interessi economici in gioco enormi (come quelli legati all’energia fossile). Quindi la partita è ancora tutta da giocare.

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SOTTOPASSO FERROVIARIO E SITO EX NOVOPLAST:

Riceviamo e pubblichiamo

MEDITAZIONI SULLA DISABILITÀ di Tiziana Rutigliano

In passato abbiamo collaborato su tale argomentazione e quando leggo la testimonianza diretta e positiva di una persona toccata direttamente dall’immobilità penso sempre che si tratti di un super eroe, provate voi a vedere, capire, sentire e non riuscire a muovere un muscolo, non riuscire a girarsi nel letto di notte a non riuscire ad afferrare le cose a non controllare le funzioni biologiche del proprio corpo, sopportare i perenni dolori neuropatici e sentirsi dire da chi sta bene, devi avere coraggio perché la vita è un bene prezioso… La vita è preziosa sempre ma anche la salute, come un contratto che include una clausola di tale portata che senza essa preclude il vantaggio del contratto stesso, questo è il mio pensiero non vuol dire che sia giusto, ma quando

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scarsa chiarezza, per ora niente di certo Pubblichiamo un ampio stralcio della lettera che i rappresentanti del Comitato zona Stazione hanno inviato al Sindaco Oderda in data 21 settembre segue pag. 4

LETTERA A FRANCESCO pag. 6

Intervista Garabello

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Scuola

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GALEONE LICEO pag. 14


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2 Riceviamo e pubblichiamo

MEDITAZIONI SULLA DISABILITÀ segue dalla prima

controlli da tanti anni quel nodo in gola e quella sensazione di amaro nel petto inizi a costruire una corazza di tale portata da apparire cinica… Mio marito è tetraplegico da parecchi anni e vi assicuro che l’assistenza pesa sul bilancio famigliare, si parla tanto di reddito di cittadinanza allora perché non si impiegano queste persone che hanno bisogno di lavorare per se-

sburocratizzare un passaggio sui binari per i disabili ed attivare il servizio di Saletta Blue, in una stazione seppur di provincia a cui servirebbe solamente un posto per il ricovero di un sollevatore, come fanno in parecchie stazioni limitrofe alla nostra, se ci sono riusciti in altri comuni basta chiedere come hanno fatto, senza smantellare tutta la stazione. Le vie di accesso sono il biglietto

guire anziani o disabili gravi in qualità di care giver. La disabilità è una croce pesante da portare ed ognuno ha già le sue, non saprei se sono in grado di portare le tue, ma fidati dalle mie parti è dura! Forse per noi è tardi ma per i giovani si potrebbe fare molto di più e con poco! Rendere agibile alle carrozzine le vie principali che portano al paese (sono i sobbalzi a creare spasmi e dolori), permettere alle carrozzine di spostarsi con i mezzi pubblici in particolar modo salire sui treni, siamo nel 2020 e non riusciamo a

da visita del paese stesso, come l´accoglienza ed i servizi, questi sono i fondamentali per attirare passaggi utili all`economia interna. Tutti abbiamo bisogno di tutti e non vince il più forte, ma chi sa adattarsi al proprio “habitat” meditiamo dunque su tutte le cose fattibili in una città che non ha nulla da invidiare a nessuno, ricca di passaggi storici importanti e sensibile da sempre ai problemi di salute, basta ricordarsi dell’Ospedale Neuropsichiatrico Chiarugi. Cordialità. Racconigi, 04/10/2020

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Buona notte di Luciano Fico

La serata tiepida di fine giugno invitava a passeggiare dopo la cena consumata in solitudine alla solita trattoria di Antonio, giù al porto. Il lungomare era il luogo perfetto per quel momento sospeso a fine giornata del vecchio professore: camminare tra la gente, con il mare al proprio fianco, dava la giusta prospettiva ai frammenti di discorso che andava ad intercettare, un passo dopo l’altro. Amava quel suo vezzo, che ogni tanto si concedeva, di ascoltare i discorsi altrui, permettendosi di sorriderne talvolta, come se lui potesse ritenersi due dita al di sopra dell’inconsapevole umanità. Era senza alcun dubbio una soddisfazione narcisistica, come gli aveva più volte ripetuto il suo analista negli anni, ed anche il riflesso di una percezione aristocratica della vita e dei rapporti, ma comunque gli permetteva, non di rado, di fare sorprendenti scoperte su aspetti riposti, in ombra, del vivere umano. Mentre percorreva ormai in senso contrario il viale, sulla via del ritorno, fu colpito dal ripetersi dello stesso saluto di congedo fra le persone: “Buona notte…”, “Buon riposo…ci vediamo domani.”, “Dormi bene…” Per la prima volta, il nostro professore, comprese la profonda differenza che intercorre tra il “Buon giorno” e la “Buona notte”. Il Buon giorno è un augurio, che sottintende l’impresa: comincia la giornata ed ognuno avrà la propria battaglia da sostenere, le proprie fatiche, le gioie e le delusioni. Il Buongiorno ci accomuna, ci fa sentire che ognuno dovrà svolgere la propria parte e ci sentiamo in qualche modo sulla stessa barca, gli uni complici del destino altrui. È quindi un saluto che serve a farci coraggio a vicenda, a sostenerci gli uni con

gli altri. La Buona notte, invece è un congedo. Nella notte ognuno entrerà nei propri sogni, attraversando la porta del sonno, che ci disconnette dal mondo diurno, dal mondo degli altri. Salvo gli irriducibili nottambuli, che non riescono proprio mai a mollare la presa dal gruppo, il tempo notturno isola ciascuno nella propria dimensione individuale. Anche gli insonni o gli artisti, che la notte frequentano da svegli, sperimentano comunque il silenzio totale del buio, la solitudine perfetta di quel tempo che si protrae fino all’alba. La Buona notte ci accompagna a quel viaggio senza compagni, così simile alla morte, che ci riconnette ad una dimensione intima e profonda, che poco o nulla ha a che spartire con il nostro agito sociale. La Buona notte ci consegna al romitaggio quotidiano, che ci permette di ritrovare il senso e l’orientamento di una vita, che altrimenti diventerebbe un banale automatismo. Se la notte sarà buona, ci sveglieremo con una scintilla di imprevedibilità nel cuore, con una curiosità pronta allo stupore ancora una volta. Talvolta la Notte si contamina con le preoccupazioni del giorno e allora queste si dilatano, si gonfiano di ombre, si intridono di angosce infantili e ancestrali: sono queste le cattive notti, che ci riconsegnano alla luce mattutina pieni di spavento. “Buona notte…” ripeteva fra sé e sé il professore, salendo le scale strette che lo portavano alla sua stanza. Se lo disse ancora una volta steso nel letto, sotto il lenzuolo fresco e, per la prima volta in vita sua, addormentarsi fu come varcare una soglia, non come il semplice mettere a riposo corpo e cervello.


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SE CI SEI, BATTI UN COLPO

Prove di contrasto del cambiamento climatico in Europa e in Italia segue dalla prima

Ma non sono soltanto parole, c’è un passo avanti concreto. Il 37% dei 750 miliardi di euro del bilancio di NextGenerationUE (il cosiddetto Recovey Fund) sarà investito negli obiettivi dell’European Green Deal, un nuovo corso dell’economia europea all’insegna della sostenibilità. Il piano prevede una serie di misure, tra le quali: - decarbonizzazione del settore energetico, cioè passaggio dalle fonti fossili (come petrolio e carbone) alle fonti rinnovabili (come solare ed eolico); - decarbonizzazione del settore dei trasporti (veicoli privati e pubblici a trazione elettrica, rete di stazioni di ricarica etc) per una mobilità sostenibile; - aumento dell’efficienza energetica degli edifici (riduzione dei consumi energetici, utilizzo fonti rinnovabili). Interventi cruciali nella lotta contro il cambiamento climatico. La produzione e l’uso di energia contribuiscono al 75% delle emissioni di gas a effetto serra nell’area U.E.; gli edifici incidono per il 40% sui consumi energetici; i trasporti rappresentano il 25% dell’impronta del carbonio. Per l’Italia, la principale beneficiaria dei fondi europei (una parte trasferimenti a fondo perduto e una parte prestiti a tasso di interesse molto basso) sono previsti 75 miliardi per finanziare la rivoluzione verde. Una occasione, probabilmente irripetibile, per progettare il rilancio del Paese secondo un modello di sviluppo che abbia tra i suoi pilastri la sostenibilità e il contrasto del cambiamento climatico. In questi mesi devono essere predisposti i progetti per l’utilizzo delle risorse europee, nel rispetto di precise condizioni, e staremo a vedere se la

politica sarà all’altezza dell’arduo compito. Ma intanto qualche segnale interessante già si ha l’occasione di coglierlo negli interventi messi in opera con il decreto rilancio. Tra essi quello ormai noto come l’ecobonus del 110%. Non è questo il luogo per una analisi del provvedimento (altre fonti di informazione, comunque, se ne sono già ampiamente occupate) che presenta complessità che qui non possono essere affrontate. Ma si può cercare di mettere in evidenza la logica che ne sta alla base. Esso mira a innescare un radicale cambiamento nel patrimonio edilizio del Paese, caratterizzato dalla scarsa efficienza energetica e dall’uso prevalente delle fonti fossili. In parole povere: gli edifici in Italia consumano troppa energia (spreco, con costi privati e collettivi) prevalentemente di origine fossile, dando un pesante contributo alla produzione di anidride carbonica (e di altri inquinanti) principale responsabile del cambiamento climatico. Chi effettua interventi di riqualificazione energetica (come isolamento termico, sostituzione delle vecchie caldaie, messa in opera di impianti per la produzione di energia rinnovabile ecc.) su abitazioni, uffici, negozi etc. può beneficiare di detrazioni fiscali che gli consentono nell’arco di 5 anni di recuperare l’intera spesa (anzi, il 110%) oppure di non sborsare denaro nel caso di cessione del credito. Il meccanismo è abbastanza complesso, i vincoli stringenti, bisogna vedere alla prova dei fatti quale sarà l’impatto del provvedimento. Il diavolo si nasconde nei particolari, si dice, e in Italia questo è particolar-

mente vero come sa chiunque abbia dovuto misurarsi con la complessità delle norme, i contorcimenti della burocrazia, i tempi lunghi delle procedure. Ma se ci sarà la capacità e la volontà politica di fare le correzioni in corso d’opera che si mostreranno opportune e di dare carattere strutturale e non temporaneo a questo indirizzo, allora esso potrà concretizzare tutte le opportunità e potenzialità che promette. In particolare: - i proprietari degli edifici hanno la possibilità di effettuare a costo zero interventi che permettono grossi risparmi sulla “bolletta energetica” e al contempo danno valore all’edificio; - gli interventi di efficientamento energetico stimolano l’attività di impresa e creano occupazione, diventando un volano della ripresa economica. - l’impronta umana sull’ambiente viene alleggerita, riducendo le emissioni di gas serra principali responsabili del cambiamento climatico e

di inquinanti dannosi per la salute umana. Un esempio di come interesse privato e interesse collettivo possono trovare un punto di incontro. Sembra l’uovo di colombo. Ma a condizione che tutto questo sia fatto bene, altrimenti c’è il rischio che le potenzialità vengano vanificate. E a condizione che questo venga fatto insieme ad altri interventi. Nuove forme di mobilità, sostituzione delle energie rinnovabili alle energie fossili, digitalizzazione ecc.; gli ingredienti fondamentali di una rivoluzione del modello di sviluppo all’insegna della sostenibilità. Serve dunque un piano complessivo, figlio di una visione d’insieme; e serve la capacità di pensarlo e gestirlo, senza cadere nelle trappole della politica di piccolo cabotaggio, del consenso immediato e del clientelismo. Questo ci chiede l’Europa. Questo ci chiede, soprattutto, l’emergenza che stiamo vivendo. Ne saremo capaci?

CI HANNO DI NUOVO ROTTO … I LUCCHETTI Per la seconda volta hanno rotto i lucchetti che chiudevano il nostro bussolotto nel quale raccoglievamo qualche euro per questo giornale. Non ci hanno messi sul lastrico, ma ci hanno proprio “rotto” dal momento che ci a v e v a m o messo un bel po’ di tempo e di fatica a sistemare il bussolotto per dissuadere piccoli o grandi malintenzionati. Troveremo un’altra forma di finanziamento, perché non possa esserci sottratto con “violenza”. Mentre scriviamo questo termine ci rendiamo conto che chi ha rubato i nostri pochi spiccioli non ne conosce il significato perché pensiamo che questo pasticcio sia frutto anche di ignoranza. Pensavano forse che in quella cassetta ci fossero molti denari? Non sanno che i giornali non guadagnano più di tanto? E poi, valeva proprio la pena di commettere un reato? Infatti, nel linguaggio giuridico il fatto accadutoci si configura come un furto con l'aggravante

della violenza sulle cose. Anche se quello che ci è stato rubato è poca cosa, chi ha rubato nel nostro bussolotto, è arrivato portandosi dietro gli attrezzi per forzarlo e quindi con tutto l’intento di compiere la malazione.

Noi siamo andati dai Carabinieri per avvisarli di quanto avvenuto e con l’intenzione di non lasciare correre: oggi si forzano due lucchetti di una misera cassetta e magari domani la serratura di una casa. Cari “ignoti” con questo scritto vogliamo che vi rendiate conto che con azioni come questa rischiate grosso. Non è un gioco il vostro: ripetiamo è un reato. Ci piacerebbe potervi conoscere, capire il perché più profondo del vostro gesto, certi che sia più quel che avete perso in dignità, in fiducia e stima di voi stessi, di quanto abbiate guadagnato. Ma c’è sempre tempo a mettersi in discussione. Se volete farci capire che condividete il senso di queste ultime righe, trovate il modo di farci trovare i pochi spiccioli che ci avete sottratto e noi comprenderemo. Restiamo in fiduciosa attesa.


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SOTTOPASSO FERROVIARIO E SITO EX NOVOPLAST: scarsa chiarezza, per ora niente di certo segue dalla prima

“Ill.mo sig. Sindaco […] La dichiarazione del sindaco secondo la quale l’attività di deposito logistico autotrasportatori “sia coerente e consentita dal vigente PRGC” necessita […] di qualche approfondimento. Le norme tecniche di attuazione del vigente piano regolatore indicano l’area di via Caramagna quale “zona TR di trasformazione e riqualificazione a prevalente matrice residenziale o terziaria”. In particolare l’art. 33.1 specifica che “le aree comprese nella zona urbanistica TR riguardano parti del territorio per le quali, indipendentemente dallo stato di fatto, il PRGC prevede interventi di sostanziale ristrutturazione urbanistica, in aree prevalentemente già edificate, finalizzati alla riqualificazione di strutture dismesse, obsolete o non coerenti con il contesto urbano”. […] non sembrerebbe che la riattivazione di un’attività artigianale industriale in un sito dismesso da anni possa essere considerata a tutti gli effetti “coerente e consentita dal vigente PRGC” come sostenuto invece dal sindaco. Il successivo 33/7/b prevede che, in mancanza dell’attuazione delle previsioni del Piano di cui al comma 1, gli interventi edilizi ammessi siano comunque di modesta entità e questo, a nostro modo di vedere, dimostra che il PRGC tende, per quanto possibile, a disincentivare la prosecuzione di attività artigianali e/o industriali che eventualmente fossero in atto nelle aree TR. Il paventato insediamento di una nuova attività artigianale e/o industriale nell’area di via Caramagna 2, consistente in un “deposito logistico autotrasportatori”, è sicuramente riconducibile, come destinazione d’uso, alla sottocategoria “p1” (impianti industriali e artigianali di produzione) di cui all’art. 9 delle norme tecniche di attuazione e per questo […] sembra in contrasto con le previsioni del Piano che prevede come destinazione d’uso consentita al massimo la sottocategoria p3 (servizi alla persona) e quindi, in altre parole, niente di più che le botteghe artigiane. Certo un “deposito logistico autotrasportatori” non può essere considerato alla stregua di una bottega artigiana. Ciò detto dalla lettura delle schede d’area di cui all’elaborato P2/2 del PRGC si rileva, unicamente per l’area di via Caramagna, la presenza di una deroga transitoria per la quale, fino all'attivazione delle previsioni di Piano e cioè la trasforma-

zione e riqualificazione a prevalente matrice residenziale o terziaria, resti consentito il proseguimento delle destinazioni d'uso in atto, proprie delle zone artigianali. La deroga prevede altresì che al fine di garantire in fase transitoria la possibilità di prosecuzione delle destinazioni d'uso esistenti si ammettano modesti incrementi delle volumetrie e il mantenimento della classe acustica attuale. Precisa altresì che “conseguentemente al trasferimento delle attività ivi insediate, dovrà essere prevista la riclassificazione acustica dell'ambito, provvedendo all'aggiornamento del Piano di Classificazione Acustica”. Il richiamo ad un subitaneo aggiornamento del Piano di Classificazione Acustica all’indomani del “trasferimento delle attività” denota quanto si stia parlando di una norma “transitoria”, quindi per definizione con un limite temporale di efficacia e per questo non valida all’infinito […]. È plausibile ritenere che la deroga sia stata concessa all’area di via Caramagna per consentire alla proprietà attuale […] di rimettere in funzione il sito la cui attività era stata interrotta sin dall’anno 2011. Ma […] è ragionevole credere che, nel momento in cui il sito non venga riattivato per la mansione cui era originariamente destinato e la proprietà intenda alienarlo definitivamente, in quel momento decada l’efficacia temporale della deroga. Per questo riteniamo convintamente che non vi sia la possibilità di una riattivazione del sito da parte di un nuovo soggetto con un utilizzo diverso da quello in atto con la proprietà originaria senza la VIOLAZIONE delle anzidette norme urbanistiche.

Inoltre, […] i sottoscritti richiedono al sindaco che anche via dei Sospiri sia ricompresa nel più generale ambito di progettazione e di gestione dei nuovi spazi ciclo-pedonali connessi con l’emergenza Covid-19. Nello specifico domandano che, al pari di altre strade del concentrico, anche a via dei Sospiri sia riservata non solo una maggiore attenzione nel servizio di ordinaria manutenzione ma anche percorsi ciclopedonali appositamente dedicati con applicazione del limite di velocità di 30 km/h, varando contestualmente una virtuosa politica di deterrenza al passaggio di mezzi pesanti non solo perché inquinanti ma soprattutto perché altamente pericolosi per pedoni e ciclisti. […] cordiali saluti. Il comitato Maria Teresa Chiurato Sara Giordana Luigi Reynaudo Roberto Sabbadin” I medesimi membri del Comitato in data 1 ottobre ci hanno poi comunicato: In seguito alle lettera sopra pubblicata, martedì 29 settembre un nutrito gruppo di cittadini racconigesi hanno partecipato al Consiglio comunale, desiderando conoscere un po’ meglio a cosa sarebbero andati incontro con la costruzione di un sottopasso così impattante (oltre 8 metri di profondità rispetto al livello dei binari) ed il presunto nuovo insediamento nella ex fabbrica Novoplast di un deposito logistico di autoarticolati. Essi sono stati profondamente delusi dal comportamento del sindaco che, al momento di rispondere alle varie ed eventuali, ha sospeso la seduta, rimandato il

tutto a martedì 6 ottobre alle ore 19 . Una risposta alle richieste della popolazione appare tanto più necessaria in quanto , tra i vari problemi che può suscitare un sottopasso così profondo (vedi foto) a pagina 10 del “Progetto definitivo” per la realizzazione le sottovia di corso Regina Elena-via Caramagna si legge quanto segue: «2.2 IDROLOGIA E IDRAULICA La rete idrografica è condizionata dal torrente Maira, che nasce dalle Alpi Cozie e confluisce nel Po da destra nel territorio del comune di Lombriasco. È caratterizzato da un regime torrentizio di tipo alpino con forti magre in estate e piene primaverili, ha una portata media di 19,5 m3/S. Il territorio è attraversato da altri piccoli rii o canali senza nome. In corrispondenza dei punti dove verranno realizzati il sottovia e il sottopasso ciclopedonale non si evidenziano interferenze né con corsi d’acqua della rete principale né con quelli della rete secondaria, pertanto, nell'ambito della realizzazione del sottovia (km 24 + 460) e del sottopasso ciclopedonale (km 25 + 266), si prevedono degli interventi minimali per il drenaggio delle acque meteoriche.» Queste affermazioni appaiono tanto più sconcertanti poiché come molti Racconigesi sanno in quel punto convergono vari corsi d’acqua, tra cui il fosso di corso Regina Elena, coperto in occasione della visita dello zar Nicola II, quando venne risistemato il corso stesso. Ciò consiglierebbe la costruzione di un sottopasso di minor profondità, più sicuro nel caso non infrequente di piogge insistenti ed abbondanti, fra cui le ormai tristemente famose bombe d’acqua. Esso dovrebbe permettere il passaggio, oltre che alle auto e ai furgoncini, anche alle autoambulanze e ai camion dei pompieri (molto più bassi dei 5 metri) impedendo assolutamente la possibilità di transito degli autoarticolati. I cittadini della zona chiedono inoltre da parte del sindaco e della Giunta una assoluta vigilanza, che eviti la possibilità di insediamenti nella sede della ex fabbrica Novoplast, che possano creare per molteplici ragioni problemi all’ambiente e agli abitanti. Essi infatti desiderano che si abbia maggiore attenzione al quartiere, per il piacere di essere inseriti a tutti gli effetti nella comunità cittadina e non relegati a periferia con la presenza di insediamenti industriali o pseudo industriali.”


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SOTTOPASSI FERROVIARI A RACCONIGI: QUALI PROSPETTIVE? Partito Democratico - Sezione di Racconigi

Dopo aver visto il progetto definitivo di Rete Ferroviaria Italiana, relativo ai sottopassi ferroviari di Racconigi, intendiamo esprimere la nostra posizione. Il PROGETTO vede la realizzazione di DUE SOTTOPASSI: IL PRIMO lato Carmagnola, davanti alla Caserma dei Carabinieri, che sarà CARRABILE. IL SECONDO lato Cavallermaggiore, nei pressi del Cimitero, che sarà CICLOPEDONALE (con la possibilità di consentire il passaggio dei carri funebri). Il PD racconigese È FAVOREVOLE alla realizzazione dei sottopassi MA dopo aver visto il progetto CHIEDIAMO al Comune di intervenire con RFI affinché ENTRAMBI i SOTTOPASSI siano CARRABILI. Far convogliare tutti i numerosi mezzi di trasporto che quotidianamente vanno verso Frazione Tagliata e verso la “Reale” in un unico sottopasso, significherebbe concentrare tutto il traffico su Corso Regina Elena, Via Caramagna e Via dei Sospiri, creando seri problemi di inquinamento (atmosferico e acustico) ai residenti ed ingorghi e problemi di viabilità nei pressi della scuola materna, con difficoltà per portare i bambini a scuola, e nei pressi della stazione. Inoltre sarebbe opportuno un maggior ascolto dei cittadini e un maggior coinvolgimento delle opposizioni quando vengono realizzate opere di tale portata. Passaggi che purtroppo sono mancati in questi tre anni della nuova amministrazione. Sappiamo che tra il progetto definitivo e quello esecutivo il Comune ha margine per avanzare questa richiesta, perciò chiediamo all’amministrazione comunale di provvedere. Le scelte di oggi determinano il futuro di Racconigi e oggi c’è ancora la possibilità di intervenire per evitare che in futuro si presentino.

OTTOBRE/NOVEMBRE 2020 "Re(L)azioni" 23 OTTOBRE - ore 11 ABBONDANZA BERTONI, "La morte e la fanciulla" di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni, Racconigi, Soms 4 NOVEMBRE - 18:30 NOI E L’AMBIENTE con Luca Mercalli, Bra, Teatro Politeama 27 NOVEMBRE - ORE 21 LA MONTAGNA SACRA. IL RAPPORTO CON L'ALTA QUOTA, con Nives Meroi, modera Leonardo Bizzaro, Cavallermaggiore, Teatro San Giorgio 28 NOVEMBRE - ORE 21 “UN PO’ DI PIÙ", di Bernabéu / Covello, Racconigi, Soms Prenotazione consigliata: 335.8482321 – 338.3157459 Gli appuntamenti con gli autori sono a ingresso gratuito Spettacoli: intero 10 euro, ridotto 8 euro Il calendario potrebbe subire variazioni, si prega di informarsi


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a cura di Guido Piovano

LETTERA A FRANCESCO Caro Papa Francesco, mi rivolgo a te come fratello in Cristo con una lettera che mai ti spedirò. Scrivo dunque unicamente per mettere a fuoco alcuni temi che mi stanno a cuore. Si legge un po' ovunque in ambito progressista che le speranze suscitate alla tua elezione a Papa, dai tuoi primi atti e dalle tue prime prese di posizione si sono affievolite, se non spente del tutto. Non sono d'accordo. Penso che la tua presenza resti comunque una boccata d'ossigeno per una Chiesa che aveva certo necessità di riprendere il cammino dopo Giovanni Paolo II e dopo Ratzinger. Le tue Laudato si’ e Fratelli tutti sono un chiaro esempio di sensibilità, di umanità e di spirito evangelico: in esse la salvaguardia dell'ambiente inteso come casa comune di tutte le creature, si unisce ad un pressante invito ad impegnarci per una società più giusta e più equa, nella quale gli ultimi possano trovare finalmente accoglienza e giustizia. Ed è proprio di questa sensibilità, di questa umanità e di questo anelito di giustizia che non possiamo più fare a meno, anche in termini politici. A livello mondiale. Le vite dei poveri, dei migranti, dei palestinesi, delle popolazioni indigene dell’America Latina… sono al centro della tua azione pastorale. Infatti non si vede in giro un leader mondiale che sappia esprimere nell'esercizio delle sue funzioni questi stessi valori. Anzi, se pensiamo ai vari Trump, Bolsonaro, Orban, Netanyahu... ci sembra proprio che ormai prevalgono sempre

e ovunque i peggiori. E allora? Allora è giustificato chiederti perché manchi da parte tua una spinta davvero riformista che tenda a mutare la realtà delle cose in modo permanente e che vada oltre le tue innumerevoli espressioni di apertura comunque apprezzabili sul piano umano (vedasi l’ormai famoso “chi sono io per giudicare!”). Parlo di atti che possano davvero smuovere la chiesa in materia di diritti umani. Qui mi sento di operare un distinguo tra due diversi ambiti: il primo rispetto al quale ti sei già espresso con segnali di apertura sembra vederti almeno personalmente aperto alla innovazione - parlo ad esempio proprio della lotta alla omo-trans-fobia nella chiesa e fuori di essa che si sperava potesse portare al riconoscimento ed alla benedizione delle coppie omosessuali come segno di un Dio che accoglie tutti e che non pone limiti all'amore ed un secondo ambito che invece ti vede in ritardo e qui parlo ad esempio del ruolo della donna nella chiesa, del suo accesso ai ministeri e parlo anche del superamento del celibato obbligatorio dei preti. Ci vogliono decisioni concrete, cambiamenti veri e duraturi che non sembri pronto a compiere. Il timore è che senza questi passi alla fine del tuo mandato non sarà davvero cambiato molto sul piano dell'ordinamento ecclesiastico, figuriamoci sul piano dogmatico, altro ambito rispetto al quale la riflessione appare latente. Cattiva volontà, la tua? Non vedi i problemi reali? Io non credo. Pen-

so piuttosto che tu sia circondato da "lupi", che si personificano nelle gerarchie che ti attorniano, in cardinali tanto conservatori, quanto reazionari e che le spinte che ti vengono in primis dalla chiesa amazzonica e dalla chiesa tedesca non siano ancora sufficienti a superare il tuo isolamento. Cosa fare, dunque? Occorre a mio parere manifestarti tutto il nostro sostegno, un sostegno che di fatto non vedo, a parte sporadiche eccezioni, da parte dei parroci e della chiesa periferica, tanto meno da parte di un laicato che tace e non rivendica per sé alcun ruolo all'interno della chiesa. Un sostegno che deve essere esplicito quanto critico, ma nel contempo caloroso e che ti possa sostenere nella lotta contro la conservazione.

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Ultimamente sento dire: Papa Francesco teme che una sua chiara azione riformatrice condurrebbe fatalmente ad uno scisma e lo vuole evitare. Non sono in grado di dire se questa eventualità è reale, temo francamente di sì; né so dire cosa essa rappresenterebbe per gli equilibri mondiali. Forse, una disgrazia! Caro Papa, forza e coraggio, tu sai che il male non prevarrà… Chiudo con l’invito a tutti i lettori ad esprimersi su questi e altri temi affini che qui ho dovuto affrontare in così poco spazio, ma che sono da tempo oggetto di questa rubrica. Scrivetemi, troverete spazio su queste pagine. (gp)

LA BIBBIA PAROLA DELL’UOMO CHE DICE DIO La Bibbia nasce come parola dell’uomo che dice Dio, in quanto sente urgere dentro di sé l’interrogativo sull’origine della propria esistenza e dell’esistenza di quanto lo circonda e gli consente di vivere. Nasce come espressione del bisogno dell’uomo, interpellato dal mistero del suo nascere e del suo morire, colpito dalla meraviglia per la bellezza e l’orrore di quanto sente e vede nel mondo, di cogliere il senso di tutto ciò. Nasce dal fatto che egli lo condivide come nascosta presenza di una sorgente di vita che tutto trascende, nell’ordine del tempo, dello spazio e in quello del potere.

Presenza che gli chiama El (Dio), Elohim (Dei), JHWH, o con altri nomi ancora e che percepisce nel suo pensiero e nel suo operare, non però in quanto frutto del proprio sforzo di capire e di fare ma come messaggio e stimolo che da oltre gli viene, proprio come la vita e la morte, qualificandosi dunque come rivelazione. Nasce, infine, via via, portando con sé le caratteristiche del contesto sociale, culturale, etico ed esistenziale di colui e di coloro che la percorrono, la compongono e l’interpretano. Aldo Bodrato, “Tempi di fraternità” n.1, gennaio 2009

I ricchi e i poveri di Zanza Rino

Ma alla fine questo Trump è ricco o povero? Lui si presenta agli elettori come imprenditore di successo, capace

di accumulare una fortuna nella vita privata e quindi, da presidente, di fare la fortuna degli americani. È lo stesso Trump che al fisco americano versa ogni anno una manciata di dollari a fronte di bilanci risibili delle sue aziende. Ciarlatano o furbo? O furbo ciarlatano? Una risposta ce l’ho, ma conta quanto il due da picche nella briscola. Chissà come risponderanno gli americani. A novembre andranno a votare e faranno la loro scelta.

Fatti loro, qualcuno dirà. Mica tanto. Non parliamo dello Stato libero di Bananas, parliamo di Stati Uniti. Paese considerato, a torto o ragione, un pilastro storico della democrazia e potenza mondiale militare ed economica. Quel che succede lì non si ferma lì. Chi vincerà dunque e cosa succederà dopo? Tra un po’ lo sapremo. Ma Trump sembra già saperlo adesso. Se non sarà lui a vincere, è perché il suo avversario Biden ha truccato le carte e quindi lui (Tru-

mp) dichiara fin d’ora che non subirà passivamente la transizione dei poteri. Il suo vecchio amico Bannon è andato un po’ più in là evocando lo spettro della guerra civile: “Se Biden ruba le elezioni sarà guerra civile” Battute da campagna elettorale? In un Paese dilaniato da tensioni e contrapposizioni violente certamente battute pericolose, anche se battute fossero. A noi non resta che aspettare e guardare.


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Scuola-scuola-scuola-scuola-scuola Ormai siamo entrati nell’anno scolastico, la scuola ha riaperto le porte nel modo più strano. I presidi, gli insegnanti, il personale non insegnante hanno fatto tutto ciò che potevano fare, saputo fare, avuto voglia di fare perché l’anno scolastico si iniziasse nei tempi regolamentari e continuasse nel modo più sicuro possibile. E da fuori? Genitori, studenti, nonni, osservatori, cosa hanno fatto, cosa fanno? Di solito di scuola si parla “per slogan o per luoghi comuni” e sovente in modo negativo o almeno in modo non propositivo e spesso usato per criticare l’Amministrazione o il Governo in carica, responsabile di questa istituzione. In altre occasioni invece si usa parlare di scuola con una retorica trita e ritrita. Nell’ultimo periodo pre-apertura dell’anno scolastico, il corpo docente è stato accusato di essere pauroso, vile, di non voler affrontare le inevitabili difficoltà della situazione in atto, di essere il classico “mangiapane a tradimento”. Noi insonni all’inizio della pandemia quando non potevamo uscire con il giornale stampato su carta, avevamo lanciato un appello ai lettori chiedendo, a chi se la sentiva, di mandarci uno scritto con i propri pensieri. Ne è venuta fuori una bellissima raccolta di sensazioni, pensieri, emozioni. Ora, visto il successo precedente vorremmo chiedervi di mandarci le vostre impressioni sull’inizio di anno scolastico, magari con i collegamenti alle esperienze della scuola on line. Ma per evitare di incorrere nei

luoghi comuni delle critiche alle scelte operate nella vostra scuola in questo frangente, vi vogliamo proporre un tema che potrebbe aiutarvi a evitare di cadere in questa inutile rivendicazione. Certo, la critica serve ma se una critica non è propositiva lascia il tempo che trova. Provate tutti, studenti, insegnanti, genitori ma anche ex scolari o fruitori a qualunque titolo di questa istituzione nata come un diritto per tutti, a formulare un pensiero come se con la bacchetta magica un sogno potesse trasformarsi in realtà.

Con questo titolo: cosa vorrei dalla scuola; quali gli obiettivi che secondo me si potrebbero raggiungere, da parte di tutti, usufruendo di questa istituzione? Provate a fare un temino, nessuno vi darà il voto, anche perché potrete “consegnare” lo scritto a noi anche senza metterci il vostro nome in fondo. Noi siamo un gruppo di amici che da tanti anni si impegnano a far uscire questo giornale sforzandoci di scrivere pezzi originali, non scopiazzati da altri articoli di altri più bravi di noi, di evitare quel taglia/incolla che non ha appunto

RACCONTO ILLUSTRATO Nel numero di settembre abbiamo cominciato a rac- lui. contare questa storia di uomini e pomodori e abbia- Andiamo a scoprire perché. mo fatto conoscenza con Kwame, un piccolo coltivatore di pomodori del Ghana. Qui prosegue la storia. Sembra che abbia poco a che fare con lui, perché si parla di imprese italiane, pomodori cinesi, Unione europea e globalizzazione. Eppure… questa è la storia sua e di tanti altri come

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nulla di originale. Crediamo che serva di più cercare di lasciare correre la nostra mente come se quello che si scrive lo leggerà solo una persona di vostra fiducia. Fatelo anche voi. È un consiglio che possiamo darvi per far uscire uno scritto bellissimo, ne siamo certi. Attendiamo fiduciosi e curiosi di leggere i vostri pensieri; credete pure, la curiosità è una molla per far scaturire una comunicazione tra la gente, fonte di sicura conoscenza se sappiamo che chi ha scritto o parlato ha fatto conoscere quelli che erano realmente i propri pensieri.


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Chi è Banksy?

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di Rodolfo Allasia

Proprio questa è la domanda che tutto il mondo si pone a partire dal 2000 ma è proprio questo non-farsi-conoscere che ha portato Banksy alla notorietà, insieme alle sue opere che continuano ad avere un grande fascino. Sembra paradossale: un artista conosciuto in tutto il mondo perché è sconosciuto. In questo caso parlare di successo, nel significato pieno di questo termine, è improprio poiché importanti uomini di potere sono stati contrari alle sue opere al punto di farle sparire in modo che nessuno potesse più vederle. Il risultato ottenuto però è stato esattamente contrario a queste intenzioni poiché sempre più persone hanno iniziato ad apprezzarle ed il loro autore (molto più di quanto si apprezzino artisti del 1500 o 1600) anche se non hanno mai visto il suo volto e in compenso alcune sue opere sono state riprodotte in milioni di giornali. Il lavoro di Banksy è in parte simile a quello dei writers o graffitisti cioè a quelli che “imbrattano” più o meno bene i muri delle case altrui. Negli ultimi anni, anche in Italia, alcune am-

ministrazioni comunali, dimostrando di apprezzare questa corrente artistica, hanno invitato graffitisti bravi a riempire grigi muri di proprietà pubbliche con queste opere che, viste con un occhio positivo, hanno riempito di colore spazi vuoti e decisamente tristi. Molti di voi lettori avranno sicuramente visto le pitture murali che sono state realizzate nel comune di Cavallermaggiore qualche anno fa. Questa forma d’arte è stata definita street art e gli eventi di questo tipo vengono definiti jam. Quanti di questi lavori sono commissionati e quanti sono illegali è ancora un altro tema. Quella di Banksy ha però un fondamento più profondo, intanto è una forma di protesta contro una società che non è più a misura umana e questa contestazione avviene con giochi di parole, con una parodia della autorità, con messaggi pacifisti molto politicizzati centrando obbiettivi ben definiti. È questo un modo di usare la strada molto surreale, sbalorditivo, che suscita emozioni forti ai comuni passanti ma evidentemente anche a coloro che sono gli obbiettivi dei suoi attacchi. Così facendo, questo artista, ha trovato la complicità di molti giovani che si sono mobilitati spesso per impedire che alcune delle sue opere fossero cancellate di autorità. Così Banksy ha raggiunto la popolarità di un grande artista e sicuramente passerà alla storia. È nato nel 1974 a Bristol e qui ha iniziato la sua attività, ma in breve tempo ha scelto di realizzare a Londra le sue opere: un palcoscenico molto più prestigioso. Io ho visitato una sua mostra al Palazzo dei Diamanti a Ferrara negli ultimi giorni di apertura; il titolo di questo evento è stato “Un artista chiamato Banksy” e nonostante questa for-


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ma d’arte non sia tra le mie preferite ho dovuto riconoscere che mi ha fatto apprezzare quasi tutto quanto ho potuto vedere e riflettere su questo modo di farsi conoscere restando lui fisicamente sconosciuto. Questa mostra è stata voluta nel Palazzo dei Diamanti per giocare sul contrasto tra una dimensione storica di questo splendido monumento rinascimentale e la dimensione “urban” che presentano le opere dell’artista. Vorrei spiegare la tecnica di lavoro di Banksy e molte altre suggestioni che la mostra mi ha suscitato ma la tirerei troppo a lungo. Mi limito, per chiudere, a citare alcune frasi che servivano ad illustrare le opere ai visitatori della mostra e far comprendere loro lo spirito che aleggiava in tutte le sale di esposizione.

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“Credevo non valesse niente: non sapevo che fosse prezioso, per questo l’ho verniciato”. Rappresentante della Bristol Muslim Cultural Society (“verniciato” sta per cancellato con vernice). Pensate che questa opera, tempo dopo la cancellatura e successiva valorizzazione è stata fatta restaurare con tecniche simili a quelle utilizzate per antichi affreschi! “Non sono diventato un writer per farmi dire dagli altri cosa fare”, frase di Banksy riportata da Time out. “Non si sfugge: per un writer il successo commerciale è un segno di fallimento”, Banksy, da un’intervista rilasciata a Village Voice. “Ci mette in pessima luce, non solo sul piano internazionale”, James A. Baker III, ex segretario di Stato degli Stati Uniti, L.A. Times.

Intervista

FACCIO LA MIA PICCOLA PARTE

Davide Garabello: l’esperienza di un agricoltore biologico a cura di Pino Tebano

Incontro Davide, 38 anni, studi in medicina, nato a Torino e vissuto a Moncalieri oggi coltivatore biologico in Cavallermaggiore. Com’è nata la tua scelta? Già durante gli studi avevo iniziato a seguire alcuni terreni di famiglia ed ho iniziato con l’agricoltura convenzionale ma già con un occhio di riguardo alla biodiversità e con una riduzione sostanziale di prodotti chimici di sintesi. Il mio obiettivo, fin da subito, era di arrivare al biologico e sono certificato dal 2019 dopo un percorso di riconversione durato qualche anno. Quanto è grande la superficie coltivata e cosa coltivi? Sono 10 ettari coltivati per la maggior parte a cereali ma con superfici di anno in anno più grandi dedicate a pomodori, patate e mirtilli. Grano mais e soia biologici vengono, quasi interamente, trasformati in mangimi per allevamenti biologici e la mia intenzione è ridurne progressivamente la produzione ed inserire culture alternative come canapa con l’obiettivo di rinnovare la fertilità dei suoli. Un’agricoltura sostenibile quindi? Sì, la fertilità dei suoli è compresa nei primi venti centimetri di terreno che ci nutrono, nelle lavorazioni non uso l’aratro, per non rivoltare il terreno, ma solo un erpice particolare che smuove ed arieggia il terreno consentendo, per capillarità di portare l’umidità dalla falda e un maggiore deflusso delle piogge intense. I cereali che coltivo, incluso il mais, non li ho mai irrigati. Ho fatto negli anni diverse prove con varietà diverse, arrivando ad ottenere, nel caso del mais, la stessa produzione di quello irrigato. Fai parte di associazioni di agricoltori? Io faccio parte di Confagricoltura a cui mi rivolgo per tutte le pratiche ma per il resto sono vent’anni che faccio ricerche. Sono andato da solo per molto tempo e ora mi sono avvicinato alle tecniche di agricoltura organica e rigenerativa e ad associazioni che le promuovono. Sta cambiando qualcosa nella nostra cultura circa la sostenibilità? Credo che finché si potrà si andrà avanti cosi. I

cereali oramai sono prodotti che vengono quotati sui principali mercati finanziari, il prezzo è altalenante e i prodotti possono essere trasportati, con i mezzi attuali, in pochi giorni in tutte le parti del mondo alla stregua di un pacco Amazon. Arrivano cereali dall’est Europa e dall’Argentina a prezzi più bassi di due o tre euro in meno al quintale… e sono prodotti di qualità controllata. Hanno il vantaggio di aver iniziato con le colture intensive solo da una decina di anni e hanno ancora molti terreni vergini e quindi meno problematiche di malattie e di stanchezza dei terreni stessi. … Però alcuni segnali, come la questione dell’olio di palma che è stato bandito dalle grandi case dolciarie in poco tempo, dimostra che le scelte dei consumatori possono indirizzare le scelte dei produttori.

I tuoi obbiettivi per il futuro? Cercare di strutturarmi in modo da migliorare e aumentare la fertilità dei suoli e avvicinare il rapporto produttore-consumatore. Io sono convinto che al giorno d’oggi, se uno ha delle sensibilità non basta più dire, ma sia necessario “fare”, diventare attivisti. È arrivato il momento che ognuno nel suo settore faccia la sua parte, io quello che voglio fare qui, in campo agricolo e ambientale, è proprio questo: dimostrare che sono cose che funzionano e i risultati si vedono. Io faccio la mia piccola parte. Ti occupi anche di trasformazione dei tuoi prodotti? Io non posso in termini di tempo e di strumenti che sono necessari, ho individuato due aziende specializzate e impegnate nel sociale con inserimenti lavorativi, che mi lavorano i pomodori per fare la passata e i mirtilli per le marmellate ed i succhi, uno classico con acqua e zucchero e uno puro al 100%. Tutti prodotti che in etichetta riportano la provenienza e la certificazione biologica. Tu lavori da solo o hai persone che vengono a lavorare con te? Al momento lavoro da solo ed in prospettiva devo capire come strutturarmi. Oggi, e lo si vede dappertutto, il lavoro nero e lo sfruttamento sono all’ordine del giorno anche nelle nostre zone ed io non voglio assolutamente entrare in un meccanismo del genere. Il mercato è falsato in quanto il produttore mette a bilancio per la raccolta, non il lavoro remunerato regolarmente …per stare nel prezzo di mercato e della grande distribuzione. Si può però fare una scelta come consumatori: premiare le produzioni che rispettano regole e persone in tutti i campi. Grazie, a presto Davide e buon lavoro. Per chi volesse avere maggiori informazioni e conoscere Davide e le sue produzioni: Az. Agr. Cascina La Trinità – Cavallermaggiore Mail info@cascinalatrinita.it Tel. Aziendale e WA 333-2191513


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Raccontami....

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IL VUOTO E IL NULLA di Vincenzo Esposito

Tutto è cominciato il giorno in cui, a causa del continuo propagarsi del virus, ha avuto inizio l'obbligo di restare in casa e di uscire solo per le più strette necessità e cioè disfarsi dei rifiuti accumulati o di recarsi nella più vicina rivendita di alimentari, muniti di guanti di lattice e di mascherina, accodarsi a un metro di distanza in una lunga fila e attendere pazientemente il proprio turno di poter accedere in un supermercato semivuoto e silenzioso, dove tutti si guardano con sospetto e si evitano, temendo di contrarre il misterioso contagio che sta infettando e sterminando migliaia di esseri umani. Dal primo giorno che è cominciato

questo incubo è andato una sola volta al supermercato, una mattina livida, nella quale pochi passanti, simili a vaghi spettri scivolavano strisciando lungo i muri dei palazzi, attraversando strade mute e vuote, come stesse per venire la fine del mondo o fosse scoppiata una bomba nucleare e quei pochi esseri mascherati fossero gli unici superstiti di una umanità quasi del tutto annientata dalla violenza dell'esplosione. Ha acquistato quante più cose poteva, pasta, riso, pelati, latte a lunga conservazione, crackers, fette biscottate, the verde, zucchero, olio extravergine, confezioni di carne, mele, verdura, caffè, formaggi, detersivi e saponi e con tutte questa roba ha riempito quattro buste, che ha trasportato, pesantissime, fino alla macchina parcheggiata a un centinaio di metri dal supermercato e ha poi, una volta a casa, caricate in ascensore, che però ha evitato di prendere per timore che qualche invisibile bollicina del virus potesse essere rimasta a galleggiare nell'abitacolo, prodotta da uno sventurato e inconsapevole contagiato, che poteva avere usato l'ascensore un attimo prima di lui. Ha così salito tre piani di scale e una volta davanti alla porta di casa ha chiamato l'ascensore per recuperare le sue preziosissime buste e riporle in cucina, dove, sempre temendo un'eventuale presenza del maledetto virus sulle superfici

delle confezioni acquistate, ha trascianato definitivamente le buste fuori il terrazzo e ha schierato sul tavolo un oggetto alla volta, su ognuno dei quali ha poi passato un panno imbevuto di alcool per, come si usa dire in questo periodo di epidemia, sanificarli e poterli così usare e consumare senza patemi d'animo. Alla fine di questa laboriosa operazione, dopo aver osservato il tavolo stracolmo di beni alimentari per così dire alcolizzati, si è sentito un idiota, ha improvvisamente avvertito la ridicola stupidità che lo aveva guidato e ha deciso di non uscire più per andare al supermercato, di razionarsi il cibo che aveva acquistato e che lo osservava troneggiando sul tavolo del terrazzo e di mettere il naso fuori di casa di tanto in tanto solo per buttare la spazzatura e così non vivere più quell'angosciosa sequenza di gesti e di non respirare più l'aria deprimente che si respirava in strada. Così ha razionato con una certa precisione i beni alimentari che aveva a disposizione, distribuendoli per la durata di trenta giorni, il che lo ha portato a dover consumare quaranta grammi di pasta al giorno, cinque pugni di riso, mezza fettina di carne per volta, due fettine di formaggio, una confezione di crackers a pranzo e una a cena, mezza tazza di latte allungato con tè verde, mezza mela a pasto e altre suddivisioni che gli permettevano di coprire un intero mese senza avere il bisogno di recarsi al supermercato e da quel momento è iniziata la lunga segregazione casalinga. Le sue giornate si sono susseguite, una dopo l'altra, segnate dagli stessi gesti e dalle stesse operazioni a partire dalla prima mattina, dal risveglio che è avvenuto immancabilmente alle otto e trenta, seguito dalla colazione, mezza tazza di latte allungato con tè verde e tre fette biscottate, poi abluzioni, mezzora di televisione per i notiziari, poi il lavoro, che per lui significa scrivere, dal momento che fa lo scrittore, scrive romanzi, immagina storie, personaggi, intrecci, episodi, eventi, tutti frutto solo di fantasia e se li rigira nella mente come fossero reali e aspettassero da lui la soluzione dei loro problemi, ma quella prima mattina di segregazione il suo momdo di fantasmi viventi gli è sfuggito, si è allontanato e lui non è riuscito ad afferrarlo e a raccontarlo per iscritto. Allora si è alzato dallo scrittoio, dove tiene il computer, è uscito sul terrazzo e si è messo a osservare la strada, grigia, silenziosa, attraversata da poche ombre sfuggenti che si affrettavano chi sa dove, mentre il cielo nuvoloso del tardo inverno, piovoso e malinconico invitava a una pesante tristezza che per fortuna è stata interrotta, verso mezzogiorno, dalla telefonata della moglie, rimasta bloccata a casa di sua

figlia in una cittadina vicina. Le solite domande, le stesse raccomandazioni, le medesime inutili iniezioni di fiducia e di ottimismo, quelle che si rincorrono nei notiziari televisivi insieme alle immagini e ai resoconti dei decessi, dei ricoveri, degli ospedali intasati, dei visi un po' deformati dai collegamenti on-line degli scienziati in malattie epidemiologiche e degli uomini politici che borbottano messaggi di pace e di speranza, invitando a unire le forze per superare il momento buio e sempre spunta qualcuno che si augura un futuro nuovo e migliore, che si dice sicuro che, usciti dall'epidemia, saremo tutti più buoni e pronti ad aiutarci l'un l'altro. Idiozie che lui ascolta alla televisione, in cucina, mentre consuma il suo scarso pranzo, pasta condita con un filo d'olio e una modesta spolverata di parmigiano, mezza mozzarella, due crackers e uno spicchio di mela, ma alla fine un buon caffè, dopo di che ha avuto inizio il pomeriggio, è ritornato al computer per rimettersi a scrivere, ma nella sua testa c'è un vuoto paralizzante, quasi doloroso, che ha cercato di colmare guardando l'enorme cedro del Libano che si innalza dal giardino sottostante, possente, un lungo ramo verdescuro sul quale saltella un corvo. Alla fine ha abbandonato di nuovo la sua storia e i suoi personaggi al loro destino ed è andato a stendersi sul divano, colto da una misteriosa e inspiegabile stanchezza che gli pesa sulle palpebre, ha allungato le gambe e si è addormentato, sprofondando in sogni insensati, tristi, ma non angosciosi, che si sono rotti all'improvviso alle sei, quando da un condominio vicino uno sconosciuto, forse fervente innamorato della musica, ha lanciato nell'aria, a volume altissimo, le note dell'inno nazionale

"Fratelli d'Italia", mentre dai balconi e dalle finestre la gente applaudiva per poi sparire al termine dell'ultima nota. Alle sei e trenta si è ripetuta la telefonata di sua moglie e di sua figlia con le solite raccomandazioni e gli ultimi dati della catastrofica epidemia, che è andato poi a risentire alla televisione, accompagnati da commenti e incitamenti all'ottimismo e al rispetto delle regole, dopo di che si è organizzato per la cena, che è stata ancora più frugale del pranzo, in quanto è consistita nel consumare la mezza mozzarella rimasta a pranzo con due crackers, un pomodoro tagliato a fettine, condito con sale, olio e un pizzico di origano, accompagnato da altri due crackers e per finire un altro spicchio di mela conservato in frigorifero, ben avvolto in uno strato di pellicola per non farlo macchiare. Dopo cena ha lavato i piatti, ha indossato il pigiama, ha girovagato per casa, si è fermato davanti alla libreria, ha osservato attentamente i libri divisi ordinata-


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mente per nazione, ha preso il volume dei racconti di Cechov, che ama particolarmente e ne legge un paio ogni tanto, ma poi lo ripone e con un gesto risoluto va a prendere La peste, il famoso romanzo di Albert Camus, che racconta un'epidemia e analizza i comportamenti della gente, lo sfoglia, ne guarda la copertina e alla fine lo mette sottobraccio, ma invece di mettersi subito a leggere, va a sedersi in salotto, il libro a fianco, accende la televisione e dopo avere vagato tra i vari canali si ferma su un film, una moderna commedia all'italiana. Ha pensato di rilassarsi prima di andare a letto e immergersi nella lettura de La peste, così si sdraia comodamente, allunga le gambe e guarda il film, ma, dopo un quarto d'ora, comincia a sbadigliare, a distrarsi, a pensare a tutt'altro e non alla noiosa vicenda che si va svolgendo sul teleschermo, dove si racconta la solita storia di una coppia romana di medio-piccola borghesia divorziata, con un marito che si affanna dietro una ragazza più giovane di lui, superficiale e consumista, una moglie depressa che inciampa in mille difficoltà e una coppia di figli adolescenti, un maschio e una femmina, insofferenti delle attenzioni della madre, invischiati con i loro coetanei in situazioni squallide, dediti a un continuo e orrendo turpiloquio, aggravato da un'accentuata cadenza romanesca. Spegne disperato la televisione e si dirige deciso in camera da letto, accende la luce sul comodino, si corica e finalmente si mette a leggere La peste, attento e concentrato sulla

prosa di Camus, sul mondo dolente che racconta e va avanti fino a quando gli occhi cominciano a bruciargli dalla stanchezza, a chiudersi, allora spegne la luce sul comodino e si addormenta di colpo, come fosse stanco e dormendo viene catturato dai sogni che gli fanno compagnia fino al mattino quando si sveglia e non ne ricorda nessuno. Sono così passati dieci giorni, più o meno identici tra loro, stesse occupazioni, stessi gesti, mentre un insorgere di pensieri, lento, va facendosi spazio nel suo cervello fino a occuparlo interamente, così, seduto davanti al computer a scrivere, nella sua mente non si formano le immagini, i volti, i paesaggi che lo accompagnano, come un film infinito, nello scorrere delle storie che va scrivendo, ma al loro posto c'è una parete bianca, un po' sporca, forse grigia, che si erge ostinata, insuperabile. Allora si alza e va in cucina, sfiduciato e infastidito per questo improvviso blocco immaginativo, che pensa di poter rimuovere preparandosi una fresca macedonia di frutta, tagliuzzando a piccoli pezzi una mela e spicchi di arancia, trafugandole al rigido razionamento che si è imposto, ma forse capaci di infrangere con l'attenzione e la meticolosità che richiede la realizzazione della macedonia il pallido muro che all'improvviso gli è cresciuto nella mente. Mangia lentamente, immergendo il cucchiaino in un bicchiere, osservando dal terrazzo i pini che s'allungano verso il cielo del collegio dei Salesiani, che fronteggia casa sua, poi torna a sedersi al com-

13 puter, pensa al personaggio del quale stava raccontando la storia, uno sconosciuto cingalese, guardiano di un garage, ma invece della sua faccia larga e scura riappare il muro un po' più grigio di prima, un'apparizione che lo fa stizzire, spegne il computer e va a sdraiarsi sul divano, chiude gli occhi e cerca di riacquistare la calma, il sereno equilibrio che fino a qualche momento prima scandiva le sue giornate sempre uguali. Pensa che deve essere stata quella maledetta obbligatorietà di stare in casa che lo ha improvvisamente isterilito, anche se a lui non è mai pesato passare intere giornate nel suo studio, senza uscire, interrompendo il lavoro solo per girovagare per le stanze a parlare con la moglie, ma poi pensa che forse non è quella segregazione obbligatoria, pur se angosciosa e soffocante, che sta piano piano prosciugando la sua immaginazione, ma il fatto che non riesce più a pensare il futuro all'interno di un presente immobile, perché, quando in passato amava trascorrere lunghe giornate senza uscire e viveva in un presente sempre uguale, sapeva che poteva immaginare un futuro diverso dal presente che stava vivendo e, soprattutto, che poteva interrompere, da un momento all'altro, la sua chiusura casalinga. Adesso invece si trova a vivere in un'eterna immobilità, come se stesse in una bolla e il tempo girasse in tondo, un ripetersi incessante di ore e di minuti, che hanno tutti lo stesso colore, che è difficile distinguere uno

dall'altro, un riprodursi sempre uguale che pare non doversi mai arrestare e continuare così per giorni e giorni in un eterno presente che sembra possa diventare l'unica dimensione del tempo, escludendo così la possibilità della realizzazione di un futuro. Improvvisamente ha paura che il tempo si sia fermato per sempre, che giri intorno a tutti nel mondo come una trottola e che sarà sempre così, ognuno chiuso nella propria casa, condannato a evitare ogni rapporto con gli altri, non potere abbracciare e baciare nessuno, non potere nemmeno stringere una mano o fare una carezza a un bambino e questo pensiero è quello che lo sommerge definitivamente, allora si alza dal divano, va di nuovo in cucina, riempie d'acqua una pentola e la mette a bollire, qundi prende la razione quotidiana di spaghetti, li versa nell'acqua bollente e aspetta, paziente, la mente vuota, che si cuociano, alla fine li scola, li mette in un piatto, li condisce con un dito d'olio e una spolveratina di parmigiano grattugiato e quando si siede e si mette a mangiare per un istante rimane con la forchetta e un rotolino di spaghetti attorcigliati nei rebbi sospesa a osservare le prime gocce di pioggia che cominciano a cadere sul pavimento del terrazzo, poi, una volta finito di mangiare, va a sedersi su una poltrona davanti ai vetri della portafinestra a guardare la pioggia scendere dal cielo che va diventando sempre più buio, le braccia incrociate. Aspetta.


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A bordo del Galeone Liceo con Isabella Garavagno e Duccio Chiapello di Luisa Perlo

“Mala tempora currunt…”: anche la scuola, come innumerevoli altri settori, sta faticosamente affrontando la ripresa dopo la pandemia, ben sapendo che certezze ancora non ce ne sono, per nessuno. Eppure, anche nei momenti più difficili, ha sempre saputo mantenere il suo ruolo di punto fermo nella vita di adulti, ragazzi e bambini: proprio il non poterla frequentare in presenza, l’aver perso il contatto quotidiano con i propri coetanei, l’aver dovuto filtrare le lezioni attraverso lo schermo di un pc ha fatto riscoprire a tutti quanto mancasse, quanto fossero importanti tutti i piccoli gesti quotidiani troppo spesso dati per scontati. Parlare di scuola, dunque, non è mai fuori luogo e ne è stata testimonianza la serata di giovedì 24 settembre quando, nei locali soms diventati un bellissimo punto di incontro per Racconigi, un pubblico interessato e attento ha seguito la presentazione del libro di Isabella Garavagno e Duccio Chiapello, “Galeone liceo”, in cui si racconta la vicenda di una classe di liceali all’ultimo anno di scuola, prima di affrontare l’esame di maturità. Isabella e Duccio sono insegnanti, rispettivamente di scienze umane e di storia e filosofia, per cui la

scuola è il loro pane quotidiano, ne conoscono luci e ombre, gioie e tristezze. Così, in un lavoro a quattro mani basato su una costante collaborazione di scrittura ma anche su un’amicizia solida e bella, di quelle che da adulti non sempre ti capita di costruire, sono nati dalla loro tastiera i ragazzi della 5^ D, con i loro insegnanti, col loro bidello, col loro edificio scolastico, il Galeone Liceo. Entrambi sono docenti presso il liceo “Ancina” di Fossano e non è difficile ritrovarlo nella scuola che si staglia imponente al termine di una salita, nei giardini che si trovano a poca distanza, nella fontana al centro della rotonda contigua, nei portici di via Roma. Ma le sovrapposizioni terminano qui, sarebbe un errore cercare nomi e cognomi da legare ai volti dei loro protagonisti, perché essi raccolgono i ricordi di una vita, mescolando colore degli occhi e interessi per una specifica materia, problematiche familiari e piccole o grandi storie d’amore. I ragazzi della quinta D sono quindici, pochi come talvolta accade nelle classi terminali, a causa degli abbandoni scelti o subiti negli anni precedenti. Proprio per questo, però, sono diventati come una famiglia, si conoscono a fondo e condividono molto tra di loro, anche se non proprio tutto, perché ci sono segreti che devono rimanere chiusi nel cuore di ciascuno. Ogni mattina, alzando gli occhi sul loro liceo, lo vedono come un immenso Galeone, su cui sono saliti anni prima e da cui dovranno a breve scendere, dimenticando la spensieratezza che li accompagnava a quattordici anni, essendo di-

ventati a diciotto uomini e donne. Non importa che sia un vecchio edificio, tra le sue pareti è passata la vita: quando, per politiche ignote ai più, viene deciso dall’alto che il Liceo chiuderà, i ragazzi della quinta D si sentono coinvolti in una grande impresa, quella di non abbandonare il loro galeone nelle mani dei pirati. Tocca a loro, i grandi, farsi portavoce del disappunto generale, combattere con l’appoggio del Preside la loro battaglia, che li porta senza esitazioni di fronte al Presidente della Provincia, Prospero Lete, ex studente lui stesso del Liceo. Che sia vittoria vera o vittoria di Pirro, ha poca importanza, quello che conta è aver impugnato le simboliche armi della parola per far capire a tutti che chiudere una scuola non è mai un buon segno, all’interno di una società. Ognuno di questi studenti è un microcosmo, contiene in sé i dubbi e le gioie di una generazione intera, gli inquieti turbamenti individuali, i sentimenti che pulsano nelle vene di chi sente il traguardo ormai vicino. Con un alternarsi continuo dei punti di vista essi vengono raccontati dentro e fuori, con il gioco dell’avvicendare ciò che si pensa di essere e ciò che invece gli altri pensano al proposito, che raramente coincide. Quanta vita scorre tra i banchi di una scuola che gli adulti non hanno più la capacità di vedere? Bisogna aver vissuto a fianco dei ragazzi per molti anni per non avere lo sguardo offuscato, saper capire che ci sono mattinate in cui è meglio non spiegare la concezione religiosa di Manzoni, chiudere il libro, spostare la sedia e sedersi in mezzo a loro, per ascoltarli veramente a fondo: capire perché Stefano è volontariamente sceso dal Galeone e non vorrebbe più risalirci per scelta di vita, perché Marta, arrivata da un’altra istituzione scolastica, fatica a entrare a far parte del gruppo e apparentemente si perde nei suoi pensieri, fare in modo che chi la vita ha sottoposto troppo presto al contatto col dolore, come Leonardo, possa trovare nel gruppo classe un sostegno straordinario. Anche a scuola alcuni sono destinati al successo ed altri al fallimento, come sempre accade nella vita. I quindici marinai del Galeone

Duccio Chiapello, Isabella Garavagno

“Galeone liceo” Anno: 2020, Pagine: 175

Editore: Araba Fenice

hanno festeggiato la fine dell’ultima estate davvero spensierata prima di iniziare la quinta, hanno organizzato una incredibile festa di capodanno che li ha visti rotolare nella neve e scaldarsi coi loro sentimenti, hanno studiato e capito che ogni giorno, a ben guardare, puoi vedere nella tua quotidianità quanto possa essere importante ciò che hai studiato e finalmente capito. L’esame sarà l’ultimo momento di vita in comune, prima che i cammini si separino come è giusto che sia. Per quanto “grandi”, però, non possono attraversare l’ultimo anno di scuola da soli, senza timonieri e capitani: a sostenerli e guidarli ci sono soprattutto due insegnanti, una di vecchio corso e pronta alla pensione, l’altro appena arrivato, forte dell’entusiasmo di chi si mette in gioco con un ruolo importante, in cui gli sbagli si pagano cari. È il nuovo professore di filosofia,


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carismatico, giovane, bello e capace di far innamorare Miriam, insieme a Fabrizio la voce narrante della parte degli studenti. A lui i ragazzi sarebbero pronti a rivolgersi con un “Capitano, mio capitano”, magari anche in piedi sui banchi, ma lui sa quali sono i confini da non superare, sa che la vita vera non è un film e mantiene al loro posto tutte le relazioni, anche se ciò può far male a qual-

Cin

Cinema Kynodontas DOGTOOTH di Cecilia Siccardi

Una ricca famiglia vive in un’enorme villa, in una zona isolata. I tre figli della coppia vengono tenuti in reclusio-

Lib

Libri Tra le figure più note della Chiesa universale e della società del secolo scorso vi è certamente dom Hélder Camara. Convertito, come Oscar Romero, dai poveri e dai perseguitati, divenne ben presto la loro voce. Di

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cuno. C’è ancora un adulto a proteggere le spalle dei ragazzi, si chiama Santo ed è il loro anomalo bidello, premuroso e attento, confidente della prof e dei suoi ragazzi, capace di pronosticare il risultato del loro esame non perché si creda un indovino, ma perché li conosce sin troppo bene, li vede non dentro all’aula, ma fuori, dove sono più se stessi.

Il Galeone Liceo è un piccolo mondo a sé stante, solido nella bonaccia e nelle tempeste, che ogni anno scarica a terra i suoi marinai, pronto ad accoglierne di nuovi. Gli autori hanno scelto di rivelare al lettore quale cammino abbiano percorso i ragazzi della quinta D, ripresentandoglieli dopo vent’anni: c’è chi si è disperso, chi ha avuto successo, chi ha fatto perdere le proprie tracce, chi baciato

dalla buona sorte si è ritrovato forse per non perdersi più. Perché in fondo, sebbene tu non vedessi l’ora di scordare le versioni di latino e le verifiche di matematica, ciò che hai vissuto a scuola non lo scorderai più, ti aiuterà a diventare la persona che sei e che sarai e sarà davvero bello, nel corso della tua vita, riabbracciare i tuoi compagni del tempo e farti cullare da un piacevole amarcord.

ne dai genitori: non hanno mai avuto alcun contatto col mondo esterno, né sanno della sua esistenza. Viene loro nascosto il vero significato di parole come “mare” e “autostrada”, non hanno mai visto un gatto, e viene detto loro che l’unico modo sicuro per attraversare i confini della loro proprietà è a bordo di un’auto. Ma potranno farlo solamente quando perderanno un dente canino. Il padre è l’unico a uscire di casa, per portare avanti la sua attività di imprenditore; per soddisfare gli impulsi sessuali del figlio maschio, decide di pagare una guardia di sicurezza che lavora per lui, e sarà proprio l’arrivo di una persona esterna a turbare le dinamiche familiari. Disturbante, grottesco e perverso, Kynodontas è un film del regista greco premio Oscar Yorgos Lanthimos (The Lobster, La Favorita, Il Sacrificio del

Cervo Sacro). Uscito nel 2009, il film ha vinto il premio Un Certain Regard a Cannes nello stesso anno, ed è stato candidato ai premi Oscar come Miglior Film Straniero nel 2011; è stato però distribuito nelle sale italiane per la prima volta solo di recente, forse per la potenza dell’immagine della famiglia prigioniera nella propria casa nel post-lockdown. L’accostamento con l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto risulta, in realtà, vago e un po’ forzato: sono altri i temi fondanti su cui si muove la storia. Nel film non viene mai spiegato perché il padre abbia deciso quella vita per la propria famiglia: l’atmosfera è surreale, ma i tre figli sono abituati a seguire le regole e sembrano vivere tranquillamente, senza mai farsi domande. È cruciale notare come il patto di fiducia con l’autorità venga minato dall’introduzione di

nuovi elementi di conoscenza: è il sapere, l’acquisizione di nuove nozioni, a mettere in moto le vicende. Volendo trovare una morale, si potrebbe dire che la cieca accettazione di un ordine imposto è permessa soltanto dall’assenza di stimoli e curiosità. Da vedere assolutamente.

fronte alla tentazione della violenza, ha e le dittature del XX secolo, approindicato senza sosta la strada della con- fondendo in particolare le testimoversione e della nonviolenza. Fu guar- nianze di chi si opposto a tali sistemi. dato con sospetto da ampi settori della Chiesa e dei dicasteri vaticani, ma ebbe sempre il sostegno di Paolo VI che lo Anselmo Palini considerava un profeta. Radicato nella Hélder Camâra Parola dl Dio, dom Hélder ha cercato «Il clamore dei poveri è di tradurre nella realtà il sogno di un altro mondo possibile, basato sulla la voce di Dio» giustizia, sulla fraternità e sulla pace, e quello di una Chiesa aperta allo SpiriPrefazione di mons, to, povera e serva del Regno.

Luigi Bettazzi Postfazione di dom Piero Conti (vescovo di Macapá - Brasile) e L’AUTORE Anselmo Palini, insegnante e saggista, dom Carlo Verzeletti (vescovo di Castanhal – Brasile) ha approfondito soprattutto i temi della pace, dell’obiezione di coscienza, dei diritti umani, della nonviolenza. Più recentemente ha preso in esame le problematiche connesse con i totalitarismi

Pagine 240, € 14,00 Editrice Ave

L'utilità dell'inutile

Nuccio Ordine. L'utilità dell'inutile. Manifesto, Bompiani, 2013 da Riforma 25 settembre 2020

L'ossimoro evocato dal titolo L'utilità dell'inutile merita un chiarimento. La paradossale utilità di cui parlo non è la stessa in nome della quale i saperi umanistici e, più in generale tutti i saperi che non producono profitto, vengono considerati inutili. In un'accezione molto più universale, ho voluto mettere al centro delle mie riflessioni l'idea di utilità di quei saperi il cui valore essenziale è completamente libero da qualsiasi finalità utilitaristica. Esistono saperi fini a se stessi che - proprio per la loro natura gratuita e disinteressata, lontana da ogni

vincolo pratico e commerciale - possono avere un ruolo fondamentale nella coltivazione dello spirito e nella crescita civile e culturale dell'umanità. All'interno di questo contesto, considero utile tutto ciò che ci aiuta a diventare migliori. Ma la logica del profitto mina alle basi quelle istituzioni (scuole, università, centri di ricerca, laboratori, musei, biblioteche, archivi) e quelle discipline (umanistiche e scientifiche) il cui valore dovrebbe coincidere con il sapere in sé, indipendentemente dalla capacità di produrre guadagni immedia-

ti o benefici pratici. Certo, molto spesso i musei o i siti archeologici possono anche essere fonte di straordinari introiti. Ma la loro esistenza, contrariamente a ciò che alcuni vorrebbero farci credere, non può essere subordinata al successo degli incassi: la vita di un museo o di una scavo archeologico, come quella di un archivio o di una biblioteca, è un tesoro che la collettività deve gelosamente preservare a ogni costo. (...) l’utilità dei saperi inutili si contrappone radicalmente all'utilità dominante che, in nome di un esclusivo interesse economico, sta

progressivamente uccidendo la memoria del passato, le discipline umanistiche, le lingue classiche, l'istruzione, la libera ricerca, la fantasia, l'arte, il pensiero critico e l’orizzonte civile che dovrebbe ispirare ogni attività umana. Nell'universo dell'utilitarismo, infatti, un martello vale più di una sinfonia, un coltello più di una poesia, una chiave inglese più di un quadro: perché è facile capire l'efficacia di un utensile mentre e sempre più difficile comprendere a cosa possano servire la musica, la letteratura o l'arte.


Ottobre 2020

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Corpo e Mente in sintonia Come riusciamo a gestire le sfide quotidiane? Quali strumenti adottiamo per rallentare il ritmo che a tratti sembra toglierci il respiro? Ci siamo mai fermati un attimo ad ascoltare proprio quel respiro percepibile solo nel momento in cui è affannoso, ma che in realtà ci accompagna, sin dalla nascita, ogni istante della nostra vita? Abbiamo chiesto a Daniela Ferusso, psicologa e psicoterapeuta, e ad Eva Revelli, counselor ed istruttrice di Mindfulness, di raccontarci come il corpo e la mente vanno vissuti insieme, per percepire benessere. Per affrontare in maniera più consapevole ciò che la vita ci riserva, le due professioniste ci spiegano in cosa consiste il Counseling corporeo e l’Analisi Transazionale. Cosa si intende per approccio corporeo e psicoterapia ad indirizzo analitico transazionale? E: Con il primo si intende una serie di pratiche, orientate allo sviluppo della consapevolezza, che invitano a portare l’attenzione all’interno del corpo per scoprire cosa avviene in noi in quel preciso momento. D: L'Analisi Transazionale è il mio approccio

psicoterapeutico. Tra le tante cose, sostiene che noi stiamo bene quando pensieri, comportamenti ed emozioni sono allineati. Nella mia esperienza noto che quando le persone sentono un disagio, questo allineamento non avviene e sovente subentra un sintomo a livello corporeo. Noi non siamo delle unità scisse: la mente astratta e il corpo concreto. La mente è fatta di cellule, come tutto il resto del corpo e il nostro intento è di lavorare proprio su questa unità corpo-mente per raggiungere un benessere di tipo psico-fisico. Che cosa proponete nel vostro laboratorio Corpo & Mente? D: Entrambe abbiamo intrapreso su di noi, da molti anni, un lavoro sia dal punto di vista corporeo che psicologico e grazie a questo cammino ci siamo rese conto di quanto sia utile per la salute avere verso noi stessi uno sguardo consapevole. Proponiamo dunque un percorso di sei incontri, così strutturato: in una prima parte Eva mostrerà diversi e semplici esercizi corporei volti a sviluppare la percezione energetica del corpo. Nella seconda parte, chi lo desidera condividerà con me questa esperienza per darle un

insonnia

significato. Utilizzerò anche alcuni schemi di lettura della realtà provenienti dal campo analitico-transazionale. E e D: Sarà un’esperienza che aiuterà ad avere maggiore consapevolezza e capacità di comprendere il linguaggio del corpo e, attraverso i messaggi che ci invia, anche il nostro vissuto. Durata corso: 6 incontri ogni martedì dal 27-10 al 01-12-20 Orario: dalle 20.00 alle 21.45 Sede: Racconigi (CN) Info e costi: Eva Revelli cell. 335 7714323 – Daniela Ferusso cell. 380 5406683 – e-mail: corpoementeinsintonia@gmail.com È consigliato un abbigliamento comodo. Serata di presentazione gratuita il 15-10-20, alle ore 20.30 presso SOMS – Via Carlo Costa, 23 – Racconigi (CN) con accompagnamento musicale di Marco Braito (Prima Tromba dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI). Prenotazione obbligatoria.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Elisa Reviglio, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

Questo fatto mi ha indotto a fare una piccola ricerca sul mercato dei pomodori e ho scoperto che quest’anno l’industria conserviera del centro-sud chiude i battenti in largo anticipo a causa della mancanza di materia prima, dovuta alle avverse condizioni climatiche ed in genere ai mutamenti del clima, che di conseguenza genererà un aumento dei prezzi del prodotto finito sullo scaffale. Diverse le soluzioni che sono state intraprese, non ultima, quello di importare prodotto semilavorato dall’Africa o dalla Cina. Fortunatamente non assaggerò questi prodotti in quanto la conserva la facciamo ancora in casa ricercando, vicino a noi, produttori biologici di pomodoro. Proprio in questo numero del giornale trovate l’intervista a Davide della Cascina La Trinità che coltiva pomodori e mirtilli bio. Nella ricerca mi sono anche imbattuto sull’invenduto dei pomodori Pachino che quest’anno, in gran parte sono rimasti sulle piante in quanto il prezzo, di circa 0,30 centesimi al chilo

non remunerava il costo della manodopera che era necessaria per la raccolta. Poi senti qualche intervista e scopri che i pomodorini provenienti dal Marocco costano meno e sono quelli che sovente troviamo nei nostri supermercati. Non c’è che una cosa da fare, da consumatori, scegliere il prodotto da acquistare verificandone l’origine, la qualità e sapendo che dietro al prezzo c’è un mondo di rapporti molto spesso fuori dalle regole. Dietro il prezzo c’è il costo del lavoro di chi raccoglie e produce il prodotto. Credo che tutti noi vogliamo, con il nostro datore di lavoro, che siano rispettate le regole ed il nostro salario erogato nel rispetto dei contratti, quindi soffermiamoci un momento prima dell’acquisto, nei nostri consumi, e valutiamo se non sia solo il prezzo a fare la differenza e se vogliamo pagare il lavoro in modo adeguato. Possiamo fare la nostra parte.

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA

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Tel.:

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