INSONNIA Novembre 2020

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insonnia

mensile di confronto e ironia

#NuovoCinemaRacconigi

Insonnia n° 126 Novembre 2020 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

DE PROFUNDIS Per riflettere di Giancarlo Meinardi

C’è un’aria malsana che circola nel Paese. Non mi riferisco al contagio, anche se il contagio ha certamente contribuito ad alimentarla. Da parecchi anni si intrufola nelle pieghe dalla società, la avvelena poco per volta sfilacciando il complesso e delicato tessuto che la tiene insieme. Il rapido rafforzamento della seconda ondata pandemica sembra avere un effetto dirompente su questo processo. Questa è l’impressione che provo quando con crescente insofferenza e spesso mio malgrado mi sento sopraffatto da scontri e polemiche tra governo e opposizione, tra Stato e Regioni, tra Regione e Regione, tra istituzioni e categorie professionali, tra cittadini e cittadini, tra cittadini e resto del mondo… Ognuno dice la sua, ognuno con la sua ricetta, ognuno con le sue verità, ognuno che rivendica la sua autonomia, la sua libertà, il suo interesse, la sua competenza, in un girotondo di polemiche in cui si finisce per annegare, i torti e le ragioni diventano indistinguibili; naturalmente nessuno o quasi che riconosce i propri errori, la propria ignoranza, le proprie sia pure comprensibili inadeguatezze. Non vorrei essere frainteso. Non sto mettendo in discussione la legittima e necessaria dialettica che sta alla base della democrazia. La democrazia nel nostro Paese è relativamente giovane, le sue fragilità sono note, ma ciò nonostante ha retto la sfida nei decenni passati,

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DIARIO DI UN RICOVERO AI TEMPI DEL COVID di Angelica Rossetti

Pronto Soccorso - Osservazione Breve Intensiva (O.B.I.) E mi ritrovo improvvisamente a non riuscire più a compiere le azioni basilari della vita: mangiare, camminare, pensare, respirare. Ho la febbre che oscilla tra 39 e 40°, mal di testa e vomito. Paura e angoscia hanno il sopravvento. Paura di essere ammalata di Covid. Paura del distacco dai miei cari. E mi ritrovo immobilizzata in un lettino di pronto soccorso, in isolamento. segue pag. 3

RACCOVID di Patrizia Ellena

Non intendo parlare di numeri, di “positivi, “sintomatici”, “asintomatici”, ecc; già televisioni, radio e giornali ci tengono aggiornati e i social anche di più. Sono trent’anni che faccio il medico di base e questo è il mio lavoro e di questo posso parlare. In Racconigi da tempo abbiamo creato una équipe, siamo sei medici di base e siamo collegati in rete, il che significa che ognuno di noi ha sul proprio computer lo stesso programma e le cartelle cliniche dei pazienti di tutti gli altri colleghi in Associazione. Questo permette, in assenza di un collega, di avere di fronte la situazione dei suoi assistiti e procedere nella gestione sanitaria del paziente che necessita di cure. Durante questa seconda ondata della pandemia del virus COVID 19, ben quattro dei medici dell’équipe sono risultati positivi al tampone molecolare, il che ha significato la loro messa in quarantena.

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PARLATECI DI SCUOLA, GRAZIE Raccolta di pensieri sparsi

Spesso, purtroppo, di scuola si parla “per slogan o per luoghi comuni“ e sovente in modo negativo o almeno in modo non propositivo. In questa nuova emergenza sanitaria la scuola, essendo uno dei luoghi di inevitabile “assembramento” di persone è ancora una volta al centro di dibattiti. Nella prima parte della pandemia INSONNIA ha lanciato un appello a scrivere i vostri pensieri sul COVID 19; abbiamo raccolto e pubblicato una notevole quantità di materiale che rappresenta il pensiero della “gente”. Ora vogliamo ripetere l’esperienza chiedendovi di riflettere sulla scuola, di pensare a quali obiettivi vorreste che la scuola si prefiggesse (non solo in tempo di virus) e quali sogni vorreste vedere realizzati per primi. La scuola segue tutti noi fin dai primi anni di vita e costituisce il primo ingresso nel mondo dopo quello in famiglia. Scrivendo evitate di usare il metodo taglia/incolla perché così non si ottengono scritti originali ovvero originati da voi; siamo convinti che i vostri pensieri saranno bellissimi se nascono, dal vostro cuore, dalle vostre esperienze, dalla vostra mente; solo così saranno unici. Cogliamo lo spunto offerto da questa emergenza che muta tutte le nostre abitudini di vita per riflettere anche su questo tema. Potete usare tutti i mezzi di comunicazione che volete, meglio quelli che siete abituati ad usare per comunicare con gli amici. Sappiate che si può ancora scrivere anche con una biro e usare le cassette delle lettere per diffondere i vostri scritti, noi pubblicheremo i vostri pensieri (esclusi quelli anonimi). Ancora una volta sarà una bella raccolta. segue pag. 4

CAMPIONI DI

DIFFERENZIATA

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Fratelli Tutti

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LGBTIQ++

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ARTE pag. 13


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SPENDIQUI

Quasi incontro

Questa primavera durante il lockdown quanti volenterosi massai/e hanno fatto torte e pizze, un po’ per riempire il tempo con qualcosa di buono e simpatico. Dal panettiere e nei supermercati non c’era più farina né lievito! In questa seconda ondata di COVID, la pizza si potrebbe farcela portare a casa o andare a prendere quella “da asporto” e le torte comprarle dai panettieri locali fino a quando potranno lavorare. Alle 17 magari farci un aperitivo al bar, nei dehors organizzati questa estate, mantenendo le distanze e indossando la mascherina: è possibile. Insomma, finché dura la pandemia proviamo ad abbandonare i super mega mercati, le hamburgherie e gli acquisti online. È questo un semplice modo, poco costoso, per aiutare coloro che lavorano nelle piccole strutture del commercio locale, quelle ancora rimaste. Quelle che non hanno ancora chiuso prima che siano, come altri, costretti a farlo. In questo momento invitiamo la popolazione di Racconigi ad essere un po’ campanilista. Solidarizziamo con i giovani che hanno messo su una attività di questo genere e con gli anziani che ancora resistono dietro i loro banconi. Sicuramente i prodotti che compreremo hanno maggiori probabilità di essere sani e coltivati o prodotti vicino a noi, a km zero. Anche il Mandacarù potrà essere per noi una valida alternativa al megamercato dei dintorni; di questi tempi le alternative ce le dobbiamo inventare per poi magari scoprire che sono anche più valide delle normali abitudini. Non è uno scherzo, è un appello per aiutare chi paga, anche dal punto di vista economico, gli effetti del Coronavirus.

Un vento caldo soffiava dal mare verso terra. L’acqua era increspata e sembrava ribollire di vitalità. Il sole spandeva ovunque il suo manto di calore e di luce; la sabbia sembrava una distesa dorata. In questa cornice di sensazioni, Silvano si godeva la sua passeggiata solitaria in quel tratto di litorale libero da campeggi o bagni attrezzati: c’erano solo lui, il mare, il sole ed i suoi pensieri. Il figlio era rimasto in compagnia degli amici con cui stavano campeggiando, durante quella vacanza di fine giugno: la prima dopo la separazione da Sandra. Ora Silvano si era innamorato di un’altra donna, ma già si sentivano i primi scricchiolii nel rapporto: era partito dopo una violenta lite con la nuova compagna e da alcuni giorni non si stavano sentendo neanche al telefono… Pensava a tutto questo Silvano, mentre i piedi nudi assorbivano il calore della sabbia rovente; pensava al suo sogno di adolescente in cui aveva incontrato la “donna perfetta” per lui, un sogno che non aveva mai dimenticato. Nella realtà dei suoi quarant’anni, invece, cominciava a convincersi che non avrebbe mai incontrato una donna con cui si sentisse davvero bene. E poi non sapeva neanche come dovrebbe essere questa fantomatica donna! Mentre il cervello continuava a macinare inutili pensieri e tanta autocommiserazione, gli occhi furono attratti da una visione, laggiù, sul bagnasciuga, un poco in controluce. Era una donna esile ma tonica e ben tornita in ogni fascia muscolare, scura di carnagione, scurissima. I capelli, nerissimi, le scendevano fino a metà schiena. Aveva solo uno slip, nero anch’esso ed era preceduta da due capezzoli sfrontati che sembravano puntare direttamente il nostro povero Silvano. Anche gli occhi di lei lo puntavano senza pudore ed è per questo che lo definiamo “povero”, in quanto si ritrovò immediatamente in balia del batticuore, della paura e del turbamento

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di Luciano Fico

più profondo. La donna non era sola: al suo fianco un enorme cane, manco a dirlo, nero come l’inferno pure lui. Lentamente procedevano dal mare verso la roccia su cui sedeva Silvano, completamente immobile, come paralizzato ed in balia di quella apparizione. Lei era ormai ad una quindicina di metri e continuava a fissarlo con quel suo sguardo serio, che non gli dava scampo. Avrebbe dovuto dirle qualcosa, malgrado la bocca completamente asciutta e paralizzata: dovevano essere parole precise o, forse, era meglio un gesto deciso. Perché no? Si sarebbe alzato e l’avrebbe baciata… Suonò il cellulare. “Ciao, sono io…non è ora di smetterla di farci il muso? Mi manchi…” Mentre Silvano ascoltava le parole della sua compagna lontana, la donna dai neri capelli e dai capezzoli turgidi gli sfilò accanto, smuovendo appena l’aria e lasciando un intenso odore di salmastro dietro di sé. Si girò ancora una volta a guardare quell’uomo appeso al suo cellulare: Silvano, anche oggi, è convinto di aver colto un lampo di disprezzo in quell’ultimo sguardo. “Sì…hai ragione…domenica torno e passo subito da te. Un bacio…”.


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Per riflettere

DIARIO DI UN RICOVERO AI TEMPI DEL COVID segue dalla prima

Prima di tutto occorre verificare se sono positiva al virus, se sono stata contagiata. Tutte le mie funzioni vitali sono monitorate h24. Diagnosi: polmonite bilaterale con versamento pleurico e del pericardio. Insufficienza respiratoria. Origine batterica, quindi non è Covid. Maledetto ... il rischio di contagio, meno male mi hanno fatto tutti i tamponi ed analisi del sangue: sono negativa... i miei sono salvi. Ma per colpa tua nessuno può entrare in ospedale e venire a trovarmi. Combatto sola. È notte. Per respirare devo sopportare per ore la maschera ad ossigeno CPAP, full face mask, che ha il compito di ventilare e ossigenare i miei polmoni, ma che mi impedisce di vedere ciò che mi circonda a causa della condensa. Mi lacrimano gli occhi, mi prude il naso. Tutto il viso è nella maschera, come sotto vuoto. Non riesco a parlare, non riesco ad emettere suoni. Coraggio, tieni duro, per nove interminabili ore. Così i polmoni si riprendono prima e quel maledetto versamento pleurico smette di fare danni. Febbre, delirio ad occhi aperti. Vedo cose che non esistono. Mi trovo in una situazione surreale e angosciante, mi pare di essere un personaggio de "La fabbrica del cioccolato". Aiuto! Una voce mi dice che se non tolgo la maschera entro 5 secondi scoppia tutto... aiuto, non capiscono... basta, la tolgo. Suona tutto, l'infermiera accorre: "Cosa fa? Non deve toglierla così, deve chiamare!" Ho la gola e la bocca asciutta. Mi danno da bere. Cos'è quella luce verde? Cosa fanno al mio vicino? Si lamenta... è anziano... è solo... come me. Cuore mio, dicono che devono visitarti, dopo la TAC occorre verificare se e in che misura sei stato danneggiato dal versamento. Cosa significa? Dovrò subire un intervento? Ho paura, mi nasconderanno qualcosa? Ho voglia di piangere. Dottoressa, per favore mi spieghi cos'ho. Mohamed, mamma, papà... dove siete? Non voglio lasciarvi, non voglio lasciare questa vita... Come farò a dirvelo? Tutto a posto. Il cuore è salvo. La dottoressa mi rassicura premurosa. Per qualche giorno viene Moha- med una o due volte al giorno a imboccarmi. Neanche riuscire a mangiare da sola, accidenti. Vedere il suo volto (attraverso la mascherina) mi riempie di coraggio e di conforto... mezz'ora e via. A domani. Ma mamma... manca, papà manca, la famiglia manca... Odiato cellulare... quanto ti apprezzo ora! Ricevo decine di messaggi al giorno, pieni di affetto e solidarietà da parenti, amici, colleghi e conoscenti. Ora non ce la faccio a leggere rispondere. Ma prometto. Più tardi ti dico quanto mi ha fatto piacere sentirti... Almeno io sono circondata virtualmente di amore, una calda nuvola che mi solleva dal letto e mi culla. Altri qui non hanno nessuno. No, un altro prelievo da arteria, fa male...

Due o tre al giorno. Le mie arterie stanno collassando... ma è solo così che capiscono se sto guarendo. Aghi nelle mani... flebo di antibiotico e soluzione fisiologica. Devo andare in bagno... chiamo l'infermiera... le mie funzioni in mezzo agli altri, che disagio... Cambia turno. Chissà chi mi bucherá oggi. Speriamo sia delicato... per favore, l'antipiretico non sta facendo effetto... posso avere del ghiaccio? Devo avere pazienza, hanno tanto da fare... ma la mia testa scoppia. Mamma... mi manchi... Mamy blu... il mio sole... la mia vita. Come sono ridotta. E intanto infermieri e medici, oss, non mi lasciano mai, instancabili e professionali, amorevoli... angeli. Sono qui, tra noi, senza ali, ma con qualcosa in più che li rende speciali e insostituibili. Non è vero che trascurano le patologie diverse dal Covid. Hanno solo tanta paura. Sono umani anche loro. Arriva un prete... mi viene da piangere. Forse Dio ha ascoltato le mie preghiere. Zio! Ti ho sognato. Eri allegro e in salute e mi sorridevi. Mi abbracciavi. Forse volevi rassicurarmi. Reparto di Medicina interna Ora sono finalmente uscita dal bunker del pronto soccorso. Basta rumore, confusione, un po' di privacy. Mi pare di riemergere dagli abissi. Sto meglio. Respiro quasi autonomamente e posso muovermi da sola. Vedo le montagne dalla finestra... che belle! sono ancora lì. Mi aspettavano. La Bisalta! Qui non entra nessuno, niente visite. C'è il Covid. Tolto ossigeno, antibiotici e flebo. Sono finalmente autonoma e autosufficiente. Quattro passi in corridoio e due chiacchiere con i miei nuovi amici, arrivati come me dal pronto soccorso. Le giornate scorrono, sempre uguali. Nuovi arrivi, decessi, dimissioni. La mia vicina di letto, Maria, soffre e si lamenta. Quando sta meglio canta. Sola, i tuoi dieci figli non possono venire a trovarti. E tu piangi... Una carezza... mi bacia la mano. Attenzione! Rischio contagio! Poi nella notte ti sento circondata da infermieri e oss. Mi dicono che hai raggiunto la luce... hai smesso di soffrire. Piango... ciao Maria... Neanche una sepoltura normale. Ti avvolgono così come sei in un lenzuolo, col catetere, i tubicini delle flebo e gli elettrodi per l'elettrocardiogramma. Disinfettante e via in un sacco. La procedura è questa. Rischio contagio. Anche se tu non eri paziente Covid. E chi deve rispettare la procedura, ogni volta ha un nuovo trauma. Anche il signore della camera 1 è deceduto. Negativo in seguito a polmonite da Covid è stato trasferito qui dall'ospedale di Saluzzo. I polmoni devastati dalla malattia. Compagni di sofferenze, si cerca di compen-

sare la mancanza dei propri cari cercando di sdrammatizzare. Giovane sostiene anziano, anziano sostiene giovane. Vecchie canzoni piemontesi, una battuta e una risata insieme. Vita. Desiderio di vita, di normalità. Ma sempre a distanza. Su alcune porte c'è scritto: divieto di accesso, pericolo. Il paziente è in isolamento. Ecco Don Dino. Puntuale nel suo servizio cura anime. Una preghiera, la Santa Comunione, mi rinfranca. Mio Dio, ti ringrazio. Sei il mio pastore. Non manco di nulla... in una valle oscura non temerei alcun male, perché tu sei con me. Perdono... io invece ho avuto tanta paura. Ma ora so che hai sempre vegliato su di me. E so che c'è ancora bisogno di me su questa terra. Familiari, parenti. Amici... che bella parola! Amici veri che pregano per te e ti coccolano con messaggi affettuosi. Una valanga di calore umano, che ti solleva e ti fa turbinare nell'aria, donandoti qualche attimo di sollievo. Quanto vi voglio bene... La terapia più potente. Poi la notizia tanto attesa: dimissioni! Domani torno a casa. Mi pare impossibile, ma è vero. È tutto finito, o quasi. Sopportiamo ancora l'ultimo prelievo e l'ultima iniezione anti-trombosi nell'addome. Poi la giornata scorre tranquilla, nell'attesa di tornare tra le mie cose, dai miei cari. Sono stanca, mi affatico per nulla. Ma ringrazio tutti voi, angeli in terra, perché mi avete curata con tanta dedizione e dolcezza. Perché ci siete sempre stati e sempre ci sarete per chi rimane lì, per i nuovi che arriveranno, con qualunque tipo di patologia. Con i vostri problemi di salute, turni estenuanti, condizioni di lavoro difficili, paura di ammalarvi. Grazie con tutto il cuore. Mi avete restituita alla vita. Savigliano, 7 ottobre-20 ottobre


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PARLATECI DI SCUOLA..PARLATECI DI SCUOLA PARLATECI DI SCUOLA..PARLATECI DI SCUOLA

CI RICORDIAMO ANCORA? Non uscire, stai a casa, tieni la mascherina, respira, ma non respirare, vai a scuola, ma non parlare con molti, dovete continuare la socialità, ma non andate in giro. Un turbinio di informazioni che ogni giorno arrivano a noi, studenti, ragazzi, umani. Abbiamo interessi, passioni, sentimenti. Proviamo emozioni indescrivibili, vediamo tutto ciò che ci circonda in maniera diversa ed amplificata, vediamo anche il Covid in maniera diversa. Per noi il Covid è stato ed è tuttora un virus che ci tiene lontani dai nostri amici, dalla nostra quotidianità, talvolta dalla nostra famiglia. Vediamo il Covid come una malat-

tia che può portare via chi amiamo. La scuola è in una situazione di confusione, proprio come noi, non perché sia disorganizzata, ma perché è sempre in cerca di una soluzione migliore che possa riuscire a darci ciò di cui abbiamo più bisogno. Non siamo arrabbiati bensì tristi e frustrati, vorremmo tornare il più preso possibile alla normalità. E mi chiedo, qual è la normalità a questo punto? ci ricordiamo ancora com’è uscire senza paura? ci ricordiamo com’è vivere? Altea Montan, classe 3cl Liceo Classico Savigliano

RIFLESSI SBIADITI Ancora una volta gli amici di “Insonnia” non mi lasciano dormire in pace. Sembra che sappiano che il virus mi è compagno in questi giorni, per cui loro si preoccupano del mio oziare e mi stuzzicano su argomenti profondi e importanti che sono alla base della nostra società. La scuola è l’argomento proposto, ma ancora una volta ribadisco, come già scritto nel precedente sermone, che la scuola è cultura. Non possiamo scindere le due cose: la scuola è fondamentale, è il luogo perfetto, è l’ambiente giusto dove l’uomo si nutre, si disseta, si ubriaca

di cultura e cresce, cresce come una piccola pianticella per diventare un grande baobab (Pianta a me cara per le mie esperienze d’Africa). La scuola è lo strumento dove si raggiunge l’obiettivo: la cultura. Attenzione a non sconvolgere questo ordine e a non stravolgere il termine scuola e cultura! Ma c’è paura a parlare di scuola oggi? Si conosce il significato di cultura? Nozionismo sì, nozionismo no… Voti sì, voti no… tempo corto o tempo lungo… Viviamo un momento non facile,

ma non per il mio amico Virus, ma per un senso di paura generale per definire con il proprio nome i fatti, i sentimenti, le azioni, il bene e il male. La scuola molte volte viene investita come un cavaliere crociato di una responsabilità enorme, di mandato educativo, di crescita morale e culturale dei nostri giovani. Dentro di noi la sentiamo sovente come un parcheggio, un surrogato, un sostituto al ruolo che è prerogativa dei genitori e non della scuola né tantomeno dei nonni. Troppe volte sentiamo dire che non sappiamo

cosa farne dei figli quando la scuola, come in questo periodo, è sofferente e mancante. In famiglie con difficoltà finanziarie, famiglie divise, famiglie dove la cultura è tabù, famiglie dove la sofferenza fisica, morale ed educativa non lascia spazio di manovra, la scuola può diventare l’unica ancora di salvezza , una boccata di ossigeno che permette alla famiglia non di vivere ma di sopravvivere. E allora lo spirito materno degli educatori/maestre/ professori fa si che gli operatori scolastici diventino angeli delle corsie delle nostre scuole, confessionali per chi ha bisogno di parlare e non trova ascolto in altre parti, acqua fresca per chi è assetato, mensa per chi ha fame e punto di riferimento per noi adulti, per i nostri figli diversamente abili che cercano disperatamente rispetto, sorrisi e parole di speranza. Noi genitori, (noi maschi dobbiamo essere collaborativi e non delegare) spetta il compito di riconoscere la scuola parte integrante della vita nostra e dei nostri figli. Basta rivendicazioni, flashmob, appelli televisivi, urla in talk show; basta insulti e denigrazioni contro i ministri della scuola o politici di turno ma mettiamo il nostro impegno, il nostro senso di responsabilità e discernimento sui valori che contano, che sono da trasmettere alle generazioni future e che formeranno il bagaglio , o meglio lo zainetto, che accompagnerà i nostri giovani nella splendida avventura della vita. Matteo Bolla


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PARLATECI DI SCUOLA..PARLATECI DI SCUOLA PARLATECI DI SCUOLA..PARLATECI DI SCUOLA

DA BRUCHI A FARFALLE Sono stata insegnante per oltre quarant’anni e non riesco a rassegnarmi al fatto che la scuola sia, da molti, così poco considerata: chi si lamenta dei compiti a casa, chi del costo dei libri, chi la pensa come un parcheggio per i figli, chi non gradisce la valutazione, chi la chiude per non intasare i trasporti… In molti stati nel mondo, la scuola è così importante che gli studenti percorrono a piedi molta strada faticosa

per arrivarci, certe famiglie si indebitano per fornire ai propri figli l’educazione scolastica, gli insegnanti sono rispettati e molto considerati. Quest’anno la pandemia ci sta privando di questo diritto/dovere e forse ci lascerà in regalo una nuova consapevolezza, la considerazione che si ha per ciò che si perde. Forse, ora, potrà emergere una nuova idea di Scuola, più profonda, più complessa, multiforme.

Per me la Scuola è, per usare una espressione di uno dei miei Presidi, il luogo in cui i ragazzi entrano “bruchi” e escono “farfalle”… Mi piace molto questa immagine perché dà l’idea del lavorio, della fatica, del tempo che servono per crescere, ma anche della bellezza del risultato, dell’insita libertà e della sua importanza per tutta la società. Questa immagine non è un sogno: ho visto io stessa molte volte questa metamorfosi! Ho osservato ragazzi arrivare alle superiori impauriti, pieni di difficoltà e pregiudizi, a volte sottomessi alla spinta dei genitori, degli amici, dell’opinione pubblica o dei social; gli stessi ragazzi li ho visti poi fiorire sotto i miei occhi, raggiungere, anche senza esserne consapevoli, una maturità di pensiero che non ti saresti mai aspettato. E non parlo solo di studenti eccellenti. Si può terminare il percorso scolastico con lacune nella conoscenza e senza molte competenze ma il tempo passato a scuola non sarà, di certo, stato inutile. A scuola si impara a vivere in una comunità dove tutti hanno gli stessi diritti e doveri, si comprende la diver-

sità fra le persone e si fa esperienza di accettazione e di amicizia. Si studiano le parole di chi ha forgiato il nostro modo di pensare ed i passaggi salienti che ci hanno fatto crescere come popolo. Si approfondiscono le conoscenze sulla nostra Terra martoriata cercando di comprendere gli errori fatti e le possibili soluzioni. Si impara a ragionare ed a modellizzare la realtà per studiarla meglio. E poi si parla, si dibatte, si esprime la propria idea… Forse parlo di un sogno, so che la realtà non è sempre così rosea. So che gli insegnanti non sono perfetti, che gli studenti sono spesso maleducati e che le strutture non sono adeguate. Eppure è solo questione di volontà: se i docenti non fossero lasciati soli, se i genitori si fidassero di più, se tutti comprendessero, in profondità, il valore enorme del Mondo Scuola, se si avesse la pazienza di aspettare come si aspetta che le piante crescano allora i piccoli/grandi miracoli che già avvengono si moltiplicherebbero, si capirebbe che imparare è bellissimo e forse avremmo una società migliore. Laura Costamagna, insegnante

STIAMO IMPARANDO AD AMARE LA SCUOLA? Ho letto con interesse la notizia degli studenti del Liceo Ancina di Fossano “che per protesta da qualche giorno seguono le lezioni della didattica a distanza (previste dal Dpcm e dalla Regione) non rimanendo a casa, ma dal piazzale d’ingresso della loro scuola.” La Stampa, 2 novembre 2020. Hanno iniziato due sorelle. Ad oggi si sono aggiunti altri cinque loro compagni e compagne. Ogni mattina, posizionano un tavolino da campeggio, di quelli che si tirano fuori il 15 agosto per andare a fare il picnic nei prati. Indossano mascherine chirurgiche, maglioni, sciarpa, berretto e giacca a vento. Libri, quaderni, astucci, cellulari e PC portatili davanti ai loro occhi, al posto delle acciughe al verde, delle uova ripiene e delle leccornie tutte, e dei profumi dell’estate, e dei suoni dei boschi accarezzati dal vento estivo. Quei tavolini pieghevoli sul cemento, per la strada, sono diventati i loro banchi di scuola. Anche a Torino, una “studentessa di 12 anni, che frequenta la seconda media all’Italo Calvino, si è seduta sulle scale dell’Istituto con tablet e quaderni.” Il Corriere della sera, 6 novembre 2020. Al di là di ciò che ognuno di noi può pensare rispetto ai protocolli applicati nelle scuole italiane, in seguito all’emergenza sanitaria, magari, chissà, è la volta che tutti insieme, insegnanti, genitori e studenti impareremo l’im-

portanza e ammetteremo la bellezza di condividere il nostro tempo, in classe! Da quando ho iniziato ad andare a scuola negli anni ’80, per generazioni abbiamo detto e ascoltato: «che noia la scuola», «non mi piace la scuola», e talvolta anche «non serve a niente la scuola». La novità oggi invece è che, per la prima volta dopo tanti anni, ci manca la scuola. Manca un po’ a tutti, insegnanti, alunni, genitori e nonni. La quotidianità senza la scuola è più difficile per tutti, anche per le famiglie. La testimonianza degli studenti e delle studentesse che, in un modo o nell’altro, non hanno abbandonato la scuola, nonostante gli edifici scolastici si siano distanziati da loro, mi sembra un segnale di luce e impegno autentico, da parte di giovani che indicano a noi adulti la strada per testimoniare che ci crediamo ancora nella “cosa pubblica”, che siamo noi la nostra Repubblica: “La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.” Art. 34 Costituzione Italiana. Proprio per adempiere questo articolo della nostra Costituzione, ci sono le migliaia di studenti e insegnanti che, insieme, stanno imparando a fare scuola attraverso uno schermo: il la-

voro è tanto e spesso frustrante sia per i prof. sia per gli alunni e anche per i genitori. Che tutto ciò ci stia facendo anche comprendere quali sono i limiti della tecnologia? Che si possa, tutti insieme, giovani e diversamente giovani, concordare all’unanimità, non solo che “imparare è bello”, ma anche che è arduo e talvolta impossibile imparare da soli, davanti a uno schermo, soprattutto per ragazzini, bimbi e piccirilli? Siamo tutti d’accordo che, senza una presenza umana a gestire questi strumenti di comunicazione, pur potentissimi e di per sé efficaci, senza relazione in presenza, si stemperano l’entusiasmo e la gioia nel comunicare fra esseri umani? Non sono forse queste lezioni importanti da te-

nere a mente? Di questi tempi è cosa rara concordare su qualcosa. Manteniamo le distanze, ma, se tutti ci riconosciamo nella scuola come “cosa pubblica” e “bene comune”, e se un bene è una cosa buona, che porta serenità, luce e gioia, allora, un abbraccio a distanza facciamocelo. Forse, in questi giorni difficili, anche se talvolta non ci sembra, stiamo tutti insieme imparando ad amare la scuola e già stiamo lavorando per una scuola migliore, più partecipata e consapevole. Forse genitori, alunni e insegnanti, tutti insieme, stiamo imparando che “la scuola siamo noi”. Andrea Piovano, insegnante


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PARLATECI DI SCUOLA..PARLATECI DI SCUOLA PARLATECI DI SCUOLA..PARLATECI DI SCUOLA

UN MARE IN CUI TUFFARSI E RIEMERGERE Ho insegnato per anni, tanti. Ho iniziato a Carmagnola nella Scuola Media "Manzoni" e al "Roccati", poi sono andato a vivere a Roma. Quando ho cominciato a insegnare avevo in mente mille grandi progetti. Avevo ventisette anni e venivo dall'esperienza del Sessantotto. Volevo cambiare il mondo e la scuola. Non ci sono riuscito, ma ho sempre cercato di insegnare a modo mio e qualcosa credo di avere capito. È vero, sono tante le cose che andrebbero cambiate nella scuola, ma, a pensarci bene, sono cose che riguardano l'organizzazione, le strutture, le innovazioni tecnologiche, cose importantissime, ma in fondo quello che resta sempre immutabile e fondamentale è il rapporto tra insegnante e studente. Può cambiare il contesto, ma non il rapporto di fondo. Un insegnante deve sempre adattarsi all'ambiente nel quale si trova a operare. Ogni volta dovrà saper leggere il mondo che si trova davanti e stabilire un contatto con questo mondo. Sarà una classe della buona borghesia, sarà una classe di periferia, sarà una classe di secchioni, sarà una classe di disperati. Ogni volta dovrà lottare per trovare il filo che potrà legarlo al mondo che ha di fronte e costruire qualcosa. Non è facile, ma è il lavoro di insegnante che non è facile. Però è affascinante all'inizio di ogni anno incontrarsi con una nuova realtà, con nuovi visi, con nuove aspettative, con nuovi sogni, con nuove delusioni e mettersi al lavoro.

Per me questa è ed è stata sempre la scuola. Un mare in cui tuffarsi e riemergere dopo avere visto nuove bellezze. Per fortuna non sono il solo ad avere insegnato in questo modo, conosco tanti miei colleghi che hanno fatto e fanno ancora lo stesso, anche se in questi giorni la scuola non

Riceviamo e pubblichiamo

esiste più. La sta uccidendo il covid, ma non morirà e alla fine le aule torneranno a riempirsi di studenti e i professori torneranno a insegnare per scoprire i sogni che i loro ragazzi nascondono negli occhi. Vincenzo Esposito, insegnante

PASSEGGIARE IN RIVA AL MAIRA

Sono un pensionato che fa spesso delle passeggiate nei dintorni di Racconigi, via Priotti verso il Canapile, Tagliata, Cavallerleone, Migliabruna. Ho scoperto il sentiero sul Maira sia verso Migliabruna che verso Cavallerleone. Mentre gli altri percorsi sono un mero esercizio fisico, il lungo Maira, osservando lo scorrere dell’acqua costeggiando l’argine tra gli alberi, aggiunge un rilassamento mentale, oserei dire quasi spirituale, meglio di una seduta terapeutica. È un peccato però che questo sentiero del Maira sia diventato un percorso ad ostacoli con de-

viazioni causa rovi ed alberi abbattuti dal vento. Non dico di farlo diventare come il tratto tra Savigliano ed il lago della Sirenetta che è stupendo, ma se fosse più usufruibile da tutti sarebbe buona cosa. Abbiamo delle bellezze dietro casa, è un peccato lasciarle andare (come il parco del Castello), forse con un piccolo sforzo si potrebbe avere un grande risultato. È una proposta vediamo se si può realizzare. Valerio Audisio, 23 ottobre


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Campioni di differenziata NUOVA TARIP NEL COMUNE DI TERRE ROVERASCHE DAL 2021

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Tassa rifiuti calcolata sulla CO2 prodotta a cura di Pino Tebano

Con delibera n. 50 del 30.09.2020 il comune di Terre Roverasche, in provincia di Pesaro-Urbino con 5000 abitanti, dal 1° gennaio 2021, primo comune in Italia, applicherà una tassa rifiuti puntuale basata sulla produzione di CO2 di ogni singola utenza. Nel comune di Terre Roverasche la differenziata si attesta su valori intorno all’80% e per premiare chi effettivamente ricicla di più e conferisce meno indifferenziato, è stata studiata una tariffa puntuale per ogni utenza che sarà determinata sulla base della quantità di CO2 prodotta. In soldoni chi ricicla di più paga di meno e solo per quello che non riesce a differenziare. Una volta ricavate le quantità di ogni tipologia di rifiuto espresse in chilogrammi, queste si moltiplicano per opportuni fattori di emissione che permettono di determinare la corrispondente produzione di CO2 ad ogni utenza. Il comune, nell’ottica di attuare una politica di Green-economy e di tutelare l’ambiente ha messo in campo la progettualità necessaria volta a misurare in peso ogni singola utenza e a tariffare dal 2021 in base alla CO2 prodotta. Cosa vuol dire quindi in termini pratici ridurre la produzione di CO2? Per esempio recuperando una tonnellata di carta e cartone si risparmia l’emissione in atmosfera di 600 kg di CO2, per il vetro 253, PET 1791,

metalli ferrosi 1487, materiali tessili 3196 e per l’alluminio ben 9108 kg (Elaborazioni ENEA su dati del 2001, 2006 e 2008). Come si è arrivati a questo progetto? Nel 2019 il Comune ha deciso l’attivazione sul territorio della metodologia certificata “Carbon WastePrint“ per la determinazione dell’impatto ambientale prodotto da ciascuna utenza all’interno del ciclo della gestione dei rifiuti solidi urbani con applicazione di premialità alle utenze virtuose. Così nel 2020 è stato possibile approvare il nuovo Regolamento TARIP basato, per la prima volta in Italia, sulla produzione di CO2. Il 100% delle utenze del territorio è stato informato e coinvolto in tutte le fasi del processo in maniera diretta ed interattiva attraverso Junker App. Per motivare i cittadini, Junker ha lanciato una vera e propria “sfida” a premi, chiedendo alle utenze di effettuare una separazione dei rifiuti particolarmente attenta e di comunicare per tempo la necessità (o meno) di ritiro dei propri rifiuti nel rispetto del calendario delle raccolte, permettendo al gestore di ottimizzare quindi i tempi di raccolta. Le due utenze più virtuose hanno ricevuto un riconoscimento pubblico, ma soprattutto l’impegno profuso nella sperimentazione ha contribuito a raccogliere una grande quantità di dati che ha validato il modello e otte-

Cos’è la CO2 La CO2 non è tossica, non è nociva: è un composto atmosferico "naturale" e serve a mantenere un effetto serra naturale e una temperatura che protegge la vita sulla terra. Purtroppo la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera, dovuta all’utilizzo di fonti fossili, sta aumentando, così come quella degli altri gas serra, in particolare metano e ossido di azoto dovuto agli allevamenti intensivi. Questi gas sono responsabili dell’effetto serra che agisce sui meccanismi di mantenimento della temperatura terrestre determinando il riscaldamento del clima, il quale è a sua volta causa di squilibri del comparto atmosferico idrico e biologico con conseguenze sempre più rilevanti sull’uomo e sulla sua economia.

nuto la sua certificazione. Si prevede l’ulteriore coinvolgimento della popolazione quando a Gennaio 2021 saranno introdotte in Junker le evolutive che consentiranno a ciascuna utenza di visionare, ad ogni istante, la propria posizione in termini di produzione/risparmio di CO2. È stata certificata per l’anno 2019, durante la sperimentazione, la riduzione di 2352 tonnellate di CO2 permettendo al comune di avere crediti di CO2 che saranno venduti nel mercato delle emissioni con ulteriori ritorni economici per Ente e cittadini. Nel solo 2019 il costo del sistema rifiuti si è ridotto di 15.000 euro che il comune ha deciso di restituire ai cit-

tadini virtuosi che hanno permesso il raggiungimento del risultato. Sappiamo che i comuni pagano per il conferimento dei rifiuti non recuperabili (indifferenziati) per ogni tonnellata conferita; per il comune di Racconigi la spesa totale è di 206,90 euro a tonnellata. Perché non iniziare a progettare anche noi, a Racconigi, un sistema equo di tariffazione puntuale dei rifiuti? Per chi volesse approfondire il tema: www.junkerapp.it www.carbonwasteprint.it www.comune.terreroveresche.pu.it www.crea.gov.it www.ec.europa.eu/clima/policies_it

Cosa sono i Crediti di CO2 I crediti di carbonio, ossia le tonnellate di CO2 equivalente immagazzinata nella biomassa vegetale o nel suolo da attività di gestione, imboschimento o rimboschimento vengono utilizzate nella contabilizzazione degli impegni internazionali sottoscritti dal Governo italiano nell’ambito del Protocollo di Kyoto per compensare le emissioni generate dai diversi settori produttivi. A sua volta possono anche essere quantificati e commercializzati in un mercato volontario locale dal fornitore (titolare della gestione) che genera il credito ad un beneficiario acquirente che può compensare le proprie emissioni o la propria impronta carbonica residua dopo aver realizzato un progetto di riduzione. Rappresentano, insomma, una importante opportunità per le imprese nazionali che potranno compensare o ridurre le proprie emissioni di gas serra e i loro impatti ambientali attraverso il finanziamento di progetti e attività agricole e forestali e altri servizi eco sistemici (fonte CREA, Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria, Ministero Politiche Agricole. Il credito di carbonio è una vera e propria unità di carattere finanziario che rappresenta la rimozione di una tonnellata di CO2 equivalente dall’atmosfera, cioè il carbonio che è stato evitato, ridotto o sequestrato attraverso un progetto e che può essere acquistato come mezzo per compensare le emissioni. Acquistare un credito di carbonio significa finanziare e supportare dei progetti ad impatto positivo che concorrono al raggiungimento degli obiettivi internazionali di sviluppo sostenibile e che contribuiscano attivamente al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali garantendo benefici sociali, economici ed ambientali su scala globale. Possono valere dai 20 ai 30 euro per tonnellata a seconda del mercato dei crediti.

RACCONTO ILLUSTRATO E qui finisce il racconto… ma non la storia di tutti i Kwame del mondo. Kwame adesso è tra noi. Forse sarebbe stato volentieri dove stava, ma le cose sono andate diversamente. La sera, quando tutto è buio, pensa ai suoi bambini, a sua moglie, ai pomodori che coltivava con orgoglio… e sente il dolore della

schiena rotta a raccogliere pomodori sui campi di un Paese che non lo vuole. Ci dice qualcosa questa storia? Forse sì, ma non sta a noi dirlo.


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manifestato insofferenza per le ritrosie ed i ritardi del papa in tema di abolizione dell'obbligo del celibato dei preti e nei confronti dell’apertura del sacerdozio alle donne. È stata ventilata l’ombra di uno scisma, il quale, nel caso, verrebbe da ambienti progressisti mentre nel mio scritto lo paventavo come proveniente da ambienti conservatori. Onestamente non so a quali sviluppi porterebbero le due eventualità, so soltanto che nel primo

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caso lo scisma nascerebbe dalla esigenza di salvaguardare nella chiesa lo spirito e la prassi del Vangelo, mentre nel secondo si tratterebbe di salvare gli interessi di una casta ecclesiastica che non sa rinunciare ai privilegi. In chiusura, sottolineo come i temi qui sollevati siano davvero “caldi” e siano i temi con i quali è gioco forza per la chiesa tutta confrontarsi nei giorni a venire.

a cura di Guido Piovano

DOVE VA LA CHIESA? Alcuni lettori mi hanno voluto esprimere le loro riflessioni ed il loro apprezzamento nei confronti della “Lettera a Francesco” dello scorso mese. A tal proposito in altra pagina del giornale ospitiamo un approfondito e articolato contributo di don Franco Barbero. Ringrazio e torno ai contenuti di quella lettera dato che nel frattempo si sono verificati due fatti di un certo rilievo. Il primo fatto: è comparso un video nel quale sostanzialmente il papa conferma quel “chi sono io per giudicare?” e va oltre, proprio come avevo auspicato, fino a richiedere all’istituzione l'adozione di leggi che rendano praticabili le cosiddette unioni civili. È, il suo, un passo di grande rilievo, rispetto al quale immediatamente nell'ambiente vicino al papa si sono levate le voci dei “minimizzatori”, cioè di coloro che si affannano ad affermare cose del tipo “non è cambiato nulla”, “l'accoglienza la chiesa l'ha sempre rivolta a tutti, anche agli omosessuali”. Non è affatto così. Secondo me, e secondo la maggior parte dei commentatori, le parole del papa segnano un cambiamento storico: non esiste una sola famiglia, lei e lui più eventualmente i figli. Sono famiglia anche lui e lui o lei e lei. E questa è una rivoluzione per la chiesa. Il problema dei figli è altro problema, viene dopo. Solo una considerazione. L'apertura del papa alle unioni civili è importante: che egli senta il dovere di esprimersi nei confronti della società laica è certo gran bella cosa, una cosa

che risponde ad esigenze di giustizia e molto utile nella prassi quotidiana. Il papa però dovrebbe porsi il medesimo problema guardando all'interno della chiesa, dove, eventualmente senza scomodare il termine matrimonio, parola provocatoria per alcuni se usata in questo contesto, potrebbe aprire alla “benedizione delle coppie omosessuali”: lui e lui, lei e lei che presentano il loro amore a Dio e alla comunità. Cosa osta al compimento di questo passo? Dal papa, come dicevo la volta scorsa, ci si aspetta un passo sostanziale sul piano dei diritti civili nella chiesa. Afferma Martin M. Lintner prete cattolico e membro dell’Ordine dei Servi di Maria: “Essendo dichiarazioni rilasciate in un’intervista non sono di grande importanza per il magistero. Ma forse metteranno in moto un processo. Un processo che metterà a frutto ciò che è già stato elaborato sul piano teologico-morale, grazie alle conoscenze scientifiche umane e alla ricerca esegetica, ma che non è stato ancora abbastanza preso in considerazione. Mi aspetto un intenso, seppur controverso, dibattito interno alla Chiesa su questa questione. Ma ora considero finito il rifiuto del magistero di entrare in dialogo su questo tema, grazie anche a ciò su cui si è già teologicamente e moralmente riflettuto. La condanna senza eccezione di una relazione omosessuale come peccaminosa non è, e non potrà essere, l’ultima parola della Chiesa su questa questione.”. Il secondo fatto: la chiesa tedesca ha

LA PREGHIERA Sovente la nostra preghiera è: Signore fa che cessino tutte le guerre, fa che la fame sulla terra abbia fine, sradica il pregiudizio che è in noi, poni fine alla disperazione, liberaci dal coronavirus… …ma il nostro è un Dio che chiama l’uomo ad agire per la giustizia e opera attraverso di noi. Il rabbino Jack Riemer prega così: Non possiamo semplicemente pregarti, o Signore, di porre fine alla guerra; perché sappiamo che hai creato il mondo tale che l'uomo deve trovare la propria via verso la pace in se stesso e con i suoi vicini. Non possiamo semplicemente pregarti, o Signore, di porre fine alla fame; perché ci hai sempre fornito le risorse con le quali nutrire il mondo intero se solo le usassimo saggiamente.

Non possiamo semplicemente pregarti, o Signore, di sradicare il pregiudizio, perché ci hai già donato gli occhi con i quali vedere il bene in tutti gli uomini se solo li usassimo rettamente. Non possiamo semplicemente pregarti, o Signore, di por fine alla disperazione, perché ci hai già donato di un profondo intelletto con il quale scoprire cure e rimedi, se solo lo usassimo costruttivamente. Ti preghiamo invece, o Signore, per l'energia, la risolutezza e la forza di volontà, per agire anziché pregare solamente, per trasformarci anziché desiderare semplicemente. (Jack Riemer, Likrat Shabbat)

No comment di Zanza Rino

A volte, quando ronzo in giro, mi capita di sentire delle cose, così, senza volerlo. Anche a

Racconigi, non dico luogo, non dico nome. Ma dette tutte insieme, in cinque minuti, dalla stessa persona. Le parole non sono esattamente queste, ma il senso è esattamente questo, purgato dalle espressioni, diciamo così, più colorite. … quando gli italiani andavano in Belgio… se uno sgarrava… due mesi e via. E quelli che andavano in Argentina… non osavano neppure dire ai loro parenti in Italia

come stavano… questi invece fanno venire parenti, amici… … le cooperative prendono i soldi dallo Stato… i nostri soldi… se li intascano e via… sono tutte cooperative rosse… … sono comunisti… anche quello che è venuto vicino a casa mia… cercavano una casa per delle donne africane… poi non sono più venuti, si vede che non ci potevano guadagnare… … le donne poi sono arrivate…

a casa non ci sono mai, si vede che vanno in giro a lavorare… ma intanto la cooperativa i soldi li prende… …li vogliono? Se li portino a casa loro… a dormire nel loro letto… con la loro moglie… … perfino in chiesa te la stanno a raccontare… ma io in chiesa ci vado per stare tranquillo, in pace… cosa mi vengono a parlare di quelli lì…


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Riceviamo e pubblichiamo...

METTIAMOCI LA FACCIA

Ringrazio per l'importante contributo che questa lettera offre al confronto interno alla chiesa avviato su queste pagine in "Diversamente chiesa", sperando che altri ancora si vogliano esprimere sui medesimi temi ( gp ). Ho letto con profonda condivisione la “Lettera a Francesco” di Guido Piovano. Soprattutto perché ha il senso di un caldo invito ad esprimere le nostre riflessioni personali, anziché limitarci ad essere consumatori di notizie ed opinioni altrui, nella comoda posizione degli spettatori. In quanto cristiano e teologo, ritengo che esista una “chiesa del silenzio” fatta più di ripetitori di un passato che di costruttori di un cristianesimo all'altezza del nostro tempo. Se la comunità cristiana non diventa un laboratorio, corre il rischio di diventare un museo. Proprio questa mancanza di creatività e questa sovrabbondanza di ripetizione hanno creato quello “Scisma sommerso” di cui ben oltre 20anni fa scrisse il filosofo Pietro Prini nel suo saggio sulla chiesa cattolica. Da studioso e da credente, si rammaricava del fatto che l'immobilismo e il concetto di “società cristiana” continuassero a generare uno scisma culturale ed esistenziale in coloro che, proprio in nome della fede e di una coscienza adulta, non potevano più trovarsi in una “struttura” di pensiero, di scelte e di linguaggi arcaici. Ora è indubbio, come esplicita chiaramente Guido Piovano, che sul terreno della socialità, dell'ambiente, delle disuguaglianze, papa Francesco abbia prodotto una svolta radicale che lo imparenta con le voci più profetiche delle Scritture ebraiche e cristiane. Così pure è evidente che questa svolta abbia creato ostilità e congiure potenti e ben note che non hanno scalfito la sua decisione e il suo coraggio contro i poteri curiali. Di fronte a questa situazione, mi sento in dovere di una difesa della persona e delle “posizioni sociali” di papa Francesco. Lo vedo come l'unico che denunci, in modo preciso, articolato e continuo, la logica del sistema del mercato e delle armi, mentre le istituzioni internazionali si cimentano in dichiarazioni totalmente sconnesse dalle pratiche politiche. Può avere, a mio avviso, qualche ragione chi evidenzia la scarsa capacità di papa Francesco di scegliere i diretti collaboratori, ma diventa difficile in un plotone di funzionari trovare dei profeti o anche solo delle persone oneste. Ma, con tutto l'affetto e la stima

che voglio pubblicamente esprimere a papa Francesco, non posso tacere alcune osservazioni critiche e alcune delusioni. 1. Le buone, intelligenti e coraggiose parole usate recentemente sul diritto a fare famiglia degli omosessuali, non possono bastare. Perché diventino operative è necessario depennare dal Catechismo cattolico ufficiale le rozze e violente condanne dei comportamenti omosessuali. Senza questa decisione, che è nelle facoltà del romano pontefice, non cambia la posizione della Chiesa cattolica. 2. Sul ministero paritario delle donne nella chiesa cattolica papa Francesco non solo è stato esitante, ma perentorio affermando che “la questione del sacerdozio femminile non è più in discussione perché il pronunciamento papale precedente è stato definitivo”( pag. 93, “San Giovanni Paolo Magno”, Ed. San Paolo). Questa posizione è storicamente e teologicamente oggi insostenibile. Questa affermazione nega la ricerca ecclesiale di numerosi vescovi della chiesa tedesca e del Sinodo in atto e di tutta la teologia femminista. Non solo, ma questa chiusura del papa ha bocciato in pieno le proposte del ministero paritario delle donne avanzata dal Sinodo Pan-amazzonico, dimostrando chiaramente di dire un No ad una chiesa che si

era espressa nella libertà, unendo laici e pastori. Così pure suonano poco convincenti tutte le parole sulla funzione essenziale dei laici se poi leggiamo, nel documento dei mesi scorsi, che tutta l'azione pastorale è centrata sulla figura sacerdotale. 3. È appena in diffusione il nuovo “messale romano” in cui tutti i linguaggi dell'espiazione vicaria di Gesù rispetto ai peccati, il diavolo e le indulgenze e i miti della mariologia e della cristologia vengono rilanciati senza nemmeno un minimo ritocco, quando invece le scienze bibliche hanno ormai chiaramente indicato la differenza che intercorre tra il linguaggio mitico e il messaggio evangelico. Ne avremo conferma nei giorni natalizi... 4. Sulla questione del fine vita, il lunghissimo documento vaticano che ho fatto fatica a leggere interamente, e a credere alle parole che leggevo, denota una cultura da scribacchino che non conosce che cosa sia l'accompagnamento pastorale reale dei morenti. Designare come criminali coloro che, su espressa richiesta del soggetto, aiutano a morire una persona ridotta al puro stato biologico, significa usare categorie mentali e morali disumane... E finisco qui: credo che in questo tempo le scienze umane, la psica-

nalisi, le voci delle donne, le ricerche del mondo LGBTIQ+, i grandi risultati di tre secoli dei metodi storici e critici... abbiano offerto alla chiesa singolari occasioni di conversione. Mi domando se si possa ancora ignorare il fatto che la nostra meravigliosa fede, che in Gesù di Nazareth ha realizzato una proposta straordinariamente feconda anche per il nostro tempo, una proposta che non ha perso nulla della sua forza rigeneratrice, possa essere trasmessa alle nuove generazioni imbalsamata dentro la prigione delle nostre paure e dei nostri dogmi. Spero che anche su questi terreni papa Francesco, sappia ascoltare le voci che gridano l'esigenza del cambiamento e sappia coraggiosamente essere “imprudente”. Ma METTIAMOCI LA FACCIA ciascuno e ciascuna di noi perché crediamo che il “vento di Dio” soffia nel cuore di tutti e tutte noi. E poi... forse stiamo scoprendo che dobbiamo aspettarci un po' meno dai pastori, specialmente quelli “sommi” e pontefici perché il futuro potrebbe riservarci qualche brutta sorpresa, superabile se abbiamo capito che la chiesa siamo noi... don Franco Barbero Pinerolo, 2 novembre 2020


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“FRATELLI TUTTI”, UNA BUSSOLA PER CAMMINARE INSIEME

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La nuova enciclica di Papa Francesco sulla Fraternità e l’Amicizia sociale di Gianni Lip

Tre le parole più usate (su oltre 44mila): fraternità (44 volte), bene comune (32 volte), solidarietà (22 volte). Ecco in numeri “Fratelli tutti”, la terza enciclica di Papa Bergoglio, la più lunga, firmata lo scorso 3 ottobre ad Assisi, davanti alla tomba del Santo, per tracciare un ponte lungo 800 anni tra San Francesco e il Papa. Una “lettera circolare” che è nata sulla scia del "Documento sulla Fratellanza universale sulla Pace mondiale", firmato ad Abu Dhabi un anno e mezzo fa dal Papa e dall'Imam di al-Ahzar, Ahlmed al-Tayyeb. Ma, in realtà, è la trascrizione di concetti che Bergoglio esprime fin dall’inizio del suo pontificato. Quello storico mercoledì, c’ero anch’io Pioveva e faceva freddo a Roma, mercoledì 13 marzo 2013. Eppure piazza san Pietro era già gremita di persone che fissavano il camino della Cappella Sistina. Poco dopo le 19 è arrivata la fumata bianca e in pochi minuti la Piazza è diventata il centro del mondo. Quando Papa Bergoglio è apparso per la prima volta dalla Loggia di San Pietro, la folla è esplosa in applausi e grida di gioia: “Fratelli e sorelle, buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali sono andati a prenderlo quasi dalla fine del mondo”. Ecco la cifra caratteristica del pontificato di Francesco: la fratellanza.

Sulla stessa barca Pioveva a dirotto il 27 marzo di quest’anno, a Roma, quando il Papa si è ritrovato a pregare da solo, in una Piazza San Pietro vuota. Siamo “sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Nessuno si salva da solo, ci si può salvare unicamente insieme”. Francesco apre così la nuova enciclica e nel 1°

capitolo (“Le ombre di un mondo chiuso”) elenca i mali della nostra epoca: tra questi la mancanza di democrazia, di libertà e di giustizia, la povertà e la disoccupazione, il razzismo e le parole d’odio sui social. Problemi globali che esigono azioni globali. Il Papa lancia anche l’allarme contro la “cultura dei muri, terreno fertile per le mafie”. Diventiamo samaritani! È il personaggio più popolare del Vangelo, il buon Samaritano. È l’unico che si curva verso il ferito, lo tocca, se ne prende cura e lo salva. Il sacerdote e il levita, infatti, lo schivano e passano dall’altra parte. La parabola, che Francesco riprende nel 2° capitolo dell’enciclica (“Un estraneo sulla strada”), è un appello a farsi prossimo. Con toni molto forti, il Papa scrive che “la diseguaglianza è una malattia della fraternità”, è il sintomo che non ce n’è abbastanza, che viene meno il rapporto con l’altro. Il Papa invita a creare solidi legami di fraternità, superando pregiudizi, barriere storiche o culturali, perché “noi siamo fatti per l’amore”. Laudata economia Nel trittico che la unisce alla libertà e uguaglianza, la fraternità è sempre di lato; ora va rimessa al centro. A partire dall’economia, cui il Papa dedica il 3° capitolo dell’enciclica (“Pensare e generare un mondo aperto”). Tema centrale è quello della destinazione universale dei beni, che precede l’uso per il benessere individuale: “Il diritto naturale alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario”. È un ribaltamento di priorità che riguarda anche i beni dell’impresa: “Le attività degli imprenditori... dovrebbero essere orientate chiaramente al progresso delle altre persone e al superamento della miseria”. Parole sante. Liberi di partire, liberi di restare Quasi tutti i partiti, sia di destra che di sinistra, parlano di respingere gli immigrati, ridurre gli arrivi, contenere gli sbarchi… Alcuni lo urlano con violenza, nelle piazze, ad altra voce. Altri lo affermano sottovoce, nei corridoi del Palazzo, un po’ di nascosto. Tra i sostenitori dell’accoglienza, invece, ci sono i gruppi di volontariato e, di una certa rilevanza, solo la Chiesa di Papa Francesco, “ospedale da campo” che non chiude. L’invito che Bergoglio rivolge nel 4° capitolo dell’enciclica (“Un cuore aperto al mondo intero”) è di preparare un’adeguata accoglienza ai migranti che fuggono da guerre, persecuzioni e catastrofi naturali.

La corruzione “spuzza” Ogni famiglia ha la sue frasi storiche. Nella famiglia Bergoglio le ha trasmesse nonna Rosa, piemontese doc, proveniente da una famiglia povera emigrata in Argentina. Una per tutte? “Non si sta bene se non quando si fa del bene”. Questa espressione fa da sfondo al 5° capitolo (“La migliore politica”) che rilancia il progetto di una buona politica al servizio del bene comune, che tutela il lavoro e pensa al futuro dei giovani. Condanna fermamente la cattiva politica, populista, che pensa al proprio tornaconto e non sa dire di no alla corruzione. Lo ha detto il Papa a Scampia nel 2015: “La corruzione spuzza” (spussa in piemontese). Nonna Rosa insegna. La scuola del dialogo C’è un virus molto più pericoloso e insidioso del Covid 19: è quello dell’individualismo radicale. Per combatterlo occorre educare le giovani generazioni al dialogo, a partire dalle famiglie, dalla scuola e dalla comunità intera. Lo sottolinea Francesco nel 6° capitolo (“Dialogo e amicizia sociale”). Una società fraterna è quella che promuove l'educazione al dialogo, al confronto rispettoso dell’altro, alla democrazia. Il Papa indica alcuni strumenti concreti: “l’arte dell’incontro” con tutti, anche con le periferie del mondo; “la ricerca della verità”, e non quella del consenso; “il miracolo della gentilezza”, per creare relazioni davvero umane. Nessuno tocchi Caino Tra le pagine più potenti dell'enciclica ci sono quelle dedicate alla condanna della guerra e al rifiuto della pena di morte, nel capitolo 7° (“Percorsi di un nuovo incontro”). Francesco afferma che la guerra è il “fallimento della politica e dell'umanità”, una “resa vergognosa alle forze del male” e non si può parlare di “guerra giusta”. Come pure

è ingiustificata e inammissibile la pena capitale che va abolita in tutto il mondo. “Piuttosto con il denaro che si investe negli armamenti, si costituisca un Fondo mondiale per eliminare la fame”, scrive il Papa. Una proposta coraggiosa, come lo è pure l’appello di riforma delle Nazioni Unite. Fratelli si nasce, prossimi si diventa Caino e Abele, Romolo e Remo… sono fratelli cui scatta la scintilla dell’odio, che finisce in un assassinio. Non basta essere legati da vincoli di sangue, occorre che il legame familiare si trasformi col tempo in una fratellanza dello spirito. In questo le diverse religioni possono fare molto. Papa Francesco dedica il capitolo 8° (“Le religioni al servizio della fraternità nel mondo”) al dialogo tra le fedi e ad alcuni testimoni del nuovo umanesimo e dell’etica della fraternità: Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e Charles de Foucauld. Artigiani di pace, che hanno scelto di identificarsi con gli ultimi per essere “il fratello universale”. Sorelle tutte, maestre di fraternità Anche se il titolo (erroneamente) è stato accusato di essere al maschile, le donne sono centrali in questa enciclica, come nella nostra vita. La prima esperienza di fraternità nasce in famiglia, grazie a una madre, una nonna, una zia che tiene insieme la famiglia, mediando tra parenti litigiosi. “Sorelle tutte” che ci insegnano l’attenzione agli altri, la cura, il senso dell’essere fratelli. Limitare questo genio femminile alla sfera privata è anacronistico, improduttivo e disumano. Un mondo aperto ha bisogno del talento delle donne. Lo dice Papa Francesco: “Desidero una Chiesa lieta, con il volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza”.


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DIECI MINUTI CON LA BELLEZZA:

Antonio López Garcìa e la “realidad” di Rodolfo Allasia

Nello scorso numero abbiamo pubblicato, a supporto del racconto “Il vuoto e il nulla“ di Vincenzo Esposito, una serie di immagini che riproducono quadri di un pittore spagnolo vivente: Antonio López Garcìa. López Garcìa non ha solo dipinto interni (quelli pubblicati su insonnia) bensì i suoi soggetti spaziano da vedute dall’alto di Madrid, figure umane (morti compresi), fiori e alberi, cibo ed ha realizzato anche sculture di persone compresa la famiglia Reale di Spagna. López Garcìa è un artista che ammiro: invidio la sua capacità di comporre gli elementi di un quadro, di scegliere le figure da dipingere, di cercare atmosfere suggestive tanto da suggerire pensieri profondi, di rappresentare con sapienza la REALTÀ. Ho anche provato, senza successo, ad iscrivermi ad un suo corso residenziale. Realtà, questa parola ha giocato nella storia dell’arte un ruolo di grande rilievo; ci sono state epoche in cui la ricerca dell’espressione realistica è stato un obiettivo fondamentale ed altre in cui è stata completamente abbandonata. In alcune culture il realismo è contrario a principi religiosi (nel mondo islamico non si rappresenta la figura umana e la natura in

genere), il regime sovietico privilegiava il realismo come, la Cina di Mao, esaltava l’arte legata all’ideologia politica, nel Medioevo le figure erano ridotte quasi ad icone, il Rinascimento è tutto un fiorire di immagini sempre più realistiche. Già alla fine dell’Ottocento gli artisti d’avanguardia iniziano a concepire lo sfaldamento della figura come una ricerca di libertà dell’individuo fino ad arrivare, all’inizio del Novecento, con le Avanguardie ad una pittura Informale. Mi fermo qui per non perderci in ciò che non è più pittura. Per tornare a López Garcìa e alla sua “piccola banda”, che venne poi definita come il Realismo Madrileño, si vede che costoro iniziano a dipingere quasi riscoprendo una pittura europea del 1600 arricchita di una attualità che la distingue ma nonostante ciò fu definita da molti: anacrónica è obsoleta. Erano gli anni sessanta; in quel tempo il regime franchista, per non farsi accusare di essere un modello politico vecchio e non democratico, promuoveva esposizioni nelle quali dominava l’astrazione, sia geometrica che informale! Chissà se il gruppo di Antoñito (come gli amici chiamavano López Garcìa) hanno voluto rompere decisamente con la cultura dominante o se

ragioni, ancora più profonde, hanno spinto questi “strani” iberici a dipingere tutto all’aria aperta e dal vero, sempre. Chi vuole guardare i quadri di López Garcìa (fosse anche solo le riproduzioni fotografiche) potrà notare che dopo la firma dell’artista ci sono due date. Queste rappresentano la data di inizio e quella della fine del quadro. López Garcìa è meticoloso e vuole che chi guarda sappia quanto tempo ha impiegato a fare l’opera. Prendiamone uno a caso: la “Gran Via” 1974/1981(!). Non è che Antoñito sia stato col pennello in mano per sette anni, no, lui si presentava sullo spartitraffico della Gran Via mettendo il cavalletto dove aveva lasciato i segni per dove appoggiarlo la volta successiva ed i segni dove mettere i propri piedi per poter dipingere e tornava ogni qualvolta vedeva la luce che c’era il giorno che aveva iniziato l’opera! E questo per moltissime opere da lui realizzate. Ossessione; direte voi, no, è ricer-

ca del VERO. Un vecchio adagio recita: nulla sembra meno reale che la stessa realtà. La realtà è fatta di percezioni ed ognuno di noi ha percezioni diverse, ma BISOGNA essere di fronte alla realtà per coglierla. Sarebbe un lungo parlare quello che ci aspetta andando avanti su questo tema ed è per questo che l’arte ha grande importanza, serve a parlare tra di noi; vedere e parlare di ciò che abbiamo visto. Chiudo invitandovi a vedere un film girato nel 1990 da Víctor Erice che segue López Garcìa intento per lungo tempo a dipingere un melo cotogno nel proprio giardino di Madrid. Il titolo è “El sol del membrillo”. Antoñito ha dipinto questo albero molte volte nella sua vita; proviamo a chiederci quale spirito lo illumina di fronte a questo dipingere. Antonio López Garcìa è nato nel 1932 ed ancora è alla ricerca del vero.


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RIPORTA IL CINEMA A RACCONIGI! DONA ORA!

Un progetto di Progetto Cantoregi

"Abbiamo l’audio. Ora aiutaci a dotarci di un proiettore e insieme dovremo solo spegnere le luci e goderci il fascino del cinema." Con questa campagna di crowfunding noi di Progetto Cantoregi accarezziamo il sogno di dotare la Soms di Racconigi di un proiettore professionale da cinema. Tale strumentazione permetterà di contare su proiezioni di qualità per organizzare serate con film, cineforum e festival cinematografici, in una città che da troppo tempo è orfana del cinema e della sua magia. Inoltre potremmo proiettare immagini di qualità durante incontri, convegni, spettacoli teatrali e di danza, concerti e durante le tante iniziative che si svolgono alla Soms.

A Racconigi manca purtroppo una sala cinematografica e la Soms di via Costa, con l’ampio Salone Gamna dalla platea a gradinata che ospita 110 posti (55 in situazione di emergenza Covid 19), è adatta a rendere concreto il sogno di Progetto Cantoregi di poter realizzare iniziative e rassegne filmiche, dedicate di volta in volta alle ultime uscite di sala oppure a un tema, a un Paese, a un periodo storico, a un regista o a un movimento cinematografico, oppure di poter proiettare pellicole per bambini e famiglie.

«Riportare il cinema a Racconigi - spiega il sindaco Valerio Oderda -, riportarlo all’interno del salone Soms emoziona tutti noi, tornare a proiettare nei locali in cui il cinema ha vissuto per molti anni è un sogno che si realizza per i tanti racconigesi che

ne hanno un nitido ricordo e per i giovani che pur non avendo memoria diretta ne hanno sentito parlare, un altro passo in avanti nella crescita culturale grazie a Progetto Cantoregi e a chi vorrà sostenere con una donazione l’iniziativa.»

Tu doni, CRC raddoppia

cesso, la Fondazione CRC ha offerto a tutti i progetti selezionati un percorso formativo online e un servizio di accompagnamento a cura di Rete del Dono. Le campagne di crowdfunding saranno attive dal 6 novembre e, al temine del periodo previsto di apertura, la Fondazione CRC raddoppierà le donazioni raccolte fino a un importo massimo di 5 mila euro per ciascun progetto. Inoltre, per garantire l’ottimizzazione delle donazioni raccolte, la Fondazione coprirà tutti i costi di utilizzo della piattaforma e di commissione sulle singole donazioni.

La campagna di crowdfunding RIPORTA IL CINEMA A RACCONIGI! di Progetto Cantoregi è realizzata nell’ambito del progetto “Crowdfunding 2020. Nuove risorse per dare fiducia al Terzo Settore” promosso dalla Fondazione CRC in collaborazione con Rete del Dono per aumentare la sostenibilità economica delle organizzazioni del Terzo Settore della provincia di Cuneo e accrescere il senso di partecipazione e aggregazione delle nostre comunità. Sono dieci i progetti selezionati per la prima edizione di Crowdfunding 2020 che è possibile scoprire e sostenere sul sito di Rete del Dono alla pagina https://www.retedeldono.it/it/fcrc-crowdfunding-2020. Per aiutare le organizzazioni a realizzare una raccolta fondi di suc-

Il Cinema ti aspetta!

La donazione è libera e spontanea fino al 31gennaio 2021, raggiungendo però le soglie di 10, 25 o 50 euro riceverete riconoscimenti tra cui gadget e biglietti, correte a scoprirli.

SE DONI ALMENO 10 €

SE DONI ALMENO 25 €

SE DONI ALMENO 50 €

Biglietto di ingresso Spettacolo Cantoregi

Biglietto di ingresso Serata Inaugurale

Biglietto ingresso Serata Inau gurale + Shopper Cantoregi

Riceverete in omaggio un biglietto di ingresso valido per una delle serate organizzate da Progetto Cantoregi! Inoltre il vostro nome apparirà tra i sostenitori che hanno reso possibile questo sogno e verrà proiettato durante le serate di Progetto Cantoregi.

Riceverete in omaggio un biglietto di ingresso valido per la serata inaugurale! Inoltre il vostro nome apparirà tra i sostenitori che hanno reso possibile questo sogno e verrà proiettato durante le serate di Progetto Cantoregi.

Riceverete in omaggio un biglietto di ingresso valido per la serata inaugurale ed una borsa targata Progetto Cantoregi! Inoltre il vostro nome apparirà tra i sostenitori che hanno reso possibile questo sogno e verrà proiettato durante le serate di Progetto Cantoregi.

Per donare: https://www.retedeldono.it/it/progetto-cantoregi/riporta-il-cinema-a-racconigi. Per info: 335.8482321–www.progettocantoregi.it –info@progettocantoregi.it – Fb Progetto Cantoregi –Tw @cantoregi-IG Progetto Cantoregi. Puoi pubblicizzare il progetto sui tuoi canali social, taggando @progettocantoregi e l'hashtag #NuovoCinemaRacconigi.


insonnia

Novembre 2020

15

RACCOVID segue dalla prima

Anche i medici, come tutti, siamo sensibili all’aggressione di questo virus. Anzi il lavoro che svolgiamo ci mette in una situazione di maggior pericolo di contagio. Il contratto che vincola i medici di medicina di famiglia non impegna l’ASL a sostituire il medico che non può svolgere il proprio lavoro ed è il medico stesso che ha l’onere di trovare un sostituto per il periodo di assenza. In questa pandemia trovare un collega che ci sostituisca è molto complicato, infatti per i quattro colleghi ammalati abbiamo potuto avere solo una copertura saltuaria e solo per alcuni di loro. Ciò a scapito dei pazienti ed un carico di lavoro molto maggiore per i medici restanti. Fortunatamente l’essere in rete ha permesso ai due colleghi rimasti sul “fronte” di poter seguire più o meno tutti. Ma per quanto concerne le problematiche legate alla pandemia i dati (tamponi, isolamenti ecc) possono essere resi noti solo al medico del

Cin

Cinema ROSEMARY’S BABY di Cecilia Siccardi

A causa dell’emergenza Coronavirus, si sa, anche i cinema per il momento sono chiusi. Quale momento migliore,

Lib

Libri di Michela Umbaca

“Sono ottimista perché vedo che verso di essa [la mafia, ndr] i giovani, siciliani e non, hanno oggi un’attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai vent’anni. Quando questi giovani saranno

paziente. Quindi anche per questo motivo, unito alla maggior trasmissione del virus, ed al diminuito numero di medici a disposizione, siamo andati incontro ad un periodo molto complicato. Le richieste dei pazienti ai medici riguardano sia le ansie da tranquillizzare sino a patologie gravi che non possono essere trascurate. A questo proposito apro una breve parentesi ma sarebbe necessario aprire un lungo capitolo riguardo al concetto di salute che circola nella nostra società, dovrebbe essere ripensato in termini di sostenibilità. I medici di base sono l’ultimo baluardo nel costruire un rapporto con l’assistito, e questo necessiterebbe di tempo ma l’aumento della burocrazia, le complessità delle cure specialistiche e farmacologiche non lasciano molto spazio, il nostro lavoro dovrebbe essere supportato da figure di tipo infermieristico ed amministrativo. L’organizzazione complessiva della salute pubblica non ha fatto grandi

miglioramenti sul territorio, l’informazione non è sempre corretta ed anch’essa è diventata caotica data la molteplicità di fonti. Anche grazie a questo capita che la popolazione si senta trascurata, confusa. Studi sul comportamento dei medici di base denunciano l’abbandono della professione di un alto numero di colleghi già vicini all’età pensionabile e la scelta di questa specialità, da parte delle giovani leve è sempre meno ambita: di qui la prospettata mancanza di medici nei prossimi anni. Non si può più pensare al vecchio medico di famiglia che girava con la sua borsa per le vie della città e le strade di campagna a curare e consolare i suoi pochi pazienti. Tutti noi dobbiamo pensare a quanto sono mutate le condizioni di vita della nostra società e alla complessità di tutti i sistemi. Ma noi dobbiamo affrontare i problemi e gestire le priorità. Le istituzioni dovrebbero porre rimedio alle carenze del sistema, ma per

dunque, per recuperare vecchi classici? Per rimanere in tono con le cupe atmosfere di fine ottobre e inizio novembre, chi scrive ha deciso di vedere per la prima volta Rosemary’s Baby, film del 1968 di Roman Polanski con Mia Farrow nel ruolo della protagonista. La vicenda narrata è quella di Guy e Rosemary, una giovane coppia che, appena trasferitasi a New York, decide di andare a vivere in un ampio appartamento nell’elegante palazzo gotico di Bramford. La storia del luogo è legata alla magia nera e al satanismo; la proprietaria di casa è morta da poco a seguito di un misterioso coma, e l’appartamento è pieno di strane piante e oggetti, ma i due non sembrano dare peso a nessuno di questi elementi. Rosemary spera di avere presto un bambino, mentre Guy, attore di pro-

fessione, sogna di arrivare al successo. La loro vita giunge a una svolta con la conoscenza di una coppia di vicini di casa, gli inquietanti Castevet. Rosemary’s baby è stato il primo grande successo di Polanski in America, e uno dei primi horror hollywoodiani. Considerato tutt’ora una pietra miliare del genere, non contiene di certo i ritmi serrati, i jumpscare e un certo gusto splatter che siamo abituati a vedere negli horror più recenti: seppur si tratti di una storia ricca di elementi sovrannaturali, il film segue la vicenda di Rosemary in un crescendo di angoscia che ha basi perlopiù psicologiche. Fortissimo il tema della critica alla società borghese, in cui l’unica cosa che conta è il successo, e per averlo si è disposti a vendere qualsiasi cosa al diavolo. Un pezzo di storia del cinema.

adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta”. Leone Zingales è un giornalista palermitano che da più di vent’anni si occupa d’inchieste sulla mafia e sulla criminalità organizzata, seguendo con grande attenzione le vicende che si sono sviluppate attorno al Procuratore Aggiunto di Palermo, Paolo Borsellino e a “quel puzzo” che è Cosa Nostra. Zingales, attraverso le voci e le testimonianze dell’intorno del Magistrato, porta allo scoperto forse un lato di Borsellino che, oggi come allora, pochi conoscevano, ossia quello umano, di padre e di marito. E lo scopriamo proprio grazie ai racconti che Zingales raccoglie nelle sue interviste ai guerrieri che insieme al Magistrato, hanno dato vita alla lotta alla cosca mafiosa siciliana: Giuseppe di Lello e Antonio Caponneto, componenti del “pool antimafia” a Palermo. Ciò

che si evince dalle loro testimonianze è un Paolo Borsellino cosciente che Cosa Nostra ha radici profonde e ben radicate nel panorama sociale ed etico siciliano e per questo difficile da sradicare dalle menti dei siciliani, che vivono la mafia con profonda omertà. Zingales fa emergere un’immagine di Paolo Borsellino come un uomo che crede fortemente nelle generazioni future, nei giovani che possano affiancarlo nella sua lotta – come anche dichiara Antonio Ingroia, l’allievo di Borsellino -, perché “se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onni-

Leone Zingales Paolo Borsellino. Una vita contro la mafia 2012, pp. 127, € 13,50 Liminia Edizioni srl

conoscerle dovrebbero viverle almeno un po’. Certo, in qualche modo ce la faremo, ma TUTTI dobbiamo fare la nostra parte, nessuno escluso, anche dopo la possibile somministrazione del sospirato vaccino.

potente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.


Novembre 2020

16

Mus

Musica Bruce Springsteen

LETTER TO YOU di Roberto Magri

È il titolo del nuovo album (ventesimo in studio) di Bruce Springsteen, uscito il 23 ottobre 2020. Un disco di rara bellezza, profondo e potente, che esprime tutta la smania di Bruce nell’affrontare con la sua energia gli anni che passano e la morte dei suoi amici (in particolare i suoi ex compagni di band Clarence Clemons, Danny Federici e George Theiss) con uno spirito che tocca e

commuove profondamente. Atteso da tempo questo nuovo lavoro con la E-Street Band non ha tradito le aspettative, e le 12 canzoni che lo compongono sono state registrate in presa diretta in meno di una settimana senza sovraincisioni. “Janey Needs A Shooter”, “If I Was the Priest” e “Song for Orphans” sono tre brani che arrivano direttamente dagli anni ‘70, i cosiddetti “scarti” che non hanno trovato spazio nei dischi di quel periodo, ballate storiche portate finalmente a nuova luce con un arrangiamento elettrico sontuoso tra organo, armonica e chitarre; tre brani che hanno impresso a fuoco il suono della E-Street Band, che ci fanno respirare l’aria di un’epoca che non c’è più. L’ascolto di “Letter to you” è un susseguirsi di sensazioni forti, un sali e scendi di emozioni con continui cambi di ritmo, ballate fantastiche ed una voce che più “invecchia” (71 anni) più stupisce e coinvolge, una voce convinta, una voce che da sogni e speranza per un futuro migliore. Il disco si apre con “One minute you’re here”, una storia sulla malinconia e sulla solitudine che ti assale quando capisci di essere diverso da

come ti aspettavi. Proseguiamo con la title track, il primo singolo rilasciato, dove Bruce racconta i suoi dubbi, paure, dolori e gioie in una lettera, scritta a mano, con il cuore.

“Burnin’ Train” e “Ghosts” spiccano per la loro sontuosità, sono brani da concerto, da caricare e portarsi dietro il pubblico, Max Weinberg con la sua batteria e i 2 chitarristi Little Steven e Nils Lofgren fungono da calamite rock. In “Last Man Standing” e in “The Power of Prayer” assistiamo ad una crescita graduale dell’apporto di tutti

insonnia

i musicisti per arrivare al grande assolo di sax di Jake Clemons, nipote del sopracitato Clarence. Con “House Of A Thousand Guitars” ci troviamo trasportati dal piano di Roy Bittan in un inno alla fratellanza ed all’amicizia, sullo stare insieme, uniti. Passando per “Rainmaker” brano a tinte western il cui ritornello si trasforma in un inno corale alla fede. L’album si chiude con “I’ll see you in my dream” che parla di chi non c’è più tra noi fisicamente, ma ci rimane comunque accanto, infatti la traduzione è “Ti rivedrò in sogno”. Un album semplicemente meraviglioso, arrivato in un momento così delicato nel quale abbiamo bisogno di cose vere, la migliore cura dell’anima; la gioia, la paura, la tristezza, l’amicizia e l’amore sono i temi che vengono affrontati e raccontati, temi in cui tutti ci possiamo ritrovare e trarne ispirazione. Grazie della tua compagnia Bruce, in attesa di poterci rincontrare tutti insieme ad un tuo concerto a San Siro nella tua seconda casa, come nei bei vecchi tempi, IT’S BOSS TIME. #StayRock

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Roberto Magri, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

nonostante tanti momenti difficili. No, non metto in discussione la conflittualità, le tensioni, lo scontro di interessi e di idee attraverso cui una società progredisce faticosamente nel rispetto dei principi democratici. Il problema è un altro. Nella conflittualità di oggi c’è un segno diverso. C’è il segno di una disgregazione sociale che scava le basi stesse della convivenza civile e dell’ordinamento istituzionale. Paradossalmente, in un’epoca in cui si rivendica a gran voce l’identità nazionale, in cui si invocano a ogni piè sospinto la libertà e gli interessi degli italiani, ho l’impressione che non ci siano più italiani, cittadini che condividono una storia, una lingua, un progetto sociale; ma individui, ognuno chiuso nella rivendicazione del suo particolare, del proprio interesse, nel caso migliore della propria famiglia, incapace di riconoscere l’altro e indisponibile a fare fronte comune ad una sfida insidiosa. Paradossalmente, in un’epoca in cui le sirene del sovranismo affascinano molti, sembriamo precipitare verso un individualismo

destinato a farci perdere ogni possibilità di contare. Storici, antropologi, economisti, studiosi di molte discipline hanno analizzato i processi che portano le società a nascere, crescere e morire. Studi affascinanti che aiutano a leggerci dentro. Chissà se un giorno qualcuno studierà quello che è successo alla nostra società. Non so cosa ci aspetta e non pretendo di insegnare niente a nessuno. Questo editoriale nasce così, quasi per caso, dopo che in redazione ci eravamo detti che mancava un editoriale per questo numero e qualcosa ci dovevamo inventare. Non mi sono inventato niente, semplicemente ho lasciato che il mio disagio trovasse la strada di parole che esprimono il disorientamento di chi ha sempre creduto nella capacità dell’uomo di costruire il proprio destino, nella necessità che almeno ci provi a farlo, e che oggi fatica a trovare un senso in ciò che stiamo vivendo. E tu, caro lettore di Insonnia, un senso lo trovi?

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA

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Tel.:

+39 335 1701008 +39 331 6893698 +39 331 6893684


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