INSONNIA Novembre 2016

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7 NI 201 O I Z I R C SOTTOS Insonnia n° 87 Novembre 2016 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009 Il passato non può essere ignorato, la storia ufficiale, sia quella dei secoli lontani sia quella più recente, con i suoi avvenimenti, con i pensieri dei grandi, ha costruito il nostro presente; è la base per comprendere ciò che viviamo ora nel nostro e negli altri paesi. Ma c’è la storia di una quotidianità che è stata per tanto tempo trascurata quasi come un fatto secondario, privato, emotivo da situare nella letteratura, nel cinema o nel teatro più che nei manuali di studio. Per tanto tempo questo aspetto del passato è stato indagato per rendere credibili le vite dei personaggi immaginari di molti romanzi ma è venuto un tempo che la storia si è incrociata con altre scienze sociali come appunto la sociologia e l’antropologia, ma non solo, e la ricerca storica, fatta su documenti di archivi più o meno pubblici, si è affiancata alla ricerca di fonti orali con metodologie che avevano l’aspetto dell’intervista, ma le finalità avevano invece la stessa dignità delle fonti d’archivio. Oggi, con le tecnologie che possono contenere archivi smisurati, tutti possono accedere a informazioni senza muoversi da casa a meno che non si faccia come faceva Mario Monasterolo ed altri amici che vanno a ficcare la testa dentro archivi mai scaricati su supporto informatico. Insomma chi vuole lavorare su materiali di prima mano deve o aprire i faldoni di un archivio pubblico o spulciare tra vecchie carte di case private o andare con un registratore a parlare con la gente che può ancora raccontare, filtrando con la propria memoria, i ricordi della propria vita. A cosa serve tutto questo lavoro? Spesso a comprendere le differenze o le similitudini tra la vita di un tempo e quella dei giorni nostri poiché non è vero che ciò che viviamo ora nasce dal nuovo ma è vero invece che molto di ciò che è stato resta il “brodo di coltura” di quello che viene costruito oggi. Secondo alcuni pensatori “la differenza sostanziale tra l’uomo e l’animale riguarda proprio la memoria.

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IL PIANO REGOLATORE DI NUOVO FERMATO DALLA REGIONE

Due casi esemplari: il caso Englaro

di Anna Maria Olivero

in Italia - 3° parte

Molte criticità in merito alla sostenibilità ambientale Il testamento biologico

A settembre è arrivata alla nostra Amministrazione la PROCEDURA DI VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) relativa alla Variante Generale al PRGC adottata dal Comune di Racconigi nel giugno 2015.

di Giancarlo Meinardi

La VAS esprime un parere in merito alla sostenibilità ambientale del Piano. Nella relazione si evidenziano alcune criticità e si ritiene pertanto necessario che il Comune di Racconigi provveda alle opportune revisioni del Piano.

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ISOLA ECOLOGICA In partenza il nuovo sistema di regolazione degli accessi all’isola ecologica di Francesca Galante e Marco Capello, Legambiente

E’ in arrivo a Racconigi una grande novità che permetterà al Comune di adeguarsi alle ultime disposizioni di legge sul tema dei rifiuti, ma soprattutto lo indirizzerà sempre di più verso una buona politica di gestione dei rifiuti. A partire dal 14 novembre 2016 infatti entrerà in funzione presso l’isola ecologica di Via Vittorio Emanuele III (loc. Ponte Rosso) il nuovo sistema di regolazione degli accessi tramite tessera sanitaria, grazie al progetto curato dal Consorzio Servizi Ecologia Ambiente CSEA e realizzato con la collaborazione di Energeticambiente s.r.l. che permetterà all’isola ecologica di tracciare gli ingressi e contabilizzare i rifiuti.
La regolamentazione dell’utilizzo delle isole ecologiche è stata possibile grazie all’introduzione di un nuovo Regolamento per la gestione dei rifiuti urbani ed assimilati unico

Ricordate il caso drammatico di Eluana Englaro? Allora lo scontro fu molto acceso, talora assunse toni e modi quasi violenti. Il padre di Eluana che invocava la possibilità di “staccare la spina”; i difensori del valore della vita che si opponevano a questa soluzione. Pur avendo aspetti comuni con il caso Welby, il caso Englaro ha delle differenze importanti. Piergiorgio Welby era maggiorenne e pienamente capace di intendere e volere quando chiese che fossero sospese le cure. Eluana Englaro invece era in uno stato di coma vegetativo permanente e totalmente incapace di intendere e di volere, quindi non era in condizione di esprimere la propria volontà. Vediamo come sono andate le cose. A seguito di un grave incidente, dal 1992 Eluana Englaro è in coma permanente (nel linguaggio medico: “stato vegetativo permanente”). Nutrita con sondino nasogastrico, Eluana respira in maniera autonoma, ma i medici non lasciano alcuna speranza di ripresa. Dopo alcuni anni Eluana viene interdetta per assoluta incapacità di intendere e di volere e viene nominato tutore il padre, Beppino Englaro. Egli nel 1999 inizia la battaglia legale per sospendere l’alimentazione della paziente.

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pag. 5 per tutto il territorio del Consorzio: tale provvedimento, redatto sulla base delle linee guida espresse dalla Legge Regionale in materia, è stato adottato da tutti i Comuni e definisce i criteri con cui i rifiuti possono essere ricevuti dall’isola ecologica.

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MARCIA della PACE

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REFERENDUM pag. 8 Scuola Elementare

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SERR SETTIMANA EUROPEA PER LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI Da sabato 19 a domenica 27 novembre

Quante scatole, cartoni, lattine finiscono direttamente dalla busta della spesa a quella della spazzatura? Migliaia di tonnellate di imballaggi inutili che potrebbero trasformarsi in fonte di risparmio e salute del pianeta, alleggerendo sia il sacchetto della spesa, sia quello della spazzatura. La SERR, è una campagna di comunicazione ambientale promossa dall’Unione Europea con l’obiettivo di informare i cittadini che, attraverso piccoli gesti quotidiani, è possibile dare un contributo alla riduzione dei rifiuti, acquistando prodotti che tengono conto della salute del pianeta. Gli imballaggi, che paghiamo con la nostra spesa, costituiscono il 60% del volume e il 40% del peso dei rifiuti urbani degli italiani. Ogni cittadino può aderire alla campagna per esempio impegnandosi a ridurre i rifiuti mentre si fa la spesa, prediligendo prodotti sfusi, evitando le monodosi e riciclando il resto! È proprio questo che il circolo di Legambiente proporrà presso alcuni supermercati della zona. Per informazioni: 3929214116

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Purgatorio

insonnia

di Luciano Fico

Il freddo di Novembre ha un suo perfido modo di creare disagio, infiltrando ovunque la gelida umidità della prima nebbia. Il cielo grigio, senza sfumature, incombe sulla terra gelata e coperta di foglie secche e gialle; un’aria fastidiosa le fa correre, inutili, tra le tombe. Innumerevoli e silenziose presenze, anche quest’anno, animano i viali del cimitero: morti e vivi tornano ad incontrarsi nel giorno dedicato e l’omertà, che, per tutto l’anno, relega la morte nei suoi recinti, deve fare un passo indietro, permettendo l’omaggio gridato dai crisantemi. Loro sono lì, attenti a riconoscere e a distinguere i volti, che il tempo vorrebbe far dimenticare, ma che la nostalgia, se non il dolore, mantengono vividi. “Guarda la mamma!” - per lui, che ha vissuto così pochi anni, quello è il solo volto familiare, il solo rimpianto che porta in cuore - “Come sembra vecchia…e stanca…” “Ma no! Cosa dici? È sempre la stessa…” - il padre vorrebbe preservare il volto di quella donna che entrambi hanno amato; soprattutto vorrebbe saper piangere la grande tristezza che sente ora e vorrebbe potere stringere quel bambino che si è perso come lui. Una coppia, muta e dimessa, osserva la figlia che ha dovuto salutare da molto tempo ormai: come è triste lasciare i propri figli, è l’evento che più di tutti lacera quella parvenza di senso, che ci mantiene fedeli alla vita…Ora lei è lì, apparentemente vicina, ma, in verità, irraggiungibile: nessuna parola la può più raggiungere, nessu-

no sguardo, neppure una carezza o un’intenzione… L’uomo corpulento e dallo sguardo sfuggente, che brandisce un mazzo di fiori rossi come fosse un bastone è immobile sotto lo sguardo di lei, che vede un dolore segreto asserragliato in quegli occhi cupi; guarda ancora una volta i muscoli tesi delle sue mascelle, violenti e duri. Lei sente ancora oggi il sapore della paura, rivedendo quel volto, che, incautamente, aveva amato. Neanche la morte le ha portato pace ed ogni anno deve subire quella visita e rivedere, sul viso di quell’uomo, il mistero dell’amore impossibile, che le ha dato la morte, piuttosto che riconoscerla libera. Finalmente l’uomo se ne va, portandosi via il segreto del suo cuore malato: deve rientrare in carcere prima delle sei. Dopo di lui se ne va anche la madre invecchiata nel dolore del figlioletto perso troppo presto e diventata vedova poco dopo: raccoglie la carta dei fiori e vi impacchetta il poco di vita che le rimane. Per ultima si allontana la figlia che ha sistemato al meglio la tomba del padre e della madre: ora può tornare alla sua vita, dopo aver salutato il suo passato. Il cimitero chiude i suoi cancelli. Nella nebbia, che si scurisce con le ombre della sera, si possono sentire ancora voci lontane, appena sussurrate. L’aria fredda si porta via quell’illusione di incontro e loro tornano a disperdersi nel tempo sospeso, che li incatena ad una vita che non hanno più, ma che non riescono proprio a lasciare andare.


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IL PIANO REGOLATORE DI NUOVO FERMATO DALLA REGIONE

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Molte criticità in merito alla sostenibilità ambientale segue dalla prima

In particolare: • Consumo di suolo agricolo ad elevata capacità d’uso di I e II classe: AREE INTERESSSATE: zone residenziali di nuovo impianto: CR 3/04, CR 3/10, CR 3/15, CR 3/20, CR3/03, CR 3/22, CR 3/05; sottozona residenziale di nuovo impianto per edilizia residenziale pubblica CR 3p/18; zona artigianale e produttiva di nuovo impianto: DI 02, DI 08, DI 09, DI 04, DI 05, DI 01 e DI 06 e relativa viabilità ; zona di nuovo impianto a prevalente destinazione terziaria e commerciale CC 02. Sebbene il progetto preliminare sia stato rivisto con l’intento di contenere il consumo di suolo agricolo e quindi la riduzione delle aree di

AREE INTERESSSATE: zone residenziali di nuovo impianto: CR 3/04, CR 3/10, CR 3/15, CR 3/20, CR3/03, CR 3/05; sottozona residenziale di nuovo impianto per edilizia residenziale pubblica CR 3p/18; zona artigianale e produttiva di nuovo impianto: DI 02, DI 08, DI 09, DI 01 e relativa viabilità. I nuovi interventi determinano l’ulteriore espansione dell’edificato verso aree libere a sud e a nord-est del concentrico, compromettendo il sistema di relazioni tra il paesaggio urbano e il paesaggio agrario limitrofo e incrementando i processi di dispersione insediativa in atto. ... si suggerisce di ridurre gli sfrangiamenti del tessuto residenziale e produttivo confermati e di

Parco del Neuro

nuova edificazione, l’attuale prevede ancora un importante consumo di suolo libero (10% circa). Il consumo di suolo libero, soprattutto se ad elevata capacità d’uso, è un impatto irreversibile e non mitigabile. La sua fertilità deriva infatti da un complesso processo di formazione che avviene in tempi medio-lunghi e, se alterata, non può essere ripristinata in tempi brevi. Il suolo fertile è dunque una risorsa limitata e preziosa che deve essere preservata. ...Si rileva pertanto la necessità che l’Amministrazione comunale rivaluti l’effettiva esigenza delle nuove previsioni urbanistiche proposte, puntando, in primo luogo, al recupero ed al riuso del patrimonio edilizio esistente, dismesso o sottoutilizzato • “Sfrangiamento in area libera con conseguente incremento dei processi di frammentazione paesaggistica ed ambientale”

nuovo impianto verso est unitamente alla nuova infrastruttura viaria in progetto. Si suggerisce, inoltre, di ripensare il nuovo tracciato stradale proposto a est della ferrovia. • Incremento delle barriere antropiche con aggravamento processi di frammentazione paesaggistica-ambientale e ulteriori limitazioni della permeabilità ecologica sull’asse est-ovest del territorio attraverso la significativa riduzione del varco ecologico residenziale AREA INTERESSATA: zona artigianale e produttiva di nuovo impianto: DI 06 e relativa viabilità. I principali elementi naturali in Racconigi sono rappresentati dal Parco, dai boschi lungo il Maira e dalle formazioni arboreo-arbustive lungo la rete di canali. Tali elementi sono importanti serbatoi di biodiversità e per favorirne gli scambi si devono poter connettere con le

altre aree naturalistiche del territorio quali il “Bosco del Merlino” a Caramagna. A questo riguardo, l’area ancora libera da edificazioni, tra il muro del parco e lo stabilimento ILVA, è un’importante via di connessione sull’asse est-ovest e andrebbe tutelata, mentre la viabilità prevista attorno allo stabilimento ILVA la riduce significativamente. • Prossimità ed interferenza visiva critica rispetto al viale di ingresso sud dell’abitato comunale di Racconigi AREA INTERESSATA: zona di nuovo impianto a prevalente destinazione terziaria e commerciale CC 02 Desta notevoli perplessità l’area commerciale CC 02, poiché la localizzazione scelta risulta impattante rispetto al viale monumentale vincolato e alla residenza sabauda, compromettendo il contesto paesaggistico. ...Si sottolinea pertanto l’esigenza di eliminare o rilocalizzare tale previsione. Qualora la previsione dell’area commerciale sia confermata, si ritengono indispensabili misure compensative quali ad esempio: - raddoppio del filare alberato esistente anche lungo il viale non vincolato; - integrazione nel progetto anche di soluzioni quali tetti e pareti verdi, interventi che consentono di “naturalizzare” ambiti a forte antropizzazione; - esclusione di opera cartellonistica verso il Viale; - localizzazione delle aree a parcheggio preferibilmente nella porzione occidentale del lotto. • Interferenza con il SIC “Parco Racconigi e boschi lungo il Torrente Maira” e con la buffer zone dell’Unesco “le Residenze Sabaude Castello di Racconigi” AREA INTERESSATA: parcheggio SP 2(n. 2213) a servizio della Margaria del castello Riguardo a quest’area a parcheggio prevista a servizio della Margaria del castello, ...si suggerisce, oltre a valutare una riduzione dell’estensione superficiale, di aggiungere le seguenti indicazioni: - preservare i caratteri naturali del canale irriguo esistente; - realizzare una pavimentazione con parti inerbite e porzioni in terra battuta; - le alberature proposte dovranno essere rese più dense, sia verso i campi sia lungo la strada sterrata esistente;

- la strada di accesso al parcheggio dovrà rimanere sterrata. • Prossimità/ interferenza alla” zona delle Cascine ex Savoia del Parco del castello di Racconigi (DM 01.08.1985) e alla core zone del Sito Unesco “Le Residenze Sabaude- Castello di Racconigi AREE INTERESSATE: zona residenziale di nuovo impianto: CR 3/04 ; zona artigianale e produttiva di nuovo impianto: DI 01 e DI 06 e relativa viabilità, DI 05. Quanto ai previsti ampliamenti dell’ILVA a nord- est del concentrico in immediata contiguità con l’area vincolata ...si richiede di valutare innanzitutto l’effettiva esigenza da parte dell’attività insediata delle nuove superfici previste e, in secondo luogo, alcune alternative progettuali e azioni compensative e mitigative. • Prossimità alla fascia tutelata del Torrente Maira (art 142 d.lgs 42/2004) AREA INTERESSATA: zona artigianale e produttiva di nuovo impianto DI 05. • Interferenza con ambito a rischio archeologico e prossimità ad ambito di attenzione archeologica AREE INTERESSATE: zone residenziali di nuovo impianto: CR 3/22, CR 3/05; zona artigianale e produttiva di nuovo impianto: DI 02, Di 08, DI 09, DI 04. • Elettromagnetismo AREE INTERESSATE: zona artigianale e produttiva di nuovo impianto: DI 01 , DI 04. Queste aree sono interessate da tratti di linea elettrica ad alta tensione presenti sul territorio comunale. ...si richiede di verificare l’opportunità di confermare l’area DI 04, interessata, su ampia parte della superficie, dalla presenza di tali linee. Per quanto riguarda gli interventi di riqualificazione e riutilizzo delle aree ex ospedale psichiatrico, dovrà essere preservata la parte a verde del parco , destinandola a parco urbano. Per mantenere un legame con l’utilizzo storico del sito, si richiede anche di valutare la possibilità di destinare parte della colonia agricola ad orti urbani. Si invita infine l’Amministrazione Comunale a rivedere la proposta per il recupero dello scheletro dell’ex zuccherificio, che per la sua localizzazione costituisce un elemento detrattore della qualità paesaggistica.


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Due casi esemplari: il caso Englaro Il testamento biologico in Italia - 3° parte segue dalla prima

In assenza di una normativa specifica in Italia, il punto di riferimento è anche questa volta l’art. 32 della Costituzione, per il quale nessuno può essere sottoposto a trattamenti sanitari contro la sua volontà. Benché Eluana non avesse mai esplicitamente espresso una volontà in questo senso il padre è convinto che la figlia non avrebbe mai voluto vivere in quelle condizioni e richiede agli organi giudiziari l’autorizzazione ad interrompere l’alimentazione artificiale della figlia. Sia il Tribunale sia la corte d’Appello respingono la richiesta, perché la semplice nutrizione con sondino non è da considerarsi cura medica. Englaro presenta ricorso in Cassazione, ponendo il problema se il “valore” tutelato dalla Costituzione sia la vita in sé oppure la “dignità” dell’esistenza, intesa come condizione umana non degradante ma capace di consentire di vivere senza una sofferenza insopportabile. Nel 2007 la Corte di Cassazione annulla la decisione della Corte d’Appello e rinvia ad altra sezione della stessa, affermando che il giudice può autorizzare l’interruzione delle cure o dell’alimentazione artificiale in presenza di due circostanze concorrenti: a) “la condizione di

stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile”; b) la richiesta sia espressione “in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della volontà del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di digni-

tà della persona”. Nel 2008 la Corte d’Appello, accertata sulla base delle testimonianze dei familiari e dei conoscenti la inequivocabile volontà di Eluana di lasciarsi morire in tali condizioni, autorizza il padre, in qualità di tutore, a interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione forzata. Ma la vicenda non si chiude qui, assumendo connotati fortemente “politici”. In Parlamento viene sollevato un conflitto di attribuzione contro la Cassazione, ritenendo che la sua sentenza sia “un atto sostanzialmente legislativo, innovativo dell’ordinamento italiano vigente”, cosa che spetta solo al legislatore. La Corte Costituzionale però si pronuncia a favore della Cassazione e della Corte d’Appello di Milano, ritenendo che la sentenza non sia innovativa, essendo l’ordinamento basato su una Costituzione che garantisce il diritto di rifiutare le cure mediche e il rispetto delle volontà del singolo. Il Governo allora approva con urgenza un decreto legge per evitare la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione in pazienti in stato vegetativo, ma il Presidente della Repubblica rifiuta di firmare il decreto ritenendolo incostituzionale.

Lo stesso giorno il Consiglio dei Ministri si riunisce in una sessione straordinaria per approvare un disegno di legge con gli stessi contenuti del decreto legge. Ma intanto (9 febbraio 2009) arriva la notizia della morte di Eluana, alla quale sono state progressivamente sospese alimentazione e idratazione a partire dal 6 febbraio. Il Governo ritira il disegno di legge e si ripropone di ridiscutere in maniera più dettagliata le disposizioni in materia di fine vita e testamento biologico. Da allora, a dispetto dell’urgenza di legiferare invocata dal Governo, siamo ancora in attesa dell’approvazione di una legge in materia. Ma anche la vicenda giudiziaria Englaro insegna qualcosa. Da una parte conferma la diretta operatività del dettato costituzionale anche in assenza di una specifica normativa al riguardo. Dall’altra la rilevanza della volontà della persona con riguardo ai trattamenti sanitari a cui accetta / non accetta di essere sottoposta; e quindi l’importanza che può assumere una sua dichiarazione di volontà espressa in questo senso quando sia nella piena capacità di intendere e di volere (testamento biologico).

Grazie Mario, non ti dimenticheremo mai

Venerdì, 27 maggio 2016, siamo partiti, da Torino per venire a Racconigi, a visitare il Castello. Arrivati alla stazione di Racconigi, siamo stati accolti da: Agnese, Annasilvia, Beppe e Bruno, che ci hanno accompagnato e coccolato tutto il giorno. Con loro abbiamo visitato il castello, giocato e poi siamo andati a mangiare al ristorante “da Mosè”. Finito di gustare l’ottimo pranzetto, ci prepariamo per tornare alla stazione per prendere il treno, che ci riporta a Torino. Giunti ai giardinetti di piazza San Giovanni, troviamo Mario, che ci accoglie con un grande sorriso, ci invita a sedere sulle panchine ed inizia a raccontarci con parole

semplici, ma molto efficaci, la storia del baco da seta. Restiamo estasiati ad ascoltarlo e alla fine della spiegazione, Mario regala ad ognuno di noi, un bozzolo di baco da seta, confezionato in un bel sacchetto di tulle rosso. Salutiamo e ringraziamo tutti e, felici, ripartiamo con il prezioso regalo custodito nelle nostre manine. Siamo ancora piccoli e forse inconsapevoli della grande fortuna che abbiamo avuto, quel giorno, di incontrare persone davvero speciali che ci hanno fatto vivere esperienze uniche, preziose ed indimenticabili. Abbiamo voluto raccontarvi la nostra “gita” a Racconigi, per ringraziare Agnese, Annasilvia, Beppe e Bruno, perché senza il loro aiuto, non avremmo potuto fare quella splendida uscita didattica. Vogliamo soprattutto ricordare Mario, anche se non potrà più accoglierci in quel giardino, perché adesso si è trasformato in una

splendida farfalla, che speriamo voli libera e felice. Mario ci ha dimostrato di essere una persona speciale, sensibile, accogliente e molto disponibile; si è subito fatto trovare pronto ad accoglierci, quando Bruno, gli ha

detto che i bimbi di un asilo nido di Torino, avevano piacere di conoscere la storia del baco da seta. I bimbi, i genitori e le educatrici, della sezione Lisetta, Asilo Nido di piazza Cavour 14, Torino


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Manicomio di Racconigi

URGONO SCELTE CORAGGIOSE E CONDIVISE di Anna Maria Olivero

Sabato 8 e sabato 15 ottobre il Comitato per il manicomio ha organizzato una serie di eventi per tenere viva l’attenzione della popolazione sul nostro manicomio che pur essendo stato per Racconigi una importante realtà non solo lavorativa, oggi evidenzia una serie di gravi problemi che necessitano soluzioni a tempi brevi. Per collaborare a mantenere viva l’attenzione, INSONNIA ritiene utile iniziare sul giornale una rubrica, “Raccontami… il Neuro” dove tutti i cittadini potranno collaborare raccontandoci la propria esperienza di lavoro o quella dei famigliari o inviandoci fotografie o altri materiali significativi per ricostruire una memoria collettiva. Ci pare utile anche segnalare: “Carte da legare-Archivi della psichiatria in Italia” un progetto della Direzione generale archivi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nato per proporre una visione organica di tutela del patrimonio archivistico stesso. In particolare l’elaborazione del censimento generale degli archivi degli ex ospedali psichiatrici italiani tra cui compare anche il nostro manicomio: “Ospedale neuropsichiatrico per la provincia di Cuneo in Racconigi”. Si legge in premessa: “Gli ospedali psichiatrici hanno ospitato e prodotto sofferenza. Essa si è depositata

UNA FESTA AL MANICOMIO (foto Antonella Marello)

nella memoria degli uomini e delle donne che ci sono passati attraverso ma anche in quella materiale: strutture architettoniche, archivi, biblioteche, collezioni, strumentari, suppellettili sanitarie. Tutto parla della particolare comunità di persone che ha popolato le “cittadelle della fol-

lia”, i ricoverati reclusi, innanzitutto, i medici e gli infermieri”. Pertanto il progetto prevede il recupero e l’ordinamento dell’archivio amministrativo e sanitario, e la schedatura analitica delle cartelle cliniche. Il portale (http://www.cartedalegare. san.beniculturali.it) mette a dispo-

sizione della comunità i risultati di questo lavoro, tuttora in corso. Essi possono essere utilizzati per scopi di studio e ricerca da parte degli addetti ai lavori e per la semplice conoscenza del fenomeno manicomiale da parte di un pubblico più vasto.

ISOLA ECOLOGICA

In partenza il nuovo sistema di regolazione degli accessi all’isola ecologica segue dalla prima

E’ stata installata una sbarra che si aprirà grazie al riconoscimento del tesserino fiscale (utenze domestiche) o della specifica tessera rilasciata dal Comune (utenze non domestiche quali ad esempio attività commerciali, ditte o artigiani). Grazie a questo sistema di regolazione degli accessi verrà garantito che solo gli utenti, sia domestici che non domestici, in regola con la tassa rifiuti dei Comuni, convenzionati per l’uso dell’isola ecologica (Racconigi e Casalgrasso) possano accedervi, evitando di far gravare sulle casse dei Comuni spese di smaltimento rifiuti non di propria competenza.
 Un obbligo di legge, ma anche una grande opportunità per il nostro territorio. È risaputo infatti che per prevenire la produzione dei rifiuti, l’unico criterio da adottare è quello previsto dal principio europeo secondo il quale chi produce meno rifiuti deve essere premiato e questo criterio di tracciamento e contabilizzazione dei rifiuti è un primo passo. La speranza è che si arrivi presto ad una nuova tassazio-

ne che sia equa e vada a premiare chi produce meno rifiuti e chi differenzia meglio, ovvero che premi i comportamenti virtuosi e penalizzi quelli poco attenti e irrispettosi. Come funzionerà adesso il controllo dei rifiuti presso l’isola ecologica? Una volta all’interno dell’isola ecologica l’addetto, come di consueto, verificherà i rifiuti ed indirizzerà l’utente su dove conferire: non sarà più necessario fornire le proprie

generalità poiché acquisite automaticamente dal sistema.
Quantità e tipologia di rifiuto saranno registrati dal gestore tramite un computer palmare dotato di un software specifico: in quest’ottica l’efficienza della gestione dell’isola migliorerà.
La scelta di diversificare la modalità di accesso per gli utenti non domestici con una tessera dedicata è dettata dall’esigenza di avere, per ciascuna utenza non domestica,

traccia del mezzo con cui i rifiuti vengono trasportati poiché, per quel tipo di utenze, vige l’obbligo dell’iscrizione all’albo Nazionale Gestori ambientali per il trasporto rifiuti.
 Oggi l’Italia è in grado di lasciarsi alle spalle le croniche emergenze e i conseguenti disastri ambientali. Sono infatti sempre più̀ numerose le esperienze di gestione sostenibile dei rifiuti fondate su raccolte differenziate porta a porta, riciclaggio, sistemi di tariffazione puntuale, riuso e politiche locali di prevenzione. Si sono create nuove opportunità̀ ambientali, economiche, sociali e l’innovazione impiantistica della valorizzazione dell’organico, degli ecodistretti e delle cosiddette fabbriche dei materiali rende possibile la massimizzazione del riciclaggio, anche delle frazioni fino ad oggi avviate a incenerimento e smaltimento. Grazie all’innovazione gestionale e impiantistica e grazie alle buone pratiche messe in atto dai cittadini e dalle amministrazioni oggi è possibile contribuire concretamente per uscire dall’era degli impianti di smaltimento.


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insonnia

INTERVISTA A DON FRANCO BARBERO a cura di Guido Piovano

Incontro don Franco nella sede della comunità cristiana di base in via Città di Gap 13 a Pinerolo. A fine estate il prete è stato al centro di un “caso” nazionale quando ha comunicato che annunzierà la benedizione di Dio a due ex-suore, già unite civilmente nella stessa Pinerolo. Don Franco, ci puoi fare brevemente la storia del tuo impegno con le persone omosessuali? Da giovane prete, esattamente nel 1963, mentre ero insegnante nel seminario di Pinerolo, dedicavo molto tempo al ministero della confessione. Incontravo moltissimi ragazzi e ragazze, fidanzati, giovani sposi. L’incontro con le persone omosessuali fu per me un “incontro difficile e fecondo” che avvenne proprio nell’esercizio di questo ministero. Ero assolutamente impreparato a tutti i livelli e la mia formazione era tradizionale. Omosessuale significava per me “malato”, “deviante”, peccatore, uno che fa sesso disordinatamente. Ma ero almeno consapevole di essere ignorante e bisognoso di capire, di ascoltare. Brancolavo nel buio anche perché era per me impossibile trovare una “letteratura teologica” che mi liberasse dalla mia “sana dottrina”. Qua e là, nelle cronache conciliari, udii accenni a qualche omosessuale credente che interpellava le autorità ecclesiastiche, ma non avevo a disposizione studi, contatti, strumenti. Fu la decisione di invitare nel piccolo alloggio del seminario i primi omosessuali. L’ascolto fu per me il luogo della guarigione dal mio pregiudizio, ma fu un percorso segnato di incertezze e paure. Nel 1965, a fine Concilio, attivai i primi contatti di studio a Parigi e Berlino... C’era un po’ di ossigeno… Lentamente si fece strada in me l’idea, anzi la convinzione, che Gesù ci avesse testimoniato un Dio inclusivo, accogliente. Fu per me una

rivoluzione culturale e una conversione spirituale. Quando nel febbraio del 1978 annunciai per la prima volta nella sede della mia comunità cristiana di base la benedizione di Dio ad una coppia omosessuale, ormai ero già per il Vaticano sul versante dell’eresia... Quali relazioni vedi tra queste tematiche e il tuo ministero? Oggi posso dire che il mio ministero, piccolo - umile - quotidiano, è pieno di gratitudine a Dio e a tutte le persone che, uscendo dal modello unico, mi hanno insegnato a cercare la presenza di Dio e il futuro del mondo nelle periferie. La mia vita ministeriale per lo più si svolge in relazione a persone, gruppi, comunità marginali. Ho constatato che la chiesa gerarchica, dal catechismo alla predicazione fino ai sacramenti, ha torturato, escluso, violentato gli omosessuali e le lesbiche. La sofferenza di chi ogni giorno deve nascondersi non la conosce se non chi la vive sulla propria pelle. Per secoli la chiesa cattolica ha coperto i pedofili ed ha maledetto gli omosessuali. Da dove nasce nella chiesa il “pregiudizio” nei confronti dell’omosessualità? Il pregiudizio nella chiesa cattolica ufficiale, come in altre tradizioni religiose, nasce da una ignoranza delle scienze umane e da una lettura della Bibbia fondamentalista, senza alcuna considerazione del contesto storico culturale in cui i libri sono stati redatti. Ma nasce anche dall’arroganza di chi

presume di parlare in nome di Dio. Di più: nasce da un potere che vuole imporre a tutti un modello solo per poter meglio governare la coscienza, la sessualità, la vita delle persone. Questa “presunzione di verità assoluta” è la causa dell’ateismo di molte persone che non distinguono tra Dio e la gerarchia. Che cosa c’è che non va quando il papa dice “chi sono io per giudicare”? Questo papa, gran brav’uomo, fa un passo avanti e uno indietro e crede così di mantenere unita la chiesa. Gli omosessuali non sopportano più le finte aperture, gli atteggiamenti “generosi”, le espressioni della “misericordia”. Puzzano di ambiguità. È tempo che si riconoscano gli errori e gli orrori causati nei secoli da una dottrina e da una pratica pastorale “criminale”, si ritirino i documenti degli ultimi papi. Si smetta di senten-

Gli zanzarini sono insetti molesti. La loro puntura non è mortale e neppure dolorosa, ma è spesso irritante. Se ne scacci uno ne arriva subito un altro. Tanto vale farci l’abitudine.

Sì o No? di Zanza Rino

Sono preoccupato. Sembra che una nuova legge estenda il diritto di voto agli zanzarini con almeno cinque anni di attività in Italia. Ho fatto i conti e ci dovrei rientrare. Sono felice e orgoglioso… ma molto preoccupato. A dicembre ci sarà il referendum, voterei per la prima volta e… non so cosa votare. Ci ho pensato mol-

ziare sugli omosessuali, senza parlare con gli omosessuali come soggetti capaci di vivere la propria vita e la propria fede in modo costruttivo. Per fortuna teologi e teologhe, gruppi di credenti omosessuali, come separati e divorziati e preti sposati stanno sempre più imparando a vivere al cospetto di Dio e sanno che spesso l’obbedienza al magistero e disobbedienza al Vangelo. Che cosa rispondi a chi dice che le tue benedizioni non hanno “valore” dal momento che sei stato ridotto allo stato laicale? Non è la mia benedizione che ha valore: è l’annuncio che Dio ama, che Dio benedice queste persone. Ecco ciò che conta. Del resto mi permetto di dire che questi signori non fanno obiezione a chi benedice le armi, a chi benedice i mafiosi e poi se la prendono con chi annunzia la benedizioni di Dio a due persone che si amano. Continuerò a farlo. Ti senti prete? Prete cattolico? Mi sento più che mai prete e felice di vivere il mio ministero che ho reso molto più cattolico, cioè ecumenico. Certo che interpreto la parola “cattolico” in senso evangelico e non gerarchico. Ma io non me ne esco dalla chiesa che amo: cerco di lottare perché si converta al Vangelo e personalmente tento di diventare un po’ più cristiano ogni giorno a partire dalla mia vita quotidiana. [Per contatti: blog: donfrancobarbero. blogspot.com; e-mail: donfrancobarbero@alice.it; tel.: 340 8615482 - 0121 72857]

to. Ci sono cose che condivido, e allora voterei SÍ. Ci sono cose che non condivido, e allora voterei NO. Leggo commenti, dichiarazioni, ascolto interviste: quasi tutti usano parole grosse, sembrano molto convinti delle loro idee, distinguono senza incertezze i BUONI e i CATTIVI, a seconda se la pensano come loro oppure no. Spesso sono di poco aiuto a capire e

io resto sempre confuso. Ricordo che nonno Zanzarone mi raccontava di quando è stata approvata la Costituzione. Anche allora c’erano tante idee, discussioni, scontri furiosi, ma alla fine si erano messi d’accordo. Avevano fatto dei compromessi, certo, ma che bella cosa hanno fatto. Erano dei grandi, mi diceva nonno. Chissà cosa direbbe di questi di oggi…

E io non so cosa fare. Forse voterò SÍ… e uscirò dal seggio scontento. Forse voterò NO… e uscirò dal seggio scontento. Non andare al seggio? Questo no, cosa mi direbbe nonno? Andrò a votare, voterò SÍ oppure NO, uscirò scontento… ma contento di aver potuto votare.


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RICHIEDENTI ASILO: IMPARIAMO L’ACCOGLIENZA Cosa significa fare accoglienza a sostegno dei richiedenti asilo e della collettività? di Gabriele Eandi e Giorgia Gianoglio

Troviamo spesso articoli su targatoCN e sui giornali locali che provano a fotografare la realtà dell’accoglienza, ma in molti si scagliano contro l’accoglienza dei migranti richiedenti asilo. La nostra cooperativa “Insieme a Voi” ha iniziato questo lavoro da un anno e un po’ alla volta ci stiamo facendo alcune idee: in primis, coloro che non vogliono i migranti sul proprio territorio, non sono tutti razzisti, anzi molti di loro hanno ragione! Non ha senso accogliere sessanta persone in un paesino di montagna: non ha senso per chi abita la montagna, come non ha senso per i migranti. Ci sono direttive del governo che prevedono l’accoglienza di 30 persone ogni 1000 cittadini, perché a Prato Nevoso (dati di TargatoCN) ci sarebbero 60 migranti?!? E ancora, ad Entracque i migranti si lamentano perché non hanno il wifi ed i commenti ironici dei “Giovani Padani” sono impietosi e si scagliano contro gli stranieri, ma quanto può pesare sul bilancio dell’albergatore che li ospita il wifi? E’ lui che riceve 35 € a persona, per circa 40 persone, un wifi costa 40 € al mese ed è sufficiente per tutte le persone accolte. E’ evidente che vi sia una grande confusione su questo tema, si parla allo stesso modo di chi fa accoglienza diffusa sul territorio, come chi (spesso senza dialogare col territorio) occupa un albergo per “immagazzinare” decine e decine di giovani. I migranti ricevono molto dall’Italia, cosa danno in cambio? Questa domanda ci viene spesso posta e rispondiamo dicendo che non esistono i migranti, bensì esistono i singoli, alcuni fanno volontariato,

si relazionano con educazione, seguono con interesse le lezioni di italiano, c’è invece qualcuno di loro che si comporta male, ma sono sempre singoli! Hanno tutti bisogno di supporto e di relazioni umane, è più facile riceverle se sul territorio che li accoglie incontrano persone disposte a “fare spazio”, evitando di creare “il ghetto”, poiché l’accoglienza può funzionare solo quando il tessuto sociale si rende disponibile all’ascolto, all’incontro, non è sufficiente il lavoro delle strutture di accoglienza. Fare accoglienza e farla con serietà, poiché in ballo vi sono persone, italiane e straniere. Le sei persone che accogliamo in via Paschetta a Racconigi riflettono quanto detto, alcune di loro si comportano meglio di altri nei confronti degli operatori, altri sono talvolta più pretenziosi, non tutti fanno volontariato e non tutti seguono allo stesso modo le lezioni di italiano (alcuni prevedono di lasciare il paese dopo esser stati in commissione per richiedere l’asilo). Come cooperativa stiamo cercando di intessere altri rapporti con le organizzazioni del territorio, per prevedere di inserirli in attività di volontariato, che prevedano il loro lavoro, insieme a persone italiane, perché il volontariato, oltre ad una valenza di “restituzione” agli italiani, dovrebbe servire anche per integrarli, facendoli stare e parlare con gli italiani, ed insegnare loro delle mansioni. Emerge poi un altro problema, quello dei tempi di accoglienza: queste persone rimangono un anno e mezzo, o due nei centri di accoglienza in attesa che la commissione decida sul loro diritto di

asilo. Questi tempi non sono certo colpa dei migranti o di chi li accoglie, ma di un sistema nazionale di accoglienza che, ad oggi, non intende velocizzare le procedure

burocratiche al fine di un miglior controllo e gestione del territorio evitando la creazione di ulteriori problematiche.

Quegli stranieri che ci pagano 640 mila pensioni (da La Stampa, 11 ottobre 2016) Un tesoro da 10,9 miliardi di euro, in grado di pagare 640 mila pensioni italiane. «Tra i primi benefici dell’immigrazione - dice la Fondazione Leone Moressa nel suo ultimo rapporto - ci sono i contributi pensionistici versati dagli stranieri occupati». E ai contributi pagati ogni anno occorre aggiungere 7 miliardi di Irpef. Inoltre, sottolinea il rapporto, «sono oltre 550 mila le

imprese straniere che producono ogni anno 96 miliardi di valore

aggiunto». Nel complesso, secondo l’indagine, «gli stranieri che lavorano in Italia producono 127 miliardi di ricchezza, paragonabile al fatturato del gruppo Fiat». Nel nostro Paese, sostiene la fondazione, l’immigrazione è sempre più importante. «Per mantenere però i benefici attuali nel lungo periodo sarà necessario aumentare la produttività

degli stranieri, non relegandoli a basse professioni». Il rapporto guarda anche alla spesa pubblica rivolta all’immigrazione: i settori più rilevanti sono welfare e sicurezza. «L’analisi a costi standard evidenzia come il costo degli stranieri sia inferiore al 2% della spesa pubblica».


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Referendum, una scelta difficile

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di Beppe Marinetti

Delle “buste arancione” che l’INPS sta inviando a milioni di cittadini e che riguardano il domani di milioni di italiani e rischiano di diventare una bomba sociale, nessuno parla, mentre un referendum di cui pochi conoscono il vero obiettivo è diventato uno scontro politico senza senso: la “battaglia” dei SÌ e dei NO. È una riforma costituzionale che si aspettava da anni e che oggi “va in porto” nel modo più sbagliato: si tratta di superare il bicameralismo che esiste ormai solo da noi in Italia. Ma non solo… Votare si deve… Io voterò SÌ perché ritengo la consultazione, malgrado tutto, importante: per coerenza e rispetto per le libere consultazioni che per me

sono anche e ancora un momento di democrazia e riconquistata libertà e anche per non interrompere il processo di riforma costituzionale. Quello che è certo è che non basterà un SÌ, o un NO, per guarire questa democrazia malata. E adesso qualche nota per dissentire dalla posizione dell’A.N.P.I. nazionale sul referendum. L’A.N.P.I., l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, è una libera associazione non solo partigiana ma nata per difendere i valori della Resistenza, della libertà e della Costituzione repubblicana. Il referendum costituzionale è diventato un’aspra battaglia politica che ha coinvolto un po’ tutti i partiti ma che, secondo me, non dovrebbe coinvolgere in prima persona le libere associazioni di qualsiasi ispi-

razione. L’A.N.P.I. nazionale prendendo ufficialmente posizione per il NO, senza consultare gli iscritti, è andata ben oltre ai principi a cui si ispira nel suo Statuto, quindi, ancora se-

condo me, avrebbe dovuto lasciare piena libertà agli iscritti di votare secondo coscienza. Entrare direttamente in simile scontro politico è semplicemente contro i principi con cui è nata.

per la democrazia. Il nostro sistema politico lascia a desiderare non tanto perchè le regole del suo funzionamento sono inefficaci, quanto perchè le persone che ne entrano a far parte hanno scarsa coscienza civica; tendono a vedere la comunità al loro servizio piuttosto che loro stessi al servizio della comunità. Insomma, il sistema è in crisi non perchè ci sia troppa democrazia, ma perchè ce n’è troppo poca. Il pragmatismo di chi mi spiega che con un rafforzamento dell’esecutivo e con una legge elettorale fortemente maggioritaria tutto sarebbe più facile non mi convince. Ancora, non riesco a votare SÍ perchè il confronto con l’epoca in cui la nostra Costituzione prese forma e vita è impietoso. Il 2 giugno 1946, oltre al Referendum istituzionale si tennero le elezioni per l’Assemblea Costituente. Votarono circa 23 milioni di elettori: 8 milioni per la Democrazia Cristiana,

9,1 milioni per le sinistre. L’Italia era spaccata in due parti apparentemente inconciliabili; eppure quelle parti seppero dialogare e trovare sintesi più avanzate del punto da cui ognuno di loro partiva. La Carta fu approvata da 453 deputati su 556; votarono contro solo i liberali e l’estrema destra. Se vincono i SÍ noi ci ritroveremo con una carta costituzionale approvata da un’esigua maggioranza degli elettori che si recheranno alle urne, i quali - è assai probabile saranno una parte limitata degli aventi diritto. Insomma, comunque vada, avremo una Costituzione approvata dalla minoranza degli Italiani: un vero paradosso ed una mostruosità giuridica. Votando NO le cose non andranno meglio, ma almeno risulterà evidente che non è questa la strada per quel cambiamento di cui abbiamo davvero bisogno. E quindi voterò NO.

C’E’ CHI DICE NO di Giannino Marzola

NO, non riesco a votare SÍ. Ovvio che una riforma costituzionale è necessaria e mi dà parecchio fastidio che chi vota NO venga bollato come conservatore. No, chi sceglie di votare NO non ritiene per questo che le cose vadano bene come sono. I costi della politica devono essere tagliati, ma non sono quegli stipendi in meno a migliorare il bilancio dello Stato: i costi di mantenimento della seconda Camera resteranno pressoché inalterati. Sono d’accordo che il sistema bicamerale vada rivisto, ma qui le competenze della seconda camera vengono complicate. E poi, c’è qualcuno che davvero sentiva il bisogno, in Italia, di avere un Senato delle regioni? Non riesco a votare SÍ anche se sono d’accordo che il CNEL vada abolito. E poi mi pare che il quesito referendario lo abbia scritto Monsieur De Lapalisse: «Approvate

il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel” [...]?» Ovvio che sì! E poi mi chiedo dove stia il trucco. Non riesco a votare SÍ anche perché il Presidente del Consiglio ha affermato che questo era un voto pro o contro il Governo, e quindi pro o contro la sua stessa persona. Poi ha smentito, salvo ribadire che la sua carriera politica è legata alla vittoria dei SÍ. Io non condivido chi dice “una buona occasione per mandarlo a casa”: la Costituzione del nostro Paese è ben più importante della carriera politica di un leader. Inoltre, non riesco a votare SÍ perché credo che il rafforzamento dell’esecutivo sia un grosso rischio

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Il cammino verso la Pace è fatica

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Riflessioni a margine dell’ultima marcia per la pace Perugia-Assisi di Luisa Busso

Chi, nella vita, abbia avuto la fortuna di soggiornare ad Assisi, non potrà fare a meno di conservarne un proprio, personale ricordo, impresso nella memoria: la vitalità scanzonata dei giovani francescani; la struggente bellezza degli affreschi della basilica, che di Francesco custodisce le spoglie mortali; l’armonia delle forme nel complesso della rocca, tra le sfumature bianche e rosate delle sue pietre e la quiete del giardino superiore. Tutto, in città, sembra studiato per smuoverci dall’indifferenza che annacqua la nostra quotidianità. Ciononostante, quando, 55 anni fa, il filosofo Aldo Capitini concepì e realizzò un’iniziativa per promuovere i valori della nonviolenza, della pace e della fratellanza tra i popoli, non scelse Assisi come sede di un semplice raduno, bensì come metà di un cammino. Nacque così, la “Marcia della pace”: 24 chilometri di passi che si snodano nel cuore dell’Umbria, con partenza da Perugia, che a Capitini diede i natali. Assisi come Santiago, dunque, o come Roma ai tempi della Francigena: il cammino, sopra la meta; l’azione, sopra la passiva accettazione. Il cammino è fatica. È una bolla sotto il piede, il morso della sete. È una gamba dolorante, il fiato che manca e la paura che la meta, per quanto vicina, sia al di fuori delle nostre possibilità. Ma, al di sopra di tutto, è un’occasione impareggiabile per fare pace, per fare la Pace, la quale è, prima di tutto, quella con noi stessi. Renderci conto di non essere più fermi, immo-

bili, sotto il peso delle nostre paure. Andare avanti passo dopo passo, superando gli ostacoli e liberandoci dei soliti pensieri al ritmo scandito dal nostro respiro e dalle nostre gambe. Nella fatica che ci riporta qui, ed ora, possiamo finalmente capire di non essere soli e incontriamo l’altro, vedendolo con occhi nuovi. Riconosciamo in lui la stessa fatica e la stessa gioia. Condividiamo l’acqua, uno spuntino, una coperta sull’autobus che ci riporta a casa. Ci raccontiamo, e prestiamo ascolto, perdendoci di vista, di tanto in tanto, ma con la certezza di ritrovarsi di nuovo alla meta. È nella meraviglia dell’incontro che la pace può farsi corpo, presenza viva nelle nostre vite. Mentre marciavamo per la pace, le bombe continuavano a cadere sulla Siria, sullo Yemen e su altri lembi della nostra terra. Ma ogni persona che riscopre il piacere dell’incontro con l’altro, ogni legame nato nella gioia della fatica è un passo avanti verso il giorno in cui il rumore di una nuova comunità in marcia sarà più forte di quello delle bombe.

Terra Madre – Salone del Gusto di Carlo Petrini

Cara Famiglia, Anche quest’anno siamo arrivati al termine di un’emozionante edizione di Terra Madre Salone del Gusto. Per la prima volta l’evento si apriva anche fisicamente alla città di Torino, invadendone il centro e i luoghi simbolo e abbattendo le barriere del Lingotto, e così il matrimonio tra la rete di Terra Madre e i cittadini piemontesi si è definitivamente compiuto. Come tutti i grandi cambiamenti, si è trattato di una sfida che ha richiesto molto lavoro e un approccio

totalmente nuovo a un appuntamento che è parte integrante della nostra storia. Nonostante le difficoltà, qualche imprevisto, e le tante novità, oggi possiamo dire che l’evento è stato un grande successo. Quello di cui sono sicuro è che senza di voi nulla di tutto questo sarebbe stato possibile. I delegati di Terra Madre ospitati nelle vostre famiglie sono stati infatti più di mille, un traguardo che ci riempie il cuore di gioia. Alcuni di voi erano alla prima esperienza di accoglienza, altri invece ci stanno accompagnando in questa avventura da molti anni: a tutti quanti voi va il mio più sentito ringraziamento. In un momento storico nel quale

la società sembra essere sempre più tormentata dal dubbio e dalla paura del diverso, in un momento in cui un certo tipo di politica avanza, in Europa e nel mondo, cavalcando l’onda dell’egoismo dei popoli, voi siete stati uno splendido baluardo di apertura mentale e un esempio vero di condivisione. Grazie a voi gli umili del mondo, che non possiedono grandi ricchezze ma che sono venuti portando un tesoro di storie da raccontare, hanno avuto modo di far sentire la propria voce; aprendo le porte della vostra vita privata e della vostra intimità domestica, avete fatto sì che potessero essere qui per condividere la propria storia d’amore per la terra e i suoi

frutti, facendo riflettere tutti noi sull’importanza del lavoro di chi, lontano dai riflettori, costudisce e vuole bene alla terra ogni giorno, proteggendola con il proprio lavoro quotidiano. Grazie davvero, da parte di tutti noi, per quello che avete saputo offrire. La mia speranza non può che essere quella di riavervi al nostro fianco per la prossima edizione. Noi continueremo a lavorare affinché Terra Madre Salone del Gusto sia sempre un momento stimolante e innovativo, pieno di nuova energia e nuove idee; a voi, invece, posso solo chiedere di non cambiare mai! Cari Saluti


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CINQUANTA E NON LI DIMOSTRA

insonnia

Il cinquantenario della inaugurazione dell’edificio delle scuole elementari di Rodolfo Allasia

Il 15 di ottobre a Racconigi c’è stata una festa per ricordare il cinquantenario della inaugurazione dell’edificio delle scuole elementari. Di fronte allo scalone di ingresso, sul lato di via Ton, tra i romantici bronzi di due bambini dello scultore E. Carmassi, erano in buon ordine alcune classi con i loro rispettivi maestri e maestre. E dietro, con le spalle al muro di S. Domenico, un gruppo di persone che erano in qualche modo legate a questo mondo: maestre sia in servizio sia ormai pensionate, genitori di alunni ancora frequentanti ed altri che hanno ormai i figli grandi. La Banda Musicale era disposta come il giorno della prima inaugurazione (come ci ha detto il dirigente Giannino Marzola) sotto lo scalone a destra ed ha suonato l’inno d’Italia ed alcuni altri brani; la musica della Banda mi commuove quasi sempre e ascoltando quel suono mentre guardavo le finestre dell’edificio con i disegni di tutte le bandiere dei Paesi di provenienza dei bambini distribuiti in queste classi, la commozione diventava irrefrenabile. In alto, proprio appena fuori dell’ingresso, una serie di personaggi: il Dirigente scolastico, il sindaco ed alcuni assessori, il parroco, il maresciallo dei Carabinieri e molti altri che hanno dedicato una parte della loro vita alla scuola, direttrici didattiche, insegnanti, esponenti degli Organi Collegiali; tutti quanti hanno voluto, ognuno a suo modo, portare il loro contributo di parole a questa giornata. Unico neo di questa prima fase della manifestazione: nonostante l’interesse dei loro interventi, dopo i primi, l’attenzione di tutti è visibilmente calata, prima quella dei ragazzini delle prime file ma piano piano quella di tutti i presenti. Però le motivazioni di questi interven-

ti, più o meno lunghi, più o meno preparati o presentati a braccio, con più o meno entusiasmo, sono state tutte costruttive. Tutti hanno voluto portare i propri ricordi dando rilievo, chi alla buona “resistenza” nel tempo di questo semplice e funzionale edificio, chi alla importanza che questa istituzione ha all’interno di una comunità, anzi abbiamo compreso come è la scuola che crea il senso della comunità a quelli che

saranno i futuri cittadini. Sono stati letti due testi importanti: uno da una maestra che ha riportato le parole di una “vecchia” collega che, per i suoi tanti anni, non ha potuto essere presente di persona, ma che ha voluto che fosse documentato il suo sentimento di augurio alla continuità di questa opera educativa; l’altro di un alunno che ha letto il componimento elaborato dall’intera classe sulla visione del futuro della scuola: tecnologia per imparare e rapporti umani di amicizia e di stima per crescere! Tutti hanno ricordato qualcuno che non c’è più; fra i tanti i più citati sono stati il Direttore Groppo, il

Bidello Cianin ed il collaboratore esterno appena scomparso Mario Monasterolo. I presenti sono quindi entrati nel grande atrio per scambiare quattro chiacchere informali, incontrarsi con le maestre che si erano conosciute proprio lì o come alunni o come genitori dei figli che sono stati alunni in quell’edificio. Poi il taglio del nastro come nel 1966, come gesto di continuità tra passato e futuro e la consegna delle borse di studio a dieci allievi meritevoli delle classi prime degli istituti racconigesi, istituite a nome di Giovanni Clerici e derivanti da un suo lascito al Comune e legato alla scuola. La seconda parte della Cerimonia si è svolta in Santa Croce dove era stata allestita una bella mostra che ricordava le elementari di Racconigi con fotografie e materiali in uso fin dagli ultimi anni dell’800, fino ad una ricostruzione semplificata di un’aula scolastica. Facevano parte di questi reperti, interessanti documenti come i registri di classe e materiali didattici. Mario Monasterolo stava collaborando alle ricerche storiche intor-

no a questa mostra quando ci ha lasciati nello sgomento generale; i testi della storia della scuola in Racconigi sono la riproduzione di documenti di archivio dove si scopre che si hanno tracce della presenza della scuola a Racconigi fin dal 1400. A questo allestimento hanno anche partecipato i bambini di alcune classi disegnando le grandi pagine di quaderno che servivano di supporto ai testi ed alle fotografie. L’Assessore Beltrando ha fatto il suo discorso di inaugurazione della mostra e il Coro delle Verne ha eseguito alcuni brani del proprio repertorio. Il Dirigente Giannino Marzola ha chiuso la manifestazione con i ringraziamenti a tutti coloro che hanno reso possibile questa giornata ma ha voluto sottolineare il significato profondo di una simile ricorrenza con una interessante riflessione sulla memoria e su chi può essere l’artefice di questo importante concetto. L’esempio commovente è stato quello di Cianin che dopo l’inaugurazione del 1966 volle incorniciare una locandina disegnata dai ragazzi di allora ed incollare dietro a questa due prime circolari dell’allora direttore Groppo, ma che, ancora più creativamente e poeticamente conservò un pezzo di nastro che era stato tagliato quel giorno. La Mostra ha avuto un successo di pubblico, numeroso e vivamente interessato e di commenti favorevoli alla iniziativa; molti visitatori si sono ritrovati nelle fotografie e nei registri scolastici che riportavano i piani di lavoro e finanche le date delle vaccinazioni degli alunni. La scuola è ancora viva anche nella memoria.


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A scuola da Lorenzo Milani, dopo 50 anni

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L’esempio della Scuola di Barbiana per educare alla responsabilità di Grazia Liprandi - Rete Insegnareducando

Quando un insegnante è in difficoltà, che cosa fa? La maggior parte si arrovella in solitudine cercando una soluzione oppure... dà voce alle “lamentazioni” che hanno in sé un difetto congenito: più ne dici, più ti trovi attorniato da esse e avvolto dalla depressione, con nessuna possibilità di miglioramento. Ma c’è un altro modo. Il metodo del Maestro di Barbiana. Chi ha avuto la fortuna di ascoltare le parole di un suo ex allievo sa che Lorenzo Milani di fronte alle difficoltà, non si lamentava, ma chiedeva aiuto... ai suoi allievi! Eccovi uno degli esempi più belli che hanno permesso ai primi sei ragazzotti della sua scuolina di imparare la responsabilità. Nell’anno 1962 unificarono le medie e alzarono l’obbligo scolastico ai 14 anni. Mentre a Barbiana si continuava a proporre un apprendimento vivo e coinvolgente, nelle scuole pubbliche dei dintorni si fece una vera e propria strage: il 54% dei ra-

vi, sei ragazzini di 13/14 anni circa che da soli quattro anni frequentavano la canonica, e disse loro: “Da domani sarete professori. Sceglietevi la materia in cui vi sentite più afferrati e datevi da fare a insegnarla a questi nuovi compagni. Io da solo mica posso far tutto! Mi occuperò solo di lingua e lingue.” E fu così che a Barbiana i bocciati della prima media di Vicchio iniziarono la loro nuova avventura scolastica con questi strani ragazzi-professori (oggi li chiameremmo peer educator) che presero l’incarico molto seriamente, come fanno d’altronde ancora oggi tutti gli alunni che devono aiutare un compagnetto. Ogni ragazzo-professore si cimentò in una materia e Michele scelse di fare l’insegnante di matematica. Il primo giorno da professore, data la sua nomina in cattedra, pretese d’averne una vera e andò a prendere coi nuovi allievi il tavolo che stava nella cucina di Barbiana. Era di marmo pesantissimo. Neanche passava per la porta. Un ragazzino chiese: “Chissà quanto pesa?!!” E iniziarono tutti

gazzi della prima media fu bocciato. A Barbiana arrivarono così 40 ripetenti tirati per le orecchie dai propri genitori nella speranza che don Milani li potesse trasformare da somari a studenti modello. Fino a quel momento la scuola della canonica raccoglieva i figli dei contadini delle cascine sparse nel Mugello, quei ragazzetti poco alfabetizzati che alla scuola pubblica non ci andavano di certo e se ci andavano, venivano messi ai margini. Che fare con 40 ragazzi in più? Il priore radunò i suoi primi allie-

a far congetture. A Michele venne da rispondere: “Se mi seguirete per quattro mesi e farete gli esercizi che vi dico, peseremo questo tavolo con carta e penna, senza la bilancia!”. “Ma figurati! E come si fa?”. A Barbiana si poteva dire così, perché da questa domanda nasceva tutto l’insegnamento. Era il “motivo occasionale”! La sfida prese nell’animo quel gruppo di ragazzini che iniziò a seguire le lezioni senza perdersi una parola per arrivare all’obiettivo: pesare senza

bilancia! Dopo quattro mesi di calcoli, radici quadrate, potenze, geometrie, superfici e solidi, si arrivò ai volumi e ai pesi specifici ...e venne il gran giorno in cui si provò a pesare il tavolo con carta e penna. A tutti i ragazzi il conto dava 54kg. Così si andò a verificare. Si costruì una pesa con una trave e si misero il tavolo da una parte e i pesi dall’altra. Michele in cuor suo aveva molto timore: “Che Dio me la mandi buona! Che figura mi faccio se il calcolo non sarà esatto?”. La pesa segnò 54,4 kg. Quasi giusto, ma non perfetto! Michele ebbe un attimo di scoramento ma... “Aspettate ragazzi - fece notare - va tolta la tara della trave!” Pesarono anche quella: proprio 400 grammi da togliere! Fu un successo! Tutti i ragazzi si diedero a misurare e pesare ogni cosa con carta e penna, a partire dai mobili di casa. I genitori, stupiti, non sapevano che dire. Pensavano che don Milani avesse fatto un miracolo: la passione per la matematica aveva catturato quei somarelli!” A Barbiana accadeva sempre che si accendessero le passioni. Il priore sapeva che i ragazzi hanno bisogno di appassionarsi per essere spinti oltre. Per questo riteneva che i Maestri debbano parlare ai ragazzi di grandi ideali proprio negli anni della scuola dell’obbligo, perché in quegli anni essi hanno bisogno di infiammarsi, di trovare uno scopo. Molti studiosi degli ultimi cinquant’anni hanno cercato di capire le strategie della pedagogia milaniana per poterla delineare, ma non ne vengono a capo. Infatti è impossibile da definire in una programmazione didattica rigida e uguale per tutti. La vera caratteristica del Maestro

Lorenzo è quella di stare di fronte ad ogni allievo nella sua unicità, comprendendo ciò di cui necessita per essere portato oltre le consuetudini e spinto ad apprendere (cioè ad esplorare, cercare, ragionare, collegare, avanzare, andare oltre). Egli lancia l’allievo verso grandi valori e alti scopi, anche esagerando: ogni occasione era un motivo per spingere i suoi ragazzi ad aiutare gli altri e migliorare il mondo. E sapete perché i marmocchi facevano chilometri di cammino a piedi in mezzo ai boschi per andare a Barbiana dove c’era un maestro così esigente e severo? La risposta dei suoi ex allievi è immediata: “Certo che ci andavamo! A Barbiana si stava veramente bene! Si imparava tanto, tantissimo, ma in un clima molto bello, intenso, ma piacevole”. Come attualizzare il suo metodo nelle nostre scuole? “Non spaventatevi” - dice Michele “Barbiana non si può copiare. E’ un esempio unico, una luce speciale che indica la strada ad una scuola che vuole provare ad essere significativa per i ragazzi”.


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Raccontami...

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L’INTRUSO NELLA STALLA di Silvio Marengo

All’osteria vecchia di Somano, sopra Dogliani, quasi tutte le sere, si trovavano alcuni paesani, clienti abituali, per giocare a carte. La partita, a tresette o a scopa, era fissa al martedì, giovedì, sabato e domenica sera. Gèpe era nato nel 1931 a Bossolasco, e dunque quell’anno avrebbe compiuto quarantaquattro anni. Aveva sposato una ragazza di Somano, e da lei aveva avuto due belle figliole e la cascina più grande del paese era sua. Con un ampio cortile, la stalla conteneva dodici vacche di razza piemontese “della coscia”, mentre in alcune piccole stanze laterali alla casa, teneva i vitelli per ingrassarli. Trumlìn invece era scapolo, aveva fatto il postino a Dogliani e, essendo più vecchio, era già in pensione. Abitava una piccola casa vecchia, un rudere, con un cortiletto, proprio di fianco alla cascina di Gèpe. Sotto il portico teneva due vacche: una bianca, con le lunghe corna, chiamata Puciu, e una nera, più robusta, chiamata Mora. Aveva anche il vizio di alzare il gomito, quando andava all’osteria. In paese non c’erano altre possibilità per passare il tempo, e gli uomini, alla sera, andavano all’osteria per sentire le novità, bere due bicchieri, giocare una mano a tresette e tirarsi un po’ per la giacca (1). Una sera Gèpe prese di mira Trumlìn e gli chiese: - Cosa hai fatto oggi, Trumlìn? L’hai munta la vacca nera? - No. Ha finito il latte. E’ gravida. E tu, Gèpe, l’hai munta tua moglie? E Gèpe : - Mia moglie anche ha finito il latte. - E che diavolo? È anche gravida? Aspetta un bimbo? - No. Non aspetta più. Non rimane più incinta - rispose Gèpe. Quella sera, una piovigginosa sera di gennaio del 1975, si preannunciava divertente, specialmente per l’oste, che stava a orecchiare tutti i discorsi, e per gli altri paesani presenti. Per questo uno di loro disse: - La vogliamo fare questa partita a tresette, o no? - Sì - dissero insieme. - Allora la facciamo. Ma adesso voglio pagare una bottiglia di barbera per tutti, prima di tagliare le carte!

Trumlìn e Gèpe, ciascuno per motivi propri, gradivano molto il vinello sincero dell’oste, una “barberòta” nera e inchiostrosa che andava giù come l’acqua, e lasciava sulle loro bocche un bordo rosso che li obbligava ad asciugarsi i baffi, per chi li aveva, con la manica della camicia dopo ogni bevuta. Gèpe, essendo il più possidente del paese, si trovava molto a suo agio all’osteria, e si sentiva pertanto autorizzato a “legger la vita”, ossia a criticare l’operato di qualcun altro. Molto spesso, per non inimicarsi gli altri paesani, il bersaglio delle critiche era Trumlìn, scapolo sessantenne, magro, con una faccia da ragazzo invecchiato, un paio di baffi folti, la pancia rotonda e il naso rosso da bevitore abituale. Gèpe, invece, aveva sempre tenuto la faccia sbarbata, era più giovane e si credeva molto più in gamba. Un giro di barbera, e la bottiglia finì presto, prima di iniziare a tagliare le carte. Gèpe attaccò: - Allora, Trumlìn, hai i baffi bagnati di vino, quando è che te li tagli? - I miei baffi non si tagliano. Tua moglie mi dice sempre che le piacciono i miei baffi. - Sua moglie è una santa donna - disse un giocatore in difesa di Gèpe. - Si capisce. Lei dice sempre la verità - rimandò Trumlìn . Gèpe allora, mentre la prima mano stava per finire, cambiò discorso e chiese a Trumlìn: - Hai detto che la tua vacca nera è gravida, quando deve partorire? - È gravida di otto mesi adesso. A febbraio fa il parto. Ci vuole ancora un mese. Fu così che la serata continuò, la partita durò fino a mezzanotte, e altre cinque bottiglie di barbera inumidirono le gole e riscaldarono le budella dei quattro paesani. Al momento di alzarsi dal tavolo da gioco, Trumlìn aveva dei seri problemi di equilibrio, e si appoggiò fortemente al tavolo, spostandolo, e poi al muro della stanza. Anche se gli altri avventori non erano molto più lucidi, cercarono comunque di sorreggerlo fino all’uscita della bettola. Poi si salutarono e ciascuno fece ritorno a casa. Gèpe accompagnò per un buon tratto Trumlìn, sorreggendolo, e poi gli raccomandò: - Vai a casa, che fa freddo. - …. - l’altro biascicò qualcosa che voleva essere un saluto, poi un rutto vinoso concluse la serata. Ma Trumlìn, che viveva da solo, non aveva nessuno che lo aspettava tra le lenzuola, e non aveva fretta di raggiungere il letto. Con le poche forze rimaste decise, come è buona abitudine tra tutti gli allevatori di bestiame quando rincasano da una serata di

festa, di passare nella piccola stalla per controllare che tutte le bestie fossero in forma e tranquille. Accese la lampadina ma, oltrepassato l’uscio si accorse che qualcosa di diverso si muoveva dietro alle due vacche, nel giaciglio di paglia mista a sterco. L’odore caldo e greve dei corpi della due vacche, misto al puzzo solito di letame, lo accolse e lui, per lo stupore, si appoggiò al muro della stalla. Non riusciva a credere ai suoi occhi,

co che, imbracciando il fucile, lo stava puntando a pochi centimetri dalla schiena (la testa era troppo piccola e difficile da mirare perché si muoveva) del vitellino neonato, che stava cercando di alzarsi sulle zampe. Era di colore nero come la madre Mora e, rivoltandosi nel giaciglio, alcuni fili di paglia gialla gli erano rimasti attaccati alla schiena, giustificando l’aspetto simile all’ispido pelame di un cinghiale.

li strabuzzò due volte e poi, vedendo un animale nero e bagnato rivoltolarsi nel letame, con dei peli gialli sulla schiena, si spaventò non poco. Iniziò a gridare tra sé: - Un cinghiale! cosa ci fa un cinghiale nella mia stalla? Dietro alle mie vacche? Lo ammazzo. Adesso lo ammazzo. Sempre barcollando uscì dalla stalla ed entrò in casa, in fretta e furia, appoggiandosi alla credenza, inciampandosi pure contro un tavolo e tirò fuori la doppietta da caccia che teneva nascosta. - Adesso vado e lo ammazzo. Cosa ci fa un cinghiale nella mia stalla, insieme alle mie vacche? Inserì come meglio poté una cartuccia nel fucile e si diresse, sempre barcollando, verso la stalla. Entrato dentro guardò ancora una volta quel coso nero e sporco che sembrava volersi alzare, e forse, scappare. Appoggiata la schiena al muro, per maggior stabilità, puntò la canna del fucile in basso, verso il povero animale, e posò il dito sopra il grilletto, mirando alla testa. - Cosa fai!? - gridò una voce improvvisa alle sue spalle - ma sei scemo? Era la voce di Gèpe, che prima di entrare in casa e mettersi a letto, aveva visto la luce della stalla accendersi e poi quella della cucina di Trumlìn. Insospettito da quei movimenti insoliti, e sapendo che Trumlìn aveva di nuovo “caricato la mula” fino a non reggersi in piedi, era uscito dal suo cortile ed entrato in quella stalletta. Gèpe vide con stupore l’uomo ubria-

- Trumlìn, posa il fucile. È un vitellino! - È un cinghiale! Lasciami stare. - No! È un vitellino. Posa il fucile. Sei tu un cinghiale! e cercò delicatamente di togliere il fucile carico dalle mani di quello sprovveduto. Disse poi: - La tua vacca ti ha fatto un vitello nero! - Ah, beh - disse, una volta disarmato, rilassandosi contro il muro annerito della stalla. Pensò un momento e poi: - Allora la vacca ha figliato prima del tempo e poi si sedette sulla paglia, ancor più scombussolato di prima. - Ma và! Fatti furbo. Aveva già finito il tempo (2). La tua bestia ha fatto tutto da sola. E’ più intelligente di te! Gèpe fece due passi indietro con il fucile, e poi, per sicurezza, tolse il colpo dalla canna, e lo posò in un punto del portico senza farsi vedere dal proprietario. La sera dopo, all’osteria, tutti sapevano che la vacca nera di Trumlìn aveva partorito da sola un vitello nero e che lui, dato il colore, l’aveva scambiato per un cinghiale, e che voleva, nientemeno, tirargli una fucilata, “a quell’intruso di un cinghiale”. -------------------------------------------(1) N.d.A: sfottersi un po’. (2) N.d.A: il tempo è quello della gravidanza, che nella bovina di razza piemontese è di circa nove mesi e mezzo. Evidentemente Trumlìn aveva travisato la data dell’accoppiamento.


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Centro Alambicco

LE NUOVE FRONTIERE DELLA FISIOTERAPIA: LA TECNICA GAVILAN

di Cristina Barbero

Mi chiamo Cristina Barbero, ho 33 anni e dal novembre 2009 (con due lunghe pause per maternità) lavoro all’Alambicco, come Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. Già...questo titolo improponibile è quello che mi sono aggiudicata con la laurea triennale presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Torino. Lavoro con Proposta 80 dal 2008, prima come consulente e poi come dipendente socio-lavoratore. Ho iniziato presso alcuni centri diurni e residenziali a Cuneo, ma quando mi è stata fatta la proposta di venire anche qui, nonostante la distanza (sono di Piasco), non ho esitato: finalmente avevo la possibilità di lavorare con i minori! All’Alambicco mi occupo della parte riabilitativa, seguendo i ragazzi con sedute individuali e portando avanti anche il monitoraggio e la prescrizione degli ausili, con la preziosa collaborazione degli educatori e degli oss referenti Purtroppo la situazione neuromotoria della maggior parte dei ragazzi è molto grave e quindi gli obiettivi principali sono il mantenimento della situazione e la pre-

venzione rispetto a possibili peggioramenti. Il lavoro è tanto e spesso il tempo non basta mai... Confesso che a volte mi sono anche chiesta se ciò che faccio serve a qualcosa, perché il lavoro a volte pare ripetitivo e i risultati solo nel lungo periodo spesso sembrano appagare poco. In realtà, i sorrisi e gli sguardi dei ragazzi mi fanno capire quanto sia importante per loro anche questa parte e quanto beneficio ne possano trarre. Negli anni mi sono specializzata nel metodo Feuerstein, metodo che permette di lavorare sugli aspetti cognitivi, basandosi sulla teoria dell’apprendimento mediato che ritiene l’intelligenza modificabile a qualsiasi età della vita attraverso un’adeguata mediazione. Qui, purtroppo, non ho ancora potuto mettere in pratica questo metodo, ma il mese scorso ho partecipato a Roma ad un corso riguardante la Tecnica Gavilan, che ora sto utilizzando molto all’Alambicco. Un corso sulla Tecnica Gavilan: di cosa si tratta? Dal 16 al 18 settembre ho avuto modo di frequentare il corso a

Roma. Tale tecnica fisioterapica agisce sui tessuti molli, (una rete continua di tessuto connettivo che avvolge ogni nervo, fibra muscolare e organo) e sulla fascia che avvolge il nostro apparato muscoloscheletrico. L’ideatore della tecnica è il dott. Gary Lee Lang, statunitense, e prende il nome dai tre strumenti che utilizza. Gavilan significa sparviero ed i tre strumenti che vengono utilizzati prendono il nome di ala (ala), garra (artiglio) e pico (becco), poiché richiamano la forma delle tre parti del volatile. Gli strumenti si applicano unitamente a Terapia Manuale, Terapia Fisica ed esercizi funzionali nelle tre dimensioni. Andiamo nel dettaglio: come funziona? I tessuti molli vengono mobilitati tramite questi tre strumenti (ognuno ha una sua funzione ed una zona di applicazione), vengono rilevate e sciolte quelle restrizioni (gli indurimenti, le contratture) che ostacolano il normale movimento del sistema muscolo scheletrico. Interessante. La differenza con altre tecniche? La differenza principale è che agisce sui tessuti molli e solo di conseguenza sui muscoli. Inoltre con questa tecnica vi è un minor periodo di trattamento e riabilitazione ed anche una minore invasività.

Solitamente in seguito ad un massaggio ci sentiamo malconci, per via delle movimentazioni violente subite dai muscoli. Con la Tecnica Gavilan questo non accade in quanto non vengono interessati i muscoli ma soltanto la fascia: la sensazione è di leggerezza ed immediato benessere. Tutti ne possono beneficiare? I campi di applicazione sono molteplici: innanzitutto nell’ambito sportivo - in cui è nata la tecnica - ma anche per recupero post-operatorio, trattamento delle tendiniti, contratture, scollamento delle cicatrici chirurgiche, problemi cervicali, dolori articolari, riabilitazione seguente a impianto protesi, FKT respiratoria (è possibile agire su diaframma e muscoli intercostali), trattamento sindrome tunnel carpale, spasticità ed ipertono, limitazione movimenti, diminuzione forza, presenza dolore, disfunzioni... Questi solo per dirne alcuni. La tecnica è però controindicata in casi di ferite aperte, tromboflebite, fratture non consolidate, osteomielite ed ipertensione non controllata. E’ stato un corso solo teorico? Al contrario, il corso è stato un laboratorio pratico su più giorni. Ero circondata da atleti professionisti (es. Nazionale Italiana Spada, Judo, FKT del Napoli calcio...) ed al termine del quale sono stata scelta come potenziale istruttrice per il Piemonte. Questo in base al mio curriculum vitae ed alla valutazione avuta al corso. Una volta documentati molti trattamenti e dopo aver ricoperto il ruolo di assistente durante un corso della Tecnica Gavilan, potrò essere nominata istruttrice per il Piemonte. Chi fosse interessato, dove trova ulteriori informazioni? Chi vuole può consultare www.tecnicagavilan.us (sito ufficiale americano), www.tecnicagavilan.it (pagina italiana) o contattarmi tramite mail: (crisbarbero83@gmail.com) o cellulare (348.5429339). Chi si è già sottoposto alla tecnica ha trovato subito beneficio ed è stato soddisfatto. Spero possa essere utile al maggior numero possibile di persone. Per adesso, con i ragazzi dell’Alambicco (grazie anche all’aiuto di alcuni operatori che mi affiancano) vedo ottimi risultati. Speriamo di continuare in questa direzione!


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Progetto “IO NON SPRECO”

Il Comune di Santa Vittoria d’Alba contro lo spreco di cibo di Anna Maria Olivero

A partire dal mese di ottobre, l’Amministrazione Comunale del Comune di Santa Vittoria d’Alba , ha promosso nelle Scuole elementari e medie, il progetto “IO NON SPRECO” finalizzato a contenere lo spreco alimentare nelle scuole e a sensibilizzare gli alunni al recupero del cibo non consumato. Il progetto prevede la distribuzione, al termine del pasto, di un sacchetto “IO NON SPRECO” all’interno del quale i ragazzi possono riporre frutta non porzionata, pane, budini UHT e prodotti da forno da loro stessi non utilizzati durante il pranzo a scuola,

per poterli consumare a casa. Tale iniziativa, informa il Sindaco, dimostra l’importanza di educare i ragazzi, sin dalla giovane età, al valore del cibo e coinvolgerli nella lotta allo spreco poiché, come diceva Maria Montessori: “ Anche il più minuscolo dei bambini può portare il proprio contributo nel mondo”. L’Amministrazione ha scritto ai ragazzi: “Se al termine del pasto in mensa non hai consumato prodotti non deperibili, non lasciarli sul tavolo, chiedi che ti venga consegnato un sacchetto “IO NON SPRECO” e riponili accuratamente

all’interno per poterli consumare a casa. Grazie !!”. Chi porta a casa gli alimenti che non consuma non è una persona bisognosa, ma piuttosto è una persona che apprezza il cibo e per questo non lo spreca. Li ha anche ringraziati perché con i loro disegni, alcuni stampati sul sacchetto, avevano già offerto il loro contributo alla riuscita del progetto. I genitori sono stati invitati a contribuire al progetto sensibilizzando i propri figli al “non spreco”, proponendo loro di consumare a casa il cibo del sacchetto.

Contro lo spreco alimentare La recente legge 166 del 2016 ha introdotto nuove regole sulla donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici con il fine di limitare gli sprechi, ridurre la produzione di rifiuti e soddisfare esigenze di solidarietà sociale. Per quanto riguarda gli alimenti, gli operatori della filiera alimentare (produzione, confezionamento, trasformazione, distribuzione e somministrazione di alimenti) possono cedere gratuitamente le eccedenze a enti pubblici oppure a soggetti pri-

La biblioteca civica di Racconigi entra nel servizio di prestito digitale Dal 3 ottobre presso la biblioteca civica di Racconigi è attivo il servizio di prestito digitale. Il servizio viene erogato tramite la piattaforma MediaLibraryOnLine (MLOL), la prima rete italiana di biblioteche pubbliche per il prestito digitale. Ad oggi le biblioteche aderenti sono oltre 4.500, in 17 regioni italiane e 7 paesi stranieri. Attraverso il portale MLOL (www.sbf.medialibrary.it) si potranno consultare gratuitamente la collezione digitale della biblioteca: e-book, audiolibri, giornali (italiani e stranieri), banche dati e altro ancora. Il servizio potrà essere utilizzato su tutti i dispositivi compatibili e non sarà più necessario presentarsi fisicamente in biblioteca per prendere in prestito un libro, leggere una rivista o ascoltare un audiolibro.

Per accedere al portale occorre:

• essere iscritti a una biblioteca del sistema bibliotecario; • fare richiesta in biblioteca di username e password; • disporre di un computer o di un device mobile (tablet, ebook reader, smartphone) che si colleghi alla rete. Per maggiori informazioni, l’invito è quello di rivolgervi alla Biblioteca!

vati che perseguono, senza scopo di lucro, finalità civiche e solidaristiche. Questi ultimi devono destinare gratuitamente e in via prioritaria le eccedenze alimentari idonee al consumo umano che hanno ricevuto a favore delle persone indigenti. Tra le diverse novità introdotte dalla legge ne ricordiamo due in particolare, che confermano la bontà della buona pratica che presentiamo in questa stessa pagina e offrono lo stimolo per la diffusione di esperienze virtuose anche nel nostro territorio.

Entro novanta giorni dalla approvazione della legge, il Ministero della Salute deve definire linee di indirizzo rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco nella somministrazione di alimenti. Inoltre le Regioni possono stipulare protocolli d’intesa con gli operatori della ristorazione affinché si dotino di contenitori in materiale riciclabile nei quali i clienti possano riporre e portare a casa i propri avanzi di cibo.


insonnia

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SOSTIENI IL TUO GIORNALE

Anche quest’anno ci troverai in novembre e dicembre al mercato del giovedì o del sabato nella centrale piazza Roma: abbiamo bisogno del tuo sostegno e del tuo contributo per poter distribuire gratuitamente il nostro insonnia sul territorio racconigese, e non solo. Per noi è importante poter contare su di te, significa che aderisci a quel progetto che avviammo nell’ormai lontano 2008, 87 numeri fa. Potrai ricevere insonnia direttamente a casa nella tua buca delle lettere, come segno della nostra riconoscenza. Saremo in piazza:

• Giovedì 10 novembre • Sabato 12 novembre

• Giovedì 15 dicembre • Sabato 17 dicembre

Se conosci insonnia e già ci sostieni, dacci ancora una mano. Se non conosci insonnia, hai l’occasione per leggerlo ed apprezzarlo.

Cin

Cinema CAFE’ SOCIETY di Cecilia Siccardi

Los Angeles, anni ‘30. Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg), giovane ebreo stanco di lavorare nella bottega del padre, si è appena

Lib

Libri a cura di Livio Tesio

Venerdì 14 ottobre a cura dell’ANPI cittadino si è presentato il libro “Con la guerra in casa” la provincia di Cuneo nella Resistenza 1943/1945. Edito da Primalpe, voluto dall’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea in Provincia di Cuneo e curato dal

15 PUOI CONTRIBUIRE: • con un versamento presso l’Ufficio Postale sul c.c.p. n° 000003828255, • con un bonifico bancario intestato ad “Associazione Culturale Insonnia”, Piazza Vittorio Emanuele II, 1 codice IBAN: IT77 Q076 0110 2000 0000 3828 255

trasferito da New York in cerca di fortuna. A Los Angeles abita infatti suo zio, Phil Stern (Steve Carell), capo di un’importante agenzia e costantemente in contatto con famosi attori e grandi celebrità. Il compito di mostrare la città a Bobby viene affidato alla segretaria Vonnie (Kristen Stewart), di cui il giovane si innamora a prima vista. Gli imprevisti, però, sono dietro l’angolo, e ben presto Bobby decide di tornare a New York, dove inizia a lavorare al Cafè Society, night club che gestisce insieme al malavitoso fratello Ben. Nonostante il passare degli anni, il matrimonio con una donna bellissima (Blake Lively) e la paternità, il ricordo di quel lontano amore a Los Angeles non abbandona mai davvero Bobby,

finché un giorno Vonnie non compare nuovamente nella sua vita… Cafè Society, uscito nelle sale italiane il 29 settembre e diretto da Woody Allen, può essere definita l’ennesima variazione sul tema dei problemi della borghesia da parte del regista, in linea con tutti i suoi film degli ultimi anni. A differenza di alcuni di questi, però, pare che all’ultima fatica manchino ispirazione, forza e anima: nonostante il cast stellare, nessuno degli attori dà vita ad una performance memorabile (tranne forse Steve Carell e Jesse Eisenberg). La bellezza delle immagini e l’eleganza dell’ambientazione paiono fini a sé stessi. Di certo c’è del poetico nella storia di un amore mancato, e Cafè Society potrà farvi passare una piacevole ora e

mezza, ma non molto di più. Dimenticabile.

Direttore dell’Istituto Michele Calandri e dall’archivista Marco Ruzzi. Un libro di 640 pagine e scritto da molti autori, venerdì a Racconigi oltre a Calandri e Ruzzi era presente anche Piero Balbo. Ho detto presentato ma il libro verrà ufficialmente presentato a Cuneo nella manifestazione “scrittori in città” verso la metà di novembre, pertanto Racconigi ha avuto l’onore di una pre-presentazione, una sorta di test per un libro sicuramente fondamentale per la storia della nostra provincia ma anche perché segna uno sguardo nuovo, uno spartiacque nella letteratura resistenziale. Un libro che non fa sconti alla lotta di Resistenza ma proprio per questo, uno sguardo che si sposta dalla memorialistica all’analisi scientifica, regala alla Resistenza

il suo giusto valore fuori da ogni attacco revisionistico. Una posizione non facile da sostenere ma io penso giusta, una necessità che nulla toglie ai ricordi di tanti e/o alle mitizzazioni che nelle loro contestualizzazioni avevano ed hanno un senso logico, ma che porta l’analisi a volo d’uccello, che guarda la Resistenza su tutto il territorio provinciale, su tutte le bande, sui giornali partigiani, sulle donne, sulla filosofia, sulla politica, sull’economia sui nemici ed anche sul cantare. Un libro completo anche di uno

straordinario repertorio fotografico, composto da 9 saggi, una introduzione, una cronologia. Da leggere… magari un po’ alla volta.

a cura di Michele Calandri e Marco Ruzzi

“ Con la guerra in casa”

2016, pp. 642 , € 25,00 Primalpe editore


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Mus

Musica E.S.T. Simphony Artisti Vari

di Giuseppe Cavaglieri

Con la sua visione onnicomprensiva del jazz, l’Esbjörn Svensson Trio (formato dal pianista Esbjörn Svensson, dal bassista Dan Berglund e dal batterista Magnus Ostrom) è stato senza dubbio uno degli ensemble strumentali europei più ammirati ed influenti del primo decennio del nuovo millennio. L’e.s.t. ha suonato nei grandi templi del rock

riuscendo a raggiungere un pubblico non jazz come mai prima era stato fatto nel panorama musicale europeo, ha scalato le classifiche sia pop che jazz ed è stato il primo gruppo europeo a guadagnarsi la copertina della rivista statunitense Downbeat. Per questi ed altri motivi è stata ancora più tragica la scomparsa, nel 2008, del pianista, compositore e leader del trio in un incidente subacqueo. Sono ormai passati otto anni ed il momento sembra opportuno non solo per celebrare il grande pianista, ma anche per considerare la ricca eredità lasciata dalle registrazioni del trio. “E.S.T. Symphony” fa proprio questo, avvalendosi delle grandi capacità dell’eclettico e straordinario arrangiatore svedese Hans Ek, il quale ha arrangiato per orchestra 13 brani del repertorio del trio. Eseguite dalla Royal Stockholm Philharmonic Orchestra, le orchestrazioni di Ek vedono anche la collaborazione di un manipolo di jazzisti scandinavi, tra grandi

maestri e nuove promesse: il sassofonista Marius Neset, il trombettista Pohjola Verneri, il pianista Iiro Rantala e il chitarrista Johan Lindström, membro dei Tonbruket, band guidata dal ex bassista dell’e.s.t Dan Berglund che è il fulcro del progetto al fianco del batterista Magnus Öström. Le radici del progetto risalgono al 2003, quando Esbjörn pensò di dare un’orchestrazione ai suoi brani per

proporli in una serie di concerti dal vivo. “Questa è stata l’ispirazione iniziale per E.S.T. SYMPHONY”, afferma Hans Ek. Tutto ha avuto

insonnia

inizio con la trascrizione per orchestra di Esbjörn di “Dodge The Dodo” (l’unico brano dell’album non arrangiato da Ek) che venne eseguito al Jazz Baltica di Salzau con la partecipazione di un ospite molto speciale: Pat Metheny, che ha citato l’e.s.t. come “uno dei suoi gruppi preferiti.” “Dal momento che Esbjörn aveva avuto una visione del progetto con un’orchestra sinfonica, ho sentito che la cosa più importante era perseguire l’idea che il trio aveva di questo progetto”, dice Ek. “Ho ovviamente provato a scrivere nello spirito di Esbjörn Svensson, ma senza imitarlo; le sue composizioni ed il suo modo di suonarle sono stati la mia ispirazione”. Hans Ek ha creato con “E.S.T. SYMPHONY” un monumento duraturo e interamente costruito su un trio jazz di cui si sente la mancanza e che è stato di grande ispirazione.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Francesca Galante, Marco Capello, Anna Maria Olivero, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Grazia Liprandi Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 2000 copie

Questo pensiero si basa sul fatto che l’animale dimentica subito ciò che pensa e la sua vita è un insieme di attimi disconnessi tra loro. Al contrario, nell’uomo (sano) la memoria riveste un’importanza essenziale, di cui non si può consapevolmente fare a meno.” L’aspetto negativo dell’uomo è il non saper dimenticare, l’essere “incatenato” al passato, che «torna come fantasma» conturbante e lo rende infelice. Quasi a difendersi da questi fantasmi “la maggior parte dei giovani è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono”. Questa totale assenza d’interesse nei confronti del passato è un grave fattore che dovrebbe far riflettere: com’è possibile pensare di costruire un futuro o semplicemente di comprendere il presente se mancano completamente le basi radicate nel passato? Eppure non è trascorso molto da quando un bellissimo slogan, riprendendo antichi filosofi, recitava “cogli l’attimo” in un film bellissimo: “L’attimo fuggente”. L’attore principale è morto suicida; forse è necessario vivere nella realtà fatta di passato e presente per costruire un futuro, ma la realtà non nega la fantasia lo dimostrano straordinarie ope-

re di artisti meravigliosi. Chi di voi, ormai senza più genitori, ormai voi stessi non più giovani avete, almeno una volta rimpianto di non aver prestato sufficiente attenzione alle cose che vi diceva, raccontava, raccomandava, vostra madre o vostro padre o di non aver conservato memoria di alcuni concetti che allora ci sembravano “vecchi, superati, inutili, sbagliati” e oggi scopriamo essere non così lontani dai nostri pensieri di oggi. Il tempo smorza le differenze. Ecco, adesso, per non “incatenarci” al passato guardiamo al futuro: con il nostro insonnia, visto che non possiamo costruire edifici né impedire che questi cadano vogliamo creare memoria storica dal basso, quella archivistica c’è già e basta andare al sito internet “CARTE DA SLEGARE”. Noi invece vogliamo raccogliere storie e per capire meglio questo progetto, alla pagina … di questo numero troverete i dettagli dell’iniziativa. “Raccontami…il Neuro” sarà il titolo di tutte le vostre storie che vogliamo diventino di tutti e che costituiscano il patrimonio da trasmettere a quelli che verranno, quando, forse, il Manicomio non esisterà più nemmeno come edificio. Non costa nulla tenere in piedi le storie del passato basta credere che servano e noi ci crediamo.

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entro dicembre 2016

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA Tel.: +39 335 1701008 +39 331 6893698 +39 331 6893684

Email: info@maipiusole.it


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