INSONNIA Dicembre2020/Gennaio2021

Page 1

insonnia

mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 127 Dicembre 2020/Gennaio 2021 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Lettera aperta all’Amministrazione Comunale

SE NON ORA, QUANDO? a cura di Pino Tebano

SCUOLA E 25 NOVEMBRE

Pensieri sulla scuola, la giornata contro la violenza sulle donne: esperienze positive per diventare cittadini coscienti

segue pag. 16

di Anna Simonetti

La nostra “abitudine” a stimolarvi ad esprimere i vostri pensieri ha, ancora una volta, avuto una risposta positiva. “PARLATECI DI SCUOLA” è stata una richiesta che ha dato riscontri molto interessanti. Numericamente inferiori alle risposte ottenute quando la nostra richiesta era quella di parlarci di come vivete l’esperienza del COVID, ma i numeri non sono i valori che noi mettiamo al primo posto nel valutare un fenomeno; noi

Maria Alessandria ci ha lasciati. Pochi si ricordano di lei. Ma chi era Maria Alessandria? L’ho conosciuta per caso, nel 1996, in un pomeriggio di una calda estate grazie ad una passeggiata lungo la bealera del Martinet. Quel giorno, mentre guardavo incantata la ruota del mulino che girava tra mille scricchiolii, sollevando l’acqua dalla bealera con movimenti antichi ormai scomparsi dal quotidiano vivere, e nelle orecchie si ripercuoteva il frastuono ossessivo di un ma-

segue pag. 3

segue pag. 13

di Rodolfo Allasia

Forse ci siamo! Se lo vogliamo, questo sembra essere il momento giusto per iniziare una nuova progettualità per la nostra città. L’arrivo di una pioggia di finanziamenti per dare impulso a progetti di cui si è sempre solo parlato, è nell’aria e come città non dobbiamo farci sfuggire quest’occasione ed entrare con determinazione in questa nuova fase. Ogni crisi porta con sé un’opportunità! La creatività non ci manca, l’esempio della stanza degli abbracci, per le case di cura, di una ditta che faceva gonfiabili per eventi sportivi vale per tutti. Tanti sono i campi nei quali si può progettare, ed essere finanziati, ad iniziare dalla sostenibilità per la riduzione di emissioni climalteranti, all’energia rinnovabile, che come ci raccomanda l’Europa, nel 2050 dovrà azzerare le emissioni di CO2; dall’innovazione e digitalizzazione dei servizi, alla cultura e turismo con la riqualificazione e ristrutturazione del patrimonio culturale che abbiamo a disposizione; dalla mobilità sempre più orientata ad una sostenibilità non solo d’immagine, ad una cultura del bene pubblico a cui orientare i cittadini; da una conversione dell’agricoltura intensiva ad una agricoltura attenta alla qualità e bontà dei prodotti, al rinnovo ed accrescimento della fertilità del terreno; il tutto condito da frequenti ed incisive campagne di comunicazione e partecipazione.

In ricordo di Maria Alessandria

LEGAMBIENTE

QUALITÀ DELL’ARIA: FACCIAMO IL PUNTO di Matteo Bo, Circolo Legambiente “Il Platano” APS

Quando si parla di qualità dell’aria si tende spesso a discorrere solamente del tema dell’inquinamento da particolato atmosferico, tipicamente al verificarsi del superamento dei valori limite giornalieri del PM10. Il fenomeno avviene di frequente in inverno in numerose città italiane - e in particolare della pianura Padana -

e comporta i ben noti blocchi del traffico. Tuttavia il tema è complesso poiché numerose sono le sorgenti (traffico, riscaldamenti, industrie, agricoltura e allevamenti) e gli inquinanti in gioco. Per comprendere la questione, bisogna tenere a mente tre elementi: emissioni, concentrazioni ed esposizioni. L’emissione corrisponde al rilascio di una sostanza in aria allo stato solido, liquido o gassoso con una certa intensità. Viceversa, la concentrazione è la quantità di questa sostanza rispetto al volume di aria.

segue pag. 10

DIVERSAMENTE CHIESA pag. 8/9

Canto Regi

pag. 14

Colonialismo

pag. 11

E' NOSTRA

pag. 15


Dicembre 2020/Gennaio 2021

2

Esperienza Covid

DUE CM2 DI PELLE SCOPERTA Dalla parte di chi il Covid lo incontra tutti i giorni di Michela Vettori

Due cm² di pelle scoperta, è questo che si vede di me quando sono a lavorare. Sono Michela, sono un’infermiera ed è passato giusto un anno da quel: “La dichiaro Dottoressa in Scienze Infermieristiche”. Il 5 Novembre 2020 la mia coordinatrice infermieristica mi ha detto: “Michi, mi ha chiamata la direzione, da domani non sarai più in chirurgia”. Sono stata trasferita di reparto, ora sono in reparto COVID con colleghi del tutto nuovi, non conoscevo nessuno e non li avevo mai visti senza essere totalmente “bardati”. All’inizio sono andata un po’ in “crisi”, credo che nessuno gioisca all’idea di lavorare lì, soprattutto se sai già ciò a cui andrai incontro; non è bello sia per il rischio infettivo, sia per l’obbligo di vestizione, sia per i pazienti di cui dovrai prenderti cura: a tutti manca il fiato e se ti ci immedesimi… fidati… è una brutta sensazione. Non conoscere nessuno ed essere catapultata in un reparto nuovo, mi ha permesso di ripartire da zero e di porre l’attenzione su quei due cm² di pelle scoperta su cui, forse di solito, non mi sarei soffermata: ciglia, colore e forma degli occhi ed eventualmente occhiali… ah e non dimentichiamo la voce, qualche collega all’inizio

lo riconoscevo solo da quella. A questo punto ho cominciato ad immaginare cosa si potesse celare sotto quello scudo che rende tutti simili a Baymax il famoso “operatore sanitario personale” protagonista del cartone Big Hero 6: qualcuno dalla voce lo immaginavo grande (di età) con i capelli neri, invece quando l’ho visto “sbardato” era castano chiaro e giovane; altri invece li riconoscevo dalla fantasia della cuffietta: principesse, disegnini, foglioline e chi più ne ha più ne metta. Quindi sì, è vero, stiamo quasi otto ore ricoperti dalla testa ai piedi, senza bere e andare in bagno, ogni tanto cala anche la nebbia sugli occhiali, però non c’è bisogno di provare compassione “poverini, che lavoro pesante, mi dispiace” e non è necessario considerarci eroi. È faticoso? Sì; c’è ancora l’entusiasmo di prima? Sì; era più bello il mio lavoro prima del COVID? Probabilmente sì, ma sono certa che sia una fase passeggera (o almeno è ciò che voglio credere).

insonnia

Grigio di Luciano Fico

Sulla poltrona non c’è, sotto il letto neppure e non ha toccato cibo. Il Grigio deve essere uscito di casa senza farsi vedere… Ci tiene a quel gatto, Riccardo, ci tiene parecchio, anche se non lo ammette mai di fronte agli altri. Si è fatto pregare un sacco prima di prenderlo in casa con lui, ma poi si è lentamente legato a quella bestiola ed ora sta male al solo pensiero che possa essergli successo qualcosa. Fuori lo accoglie il silenzio del giardino, gelato dalla brina mattutina: del Grigio nessuna traccia. Stamattina c’è un silenzio strano, denso; l’aria è immobile e gelida, il sole pallidissimo oltre un cielo al neon. Riccardo sta suonando nervoso il campanello dei vicini. “Sono solo le sette, mi malediranno a quest’ora…” Suona ancora e poi ancora. Attraversa la strada, anche se è ancora in vestaglia, e suona il campanello anche a casa della famiglia che ha appena traslocato. Suona, poi sbatte il dito con rabbia sul campanello. L’aria rimane muta e fredda. “Ma dove sono andati tutti, stamattina!!!” Del Grigio neppure l’ombra. Lo chiama. Si ritrova a gridare “Grigio…Grigio!!!” nel nulla della campagna immobile. Ha freddo Riccardo e torna in casa: deve ancora lavarsi e radersi prima di andare al lavoro: farà tardi, meglio avvertire in ufficio. Il telefono suona inutilmente per lunghi minuti.

Al diavolo… Davanti allo specchio, nudo dopo la doccia, sente le gambe che cominciano a tremare, incerte… Lui non c’è: nello specchio non riesce più a vedersi! Guarda che brutti scherzi ti fa la tensione… Neanche la radio si accende stamattina ed il silenzio continua a regnare sovrano. Mai, come in questo momento, Riccardo ha avuto una percezione tanto nitida della sua solitudine. È bastato cominciare ad angosciarsi per la sparizione del Grigio e la sua tranquilla vita felicemente solitaria si sta trasformando in un orribile vuoto senza senso. Adesso chiama il figlio: potrebbe venire da lui in mattinata e far entrare il gatto, quando se ne tornerà. “Il numero da lei chiamato, non è al momento raggiungibile”. Ha gettato il telefono a terra, con violenza. Vorrebbe deglutire, ma sente solo la gola arida, secca. Riccardo, ritrovata la calma, ma non il completo agio nel proprio corpo, si veste ed esce per andare al lavoro. Chiude la porta a chiave e si gira: il giardino è ora completamente avvolto in una nebbia cotonosa e incredibilmente muta. Lascia cadere la borsa a terra e comincia a camminare nel prato. Si gira e la casa è come non fosse mai esistita: la nebbia l’ha inghiottita in pochi metri. Sente l’umidità bagnargli la barba mentre cammina senza sapere più dove si trova: sono scomparsi gli alberi, le aiuole, la siepe sul confine, sono scomparse anche le altre case ed i campi che circondano la sua proprietà. Allunga un braccio e non vede più la sua mano, abbassa lo sguardo e non vede neppure i piedi. La nebbia si stringe e si addensa, inghiottendo ogni rumore, ogni sensazione. Ora, a Riccardo, gira forte la testa e non sente più il contatto con il terreno: gli sembra di galleggiare in uno spazio infinito, che non può vedere. Avverte ancora il calore delle sue lacrime prima di cominciare a gridare “Grigio! Grigiooo!! Grigiooooo!!!”


insonnia

Dicembre 2020/Gennaio 2021

3

SCUOLA E 25 NOVEMBRE

Pensieri sulla scuola, la giornata contro la violenza sulle donne: esperienze positive per diventare cittadini coscienti segue dalla prima

crediamo (ancora!) nei significati e le risposte sulla scuola sono state dense di contenuti. Vi invitiamo a continuare; la scuola prosegue il virus finirà. Tutti coloro che ci hanno scritto non ci hanno parlato di materie scolastiche, di voti e di successi; hanno detto di esperienze umane, di ricordi, di amicizia, di rapporti con insegnanti, di delusioni, di conquiste, di amori. Tutti hanno voluto far intendere che la scuola è umanità, è crescita. Un filosofo che apprezzo, del quale vado a cercare gli scritti e sentire le magistrali lezioni dice che un insegnante nasce insegnante e se non lo è difficilmente potrà imparare ad esserlo. L’insegnante deve avere fascino prima che conoscenze da trasmettere ed è per questo che dei nostri insegnanti ci si ricorda la capacità di farsi amare ed è per questo che ricordiamo anche i valori che ci hanno trasmesso e che sono ancora parte di noi. Gli insegnanti che ci hanno fatto scoprire il mondo, che ci hanno sviluppato il desiderio della curiosità, gli amici che ci hanno fatto capire che non è solo la nostra famiglia che ci vuole bene li abbiamo scoperti stando insieme a scuola. Da parte mia, solo a tarda età ho capito che cosa è un MAESTRO quando ho scoperto che “un tale” mi aveva fatto crescere la voglia di essere come lui; e se ho imparato qualcosa è stato per la curiosità nata in me osservandone i comportamenti.

Nell’interno di questo numero di Insonnia abbiamo voluto accostare pagine vicine con esperienze vissute a scuola in questi periodi. La scoperta di valori che devono far parte della vita possono essere vissuti solo a scuola. Oggi, chi se non la scuola deve svolgere questa funzione? Certo le nozioni, le tecniche e le scienze non sono da trascurare, ma 1000 agenzie si raggiungono in ogni angolo, anche solo con il telefono che ci portiamo in tasca possiamo raggiungere qualunque informazione, ma se è necessario essere formati come uomini e donne abbiamo bisogno di maestri che ci facciano capire come ci sono fondamentali differenze tra l’apprezzare una persona e stuprarla. Ecco perché questa giornata contro la violenza sulle donne è stata volutamente accostata alla scuola. È da questa grande “agenzia” che può nascere la formazione di nuove donne e nuovi uomini del futuro, questo nuovo umanesimo che un mondo tecnologico fatto di numeri, sembra stia cancellando. Col nostro giornale in questa direzione saremo aperti sempre ad accogliere i vostri pensieri sulla scuola, anche i ricordi di chi nelle nostre vite ha contribuito alla nostra formazione, alle esperienze positive che ci hanno fatto diventare cittadini coscienti. Aspettiamo i vostri scritti, anche brevi.

25 NOVEMBRE 2020 Un macigno. La violenza cade come un macigno, il peso dell'ingiustizia non può essere sopportato, non ci si può mostrare indifferenti di fronte a certe situazioni a cui si deve porre termine. “Dovere” non è usata in modo fortuito o accessorio, ma la necessità con la quale si devono affrontare certe tematiche è il mezzo, la spada vincitrice. Questo è il concetto che più volte viene sottolineato nelle giornate mondiali istituite, non tanto per mettere in mostra tematiche, ma per convogliare quella attenzione che dovrebbe essere caratteristica di ogni singolo giorno, ogni singola ora e che si dimostra in ogni singolo segno o parola pronunciata, quella stessa attenzione che nel momento in cui viene ignorata o sottintesa, sfocia in violenza e ingiustizia. Si può dire che tutte queste giornate siano una modalità per evitare la caduta di questo grande masso, si tratta non tanto di una rete posta per raccoglierlo, per attutirne lo schianto, ma bensì di un rafforzamento in vista della mancanza di questo. Quest'ultima non deve avvenire, e ancora una volta il verbo non è adoperato a caso. L'unica maniera per consolidare il fondamento è intervenire alla radice del problema perché si sa, la super-

ficialità, l'apparenza, il ritardo hanno durata breve... Questo è il pensiero alla base del quale l'istituto superiore “Arimondi-Eula” di Racconigi ha deciso di trattare l'importante tematica della violenza contro le donne, in occasione del 25 novembre. A inasprire la riflessione sono gli stessi dati alla mano che dimostrano come, in questo particolare periodo, la problematica abbia subito un incremento notevole. In base alle statistiche ogni due giorni di lockdown è stata uccisa una donna. Vittime alle quali vanno aggiunti in alcuni casi minori anche gli uomini. Si tratta in ogni caso di una crescita di questo neo sociale dettato da una particolare situazione che ha costretto persone già coinvolte in difficili circostanze, a chiudersi in casa e affrontare, convivere, respirare con il proprio nemico... Questa tematica come ogni anno non poteva essere ignorata, il silenzio è partecipazione, e gli studenti hanno voluto, anche alla luce di questa considerazione, non lasciarsi fermare dalla situazione, dimostrando che la loro sensibilità è pronta a farsi valere anche a costo di parlarsi tramite uno schermo, di non vedersi direttamente uniti idealmente da un filo comune,

Il simbolo scelto dagli studenti è stato realizzato da un ragazzo della classe 1^ L, Eugenio Quaglia. Rappresenta due lenti d'ingrandimento per far luce su questo argomento, in una lente una scarpa con il tacco, simbolo di questa giornata, nell'altra una scarpa da ginnastica che rappresenta la quotidianità e per dare spazio a tutte quelle donne che non indossano tacchi. Infine un fiocco rosso che unisce le due lenti.

un filo che intendono porgere ai più piccoli, come tesoro e insegnamento. A questo proposito infatti, alla luce delle decisioni del comitato studentesco, si è deciso di attribuire la creazione di un piccolo logo ad uno studente della prima liceo. Si potrebbe pensare apparentemente a questo gesto come ad una formalità inutile, ma è proprio nella sua semplicità che si può leggere un significato superiore. La semplicità di inserire il logo nei propri social, nella propria immagine del profilo di “google suite”, dimostra come chi tenga alla tematica sia portato a effettuare questo piccolo sforzo, questo atto di identificazione con la consapevolezza e non con l'indifferenza. Ciò sta a descrivere una persona che comprendendo la particolarità delle circostanze dice “basta”. Si tratta di un segnale di allarme, di cambiamento, di identificazione con gruppi di persone non in silenzio che portano quell'attenzione, quasi a loro intrinseca, in primissimo piano, in maniera visibile a tutti. Lo stesso logo ideato da Eugenio Quaglia ne è la prova: “Ho voluto rappresentare due scarpe: un tacco e una scarpa da ginnastica che sono unite insieme da un nastro che si interseca”, queste sono le pa-

role dell'alunno che ha voluto legare tutte le personalità delle donne alla luce della loro comune femminilità, stato considerato ancora purtroppo oggigiorno di inferiorità e diseguaglianza. Per garantire l'unione con la cittadinanza nei riguardi del tema, inoltre, ogni studente ha provveduto a prendere parte all'iniziativa proposta dall'associazione “Mai più sole” appendendo un drappo di colore rosso al proprio balcone. Questa consuetudine ormai riprende quel gesto di speranza che aveva avvicinato gli italiani nei primi mesi della diffusione dell'epidemia e che ora viene volta ad un'altra tematica altrettanto importante, ricca della stessa positività. In aggiunta a quest'iniziativa si è deciso di procedere secondo linee indipendenti nelle varie classi, sviluppando considerazioni di vario genere (filosofico, storico...) intorno alla tematica, grazie a materiale fornito dagli alunni o lezioni impartite dai professori. Le rivoluzioni si fanno insieme, in tanti e gli studenti dell'“Arimondi-Eula” tengono a mostrare e rinnovare la propria presenza... Amela Kruja, classe 4^L, rappresentante d’Istituto


Dicembre 2020/Gennaio 2021

4 SCUOLA E 25 NOVEMBRE PARLATECI D

SCUOLA E 25 NOVEMBRE

insonnia

SE PENSO SCUOLA… Se penso scuola penso Maestro, scritto con la lettera maiuscola, perché è il mio maestro, colui che mi ha veramente accompagnata verso la crescita. Se penso scuola penso Curiosità perché, pur nella mie imperfezioni, ho scoperto molte cose alcune le ho capite, altre mi hanno solo attraversata, ma tutte hanno lasciato qualcosa dentro il mio cervello. Se penso scuola penso Relazioni, quelle con chi mi circondava e che tante volte mi facevano arrabbiare, ma altre volte mi facevano ridere di felicità e che hanno lasciato sensazioni legate all’imparare e al ricordare e forse anche a scegliere di non perderci tanto tempo perché non mi interes-

sava. Se penso scuola penso Comunità, quell’insieme di persone tutte importanti e nessuna indispensabile, perché se sei veramente attivo nella scuola, se sei uno studente che vuole scoprire, se sei un insegnante che si diverte a comunicare, se sei un dirigente che vuole costruire, se sei un operatore che dona il suo lavoro allora tutto prende vita da solo con un equilibrio quasi incredibile. Se penso scuola, oggi, penso DidatticaADistanza quella roba che mi impedisce di vedere negli occhi i miei alunni, ma nello stesso tempo mi permette di ascoltare le loro voci e sentire il silenzio di una classe virtuale… un silenzio che non mi piace.

Se penso scuola penso alla voglia di imparare, al desiderio di comunicare, al bisogno di stare vicini, tanto bisogno di stare vicini. Come posso ancora pensare scuo-

la? Ci serve stare vicini, collaborare guardandoci negli occhi, discutere e bisticciare sentendo le nostre voci. Se penso scuola penso VITA. Enrica Tesio, insegnante

La Giornata del 25 novembre

LE PAROLE NON SONO NEUTRE

Nella violenza di genere c’è anche un problema di linguaggio di Marilisa Rosso, volontaria di Mai + Sole

Quest’anno il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è stato celebrato non in presenza, viste le restrizioni dovute al COVID-19. Mentre sto scrivendo i casi di femminicidio riscontrati in Italia dall’inizio dell’anno sono 65. Sicuramente il lockdown ha inasprito i rapporti specialmente tra le coppie con problemi relazionali già esistenti prima della pandemia, ha acuito l’impatto sulla tenuta sociale e produttiva a livello mondiale soprattutto sulle fasce svantaggiate e deboli della popolazione e sulla condizione delle donne. Si è discusso sui motivi che portano un individuo a travalicare ogni limite di una civile convivenza e a compiere atti tanto efferati, quanto apparentemente inspiegabili. Chiunque possegga un briciolo di raziocinio si sarà chiesto quali possano essere le azioni atte a contrastare o almeno arginare tali episodi. Migliorare le procedure legislative (è del 19 luglio 2019 la legge nota come Codice Rosso), aumentare i fondi per aiutare le donne in difficoltà economica, aprire nuovi centri di ascolto e case rifugio, arginare la violenza con interventi educativi mirati nelle scuole, denunciare attraverso i mezzi di comunicazione, aprire dibattiti a tema, indignarsi e reagire a qualsiasi atto di violenza, non solo di genere. Cose giuste e sacrosante. Vorrei però soffermarmi su un termine che potrebbe risultare a prima vista meno importante di altri: PAROLA. Viene spontaneo pensare che la violenza fisica ed economica siano ben più gravi rispetto a quella verbale. Il lessico usato da molti uomini nei

confronti delle loro fidanzate, mogli, compagne è tremendo, penalizzante, offensivo, capace di indurre le destinatarie a ritenersi colpevoli, anziché vittime, perdere giorno dopo giorno la fiducia in loro stesse e arrendersi prima ancora di provare a reagire. Non sono le uniche parole che feriscono; anche i media, i talk show che puntano all’audience e non all’informazione non solo fanno male alle donne maltrattate, ma provocano soprattutto danni nella percezione del problema a tutti coloro che li seguono.

Le parole possono aiutare le donne a liberarsi da una gabbia, denunciando violenze e sopraffazioni, possono contribuire a cambiare azioni e atteggiamenti delle nuove generazioni, possono cambiare lo sguardo degli uomini sulle donne. Ma sbagliare il linguaggio può provocare danni gravissimi, contribuendo a rafforzare

pregiudizi e stereotipi e causando un dolore supplementare e inutile alle vittime. I media sono talvolta alla ricerca della notizia sensazionale. È la modalità con cui viene data la notizia che può alimentare nel lettore una visione stereotipata della violenza di genere. La descrizione della violenza sulle donne viene talvolta «farcita» da immagini che rimandano alla donna traditrice o di facili costumi. Si parla di «delitto passionale», «uomo geloso, deluso, depresso, drogato». Se è extracomunitario la vittima finisce anche per passare in secondo piano. Il ruolo dei giornalisti dovrebbe essere quello di impegnarsi a riconoscere, riflettere, rispettare le differenze, a partire da un uso corretto del linguaggio. Le parole non sono neutre. Nel raccontare il femminicidio non bisogna puntare sugli aspetti sensazionalistici, ricorrendo al paradigma follia, devianza, violenza. Il diritto di cronaca non può trasformarsi in un abuso. Ogni giornalista è tenuto al “rispetto della verità sostanziale dei fatti”. Non deve cadere in morbose descrizioni o indulgere in dettagli superflui, violando norme deontologiche e trasformando l’informazione in sensazionalismo. In particolare esistono espressioni e parole che un giornalista non dovrebbe utilizzare: • Raptus: nessun femminicidio avviene mai all’improvviso, è sempre l’esito di un’escalation di violenza che non è stata intercettata o fermata in tempo. • Follia: usare questa parola è un modo per regalare un alibi emotivo al carnefice e fa pensare che chi compie questi delitti sia una persona con di-

sturbi psichici. • Amore malato: questa espressione è un ossimoro, l’amore è il contrario della violenza, che non può mai essere descritta come l’esito di una passione amorosa. • Descrivere come era vestita la vittima: lascia passare l’idea che ci sia una giustificazione possibile per gli atti violenti, umiliando la donna e la sua libertà di scelta. • Descrivere in dettaglio le ferite subite: è un atteggiamento morboso e voyeuristico che provoca soltanto dolore nella vittima, senza aggiungere nulla a ciò che l’opinione pubblica può conoscere dei fatti. • Era un bravo ragazzo (un padre premuroso, un uomo buono): è come sminuire la versione dei fatti della vittima, come dubitare che sia possibile quanto è successo. • Se l’è cercata: significa colpevolizzare la donna e dare un perché a gesti che non possono essere in alcun modo giustificati. • Lei lo tradiva: è un dettaglio privato che crea un alibi che colpevolizza la donna. • Perché lei non lo ha lasciato? Andarsene per le donne non è mai semplice e i motivi possono andare dal ricatto economico, alla presenza dei figli, alla paura di essere giudicate dall’esterno. • Dare più spazio ai delitti che coinvolgono estranei o stranieri: distorce dalla realtà che vede come autori delle violenze, mariti, compagni, o familiari stretti di nazionalità italiana in oltre il 70% dei casi. Concludo con una frase di un uomo illustre che ci induca a riflettere. “Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche” . (Jean Paul Sartre)


insonnia

Dicembre 2020/Gennaio 2021

SCUOLA E 25 NOVEMBRE PARLATECI D

5

SCUOLA E 25 NOVEMBRE

La Giornata del 25 novembre

IL TOCCA A NOI PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE Il monologo di Paola Cortellesi portato in scena dalle ragazze dell’Associazione Tocca A Noi di Chiara Cosentino

“Girare il video è stato tutto sommato impegnativo, bello, ma anche difficile. Avevamo paura di non riuscire a trasmettere l’importanza del messaggio, di non riuscire a dare il giusto peso o il giusto tono alle parole. Abbiamo guardato il monologo della Cortellesi più e più volte per capire laddove metteva ironia e perché, ma soprattutto abbiamo provato ad immedesimarci. Ad immedesimarci e a pensare a tutte quelle volte in cui realmente ci siamo sentite dire ‘lascia stare, sono cose da maschi’ oppure ‘dovresti essere contenta se ti 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una giornata contro i maltrattamenti fisici, psicologici e verbali che molte donne nel mondo subiscono giorno dopo giorno, anno dopo anno. Forme di violenza che si mostrano sotto diversi aspetti e che si fanno largo nella nostra quotidianità in modo subdolo, a piccole dosi e che minano l’autonomia, la personalità e l’autostima delle donne che le subiscono. Tante volte sono difficili da individuare perché si trovano laddove meno ce lo aspettiamo e sembrano impossibili al pensie-

ro, eppure ci sono. A pochi passi da noi. Si nascondono, si camuffano e si nutrono attraverso gli stereotipi, attraverso non solo i gesti ma anche, e soprattutto, attraverso le parole. Per questo motivo, in quanto Associazione Culturale Giovanile Tocca A Noi, abbiamo deciso di farci portavoce di questo importante e sottovaluto tema, portando in scena il monologo di Paola Cortellesi, presentato in occasione dell’apertura della 62° edizione dei Premi David di Donatello e che ci mette davanti alle discriminazioni di genere, facendo capire a tutti quanto sia difficile essere donna ai giorni no-

guardano’. Pensando poi a come ci siamo sentite in quel momento e riflettendo che è proprio vero che spesso anche le parole sono violenza”. “È stato emozionante partecipare al video, principalmente per l’importanza del messaggio che volevamo trasmettere. Nonostante sapessimo che non saremmo mai state brave quanto l’autrice del monologo, credo che la nostra testimonianza possa avere effetti nel nostro piccolo, proprio perché siamo persone non diverse dalle altre.” stri e di come veniamo continuamente bersagliare e trattate come delle poco di buono. Anche l’indifferenza è una forma di violenza che può portare all’esaurimento della vittima e, per questo, abbiamo creduto fosse importante proporre questa iniziativa indipendente, mettendo in campo tutte le nostre conoscenze, cercando, nel nostro piccolo, di fare la differenza. Dall’inizio dell’anno a oggi, in Italia, sono 65 le donne che sono state uccise. 65 donne che sono state uccise in quanto donne. 8 sono stati i femminicidi del mese di novembre e 4 sono le

donne che hanno perso la vita nell’ultima settimana. Troppo spesso si parla di parità di genere ma, purtroppo, siamo e saremo sempre ben lontani dall’ottenerla, finché ci sarà chi le donne le picchia, le stupra, le insulta e le sottovaluta. Come detto prima, la violenza sulle donne ha migliaia di forme, sfaccettature e a tante di queste abbiamo ormai fatto l’abitudine, tanto che nemmeno ce ne accorgiamo più. Eppure ci sono e vanno combattute, sempre. Nessuna donna dovrebbe mai essere lasciata ad affrontare tutto questo da sola.

LA SCUOLA SUPERIORE Il 25 novembre, la giornata CELEBRA IL 25 NOVEMBRE contro la violenza sulle donne Una pandemia globale è un’esperienza inconsueta e complessa da affrontare, vediamo la nostra salute messa a repentaglio da un virus sostanzialmente sconosciuto che ci ha obbligati a correre ai ripari nelle nostre case, unico luogo sicuro in questi mesi di contagio. Ma davvero per tutti l’ambiente di casa è un posto sicuro? Mentre nelle nostre famiglie il lockdown è stato un motivo di riavvicinamento e un’occasione per godere della compagnia dei nostri cari, molte donne si sono viste costrette a trascorrere le proprie giornate con compagni violenti. Il 25 novembre di ogni anno dal 1981 ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne che, come ogni anno, l’Istituto Arimondi-Eula ha deciso di celebrare nonostante le lezioni siano svolte a distanza. Le proposte degli studenti sono state chiare, la scuola non avrebbe potuto ignorare una ricorrenza tanto importante e significativa. Le idee sono state diverse ed uniscono tecniche divulgative tradizionali e digitali: ovviamente si sono svolti approfondimenti sul tema nelle classi, poi tutti sono stati invitati ad aderire alla proposta dell’Associazione Mai+Sole, che tante volte è venuta a scuola e ci ha aiutato a riflettere su queste tematiche. Per questo a ogni alunno, a ogni insegnate e a ogni membro del personale è stato richiesto di esporre alla finestra della

propria casa un drappo rosso, colore simbolo della celebrazione. Infine tutti hanno messo come foto dei profili social un logo progettato e disegnato dagli stessi studenti. L’intento delle attività proposte dai ragazzi non è stato solamente di celebrare la giornata, ma anche di sensibilizzare e informare quante più persone su questo argomento tanto significativo e tanto attuale. Perché bisogna insegnare che anche le donne hanno il diritto di difendersi ed essere difese dalla violenza. Sofia Milla, Arimondi–Eula Racconigi, classe 4^L

Per me è immorale fare del male ad una ragazza, quindi mi stupisce che si debba ricordare alle persone che usare la violenza su una donna sia una cosa sbagliata, la giornata del 25 novembre non dovrebbe nemmeno esistere. Il 25 novembre tutti noi ragazzi ci siamo collegati per la didattica a distanza con il logo dell’Arimondi-Eula che rappresentava le scarpe rosse, il rosso che rappresenta il sangue versato dalle donne che hanno subito violenza e sono state uccise dagli uomini, se si possono chiamare uomini. Noi ragazzi abbiamo fatto questo gesto per rispetto. Per me toccare una ragazza e farle del male è una cosa orrenda. Tutti gli uomini dovrebbero avere amore per le donne.

Prima di tutto perché tutti hanno una madre, una nonna o una sorella e poi perché se abusi della tua forza contro una persona che non può difendersi dimostri di essere codardo. Mentre stavo scrivendo questo testo, ho cercato su internet un sinonimo di “donna”, e mi è apparso “domestica”, questo dimostra come ancora oggi l’uomo guardi con aria di superiorità il sesso opposto. Bisogna rispettare la donna in quanto persona, perché siamo tutti uguali e tutti dobbiamo rispettarci l’un l’altro. Queste violenze dimostrano che questo mondo è pieno di rabbia, abbiamo bisogno tutti di più pace. Gabriele Bertone, Arimondi-Eula classe 3^A


Dicembre 2020/Gennaio 2021

6 SCUOLA E 25 NOVEMBRE PARLATECI D

insonnia

SCUOLA E 25 NOVEMBRE

RIFLESSIONI SUL TEMA DELLA VIOLENZA SULLE DONNE Il 25 novembre ricorre la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, istituita dall’ONU nel 1999, in ricordo della brutale uccisione delle sorelle Mirabel (25/11/1960) sotto la dittatura nella Repubblica Dominicana. In tale ricorrenza anche la classe 2^ Liceo Scientifico dell’Istituto Superiore “Arimondi Eula”’ di Racconigi, ha voluto contribuire con un progetto commemorativo. Gli alunni hanno voluto approfondire l’argomento, discutendo e confrontandosi su di esso, prendendo spunto da fatti realmente accaduti, come la violenza sia fisica che psicologica perpetrata nei campi di concentramento nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e la drammatica storia della giovane donna Valentina Pitzalis, la quale sopravvisse alle ustioni causate dall’ex marito. Inoltre si è riflettuto sui testi di alcune canzoni che trattano il tema

della violenza contro le donne, quali “Vestita di lividi” di Jonny Scandal, “Bella così” di Shade e Federica Carta, “La ragazza con il cuore di latta” di Irama, “Donna”’ e “Minuetto” di Mia Martini. In particolare quest’ultima artista nelle canzoni citate, con parole profonde e significative, esprime la sofferenza che può determinare in una donna un legame solo apparentemente amoroso, ma basato invece su soprusi e prevaricazioni di uomini insensibili e possessivi. Gli studenti della 2^L hanno anche fatto riferimento ad alcuni libri: “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Elena Favilli e Francesco Cavallo e “Troppo piccola per dire sì” di Gigliola Alvisi. Nello specifico quest’ultimo libro sensibilizza i lettori a proposito di un terribile avvenimento: le spose bambine. La storia è incentrata sulla madre della protagonista, la quale all’età di tredici anni venne obbligata a sposare un uomo più

grande di lei e durante la prima notte di nozze venne violentata, rimanendo incinta. Il progetto è stato esposto dagli allievi durante alcune ore di lezione nella giornata di mercoledì 25 novembre 2020. Esso ha costituito un’importante occasione di riflessione, e quindi di crescita personale, su un fenomeno che è molto complesso perché riguarda una cultura diffusa e permea molte relazioni anche in ambito familiare e lavorativo. La violenza contro le donne può assumere aspetti diversi: fisica, psicologica, verbale, soprusi vari (es. controlli opprimenti, restrizioni della libertà, limitazioni di accesso alle risorse economiche) ed è sempre preordinata a porre la donna in una condizione di inferiorità, subordinazione e mancanza di autonomia. La violenza contro le donne costituisce una grave violazione dei diritti umani, perciò è’ importante che si acquisisca con-

sapevolezza di questo fenomeno, a partire da chi subisce violenza e da chi la esercita. A tale scopo è essenziale una grande opera di sensibilizzazione, nell’ambito della quale si inserisce anche il progetto della Classe 2^L. In conclusione, per evidenziare quanto sia importante permeare ogni relazioni sul rispetto dell’altro, ci sembra suggestivo citare il pensiero espresso sull’argomento dalla Cortellesi: “bisogna iniziare dalle parole, perché le parole generano pensieri ed i pensieri generano comportamenti”. Francesca Aimar e Agostina Caruso, Arimondi Eula - classe 2^L

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA

Email:

info@maipiusole.it

Tel.:

+39 335 1701008 +39 331 6893698 +39 331 6893684

La scuola ai tempi del Covid-19 Io sono un ragazzo torinese e frequento la seconda media alla scuola Marconi di Torino, causa la pandemia di Covid-19 le mie lezioni si stanno svolgendo in D.A.D*. Durante la D.A.D. l’uso della tecnologia è stato sicuramente favorito e noi studenti abbiamo familiarizzato con i principali programmi di un computer,

uno su tutti word, ma anche power point; operazioni che prima sembravano molto complicate sono diventate ormai consuete per me. Seguire le lezioni a distanza è difficile perché e a casa si può perdere la concentrazione in mille modi; alcuni professori utilizzano un metodo che favorisce principalmente lo stu-

dio in autonomia con lezioni in modalità asincrona, secondo me molto efficace. La differenza tra la D.A.D. e la scuola in presenza è netta: stare faccia a faccia con i professori che parlano è fondamentale per comprendere al massimo le lezioni, anche i compagni a scuola sono fondamentali perché per me la scuola non è solo

studio, ma è anche un luogo di socializzazione in cui si impara insieme collaborando. Gabriele Baumgartner, studente *D.A.D.= Didattica A Distanza


insonnia

Dicembre 2020/Gennaio 2021

SECONDA STELLA A DESTRA, QUESTO È IL CAMMINO…

7

Una proposta di viaggio per giovani… e non, costretti al lockdown di Grazia Liprandi

Oggi scrivo a voi, giovani, costretti da questa pandemia a studiare da casa, a limitare gli spostamenti, i concerti, le serate, i sogni e i viaggi. In questo tempo tutto pare impossibile e sospeso. Stare in attesa non piace a nessuno, figuriamoci a voi che fino a un anno fa correvate a perdifiato tra progetti e novità, feste e rumore, folla e shopping, scoperte e sogni. E immaginavate il meglio, l’andare oltre, il possibile... Improvvisamente stop. Si ferma tutto. “Non è giusto” - dicono alcuni; altri sono incazzati neri; c’è chi è depresso, qualcuno è rassegnato o confuso. Mi dispiace vedervi così. Avete vent’anni o poco più… vi prego, non fermatevi smarriti di fronte a quello che accade, non stagnate in questa triste energia che avvolge molta parte dell’umanità; c’è sempre qualcosa di interessante dietro agli eventi, soltanto che non è possibile scoprirlo guardandolo dall’interno. Bisogna andare oltre, sollevarsi, viaggiare... Ma se non si può??? C’è un viaggio che potete fare comunque, uno dei più belli che si possano vivere. Proverò a condurvi, sebbene non pensi d’essere una guida, anzi, ne troverete di esperte ed eccellenti, molto più di me. Dovete sapere che c’è un mondo bellissimo che pochi di voi hanno visitato. Non ci sono brochure che ne illustrino i panorami, eppure vi garantisco che sono i più incantevoli che abbia mai visto. Ciò che colpisce in questo viaggio è la luce dorata e meravigliosa, più bella ancora dei cieli della Norvegia nei giorni assolati di luglio quando il tramonto dura ore e ore e non finisce mai. Una luce particolare che avvolge ogni cosa, che fa trattenere il fiato per la pienezza che dona. Avete presente i tramonti sul mare? Quando vi siete attardati a bere e cantare in cerchio e avete acceso un fuoco… ecco, quella luce lì! Se chiudete un attimo gli occhi la vedete: è arancione e intensa, calda come una fiamma che si accende dietro agli occhi. Stare a guardare il fuoco, che meraviglia! Potreste fermarvi ore… dietro agli occhi il ricordo lo riaccende. Siete qui e, mentre lo osservate, sentite la brezza, l’aria fresca che entra dalle narici e lo alimenta, l’aria tiepida che esce, e poi rientra e ancora esce, come le onde del mare che vanno e vengono nel loro sciabordio. Le sentite? Con gli occhi chiusi si ascolta meglio; lasciate per un attimo che la musica del mare vi riempia, quel mare che amate, che non si ferma mai, anche ora, in questo istante, l’acqua che spuma e sciaborda, poi la risacca, spuma e sciaborda, poi la risacca… e siete qui, con le orecchie nel mare, seduti sulla sabbia davanti al fuoco. E respirate la brezza salmastra che entra nelle narici, l’aria tiepida che esce, e poi rientra, ti

riempie, ti gonfia e ritorna da dove è venuta. E diventi onda anche tu, nell’andare e venire del respiro e sei mare… acqua e vento, luce e fuoco… E cullato dal soffio vitale, ti ritrovi a percepire la terra che sostiene il tuo corpo, la Madre di tutti i nostri passi, solida e forte, capace di tenere il tuo peso affinché non affondi; colei che ti porta, ti regge, ti solleva. La Madre… terra e radici, verde e deserto, laghi e montagne… hai visto tutto e tutto è dentro. Lo vedi? Resta qui e respira, nel buio dietro ai tuoi occhi fai sorgere quella roccia che forse hai scalato e ora è dentro di te. Ad ogni respiro lento e profondo, un passo, una presa; le tue ossa forti reggono, i tuoi muscoli saldi come una montagna, puoi sollevarti e ti innalzi, sei quasi in vetta, un passo e un respiro…profondo e lento, ed ecco la meta, rialza le spalle e la testa, rialzati e guarda che meraviglia! Saldo come un monte, la brezza che entra e che esce da te. Respiri la roccia sedimentata da secoli, sei tu il monte, la terra, la vetta e lo sguardo sicuro che osserva dall’alto la vita che vortica nella sua natura, straordinaria e tremenda, piena e vuota, complessa e semplice, impermanenza di ogni respiro che nasce e che muore e rinasce e… tu stabile e sereno resti immobile nella tua solidità attraversata da luce e acqua, vento e fuoco… come la roccia di questo monte anche tu hai già visto e sperimentato così tante emozioni, così tante vibrazioni e ora, in questo viaggio senza bagaglio senti di non avere bisogno di nulla di più di ciò che ha già. In cima a questa vetta volano le aquile mentre il cielo si colora d’arancione. E guardi sorgere piano piano, piccola come una fiammella che sorge al fondo del cuore… la gioia! Sei qui. In nessun altro posto. Tutto è perfetto e grande. La pienezza inizia a salire dal cuore al petto e poi più su, ad ogni re-

spiro si solleva, invade la gola e si diffonde fino a diventare sorriso. Ora l’animo è gonfio di gratitudine. Ecco chi sei! La bellezza ti invade. Tutto è luce, brezza, onda, terra, fuoco…Guardati! Non c’è più nulla che possa crearti dolore, tutto accade adesso semplicemente. La vita ti sostiene, ti attraversa, ti alimenta, sei collegato a tutto, sei l’essenza di ogni cosa che vive… l’universo in te e tu nell’universo. Pienezza, armonia, forza, calma, magnificenza. Il viaggio sei tu, la tua essenza abita qui, dentro di te. Non dimenticarlo mai. Prima di questo viaggio avevi già attraversato molti Paesi e visto molto, sempre fuori. E dentro invece? C’eri già stato? Chiudi gli occhi e segui il respiro… il viaggio comincia da qui. Torna dentro ogni volta che sentirai nostalgia per qualcosa, quando non sarai soddisfatto o penserai che non vale la pena: ricordati di questa escursione dentro di te. Fermati, ascolta il respiro che ti muove, calmati e cercati. E ritrova la strada, i panorami, gli elementi, l’incanto. La maggior parte di noi passa il tempo fuori, guardando qua e là il mondo che scorre; le immagini vorticose generano un turbinio di emozioni e confondono: il sentire del nostro cuore viene travolto dal frastuono esterno e il nostro agire perde la direzione del cuore. Questo crea tanta insoddisfazione e un grande dolore! Ma se trovi la traccia gps che porta dentro, in un istante la tua percezione cambia. “Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino. Poi la strada la trovi da te, porta all’isola che non c’è”. Il grande Bennato suggeriva già molti anni fa che vale sempre la pena di… tornare a casa.


Dicembre 2020/Gennaio 2021

8

insonnia

a cura di Guido Piovano

SPEZZARE LE CATENE

ESODO OGGI

di Lidia Maggi, pastora battista itinerante

La lettura continua del libro dell'Esodo ci ha accompagnato in un lungo viaggio, giunto ora alla conclusione. Leggere un libro è sempre un mettersi in viaggio; ma qui il viaggio è duplice poiché il racconto stesso è l’epopea di una liberazione che, attraverso un’uscita e un cammino nel deserto, introduce ad una

tanti migranti in fuga da terre senza futuro. Dall'Africa, all'America latina, dall’Irlanda all'Australia, l'esodo si è imposto come paradigma in grado di dare voce a chi non ha voce, capace di trasformare un grido in un progetto. Popoli oppressi si sono identificati con quel gruppo di schiavi in fuga verso la libertà; L’E-

nuova terra. E il libro dell’Esodo, con il suo finale aperto, che non narra la conclusione del percorso, apre una terza dimensione: insieme alla trama del racconto, il viaggio intende proseguire oltre i limiti del testo e prendere corpo nel vissuto di chi legge. Giunti al termine dell'opera, ci voltiamo indietro per guardare la strada percorsa. Prendiamo congedo dal mondo del testo per ritornare nel nostro, trasformati da quanto vissuto nel racconto. Generazioni di persone hanno trovato direzione e speranza leggendo questo libro. Il suo racconto è risuonato come parola clandestina nelle piantagioni di cotone, tra gli schiavi d’America. È diventato il canto che ha accompagnato le funzioni liturgiche delle chiese afroamericane, nel buio della segregazione. La memoria dell`Esodo e le sue melodie sono state evocate nei treni che deportavano gli Ebrei nei campi di stermino. Oggi risuona ancora nei viaggi di speranza dei

sodo è un racconto che mette sottosopra il mondo: spezza le catene e apre ad un futuro differente. Non sono i disperati ad affogare nelle acque del male, ma i potenti con i loro strumenti di guerra. Il suo canto dice agli oppressi che possono cam-

biare la loro situazione, che lo status quo non è un destino: è l'ordine dei potenti e il disordine degli ultimi. L’Esodo è una storia raccontata dal punto di vista dei perdenti della storia, sfruttati e trasformati in merce nei sistemi economici del profitto. Vi udiamo la voce degli scarti di un’economia ingiusta. L’Esodo costringe a guardare il mondo a testa in giù e narra di un Dio che non abita i palazzi, ma cammina alla testa di quanti si lasciano afferrare dal sogno di un altro mondo possibile. E tuttavia, il libro dell’Esodo non narra di un ribaltamento delle sorti dal sapore utopico. La liberazione è un processo complesso; il cammino è tutt'altro che lineare. Si passa dall'entusiasmo alla disperazione, dalla fiducia al cinismo, dalla fedeltà al tradimento. L’Esodo non offre una narrazione stereotipata, un giudizio sommario. La caratterizzazione dei personaggi non si avvale di tratti unici ma fa i conti con i cambiamenti, i ripensamenti che avvengono nell'arco di una vita. E così, i buoni diventano arroganti e incapaci di gratitudine. Una scelta narrativa che bandisce la semplificazione e non banalizza i processi di crescita: in questo modo l'Esodo si presenta come uno specchio credibile nel quale ognuno possa riconoscersi. La liberazione è sì raccontata con il linguaggio dell'epopea: il mare che si divide, l'esercito nemico inghiottito dalle acque; ma subito dopo, nel lungo cammino del deserto, i liberati affrontano la vera sfida: dover apprendere la grammatica

della libertà. Per farlo devono saper ascoltare nuove narrazioni di senso, vivendo un lungo percorso educativo. Devono apprendere quell’arte dell’ascolto, che il racconto presenta come chiave di volta, fin dall’inizio, quando è Dio ad ascoltare il grido disperato degli schiavi. Arrivati alla conclusione del racconto, ritorniamo alla nostra realtà. Non siamo noi gli oppressi e questa storia potrebbe non riguardarci o pure, nonostante le nostre vite stanziali, anche noi intuiamo di essere nomadi fuggiaschi, bisognosi di uscire dalle nostre schiavitù, a partire dalla paura del domani che ci chiude al futuro e ci paralizza. Le acque della disperazione, che sbarrano il cammino, sono solo pozzanghere; eppure, proprio in quelle acque ci impantaniamo: nella palude del non senso l'acqua ci arriva alla gola. No, non siamo schiavi in pericolo di vita, ma schiavi di una vita mediocre, incerta, insoddisfacente. E dunque anche noi abbiamo bisogno di una parola di salvezza, che qualcuno ascolti il nostro lamento e ci solleciti ad uscire. Abbiamo bisogno di un progetto, di una visione, per metterci in cammino. Ma come farlo se intorno a noi c'è solo il deserto? Il popolo dell’esodo fa memoria della liberazione celebrando la pasqua. Nel deserto, prima ancora di giungere nella terra promessa. Con la pasqua si celebra il Dio liberatore e la propria liberazione, anche quando la prospettiva di una terra da possedere è lontana e la strada per giungervi non è ancora tracciata. Nella precarietà il popolo ricorda la promessa della liberazione e ritrova la sua dignità. Nel deserto dei nostri giorni, lontani dalla visione di un futuro radioso, inseriti nella trama del racconto esodico, ritroviamo un altro sguardo, che osa fare memoria di un futuro differente. E lo fa senza fuggire quel deserto in cui si vive di manna, di piccoli gesti quotidiani: una tavola ben apparecchiata, anche quando il cibo scarseggia e il pane è quello di ieri. Mangiatelo in questa maniera: con i vostri fianchi cinti, con i vostri calzari ai piedi e con il bastone in mano; e mangiatelo in fretta: è la Pasqua del SIGNORE (Esodo 12,11). da Rocca, 15 ottobre 2020


insonnia

Dicembre 2020/Gennaio 2021

BEATA INGENUITÀ È POSSIBILE UNA in offerta speciale sino al EUTANASIA CRISTIANA? Indulgenze 30 novembre 2020 Dall’intervento di don Franco Barbero all’Incontro/conferenza “Chiesa italiana in declino: davvero? Che fare?” di Noi siamo chiesa, 21 novembre 2020 “Io sono grato al libro di Kung “Morire felici?”*: la vita è un dono, la vita è una responsabilità, anche la morte in certe situazioni, lo è. Non ho apprezzato l'ultimo lunghissimo documento della congregazione romana, proprio no. Ho letto quelle 39 pagine con dolore. Cose molto belle in alcuni punti, ma poi definire complici di assassinio coloro i quali accompagnano una vita che è solo più biologica a riconsegnarsi in mano a Dio! Da parte mia, il giorno in cui fossi soltanto più una biologia chiederei a chi mi vuole bene, a chi ha conosciuto la mia fede, di aiutarmi a morire. Certo, questa è l’eutanasia buona: Dio mi ha dato un dono, ma voglio che la mia vita resti umana! Vedo le case cosiddette di riposo e sono invece delle case di abbandono. No, io vorrei con le persone che mi amano, a partire da mia moglie, a partire dalla mia comunità, poter dire “Dio mi hai dato una vita, mi raccomando, era una vita umana, è stata umana, te la do”. Questo libro di Kung lo condivido in pieno. Notate, io sono stato vicino alla morte una volta: ero giovane, avevo 21 anni, ho ricevuto l’unzione degli infermi, sono stato a letto 19 mesi prima e

4 dopo, e ho pregato. Ero giovane, morire da giovane è più semplice, non hai ancora gli attaccamenti della vita, ma in quei primi 19 mesi di assoluto silenzio perché i miei polmoni si erano completamente rotti per una vita infantile di povertà, di miseria, ebbene in quei giorni ho ringraziato altroché per il dono della vita, l’ho sentita tutta da vivere. Ma vedere ciò che vedi quando tu pastoralmente vai in un ospedale oppure in certe case …non è più vita… allora io direi alla mia chiesa “siamo prudenti, non diciamo che sono assassini, complici di morte, non usiamo queste parole, non usiamo queste parole”. Io conosco Welby, conosco queste persone, sono stato a molti dei loro convegni…, siamo prudenti, lasciamo questa libertà e io la proclamo solennemente per me, come la vedo nella mia comunità nella quale tante volte abbiamo parlato: finché la vita è umana è bella, poi ognuno può essere libero di accogliere anche infinite sofferenze, ci mancherebbe, ci mancherebbe, che Dio mi guardi bene dal dare un giudizio! ma mettere fuori dal percorso cristiano e umano le persone che ‘accompagnano’ su esplicita richiesta e in una condizione che è ben visibile essere disumana, mi pare un atto di violenza verbale e anche comportamentale della nostra chiesa”. * Hans Kung “Morire felici?. Lasciare la vita senza paura”, pag. 157, 2015, Rizzoli

Hans Küng

“Morire felici?” 2015, pp. 157, € 16,00 Rizzoli editore

9

di Augusto Cavadi, filosofo e saggista dirige a Palermo la “Casa dell’equità e della bellezza”

In un momento di sconforto per la seconda ondata di pandemia mi ha raggiunto, timido raggio di sole nella nebbia dell’anima, la notizia (riportata anche sull'Osservatore Romano del 23 ottobre 2020) che la Penitenzieria apostolica (una specie di Ministero della Giustizia della Chiesa cattolica) estende a tutto il mese di novembre 2020 la possibilità di applicare ai defunti l'indulgenza plenaria (dunque non il perdono dei peccati mortali e veniali, che dipende dal pentimento del soggetto in questione, ma la cancellazione di tutte le pene che lo stesso soggetto, prima di entrare in paradiso, dovrebbe scontare in purgatorio per riparare i peccati commessi in vita). Il cardinale Mauro Piacenza e il “reggente” monsignor Christophorus Nykiel rassicurano, nella forma ufficiale e solenne del “Decreto”, «su speciale mandato di Sua Santità Papa Francesco», che – anche per esaudire «non poche suppliche di Sacri Pastori» pervenute negli ultimi tempi – «l’Indulgenza plenaria per quanti visitino un cimitero e preghino per i defunti anche soltanto mentalmente, stabilita di norma solo nei singoli giorni dal 1° all’8 novembre, può essere trasferita ad altri giorni dello stesso mese fino al suo termine. Tali giorni, liberamente scelti dai singoli fedeli, potranno anche essere tra loro disgiunti». Anzi, «gli anziani, i malati e tutti coloro che per gravi motivi non possono uscire di casa, ad esempio a causa di restrizioni imposte dall’autorità competente per il tempo di pandemia, onde evitare che numerosi fedeli si affollino nei luoghi sacri, potranno conseguire l’Indulgenza plenaria purché, unendosi spiritualmente a tutti gli altri fedeli, distaccati completamente dal peccato e con l’intenzione di ottemperare appena possibile alle tre consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), davanti a un’immagine di Gesù o della Beata Vergine Maria, recitino pie orazioni per i defunti, ad esempio le Lodi e i Vespri dell’Ufficio dei Defunti,

il Rosario Mariano, la Coroncina della Divina Misericordia, altre preghiere per i defunti più care ai fedeli, o si intrattengano nella lettura meditata di uno dei brani evangelici proposti dalla liturgia dei defunti, o compiano un’opera di misericordia offrendo a Dio i dolori e i disagi della propria vita». […] Come non ringraziare per tanta generosità cardinali e monsignori dell'organismo ecclesiale? Ma come non esprimere un senso di tenerezza per tanta ingenuità? Teologi e filosofi ci arrabattiamo per capire se, oltre all'universo fisico, si può parlare di una dimensione divina; se questa dimensione divina abbia tratti personali o sia totalmente anonima; se l'ipotesi di una qualche divinità buona e potente possa conciliarsi con la marea di sofferenza di uomini e altri viventi; se dopo la morte di una persona se ne possa ammettere una qualche forma di sopravvivenza... e questi beatissimi padri, in compunta e convinta serietà (?), discettano su come possono mantenere in purgatorio o liberare le anime dei nostri fratelli defunti. Posso dirlo con sincerità? Provo santa invidia per questi credenti che hanno tutto chiaro come davanti a uno schermo, dalle figure più imponenti ai dettagli più trascurabili! Da Lutero a Küng, a Drewermann, a Luigi Lombardi Vallauri, a Ortensio da Spinetoli... per loro non è successo nulla. Siamo appena usciti dal Medioevo e dobbiamo solo evitare qualche piccola esagerazione (tipo rogo di Giordano Bruno o processo alle donne sospette di stregoneria): per il resto, tutto ok. […] Queste sì che sono buone notizie in tempo di Covid-19!


Dicembre 2020/Gennaio 2021

10

insonnia

QUALITÀ DELL’ARIA: FACCIAMO IL PUNTO di Matteo Bo, Circolo Legambiente “Il Platano” APS

Per ultima, l’esposizione è la quantità che viene assunta dalle persone ovvero una dose che varia da persona a persona a seconda di età, sesso, abitudini e altre caratteristiche ambientali e personali. Solitamente esiste una relazione diretta tra emissione e concentrazione. Per cui, in linea generale, riducendo la prima sia riduce anche la seconda e di conseguenza l’esposizione e i relativi danni sulla salute delle persone. Tuttavia, alti valori di inquinamento possono essere anche determinati dalle trasformazioni chimiche in atmosfera e i fenomeni meteorologici possono abbattere o incrementare le concentrazioni. Ad esempio, la stabilità atmosferica può produrre un forte accumulo di inquinanti - come avvenuto a Londra durante il Grande Smog del 1952 o cronicamente nelle regioni del Nord Italia solitamente in inverno - mentre il vento può dare un effetto di pulizia oppure favorire il trasporto di inquinanti su larga scala da/verso altri siti (traporto Padano sui Balcani, polveri sahariane nel Centro-Sud). Come citato nel report Mal’Aria 2020 di Legambiente, solo il 15% delle circa 100 città analizzate ha raggiunto un sufficiente livello di qualità dell’aria a tutela della salute delle persone. Queste osservazioni, basate sui valori medi delle reti di monitoraggio, possono risultare anche peggiorative

se si considera che gli inquinanti hanno una forte variabilità nello spazio (gli ossidi d’azoto possono essere molto elevati in prossimità del traffico e minori in zone più “riparate” dall’emissione diretta) e nel tempo (sia nell’arco delle 24 ore sia tra i giorni della settimana e tra le stagioni). Non si può dire dunque che la qualità dell’aria abbia raggiunto livelli sufficienti. In paesi quali l’Italia si sono osservate riduzioni di ossidi di zolfo, polverosità totale e monossido di carbonio negli ultimi anni grazie ad alcuni interventi sui carburanti e sui sistemi di combustione e fattori quali la crisi industriale. Viceversa, l’ozono - che rappresenta uno strato protettivo agli strati alti dell’atmosfera dalle radiazioni UV (v. buco dell’ozono) ma è tossico per l’uomo - è un inquinante estivo con un impatto che pare sempre più significativo favorito dall’emergenza climatica in atto. Capitolo a parte per il particolato che si suddivide in quello che viene emesso direttamente (primario) e quello che deriva dalle trasformazioni dei gas in atmosfera (secondario). Mentre le stufe a legna, gli impianti a biomassa e gli abbruciamenti possono produrre emissioni anche significative di PM primario, le emissioni di gas da traffico, rete di riscaldamento, industrie e agricoltura/allevamenti possono determinare elevate concentrazio-

Determinazione dell’intensità media dei fenomeni di inquinamento da NO2 tra aprile 2018 e marzo 2019 del programma Copernicus Sentinel-5P (ESA, 2019)

ni di PM secondario. Studi quali il progetto Europeo PREPAIR stanno approfondendo le relazioni tra questi fenomeni diretti e indiretti ed è sbagliato ad oggi imputare le cause della scarsa qualità dell’aria delle nostre zone esclusivamente ai riscaldamenti a biomassa piuttosto che al traffico a seconda dell’interesse o della percezione del momento. Bisogna agire su ogni fattore. La recente DGR del Piemonte che permette la deroga ai blocchi degli abbruciamenti, per la quale Legambiente il Platano (come altri circoli) ha inviato una lettera ai sindaci di Carmagnola, Racconigi e altri comuni della zona, rappresenta in questo senso un errore. Le già non sufficienti misure di riduzione dell’inquinamento, ne-

cessitano di essere protette ed incrementate anziché derogate. Numerosi sono i temi trattati in questo breve articolo. Per il lettore che volesse approfondire la numerosa documentazione - ricerche scientifiche, monografie (quali la 109 della IARC) e report annuali dell’OMS e delle associazioni ambientaliste internazionali e nazionali - oltre ad iniziative di Citizen Science quali la campagna CHEARIATIRA promossa dal comitato di cittadini Torino Respira alla quale il nostro circolo aderisce e collabora. Per dubbi o chiarimenti potete contattarci via mail a ilplatano. legambiente@gmail.com

I SERVIZI nel periodo del COVID-19 a cura dell’Associazione AMA- Punto Alzheimer di Carmagnola

Nello scorso mese di settembre il nostro Punto Alzheimer aveva ripreso in presenza le attività della palestra cognitiva, sospese con il precedente lookdown, ed inoltre attivato un gruppo di prevenzione per il mantenimento della memoria. Purtroppo, come a tutti noto, con l’aggravarsi della situazione di contagio COVID 19, siamo stati costretti, dalla fine di ottobre, alla sospensione di entrambe le attività, oltre che del caffè Alzheimer. Per quanto concerne la palestra cognitiva però gli incontri con la psicoterapeuta proseguono mediante videochiamate, al fine di continuare a dare un supporto, ancorché ridotto, alle persone più in difficoltà, mentre il gruppo di prevenzione sarà riattivato appena le norme lo consentiranno. In questo momento inoltre

non è possibile avviare il gruppo di sostegno psicologico ai familiari: in attesa del suo futuro avvio le iscrizioni sono tutt’ora aperte. L’Associazione, ben consapevole del disagio che stanno affrontando le famiglie, è comunque reperibile telefonicamente per eventuali informazioni che possano essere utili (tel.re al n. 392.2914471: sarete richiamati). Quest’anno il Natale sarà forse più austero, ma non lasciamo venire meno il suo significato più profondo. Auguriamo a tutti di poter superare in salute questo periodo e di poterci ritrovare di persona nel prossimo anno.


insonnia

Dicembre 2020/Gennaio 2021

11

Africa, Italia…colonialismo e i rischi di neocolonialismo

IL RAPPORTO TRA GLI ITALIANI E L’AFRICA Da un passato di crimini ad un nuovo rapporto di cooperazione di Giacomo Castagnotto

Qualche settimana fa sfogliando un settimanale locale (Il Saviglianese mercoledì 25 Novembre), ha richiamato la mia attenzione l’articolo/intervista al sindaco dal titolo: “Al via un progetto per Capo Verde”. Molto interessante che il nostro comune abbia aderito ad un bando per ridurre la povertà sul nostro pianeta attraverso uno strumento che si chiama “cooperazione decentrata”, che permette a delle Autonomie locali (il nostro comune) di promuovere la cooperazione internazionale. Ho letto tutta l’intervista con molto entusiasmo fino a quando l’occhio non si è fermato su un passaggio in cui si dice che l’intento è quello di “esportare dei modelli nello spirito della cooperazione “. Subito ho pensato ad un errore di battitura (anche noi ne facciamo sovente e ci scusiamo con i lettori), poi ho riletto più volte la frase pensando di non aver capito bene, poi ho pensato ad un errore di trascrizione e mi sono convinto che sicuramente di questo si tratta…. non si voleva dire quello!!! Oggi non c’è più nessuno che impegnandosi nella cooperazione internazionale, parli ancora di “esportare i nostri modelli”. Non posso pensare che oggi si possa ancora parlare di “esportare dei modelli” visti i grandissimi danni che abbiamo fatto in Africa con questa visione molto eurocentrica. Ho visto di persona in villaggi dell’Etiopia cosa ha significato praticamente “esportare dei modelli”, ovvero creare delle infrastrutture che noi europei pensavamo essere utili, anzi indispensabili, ma che poi si sono rivelate vere cattedrali nel deserto. Progetti costosissimi che non saranno mai utilizzate da nessuno, perché rispondono al nostro modello di sviluppo ma non abbiamo chiesto agli africani se rispondono ad un loro reale bisogno. Mi viene in mente una grandissima cella frigorifera costruita dalla cooperazione olandese che nelle intenzioni doveva servire per stoccare la carne in una zona di pastori. Ma alla fine non è mai entrata in funzione perché nell’esportare il modello non si è tenuto conto dell’elevato consumo di energia elettrica di cui la cella avrebbe avuto bisogno, in una zona in cui la corrente elettrica arriva se va bene due volte al mese. E anche se un giorno la corrente ar-

rivasse con più regolarità, la gente del posto ci diceva che l’ultimo dei loro bisogni era quello di “stoccare” della carne in un frigorifero… Ma perché allora abbiamo buttato via tutti quei soldi? E allora per favore non parliamo più di esportare i nostri modelli di sviluppo in Africa, che di danni ne abbiamo già fatti veramente tanti. Proviamo per una volta a sederci attorno ad un tavolo con i nostri partner africani, come fanno tantissime ONG che si occupano bene di cooperazione internazionale, e elaborare con loro un modello di sviluppo che sia sostenibile per davvero e che possa avere una continuità anche quando noi saremo tornati in Italia. Non è difficile, serve solo molta pazienza e umiltà, per riuscire magari a ridimensionare le nostre idee in modo che si adattino maggiormente alla realtà locale. Ma questo si fa solamente con un dialogo con le maestranze locali, con i responsabili delle comunità, insomma con la gente del posto. E se poi la gente del posto è donna, allora le probabilità di riuscita del progetto si innalzano notevolmente. Ho letto con piacere nell’intervista che l’idea è quella di lavorare con le scuole. Credo e spero che si intenda lavorare con gli studenti africani, perché quando si investe sulla scuola, sono sempre soldi ben spesi. Lo sa bene il Fondo di Solidarietà di Racconigi che dal 1998 promuove numerosi progetti di solidarietà proprio nell’ambito scolastico. Mi vengono in mente le ragazze e i ragazzi kenioti che tutti gli anni il Fondo sostiene negli studi. Ora molte di loro sono diventate infermiere e hanno un lavoro ben remunerato negli ospedali che consente loro di vivere bene e ne trae beneficio anche l’intera comunità. Penso che partire con il piede giusto nei progetti di cooperazione con l’Africa deve servire anche a noi Italiani per riscattarci da un passato coloniale in cui, come scrive Valeria Delpiano (Micro Mega num 7/2020) “gli italiani non erano vittime ma carnefici”. La Delpiano scrive nell’articolo “I Crimini coloniali dell’Italia”, (che vi consiglio vivamente di cercare e di leggere): “Mentre le stragi nazifasciste sono ormai parte di ‘una memoria storica provata’, i cri-

mini compiuti durante il periodo dell’occupazione italiana in Eritrea, Somalia, Libia ed Etiopia non sono ancora parte della memoria collettiva della nazione….tenere memoria degli episodi di violenza in cui gli italiani non sono vittime ma carnefici significa mettere in discussione il modo in cui l’Italia repubblicana si è presentata e rappresentata fin dagli anni Quaranta". Quando si pensa all’epoca coloniale italiana, ci vengono in mente immagini quasi simpatiche, di “italiani brava gente”, così buoni da non essere riusciti a creare un impero coloniale serio come per esempio hanno fatto gli inglesi o i portoghesi. Ma poi se si approfondisce un po', e in questo purtroppo i nostri libri di storia non aiutano, scopriamo che nel 1937, a poca distanza dal monastero etiopico Debre Libanos, furono uccise per mano italiana tra le 1400 e 2033 persone,

perlopiù monaci, eliminati perché ritenuti moralmente responsabili dell’attentato al vicerè Rodolfo Graziani qualche giorno prima ad Addis Abeba. Viene da fare un parallelismo tra questo massacro e l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema per mano nazista oppure le fosse ardeatine. Pensate, qui non sono stati i nazisti ma i militari italiani ad uccidere in modo gratuito e senza motivo!!! Siamo ancora convinti della frase “Italiani brava gente”? Allora quando ci avviciniamo all’Africa anche con buonissime intenzioni come quelle della cooperazione internazionale, ricordiamoci anche di quello che la memoria storica ha lasciato come monito e insegnamento, in modo che nessun tipo di mentalità neocolonialista possa inquinare anche solo per un istante le nostre azioni e i nostri progetti in quella stupenda terra che è l’Africa.


12

Dicembre 2020/Gennaio 2021

insonnia

L’IMMUNITÀ DI GREGGE di Giulia Caterina Argeri

Il tema del coronavirus è indubbiamente il più rappresentativo dell’epoca in cui stiamo vivendo. Penso sia noto a tutti l’intervento del professore inglese Graham Medley a marzo 2020, in cui disse al Times che il lock-down stava distruggendo la nazione sotto gli aspetti economico-sociali e che una soluzione valida sarebbe stata quella di

Maschere del male: necessità storica, ciò che è giusto per la maggioranza

Se prima l’importanza e i diritti dei singoli individui venivano messi in primo piano dallo Stato, un evento come la pandemia, che ha colpito tutti, senza distinzioni di sesso o nazionalità, ha portato adesso lo stato italiano e tutto il mondo a ragionare in termini di totalità. Ma le domande che sorgono da questa situazione sono: come è

Agire in modo da far nascere una responsabilità civile comune che riesca a sconfiggere il male. Sono consapevole che sia difficile da accettare, per questo io, studentessa con genitori che al momento conservano le loro attività lavorative, sarei sicuramente invitata da Bonhoeffer a spingermi oltre i limiti della mia esperienza ed a immedesimarmi nel prossimo, che fa fatica ad arrivare a fine mese o è debilitato dalla malattia, prima di scrivere questo testo. Ebbene ci ho provato e ho constatato quanto sia arduo cercare di diffondere un messaggio di speranza in questa situazione. Nonostante ciò credo che nelle facoltà dell’uomo sia compresa quella di non arrendersi mai davanti ad un ostacolo. Questo messaggio risulta già insito nella natura umana, anche se difficile da credere e spero vivamente che questa riflessione e la mia volontà di considerarmi parte di una realtà più grande possa averlo risvegliato. Ad un futuro migliore, molto vicino. https://www.youtube.com/watch?v=1gMrb15DEvQ

applicare la cosiddetta immunità di gregge. La sua idea consisteva nel lasciare correre il virus fra gli abitanti nella maniera meno grave possibile, in modo tale da esaurire i mezzi di trasmissione della malattia, ossia le persone non ancora contagiate. Il fattore principale che vanificava e vanifica tutt’ora questo progetto è uno solo, semplice ed intuibile: la gravità dei sintomi che colpiscono il singolo individuo non è controllabile né prevedibile. Inoltre recenti studi, successivi a questo intervento, demoliscono definitivamente la proposta di Graham, provano che il virus covid-19 può contagiare due volte una stessa persona. Per questo tutto il mondo ha iniziato a provvedere all’attuazione di misure contenitive generali. Mai più come in questo periodo viene infatti preso in considerazione il bene della “maggioranza”. Inevitabilmente vi sono decisioni dure da accettare per le minoranze coinvolte, quali ristoratori, parrucchieri, proprietari di centri estetici e persone che lavorano a stretto contatto con un vario numero di individui, e dure da accettare per tutti noi. Purtroppo però non mi astengo dall’affermare che esse sono necessarie in un periodo di così grave crisi mondiale.

possibile farlo nel modo più giusto? Come dobbiamo comportarci alle imposizioni che ci propongono? Se nella filosofia di Bonhoeffer non si riesce a trovare una risposta alla prima domanda, si riesce sicuramente a trovarne una alla seconda. Citando direttamente lui: “... colui che non ha come criterio ultimo la propria ragione, la propria coscienza, la propria libertà, la propria virtù, ma è pronto a sacrificare tutto questo per agire in nome di un bene più grande” (da “Resistenza e resa”) Il bene più grande per cui siamo invitati a resistere e a combattere è la SALUTE e la LIBERTÀ di tutti, giovani e vecchi, donne e uomini, ragazze e ragazzi. La libertà di abbracciarsi, la libertà di uscire, la libertà da tutte le precauzioni ora indispensabili, la libertà di una serata in compagnia. L’invito di Bonhoeffer sarebbe dunque quello di lottare, che tu debba recarti al lavoro con la mascherina, che tu debba stare in quarantena, che tu debba smettere di lavorare, di non mollare e di non cercare di sottrarci ai doveri che ci sono stati imposti dal periodo che stiamo passando, ma di viverlo con pienezza e combattività.

Dietrich Bonhoeffer


insonnia

Dicembre 2020/Gennaio 2021

Il "Martinett"

13

In ricordo di Maria Alessandria segue dalla prima

glio, scorgevo il balenio di una luce sui vetri scuri di quella che doveva essere una officina. Senza esitare tirai il filo della campanella che pendeva a fianco di una porta, nella speranza che qualcuno aprisse e potessi scoprire cosa si celava tra quei muri. L’attesa fu lunga ma alla fine apparve la figura di una donna minuta, gli occhialini sul naso e un fazzoletto blu annodato sul capo alla foggia degli anni quaranta. Più con cenni che con parole mi invitò ad entrare e mettermi comoda per guardare lei e il fratello, si somigliavano troppo per avere dubbi, mentre forgiavano gli utensili per gli agricoltori del vicinato. Erano Maria e Nino Alessandria, gli ultimi fucinatori del mondo. In seguito, incantata da questo antico mestiere, ormai scomparso nel resto del mondo, ero tornata e avevo chiesto a Maria di raccontarmi la storia della fucina e della sua famiglia. “…Noi si aveva una officina a Chieri, lì c’erano i telai per tessere, ma il lavoro era poco. Ci siamo trasferiti qui al Martinet nel 1937, allora erano vivi i signori Astegiano con i tre figli: erano vecchi e noi abbiamo lavorato per loro finché non sono mancati. Il Martinet funzionava ad acqua, ma d’estate quando i contadini bagnavano i campi, di giorno non ce ne era abbastanza per cui si lavorava di notte. Nel 1958 abbiamo messo la luce (c’è costata 3 milioni), praticamente grazie a noi le cascine qua intor-

no hanno avuto la luce… Si lavorava non meno di dieci ore. Ecco su quel muro c’è una data: 1885! ...noi siamo fabbri fucinatori, tutti sono fabbri, ma noi siamo fucinatori. Sin da bambina non ero portata per i lavori di cucito, di precisione, per i lavori della casa, ma neppure per la scuola… mi è parso che l’unico lavoro che mi piacesse fosse questo, lo stesso di mio padre e di mio fratello… ed ho sempre lavorato con loro”. In un’altra occasione Maria aveva voluto spiegarmi come si svolgeva il suo lavoro. "Questo pezzo lo prendiamo in mano venti volte per lavorarlo fino a diventare una zappa. Noi abbiamo sempre fatto attrezzi agricoli, venivano un po' dappertutto per servirsi da noi: ognuno ha le sue forme, a Bra usano questa zappa piatta per togliere l'erba nell'orto... noi si lavorava tanto... ora siamo in pensione, però ci piace fare ancora qualcosa per i nostri vicini, rifacciamo i vomeri, le lame dei trattori, certo è poca roba, ma mio fratello non ama fare niente altro. Mio fratello è un geniaccio, senza studi, ha sempre avuto il pallino di costruire le macchine che servivano per sveltire il lavoro. Guardi qua le roncole, hanno il manico di ferro che d'inverno gela e d'estate invece si scalda, una volta veniva ricoperto con il corno che richiedeva una lunga lavorazione. Abbiamo allora cercato un sistema più rapido ri-

vestendoli con il cuoio. Ne abbiamo comprato tanto, ne abbiamo ancora tanto in una fabbrica di

Borgo Macra e lui, mio fratello, ha costruito una macchina che taglia e fora la pelle e un'altra che pressa sul manico i tondini ricavati: questo lavoro all'inizio lo facevamo a mano, ci voleva tanto tempo, lo facevo io, in genere dopo cena... Di sera, dopo cena, lui invece veniva qui in officina e si costruiva queste macchine più moderne, per sveltire il lavoro e renderlo meno faticoso... eh, sì ha un carattere un po' strano, non gli piace parlare, ma sin da bambino ha sempre costruito macchine... Quest'altra macchina, sempre opera di mio fratello, serve a tagliare queste zappe...” Ecco chi era Maria Alessandria morta il 25 novembre 2020, portando con sé un mondo di lavoro e di fatica ormai diventati solo un ricordo. (tratto dal racconto “Nino e Maria: quelli del Martinet” pubblicato in “Storie, personaggi e luoghi popolari” ed. Collana Biblioteca Civica, 1996)


Dicembre 2020/Gennaio 2021

14

COMUNICATO STAMPA

insonnia

La campagna di crowdfunding di Progetto Cantoregi

“RIPORTA IL CINEMA A RACCONIGI!” si pone nuovi obiettivi e lancia un sondaggio sui social www.progettocantoregi.it - www.retedeldono.it

Grazie al sostegno, alla generosità e all’entusiasmo dei cittadini racconigesi e non solo, la campagna di crowdfunding di Progetto Cantoregi “Riporta il cinema a Racconigi!”, partita a novembre, in poche settimane ha raggiunto l’obiettivo che si era posta per fine gennaio: raccogliere 4.000 euro per l’acquisto un proiettore che consentirà di organizzare serate cinematografiche e cineforum alla Soms di Racconigi. «Siamo felicissimi, onorati e commossi per l’affetto, la fiducia e il riconoscimento che tutta comunità di Racconigi, e non solo, ci sta dimostrando – commenta il presidente di Progetto Cantoregi Marco Pautasso. Potremo finalmente riportare il cinema a Racconigi, una città che è da troppi anni rimasta orfana della settima arte. A Racconigi manca infatti una sala cinematografica e la Soms di via Costa, che abbiamo preso in gestione, con l’ampio Salone Gamna dalla platea a gradinata che ospita 110 posti, è adatta a rendere concreto uno dei sogni che noi abbiamo accarezzato sin da subito. E finalmente potremo anche propor-

CIAO BEPPE

re immagini di qualità durante incontri, convegni, spettacoli teatrali e di danza, concerti che si svolgono alla Soms». Per tutti coloro che vorrebbero donare e non hanno ancora avuto la possibilità di farlo (o per chi volesse offrire un ulteriore contributo) Progetto Cantoregi lascia aperto il crowdfunding fino al 31 gennaio, come da programma iniziale. Il nuovo obiettivo è quello di riuscire raccogliere 7.000 euro totali, in modo da poter acquistare non solo il proiettore, ma anche un nuovo telo da proiezione, più performante rispetto a quello attualmente in possesso, utilizzato soprattutto durante gli spettacoli teatrali nel corso di quasi vent’anni del festival La Fabbrica delle Idee. Intanto parte un sondaggio cinematografico sulle pagine Facebook e Instagram di Progetto Cantoregi per capire quali sono i film più amati dai racconigesi e dai cittadini del territorio, in modo da proiettare alcuni di quelli più richiesti alla fine della raccolta fondi e non appena i teatri e i cinema potranno riaprire.

Url diretto per donare: https://www.retedeldono.it/it/progetto-cantoregi/riporta-il-cinema-a-racconigi RIPORTA IL CINEMA A RACCONIGI! Abbiamo l’audio. Ora aiutaci a dotarci di un proiettore e insieme dovremo solo spegnere le luci e goderci il fascino del cinema. La campagna di crowdfunding RIPORTA IL CINEMA A RACCONIGI! di Progetto Cantoregi è realizzata nell’ambito del progetto “Crowdfunding 2020. Nuove risorse per dare fiducia al Terzo Settore” promosso dalla Fondazione CRC in collaborazione con Rete del Dono. Info: 335.8482321 – www.progettocantoregi. it – info@progettocantoregi.it – Fb Progetto Cantoregi – Tw @cantoregi - IG Progetto Cantoregi. Ufficio stampa: Paola Galletto pao.galletto@ gmail.com


insonnia

Dicembre 2020/Gennaio 2021

15

L’unione fa la forza. E l’energia

Iniziata la costruzione del nuovo impianto eolico collettivo di ènostra a Gubbio a cura di Pino Tebano

Sta sorgendo in Umbria, a 11 km da Gubbio, il nuovo impianto eolico collettivo di È Nostra. L’impianto di 900 kW, con una producibilità attesa di 2 GWh/anno, potrà soddisfare il fabbisogno energetico di 900 famiglie. L’impianto ha superato la valutazione di sostenibilità, ricevendo parere positivo da parte della Regione Umbria e del comune di Gubbio. I proprietari dei terreni saranno coinvolti direttamente nel progetto con servizio di custodia, sorveglianza, ispezione dell’area, sfalcio periodico ecc. Il progetto sarà realizzato da una società locale, la Sunergise di Perugia con il suo team di ingegneri e tecnici esperti nel settore. Ad oggi sono stati raccolti quasi un milione di euro, l’auspicio è di poter ridurre il finanziamento bancario necessario al completamento dell’opera grazie alla partecipazione dei “cittadini energetici” che scelgono di produrre l’energia rinnovabile, sostenibile ed etica che consumano, sostenendo finanziariamente il progetto.

Cin

Cinema ELEGIA AMERICANA di Cecilia Siccardi

J.D. Vance è uno studente di Yale che, alla vigilia di un importante colloquio di lavoro, si vede costretto a tornare a

Lib

Libri di Michela Umbaca

“Viviamo un presente confuso, in cui sono incessanti, e talvolta allarmanti, le innovazioni scientifiche e tecnologiche e i cambiamenti politici, sociali e culturali”. Edito da Einaudi, il “Breviario” dello scrittore giornalista Corrado

La cooperativa con i suoi 7000 soci, che investono nella realizzazione di impianti di produzione elettrica da fonti pulite, sta per completare il passo da gigante preannunciato due anni fa. Il cantiere è già stato avviato ed è previsto il completamento dell’impianto entro il mese di gennaio 2021. È possibile partecipare e vedere le foto dei lavori già eseguiti sul sito di È Nostra. Anche Il Venerdì di Repubblica dell’11 dicembre nella rubrica di Alessandro Gassmann, #greenheroes, presenta la nuova realizzazione di È nostra.

https://www.enostra.it/ https://www.repubblica.it/venerdi/2020/12/11/ n e w s / l _ u n i o n e _ f a _ l a _ f o r z a _ e _ l _ e n e rgia-277360112/ https://www.enostra.it/vendita-energia-rinnovabile/impianto-collettivo/

il venerdì di Repubblica 11 dicembre 2020

casa per un’emergenza familiare. Le sue origini povere, fra il sud dell’Ohio e il Kentucky, rappresentano un mondo culturalmente lontano dalla prestigiosa università che il ragazzo frequenta. Il film racconta, attraverso l’alternanza di flashback e scene ambientate nel presente, come J.D. sia riuscito a ‘diventare qualcuno’ nonostante tutto, soffermandosi sul rapporto con le due figure femminili di riferimento della sua crescita: Beverly, madre capace di affetto, ma anche violenta e eroinomane, e Mamaw, la carismatica nonna. Elegia Americana, basato sull’omonimo libro di memorie del 2016 di J.D. Vance, è l’ultimo film di Ron Howard, recentemente uscito e disponibile su Netflix. Atteso come possibile candidato forte ai prossimi Oscar, il film risulta invece essere un insieme di

esagerazioni stereotipate di tutti gli elementi che un ‘film da Oscar’ solitamente contiene. Il risultato finale è dunque patinato e poco credibile, a dispetto di un materiale di partenza potenzialmente molto interessante: la rabbia della classe operaia bianca nel Midwest. Nonostante la presenza e le interpretazioni di due attrici come Amy Adams e Glenn Close, l’impressione è che Elegia Americana resti un’occasione sprecata, un film poco sincero: la rappresentazione di amarezza e dolore cade in un’eccessiva retorica, al servizio di una vicenda che, messa in questi termini, elimina ogni possibile elemento tagliente o controverso per raccontare la solita storia a lieto fine del sogno americano, senza far emergere alcuna criticità. Deludente.

Augias esordisce quasi in maniera perfetta – in termini sincronici – in questo 2020 così travagliato e surreale. Ancora una volta la saggezza storica di Augias pone il lettore ad attuare un’analisi analitica di un presente che sembra aver dimenticato vecchi valori e antiche abitudini passate. E lo fa accompagnandolo in un percorso ben segnato, toccando visceralmente i punti cardine che contrassegnano i vari capitoli del romanzo; dalla tecnologia, alla politica, al cinema e alla letteratura, il “Breviario” fornisce un panorama “generale” dei cambiamenti etico-sociali, per delineare in “particolare” quel focus che più ci spaventa, ma che, allo stesso tempo, tendiamo ad evitare, quasi non esistesse: il cambiamento. Non vi è avversità verso l’evoluzione tecnologica o sul modo di fare politica: il periodo storico che l’umanità intera sta vivendo deve servire a ridisegnare e a riequilibrare quell’entropia primor-

diale, figlia di un divenire in cui ogni cosa sembra lecita o dovuta, collocando tra le priorità proprio il fattore umano, quell’umanità che oggi sembra persa. Augias scava oltre le superficie delle cose e lo fa nella maniera più semplice: portando degli esempi tangibili. E così ritroviamo le storie di Spinoza, Montaigne, Mussolini, Totò. “La memoria del passato – spiega Augias – deve servire a mettere i fatti in prospettiva, per tracciare un percorso e individuarne le cause e gli effetti; proprio perché siamo nel bel mezzo di una tempesta, è altresì più importante avere consapevo-

Corrado Augias

“Breviario per un confuso presente”

2020, pp. 183, € 18,50 Giulio Einaudi Editore

lezza e memoria del percorso che ci ha portato fin qui”.


Dicembre 2020/Gennaio 2021

16

Mus

Musica Bon Jovi 2020 di Roberto Magri

Il “ragazzo” del New Jersey ha pubblicato nel mese di ottobre il suo ultimo lavoro, “2020”, questo è il titolo del nuovo album di Jon Bon Jovi, inizialmente previsto per lo scorso 15 maggio, posticipato causa pandemia. Le canzoni contenute all’interno spaziano dal rock al folk passando

per ballad, che nei lavori precedenti hanno fatto sognare i fan per oltre trent’anni. Sono presenti brani con riflessioni sulla famiglia, passando ad argomenti provocatori come i suicidi dei veterani di guerra, abbandonati a loro stessi; nei testi si affrontano anche le continue sparatorie negli USA, che rispecchiano alcune delle problematiche purtroppo comuni oggi. Il singolo scelto per la presentazione dell’album è stato “Limitless”, uscito il 20 febbraio scorso; seguito dal secondo singolo “Do what you can”, scritto con la collaborazione dei fan durante i mesi di lockdown di marzo ed aprile e, successivamente, riarrangiato prima di inserirlo nella tracklist. Proseguendo con la scaletta troviamo “American reckoning”, canzone inserita successivamente che parla della morte dell’afro americano George Floyd causata da un agente di polizia, fatto avvenuto il 25 maggio 2020 con conseguenti proteste, manifestazioni e disordini in USA e nel mondo. “Beautiful drug” è un classico brano

rock, un inno da concerto negli stadi, con ritornello coinvolgente, chitarre e cori. In “Story of love” viene trattato il tema della famiglia, sul significato dell’essere genitori; il testo è toccante ed è ispirato alla famiglia di Jon. Superata la metà del percorso troviamo “Let it rain”, un brano di denuncia sul “marcio” in politica e nella chiesa. Con “Lower the flag” affrontiamo il delicato tema delle stragi che avvengono con armi da fuoco nei centri commerciali, per le strade, nei pub, nei Campus scolastici, nelle università e nei college statunitensi. “Blood in the water” non è solo un tributo ai migranti morti nel Mediterraneo, ma è dedicato anche a coloro che tentano di attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti oltrepassando il famigerato muro. Nel brano è presente una toccante chitarra che ricorda la mano di Mark

insonnia

Knopfler (Dire Straits). Torniamo alla chitarra elettrica con “Brothers in arms”, un brano molto ritmato con uno stile “RollingStoniano”, che ci ricorda il potere della resilienza. Il disco si chiude con la struggente “Unbroken”, un duro monito contro la guerra. In conclusione questo quindicesimo disco dei Bon Jovi si può definire molto intenso e gradevole, un album che descrive in maniera chiara quello che stiamo vivendo in questi tempi instabili e non facili; un lavoro maturo e coscienzioso.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Roberto Magri, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

Tante potranno essere le opportunità, dovremo solo investire ora con le risorse necessarie a garantire un futuro alle nuove generazioni e far nostre alcune delle opportunità che si presenteranno. Non si tratta di pensare al consenso a breve ma di avere una visione progettuale della città a 10, 20 anni, portare a Racconigi innovazione, cultura, turismo, sostenibilità e con loro lavoro, gratificazione e orgoglio per esserne cittadini. Chi vuole cercare nuovi posti di lavoro deve guardare a queste opportunità perché pensare di attirare nuova manifattura a Racconigi, se non altamente specializzata ed innovativa, credo sia illusorio. Come fare? Se ne siamo convinti è necessario formare fin da subito una squadra che sia capace di ascoltare le istanze delle innumerevoli associazioni operanti sul territorio, che abbia giovani capaci nel campo della progettazione, comunicazione e creatività con il supporto convinto dell’Amministrazione Comunale come capofila, e non ultimo che sappia sognare in grande. Poi l’individuazione e

la partecipazione ai bandi delle Fondazioni, della Regione, Governativi ed Europei saranno il lievito che produrrà lavoro e risultati concreti. Leggo di Recovery Fund e della Granda che si candida in modo unitario con 50 progetti per un importo di 2 miliardi di euro. Uno di questi è il recupero di spazi dismessi per finalità culturali e di stimolo all’industria creativa tra cui i padiglioni dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi. Il piano “Cuneo al 2029 - terra attrattiva e connessa col mondo” intende utilizzare i fondi strutturali europei, per i prossimi sette anni 2021-2027, del bilancio europeo in corso di approvazione e del Recovery Fund. Leggo di molteplici opportunità per partecipare con i decreti “Crescita” alla riqualificazione di edifici pubblici, scolastici e culturali; la scuola media sarà il primo intervento, già finanziato con 2 milioni di euro, ma dobbiamo fare molto di più, pensare in grande, studiare, avere occhi e orecchie ben aperti e partecipare a tutte le occasioni che si apriranno nel prossimo futuro. Il tema dell’energia, del

suo risparmio e la condivisione della produzione di nuova energia rinnovabile, è il bando “Smart e Green Economy” della Fondazione CRC che promuove: • La riduzione dei fabbisogni energetici degli edifici di proprietà comunale; • La sensibilizzazione dei cittadini all’utilizzo razionale dell’energia per favorire il perseguimento degli obiettivi europei e nazionali di riduzione delle emissioni di CO2 e climalteranti; • La creazione di Comunità dell’Energia Rinnovabile con la realizzazione di impianti di produzione energetica di proprietà comunale; • L’utilizzo da parte delle Amministrazioni Comunali degli strumenti nazionali ed europei di incentivazione per la realizzazione di interventi nel campo dell’efficientamento energetico e dello sviluppo territoriale sostenibile. Per seguire tutti i filoni e le possibili opportunità abbiamo già una squadra formata con le competenze e le motivazioni necessarie? Forse no e allora dobbiamo crearla e dovrà essere giovane, motivata e con grandi sogni.

In questo campo credo che il delegato all’Ambiente sappia bene di tutte queste future opportunità nel campo “Smart e Green Economy” e si stia muovendo, senza però dare nessuna pubblicità alle iniziative in corso. Ci piacerebbe molto conoscere la progettualità che sta seguendo, in questo campo, insieme all’Amministrazione al fine di rendere partecipi i cittadini dei progetti che si stanno seguendo. Qualche giorno fa ho partecipato ad un incontro On-Line della Fondazione CRC sul tema dell’approccio della Pubblica Amministrazione alla partecipazione a progetti europei e come farsi seguire nella ricerca di fondi e per partecipare. Ne ero cosciente, ma ho verificato seguendo l’esposizione che le possibilità sono davvero molte e concrete, è solo necessario crederci e formare un team che possa intraprendere questo lavoro; si perché deve essere un lavoro remunerato, sulla base delle esigenze del territorio, e non ponendo limiti alla creatività e ai sogni. La nostra amministrazione saprà cogliere queste opportunità e creare questo gruppo di lavoro?


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.