INSONNIA MARZO 2020

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insonnia

mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 120 Marzo 2020 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

GRAZIE PER AVERCI PERMESSO DI CONTINUARE di Rodolfo Allasia

Dario aveva dovuto abbassare la potenza dei fari puntati sul palcoscenico tanto era il calore che si sentiva sui dieci tavoli. Questa la scenografia dello spettacolo che insonnia, sabato 22.2.2020 alle ore 20, aveva allestito per autofinanziarsi. Calore che novantasei persone che mangiavano, bevevano, chiacchieravano e ridevano, stavano emanando per il piacere di tutti quelli che in quel momento facevano il tifo perché insonnia continuasse a vivere, quindi anche per loro stessi. Ringraziamo tutti i lettori e sostenitori per la grande generosità dimostrata. Le sottoscrizioni oltre il costo della cena ed i proventi della estrazione a “premi” ci consentiranno di pagare regolarmente la cooperativa “La Grafica Nuova” di Moncalieri per tutto il 2020. Abbiamo voluto chiamare questo incontro/spettacolo “Cena sul palcoscenico”. Un palcoscenico per farci vedere anche se nessuno di noi era seduto sulle tribune a guardare, un palcoscenico per onorare, anche noi a nostro modo, la nuova SOMS. Qualcuno, sabato, è entrato per la prima volta nel salone Vincenzo Gamna, nonostante i molti spettacoli che lì sono stati presentati dalla inaugurazione ad oggi; chissà che una parte degli intervenuti, affascinati da quel luogo magico , non torni a vedere altri spettacoli che Cantoregi saprà ancora mettere in scena.

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8 MARZO: FESTA DELLE DONNE

Il 16 marzo del 2010 ci lasciava Mirella Macera

Quando penso alla festa della donna, la prima immagine che mi sovviene è quella di una piccola me seduta al banco di scuola. Sono attenta, con le braccia conserte e completamente rapita dalla maestra che sta esattamente davanti a me. Dice che oggi è un giorno importante. È l’8 marzo, la giornata dedicata alle donne, soprattutto, è il giorno in cui si ricorda un

di Marco Pautasso, per PROGETTO CANTOREGI

UN TEMPO SOGNATO, Festeggiamo, ma per cosa esattamente? CHE BISOGNAVA di Chiara Cosentino SOGNARE

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Quando cambia la vita quotidiana

UNO STRANO E IRREALE 8 MARZO

Il 16 marzo del 2010 ci lasciava Mirella Macera, architetto della Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio del Piemonte, storica direttrice del Castello e del Parco di Racconigi nonché, tra i suoi altri molteplici impegni, coordinatrice del restauro dei giardini della Reggia di Venaria Reale e responsabile del complesso cantiere di ristrutturazione della Cappella della Sindone, dopo l’incendio del 1997. Non mancheranno, nelle prossime settimane, alcuni momenti dedicati a celebrarne la memoria: il 16 marzo, nella Cappella della Sindone,

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di Luca Meinardi

È presto ma sono già sveglio, in questo strano, quasi surreale, 8 Marzo. È strano pensare a quello che sta succedendo. Abituati a vedere le emergenze in tutto il mondo tranne che da noi, ora risvegliarsi in que-

sta nuova realtà non è semplice. Paesi, Province, intere Regioni bloccate da un giorno all'altro. In pochi giorni la nostra quotidianità è stata travolta, nel modo di vivere, lavorare, socializzare.

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Impariamo a fare le volontarie

PER NON ESSERE + SOLE a cura dell’Associazione “Mai + sole”

Sabato 15 febbraio 2020, nella sala municipale “Officina cultura”, con il benvenuto del Sindaco Valerio Oderda, ha avuto inizio il corso per volontarie di Mai + sole, tenuto dalle psicoterapeute Manuela Devalle e Petra Senesi. Lo scopo è di fornire, alle venti donne presenti, gli strumenti e le competen-

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SOLITUDINE DI UNA DONNA pag. 4

Michela: Vivere la vita

Colori in Rete

ARTE pag. 13

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8 MARZO: FESTA DELLE DONNE

Festeggiamo, ma per cosa esattamente? segue dalla prima

avvenimento terribile: l’incendio di una fabbrica avvenuto l’8 marzo del 1908 e che costò la vita a ben 129 operaie. Ci spiega che è importante ricordare tale avvenimento perché, per diversi giorni, questo gruppo di operaie aveva bloccato la produzione dell’industria tessile Cotton al fine di protestare contro i turni di lavoro a dir poco massacranti. Il proprietario della fabbrica, stanco di questi scioperi, decise di chiuderle all’interno della fabbrica dove, purtroppo, si sviluppò un incendio che non lasciò via di scampo. Queste donne furono così delle vittime innocenti. Questi sono i fatti storici che ci portano a segnare sul calendario questa data importante ed è strano pensare che, in realtà, molte ragazzine e future donne non conoscono il reale motivo di questa festa. Non sanno esattamente che cosa si festeggi. Dovrebbe essere la festa della donna, dell’emancipazione femminile, la festa delle pari opportunità e la festa che, dopo più di un secolo, dovrebbe commemorare quelle donne morte per difendere i propri diritti. In realtà, oggi, cosa si festeggia esattamente? Io per prima non sa-

prei rispondere a questa domanda. Solitamente si esce di casa la sera, si aspetta un evento creato “ad hoc”, ma che alla fin dei conti rimane una festa uguale a tutte le altre. Forse è colpa della superficialità, forse della noncuranza, forse, ormai, è tutta questione di marketing. Non lo so. Questa festa, così come viene vista oggi, è molto diversa rispetto al suo significato originario: ha spostato il suo baricentro dai concetti di uguaglianza, rispetto, riscatto, verso quelli di svago, divertimento, spensieratezza. Ci sono volte in cui credo che non dovrebbe essere considerata una "festa", ma più che altro una ricorrenza storica e, in questo modo, è probabile che si cambi anche l’ottica con cui guardare agli eventi. Altre volte, invece, penso che questa festa sia diventata quasi una “presa in giro”. Ci fermiamo un giorno all’anno, regaliamo mimose, festeggiamo e, il giorno dopo, ritorniamo a leggere sui giornali parole come femminicidio. E allora, ancora una volta, c’è chi si siede a pensare in che mondo stiamo vivendo e chi, invece, si gira dall’altra parte.

IL RACCONTO FOTOGRAFICO di questo MESE INSONNIA DAY Per rendere l’idea della atmosfera che sabato 22 febbraio si è creata sul palcoscenico della SOMS Cantoregi durante la cena a sostegno di insonnia, oltre a quanto scritto nell’editoriale, vogliamo riprodurre alcune immagini, raccolte sia pure con i cellulari di coloro che erano partecipanti, dei momenti di quel gradevole e proficuo avvenimento. Speriamo che coloro che si riconosceranno in quella atmosfera ne siano soddisfatti. Come sempre le fotografie di questo “racconto” sono quelle circondate da una cornicetta nera.

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Platone reloaded di Luciano Fico

Anche stamattina Ernesto si è sorpreso a sorridere di soddisfazione, per l’intuizione che ebbe quasi dieci anni fa e che gli ha salvato la vita. Allora molti lo presero in giro quando lo videro spendere tutti i suoi soldi in quelle tre stanze sotterranee e a prova di tutto: la ditta americana garantiva la sopravvivenza là sotto per più di quindici anni anche in caso di esplosione nucleare o di attacco biochimico. Quando scoppiò la Grande Epidemia, Ernesto era pronto e doveva essere uno dei pochi ad essersi salvato da quel virus maledetto che la Cina aveva usato per distruggere o indebolire i paesi limitrofi, ma che poi si era trasformato in una maledizione ingestibile e mortifera per l’intero genere umano. Alle prime notizie di una misteriosa epidemia virale, mentre gli altri si affollavano a svuotare gli scaffali dei supermercati, lui entrò, orgogliosamente solo, nel suo rifugio sotterraneo e richiuse il portellone alle sue spalle. Ricorda ancora il misto di eccitazione e di paura che lo accompagnò nel discendere quelle scale, ma ben presto cominciò a rendersi conto, che la sua follia lo stava salvando da un morte certa. Di mese in mese le notizie diventarono sempre più terribili e disperanti: gli Ospedali entrarono ben presto in crisi, le industrie si fermarono e vennero la fame prima, la fine dell’energia poi. Il mondo moderno collassò nel giro di un anno, scoprendosi incapace di affrontare una vita priva di tecnologia. Anche la civiltà, che su

quel mondo tecnologico e sicuro si reggeva, non tardò a regredire e gli umani tornarono a mostrare il peggio della propria natura: violenze, uccisioni e stupri erano diventati la nuova normalità. Ernesto leggeva, giorno dopo giorno, le notizie di un Mondo ormai alla deriva ed imbarbarito e sperava ardentemente, che un nuovo equilibrio venisse a stabilizzarsi per quando avrebbe dovuto lasciare il suo rifugio sicuro: gli rimanevano ancora cinque anni almeno. Tre metri sopra quelle stanze sotterrate, la luce della sera taglia il verde smeraldo dei prati ed è tutto un ronzare di api intorno ai fiori spontanei che adornano le sponde del ruscello; il cielo è di un azzurro vivido e terso. La natura ha ripreso vigore e bellezza nei lunghi anni della Grande Epidemia. La tecnologia è collassata e con essa il martellamento delle notizie diffuse dalla Rete: ci si è accorti, così, che nessun virus si stava diffondendo, ma che l’attacco era stato di tipo informatico, con una diffusa manipolazione delle notizie fino a distruggere il Mondo conosciuto. È sopravvissuta una nuova umanità, non più connessa tramite Internet, ma di nuovo in relazione reciproca. Di tutto questo, però, Ernesto non saprà nulla per i cinque anni che ancora vivrà là sotto, in balia dei notiziari fasulli, che continueranno a circolare in rete solo per lui. Per lui la realtà continuerà ad essere quella che gli viene raccontata…


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Impariamo a fare le volontarie

PER NON ESSERE + SOLE segue dalla prima

ze necessarie per poter diventare volontarie dell’Associazione che da più di un decennio aiuta e supporta donne vittime di violenza. Cosa intendiamo per violenza al femminile? “Qualsiasi atto per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata.” (risoluzione ONU 48/104 del 20 dicembre 1998). Gli interventi, arricchiti da filmati e da momenti di condivisione, trattano le varie fasi della violenza, le strategie messe in atto e i disturbi emotivi più ricorrenti. Per sopravvivere in certi contesti occorre modificare il modo di percepire il mondo circostante e auto-convincersi di vivere in una situazione “normale”. Apatia, disturbi alimentari, instabilità emotiva, ansia, panico, vergogna, solitudine, ritiro emotivo, congelamento dei sen-

timenti sono alcune delle conseguenze a cui vanno incontro le donne che vivono situazioni prolungate di disagio. Le donne hanno difficoltà a chiedere aiuto, a denunciare perché è difficile riconoscere la violenza familiare ed interrompere le relazioni violente. È doloroso riconoscere come colpevole colui che ami, alla sofferenza ci si abitua e la donna spesso si assume la responsabilità di ciò che sta vivendo. Potere e controllo sono gli obiettivi degli uomini violenti. Minimizzano le loro azioni, trovano giustificazioni esterne, giustificano la propria ira colpevolizzando la parte lesa. Sono spesso uomini dalla doppia personalità: violenti in famiglia e persone civili sul lavoro o con gli estranei, che confondono l’amore con il possesso. Debolezza, fragilità, angoscia dell’abbandono sono alla base di molti atti violenti. Il compito delle volontarie non è cosa da poco: empatia, comprensione, sospensione del giudizio sono alla base di un

ascolto attivo che permette di instaurare un dialogo in cui la donna che chiede aiuto diventi la vera protagonista, mettendo a fuoco i suoi reali bisogni e le esigenze del momento. La volontaria deve avere a disposizione un bagaglio di “strumenti” necessari per poter aiutare la donna in difficoltà, ma nello stesso tempo deve tutelarsi per non essere travolta emoti-

vamente e muoversi nel rispetto di regole codificate. Al termine della prima giornata tante le informazioni ricevute, maggior chiarezza sui problemi trattati, ma anche nuovi dubbi, timori, certamente molti spunti su cui riflettere e poter rispondere alla domanda: “Perché voglio essere una volontaria di Mai + sole?”

Quando cambia la vita quotidiana

UNO STRANO E IRREALE 8 MARZO segue dalla prima

Nessuno di noi ha mai vissuto una cosa del genere, se non la generazione dei nostri nonni (i bisnonni dei nostri figli), che hanno visto la guerra. Per il resto è un territorio inesplorato. Ma in qualche modo ci sapremo adattare. Perché se l'uomo è sopravvissuto fino ad oggi, a guerre, malattie, carestie, è perché è l'animale che più sa farlo su questo Pianeta. E se sapremo rimanere uniti in questa enorme e difficile sfida la spunteremo. Mai come ora il sentirsi uniti e parte non solo di una Nazione, ma di un'unica Specie, è importante e fondamentale. Mai come ora è importante aiutarci a vicenda, nelle piccole e grandi difficoltà quotidiane, nell'affrontare le nostre paure. Nelle nostre

case, sul posto di lavoro, ovunque. Mai come ora siamo tutti sulla stessa barca. Italiani, Francesi, Tedeschi, Americani, Cinesi, Africani... in questo momento non possono esistere distinzioni di nazionalità, abbiamo tutti un problema comune. Ma lo risolveremo, se sapremo rimanere uniti e viaggiare assieme in questo difficile momento. Io sono convinto che sapremo farlo. E forse domani, quando saremo tornati alle nostre vite, saremo più disposti a guardare con occhi meno indifferenti ai problemi di chi è meno fortunato di noi, di chi questa situazione di incertezza e difficoltà è in qualche modo costretto ad affrontarla ogni giorno della sua vita.

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA Email: info@maipiusole.it Tel.:

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Tu mondo, SILENZIO!

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LA SOLITUDINE DI UNA DONNA DI FRONTE ALL’ABORTO Articolo firmato

In questi giorni si discute sull'aborto puntando il dito contro donne che l'hanno fatto, con la stessa leggerezza con cui si discute di calcio o altro, come se si potesse sempre discutere di tutto e dire la propria opinione. Nessuno la chiede in questo caso l'opinione del mondo, come non la si chiede quando si decide di mettere al mondo un figlio, così nessuno la chiede quando si decide di non farlo nascere. Cosa ne sa il mondo di una cosa così? Poco, pochissimo, tanto che c'è chi pensa che si vada in pronto soccorso per interrompere una gravidanza, come per farsi ricucire un dito. No, per interrompere una gravidanza si deve intanto volerlo, e non è una cosa così semplice, perché caro mondo anche una donna che decide di abortire sa dal momento in cui effettua il test che è madre, esattamente come tutte le altre. E credete sia semplice? Tenere in mano quello stick travolte da qualcosa di così enorme? Dovevi pensarci prima direte voi, ineccepibile. Ma mondo tu non eri lì neanche prima e che ne sai di com'è andata? Se prima lei ha preso precauzioni? I dati nel 2020 dicono che solo il 57% degli italiani utilizza un contraccettivo, che sia pillola, spirale, diaframma e anche preservativi. E chi se ne occupa è quasi sempre la donna, o almeno è lei a richiederlo, ma le "cose" si fanno in due, peccato che poi però il dito sarà puntato solo su di lei. Anche in questo caso è solo la donna a dover essere messa sotto accusa?

La stessa donna che poi dovrà pagare le conseguenze di un atto concepito da entrambi? Giudicare è facile, a te importa la motivazione, come può una madre? Può perché magari non è dipeso da lei quell’atto, può perché magari non possono mantenerlo, può perché magari ha delle sue problematiche fisiche che le impediscono di portare avanti la gravidanza, magari le precauzioni le han prese e non hanno funzionato e hanno 18 anni e neanche un lavoro, può perché lo sa lei il perché. Tu invece mondo cosa ne sai di quello che le passa per la testa ogni minuto, ogni giorno, mentre valuta se può tenerlo, e se non lo tiene cosa accadrà, e se lo tiene come farà, cosa credi che si decide di abortire alzandosi dal water con lo stick in mano, mentre si tira lo sciacquone? Con la stessa velocità con cui tu mondo la giudichi? No! Ci vorrebbe una vita per una decisione così, ma lei sa che ha sì e no un mese al massimo, poi dovrà trovare un ginecologo che la visita, che la dichiara incinta e soprattutto che consenta a prescrivere l'aborto. E non è semplice, perché nonostante una legge lo permetta, ci sono moltissimi obiettori. Credi sia facile andare in ospedale, diventare un numero per questioni di privacy, effettuare esami, sostenere sguardi pesanti di chi sa perché sei lì e cosa hai deciso di fare. Credi sia facile arrivare lì quella mattina in cui accadrà, dopo quasi 3 mesi in cui il tuo corpo è cambiato, in cui sei pienamente e sottolineo piena-

mente consapevole di essere madre, essere visitata senza la minima delicatezza, anzi, e questo è solo l'inizio. Essere lì in un letto con altre 5, in una delle tre stanze da 6 letti di quel particolare settore in cui si pratica la Ivg e solo quella. Entrare in sala operatoria, due tavoli operatori divisi da un séparé, alzarti per stenderti sul tavolo mentre il chirurgo ti mostra il cestino in cui finirà tuo figlio, e ti guarda con una freddezza mai vista, altro sguardo sommato a tutti gli altri, che mai dimenticherai. Sdraiarti e mentre stai per lasciarti andare all'anestesia, ripensi al foglio firmato in cui sollevi l'ospedale da qualsiasi conseguenza, anche quella di non poter un domani avere più figli, e ti dici che forse sarà la tua punizione e che è giusta. Poi ti svegli e senti che non c'è più, sei di nuovo tu e sei di nuovo sola. Lì in mezzo a pianti e silenzi e sguardi di chi sa cosa senti ma che non ti chiederà mai perché lo hai deciso. E ti resta la nausea ma nessuna pietà, se non ti alzi da sola vomita di lato e poi pulisci, in bagno? Quando ce la fai vai, non siamo qui per accompagnarti. Già ma qui non c'è nessuno ad accompagnarti, nessuno. Che ne sai mondo che a 18 anni lì sei la più giovane e le altre, tutte italiane quel giorno, hanno dai 25 in su, tutte adulte eppure sono lì? Come te lo spieghi? Nessuno gli ha spiegato che dovevano pensarci prima? Vuoi farlo tu? E allora fallo! Fallo nelle scuole, spiega già ai bambini che non arrivano da cavoli e

cicogne, spiega che non è come nei film, che ci sono delle conseguenze e che forse l’aborto non è la peggiore, spiega che l’HIV non è scomparso, spiega che poi tu mondo quando saranno incinte non farai nulla per aiutarle ma sarai lì pronto con il dito puntato se da sole decideranno che non possono tenerlo. Dove sarai quando avranno bisogno di te e dov'eri prima di quel momento? Perché alcune se tu fai davvero il tuo dovere forse in quella stanza non dovranno mai finirci, perché useranno gli anticoncezionali sia lei che lui, o perché se succederà che resteranno incinte tu le sosterrai invece di giudicarle, perché sii sincero se abortisce a 18 anni la giudichi, ma se lo tiene la giudichi lo stesso. E poi accetta che anche se farai in modo da educare davvero alla sessualità e alla contraccezione e se sosterrai chi deciderà di tenere un figlio, accetta il fatto che ci sarà comunque chi per motivi suoi e solo suoi deciderà per un Ivg e tu non hai nessun diritto di giudicare, perché lei si è giudicata e si giudicherà da sola, per sempre. Penso caro mondo che sia qualcosa davvero delicato da trattare così superficialmente, quindi se leggendo queste righe non hai delle vere risposte, se non sai davvero cosa si prova, se tu per primo non hai fatto nulla di concreto perché anche solo una donna non debba fare quella scelta, e se non farai nulla neanche in futuro, resta solo una cosa che puoi fare, silenzio.

Referendum (rinviato!) TAGLIO PARLAMENTARI: UN PO’ DI CHIAREZZA di Melchiorre Cavallo

Si sarebbe dovuto svolgere la prossima domenica 29 marzo il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, ma l’emergenza sanitaria ha sospeso anche questo, dandoci più tempo per riflettere e parlare della proposta. Ed ecco alcuni dati di cui quasi nessuno parla. Oggetto del taglio: - I deputati passerebbero dagli attuali 630 a 400 (riduzione di 230)

- I senatori passerebbero dagli attuali 315 a 200 (riduzione di 115) Per il Senato non sono stati conteggiati i senatori a vita che, ovviamente, possono essere in numero variabile, ma comunque molto basso (qualche unità). La riduzione complessiva è quindi dagli attuali 945 parlamentari (previsti dalla Costituzione) a 600 complessivi. Attenzione: non c’è il quorum Per il referendum confermati-

vo (a differenza dei referendum abrogativi per i quali abbiamo votato sinora) non è necessario, per la validità dell’esito, che vada a votare il 50%+1 degli aventi diritto. L’esito è valido qualunque sia il numero di votanti. Il risparmio effettivo A conti fatti ogni italiano risparmierà, con il taglio dei parlamentari, un importo annuo di circa 1,40 euro. Di questo stiamo parlando.

Ovviamente tale risparmio partirà solo tra qualche anno, quando avremo “smaltito” il costo del referendum (per ogni consultazione nazionale viene calcolato un costo complessivo di oltre 350 milioni di euro, corrispondente al risparmio di almeno 4 anni). La domanda legittima Per un risparmio così ridicolo è il caso di cambiare la Costituzione, riducendo il numero delle voci e l’apporto di idee?


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Michela: “Vivere la vita per quello che siamo. È un dono grande”

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di Michela Della Valle

Mi presento per i nuovi lettori di insonnia che ancora non mi conoscono: sono Michela Della Valle, sono affetta da tetraparesi spastica neonatale e voglio parlare del rapporto della società con i portatori di handicap. Da quando sono nata, ho provato molte difficoltà perché a volte incontro persone che fanno discorsi che mi feriscono. Adesso, in quelle situazioni, non soffro più perché in qualche modo mi sono realizzata, però non capisco ancora come possa una persona abile, una persona con tutte le possibilità di muoversi senza dipendenze, come possa dire che la vita è brutta o che il suo corpo è brutto. Penso che la vita in sé sia difficile per tutti, però, secondo me, senz’altro da apprezzare. Io sono una ragazza che esce e vive nella società; mi piace stare in mezzo alla gente, ma sento sempre persone insoddisfatte, persone che non dicono mai “io sto bene”. Non lo dico per un mio vanto, però se chi entra in casa mia mi chiede “come stai, Michela?” io cerco sempre di rispondere “benissimo!” proprio perché apprezzo la vita e penso che chi mi viene a trovare è perché ha scelto di dedicarmi del tempo, mezz'ora o cinque minuti dipende da quanto ne ha. Come ho detto tempo fa, ho aperto un gruppo di aiuto dove cerco di tirare fuori i dispiaceri delle persone che partecipano. Però negli ultimi tempi incontro molti che non danno valore alla vita. Oppure persone che mi dicono “per te è facile, stai tutto il giorno, dal mattino alla sera, lì seduta e c’è chi ci pensa,

qualcuno che i soldi li guadagna per te”. A un certo punto dico, “basta!”. Voglio vivere la vita e penso che, data la mia condizione, posso insegnare ad altri a viverla. A mio parere i giovani, oggi non vivono bene, hanno mille cose da fare e non apprezzano più niente. Ci sono in giro gelosie e invidie, ho sofferto tanto per questo, ma è vero che sono riuscita a raggiungere dentro di me un buon equilibrio. Però, devo dire, non da sola ma grazie principalmente a papà e nonna e grazie a tutti quelli che mi vogliono bene, amici molto cari che mi rendono partecipe delle loro cose.

Mi capita, poi, che in situazioni di gruppo non mi venga rivolta la parola, come se io non fossi presente, come se non ci fossi proprio. Capita ad esempio nelle cene di leva. In quelle situazioni, non volutamente, però; di fatto ho poco da condividere con coloro che magari hanno avuto figli, vivono i problemi della scuola e altre tematiche che mi sono estranee. A volte la gente mi dice “ma tu mangi normale?”. A volte sono io a dire “vado a fare la spesa” o “vado in farmacia”, oppure “devo cucinare”, o “mi sono lavata i denti” e vedo la gente che sorride quasi che io, esprimendomi così, non

volessi riconoscere la mia condizione. Ma io penso: uno che ha gli occhiali dice ben “ho visto questo, ho visto quello”, non dice “i miei occhiali hanno visto”. Per me, la mia carrozzina, la mia accompagnatrice sono i miei occhiali, o no! Un’altra cosa: vivo una certa ritrosia nell’aiutarmi, ad esempio, a fare la doccia; capisco, ma resta il fatto che io ho bisogno. Vivo male quando le persone non sono esplicite nei rapporti con me, ritengo che ciò che fanno per aiutarmi, lo debbano fare volentieri. Non posso vedere persone cui pesa ciò che fanno e tacciono. Voglio più franchezza, sincerità. Ancora: come sanno i lettori di insonnia, io vivo con difficoltà il fatto di dover rimanere a volte fuori dai negozi e da certi servizi perché la carrozzina non può entrare e mi dispiace dover dire che da quando insonnia ne ha parlato, non è cambiato molto. E poi c'è la questione del ritiro dei documenti e dei referti medici per i quali è necessaria la delega che crea comunque una discriminazione. Essa sottolinea la mia diversità. E questo lo vivo male. In qualche modo si mette sempre il dito nella piaga. Come se il disabile non meritasse alcuna considerazione. Mi chiedo: che piacere è far soffrire una persona? Un posto dove mi sento benissimo è invece dalla mia parrucchiera, perché lì davvero mi sento normale, c'è tutto ciò che mi serve. E non è il lusso. Bisognerebbe invece puntare su un solo obiettivo: vivere la vita per quello che siamo. Il dono della vita è una cosa grande.


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a cura di Guido Piovano

Monastero di Bose COME SI ASCOLTA LA TERRA CANTARE di Enzo Bianchi

Ho sempre sentito il comandamento “Amerai il prossimo tuo come te stesso” come un imperativo ad amare anche la terra come me stesso. Non si può amare l’altro, il prossimo, senza amare la terra, perché l’altro sta di fronte a me e condivide lo stesso mio spazio, perché ha una vita che dipende dalla vita della terra e anche perché, come me, è terra: venuti dalla terra, torniamo alla terra. Ma che cos’è la terra che amo? È la terra su cui cammino e vivo; è la mia terra delle colline coperte di vigne del Monferrato; è la terra morenica, boscosa e piena di grandi sassi in cui abito; è la terra del mio orto; è la terra che sa generare la vita e accoglie la morte. Il mio è un amore viscerale, tanto che a volte mi sembra di poter abbracciare la terra e che essa possa ascoltare le mie confessioni di passione per lei. Non è una dea, ma è il dono essenziale che Dio ci ha fatto perché possiamo essere e vivere. La terra mi ha accolto quando sono uscito dal ventre di mia madre, mi ha aiutato a “stare in piedi” a camminare con speranza, mi sta aiutando nell’arte di “lasciare la presa”, di consentire che essa mi accolga, apra le braccia al mio corpo e permetta che io diventi lei stessa. Ma come si ama la terra? Innanzi-

tutto si tratta di imparare a vederla, ad ascoltarla, a conoscerla, in una vera e propria relazione nella quale, crescendo l’assiduità, cresce anche l’amore. La terra chiede di essere osservata così come si presenta nelle sue variazioni dovute ai ritmi del giorno, della notte e delle stagioni. Nel buio la terra emerge solo con la luce, sia pure poca; allora acquista almeno un profilo, anche se le ombre sembrano avvolgerla. Ma al mattino la terra, accogliendo la luce, si mostra, si veste di molti colori e inizia a cantare. La terra è fatta di cose: un ruscello, un prato che fiorisce, un bosco che della luce sa fare un’ombra, la mia quercia centenaria che è la prima cosa che al mattino guardo con gioia uscendo dalla cella. Dal vedere sgorga poi il celebrare: celebro, dunque canto la terra, o meglio la vita, mia, nostra, di noi umani e della terra insieme. Umani perché venuti dall’humus, e dunque umili per natura. Non essere umili è il grande peccato contro natura! Secondo la tradizione ebraica e cristiana Dio non ha solo creato con la sua parola e con il suo soffio la terra, ma l’ha affidata ai terrestri: Adam riceve la terra per essere il suo giardiniere; giardiniere, non sfruttatore, che la devasta, la opprime, la fa ammalare. Perché non ci domandiamo

cosa abbiamo fatto e continuiamo a fare contro la bellezza e la bontà della terra? Terre avvelenate dai rifiuti, terre cementificate da costruzioni insensate, terre sfruttate... Fa impressione rileggere le parole di Alano di Lilla, un monaco del XII secolo: “Uomo, ascolta cosa dice contro di te la terra, tua madre: perché fai violenza a me che ti ho partorito dalle mie viscere? Perché mi tormenti e mi sfrutti per farmi rendere il centuplo? Non ti bastano le cose che ti dono, senza che tu me le estorca con la violenza?”. https://www.monasterodibose.it/ fondatore/articoli/articoli-su-quotidiani/13667-come-si-ascolta-la-terra-cantare, pubblicato su la Repubblica lo scorso 17 febbraio.

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Una breve riflessione

Mentre scrivo, viviamo giorni di coronavirus; la situazione, con la paura che si percepisce in mezzo alla gente, mi ricorda quanto fragile ed evanescente sia la grandezza di noi uomini del 2000 ricchi di tecnologia, scienza e, qualcuno, anche di potere. Non so trovare un nesso diretto tra questo pensiero e quanto esprime qui padre Bianchi. Provate a cercarlo voi, a me partire dal rispetto della terra sembra comunque un buon inizio per recuperare una dimensione più umana e forse anche per sconfiggere, se non tutti, molti dei mali che ci accompagnano. (g.p.)

È MORTO ERNESTO CARDENAL stesso, riteneva l’arte imprescindibile anche per chi soffre povertà e privazioni. Amava profondamente il Vangelo dei poveri (cfr. E. Cardenal, Il Vangelo a Solentiname, Cittadella Ed., 1976). La sua terra e il mondo qualcosa gli devono… Lo scorso 1° marzo è morto in Nicaragua il monaco Ernesto Cardenal, aveva 95 anni. Negli anni ’80 visse da protagonista una stagione complessa dell’America Latina. Lo ricordo fiero oppositore della sanguinaria dittatura di Somoza e tra i promotori della Teologia della Liberazione. Tra il 1984 e il 1990 fu ministro della cultura nel primo governo democratico del Nicaragua. Abbiamo ancora tutti negli occhi l’immagine di lui inginocchiato davanti a papa Giovanni Paolo II che gli alza il dito indice contro all'aeroporto di Managua. L’anno successivo sarà sospeso a divinis e soltanto nel 2019 verrà riabilitato da papa Francesco. Cardenal dedicò la vita alla giustizia e alla bellezza: quale fondatore di una comunità di artisti, scrittori, poeti, essendo poeta egli

Campa cavallo… di Zanza Rino

Mi è capitato tra le mani il ritaglio di una intervista del Saviglianese al Consigliere con delega all’Ambiente. Ne riporto una sintesi. Ho evidenziato alcuni passaggi per aiutare il lettore a capire. Città sporca? “No! Rispetto a prima è più puli-

ta… anche se non è ancora come io vorrei… Come amministrazione dobbiamo incominciare dalle scuole perché l’educazione civica deve partire dai giovani” Iniziative nelle scuole o incontri con la cittadinanza sui problemi ambientali? “Ci stiamo lavorando. Sono, come si dice, “in fieri”. Per ora non abbiamo fatto niente, ma voglio farlo. In primavera qualche cosa organizzeremo di sicuro” Cestini sovraccarichi di rifiuti “Sì, vogliamo che lo svuotamento dei cestini sia più assiduo” Il problema dei colombi “… una nota molto dolente, un pro-

blema ancora irrisolto. Si sono pensate molte soluzioni, ma nessuna sembra dare garanzia… vedremo” Lotta alle zanzare tigre “Ne parleremo in giunta e prenderemo una decisione” Disagi all’isola ecologica “Abbiamo cercato in qualche modo di lenire i disagi legati all’apertura… intendo creare un ingresso ed una uscita indipendenti… faremo un progettino con l’Ufficio tecnico… stiamo cercando di individuare un luogo (per il nuovo sito, n.d.r.) dove dia meno fastidio” Possibile aumento TARI “Non è ancora stato deciso, ma cercheremo di tenerla al mimino”

Un programma impegnativo, ho pensato, ma il nostro delegato e l’amministrazione hanno abbastanza tempo davanti. Poi mi è caduto l’occhio sulla data dell’intervista, 5 febbraio 2020. Ho preso un abbaglio, non è il programma di una amministrazione appena entrata in carica. Sono quasi tre anni che ci sono e… Campa cavallo… P.S. Chi vuole vedere la città più pulita (vedi prima risposta) può guardare le foto del mese di febbraio di Insonnia


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Pubblichiamo la lettera che il preside del liceo Volta di Milano, Domenico Squillace, ha scritto agli studenti della sua scuola

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AGLI STUDENTI DEL VOLTA “La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c'era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…..” Le parole appena citate sono quelle che aprono il capitolo 31 dei Promessi sposi, capitolo che insieme al successivo è interamente dedicato all’epidemia di peste che si abbatté su Milano nel 1630. Si tratta di un testo illuminante e di straordinaria modernità che vi consiglio di leggere con attenzione, specie in questi giorni così confusi. Dentro quelle pagine c’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria… In quelle pagine vi imbatterete fra l’altro in nomi che sicuramente conoscete frequentando le strade intorno al nostro Liceo che, non dimentichiamolo, sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano: Ludovico

Settala, Alessandro Tadino, Felice Casati per citarne alcuni. Insomma più che dal romanzo del Manzoni quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi. Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare - con le dovute precauzioni - a fare una vita normale. Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate, per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo - se state bene - di restare chiusi in casa. Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato, servono solo

a loro. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque, il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero. Vi aspetto presto a scuola. Domenico Squillace

ANPI Caduti per la Libertà di Pierfranco Occelli, Presidente A.N.P.I. (Ass. Naz. Partigiani d’Italia - Sez. Racconigi

Due camion si fermano al bivio. Quattro giovani legati vengono fatti scendere a forza, strattonati da alcuni militi in camicia nera; con loro scende anche un prete, il Canonico Raspino. Terrei, pietrificati, vengono allineati sul ciglio. Sull’altro camion si alza il telone: una insistita raffica di mitraglietta li falcia. I due camion ripartono, Don Raspino rimane lì accanto, inginocchiato a pregare e benedire. Sono le quattro del pomeriggio del l5 febbraio del l945. Il bivio è quello per Cervignasco sulla Statale Saluzzo - Pinerolo. Così vengono trucidati quattro giovani della 105° Brigata Garibaldi “Carlo Pisacane". I loro nomi sono: Raffaele Sansone, Giuseppe Beltramone, Giacomo Fossati, Angelo Gonella. Sansone, 24 anni, è di Messina; Beltramone, 23 anni, di Barge: Fossati, non ancora diciassettenne, e Gonella, diciannove anni appena compiuti, sono racconigesi. La tragica morte li accomunerà per sempre, così come li aveva accomunati in vita la militanza partigiana. Da quando avevano raggiunto i Garibaldini della Brigata Pisacane stavano quasi sempre insieme. Vuoi perché erano dello stesso paese, vuoi soprattutto perché avevano scoperto di essere, come si diceva un tempo, “fratelli di latte", di essere stati cioè allattati dalla

Giacomo Fossati Romolo 1 aprile 1928 Giacomo Fossati è stato insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare. Racconigi gli ha dedicato una via.

stessa balia. Anche i nomi di battaglia li avevano scelti per ricordare questa specie di gemellaggio: Romolo (o Romoletto) Fossati, Remo Gonella. Lavoravano per l’Intendenza della Brigata, anzi, della Divisione. Il loro comandante, un siciliano burbero ma paterno, Etna era il suo nome di battaglia, li aveva destinati insieme alla ricerca di vettovaglie, indumenti, calzature in una zona di pianura però abbastanza sicura, che gravitava attorno a Villafranca Piemonte, dove avevano la loro base in una piccola stanzetta.

Per diversi mesi tutto fila abbastanza liscio per i nostri due giovani “gemelli di latte", fino a quando, il 5 febbraio del ’45, si trovano al Centro di una spietata vicenda molto più grande di loro. Una molto ben pagata delazione avverte il comando delle brigate nere di Pinerolo che a Villafranca quel giorno si sarebbero trovate tre figure di assoluto rilievo della Resistenza piemontese. Erano Leo Lanfranco, leader operaio torinese, organizzatore degli scioperi del marzo del ’43, al momento commissario politico della Divisione Garibaldi e i fratelli Ettore ed Enrico Carando, rispettivamente Capo di stato maggiore ed ispettore generale della stessa formazione. La cittadina lungo il Po viene messa a ferro e fuoco: non solo vengono catturati i tre esponenti di spicco, ma anche quasi tutti coloro che avevano a che fare con la Resistenza, compresi i nostri due giovani partigiani racconigesi. Leo Lanfranco, Ettore ed Enrico Carando vengono torturati, massacrati e poi impiccati sulla piazza principale. Fossati e Gonella, assieme ad altri partigiani, sono trasportati presso il comando di Pinerolo, dove sono interrogati e torturati per diversi giorni. Infine, caricati su un camion con Sansone e Beltramone, sono avviati, non si sa bene perché, verso Saluzzo. Al bivio di Cervignasco il tragico e sanguinoso epilogo.

Angelo Gonella Remo 22 gennaio 1926 Angelo Gonella è stato forse dimenticato: sarebbe ora di ricordare anche lui.

Quel giorno di metà febbraio del `45 era una giornata limpida e tersa, spirava un vento che pareva annunciare la primavera, che sarebbe arrivata da lì a poco. Romolo e Remo non la vedranno mai. Stroncati sul fiorire della loro giovinezza dalla ferocia nazifascista, Giacomo Fossati e Angelo Gonella sono le vittime, i fascisti i carnefici. Non vi potrà mai essere equiparazione.


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Liquami: una situazione insostenibile

insonnia

di Legambiente, Circolo il Platano

Ogni anno, durante la stagione invernale, nella Pianura Padana si ripropone il problema dei liquami zootecnici. Si tratta di tonnellate di materia fecale e liquidi maleodoranti prodotti dagli allevamenti intensivi, specialmente di bovini e suini, che sono ampiamente diffusi sul nostro territorio. Il terreno agricolo durante la stagione fredda è saturo d’acqua o ghiacciato, perciò non è nelle condizioni adatte per assimilare i nutrimenti presenti nei liquami, che quindi ristagnano nelle cisterne di stoccaggio, traboccando inesorabilmente in attesa del momento adatto allo sversamento nei campi. Questo inverno il Ministero delle Politiche Agricole, per tendere una mano agli allevatori, ha autorizzato l'impiego di liquami anche nei mesi di dicembre e gennaio, mesi in cui - per rispettare la direttiva europea - vige il divieto di spandimento. Il risultato è stato ovviamente la produzione di immensi sciacquoni, che hanno formato estese paludi maleodoranti e colature schiumose nei corsi d'acqua della pianura, anche nelle campagne a noi vicine. Tra gli effetti immediati, oltre alle proteste di residenti e comitati, anche un repentino aumento dei valori atmosferici del PM10 nei giorni centrali di gennaio, uno dei periodi di aria più inquinata del decennio. Questa circolare, che Legambiente aveva invano chiesto di ritirare, è al centro della denuncia fatta dalla stes-

sa associazione ambientalista e trasmessa agli uffici della Commissione Europea, contestandone la violazione di ben quattro direttive, in materia di acque, aria, rifiuti e inquinamento da nitrati. “Gli spandimenti selvaggi che abbiamo descritto nella denuncia alla UE - dichiara Damiano Di Simine, coordinatore della presidenza del comitato scientifico nazionale di Legambiente - non possono in nessun caso essere spacciati per pratiche agricole: si è trattato di attività di smaltimento di rifiuti pericolosi su vasta scala, con effetti deleteri per la salute e per gli ambienti acquatici. Non siamo più disposti a tollerare pratiche nocive da

parte di una zootecnia che, in Pianura Padana, ha passato il limite”. Va ricordato che nelle 4 regioni della pianura Padano-Veneta si concentra oltre l'85% di tutti i suini allevati in Italia, e oltre i 2/3 di tutti i bovini nazionali. Una densità di animali allevati che ha pochi eguali in Europa e che rappresenta, in termini di massa biologica, l'equivalente in peso di 50 milioni di esseri umani, come dire oltre il doppio della popolazione residente. Ma mentre le deiezioni umane vengono intercettate dalle fognature e trattate dai depuratori, per gli animali allevati non c'è alternativa allo spandimento sui campi: una pratica che funziona, quando le quantità sono

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Undici anni or sono siamo partiti con un progetto, per certi versi folle: fondare un giornale da regalare alla nostra Racconigi. Noi abbiamo realizzato il progetto, ma tu che leggi il nostro mensile e ne apprezzi i contenuti, tu fai vivere questo progetto anche con il contributo in denaro che ci dai ogni anno. Puoi avere il nostro mensile gratuitamente, ma ci sostieni proprio perché ti piace che tutti i racconigesi possano leggere insonnia. Per questo a distanza di un anno siamo ancora qui a chiederti un contributo che ci permetta di continuare a distribuire il nostro insonnia su tutto il territorio racconigese, e ormai anche al di fuori di esso, ancora gratuitamente. Sostenendoci, come segno della nostra riconoscenza, riceverai insonnia direttamente a casa, nella tua buca delle lettere. GRAZIE!!!

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appropriate e le colture richiedono fertilizzanti. È d'inverno che i liquami diventano un incubo, per gli allevatori che vedono riempirsi le cisterne, ma soprattutto per le popolazioni residenti, che devono sopportare miasmi e inquinamenti, gravi e dannosi per la salute: le deiezioni zootecniche sono all'origine delle emissioni di ammoniaca, gas che si combina per formare sali d'ammonio, che compongono fino al 50% del particolato sottile per cui l'Italia è sotto procedura d'infrazione europea, “per avere omesso di prendere misure appropriate per ridurre i periodi di superamento”. E se rendono l'aria irrespirabile, non va meglio per l'acqua: i composti azotati in eccesso infatti sono all'origine dell'inquinamento da nitrati di fiumi, canali e falde acquifere da cui attingono pozzi e acquedotti, un problema grave al punto da spingere l'Europa, già nel 1991, a promulgare una direttiva per la protezione delle acque da questo specifico inquinamento. Quella degli sversamenti di liquami è solo una delle tante tematiche legate agli allevamenti intensivi, una realtà tanto facile da sottovalutare quanto difficile da affrontare concretamente, in cui l’unico orizzonte sostenibile non può che estendersi verso una riconversione che riduca significativamente le densità degli animali per superficie e rispettino il benessere animale.

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Il 16 marzo del 2010 ci lasciava Mirella Macera

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UN TEMPO SOGNATO, CHE BISOGNAVA SOGNARE segue dalla prima

dove si raccoglieranno nel suo commosso ricordo colleghi ed amici; il 20 marzo, presso il Castello di Moncalieri, in un convegno su Parchi e Giardini Storici; nel mese di giugno, nel suo amatissimo Castello di Racconigi, con un percorso espositivo che ne ripercorrerà la straordinaria carriera professionale. Sono passati 10 anni: sembra ieri ma, paradossalmente, pare trascorso un secolo da quel fuoco di fila di iniziative che ha reso il Castello di Racconigi, in pochi anni, un laboratorio di innovazione e modernizzazione dei beni culturali, accrescendone anche la forza attrattiva in termini artistici, naturalistici e turistici, culminata nel raggiungimento dei 200.000 visitatori annui e nel riconoscimento, proprio nel 2010, di “Parco più bello d’Italia”. Una vertigine, da cui, forse, non ci siamo più ripresi. Dal 2001 al 2010 Progetto Cantoregi ha ideato e realizzato, presso il Castello e il Parco di Racconigi, proprio sotto la guida di Mirella Macera – con il coordinamento di Renato Balestrino e, spesso, con il contributo documentaristico puntuale del compianto Mario Monasterolo -, molti allestimenti scenici, aderendo con passione e convinzione al suo audace e rivoluzionario progetto di un'istituzione museale che non si limita all'esercizio della sola funzione

conservativa ma si fa motore di iniziative di sviluppo culturale, didattico e spettacolare. Gli esiti artistici di questa sua felice intuizione, che Progetto Cantoregi ha inteso immediatamente abbracciare mettendone al servizio la propria poetica, frutti di questo sodalizio professionale ma anche e soprattutto umano, sono stati, in ordine cronologico: Colori di Presepi Napoletani in una Casa di Re, Altre Voci Altre Stanze, Le dimori Interiori, Cappellani del Re, Saudade. Canto delle lontananze, I Roda. Compositori di giardini, Il Giardino d'Inverno, Un giardino per Josephine, Piccoli Principi, Regine a Racconigi, I Giorni dello Zar, Vittorio Emanuele II, il Re Galantuomo. Nell'intento di offrire un'opportunità diversa e innovativa di scoperta della residenza sabauda e dei personaggi che vi hanno soggiornato, hanno inaugurato un linguaggio espressivo del tutto nuovo, un unicum difficilmente etichettabile, anche se oggi, possiamo affermarlo con orgoglio, sicuramente riconoscibile. Sono stati variamente denominati allestimenti scenici, viaggi multisensoriali, itinerari dello sguardo e dell'ascolto, visite interattive, percorsi immaginari, performance multimediali. Hanno costituito una delle pagine più significative e originali

Capita molto spesso d’imbattersi in una via, piazza o altro luogo dove l’odonimo, in parole più semplici, le intitolazioni non sono personalmente conosciute. Nella stragrande maggioranza dei casi l’odonomastica di una città è dedicata a personaggi illustri, date storiche, o avvenimenti rilevanti. A Racconigi una via in particolare ha suscitato la mia curiosità, ossia via Senatore Imberti. Chi era esattamente questo onorevole cittadino? Ebbene, da un’accurata indagine, ho scoperto che Imberti è stato un importante personaggio della politica non solo racconigese, ma nazionale. Giovanni Battista Imberti nacque a Racconigi il 21 aprile 1880 e qui spirò il 29 maggio 1955. Il padre IMBERTI

Bartolomeo e la madre GARAVAGNO Caterina accolsero nella illustre famiglia la moglie Racca Agnese accanto ai tre cognati, Francesco, Stefano, Antonio. Erede di una ricca famiglia di commercianti e banchieri, alla morte dello zio paterno Giovanni Battista Imberti eredita la società bacologica omonima e quote della banca di famiglia. Inizia fin da giovane la carriera nel mondo sociale all’interno delle istituzioni, cominciando a Racconigi nel 1910 come consigliere comunale per entrare successivamente nel Consiglio provinciale di Cuneo (1914). Ma l’ambizioso concittadino puntò subito in alto e nel 1919 viene eletto deputato nel gruppo socialista di Giolitti. Venne in seguito eletto senatore dopo “il biennio rosso” nel 1921 tra le file del Partito Popolare. L’ascesa di Mussolini fu poi foriera di un altro “cambio di casacca”, e, indossando quella nera, venne riconfermato senatore nel 1924 nelle fila del Partito Nazionale Fascista. Lo stesso anno che vide, in giugno, l’assassinio di Giacomo Matteotti da parte di persone legate proprio al partito. Fu commissario straordinario della Camera di Commercio di Cuneo dal 1926 al 1927 fino a quando, ormai entrato

di quel “teatro fuori dal teatro” che è da sempre la filosofia di Progetto Cantoregi, proponendo non rappresentazioni tradizionali, ma nuove pratiche performative, sorta di esperienze immersive sinestetiche dove si combinavano luci, visioni, apparati scenici, installazioni plastiche, voci, musiche, suoni, favorendo, nei visitatori, nuove capacità immaginative. Per Vincenzo Gamna, per Koji Miyazaki, per la meravigliosa e nu-

nell’alta nomenclatura fascista, si guadagnò la poltrona di Podestà di Cuneo dall’aprile 1927 a marzo 1938. Nel frattempo fu Commissario prefettizio di Racconigi nel periodo 1930-1933. Fu membro più volte delle commissioni in Senato dell’agricoltura ed autarchia, e negli anni ottenne varie onorificenze. A seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Alta Corte di Giustizia per le Sanzioni contro il Fascismo lo fece formalmente decadere da ogni tipo di incarico pubblico “degradandolo” anche del titolo onorifico. Si ritirò nella sua Racconigi per il resto

merosa famiglia di Cantoregi, e per chi scrive, quell'intenso, indimenticabile periodo che ha coinciso con il nostro approdo a Racconigi, è stato qualcosa di più di un'esperienza artistica, pur straordinaria e per certi versi irripetibile. L'abbiamo già scritto, ma ci piace ribadirlo, in questa occasione: è stato un sogno, o meglio, come canta Ivano Fossati, un tempo sognato, che bisognava sognare. Insieme a Mirella. della sua vita occupandosi di finanza e bachi da seta. Dopo aver letto e ricostruito sinteticamente l’intensa attività politico-amministrativa di Imberti, mi sorgono spontaneamente molti quesiti, nonché dubbi. Perché dedicare una strada ad un uomo che, oltre ad essere stato politicamente camaleontico, ha ricoperto ruoli rilevanti nel periodo fascista, avvallandone presumibilmente provvedimenti e orrori? È una domanda - e insieme una riflessione - che vorrei rivolgere ai lettori, ma anche agli amministratori locali. Non vale forse la pena di chiedersi se non sia il caso di riproporre, quanto già fatto nel recente passato a proposito della richiesta di revoca della cittadinanza onoraria racconigese a Benito Mussolini? Anche per via Imberti, così come per la cittadinanza onoraria a Mussolini, credo esistano motivazioni valide e concrete per dover rimediare a un gesto che, visto oggi, appare come un omaggio ingiustificato - e mi spingo a dire – scellerato. Si dovrebbe lasciare invece il posto a una vera vita illustre, che possa costituire un esempio. Pino Perrone p.s. Notizie tratte dall’Archivio di Stato del Senato (p.p.)


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UN’IDEA DA CARMAGNOLA

Cia Imberti la conoscevano tutti quelli che hanno fatto i pendolari negli anni 60, abitava nella prima casa a sinistra in via Girivotto ed al mattino fin dalle prime ore apriva il cancello per lasciar entrare i pendolari che con le bici raggiungevano la stazione per prendere il treno per Torino. Aveva un paio di semplici tettoie nel cortile dove si potevano ricoverare le bici all’asciutto e al sicuro al sabato si “pagava” un compenso per il servizio, forse 100 lire. Cia era solerte e conosceva anche i ritardatari, tra questi c’eravamo anche mio padre ed io che prendevamo il treno alle 6,20 e buttavamo la bici contro la recinzione tra la via e la massicciata ferroviaria, vicino alla sbarra del passaggio a livello, eravamo sicuri che la “guardiana” la avrebbe portata lei sotto la tettoia. Devo raccontare questo aneddoto: una mattina la “signora delle bici” va a fare il solito giro di recupero bici ritardatari – oh diavolo, questa mattina Mario non è arrivato a prendere il treno, starà male”poi casualmente alza gli occhi

e… vede attaccata alla sbarra del passaggio a livello la bici di Mario lassù stagliata contro un cielo non ancora luminoso; alzandosi, la sbarra aveva agganciato a sé il vecchio velocipede. Cosa fare? La vecchietta parte e va in stazione a spiegare il caso, il capo stazione comprensivo fa scendere il meccanismo permettendo così a Cia di ricoverare la bici. Non dovrei dirlo ma Mario a volte il treno lo prendeva passando sotto la sbarra e salendoci su non guar-

dava dove aveva buttato la bici; il treno già era in movimento. Oggi non sarebbe possibile perché le porte non si aprono (per fortuna) quando il treno inizia a muoversi. Oggi purtroppo non c’è nemmeno più Cia e se aneddoti dei pendolari

si vogliono raccontare sono quelli relativi ai furti subiti per aver lasciato la bicicletta appoggiata alla recinzione anche con la catena che però non ferma il ladruncolo. Chi non ha un parente o un amico che ha avuto questa amara sorpre-

sa se non è lui stesso che ha avuto l’esperienza? A Carmagnola a fianco della stazione ferroviaria il comune ha adottato una bella soluzione, certo non c’è un custode bici ma ci sono due bellissimi locali dove i pendolari possono lasciare la bici all’asciutto e tranquilli che questa soluzione allontani i malintenzionati che cercano biciclette a costo zero; i locali sono molto bene illuminati, puliti, dotati di sbarre alle quali poter legare il proprio mezzo di trasporto e con una grafica da far invidia ai parcheggi bici dell’Alto Adige o della vicina Austria. Speriamo che anche da noi a Racconigi prima o poi ci sia una maggior attenzione a chi usa la bicicletta in città.


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COLORI IN RETE IN CAMPO

Una esperienza di solidarietà attiva a Racconigi a cura di Giancarlo Meinardi

14 dicembre, sala SOMS: Colori in Rete si presentava ai racconigesi. Un coordinamento di famiglie, associazioni, operatori professionali, istituzioni che condividono valori di accoglienza e convivenza civile e hanno dato vita a una rete sul territorio per cercare di dare risposte concrete ai bisogni dei migranti. Ne abbiamo già ampiamente parlato in Insonnia di dicembre 2019/gennaio 2020. Sono trascorsi pochi mesi e Colori in Rete è entrato nella fase operativa ed ha voluto aggiornare i racconigesi attraverso una conferenza stampa avvenuta venerdì 6 marzo. Al Coordinamento partecipano ad oggi numerose famiglie; operatori di due cooperative presenti sul territorio racconigese (“Liberi tutti” e “Insieme a voi”); associazioni (Fondo di Solidarietà, Mandacarù, Insonnia, Cantoregi, Anpi, Solare collettivo, Mai più sole, Karmadonne di Carmagnola); Alessandro Tribaudino, vicesindaco e assessore alle politiche sociali del comune di Racconigi, Giannino Marzola, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo B. Muzzone di Racconigi. In questa prima fase Colori in Rete ha centrato l’attenzione sul bisogno abitativo, cercando di favorire l’incontro tra le esigenze abitative dei migranti e i proprietari di alloggi disposti ad affittare. Ad oggi sono attivi quattro alloggi, dove sono ospitati complessivamente 10 migranti, con regolare contratto intestato a uno o più degli ospiti. Gli ospiti sono migranti in condizione di regolarità, in possesso del permesso di soggiorno o in attesa di rilascio dello stesso. Ma che necessitano di

un alloggio regolare per poter ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno alla scadenza, al fine di non rischiare di essere ricacciati in una condizione di irregolarità. Il coordinamento si occupa non solo di favorire l’incontro tra domanda e offerta di alloggio, ma anche di fornire agli ospiti un supporto per far fronte alle esigenze (reperire mobili usati per l’arredamento, assistere l’ospite per il disbrigo delle formalità come l’attivazione delle utenze ecc.). Questa attività di accompagnamento non ha natura assistenziale, ma è finalizzata al raggiungimento di una piena autonomia da parte degli ospiti e quindi dell’integrazione nel tessuto sociale del nostro territorio. I migranti ospitati hanno in genere un contratto di lavoro (a tempo indeterminato o determinato), guadagnano un reddito e sono quindi in grado di sostenere autonomamente le spese per l’affitto, per il pagamento delle utenze domestiche (luce, gas, acqua). Ma possono verificarsi situazioni in cui qualcuno degli ospiti non sia temporaneamente in grado di sostenere in tutto o in parte tali spese. In questi casi Colori in Rete può decidere di dare un sostegno sotto forma di anticipazione delle spese, che dovranno poi essere restituite (senza interessi) secondo un piano di rimborso concordato con l’ospite e in funzione della sua condizione economica. Questo supporto economico è temporaneo e commisurato alle esigenze specifiche, essendo anch’esso funzionale al raggiungimento della piena autonomia dell’ospite. Le risorse finanziarie necessarie sono raccolte attraverso il Fondo di Solidarietà di Racconigi, che fa parte del Coordinamento. Il Fondo di Solidarietà Onlus opera a Racconigi dal 1998. È impegnato a sostenere piccoli progetti di promozione umana in tutto il mondo attraverso il contributo economico dei soci e dei sostenitori in un’ottica di solidarietà e redistribuzione delle risorse economiche. Il Fondo ha messo a disposizione una somma iniziale e ha attivato una apposita sezione del suo bilancio in cui far confluire i versamenti delle famiglie specificamente destinati alle finalità perse-

COLORINRETE Una rete sul territorio di famiglie, associazioni, operatori del settore, istituzioni che condividono valori di accoglienza e convivenza civile per dare risposte ai bisogni concreti dei migranti: 1) sistemazione abitativa 2) lavoro 3) percorsi di istruzione e formazione Per contatti e informazioni: Mail: colorinrete@gmail.com Pagina facebook: Colori in Rete Referente: Anna Simonetti: 339 1136213 COSA PUOI FARE TU? Puoi fare un versamento una tantum oppure un versamento periodico indicando la causale “Colorinrete” sull’IBAN del Fondo Solidarietà: IT-38-O-07601-10200-000053989356 Le donazioni sono deducibili fiscalmente guite da Colori in Rete. I cittadini che lo desiderano possono contribuire al progetto con un versamento “una tantum” oppure con un versamento periodico intestato al Fondo di Solidarietà, indicando la causale “colorinrete” (vedi box in questa stessa pagina).


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Prossima inaugurazione della nuova struttura polifunzionale

LA NUOVA BOXE RACCONIGI Intervista a Luca Bersano Ciao Luca, raccontaci delle novità che riguardano il tuo corso di pugilato. In questo mese di marzo ci stiamo trasferendo nella nuova sala dove andremo a sviluppare i vari corsi che prevederanno la BOXE bambini per amatori e agonisti, 2 corsi di FIT-BOXE, il KRAV MAGA, il KARATE sia per bambini che per adulti, la GINNASTICA ARTISTICA per le varie fasce d’età, lo YOGA e probabilmente un corso di MEDITAZIONE. Come molti sapranno, la precedente struttura comunale presentava notevoli limiti a livello di spazio e questo ci imponeva dei corsi di pugilato a “numero chiuso” e con attrezzature limitate. Dopo anni di ricerche si è presentata l’occasione di una struttura privata in loc. Pedaggera con una sala di 200 mq più spogliatoi. Senza pensarci troppo, su ho colto la palla al balzo e portato avanti il progetto, creando subito una società sportiva dilettantistica senza fini di lucro. Il mio sogno è sempre stato quello di avere uno spazio privato per ospitare vari sport da combattimento, allestito con attrezzature comuni che potessero essere utilizzati da tutti i fruitori della struttura essendo comunque sport affini anche se diversi. Abbiamo quindi creato un team di istruttori specializzati, regolarmente tesserati ed abilitati dalle relative federazioni.

Parlaci di questo gruppo di persone che hai messo insieme. Per quanto mi riguarda, parlando di pugilato, rispetto a prima ho inserito il corso per i bambini (LUN-VEN ore 18-19); siccome credo molto nell’ altissimo valore formativo ed educativo della Boxe, ho la possibilità di iniziare a lavorare con i bambini dai 6 anni in su ed offrire quindi un programma a lungo termine che possa sfociare in risultati ancora più importanti di quelli già raggiunti fino ad ora (1 campione italiano Elite 2 serie e svariati campioni regionali), per questo motivo ho inserito altre 2 persone che mi danno una mano a gestire i corsi per migliorare il servizio e poter dedicare maggior attenzione ai nostri atleti: Francesco Bruno per il corso dei bambini (mio atleta) e un altro allenatore, che risiede a Bra, Said, il quale anche lui ha un bel trascorso nel pugilato e nella preparazione atletica. Sono persone molto preparate e li ringrazio per il loro preziosissimo contributo.

Per il Krav Maga (MAR-GIO ore 20-22), abbiamo con noi il gruppo di Bartek, con il quale ci siamo confrontati durante “sport in piazza”; anche loro avevano la necessità di una struttura più adeguata. Sono stati molto presenti nello sviluppo del progetto e mi hanno aiutato moltissimo con i lavori di allestimento dello spazio. A loro devo un SUPER ringraziamento!! Lavorare insieme è stato l’occasione per conoscerli meglio e devo dire che sono veramente un gruppo eccezionale!! Sempre inerente alla Boxe, sono particolarmente entusiasta del corso di FIT-Boxe con 2 date settimanali in pausa pranzo e 2 serali (LUN-MER 12.30-13.30 e MAR-GIO 19-20), gestito dal mio collaboratore Stefano Scarallo di Carmagnola, laureato in scienze motorie, nonché cintura nera III grado di Kick Boxing, che propone già da diversi anni un corso di Fit-boxe a Carmagnola: anche lui è una persona veramente qualificata e un ottimo preparatore atletico. Ma non è finita qui: abbiamo previsto il corso di KARATE (attualmente MAR-GIO 17-19) gestito dal mio caro amico Federico Patrimia, anche lui istruttore III Dan di grandissima esperienza e capacità. Ed è già partito anche il corso di Ginnastica Artistica (LUN 16-18 successivamente anche VEN) tenuto da Michela Stella, grande professionista nel suo settore, anche lei in grado di offrire un servizio di alto livello, creando un ambiente sereno, collaborativo e divertente, perfettamente in linea con l’impronta che voglio dare a questa struttura. E visto che lo sport non è completo senza un lavoro sull’equilibrio e la centratura, abbiamo pensato di proporre anche un corso di YOGA per bambini e adulti, tenuto dall’insegnante Simona Roccato, docente qualificata che lavora già a Savigliano e proporrà anche a Racconigi questa importante pratica. Quali sono i tuoi obbiettivi nel lungo termine? Nel lungo termine il mio obiettivo è di far avvicinare il maggior numero possibile di giovani agli sports in particolar modo da combattimento che ritengo siano importantissimi per la crescita dei nostri giovani (soprattutto psicologica) e che siano un antidoto alla vita sempre più sedentaria delle nuo-

ve generazioni; aiutandole sicuramente a stare lontane da cattive abitudini che trovano terreno molto più fertile nella gioventù oziosa e priva di stimoli positivi. Come detto prima vorrei che si creasse questo spazio dove praticando sport i nostri giovani crescano conoscendo i valori dell’amicizia, dell’unione, del rispetto del prossimo e abbiano la loro isola felice dove tutte queste cose si sperimentano realmente, lontano dalle varie contaminazioni esterne, non sempre positive, dei nostri giorni… mi rende particolarmente orgoglioso il fatto che i nostri corsi siano frequentati da giovani che provengono da culture diverse e da diverse parti del mondo: li vedo subito entrare in sintonia con gli altri e sentirsi immediatamente parte di un gruppo di amici senza pregiudizi o barriere di alcun tipo… secondo me il primo valore che deve insegnare lo sport è proprio questo e se devo dirla tutta, nessun altro strumento sociale crea integrazione come lo sport, soprattutto lo sport da combattimento. Per chi fosse interessato ad avere informazioni come può mettersi in contatto con voi? Siamo presenti su Facebook con la pagina “Boxe Racconigi” all’interno della quale trovate i nostri contatti e i aggiornamenti sulle varie attività che svolgiamo. Quindi colgo l’occasione per invitarvi a venirci a trovare, per avere informazioni, per mettere il naso nel nostro bellissimo mondo, o semplicemente per un saluto.


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Dieci minuti con la bellezza

Anche l’occhio vuole la sua parte di Rodolfo Allasia

Mi hanno chiesto se potevo dare in prestito per una mostra a Rittana un quadro di Nino Pirlato; mi sono attivato presso Margherita, la nipote, ed il quadro sarà presente in mostra a luglio e ve ne parlerò a suo tempo. Come faccio spesso sono andato a riprendere notizie dell’autore per affiancare una piccola biografia al quadro che verrà presentato in catalogo. Così ho trovato, in una frase del mio maestro, lo spunto per arrivare al tema di cui intendo scrivere questo mese. Pirlato usava e osava dire “non capiscono niente!” quando sottolineava il disinteresse dimostrato da alcune persone che non sapevano apprezzare la buona pittura e a me insegnò che “…guardare è il primo passo per avvicinarsi all’Arte”. Forse non tutti oggi sono d’accordo con quanto dico, soprattutto di questi tempi in cui l’Arte Concettuale imperversa (concettuale vuol dire che è più importante il concetto che sottostà all’opera che non la sua tecnica). Come sono partito alla larga per dire che nel passato guardare era fondamentale per avvicinarsi all’Arte! Ho visitato a Novara “La rivoluzione della luce” una mostra sul Divisionismo che sarà aperta fino al 5 aprile. Qui ho trovato con piacere due quadri di Matteo Olivero (1879-1932), nato a Pratorotondo vicino ad Acceglio di cui esiste ora una pinacoteca a Saluzzo. Il Divisionismo è un fenomeno artistico derivato da una tecnica che

funziona accostando i colori puri stesi in punti o linee che, per un effetto ottico danno come risultante un altro colore voluto dall’artista per copiare la realtà. È il nostro occhio a creare questa

sionista. Un buon numero di suoi quadri erano visibili a Novara, ma non questo che si trova a Milano nella Galleria di Arte Moderna. Questa opera è veramente un grande quadro anche per le sue dimen-

zionario e che alcuni pittori, ormai considerati sorpassati, ancora continuano a ricercare. Voglio però solleticare il vostro interesse accennando ad alcuni aspetti della conoscenza di un pit-

Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo fusione dei colori, soprattutto se l’opera si guarda da una certa distanza. Quindi nulla di più vero in questo caso che, per apprezzare l’opera sia necessario guardare. Pellizza da Volpedo conosciuto dai più per il suo grande quadro “Il quarto stato” molto riprodotto soprattutto per il tema sociale rappresentato dall’autore più che per la perfetta tecnica utilizzata era anche lui un apprezzatissimo Divi-

Matteo Olivero. Paesaggio invernale 1911-1914 Olio su tela

sioni: 293x595 cm, un olio su tela del 1901 ma grande anche il tema che rappresenta. In quegli anni (siamo alla fine del 1800) le rivendicazioni sociali dei contadini si concretizzavano spesso con marce verso l’abitazione del nobile proprietario delle terre per far valere le proprie ragioni. Pellizza credeva nel fatto che l’artista non dovesse solamente essere un bravo esecutore delle proprie opere ma un operatore intellettuale, un pensatore; il pittore con i propri dipinti doveva comunicare al mondo le proprie idee e la propria interpretazione della storia contemporanea. Altre opere di questa portata furono dipinte in tale periodo ed i titoli sono rappresentativi di quanto Pellizza volesse comunicare da quale parte lui stava della lotta sociale: Ambasciatori della fame del 1892; Fiumana 1896 (quasi uno studio di “Il quarto stato”); Il cammino dei lavoratori 1898. Altro interessante aspetto della sua pittura è il fatto che la maggior parte dei dipinti furono realizzati avendo come modello il paesaggio, le case, le vie e la piazza di Volpedo dove viveva e dipingeva, ma anche i contadini dei dintorni erano suoi modelli, di cui dipingeva bozzetti, che sarebbero poi diventati i personaggi del suo dipinto più noto. Questo è un realismo che allora poteva considerarsi rivolu-

tore o delle sue opere: ho stringatamente accennato al movimento divisionista sotto l’aspetto tecnico ma si potrebbe anche riflettere come queste ricerche pittoriche fossero non a caso concomitanti con le allora recenti scoperte scientifiche nel campo dell’ottica e della propagazione della luce. A me invece di un artista interessa di più sapere della vita quotidiana relativa al suo operare. L’arte dunque per quanto detto credo non sia mai separata dalle vicende del mondo quelle più scientifiche, quelle sociali o vissute nel proprio atelier. Per conoscere meglio Pellizza vale veramente la pena di fare una gita a Volpedo per visitare il suo studio, restaurato dal Comune prima nel 1966 e poi nel 1992/93 prendendo spunto dai suoi bozzetti, dai quadri, le fotografie ritrovate dai parenti. Entrate in questo ambiente e avrete la sensazione di vivere con lui, di imparare anche un po’ a dipingere scoprendo quali metodi usasse, quali “segreti” (malissie come le definiva Pirlato) per ottenere certi effetti, quali scelte per dare fascino alle sue tele o tavolette. Il Comune di Volpedo è in provincia di Alessandria a pochi chilometri da Tortona, ha fatto un egregio lavoro di educazione alla conoscenza di questo pittore ed è in Piemonte come Racconigi!


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IL SINDACO CI SCRIVE Gent.mo Direttore Scrivo la presente comunicazione per quanto letto nel trafiletto all’ultima pagina del mensile Insonnia n. 119 di Febbraio 2020 dove, nel dare informazione sul taglio “degli 8 alberi che costeggiavano la carreggiata delle scuole elementari e molti altri in piazza IV Novembre” il giornalista, ironicamente, si è chiesto se “in municipio hanno installato una caldaia a legna o è un virus che ha colpito la vegetazione racconigese”. Ebbene no, il Municipio è servito dalla rete del teleriscaldamento…. ma in merito al taglio degli alberi vorrei precisare quanto segue: Piazza IV Novembre: è disponibile presso l’Ente dettagliata relazione tecnica di perizia sullo stato di salute degli alberi, contenente i risultati dell’Analisi della Stabilità Meccanica con metodo V.T.A. visiva e strumentale, effettuata da un tecnico specializzato, Dottore Forestale ed Ambientale Socio della SIA Società Italiana di Arboricoltura e iscritto all’ Ordine dei Dott. Agronomi e Forestali della Provincia di Cuneo, che ha attribuito la classe di pericolosità di ogni singolo albero: quelli abbattuti, in totale 17, erano stati classificati in classe di propensione al cedimento D – ESTREMA: Gli alberi appartenenti a questa classe, al momento dell’indagine, manifestano segni, sintomi o difetti gravi, riscontrabili con il controllo visivo e di norma con indagini strumentali. Le anomalie riscontrate sono tali da far ritenere che il fattore di sicurezza naturale dell’albero si sia ormai, quindi, esaurito. Per questi soggetti, le cui prospettive future sono gravemente compromesse, ogni intervento di riduzione del livello di pericolosità risulterebbe insufficiente o realizzabile solo con tecniche contrarie alla buona pratica dell’arboricoltura. Alberi abbattuti sul marciapiede di Via ferruccio Ton: in totale 8 tigli; il tecnico, visto lo stato di salute delle alberate e il luogo in cui erano piantate, su marciapiede sul quale insiste un elevato traffico veicolare e pedonale per la vicinanza con la Scuola Elementale, l’Asilo Nido e l’impianto sportivo, ha fortemente consigliato l’abbattimento. Si riportano di seguito 2 fotografie dalle quale si può capire senza dubbi il perché di tale decisione: Si riporta di seguito una tabella rie-

pilogativa degli interventi di abbattimento alberi e nuove piantumazioni effettuati nel corso della corrente stagione invernale (riassumiamo in 56 alberi abbattuti, 76 alberi piantumati, per motivi di spazio, ndr). Per concludere vorrei ricordare che il dovere del Sindaco è quello di tutelare la cittadinanza dalla potenziale caduta di alberi o di parti di esso, ma anche quello di preservare il patrimonio arboreo per le future generazioni. Questo ambizioso obiettivo ambientale si può raggiungere unicamente attraverso una puntuale sostituzione degli alberi giunti alla fine del loro ciclo naturale: come si può notare dai numeri il saldo tra alberi abbattuti e nuove piantumazioni è in positivo: 20 alberi piantumati in più rispetto a quelli tagliati. È chiaro che se in futuro si continuerà con questa operazione regaleremo alle future generazioni alberate sempre più efficienti e un ambiente sostenibile a misura d’uomo. A tal fine i più piccoli, i bambini, nonché futuri adulti sono i futuri destinatari dell’ambiente e proprio in quest’ottima stiamo organizzando delle attività in collaborazione con l’Istituto Comprensivo B. Muzzone volte a sensibilizzare sull’argomento cercando con atti concreti di mettere fine alle troppo frequenti fake news che fanno molto più male di un albero sostituito. Racconigi, lì 14/02/2020

Allora ci avevamo azzeccato: un virus ha colpito la vegetazione racconigese! insonne 2 Non sono d’accordo: direi piuttosto che questa volta il Sindaco ci ha presi in castagna! insonne 1 Non mi sembra proprio! insonne 2 Come no? Ci presenta dati inoppugnabili e con questo sottolinea la nostra superficialità: bastava che prima di fare facile ironia andassimo in Comune a chiedere… E comunque adesso non possiamo restare ancora sul piano ironico. insonne 1 Troppo facile rispondere con dei dati: se chiedessimo una perizia tecnica sugli alberi del parco, finirebbe che li abbattiamo tutti. Vi sembra questa la strada? insonne 3 Questo della foto è un albero che ho fotografato in Provenza l’anno scorso. È spezzato in due ma vivo, come alcuni di noi uomini! Non ho saputo domandargli come si sentiva. insonne 4 È un problema culturale. insonne 2 Allora dobbiamo affrontare la questione in modo molto serio, tenendo anche in conto le responsabilità proprie di un sindaco. Qui si oppongono due logiche, due filosofie completamente diverse. Se noi continuiamo con le battute, e il sindaco documenta…

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in relazione. Il problema a mio avviso, come ho già detto in altre situazioni, è la mentalità del “paraculo”. Il tecnico interpellato, proprio perché interpellato risponderà sicuramente che “purtroppo” l’unica soluzione è l’abbattimento. In questa ottica, se chiedessimo ad una azienda specializzata di dichiarare (sotto la propria responsabilità) la sicurezza del viale monumentale, veramente pochi alberi si salverebbero… meglio non chiedere niente a nessuno… Specialmente le istituzioni pubbliche devono salvaguardare se stesse, perché se inciampi per la strada non è colpa della tua età ma del Comune, se cade un ramo da un albero è colpa del proprietario del terreno. È la logica che tutti gli eventi devono trovare una polizza assicurativa che li preveda e tuteli l’assicurato pagante. E allora l’unica speranza è partire dai bambini, insegnando loro la bellezza e la sicurezza che ti deriva dall’abbracciare un albero. A noi adulti (perdenti) lasciateci almeno l’ironia… insonne 3 Basta leggere Diversamente chiesa di questo numero con la citazione di padre Enzo Bianchi per avere un’idea di quello che potrebbe essere il nostro rapporto con la Terra. Io però devo ammettere che molto spesso vivo nella incoerenza ed è per questo che l’ironia para il culo anche a me. Con voi lettori, ci impegniamo fin da subito ad affrontare il tema sul giornale. Per intanto, la questione è posta. Scriveteci.

Fin qui il sindaco. E dunque? Alla lettura della lettera del Sindaco, nella nostra Redazione nasce un dialogo a più voci: insonne 1

insonne 4 Dobbiamo iniziare un cammino di formazione e documentare anche noi una differente posizione, arrivando a proporre anche al Comune un percorso altrettanto rigoroso. Il neurobiologo Stefano Mancuso ed i suoi libri potrebbero fare al caso nostro. insonne 1 C’è anche un bel libro di Leonard Boff:” Il creato in una carezza”, dove Boff affronta il tema della CURA della Terra. Sicuramente il problema è culturale. Il “prendersi cura della Terra” implica che prima di abbattere un albero secolare mi devo chiedere se è possibile curarlo, prima di abbatterlo mi devo chiedere quale significato ha per gli esseri viventi con i quali entra

Albero della Provenza


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Rifugiati di Brian Bilston

Non hanno bisogno del nostro aiuto Perciò non dirmi che Questi volti scavati potrebbero appartenere a me o a te Se la vita avesse preso un’altra piega Dobbiamo vederli per chi sono realmente Opportunisti e scrocconi Sfaccendati e fannulloni Ideatori di attentati Tagliagole e ladri Non sono Benvenuti qui Dobbiamo farli Tornare da dove sono venuti Non possono Condividere il nostro cibo Condividere le nostre case Condividere il nostro paese Invece lasciaci Costruire un muro per tenerli fuori Non è bene dire di Queste persone “sono come noi”

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Cinema JOJO RABBIT di Cecilia Siccardi

Johannes Betzler, detto Jojo, è un bambino tedesco appartenente alla

Lib

Libri di Michela Umbaca

«Narrami, o musa, dell'eroe multiforme, che tanto/vagò, dopo che distrusse la Rocca sacra di Troia/di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri/molti dolori patì sul mare nell'animo suo/per riacquistare a sé

Un posto dovrebbe appartenere solo a quelli che vi sono nati Non essere così stupido da pensare che Il mondo può essere visto in un altro modo (adesso leggi dall’ultima alla prima riga)

dal numero 357, febbraio 2020, del mensile Terranuova, pagina 100 Spesso descritto come il “poeta laureato di Twitter”, di Brian Bilston si sa ben poco, solo qualche frammento di informazione sui social media. Scopri di più su www.brianbilston.com (in inglese).

Gioventù Hitleriana durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Jojo non ha mai visto un ebreo, ma li odia tutti, e pensa sia giusto ucciderli; il suo più grande desiderio è diventare un perfetto soldato nazista, e poter così servire degnamente il suo idolo, nonché amico immaginario, Adolf Hitler. Tuttavia, la sua vita cambierà completamente a seguito di un incidente e, soprattutto, dopo la scioccante scoperta che sua madre nasconde in casa loro una giovane ragazza ebrea, Elsa. Riuscirà il contatto con lei a sovvertire del tutto la sua visione del mondo? Jojo Rabbit è un film del 2019 diretto da Taika Waititi (che ricopre an-

che il ruolo dell’immaginario Hitler), interpretato da Roman Griffin Davis (Jojo), Thomasin McKenzie (Elsa) e da Sam Rockwell, Rebel Wilson, Alfie Allen e una splendida Scarlett Johansson. Candidato a sei premi Oscar, fra cui quello per il Miglior Film, ne ha vinto uno, quello per la Miglior Sceneggiatura non Originale. È forse proprio nei brillanti dialoghi che risiede, in effetti, la forza del film: Jojo Rabbit fa ridere e piangere, mettendo in ridicolo la pomposità e le forzature del potere, ma ponendo anche l’accento sul valore dell’accettazione dell’altro, la fantasia, la gentilezza e il perdono. È ancora in programmazione in diversi cinema: non perdetevelo!

la vita e il ritorno ai compagni".

nuova energia, riproiettando il lettore nel mondo epico conosciuto sui banchi di scuola, trasformando quegli eroi in persone vere, in personaggi assolutamente moderni. Il Romanzo di Odisseo è un libro sul viaggio di Ulisse, sul suo desiderio incompreso di sfidare ogni limite umano, andando oltre per seguire virtute e canoscenza, superando i limiti che dèi e uomini avevano faticosamente imposto, cercando in quel bisogno di sfidare il mondo, il senso

Questo il proemio del grande poema omerico, dedicato alle avventurose vicende di uno dei più grandi eroi omerici: Odisseo. Valerio Massimo Manfredi ci accompagna in un viaggio mitico attraverso gli entusiasmanti viaggi di Odisseo, l'uomo dal formidabile ingegno, il guerriero che con un cavallo di legno espugnò la città più potente dell'Asia. Ancora una volta Manfredi, profondo conoscitore dell'antichità, ci svela i segreti della Grecia omerica, regalandoci un vivido e autentico ritratto dell'eroe più moderno di tutti i tempi. Dall'infanzia nella rocciosa Itaca, alla presa di Troia, al viaggio del ritorno in cui sopravvisse a prove spaventose e sovrumane, alla vendetta contro i Proci, Il Romanzo di Odisseo va ben oltre ai testi scolastici.; episodi ampiamente conosciuti ritrovano, nella magica narrazione di Manfredi, nuovo vigore,

Valerio Massimo Manfredi “IL ROMANZO DI ODISSEO “ 2014, pp. 393, € 11,50 Arnoldo Mondadori Editore, Milano

ultimo della sua stessa esistenza.


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Museo della Seta

Disegniamo l’Arte 2020

Domenica 29 marzo i disegni dei bambini protagonisti “Disegniamo l’Arte” è una iniziativa che ogni anno raccoglie l’adesione di migliaia di famiglie con bambini in moltissimi Musei del Piemonte; avvicinare all’arte e alla storia i bambini attraverso il disegno è il seme della bellezza e della cultura che viene deposto con cura nei giovanissimi. Nascerà e crescerà con loro assicurando un futuro di attenzioni e tutela per la cultura e le bellezze del nostro grande paese, l’Italia. Il Museo - Giardino della civiltà della Seta “Mario Monasterolo” aderisce a questa iniziativa lanciata da “Abbonamento Musei Piemonte” e domenica 29 marzo le sale del Museo saranno a

disposizione dei bambini che disegneranno, con materiali forniti dall’organizzazione, sul tema che è stato scelto “Disegnare la filiera della produzione del filo di seta: i bachi, i bozzoli, le foglie di gelso e la salita al bosco” e propone inoltre di disegnare il bruco Bernardino, la mascotte del Museo. La proposta sarà sviluppata in due sessioni, una al mattino dalle 10 alle 12, una al pomeriggio dalle 15 alle 17 e sarà necessario iscriversi, prenotando telefonicamente, in quanto il numero dei partecipanti ad ogni sessione non potrà essere superiore a 20, con un minimo di 5. Il laboratorio avrà un costo di 3

euro a partecipante, comprensivo di una piantina di gelso che sarà offerta ad ogni iscritto. Per informazioni ed iscrizioni:

Mail: sulfilodellaseta@libero.it e criverde@libero.it Cell: 3899643724 o 3711529504 ore 9.00 – 12.00 e 15.00 – 18.00

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Elisa Reviglio, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

Dario (il direttore delle luci di Cantoregi) ha saputo aggiungere all’allestimento della mensa quella fascinazione che un giusto dosaggio della luce può dare. La gigantografia di quella piazza “La città ideale” che (forse) Leon Battista Alberti nel 1470 dipinse, ha voluto rappresentare il sogno di tutti quelli che vorrebbero diventasse, anche qui a Racconigi, una realtà: è stata una idea di Bruno quella di esporla sabato. Il cibo che gli attori/simpatizzanti di insonnia hanno apprezzato e tutto quanto è stato proposto sui tavoli era stato preparato da Karmadonna, un gruppo di donne di tutti i colori che ruotano attorno al cibo, e non solo, unendo solidarietà a risorse seconde per ricavare piccoli redditi per grandi progetti sostenibili. È stata una sera vivace, dove io ho respirato un’aria festosa per noi nell’incontro con amici i quali continuano a credere nel nostro impegno “giornalistico”, sapendo che abbiamo bisogno di loro nel contribuire a far sì che insonnia continui ad essere letto gratuitamente anche da

coloro che per svariati motivi non possono o non vogliono sostenerci. È stata una bella serata per tutti quelli che hanno aderito alla iniziativa e questo me lo fanno dire i loro sorrisi, sereni di aver incontrato altri amici soddisfatti come loro di quel momento. A servire ai tavoli e ad impiattare il cibo eravamo tutti di noi, redattori e postini che fanno del giornale un appuntamento mensile. A questi si è aggiunta la simpatia di qualcuno che non frequenta la redazione ma ci approva: Luca che ha raccolto altro denaro grazie alla estrazione a “premi”: opere offerte nell’intento di aumentare la somma per la nostra sopravvivenza come giornale. Karmadonna ha offerto due buoni per 10 pasti nella loro mensa di Carmagnola; Lella Clerici 6 libri presentati a Racconigi da autori locali, Andrea Piovano il suo libro presentato al pubblico nel 2020 dalla casa Editrice Aracne; Rodolfo Allasia tre stampe serigrafiche ed un dipinto; il carmagnolese Nino Vitale una pittoscultura. Ma l’opera più significativa e di maggior valore (simbolico),

prima estratta, è stata la scultura in autentico cartone riciclato “ Il citofono“ di ispirazione salviniana creata dagli artisti Emma e Luca Gonella. Prima del caffè, quattro coppie di tanghèri racconigesi hanno voluto movimentare la serata con un micro Flash Mob con l’esibizione di due tanghi argentini, hanno voluto dimostrare le proprie abilità e la presenza di questa danza, viva anche in provincia di Cuneo.

La serata si è conclusa con Giancarlo Serra alla chitarra; ha raccolto attorno a sé gli amici che si sono riconosciuti nei brani che avevano chiuso altre serate attorno ai tavoli della loro gioventù, scoprendo così che questo spirito non è assolutamente finito. Una calda sera all’insegna dell’insonnia che ha l’unica pretesa di farci un po’ riflettere.


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