INSONNIA Maggio 2018

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mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 103 Maggio 2018 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

DIGNITÀ E GIUSTIZIA Maggio è il mese delle rose!! Ma per noi, irriducibili insonni, questo è soprattutto il mese della festa dei lavoratori. Mi ritrovo a scrivere queste poche righe percorrendo il ripido sentiero che sale alla chiesetta di Barbiana dove ha vissuto dal 1956 al 1967 Don Milani. Quelli della Fondazione don Milani hanno chiamato questo percorso il “Sentiero della Costituzione” e lo hanno disseminato di tabelloni che riportano gli articoli della costituzione tanto cara al priore di Barbiana. Per riprendere un po' il fiato dissimulo interesse soffermandomi a leggere gli articoli e indugio sul primo e forse più importante: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro...". Mi chiedo allora, se i padri costituenti ritenevano così importante il lavoro, perché oggi i nostri giovani facciano così fatica a trovarne uno degno di questo nome? Sì, perché magari un lavoro lo trovano anche, ma poi scoprono, come nel caso di Mario, aiutante cuoco, di avere solo una paga da 6 euro l'ora, che una gran parte viene erogata in nero, se e quando viene pagata... Mario molte volte riceve il suo salario in ritardo; il datore di lavoro gli fa pesare i contanti che gli dà come fossero un favore personale e quasi eccezionale... Però Mario il suo lavoro lo fa bene e non si limita ad essere “aiuto cuoco” come recita il suo contratto, scritto solo per limitare la tassazione e ridurre notevolmente la paga oraria. Ma questa è un'altra storia. Come è un'altra storia quella di Lucia, badante, che ha il destino di lavorare sempre con anziani malati di Alzheimer. Lei il suo lavoro lo fa molto bene, tant'è che, se l’anziana che segue viene a mancare, è subito richiesta da un'altra famiglia.

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Il mondo agricolo incontra SONO INDIGNATO! i richiedenti asilo Come si può costruire un’esperienza di integrazione di Anna Simonetti

In questa intervista presentiamo Matteo Monge, consigliere nel consiglio di amministrazione della cooperativa “Liberi tutti” e direttore del CAS (Centro di Assistenza Straordinaria)

per la provincia di Cuneo. Ha 35 anni, è laureato in teologia all’università di Milano e dal 2015 è responsabile del CAS di Racconigi.

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Aiutiamo(ci) a casa loro? Una storia che ognuno può leggere come meglio crede di Giancarlo Meinardi

Vi racconterò una storia. La storia è vera, il nome del protagonista è di fantasia. Kwame vive in Capitanata, nella Puglia settentrionale. Ma potrebbe vivere da qualche altra parte in Italia, anche da queste parti. Raccoglie pomodori. Lavora a cottimo senza

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di Alex Zanotelli

Pubblichiamo volentieri una denuncia accorata e circostanziata di padre Zanotelli, missionario comboniamo che più volte abbiamo ospitato sulle pagine del nostro giornale. Qui egli va a scavare sotto la superficie del “politicamente corretto” per scoprire quale ruolo stiano davvero giocando l’Italia, la UE, le chiese.

Sono indignato per quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi verso i migranti, nell’indifferenza generale. Stiamo assistendo a gesti e a situazioni inaccettabili sia a livello giuridico, etico ed umano. È bestiale che Destinity, donna nigeriana incinta, sia stata respinta dalla gendarmeria francese. Lasciata alla stazione di Bardonecchia, nella notte, nonostante il pancione di sei mesi e nonostante

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Carmagnola 25 Aprile

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Alambicco

BIBLIOTECA P.SERGIO

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Aiutiamo(ci) a casa loro? Paese che vai… Una storia che ognuno può leggere come meglio crede segue dalla prima

contratto e senza documenti in regola, circa 10 ore al giorno, è pagato a cassoni di raccolto, guadagna dai due ai tre euro per ora di lavoro. Alla fine della giornata di lavoro torna alla sua baracca nel fatiscente “ghetto Ghana”, così chiamato perché ospita molti immigrati ghanesi come lui. Uno dei tanti insediamenti “informali” diffusi nella campagne pugliese. Insieme a loro raccoglie pomodori nei campi che la riforma agraria degli anni cinquanta strappò al latifondo per assegnarli ai braccianti senza terra che vi lavoravano. Gli eredi dei braccianti affamati di allora sono i datori di lavoro di oggi, sui loro campi Kwame sopravvive raccogliendo pomodori che sono venduti a prezzi irrisori alle aziende di trasformazione che ne fanno concentrato, passate e pelati. Per l’industria conserviera campana e pugliese le cose vanno un po’ meno bene di un tempo. Intorno agli anni ottanta del secolo scorso commercianti italiani hanno portato tecnologie e know how in Cina, nella regione dello Xinjiang, dove la manodopera a bassissimo costo ha consentito di avere grandi quantitativi di materia prima, trasformata in concentrato importato in Italia e, ritrasformato, esportato e venduto in Africa, anche in Ghana. Poi i cinesi hanno capito che il business lo potevano fare loro, hanno sviluppato in modo massiccio la coltivazione del pomodoro industriale, la trasformazione in concentrato (di basso prezzo e scarsa qualità), la sua commercializzazione e hanno conquistato i mercati mondiali. Quando il concentrato di pomodoro prima italiano poi cinese è arrivato in Ghana la vita di Kwame e di tanti altri coltivatori ghanesi è rapidamente cambiata. In Ghana Kwame coltivava pomodori. Portava la sua produzione sul mercato locale oppure ad una azienda di trasformazione a capitale pubblico che operava nella sua zona. Con l’arrivo del concentrato di importazione a basso prezzo i mercati locali sono stati sconvolti, le aziende di trasformazione locali hanno dovuto chiudere l’attività e l’intero settore in Ghana (che era uno dei principali produttori di pomodori della regione) è entrato in crisi. Non avendo più modo di vendere i suoi pomodori Kwame ha abbandonato la sua terra e ha deciso di giocare la carta dell’emigrazione per sopravvivere. Ha cominciato il lungo viaggio che lo ha portato, dopo aver attraversato il deserto e il mare, in terra pugliese. In Ghana coltivava pomodori per proprio conto e ci viveva, ora in Italia sopravvive raccogliendo pomodori per altri e deve fare i conti con chi lo accusa di portare via il lavoro agli italiani. Sono in molti in Italia a guardarlo di malocchio. Si chiedono cosa è venuto a fare, dicono che bisogna rimandarlo a casa, magari aggiungono per non sembrare disumani che le persone come lui vanno “aiutate a casa loro”. Per la verità gli “aiuti” ci sono già stati. Quando, intorno alla metà degli anni novanta, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale hanno imposto ai paesi africani come il Ghana, fortemente indebitati sui mercati internazionali, come condizione per il rifinanziamento del debito, una serie di riforme di razionalizzazione e liberalizzazione delle loro economie. Tra esse l’abbattimento dei dazi doganali che proteggevano la produzione locale. È così che il concentrato di pomodoro straniero (insieme a molti altri prodotti alimentari) è entrato in Ghana ed ha stravolto la vita di Kwame e di tanti altri coltivatori come lui, mentre le grandi multinazionali del cibo facevano profitti. Forse ha ragione chi dice che Kwame e tanti altri come lui avrebbero dovuto stare a casa loro. E anche chi sostiene che sarebbe meglio aiutarli a casa loro piuttosto che aiutarli qui. Ma mi chiedo se quando andiamo là è loro che aiutiamo, oppure noi.

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di Luciano Fico

Vi sono due modi di incontrare una città: o la visiti o ci vivi. Se la vedi con l’occhio del turista ti ricorderai i posti più belli e caratteristici o magari porterai con te un appunto su alcuni luoghi che ti saranno utili nel caso di una seconda visita (non si sa mai…). Se invece ci hai vissuto, tutto cambia radicalmente. In questo caso la città diventa il contenitore prezioso del tempo che vi hai trascorso. Quel posto, con un nome, un Codice Postale ed una localizzazione precisa sulle mappe, diventa per te qualcosa di simile ai barattoli in cui si conservano le marmellate o le verdure preparate al sole dell’estate: quando si aprono, d’inverno, non ci rendono solo dei sapori, ma soprattutto i ricordi di un tempo trascorso. Se poi quel tempo supera i 25 anni, allora ogni angolo di quella piccola città conserva pezzi di te. Il ponte sul Maira ti racconta di quando ogni giorno lo attraversavi per andare al lavoro e ti sembrava di essere ancor più straniero in quel posto, non solo perché non ci eri nato, ma anche perché abitavi dall’altra parte del fiume. Anni dopo, fu un altro il confine a segnare la tua vita: il passaggio a livello che rimaneva inspiegabilmente chiuso per tempi imprevedibili e tu arrivavi sempre in ritardo al tuo nuovo lavoro. Ogni casa che hai abitato ti ha fatto dono di un’atmosfera particolare: quella che si faceva bella con l’aria della campagna; quell’altra che se la tirava per il vasto giardino e la madonnina all’ingresso; l’alloggio pieno di sole e di luce ed infine l’ultima, che si affacciava vezzosa e pettegola sui giardinetti delle Scuole Elementari. Quei giardini ti fanno sobbalzare il cuore ogni volta che senti un bambino ridere o gridare: ti richiamano al tempo in cui diventasti padre e tanto tempo trascorresti tra quei

giochi, i gelati di Antonella e l’orgoglio del tempo rubato al lavoro per tornare bambino insieme a tuo figlio. Ogni negozio ti fa dono di un ricordo: le cartolerie di cui sei diventato affezionato cliente, quell’alimentare che ti piace chiamare “i gioiellieri”, per la preziosità dei cibi dedicati sempre a qualche momento speciale; la Pasticceria che ti ha accompagnato a cene golose, Natali in famiglia, serate in cui stupire una donna, domeniche allietate dal pacchetto rosa delle paste; perfino i Supermercati hanno un’anima in una piccola città e tu le hai conosciute tutte nel corso degli anni. Ci sono case che hai frequentato tanto e che segnano tappe fondamentali della tua vita; case che hai quasi vissuto come tue; altre sono case che ti hanno accolto di tanto in tanto, vuoi per una cena, vuoi per una birra o una partita da vedere insieme. Poi ci sono le strade che hai percorso a piedi o in bici, quando ti davi il tempo dello svago o eri in preda ad un sussulto salutista; poi ci sono le Chiese, che ti fanno festa anche se non le frequenti più da tempo; poi il mercato, che è il luogo delle chiacchere, che hai sempre rifuggito. Molti ricordi sono chiusi dentro le mura dell’ex manicomio: non ci torni da molto tempo, ma ha un posto, ormai, dentro di te. Tra pochi giorni te ne andrai da questa città e vedrai, dal viale, il Castello nello specchietto retrovisore e sicuramente qualche cicogna verrà a salutare con apparente noncuranza. Venendo da Torino, 28 anni fa, dissi che di una cosa ero sicuro: non avrei mai abitato a Racconigi! Ora questa cittadina conserva, tra le sue strade e la sua gente, quasi metà della mia vita: me ne vado col cuore smosso e la convinzione che sia stato un tempo buono.


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Richiesta di Rettifica

Dal Consiglio comunale

Abbiamo ricevuto dal rappresentante legale del sindaco di Racconigi Valerio Oderda una richiesta di rettifica con riferimento all’articolo pubblicato su Insonnia di aprile a firma di Melchiorre Cavallo. Pubblichiamo la richiesta di rettifica, omettendo a tutela della riservatezza i nomi delle ditte.

Le modalità di affidamento dell’incarico per il rifacimento del sito web del Comune sono state oggetto di discussione nel Consiglio Comunale del 30 aprile. Diamo conto dei rilievi mossi dagli esponenti della minoranza e mettiamo a disposizione il prossimo numero di Insonnia per ospitare le risposte che il sig. sindaco riterrà opportune.

Egregio Direttore, scrivo la presente in nome e per conto di Valerio Oderda, Sindaco del Comune di Racconigi per segnalare che nell'articolo a firma di Melchiorre Cavallo intitolato "BNI e business locale: quali regole?", pubblicato nell'edizione n. 102 di Aprile 2018 del mensile "Insonnia", vengono riportate notizie non corrispondenti al vero. ln particolare, come risulta dagli atti, che il mio Assistito è disposto a farLe visionare, la differenza di costo indicata nell'articolo ("superiore al doppio") non corrisponde a quella effettiva. Il servizio offerto dalla ditta X aveva infatti un costo preventivato di euro 4.500 (euro 3.600,00 a titolo di "piano di restyling" ed euro 900,00 annui per la gestione), mentre l'offerta della Y, azienda che ha ricevuto l'incarico, indicava l'importo di euro 6.500,00 per la realizzazione del nuovo sito e di euro 850,00 annui per il servizio di hosting e assistenza, per un totale di euro 7.350,00. La differenza è ben inferiore al doppio. ln secondo luogo, l'accusa di aver affidato il rifacimento del sito alla Y in quanto Azienda favorita dall'essere inserita nella rete di professionisti di BNI Italia è del tutto infondata. La scelta è stata sostanzialmente orientata da due ordini di considerazioni. Il primo consiste nel semplice confronto tra i preventivi pervenuti. Ancorché l'art. 36 comma 2 lett. a) del Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 50/2016), come modificato a seguito del D. Lgs. 56/2017, preveda che "per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro" si possa procedere "mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici", il Comune di Racconigi ha comunque ritenuto di valutare le offerte di più ditte, scegliendo sulla base dei preventivi formulati. Nello specifico, il preventivo presentato dalla X era estremamente succinto e ciò non ha consentito

una compiuta valutazione di tale offerta rispetto alle caratteristiche del servizio richiesto, valutazione che è invece stato possibile attuare nei confronti delle altre aziende offerenti, tra cui l'aggiudicataria. La seconda valutazione ha riguardato la regolarità contributiva dell'impresa richiedente: il Comune di Racconigi ha acquisito il D.U.R.C. online per le società che avevano presentato le offerte, ricevendo in data 20.12.2017 un esito di "irregolarità" con riferimento alla X, che precedentemente aveva gestito questo servizio. Sulla base di queste considerazioni, è stato ritenuto preferibile affidare l'incarico ad altra ditta. Pertanto la Determinazione del 22.12.2017 del Segretario Comunale di Racconigi individuava Y come società idonea a garantire il servizio auspicato, restando invece esclusa la X, anche a causa della irregolarità contributiva di cui sopra. Alla luce di quanto sopra si richiede di voler rettificare, ai sensi dell'art. 8 della L.47/1948, quanto pubblicato nell'edizione di Aprile 2018 del Mensile Insonnia con il contributo a firma di Melchiorre Cavallo. ln difetto ci vedremo costretti ad adire le opportune vie giudiziali. Resto in attesa di un cortese cenno di riscontro. Cordiali saluti.

Confronto dei preventivi.

avv. Alberto Leone

Secondo l’amministrazione la ditta con il preventivo più basso è stata esclusa a causa di un esito di irregolarità contributiva che sarebbe emerso al momento della valutazione delle offerte. Secondo la minoranza non si spiega perché pochi giorni prima il Comune procedeva al pagamento di una fattura alla stessa ditta per servizi prestati in precedenza, essendo la regolarità dei DURC condizione per il pagamento delle fatture.

Secondo la minoranza dal confronto tra il preventivo più basso e il preventivo scelto risulta una differenza consistente. Quello della ditta con il preventivo più basso è di 3.600 euro per la realizzazione del sito, comprensivo dei costi di gestione del primo anno, a cui si aggiungono 900 euro/anno per la gestione del sito negli anni successivi. Tutti i costi sono comprensivi di IVA. Il costo per il Comune per la realizzazione del sito e per il primo anno di gestione è dunque di euro 3.600. La ditta aggiudicataria dell’incarico, invece, ha preventivato, IVA non compresa, 6.500 euro per la realizzazione del sito e 850 euro/anno per la gestione, a partire dal primo anno. In questo caso, quindi, ai costi va aggiunta l’IVA al 22%. Il costo per il Comune per la realizzazione del sito e il primo anno di gestione sarebbe dunque di euro: 6.500+850+IVA al 22%=8.967.

Irregolarità del DURC

(documento unico di regolarità contributiva)

Procedura di aggiudicazione. La minoranza riconosce che in questo caso il Comune poteva procedere all'affidamento diretto, con provvedimento motivato; ma obietta che la scelta di richiedere più preventivi implicava il rispetto di precise regole. Contesta in particolare che: - la richiesta dei preventivi sarebbe stata fatta per telefono e non per scritto, non garantendo a tutti i partecipanti uniformità di informazione - la richiesta telefonica sarebbe stata fatta da un consigliere comunale, che non ha titolo per farlo, in quanto spetta al funzionario dirigente competente - l'aggiudicazione è stata decisa privilegiando i criteri qualitativi dell'offerta (qualità del servizio proposto) rispetto a quelli quantitativi (costo del servizio), ma il Comune non avrebbe preventivamente dichiarato questa opzione e non avrebbe preventivamente precisato i parametri di valutazione.


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IL MONDO AGRICOLO INCONTRA I RICHIEDENTI ASILO Come si può costruire un’esperienza di integrazione segue dalla prima

Tutti gli imprenditori agricoli intervistati hanno sottolineato la sua capacità nello scegliere le persone giuste per il lavoro nei campi. Matteo, come avviene la selezione? Certo facciamo una selezione, ma è mio convincimento che il ragazzo non debba essere abbandonato nel lavoro nel campo. È indispensabile mantenere costante un rapporto con il datore di lavoro, avvisandolo prima se il ragazzo ha bisogno di assentarsi per colloqui in questura, visite mediche o altro. Se poi l’imprenditore si lamenta per scarso impegno, parliamo con il ragazzo, chiediamo il motivo e, come già accaduto, scopriamo che c’è stata la morte di un famigliare oppure che è depresso per il diniego del permesso di soggiorno… l’imprenditore, messo a conoscenza dei fatti, capisce che ci sono situazioni umane, psicologiche e anche spirituali che impediscono al ragazzo di lavorare al meglio. Può anche capitare qualcuno che non ha voglia di lavorare, si rescinde il contratto e quel ragazzo non lavorerà più. Quindi è costante la relazione con il datore di lavoro? Sì, è costante il rapporto tra noi e l’impresa, un rapporto pulito, chiaro, amichevole che evita malintesi, complicazioni, ma da non confondere con il caporalato: per ovviare a questo, il lavoratore viene pagato tramite bonifico sul suo conto in banca. Passo spesso nel campo dove sono i nostri ragazzi, porto loro magari anche solo una caramella, ma così si sentono seguiti; parlo con gli imprenditori, insomma facciamo un po’ da papà e mamma a dei ragazzi al momento soli. È importante questo rapporto? È un rapporto a tre attraverso cui il ragazzo è seguito e tutelato da persone con le quali sta facendo un percorso e di cui ha imparato a fidarsi; al momento della firma del contratto io sono sempre presente, se necessario c’è anche un interprete e all’indomani il nostro ragazzo, con il suo “barachin”, inizia a lavorare e riceverà quello che gli spetta sul suo conto in banca. Il rischio che si corre è che i ragazzi vogliano dare un prezzo a questa tutela e allora capita che, alla prima busta paga, offrano una somma di ricompensa come è consuetudine in Africa. Bisogna subito chiarire

che questa non è una pratica della cooperativa, che è illegale. In questo modo si tutela il ragazzo, l’azienda e la cooperativa perché si crea un rapporto di stima vicendevole grazie al quale si è giunti a stipulare contratti annuali per il lavoro nei magazzini, andando così ad occupare il posto lasciato prima dai nostri meridionali e poi dagli albanesi, rumeni, cinesi… Il vissuto di questi ragazzi che sono andati a lavorare nei campi, come lo hai percepito? Li rende responsabili, li educa e li trasforma: lavorare d’estate nei campi a 40 gradi li rende forti e consapevoli delle loro capacità, li fa crescere. Dove le parole non arrivano, arriva il vissuto! Ora sanno che in Italia devono lavorare per guadagnarsi il pane. Hanno visto la professionalità e hanno imparato la gestione del denaro attraverso un conto su cui la cooperativa versa anche il pocket money. Il lavoro dignitoso, la paga sicura ha messo in fuga i malanni di chi non fa niente, li ha resi più sani! Abbiamo fatto un incontro con un sindacalista perché spiegasse i contratti; hanno partecipato anche ad un evento dell’Informagiovani comunale che è servito a far loro capire, considerato che c’erano altri 50 ragazzi, che non sono i soli a cercare lavoro. Quindi il CAS dovrebbe avere una funzione di guida, formazione e accompagnamento al lavoro? Non dovrebbe essere compito del CAS ma dello SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), considerato però che il soggiorno presso i nostri centri si

protrae dai 12 ai 18 mesi, dobbiamo avviarli noi al lavoro, non possiamo tenerli a poltrire: d’inverno, e per mancanza di lavoro e per il maltempo, crescono le tensioni che d’estate, se lavorano, cessano. Purtroppo, sia che abbiano avuto la protezione o no, usciti dal CAS lo stato li abbandona perché gli SPRAR sono ancora pochi (solo gli afgani riescono ad accederci): il CAS potrebbe svolgere questo ruolo sostenuto da una rete ben strutturata. Progetti per la prossima estate? Oltre a quelli per i quali abbiamo fornito mano d’opera l’anno scorso, ci hanno già contattato altre aziende agricole perché il bello dell’agricoltura è il passa parola. Una imprenditrice di Monasterolo ci ha convocato chiedendoci di poter lavorare “in modo serio”: con-

tratto agricolo, luogo per mangiare dei ragazzi e mezzo di trasporto per andare e tornare. Sottolineava il “modo serio” perché alcuni suoi colleghi le avevano consigliato di rivolgersi a Saluzzo dove “hai solo da prenderli, non li paghi neppure!” Il passa parola c’è anche per agire male e purtroppo anche nel nostro territorio ci sono persone che si approfittano di persone disagiate. È capitato anche a me di essere stato contattato da imprenditori che mi proponevano lavoro senza contratto per i ragazzi: no, i miei ragazzi lavorano solo con contratto! Purtroppo non ci sono dei controlli adeguati per porre fine a questi abusi. Un’altra piaga è quella del caporalato delle varie etnie (magrebine, filippine, rumene, albanesi) che chiedono 2.70 euro l’ora senza contratto, ma al lavoratore va solo 1 euro. È capitato qui con un ragazzo che ha trovato lavoro tramite un connazionale, è venuto da me a chiedere aiuto perché non gli tornavano i conti tra le ore fatte e la cifra riscossa: pagava il trasporto e in più una quota per il procacciatore di lavoro. È diffuso questo sistema? Sì, perché le aziende non hanno tempo per cercare il personale e sono contenti se gli viene offerto sul posto, non si accorgono di certi soprusi ma poi sul campo si creano tensioni, contrasti tra culture diverse che pregiudicano il lavoro. Se qualcuno dall’esterno gestisce le persone, le aziende sono ben feli-


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ci di non doverlo fare loro, ma in questo modo sorgono quelle forme di caporalato come nel foggiano in Puglia. Certamente gestire le risorse umane è sempre faticoso e difficile, ma conosco bene il mondo agricolo per le mie origini, e questo mi aiuta molto nel rapporto con gli imprenditori. Il mondo agricolo è poi più umano di quanto non si pensi, proprio perché è a gestione famigliare e quindi disposto ad accogliere. Enrico Airale pensava che con apposita organizzazione si potesse pensare di impegnare alcuni ragazzi nella trasformazione, nell’esportazione della frutta… Sì ed abbiamo già trasformato alcuni contratti a tempo determinato in tempo indeterminato. I nostri ragazzi non hanno competenze particolari, sono a livello di terza media ma

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possono fare questo lavoro e farlo bene! Collaborazione col Comune? Continua la collaborazione per lavoro volontario (hanno collabo-

rato a ripristinare le aule dopo le elezioni). Abbiamo nominato un caposquadra, che parla italiano, tra i nostri ragazzi, si rapporterà direttamente con un responsabile del

Comune per concordare le modalità delle attività: questo rapporto responsabilizza gli uni e gli altri. Quanti ragazzi sono ospiti di questo CAS? Attualmente sono all’incirca 43; quelli arrivati nel 2015 hanno avuto il permesso di soggiorno, tranne uno, sono emigrati in Norvegia, Olanda, molti in Francia. Un gruppo sta cercando di insediarsi sul territorio: 13 ragazzi stanno frequentando la terza media e grazie al titolo di studio conseguito potranno accedere ai corsi professionali. Arriveranno altri richiedenti asilo? Con gli ultimi accordi con la Libia, sarà difficile. Dai contatti che hanno i ragazzi, sappiamo di tragedie infinite in quella terra, gente che lavora, viene incarcerata, ricattata, torturata… Non so, non so cosa accadrà!

SONO INDIGNATO! segue dalla prima

non riuscisse quasi a respirare perché affetta da linfoma. È morta in ospedale dopo aver partorito il bimbo: un raggio di luce di appena 700 grammi! È inammissibile che la Procura di Ragusa abbia messo sotto sequestro la nave spagnola Open Arms per aver soccorso dei migranti in acque internazionali, rifiutandosi di consegnarli ai libici che li avrebbero riportati nell’inferno della Libia. È disumano vedere arrivare a Pozzallo sempre sulla nave Open Arms Resen, un eritreo di 22 anni che pesava 35 kg, ridotto alla fame in Libia, morto poche ore dopo in ospedale. Il sindaco che lo ha accolto fra le sue braccia, inorridito ha detto : “Erano tutti pelle e ossa, sembravano usciti dai campi di concentramento nazisti”. È criminale quello che sta avvenendo in Libia, dove sono rimasti quasi un milione di rifugiati che sono sottoposti - secondo il Rapporto del segretario generale dell’ONU A. Guterres - a “detenzione arbitraria e torture, tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale, a lavori forzati e uccisioni illegali”. E nel Rapporto si condanna anche “la condotta spregiudicata e violenta da parte della Guardia Costiera libica nei salvataggi e intercettazioni in mare”. È scellerato, in questo contesto, l’accordo fatto dal governo italiano con l’uomo forte di Tripoli, El-Serraj (non c’è nessun governo in Libia!) per bloccare l’arrivo dei migranti in Europa. È illegale l’invio dei soldati italiani in Niger deciso dal Parlamento italiano, senza che il governo del Niger ne sapesse nulla e che ora protesta. È immorale anche l’accordo della UE con la Turchia di Erdogan con la promessa di sei miliardi di euro, per bloccare soprattutto l’arrivo in Europa dei rifugiati siriani, mentre assistiamo a sempre nuovi naufragi anche nell’Egeo: l’ultimo ha visto la morte di sette bambini! È disumanizzante la condizione dei migranti nei campi profughi delle isole della Grecia. “Chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi - ha detto l’arcivescovo Hyeronymous di Grecia a Lesbos - è in grado

di riconoscere immediatamente, nella sua interezza la “bancarotta dell’umanità”. È vergognoso che una guida alpina sia stata denunciata dalle autorità francesi e rischi cinque anni di carcere per aver aiutato una donna nigeriana in preda alle doglie insieme al marito e agli altri due figli, trovati a 1.800 m , nella neve. Ed è incredibile che un’Europa che ha fatto una guerra per abbattere il nazi-fascismo stia ora generando nel suo seno tanti partiti xenofobi, razzisti o fascisti. “Europa , cosa ti è successo?”, ha chiesto ai leader della UE Papa Francesco. È questo anche il mio grido di dolore. Purtroppo non naufragano solo i migranti nel Mediterraneo, sta naufragando anche l’Europa come “patria dei diritti”. Ho paura che, in un prossimo futuro, i popoli del Sud del mondo diranno di noi quello che noi diciamo dei nazisti. Per questo mi meraviglio del silenzio dei nostri vescovi che mi ferisce come cristiano, ma so-

prattutto come missionario che ha sentito sulla sua pelle cosa significa vivere dodici anni da baraccato con i baraccati di Korogocho a Nairobi (Kenya). Ma mi ferisce ancora di più il quasi silenzio degli Istituti missionari e delle Curie degli Ordini religiosi che operano in Africa. Per me è in ballo il Vangelo di quel povero Gesù di Nazareth: “Ero affamato, assetato, forestiero…” È quel Gesù crocifisso, torturato e sfigurato che noi cristiani veneriamo in questi giorni nelle nostre chiese, ma che ci rifiutiamo di riconoscere nella carne martoriata dei nostri fratelli e sorelle migranti. È questa la carne viva di Cristo oggi. Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano Napoli, 24 marzo 2018 https://www.pressenza.com/it/2018/03/indignato-quanto-sta-avvenendo-nostri-occhi-verso-migranti/


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re con i morti attraverso la fede e che perciò stesso li possano aiutare, poiché tutti abbiamo coscienza di essere imperfetti e di aver bisogno di qualche purificazione dopo la morte. Questo ha potuto dar luogo, nella liturgia della Chiesa, a una specie di commercio o negozio di messe e indulgenze applicate ai defunti, che hanno un costo in denaro e tornano a beneficio della Chiesa. La Chiesa ha saputo e sa approfittare di questa trovata del purgatorio,

con effetti poco o nulla edificanti, ma è noto che nella sua variopinta storia c’è stato di tutto. […] Il purgatorio in quanto tale non esiste e non è necessario, poiché abbiamo tutti già abbastanza purgatorio nella vita, in questa ‘valle di lacrime’». [Gumersindo Lorenzo Salas Una fede incredibile nel secolo XXI. Il mito del cristianesimo ecclesiastico, pp. 224, euro 12, introduzione di Giovanni Franzoni].

a cura di Guido Piovano

L’ORA DELLE RELIGIONI

PACE E SUPERSTIZIONE

Alle medie Saffi, nel quartiere popolare e multietnico di Bologna, si sperimenta l’ora di religione cattolica insieme all’attività alternativa, un progetto annuale votato dal collegio dei docenti e, condiviso coi genitori. Quattro insegnanti dell’istituto, dove sei ragazzini su dieci hanno genitori stranieri, hanno deciso di unire le lezioni stando in aula in due. Un modello che ricorda la cattedra dei non credenti del cardinale Martini. Una sfida in un istituto di frontiera dove cresce tra i banchi un mondo: dal Pakistan alla Romania, dall’India al Marocco. Patrick ragazzino rom, è il faraone: legge la sua parte e viene applaudito dai compagni. Mario è il protagonista. Afef, la narratrice. Bruno, insegnante di religione, è anche attore. Paolo, docente di italiano e di ora alternativa, ha scritto il canovaccio con gli alunni della II B tenendo insieme il racconto biblico sul figlio di Giacobbe e Rachele, ripreso anche dal Corano. Dentro c’è tutto: l’amore, i sogni, la cacciata dello straniero, il bivio nella scelta tra vendetta e perdono.

«Scambiamoci un segno di pace» dice il sacerdote all’altare rivolgendosi ai fedeli ed è tutto un protendersi di mani verso i vicini più prossimi, in un afflato che tiene alti i cuori. Bel segno quello della pace, bel segno davvero! Ma, cosa succede? La mia mano rimane sospesa nel vuoto, mentre quella che sta per

unirsi alla mia nella stretta di pace si ritrae repentinamente, in uno scatto fulmineo. Rimango sconcertato e perplesso; poi, capisco: c’era il terribile rischio di “fare la croce” con altre braccia protese. Non sia mai! Ma la croce porta male?

QUALE PURGATORIO? “Preghiamo per le anime del purgatorio”, diceva qualche domenica fa in San Giovanni il celebrante al momento della preghiera dei fedeli. Già, ma quale purgatorio? Riporto a questo proposito il pensiero del teologo spagnolo Lorenzo Salas: «In riferimento al purgatorio, bisogna dire subito, decisamente e senza giri di parole, che Gesù non ha predicato nulla al riguardo. La Bibbia non menziona per nulla il purgatorio come luogo di purificazione. Sembra piuttosto un’invenzione della Chiesa medievale,

nel contesto del culto alle anime benedette, e la cui dottrina è definita dal Concilio di Trento. Orbene, l’immagine del purgatorio si trova già in molte religioni - anche tra i greci e i romani, in Platone e Virgilio - ma non negli scritti biblici dell’Antico e Nuovo Testamento. In base a questo, si potrebbe pensare che il purgatorio sia la versione occidentale della trasmigrazione delle anime. L’esistenza del purgatorio crea nelle coscienze dei credenti la sensazione che i vivi possano comunica-

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Prove di teatro in classe che in realtà sono prove di integrazione. È l’ora del dialogo. Tra mondi, culture, religioni. La sperimentazione prova a tenere insieme ciò che fuori dalla scuola si divide. «Nel quartiere i nostri studenti vivono in mondi separati tra famiglie italiane e immigrate. Noi che facciamo intercultura in tutte le materie, anche quando insegniamo matematica, non potevamo continuare a dire in queste nostre ore di religione e alternativa: tu con me, tu fuori con gli altri. La società corre in fretta, da noi è già multietnica: ci devi fare i conti», racconta Paolo. «Così abbiamo deciso di prendere di petto la questione gettando ponti tra pensiero laico, ateo, di altre fedi e quello cattolico. Nell’insegnamento a scuola la religione è comunque un fatto culturale», spiega Bruno. Bibbia e Costituzione. Precetti religiosi e laici a confronto. L’insegnamento di Gesù, visto anche nelle altre fedi e calato nella vita. (liberamente tratto da la Repubblica del 17 aprile)

Accademia della Crusca di Zanza Rino

Anche una prestigiosa istituzione nazionale come l’Accademia della Crusca si è accorta di noi e ci ha chiesto una presentazione del giornale. Reverenzialmente intimoriti da tanto riconoscimento ce l’abbiamo messa tutta per dare di Insonnia una rappresentazione brillante e moderna. Ecco il testo che abbiamo inviato all’Accademia. Ci pregiamo di inviare alla Vostra cortese attenzione un abstract utile a rappresentare la vision che ispira il nostro giornale.

La mission di Insonnia non è riducibile a ciò che fa fashion, trend e meno ancora al gossip o, peggio, al trash. Ma parte dal concept che nella moderna information society dominata dai media un giornale come il nostro possa svolgere una funzione di raccordo tra la dimensione global e la dimensione local specifica della comunità racconigese. Sul piano delle human resources, costituiamo un team piccolo ma affiatato, con un background consolidato. Ad oggi appare un po’ vintage, ma siamo impegnati a sviluppare una partnership con l’area dei teenagers. La linea redazionale viene definita attraverso meeting periodici nella sede che ha una location centrale, e contatti continui on line, via mail e smartphone. Il giornale sembra avere un discreto appeal a livello locale, la sua audience è ampia e consolidata e il target differenziato. L’attività non si configura come business, non prevede alcun benefit per

gli editor, conta su un budget limitato alimentato non da sponsor interessati ma dai contributi di un consistente numero di fan tra i lettori più affezionati al giornale. L’Accademia ci ha risposto con una espressione molto forbita che noi abbiamo inteso come “piscia più corto” e ci ha proposto questo testo alternativo. Ci pregiamo di inviare alla Vostra cortese attenzione una sintesi utile a rappresentare la visione che ispira il nostro giornale. Lo scopo di Insonnia non è riducibile a ciò che fa moda, tendenza e meno ancora al pettegolezzo o, peggio, al volgare. Ma parte dall’idea che nella moderna società dell’informazione dominata dai mezzi di comunicazione un giornale come il nostro possa svolgere una funzione di raccordo tra la dimensione globale e la dimensione locale specifica della comunità racconigese.

Sul piano delle risorse umane, costituiamo un gruppo piccolo ma affiatato, con un’esperienza consolidata. Ad oggi appare un po’ datato, ma siamo impegnati a sviluppare una collaborazione con l’area dei giovani adolescenti. La linea redazionale viene definita attraverso incontri periodici nella sede che ha una collocazione centrale e contatti continui in rete, via posta elettronica e cellulare. Il giornale sembra avere una discreta attrazione a livello locale, il suo pubblico è ampio e consolidato e la platea dei lettori molto differenziata. L’attività non si configura come commerciale, non prevede alcun beneficio economico per i redattori, conta su un bilancio limitato alimentato non da finanziatori interessati ma dai contributi di un consistente numero di sostenitori tra i lettori più affezionati al giornale. A voi quale versione piace di più?


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Il sito del Comune di Racconigi

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Nuove funzioni informative e di comunicazione per i cittadini di Pino Tebano

Nei giorni scorsi è stato presentato il nuovo sito del comune di Racconigi (c’eravamo anche noi come Insonnia) , abbiamo provato, come utenti, a navigare al suo interno e a ricercare moduli ed informazioni. L’impressione è di un sito ben fatto, intuitivo da utilizzare e adeguato nelle informazioni. Tre le aree dove si possono trovare i link di riferimento specifici per ogni argomento: Aree Tematiche e servizi, l’Amministrazione e Vivere Racconigi. In ogni area il dettaglio è significativo e si possono intercettare facilmente le proprie necessità informative. Aree Tematiche e servizi: molto ricca di titoli esplicativi ed esaurienti, un aggiornamento da fare l’abbiamo trovato approfondendo nelle News-il comune informa-Art Bonus. La modalità di raccolta fondi con “Erogazione Liberale” (e con credito d’imposta del 65%) a favore del “Museo-Giardino della Civiltà della Seta in Racconigi-Riallestimento” risulta chiusa. L’informazione è sul sito ufficiale del Ministero dei Beni Culturali (Art-Bonus) dove troviamo la conferma che risultano ancora aperte le donazioni per:

- Il restauro del campanile Chiesa di San Matteo Oia con obbiettivo 80.000 euro. - Restauro della Chiesa di Santa Croce in Racconigi con obbiettivo 140.000 euro. Per i cittadini che vogliono diventare “Mecenati” della propria città è un’occasione da coltivare visto che il credito d’imposta assicurato è del 65%. L’Amministrazione: con una sezione “la voce del cittadino” per fare direttamente una segnalazione, scaricando il modulo presente sul sito o scrivendo una mail a cittadino@comunediracconigi.it. Vivere Racconigi: con le informazioni su eventi e manifestazioni.

È inoltre stato implementato un sistema di messaggistica con cui si possono ricevere, in tempo reale, le informazioni relative all’area che interessa, queste le funzione e le modalità di utilizzo: ViSITRacconigi: L'APP per tutti i cittadini che vogliono ricevere notizie e aggiornamenti. È possibile attivare un canale di comunicazione su smartphone, tablet o pc, in modo veloce, gratuito e completamente sicuro in merito a notizie su mobilità, cantieri stradali e deviazioni bus, pubblica sicurezza e allerta meteo, variazioni orari uffici comunali, scuole, scadenze ed eventi importanti. L'operazione è assolutamente gratuita. Ecco come procedere: installare Telegram sul proprio smartphone o utilizzarlo da tablet e computer:

tutte le versioni sono disponibili sul sito ufficiale (http://www.sitoufficiale.net/Telegram/). Una volta creato il proprio account, cercare il nome del canale per le notizie e/o informazioni di Racconigi: il nome del canale da cercare è "VisITRacconigi". Si potrà in seguito scegliere da quale tipo di informazione si vogliono ricevere le notifiche ed, eseguita questa semplice procedura, ad ogni nuova notizia sul canale riceverete una notifica da Telegram per poterla leggere. I canali del Comune di Racconigi si distinguono da eventuali canali simili perché usano il logo ufficiale del Comune. Ovviamente Telegram funziona se si dispone di un apparato connesso ad internet e pertanto con smartphone e tablet con piano dati (secondo il profilo tariffario del proprio operatore) ovvero se collegato, ad esempio, in wifi. Telegram e i servizi forniti dal Comune di Racconigi attraverso questa applicazione sono gratuiti. Navigate cittadini!!! http://www.comune.racconigi.cn.it

LUDOPATIE Di fronte al diffondersi del gioco d’azzardo, è attivo dal 2015 il progetto “Punta su di te 2.0” finalizzato alla sensibilizzazione e prevenzione del gioco d'azzardo patologico (GAP). È stato promosso dalla Fondazione CRC di Cuneo, e comprende, come partner del progetto, l'ASL CN1 e CN2, i comuni di Cuneo, Savi-

gliano, Saluzzo, Fossano, Alba, Bra e Mondovì, il consorzio CIS, la cooperativa sociale Ro&Ro, la Caritas Diocesana e Libera di Cuneo. L’iniziativa è finalizzata a fronteggiare il gioco d’azzardo quale fattore di esclusione sociale, a favorire le persone con problemi legati al gioco l’accesso a servizi

di supporto e cura, a differenziare tali servizi, a creare un coordinamento provinciale che permetta una rilevazione e un intervento estesi a tutta la Provincia di Cuneo. Si avvale sia di operatori ASL che del privato sociale; tra le azioni previste realizza momenti formativi ed informativi, rivolti a tutti coloro che, a vario titolo, possono entrare in contatto con il giocatore d'azzardo. “ L’obiettivo prioritario del nostro progetto – dichiara la coordinatrice del progetto dott.ssa Manuela Ferrero del consorzio

CIS - è quello di creare una rete che veda coinvolti, oltre i firmatari del progetto, un numero sempre più significativo di persone che, con ruoli e funzioni diverse, entrano in contatto con tale fenomeno. Questo perché desideriamo che nasca una consapevolezza e, forse col tempo, una cultura rispetto al gioco d’azzardo, ai suoi rischi e alla sua ricaduta sull’intero tessuto sociale. Infatti si tratta di una materia su cui siamo ancora analfabeti. Una delle sfide è quella di creare una grammatica condivisa che permetta una lettura e un approccio psicosociale al fenomeno”.


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ALFABETIZZANDO..... LE PAROLE DEI GIOVANI

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L come LIBERTÀ Classe IV E CAT

Vivo a New York e tutte le mattine verso le 10.30 per liberarmi dai miei pensieri e per scaricarmi dalla frenesia della città vado a correre nella natura di Central Park. Una mattina come tutte le altre decisi, dopo una corsa piuttosto impegnativa, di fermarmi su una panchina per riprendere fiato e per godere dello spettacolo, sempre sorprendente, di quell’immensa oasi di verde. Tutto sembrava molto tranquillo: coppiette innamorate attraversavano il suggestivo Bow Bridge; fanciulli schiamazzanti correvano attorno alla statua di --; turisti curiosi guardavano con meraviglia ogni angolo del parco assaporando così quella dimensione parallela al caos della città. Anch’io ero particolarmente sereno fino a quando sentii le sirene spiegate di una volante della polizia diretta proprio verso di me, più precisamente nella zona del lago Jacqueline Kennedy Onassis . Pensai immediatamente, e in maniera troppo scontata, al solito tossico … ma mi sbagliai; i poliziotti, infatti, scesero dall’auto e con passi veloci mi vennero incontro con un mandato d’arresto. Ascoltavo il suono urlato del mio nome, non riu-

scivo più a capire nulla. Rimasi come paralizzato in ascolto di un reato mai commesso … “rapina a mano armata con conseguente furto di ingenti somme di denaro”. Gridavo inascoltato il mio nome, la mia rispettabilità, la mia innocenza, ma tutto fu inutile. Mi ritrovai , dopo un viaggio durato un istante, in una caserma di polizia in cui fui sottoposto ad un estenuante interrogatorio. Mi fecero numerose domande relative a eventi, luoghi, persone di cui non avevo la minima conoscenza, di cui non avevo mai sentito parlare. Continuai a proclamare la mia estraneità ai fatti, a balbettare la mia onorabilità , ma niente distolse gli inquirenti dall’accusa infamante rivoltami. Capii così di essere stato una vittima innocente di un errore giudiziario. Attorno a me in un attimo calò il silenzio: i polsi ammanettati mi facevano male, il sudore che gocciolava dalla fronte mi bruciava gli occhi; non sapevo a chi chiedere aiuto, non potevo rivolgermi di certo ai poliziotti che, in quel momento, rappresentavano i miei custodi - aguzzini. Dopo aver attraversato un corridoio lungo e buio fui sbattuto in una cella. Chiusa la porta non mi restò altro da fare che affrontare la situazione carceraria in mezzo a quattro “ospiti inospitali”, macchiati di omicidio, traffici di droga, stupro e altri reati terrificanti. Dovetti immediatamente organizzare la mia sopravvivenza che si sarebbe rivelata dura e terribile. Lì dentro rimasi per ben quattro anni della mia vita. Privato della libertà smisi di sperare nella credibilità della mia innocenza, l’idea di una possibile scarcerazione divenne sempre più remota e i miei so-

gni ad uno ad uno si infransero contro le pareti di quella cella fatiscente e puzzolente. Quel mondo e quel sistema mi erano estranei; non avevo nulla da spartire con “quei signori della mia stanza” e spesso, infatti, rinunciavo alla pseudo libertà dell’ora d’aria, mi privavo di vedere un pezzo di cielo pur di stare solo con i miei pensieri, pur di non condividere nulla con quei “diversi” ospiti. Ammetto che più volte ho pensato di farla finita, di suicidarmi, di dare prova, togliendomi la vita, della mia innocenza. Poi però nell’intimo speravo in un miracolo, immaginavo, proprio come un bimbo che vive di fiabe, in un qualcuno che potesse salvarmi, in una “creatura fantastica” che potesse tirarmi fuori da quell’inferno. E così avvenne. Un giorno fui convocato dal Direttore del carcere, il quale mi comunicò la mia immediata scarcerazione: la mia detenzione era stata ingiusta, ero stato vittima di un errore giudiziario e le indagini, seppur lunghissime, avevano rivelato i veri colpevoli. Si trattava di ladri di identità che erano stati in grado, non so come, di ottenere e sfruttare criminalmente tutti i miei dati personali e soprattutto quelli bancari. L’incubo era finito. Riacquistavo nuovamente la mia libertà che, inizialmente, appena uscito dal carcere, era inebriante e difficile da gestire. Ripetevo fra me e me …”sono innocente!, sono innocente!” ma intanto la mia reputazione personale e creditizia era stata infangata, macchiata e nessun risarcimento in denaro avrebbe più potuto riscattarla.

M come Migranti Classe I Liceo Scientifico

“Soccorrere non è un crimine”: è questa la campagna di solidarietà alla guida alpina francese che rischia fino a cinque anni di carcere per aver soccorso il 10 marzo scorso una donna migrante incinta sul colle del Monginevro. Un episodio che ci riporta alla mente la triste vicenda di Destiny, una ragazza nigeriana di 31 anni, che, nonostante fosse incinta al settimo mese e avesse un grave linfoma, la notte del 9 febbraio è stata intercettata dalla gendarmeria francese mentre

tentava di oltrepassare il confine per ricongiungersi con la sorella e riportata “come un pacco” alla stazione di Bardonecchia; la donna, ricoverata al Sant’Anna di Torino, è morta dopo aver dato alla luce Israel, nato fortunatamente in buona salute. Come può essere possibile che le autorità della Francia abbiano chiuso gli occhi e il cuore di fronte ad una donna sfinata dalla fatica e dalla malattia, mentre marciava nella neve per offrire qualche speranza a suo figlio? Come può essere tollerabile che il sindaco di Ventimiglia abbia emesso un’ordinanza che vieta di somministrare cibo ai migranti in transito? Come può essere comprensibile che Lisa Bosia Mirra, la cosiddetta Madre Teresa dei profughi, sia stata multata di 7352 euro per aver aiutato un migrante minorenne ad attraversare il confine tra Italia e Svizzera per raggiungere i suoi parenti? Quale giustizia nel criminalizzare chi cer-

ca di alleviare le sofferenze di un altro essere umano? Il fatto è che, nell’Europa che si appresta a festeggiare i 70 anni della Dichiarazione Universale dei

Diritti dell’Uomo, la normativa prevede il “reato di solidarietà”, e l’Italia (insieme alla Francia) è tra i Paesi più severi nel punirlo. In base all’articolo 12 del Testo Unico

Alcuni dei ragazzi della prima che hanno fatto il progetto Sky Tg 24 coi migranti di Racconigi


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sull’Immigrazione (la cosiddetta Legge Bossi-Fini), chi soccorre i migranti, anche solo offrendo acqua o un piatto di minestra, viene accusato di “favoreggiamento” di immigrazione e, al pari degli scafisti e dei passeurs, rischia multe fino a 15mila euro e da uno a cinque anni di carcere. Ma la legge non deve dimenticare l’umanità, né deve generare indif-

ferenza ed egoismo. Aiutare gli altri, specialmente quando sono ospiti a casa nostra e sono in difficoltà, è un dovere e un atto di solidarietà; non dimentichiamo che l’ospitalità nel mondo antico era sacra, e chi non rispettava l’ospite veniva punito da Zeus. E il latino lo conferma: se consideriamo l’etimologia, la radice hosdi “hospes” rimandata alla parola

“hostis”, nel suo originario significato di “straniero, forestiero”, solo in seconda battuta “nemico”: ospitare e accogliere significa dunque trasformare uno straniero da potenziale nemico ad alleato, offrirgli rifugio e protezione, fargli sentire solidarietà e amicizia. Non si tratta di migranti, o profughi, o rifugiati, o richiedenti asilo, ma solo di persone, uomini e donne che fuggono

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nella speranza, non nella convinzione, di trovare un posto dove vivere meglio e dignitosamente, pagando per un sogno che, non di rado, si trasforma in incubo. Il “reato di solidarietà” dovrebbe punire l’indifferenza davanti alle difficoltà del prossimo. Come può punire chi esercita un sentimento così puro e nobile quale la pietà?

N come Norma di Alberto e Andrea, 2A ITIS

Noi oggi abbiamo deciso di raccontarvi una storia, una di quelle che non entrano nei libri ufficiali, ma con tanto da dire e da dirci. Per ricordarci, almeno un momento, di una di quelle persone che – alla fine dei conti e loro malgrado – sono protagoniste della Storia, proprio quella con la “esse” maiuscola. Vogliamo raccontarvi la storia di Norma. Norma Cossetto (nata nel 1920) era una studentessa italiana residente in Istria, terra che allora apparteneva all’Italia. Studiava a Vene-

zia, ma nell'estate 1943 tornò a casa, per stare con la famiglia e per preparare la tesi di laurea, intitolata Istria Rossa (il rosso indica il colore tipico del terreno istriano, dovuto alla grande presenza di bauxite). Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la famiglia Cossetto iniziò a ricevere minacce dai partigiani jugoslavi e italiani: il padre era un dirigente locale del Partito Fascista, e ormai si profilava la disfatta del regime (e l’Istria, insieme a Fiume e alla Dalmazia, sarà poi assegnata alla Jugoslavia, dopo la fine del conflitto). Il 25 settembre ‘43 i partigiani titini (cioè jugoslavi, sotto il comando di Tito) fecero irruzione in casa Cossetto e in seguito Norma venne arrestata e portata all’ex-caserma della Guardia di Finanza; successivamente venne condotta in una scuola, quella di Antignana, adattata a carcere. Qui Norma subì stupri e sevizie da parte dei suoi carcerieri, mentre veniva tenuta legata ad un tavolo. Una donna che

abitava vicino alla scuola riferì a Licia, sorella di Norma, la seguente testimonianza: "Signorina, non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch'io". La notte tra il 4 e 5 ottobre, Norma, insieme ad altri prigionieri, fu legata con il fil di ferro e condotta sino alla foiba di Villa Surani. Il suo cadavere fu il primo ad essere riesumato, dato che fu gettata per ultima nella foiba. A Norma è stata conferita la “Medaglia d’oro al merito civile alla memoria”, e la laurea honoris causa.

OSTANA COMUNITÀ OCCITANA RINASCITA DI UN BORGO OCCITANO

campo estivo organizzato dal Movimento non violento (MIR)

8 / 15 luglio 2018 Ostana (CN), Borgata S. Antonio

Opere di manutenzione ordinaria:

pulizia e ripristino di sentieri e spazi pubblici, nella tradizione della ruida, ogni famiglia metteva a disposizione un giorno di lavoro. Attività formative: volte alla scoperta delle iniziative che gravitano attorno al paese e delle buone pratiche attuate, quali sulla valorizzazione del patrimonio architettonico locale e della cultura occitana, promuovendo un turismo rispettoso del territorio.. Iniziative innovative: recupero di terreni incolti, valorizzazione dei pascoli e dei prodotti caseari; recupero delle borgate - Sere Lamboi e Ambornetti - per la costituzione rispettivamente di un istituto di ricerca sulla sostenibilità e di un resort turistico ecosostenibile. Partecipanti: 10 Coordinamento: Silvana Sacchi, silvana.sacchi@gmail.com, 340.328.7549 - 349.42.70.833

Formatore / Relatore: Associazione Bouligar L’Associazione Bouligar nasce nel 2015 come start-up per sviluppare ulteriormente la progettualità di tipo culturale, ampliare l’offerta turistica e rafforzare i legami sociali tra «cittadini temporanei» come i turisti, gli attuali residenti, chi ha una seconda casa ed anche il gruppo di richiedenti asilo provenienti dal Pakistan, recentemente accolti nel paese. Riferimenti pre-campo:

http://www.comune.ostana.cn.it http://www.loupourtoun.it https://www.facebook.com/AssociazioneBouligar/ MIR/MN Piemonte e Valle d’Aosta


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“COSA C’È CHE NON VA IN ME?”

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L’intervento di una ragazza al 25 aprile di Carmagnola. Una sfida per le nuove generazioni di Naomi Nervo

Buongiorno a tutti! Mi chiamo Naomi e comincio ringraziando la sezione ANPI di Carmagnola per avermi dato l’opportunità di raccontare la mia storia qui, oggi. Ho vent’anni e sono al secondo anno di Scienze Internazionali all’Università di Torino. Sono nata a Torino da padre italiano e madre nigeriana e i miei genitori hanno sempre lavorato come liberi professionisti e operai. Fino alle medie, andare a scuola è stata un’avventura: come tutti i bambini conoscere nuovi amici e vivere esperienze diverse al di fuori della famiglia è stato il primo approccio al mondo. Le difficoltà sono arrivate quando ho cominciato le superiori: alcuni compagni mi deridevano per via del colore della mia pelle e per i miei capelli. E io mi chiedevo: “Perché? Cosa c’è che non va in me?!” Non sto ad elencarvi gli insulti che ho subito, ma ci tengo a dire che essere considerata una straniera nella propria terra non lo auguro a nessuno. Durante le lezioni di storia, mi ha colpito quando studiammo l’art. 3 della nostra Costituzione: “Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” In un certo senso da questa lettura ho trovato una prima risposta alla mia inquietudine. Sono una cittadina italiana, nata in Italia, a prescindere dal colore della mia pelle e dalla forma dei miei capelli. Tantissimi altri ragazzi e ragazze come me sono cittadini italiani di seconda generazione e vivono, studiano o lavorano da anni in Italia. Ma oggi ancora facciamo fatica a considerarci tutti italiani. Emergono, come in questi ultimi mesi, le parole di odio, di separazione e di violenza dei nuovi neofascismi, e sempre di più sui social, seguiti da tantissimi giovani, questa sembra essere una nuova

moda da seguire. Ma quei valori di libertà, uguaglianza e rispetto dell’altro dove sono finiti? Eppure quest’anno ricorre l’80esimo anniversario dall’emanazione delle leggi razziali in Italia e il 70esimo anniversario dall’entrata in vigore della Costituzione. Due ricorrenze molto importanti. Dov’è finita questa memoria? Dov’è il nostro impegno per testimoniare ciò che è stato e per difendere quei valori che sono alla base del nostro Paese? Più di settanta anni fa il nostro Paese è uscito dalla seconda guerra mondiale e dalla dittatura fascista poggiando la sua nuova identità sull’affermazione della libertà, della democrazia e della convivenza pacifica tra tutti e per tutti. Proprio per questo, il tema del 25 aprile di quest’anno, “Mai più fascismi, mai più razzismi”, che richiama la campagna contro i nuovi fascismi e contro il razzismo, di cui l’ANPI è promotore (per chi volesse, raccogliamo le firme per questa campagna, alla fine della celebrazione ufficiale) vuole essere il monito per ribadire quanto ancora oggi sia necessario lottare contro l’odio, la violenza, l’indifferenza e la paura. Questa deve essere, soprattutto per noi giovani, la nostra nuova Resistenza. Essere liberi non significa poter giudicare in base al colore della pelle, della religione, delle idee politiche, del sesso. Ma costruire insieme a tutti e a tutte una comunità accogliente, solidale e giusta per tutti. Ponti tra le persone e non muri. È necessario affermare l’importanza del dialogo, dell’integrazione, della pace e della solidarietà mettendoli alle fondamenta della nostra Italia. Ma per fare questo abbiamo bisogno dell’impegno di tutti anche di voi adulti, ne vedo molti qua in piazza, che quotidianamente devono insegnarci a prendere una posizione a favore della dignità e del rispetto della vita umana, senza restare ai margini dei grandi cambiamenti che investono la nostra società.

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA Email:

info@maipiusole.it Tel.: +39 335 1701008 +39 331 6893698 +39 331 6893684

Come la sua naturale posizione geografica vuole, al centro del Mediterraneo, l’Italia è stata per secoli e lo è tutt’ora, un crocevia di culture diverse. È nel nostro DNA, quindi, il saper accogliere e il saper integrare. Per tutto questo il nostro Paese dev’essere all’avanguardia. Oggi, in questo 25 Aprile dobbiamo ribadire con forza che ogni essere umano deve essere considerato in quanto tale, non come una merce o un ostacolo. E solo attraverso il dialogo e non attraverso l’odio e la prevaricazione, noi potremmo costruire una comunità e un Paese davvero giusto, a misura d’uomo. Anche per tutti quegli italiani che verranno dopo di noi e che spero non siano più etichettati di “terza, quarta, quinta generazione”. Auguro a tutti e a tutte voi di poter essere, insieme a me, questo grande cambiamento. Una sfida che noi, giovani generazioni siamo pronti ad accogliere. Vi ringrazio. E un grazie all’ Amministrazione comunale, all’ANPI e soprattutto a voi per essere venuti a festeggiare la nostra Liberazione e la nostra Resistenza, di ieri e di oggi. Grazie e buon 25 aprile!

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DE-ESCALATION

Tecniche di gestione dell'utente e del paziente aggressivo a cura di Rodolfo Allasia

Le aggressioni sia fisiche che verbali a medici, assistenti sociali ed insegnanti, proprio là dove queste persone esercitano il loro servizio con il pubblico o l’utente, hanno subito un notevole aumento negli ultimi tempi. Il pieghevole che vedete qui riprodotto annuncia un seminario svoltosi a Torino (che molto probabilmente verrà ripetuto in altre sedi) che si occupa di tecniche di gestione dell’utente o del paziente aggressivo. È stata una analisi del fenomeno oltre che una proposta di metodologie atte alla difesa sia psicologica che fisica necessarie in alcune situazioni che possono precipitare in comportamenti anche molto gravi da parte dell’aggressore. Uno dei docenti di questo corso è stata la nostra collaboratrice Alessia Cerchia, avvocato e mediatore. Alessia già nei suoi articoli su Insonnia ci ha fatto capire che la mediazione (lavoro che lei svolge sia collaborando con il tribunale di Torino sia in attività nel settore privato) sia un metodo di lavoro per comporre i conflitti ma possa essere anche un comportamento che ogni persona può adottare per risolvere nel modo più indolore possibile i dissidi e vivere limitando inutili stress che questo mondo inevitabilmente ci obbliga a subire. Sulla Repubblica del 13 aprile Michele Serra, sulla sua rubrica “l’amaca“, analizza il fenomeno suddetto sempre più presente nelle società occidentali e asserisce fin dall’inizio che

questo fenomeno è un segnale di un “vero e proprio odio delle competenze....”

Da tanto tempo “si sente dire, (...) che non ci sono più i buoni maestri di una volta”. Negli anni in cui nasceva la contestazione studentesca si era messa in discussione l’autorità degli insegnanti ma non certamente l’idea che le competenze fossero inutili, anzi si pensava che la conoscenza fosse una delle leve per cambiare il mondo. Si pensava che anche il più giovane e piccolo leader avrebbe potuto offuscare il docente diventando più seduttivo di quanto non fossero quegli insegnanti in cattedra. Ora però la dialettica tra chi sta di qua o di là della cattedra o della scrivania si risolve “in un ceffone, uno spintone, uno sputo oppure un ordinario “crepa!” sui social”. Tutto ciò sembra essere una parodia degli antichi slogan “il figlio è mio, il fegato è mio, la giustizia me la faccio da solo”. Se vogliamo vedere la cosa in una luce più drammatica, può sembrare che queste persone tendano ad imitare quei tristi personaggi che vediamo nelle fiction televisive tipo Gomorra. Michele Serra conclude dicendo “sta nascendo il sovranismo individuale“. Fortunatamente “qualcosa di buono c’è” ed anche noi nel prossimo numero continueremo a pubblicare gli articoli di Alessia che insisterà, fortunatamente, a riproporci le sue riflessioni sulla mediazione.


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Centro Alambicco

UN PRANZO SOLIDALE di Marisa Destito

Domenica 11 marzo 2018, il Centro Alambicco è stato coinvolto in un pranzo realizzato a scopo di solidarietà dall’Amministrazione di Casalgrasso con la collaborazione di alcuni partner. Il pranzo è stata una bellissima esperienza utile, sia per promuovere il nostro progetto “La stanza Snoezelen”, sia per far conoscere il nostro Centro Diurno anche nei paesi limitrofi. Il pranzo è stata una bellissima occasione per incontrare e scambiare punti di vista con persone che ancora non conoscevamo. Già in altri articoli pubblicati su Insonnia abbiamo illustrato nel dettaglio il nostro progetto, per tale motivo ho deciso di non soffermarmi sull’argomento, ma ho preferito dilungarmi su altro aspetto per me molto importante. Naturalmente, per chi non avesse letto l’articolo, posso riassumere tutto il progetto in poche parole e darvi la più completa disponibilità se qualcuno volesse maggiori informazioni in merito. Il progetto prevede l’allestimento di una stanza Snoezelen, chiamata così perché segue l’approccio Snoezelen, che offre uno spazio stimolante dove i ragazzi possano farsi trasportare dal contesto in cui si trovano. Nella camera saranno inseriti materiali e oggetti multisensoriali utili alla stimolazione di tutti i sensi. In questo contesto i ragazzi, in completa autonomia, verranno accolti e avvolti da luci, colori, aromi, essenze, suoni, oggetti ed immagini dove potranno sperimentare esperienze autentiche. In questo articolo invece, vorrei descrivere l’esperienza fatta con il comune di Casalgrasso e raccontarvi perché è stata un’esperienza interessante e molto entusiasmante. Per la prima volta abbiamo partecipato ad un pranzo organizzato in un modo un po’ differente dal solito. Oltre a servire il menù in programma per quella giornata, i commensali erano stati invitati a portare piatti preparati con le proprie mani, nonché le vettovaglie. Ogni partecipante poteva poi condividere con le altre persone la sua creazione culinaria. All’inizio eravamo un po’ perplessi su questa metodologia, poi pensandoci bene, la cosa ci ha dapprima incuriositi e poi coinvolti. Effettivamente viviamo in un’epoca in cui condivide-

re non è un verbo molto utilizzato, mentre in questa occasione abbiamo potuto toccare con mano una opportunità di integrazione sociale e culturale fatta in modo differente. Siamo talmente abituati alla competizione, all’avidità e all’egoismo, che sostituire questi termini con cooperazione e condivisione ci ha entusiasmati. Effettivamente, se ci soffermiamo a pensare, siamo gli unici esseri viventi sulla terra che conoscano il vero significato di cucinare e condividere… nessun essere umano escluso.

solleticato la loro curiosità, ecc… Nei giorni precedenti al pranzo, tutti gli operatori del Centro Diurno hanno pensato a cosa potevamo condividere con i partecipanti oltre al cibo così, tra un’idea e l’altra, abbiamo deciso di costruire un video che raccontasse qualcosa di noi, del nostro quotidiano e del nostro essere. L’idea di utilizzare questo strumento di comunicazione nasce dal fatto che, secondo noi, le immagini catturano immediatamente l’attenzione e toccano più velocemente la parte

Ribadisco che è stato un pranzo diverso dal solito, in cui la condivisione era alla base di tutto, poiché vorrei che ognuno di noi facesse una riflessione su questo argomento. Abbiamo condiviso cibo, condiviso delle ore di una giornata speciale, condiviso degli spazi, ma soprattutto condiviso delle esperienze. In tutta la sala si respirava un clima sereno, grazie al quale si toccava con mano la bellezza delle relazioni e il rispetto per l’ambiente. Durante la giornata, molte sono le persone che sono venute a chiedermi maggiori informazioni sul Centro, sui ragazzi e sul mondo della disabilità. Questa situazione non può che farci piacere, poiché significa che abbiamo destato il loro interesse,

emozionale di ognuno di noi. Non sono convinta che le immagini valgano più di mille parole, ma sicuramente arrivano prima agli interlocutori, per tale motivo ho deciso di avvalorare le immagini con delle parole, in modo tale da utilizzare un’efficace combinazione di testo e di immagini per comunicare nel migliore dei modi. Il video che abbiamo preparato è stato diffuso durante il pranzo e successivamente pubblicato sulla nostra pagina Facebook. Verso la fine del video abbiamo deciso di inserire anche le immagini di come e cosa vogliamo costruire nella stanza Snoezelen, ragion per cui vi invitiamo ad andare a vederlo. Credo sia doveroso ringraziare in primis l’amministrazione Comunale e i volontari della Protezione Civile, poiché grazie a questa iniziativa ci hanno permesso di raccogliere fondi per la realizzazione della stanza Snoezelen per i nostri ragazzi. Un sentito grazie va anche alla famiglia Cavallo, perché ci ha messo in contatto con tutte queste persone fantastiche e ci ha accompagnato durante tutta la collaborazione. Non può mancare un grazie a tutti i presenti, alla BCC di Casalgrasso e all’associazione Casalgrasso Solidale che con la loro beneficenza ci permettono di aggiungere un tassello in più al nostro progetto. Ringraziamo anche il caseificio Osella che ci ha donato del formaggio, il Molino Chiavazza che ci ha donato le farine per fare la polenta e l’Associazione dei Cacciatori che ci ha lasciato dell’ottimo spezzatino di cinghiale servito durante il pranzo. Un ultimo, ma non per importanza, GRAZIE ai familiari dei nostri ragazzi che sono sempre disponibili e presenti alle iniziative che proponiamo.


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PADRE SERGIO E LA BIBLIOTECA

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Un mondo di cultura, preghiera, accoglienza di Elisa Reviglio

Uffa devo ancora fare un paio di versioni di latino, ma non ho proprio voglia. Fuori c’è un bel sole, l’aria di montagna è fresca e pura e io proprio non ho voglia di passare la mia estate con Virgilio. Alzo lo sguardo e ho una visione: eccola lì, a pochi minuti a piedi, la soluzione! E mi incammino, due curve e una leggera salita ed eccomi davanti alla salvezza: una normalissima baita appena sotto alla Chiesa di Marmora, dove da sempre trascorro le vacanze e ogni fine settimana con la mia famiglia. Una baita non in perfetta forma, ma certamente con il tetto nuovo di zecca. Eh già! Ricordo ancora il pomeriggio in cui un forte vento lo ha spazzato via e mio papà e il pastore nostro vicino si sono precipitati per soccorrerne l’occupante. Lo hanno chiamato e chiamato più volte e, ormai rassegnati al peggio, ecco che è apparso lui, Padre Sergio, tutto assonnato e spettinato, il quale non si era accorto di nulla. E la sua prima preoccupazione è stata per i suoi amatissimi libri. E ora proprio i suoi amatissimi libri sono la soluzione ai miei problemi. Questo è stato il modo in cui sono entrata per la prima volta nella famosa biblioteca di Padre Sergio, un luogo dove ordine e pulizia regnavano sovrani, in netto contrasto con il resto della casa. Oggi è molto di attualità la sorte che toccherà a questa biblioteca, ma non si può certo comprendere l’importanza di questa collezione se non se ne conosce il proprietario. Padre Sergio, un monaco benedettino dall’aspetto sempre scarmigliato e pieno di acciacchi dovuti a problemi alle ossa. Una figura, la sua, forse ancora da comprendere sino in fondo. Lui era un monaco non un parroco e questo lo si capiva molto bene dal suo atteggiamento verso gli altri: Padre Sergio non gestiva una comunità, anzi rifuggiva le folle, ma accoglieva. Accoglieva chiunque avesse bisogno, offrendo loro solo e semplice ospitalità. Ospitalità non sempre ripagata, infatti è stato spesso vittima di furti e violenze, ma nonostante tutto diceva che se al suo funerale la sua bara fosse stata sorretta da 4 di queste anime in cerca di salvezza, lui avrebbe potuto dirsi soddisfatto. Non so se ciò sia avvenuto, io non

ero presente quel giorno, ma sarei stata contenta che alla fine avesse avuto ragione lui, perché io in realtà mi sono sempre chiesta se fosse produttivo accogliere queste persone senza fornire loro un valido supporto che non fosse solo un tetto, del cibo e tanta solitudine. Padre Sergio era così, ora et labora, un eremita dedito alla preghiera e alla lettura, non un teologo estremista.

Era molto critico verso la Chiesa e ricordo ancora un’omelia durante la quale criticò un viaggio di Papa Giovanni Paolo II in America del Sud perché troppo fastoso nei confronti della povertà del luogo. Negli ultimi anni poi la Curia gli aveva vietato di celebrare i matrimoni, perché non riteneva necessari, e quindi non richiedeva, i corsi prematrimoniali in quanto per lui era sufficiente l’amore tra le due persone. In quell’occasione ci fu una raccolta firme a sostegno del suo operato, ma dalla Curia non sono mai giunte risposte positive.

Da cattolica non praticante e molto scettica, forse anche per questo mi sono sempre piaciute le messe fatte da lui, brevi ma non frettolose e con una predica ricca di spunti di riflessione. Lo ricordo ancora arrivare in chiesa, infilarsi i paramenti e accendere le candele con un lungo bastone e poi voltarsi e guardare l’immensa folla che lo attendeva: 4 o 5 persone.

Non di rado capitava di chiudersi tutti in sacrestia a celebrare la S. Messa, e per me, allora ragazzina, sembrava una cosa eccezionale. A dir la verità a me Padre Sergio è sempre sembrato “diverso” dall’immagine forse un po’ stereotipata dell’uomo di Chiesa chiuso nelle sue convinzioni e nei suoi dogmi, e crescendo ho capito perché: lui era una persona colta, molto colta e questo gli ha permesso di avere una sua visione del mondo aperta e mai avrebbe giudicato nessuno. Non cercava nessuno, ma non rifiutava nessuno. Le cose materiali non erano la sua priorità, viveva di ciò che arrivava e forse proprio per questa sua natura ha scelto una vita immersa nella natura, invece di una carriera clericale. E la sua biblioteca ne è l’immagine: curata, ordinata, non con pezzi di grande valore, ma ricca di storia, la sua storia. L’unico posto che meritasse la sua attenzione. Il futuro della sua biblioteca ora è incerto e credo che il problema non sia solo logistico, piuttosto credo che debba esistere un progetto che ne permetta la fruizione e che la tenga viva nel vero senso della parola, con appuntamenti culturali quali presentazioni di libri, concerti di musica classica ecc. Perché se prima quei libri vivevano grazie e attraverso Padre Sergio, oggi sono entità fisiche che non hanno poi un grosso valore economico. Ben venga il film sulla sua vita “la Terra Buona”che in questi giorni è nelle sale del Piemonte, mi astengo da una recensione in quanto non l’ho ancora visto, certo è che non è stato così ben accolto dai “Marmorini” semplicemente perché è stato girato in Val Grande e non nella sua amata Val Maira e soprattutto nel suo piccolo mondo a Borgata Superiore di Marmora.

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entro dicembre 2018 Tel 371 1529504


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Raccontami...

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DOVE PORTA L’ONDA di Giovanni Bonavia

Crediamo che tutti conoscano Giovanni Bonavia e di conseguenza non c’è motivo di presentarlo qui. È necessario invece spendere due parole per dire che il testo che pubblichiamo ha già una propria storia. È stato profondamente vissuto dall’autore, forse più di ogni altro racconto o romanzo che Giovanni ha scritto; sua mamma è ospite della struttura “Angelo Spada” e lui accompagna giornalmente questa piccola signora nel suo viaggio senza bussola. Matteo Mondino, responsabile della struttura, senza spiegare tutto all’inconsapevole Giovanni, gli ha chiesto, per una ricerca dell’Osservatorio Onda (Istituzione scientifica nazionale che opera per promuovere la salute della donna) una testimonianza sul ricovero di Teresina. Naturalmente Giovanni scrive un testo poetico com’è nella sua natura e lo consegna a Matteo. A fine gennaio il nostro scrittore viene convocato per una premiazione il 5 febbraio a Roma, Montecitorio, salone Aldo Moro. La scenografia allestita per la premiazione gli ricorda un incubo della sua prima esperienza da interprete in cabina, 32 anni prima, ed in quel momento si trova lì come figlio che interpreta le immagini di sua madre, una lingua difficile anche per un traduttore consumato. Giovanni era finito in un concorso letterario: “Dai voce alla tua storia”. La giuria era presieduta da Paola Tincani, direttrice della Hachette Italia e gli avevano riconosciuto il primo premio. Giovanni ha utilizzato una forma, nel suo scrivere questa esperienza, che la rendesse leggibile anche ai compagni di viaggio della mamma e a tutti coloro che in qualche maniera abbiano avuto la madre in una casa di riposo. Tutto ciò è commovente. Rodolfo Allasia

Immagino vi siano molti modi per approdare ad un ricovero . Approdare. Scelgo con determinazione questo vocabolo marinaro che dice l’esito d’un tragitto spesso periglioso. Molti modi. Per necessità. Per scelta. Per suggerimento. Per infortunio. Per conoscenza. Per noia. Per decrepitudine propria e di chi resta. Per provvido intervento delle istituzioni sanitarie. Noi ci siamo giunti per disperazione. Mamma era irresistibilmente chiamata da un passato lucente, amoroso, perfetto; tanto perfetto da essere introvabile. Andoma a cà. Andiamo a casa. Come resistere a queste bordate di nostalgia? Ma come dare loro un esito felice se quel passato non c’è più? Se quella casa è svanita? Andoma a cà. È vero: il nostro pensiero è libero di percorrere la freccia del tempo a suo piacimento: avanti; indietro; su; giù; accelerando; frenando; contemplando; sgommando. Andoma a cà. L’astrofisica sembra saldamente soccorrere le rimostranze di mia mamma Teresina. Perché se guardi il cielo vedi solo ciò che fu. Vedi la luna di un

minuto fa. Il sole di otto minuti fa. Alpha Centauri di 4367 anni fa. Tutti dalle parti della casa che cerca.

Mamma voleva tornare su Alpha Centauri. Per questo prendeva un bello slancio e saltava per le scale. Per questo partiva leggera: una canottiera e due biscotti in una federa. Per questo capitombolava rovinosamente – se ci accorgevamo tardi del decollo. Per questo siamo venuti in ricovero, sentendoci un po’ tutti dei maledetti traditori. E qui accade quel che pare un miracolo. Qui vi sono altri che vogliono tornare a patrie remote, extragalattiche, avulse dal presente. Anche il personale - dal Direttore stesso alle infermiere, dalle Oss alle formidabili volontarie - non esclude la possibilità che si percorrano gli arditi itinerari. E intanto prepara gli equipaggi con cura delicata, pettinando, lavando, nutrendo. Si è passati da una costante disumana impotenza a tratti di umana possibile pace. Per questo ora mi è tollerabile tornare nella casa che fu di mamma Teresina; accendere la luce nella stanza muta; salutare gli abiti addormentati negli armadi; accarezzare il comò che protegge il corredo della giovane sposa.

E il re disse alla serva raccontami una storia … e la storia incominciò…. LA FIABA DI PINOCCHIO… UN RACCONTO PER BAMBINI O HA UN SIGNIFICATO ESOTERICO? di Daniela Anna Dutto

Tutti conosciamo la favola di Pinocchio, ognuno di noi ha ricordi del burattino nella pancia della balena, della fatina e di Geppetto. Bennato gli ha dedicato una canzone e Vernante espone bellissimi murales delle avventure del burattino. Ma sulla storia di Pinocchio, da anni, è in corso un dibattito se si tratti o meno di una favola esoterica. Alcuni studiosi ritengo-

no che Carlo Collodi, nato Carlo Lorenzini nel 1826 a Firenze, sia stato affiliato alla massoneria e che la favola sia ricca di simbologie esoteriche. Secondo questa teoria il passaggio da burattino di legno, dopo diverse prove e peripezie, ad essere umano rappresenta il percorso che ognuno compie nella propria vita di crescita ed evoluzione. Sempre seguendo questa

teoria Pinocchio è un opera ricca di simboli, archetipi e significati occultati nella gradevole maschera della fiaba. Aldo Mola, storico ufficiale della Massoneria, ha espresso con certezza che Collodi facesse parte della famiglia massonica, mentre la studiosa Lucchese Daniela Marcheschi, curatrice dell'edizione critica delle opere collodiane pre-

sentate nella collana i ''Meridiani'' di Mondadori sostiene che si sarebbe trattato di un macroscopico equivoco perpetrato da un'errata lettura di un documento autografo dello stesso Collodi. Lasciando il dubbio sulla presunta affiliazione quali sono i simboli presenti? Pinocchio deriva dalla composizione delle parole “pino” e “oc-


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chio”. Il pino è l’albero i cui frutti, i pinoli, hanno la stessa forma della ghiandola pineale, che nella tradizione esoterica rappresenta appunto il “terzo occhio”.. Altro elemento simbolico della favola è il fatto che Geppetto, il suo Creatore, lo ‘plasma’ a partire da un tronco di legno. Forte la similitudine con quanto scritto nella Bibbia riguardo la Creazione dell’uomo. Il legno stesso è simbolo della nave e del viaggio e Pinocchio passa più volte attraverso i quattro elementi della natura nel suo percorso di crescita. I suoi piedi di legno vengono avvolti dalle fiamme e rischia di essere completamente bruciato per opera del gatto e della volpe nel bosco di notte, naufraga due volte nell’isola della Fata e nel ventre del Pesce, vive l’esperienza dell’aria: appeso alla quercia grande e volando sul colombo. Anche la fatina è un simbolo, e rappresenta l’anima del burattino, o quello che molti chiamano il vero Sé. La fatina osserva e assiste Pinocchio durante tutte le sue vicissitudini intervenendo solo

Cin

Cinema THE AVENGERS INFINITY WAR di Cecilia Siccardi

Thanos, un temibile titano, vuole conquistare il possesso delle sei

Lib

Libri di Giacomo Castagnotto

Riscatto, una storia vera d’amore e fabbrica è un romanzo di Alessandro Principe, ispirato da una storia vera che si svolge a Cavallermaggiore. E’ la storia di Dino Saglietto e della sua cooperativa fondata sulle ceneri di una azien-

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quando la situazione si fa grave, aiutandolo così a trovare la retta via verso l’illuminazione (che nella favola è rappresentata dalla trasformazione del burattino in un bambino in carne e ossa). Quando Pinocchio si trasforma in asino, in termini esoterici si avvicina al lato di sé più bestiale, chiaro riferimento letterario al racconto di Apuleio ‘La Metamorfosi’ (L’Asino d’oro). Nel ventre della balena che l’aveva ingoiato, Pinocchio sembra trovarsi nella Camera di Riflessione: al buio per prepararsi al percorso di rinascita. Quindi forse non è un caso che appena uscito dal ventre/ Camera di Riflessione, sul dorso del tonno, quest’ultimo facendogli superare il mare “dell’inconscio”, lo fa approdare finalmente alla spiaggia che rappresenta il prendere coscienza di sé e l’addentrarsi nella via iniziatica. Questi sono alcuni dei simboli e archetipi contenuti nella favola di Pinocchio e oltre all’aspetto ludico può essere un’altra interessante chiave di lettura.

Gemme dell’Infinito, per diventare l’essere più potente dell’universo; suo scopo ultimo è dimezzare la popolazione della galassia, intervento che lui considera necessario e benevolo, poiché non ci sono risorse sufficienti per assicurare a ogni essere vivente una vita dignitosa. Tutti gli eroi – gli Avengers, Thor, i Guardiani della Galassia - dovranno dunque cercare di unirsi per evitare questa carneficina, combattendo un nuovo e potentissimo nemico comune. Il nuovo, attesissimo film dell’universo Marvel, diretto da Anthony e Joe Russo, è uscito nelle sale italiane il 25 aprile 2018, ed è stato immediatamente un enorme successo di pubblico, ma anche di critica. Nel film sono riuniti

tutti i protagonisti dell’universo Marvel, da Iron Man a Hulk, da Doctor Strange a Black Panther: la vicenda narrata ha il sapore della resa dei conti per un gruppo di eroi che, complice la mancanza di unità, sembra incapace di far fronte ad un nemico troppo potente, sempre un passo avanti ai piani dei protagonisti. Elementi fondanti di The Avengers – Infinity War sono il ritmo forsennato a cui si susseguono gli eventi, gli imponenti effetti speciali e gli stacchi comici. Piacerà sicuramente agli appassionati, ma risulta comprensibile anche ai neofiti del genere, anche se con qualche difficoltà in più. Intrattenimento allo stato puro.

da della provincia piemontese che, come tante in questo periodo di crisi, fallisce e lascia a casa un bel numero di operai. Anche Dino fa l’operaio in questa fabbrica di pavimenti, ha una moglie e un figlio e una sfrenata passione per il suo lavoro. Quando l’azienda va in crisi Dino decide di tentare l’impossibile: comprarla, insieme a pochi compagni che hanno il coraggio di seguirlo. Comincia una avventura ricca di colpi di scena, sospesa tra il frastuono dei macchinari e il silenzio della campagna cuneese, che porta in scena personaggi pieni di umanità. E’ una storia di amore, quella tra Dino e Ornella che porta a rischiare tutto fino a che il tragico destino non si mette di traverso, come un tir sulla neve. Pochissimi

giorni dopo l’acquisto dell’azienda, Dino muore per un incidente sul lavoro, in mezzo a quelle presse che hanno rappresentato il riscatto suo e dei suoi compagni. Ma non per questo, la storia perde il suo significato più profondo: l’etica del lavoro e la convinzione che, dopo tutto, ce la si può fare. L’impresa infatti continua con Ornella, la moglie di Dino e con la comunità di fabbrica, uomini e donne che con una impennata di orgoglio sanno rimettersi in gioco e proseguire il cammino intrapreso. Tutti insieme i protagonisti di questa “storia vera d’amore e di

Alessandro Principe “Riscatto” 2018, pp. 129, € 12.00 Editore: Round Robin

fabbrica” ci insegnano a guardare avanti, oltre ogni fine.


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Mus

Musica ZANOTTI FABRIZIO

LUNA NUOVA

di Giuseppe Cavaglieri

Piemontese di nascita ma pugliese d’origine, l’esperienza artistica di Fabrizio Zanotti comincia nel ’91 con il duo folk Fabry & Banny, con cui apre i concerti di Mauro Pagani, Yo Yo Mundi e Tazenda. L’evoluzione del duo porta alla nascita della band Stazione Marconi nel ’97, che suona una miscela di rock elettro-acustico. Nello stesso tempo, diversi incontri e confronti

con Massimo Bubola, compositore di noti brani italiani, aiutano Fabrizio a sviluppare la sua poetica come autore. Nel 2007 muove i suoi primi passi da solista: pubblica “Il ragno nella stanza” (Storie di note), album ricco di omaggi ai suoi maestri come Lolli e De André, per il quale sarà invitato alla International Cooperation for Memory, di Srebreniça (Bosnia). Nel 2010 esce, ben accolto dalla critica, “Pensieri corti” (Storie di note) un concept-album sulla vita contemporanea, nel quale inizia ad emergere il suo stile ironico e romantico al tempo stesso. “Sarò Libero!” (Fabrika Musika/Primigenia 2012) è il titolo dell’album dal vivo realizzato in occasione del 25 aprile. Tornano le sperimentazioni e nello spettacolo le canzoni si intrecciano con discorsi storici di Calamandrei. Ieri e oggi si fondono. Dal 2013 con “Canzoni d’amore e libertà”, concerto di brani che attraversano la sua storia, Fabrizio si fa conoscere in Svizzera e Germania. Nel febbraio 2017 pubblica il videoclip "La bestia" girato nelle saline del tavoliere di Puglia. Il brano fa parte dal suo nuovo album "Luna nuova" (Fabrika Musika) con

la copertina disegnata da Ugo Nespolo. Un caleidoscopico viaggio, provocatorio e ottimista, nella realtà quotidiana. Luna nuova, la fase in cui la luna non è visibile in cielo, dove la notte è più buia ed il buio si sa, spaventa. In realtà è proprio l'inizio di un nuovo ciclo, così come da situazioni apparentemente senza speranza, nascono soluzioni rivoluzionarie. Giocando tra diversi stili musicali, in luoghi inaspettati, con il blues che racconta la crisi di un greco, le corse western

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style di un ragazzino della malavita, gli echi del sud Italia, Luna nuova ci parla del nostro caotico mondo interiore ed esteriore.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Francesca Galante, Marco Capello, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Elisa Reviglio, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

Il motivo di tanto interesse per Lucia non è solo la sua competenza: lei ha un contratto di lavoro per assistenza diurna e ovviamente la paga per questo orario, ma nella realtà lei lavora anche di notte, perché l’Alzheimer non lascia dormire né anziana né badante, sempre vigile per evitare che la signora inconsapevole se ne vada a spasso per la città durante la notte. Queste ore notturne non le vengono riconosciute e la sua paga rimane limitata a poco più di 800 euro al mese. Qualcuno potrebbe dirmi che sono partito male, il “solito” che vede tutto nero... E a proposito di neri, vorrei dire all'amico Giancarlo che ha scritto il bel articolo in prima pagina, che non è necessario fare tanta strada per andare in Puglia e trovare braccianti agricoli pagati 2 o 3 euro all'ora, ma è sufficiente rimanere a Racconigi. Purtroppo. Ma anche questa è un'altra vicenda. La storia di lavoro che invece mi piace raccontare, la troviamo spostandoci a Cavallermaggiore dove poco tempo fa è vissuto un lavoratore molto particolare, la cui testimonianza è raccontata in un romanzo presentato pochi giorni fa in una serata pubblica. Dino Saglietto, non rassegnan-

dosi al fallimento dell'azienda in cui lavorava, costituisce una cooperativa che compra la fabbrica, dando continuità al lavoro di 21 operai, nel frattempo divenuti soci. Due soli giorni dopo l'acquisto della azienda, Dino, per ironia della sorte, muore per un infortunio sul lavoro. A giudicare dal numero di persone intervenute alla presentazione del libro, Dino rappresenta un esempio di riscatto sociale perché è stato capace di restituire dignità e giustizia al mondo del lavoro. È proprio questo il punto. Comprendere che il lavoratore non è un nemico, non è un costo, ma una grande risorsa, un valido collaboratore con il quale intraprendere un percorso comune. Per fortuna molti imprenditori hanno intuito questa fondamentale realtà, alcuni anche in passato come Adriano Olivetti o alcuni oggi, come Dino Saglietto che ha avuto la capacità, quando c'è stato bisogno, di trasformarsi da lavoratore a imprenditore. Non mi piace però dividere il mondo in due categorie: i lavoratori e gli imprenditori. Facciamo attenzione quando noi stessi diventiamo imprenditori: per esempio quando dobbiamo assumere una badante per un

parente o una baby-sitter per i nostri figli. Restiamo vigili per non calpestare i criteri di dignità e giu-

stizia che desideriamo per noi stessi. a cura di Giacomo Castagnotto

INVITO INCONTRI PER 100° NUMERO INSONNIA MARCO REVELLI

VENERDÌ 18 MAGGIO, ore 21

Centro di Aggregazione Giovanile ex G.I.L. via Divisione Alpina Cuneese, 20 Racconigi.

“Alziamo lo sguardo politico". Un’analisi a partire dai risultati delle elezioni 2018” Che senso può avere stampare un giornale come questo in una epoca in cui la politica e la società hanno assunto le caratteristiche che vediamo quotidianamente? Cercheremo di capire quali potrebbero essere oggi le possibilità di guidare un Paese come il nostro, inserito in un mondo di così grandi contraddizioni, senza farci male. Partendo da qui penseremo al significato del nostro insonnia qui a Racconigi e a delinearne gli indirizzi. Ci aiuterà in questo sforzo un professore universitario in Scienza della Politica. Ma non temete, voleremo basso, il più basso possibile


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