Insonnia GIUGNO 2020

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Giornata mondiale del RIFUGIATO 2020

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9:00 - 13:00 webinar pagina facebook di Radio Braontherocks

insonnia

mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 123 Giugno 2020 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

COVID E LA PULÌA MORTA di Rodolfo Allasia

Continuo a pensare che il Covid, oltre ai gravi danni economici, morali, fisici, ci ha dato anche grandi opportunità: spero che questa affermazione non suoni come bestemmia. Ci ha offerto l’opportunità di farci pensare intensamente, fino a farci uscire sangue dalle orecchie, proprio come quando si è di fronte alla morte; questa congiuntura ci ha proprio messo nelle condizioni di essere obbligati a pensare: dinnanzi alla morte, quella che può realmente toccare me o qualcuno vicino a me, non si può fare a meno di ripercorrere la propria vita; ma mentre nel caso di una morte istantanea o preceduta da una lunga malattia il pensiero ha poco tempo oppure è condizionato dalla sofferenza, ora eravamo tutti sani ma a rischio di essere toccati da quella mano fredda che sceglieva proprio me. Ho proprio l’impressione che molti, in questo lungo tempo, abbiano pensato tanto, riflettuto più intensamente del solito, a ruota libera, senza censure, senza pensieri precostituiti ma lasciando libero il cervello di andare su percorsi costruiti solo dalla propria vita, dalle proprie esperienze, lasciando il cuore, l’anima, il corpo, liberi di andare dove volevano loro. D’altra parte quando si rischia di morire o si ha la certezza che questo evento può essere vicino e reale “…chi se ne frega! Perché devo essere coerente, con che cosa poi?” Ed allora anche io ragiono così : “Perché non posso scrivere della pulìa morta?” Se agli altri della redazione piacerà potrò addirittura, questo scritto, proporlo come editoriale di giugno. Non importa se Covid è veramente così potente, se questa morte è così imminente, se è vera o solo percepita; il fatto è che da me è stata parecchio percepita e mi ha fatto questo effetto: mi è parso che tutti pensassero di più e più liberamente del solito.

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COOPERATIVA DI CONSUMO NEURO

USIAMO LA BICI

Il nome stesso racconta la sua storia, in quanto siamo nati quarantotto anni fa grazie alla volontà ed alle capacità di un gruppo di infermieri di quella che un tempo veniva chiamata “la

di Rodolfo Allasia

di Giacomo Rosso

20 GIUGNO:

GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO Interviste a cura di Connessioni Migranti: Siproimi Fossano-Savigliano, Protetto, Welcome refugees, Coop. Orso, MAP, Colori in rete.

In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, che si tiene ogni anno il 20 giugno, le organizzazioni che sul territorio si occupano di migrazione hanno deciso di unirsi per celebrare insieme questa giornata attraverso un Webinar che andrà in onda sui social quello stesso giorno. Ma intanto, chi sono quelle persone che arrivano in Italia e ottengono lo Status di Rifugiato? Attraverso due interviste fatte a ragazzi aventi questo titolo proviamo

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fabbrica delle idee”. Lo scopo era quello di offrire ai soci dei prodotti di buona qualità ad un prezzo inferiore rispetto ai piccoli negozi della nostra città, quando ancora i supermercati

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SCUOLA

Pensieri sparsi

Una alternativa di mobilità a vantaggio dell’ambiente e della salute Nel “Decreto Rilancio” del Consiglio dei Ministri del 19.5.2020 all’art. 205 si parla di bici nel contesto della mobilità alternativa ai fini della riduzione di emissioni che hanno effetto sul clima. Non entro nel merito della qualità di questo articolo 205 perché voglio fidarmi. A differenza di quelle persone che nelle file all’ingresso dei supermercati non sanno che fare critiche, riconosco alla gestione di questa emergenza una sostanziale correttezza di azione. Ho notato con piacere il fatto che in una situazione così complessa sia stata tenuta in conto addirittura la funzione della bicicletta. La bici, soprattutto nei piccoli centri come il nostro, dal dopoguerra in poi, è stato un mezzo di locomozione molto usato per spostamenti anche di media distanza, per necessità e per il basso costo energetico che questa comporta. Solo la forsennata diffusione dell’automobile utilitaria tra le classi medio basse della popolazione ha rubato alla bicicletta il

di Simona Roccato

Tanti pensieri sparsi mi affollavano la mente quando la pandemia era la preoccupazione quotidiana che ci teneva imprigionati in casa. A distanza di mesi i pensieri, pur continuando ad essere confusi, sono più focalizzati. Il pensiero costante ora è il futuro dei bambini, i grandi dimenticati in tutta questa emergenza. Di loro nessuno ha parlato se non rispetto a quanto potevano essere pericolosi per le fasce più deboli in termini di contagio. Hanno subito una situazione che li ha privati di una parte della loro infanzia: hanno perso un anno sco-

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Edward Hopper

Lega Ambiente

LAVORO NERO pag. 13

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IL RACCONTO FOTOGRAFICO di questo MESE Pittore della solitudine

Durante la fase UNO dell’emergenza Covid un amico mi ha inviato un video francese che commentava la pittura di Edward Hopper sottolineando come questo artista venne definito il “pittore della solitudine”; nel video stesso sono state inserite alcune didascalie che utilizzano termini come “distanza sociale”, “personaggi isolati”, strade deserte. Ho colto questo suggerimento per presentare a pag. 10 questo artista ed il racconto fotografico di questo numero di insonnia è costituito dalle riproduzioni di alcuni suoi quadri che in un periodo come quello che abbiamo vissuto ed in parte continuiamo a vivere, non fanno altro che raccontare visivamente le emozioni che tutti noi abbiamo sperimentato. Le didascalie delle foto sono tratte dai titoli delle opere di Hopper qui riprodotte. Questa volta l’avere il nostro giornale in bianco e nero non fa altro che accentuare la drammaticità delle atmosfere, l’alienazione dei personaggi, l’inquietudine che si vive in certi momenti della nostra vita. (r. a.) Come sempre le fotografie di questo “racconto” sono quelle circondate da una cornicetta nera.

"Orleans, un ritratto" 1950

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Robot di Luciano Fico

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Robot: dalla parola ceca robota che significa lavoro pesante, a propria volta derivata dall'antico slavo ecclesiastico rabota, servitù.

Il sole stava appena sorgendo quando, come ogni mattina, se ne uscì da casa: una manovra in retromarcia e via, verso il lavoro di sempre. Poteva cambiare percorso, perdersi magari per scoprire una scorciatoia nuova, ma la strada da percorrere era pur sempre quella: ogni santo giorno era sempre quella. Anche il lavoro non cambiava mai. Non che fosse un brutto lavoro, ma dava con precisione il senso dell’inutile: uno sforzo costante e continuo per riportare continuamente ordine in un caos, che si sarebbe puntualmente ricreato, inevitabilmente. C’erano giorni in cui sembrava di volare: nessun intoppo, solo lo scorrere senza ostacoli, come se la vita fosse una lunga discesa senza fatica. Altre volte, però, bastava un piccolo intralcio e tutto si bloccava; un meccanismo perfetto, collaudato per funzionare in ogni circostanza, che si arrendeva inerme all’imprevisto. In quei casi occorre fermarsi per non fare danni ulteriori. Anche se si è programmati per andare sempre avanti, instancabilmente; talvolta bisogna davvero staccare la spina, bloccare tutto e attendere. Appare così definitivamente dimostrato che l’entusiasmo futurista per le “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità era mal riposto e che forse il malinconico sarcasmo di Leopardi, che quelle parole mise insieme, è più acconcio alla realtà. A volte bastava un capriccio del cielo, che improvvisamente si faceva scuro, bastava lo scrosciare della pioggia e ogni programma doveva saltare: solo nel chiuso degli uffici il lavoro procede incurante del sole e della pioggia, ma il lavoro che esce a trasformare la realtà delle cose, quello deve umilmente sottostare ai voleri di Giove Pluvio.

Quel giorno, però, a iddio piacendo, era una magnifica giornata di sole. L’aria si era rapidamente riscaldata e la rugiada stava ormai evaporando, facendo salire il buon odore della terra e dell’erba appena tagliata. Eugenio era ancora in ciabatte e vestaglia, mentre si beveva con calma il caffè caldo: l’odore del caffè si univa ai profumi del giardino e gli regalarono un istante di gioia perfetta. Guardava con l’incredulità di un bambino quel costoso giocattolone, che da poco si era regalato: il robot taglia erba, che, puntuale, anche quel giorno all’alba, si era silenziosamente messo in movimento. Da quando era arrivato, il prato era sempre perfetto, sempre uguale a sé stesso, un’illusione di immortalità. Lo guardava girovagare in quel vasto spazio verde, con la stessa tenerezza che può dare la vista di un bambino che scorrazza libero e felice. Eugenio salì in camera per vestirsi: al lavoro lo aspettavano e non poteva tardare. Mentre finiva di stringere il nodo della cravatta sentì calargli addosso una fitta di tristezza. Ancora pochi mesi e sarebbe finalmente andato in pensione. Si affacciò alla finestra che dava sul giardino e guardò, con uno sguardo pesante, il suo robottino al lavoro. Rivide tutti i suoi anni a fare avanti e indietro senza mai chiedersi il perché; considerò l’inutilità del suo lavoro, che il tempo avrebbe ben presto cancellato; tornò con la memoria ai momenti lieti e agli ostacoli che lo costrinsero a fermarsi, a chiedere aiuto. La grande malinconia che sentiva dentro, fu lavata via dalle lacrime che gli scesero a tradimento dagli occhi tristi.


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nascevano solamente nei centri più “popolati” rispetto alla nostra Racconigi. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e a fatica, per la ragione dei grossi numeri, riusciamo a mantenere i prezzi delle altre attività giunte da noi appartenenti alle grandi catene di distribuzione, per cui la scelta è quella di puntare sulla qualità, sulle eccellenze del nostro territorio. Abbiamo i prodotti a Km 0 di parecchie aziende agricole e di trasformazione racconigesi, e

comunque della nostra provincia, meritandoci il diritto di utilizzare il marchio “Piemunto” concesso dall’Assessorato all’Agricoltura dalla Regione Piemonte, oltre ai prodotti garantiti dai vari consorzi per la tutela di questa o quell’altra specialità. Non potevamo quindi ignorare altri due aspetti per poter dare il meglio ai nostri clienti: prodotti biologici garantiti e provenienti dalle aziende che investono nella salvaguardia della legalità, in quanto stanno per arrivare nel nostro negozio i pro-

L'ESSERE UMANO AL CENTRO, NON IL PROFITTO

IL DECALOGO DI NOCAP

L‘associazione si presenta con il seguente decalogo Rispetto per il lavoro. Niente sfruttamento di manodopera sottopagata o schiavizzata. Contratti di lavoro legali e soprattutto UMANI Rispetto per l’ambiente e il paesaggio. Le attività economiche non devono distruggere le coste, i boschi, le montagne i laghi e le altre risorse naturali che sono la base dell’economia del turismo e generano PIL sostenibile per il Paese Rispetto per la salute dei cittadini. Produzione senza contaminanti e nessuna immissione di sostanze nocive nell’ambiente che inquinano il suolo, avvelenano l’aria o l’acqua e causano malattie Produzione di energia senza emissioni. Decarbonizzazione progressiva dei processi produttivi secondo il modello energetico distribuito e interattivo della Terza Rivoluzione Industriale, incentivando l’attività dell’autoproduzione (prosumer), e l’aggregazione di micro reti digitali di energia rinnovabile integrata nelle attività d’impresa Finanziamento etico delle attività di impresa. Anche i finanziamenti delle attività economiche devono seguire il modello democratico e distribuito, con la massima diffusione del micro credito, dell’azionariato popolare (crowdfunding) e della finanza popolare tramite appositi pacchetti specifici delle banche cooperative e delle casse di credito locali Ritorno alla filiera corta e locale per la diffusione

commerciale dei prodotti con l’introduzione di norme di favore per la vendita di filiera corta a vantaggio delle piccole aziende per una giusta distribuzione commerciale Valorizzazione della trasformazione con processi ad alto valore aggiunto realizzati il più vicino possibile ai luoghi di produzione e integrati nei processi aziendali

dotti della filiera “Nocap”, aziende agricole e di trasformazione che utilizzano manodopera con regolare contratto di lavoro, operatori, anche stagionali, che percepiscono una retribuzione dignitosa e pagano tasse e contributi, nell’interesse di tutti e contro ogni forma di caporalato e sfruttamento del lavoro, e i prodotti di “Libera Terra”, cioè, i prodotti di quelle cooperative che producono utilizzando i terreni e le strutture confiscate ai mafiosi. Di quest’ultima avevamo già una presenza nella

Bottega del Commercio Equo e Solidale che opera nella nostra città, ma il ricco catalogo ci permette di differenziare con la “Bottega Mandacarù del Commercio Equo e Solidale” senza sovrapporre gli articoli. Tutto ciò è un principio che rientra nello spirito cooperativistico di promozione del territorio, della salvaguardia dei principi di legalità e, non per ultimo, offrire ai nostri soci quanto di meglio possa garantire l’offerta con una scelta etica.

CHI E' Jean Pierre Yvan Sagnet Jean Pierre Yvan Sagnet arriva in Italia per studiare nel 2007. Sin da piccolo ha sempre sognato il nostro paese per il calcio, la moda, il clima e l’accoglienza della gente. Aveva cinque anni quando i suoi eroi della nazionale del Camerun giocavano i mondiali del ’90, e proprio in quel periodo Yvan conosce l’Italia. Studia l’italiano, gli usi, i costumi e le nostre tradizioni, si

avvia il processo penale SABR (abbreviazione del nome di uno dei principali imputati, il tunisino Saber Ben Mahmoud Jelassi, detto “Giuseppe il tunisino” o “Capo dei capi”) dove lui stesso è testimone chiave e parte civile. Inoltre la rivolta di Nardò avvia l’iter legislativo che produce la prima legge sul caporalato (Legge n. 148/2011) ed oggi il nuovo disegno di legge approvato que-

appassiona alla storia, alla politica e la società, finché realizza il suo sogno arrivando in Italia e vincendo una borsa di studio al Politecnico di Torino, la città della sua Juventus, squadra che tifava sin da bambino. Terminata la borsa di studio cerca lavoro per continuare a pagarsi gli studi, così nell’estate del 2011 parte per la Puglia ed arriva a Nardò nella masseria Boncuri dove incontrerà altri braccianti per la raccolta del pomodoro.

sta estate al Senato (Ddl 2217) , che prova a migliorare la precedente legge.

Adozione di pratiche a rifiuti zero sia nella produzione e nella distribuzione. Diminuzione progressiva di imballaggi e sistemi premianti per il riuso e riciclo che devono essere integrati nelle attività aziendali ed incentivate Promozione di nuove proposte turistiche ispirate all’offerta di un “turismo esperienziale” che porti sotto la guida di cittadini esperti, turisti provenienti da realtà urbane a conoscere tramite il lavoro, nelle arti, nell’artigianato e nella coltivazione, secondo la logica espressa da Carlo Petrini, secondo cui oltre a far viaggiare i prodotti verso i consumatori, vanno fatti viaggiare anche i consumatori verso i prodotti I Contratti di Rete. Si tratta di un modello di collaborazione tra imprese che consente, pur mantenendo la propria indipendenza, autonomia e specialità, di realizzare progetti ed obiettivi condivisi, incrementando la capacità innovativa e limitando i costi di gestione.

Yvan scopre così il mondo del caporalato, quello che per pagare pochi spiccioli costringe il bracciante a lavorare sedici ore sotto il sole e a vivere in condizioni disumane. Sfruttamento e diritti calpestati che inducono Yvan e altri braccianti ad organizzare il primo grande sciopero che mette in ginocchio parte della filiera agroalimentare, fondamentale per l’economia regionale. Da quel giorno la vita di Yvan non sarà più la stessa: denuncia i caporali, partono le indagini e si

Il 2 febbraio 2017 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito, motu proprio, quaranta onorificenze al Merito della Repubblica Italiana a donne e uomini che si sono distinti per atti di eroismo, per l’impegno nella solidarietà, nell’integrazione, nel soccorso, per l’attività in favore dell’inclusione sociale, nella promozione della cultura, della legalità e per il contrasto alla violenza. Jean Pierre Yvan Sagnet, tra questi, è Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana con la seguente motivazione: “Per il suo contributo all’emersione e al contrasto dello sfruttamento dei braccianti agricoli”. Dalla protesta alla proposta: il percorso, il lavoro di Yvan Sagnet prosegue nei fini e nei progetti dell’Associazione No Cap insieme ai soci fondatori


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Intervista 20 GIUGNO:GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO segue dalla prima

a dare un volto e a scoprire delle storie in cui volontà e determinazione, unite alla fortuna di aver trovato un territorio che ha scelto di accogliere, hanno potuto investire in questo paese e costruirsi una vita di cui andare orgogliosi. Un'accoglienza avvenuta attraverso allenatori di calcio, datori di lavoro, corsi di teatro, arte e pranzi di Natale. Si chiamano Clarence e George, persone desiderose di essere parte attiva della società, in un paese che hanno imparato a conoscere e a apprezzare e di cui, attraverso il loro sguardo, ci restituiscono una fotografia bella e ottimista. CLARENCE, 32 anni, Camerunense Quando sei arrivato quali aspettative avevi? Quando sono arrivato in Italia la mia aspettativa era avere una vita diversa e migliore di quella che avevo prima e già sapevo che sarebbe stata una cosa difficile, non impossibile, ma difficile. Sapevo che per riuscire avrei dovuto fare tanti sacrifici. Hai studiato? Perché? Ho deciso di studiare perché sapevo che studiando, imparando la lingua, potevo crearmi la mia strada, una strada giusta e onesta. Presso la cooperativa in cui vivevo ho iniziato a studiare le basi: l'alfabetizzazione, i primi verbi. Un anno dopo mi sono iscritto al CPIA di Cuneo per avere la terza media. Successivamente ad un corso di formazione in falegnameria. In un anno ho avuto entrambi i diplomi. Hai trovato lavoro? Come?

"Automat" 1927

Un amico mi ha presentato una signora che organizza i corsi e lei mi ha messo in contatto con un uomo che cercava qualcuno per lavorare con lui come muratore. Era un lavoro che mi interessava già da prima, così ho iniziato a lavorare, ed è già passato un anno. Hai trovato una casa? È stato difficile? Per fortuna con Roberto Macario, il mio datore di lavoro, si è creato un legame perché è davvero gentile. Siccome io abitavo a Borgo San Dalmazzo e lui aveva il capannone a Cuneo, si è reso conto che per me era difficile tutti i giorni aspettare il pullman, era stancante. Così mi ha proposto di prendere in affitto un suo alloggio a Cuneo. Quindi per me non è stato difficile trovare una

casa. Ti sei fatto amici italiani? Come li hai conosciuti? Non ho amici italiani perché sono chiuso e riservato e questo fa in modo che sia difficile per me farmi delle amicizie al di fuori del mio ambiente. Non esco quasi mai, quindi mi rapporto solo con colleghi di lavoro o compagni di squadra. Chi o cosa ti ha aiutato? Appena arrivato in Italia ho avuto diverse proposte da amici e sorelle che abitano in Francia e in Belgio di raggiungerli e io sono stato tentato di lasciare l'Italia, perché fin da subito cercavo qualcosa da fare, un lavoro che non trovavo. Quello che mi ha aiutato a rimanere qui è stato il mio allenatore di calcio, Marco Barale. Una sera sono andato a vedere una partita e mi sono presentato a lui dicendogli che volevo giocare con loro. Lui mi ha accettato. Ha detto che per quell'anno il campionato era già troppo avanti, ma che potevo iniziare ad allenarmi con loro, così l'anno successivo avrei potuto anche giocare le partite, e così è stato. A me il calcio piace tanto, e questo ha fatto in modo che io sia rimasto. Poi la mia maestra, Lara Meinero, che mi insegnava alla Cooperativa, mi ha presentato una coppia che faceva parte di un'associazione: Arte Migrante, che io ringrazio molto. Mi hanno davvero aiutato, mi hanno dato un po' di speranza. Voglio dire grazie a Filippo e Alessandra Cavallotto. Qual è stata la cosa più difficile? Perché? La cosa difficile per me è stata trovare un lavoro ed io, pur sapendo

"Domenica" 1932

che sarebbe stato difficile, ero un po' deluso, perché mi impegnavo davvero tanto. Stare alla cooperativa e dipendere da loro per avere due soldi in tasca o per mangiare, non mi piaceva, non ero a mio agio. Io volevo essere indipendente. Raccontami un episodio divertente che ti è capitato. I momenti più divertenti in Italia li ho avuti con i compagni di squadra. Quando vinciamo una partita e poi andiamo a mangiare insieme e scherziamo tra di noi. Come definiresti gli italiani? Per me gli italiani sono come la gente del resto del mondo, non sono diversi dagli altri. Le stesse persone che troviamo qua, le troviamo dovunque. È vero che io gli altri paesi europei non li ho mai visti, però penso che sia la stessa cosa in ogni paese. Si trovano persone buone e persone cattive. Un italiano è una persona come le altre, per me non c'è una differenza specifica. Cosa ti ha più colpito di questa nuova vita? La cosa che mi ha molto colpito è che la mia vita è davvero cambiata rispetto a quello che avevo prima e spero che la cosa andrà avanti e cambierà ancora di più. Sto facendo delle cose che prima non mi aspettavo, cose che non credevo di fare, che non immaginavo di vivere. Prima non avrei mai immaginato di provare a montare un'azienda mia e ora ce l'ho in mente, ed è incredibile! Come e dove immagini il tuo futuro? Il mio futuro me lo immagino qua, perché è questo paese che mi sta


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dando tutto ciò che ho. Non me lo immagino altrove. Per me lasciare questo paese sarebbe inimmaginabile. Le persone che ho incontrato e che sono entrate nella mia vita mi hanno fatto innamorare di questo paese, quindi io mi vedo qua, voglio avere un futuro e una famiglia. Cosa ti manca del tuo paese d'origine? Del mio paese mi manca soltanto la mia famiglia che è anche l'unica cosa che mi piace del mio paese. GEORGE, 37 anni, Ghanese. Quando sei arrivato quali aspettative avevi? Quando sono sbarcato a Vibo sapevo che non sarebbe stato facile perché avrei trovato un nuovo ambiente, una nuova lingua, una nuova cultura e non sapevo che cosa c'era davanti a me. Io speravo di ambientarmi velocemente. Avevo deciso che avrei preso al volo ogni nuova opportunità che mi si presentava. Volevo iniziare una nuova vita e cambiare tutto ciò che avevo vissuto fino a quel momento. Tutto ciò che sapevo era che sarebbe stata una buona opportunità per me e avevo fede in questo. Hai studiato? Perché? Ho subito cercato di trovare lavoro ma ho capito che ciò che stavo facendo non era il modo giusto. Ho capito che se volevo trovare la mia strada dovevo studiare. Ho frequentato la scuola media e una scuola professionale. Hai trovato lavoro? Come? Poi ho fatto uno stage e pochi giorni dopo la fine ho trovato lavoro perché sono andato a portare il mio curriculum presso delle aziende. Ringrazio Dio di aver trovato la strada giusta. Hai trovato una casa? È stato difficile? Adesso ho appena trovato una casa. Sono molto felice perché non è affatto facile. Ci ho messo quasi un anno! È stato difficile perché sono

"Sole in un caffè" 1958

nero, sono un africano e anche perché non ho ancora un contratto a tempo indeterminato. Ti sei fatto amici italiani? Come li hai conosciuti? Io ho tanti amici italiani. Il mio primo amico italiano è stato un ragazzo che si chiama Samuele che faceva volontariato presso il camp in cui ero. Lui mi ha proposto di fare un corso di teatro e lì ho conosciuto altre persone, tra cui la mia attuale fidanzata che è italiana. Tramite lei ho conosciuto tanta gente e molti mi hanno accolto come amici e anche in famiglia. Chi o cosa ti ha aiutato? Le persone che mi hanno aiutato di più sono state la mia fidanzata e la sua famiglia. Fin dall'inizio, quando lei mi ha fatto un nuovo curriculum, grazie a cui sono stato assunto, perché è importante come ci si presenta agli altri. Inoltre insieme abbiamo fondato un'associazione che raccoglie tanti migranti di paesi diversi che vogliono integrarsi in questo paese e costruirsi un futuro migliore essendo parte viva della società. Qual è stata la cosa più difficile? Perché? La lingua. Stare con una italiana mi

5 ha anche aiutato a superare la mia difficoltà più grande: parlare in italiano. Ascoltarlo tutti i giorni in casa è stato fondamentale per superare la mia paura di sembrare ridicolo. Raccontami un episodio divertente che ti è capitato. La cosa più divertente e particolare che mi è successa, e che ricordo con maggiore gioia, è la mia prima torta di compleanno. Non avevo mai soffiato sulle candeline! Un'altra cosa curiosa è stata addobbare il mio primo albero di Natale e fare il presepe. Invece al mio primo pranzo di Natale in famiglia, dopo gli antipasti, quando ho visto arrivare il primo ho detto: "Ancora?!" perché non sapevo di essere a neanche metà del pranzo e tutti si sono messi a ridere. Come definiresti gli italiani? Gli Italiani sono gentili, generosi e passionali. Quando sono arrivato, gli altri ragazzi mi dicevano che gli italiani erano razzisti e che, quando li salutavi, loro neanche ti rispondevano. Ma poi ho realizzato che queste cose non sono vere, almeno non

per la maggioranza. Tutto dipende da come tu ti presenti agli altri. Devi saper cambiare l'idea che hanno su di te e adattarti ad un altro modo di comportarsi. Quando ti conoscono ti accolgono tra loro indipendentemente dal tuo colore. Cosa ti ha più colpito di questa nuova vita? La cosa che mi ha colpito di più del modo di vivere in Italia è la burocrazia: qui, se non si ha la carta d'identità, non si ha niente. Ci va un permesso per ogni cosa. Come e dove immagini il tuo futuro? Il mio futuro lo immagino qui e penso che sarà un bellissimo futuro perché ora vedo che tutto ciò per cui ho pregato e tutte le mie aspettative si stanno realizzando. Cosa ti manca del tuo paese d'origine? Del mio paese e della mia vita di prima mi manca solo la mia famiglia e, a volte, il cibo. Quello italiano mi piace tantissimo, ma mi mancano i sapori della mia infanzia.

“CONNESSIONI MIGRANTI” Sabato 20 giugno 2020 dalle ore 9.00 alle 13.00 webinar gratuito in occasione della GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO. CHI SONO I RIFUGIATI? RIFLESSIONI E CONFRONTI DA PARTE DI CHI QUOTIDIANAMENTE OPERA CON I RIFUGIATI E I MIGRANTI. Seguilo sulla pagina facebook di Radio Braontherocks. Proposto da Pro-Tetto, MAP, Colori In Rete, Refugees Welcome, Siproimi Cuneo, Radio Braontherocks.

"Ufficio di notte" 1940


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SUI SENTIERI DELLA LIBERAZIONE

Da una conversazione con Franco Barbero

a cura di Guido Piovano

La retorica dei garantiti e di quei politici che usano la tragedia in cui milioni di uomini e donne sono immersi per restare in sella e farsi propaganda non può nascondere una domanda che attanaglia molti cuori. Se guardo il mappamondo, vicino e lontano, se guardo il mercato e il trionfo delle armi e la prepotenza dei grandi signori del mondo, se ascolto il grido inascoltato della terra, se guardo chi muore di fame, di abbandono, se guardo le disuguaglianze crescenti, non posso far tacere una domanda “Ma c'è posto per un futuro diverso? Merita combattere contro i giganti o non è meglio archiviare il sogno di un mondo altro? Che sia tutto un illusione? Nei veri percorsi di liberazione personale e comunitaria tali sono i problemi, le incertezze, le stanchezze da affrontare che molte volte viene la voglia di mollare, di ritornare indietro, di lasciare ad altri un cammino così affascinante, ma anche così impegnativo. La Bibbia ci documenta che questa domanda attraversò la vita e il cuore di Abramo, di Mosè, dei profeti, di molte donne, di molti uomini della storia biblica. Anche in questo la Bibbia ebraica, a partire dal testo e dall'evento fondativo della storia del popolo, ci presenta un racconto in cui, appena usciti dalla terra di schiavitù, il popolo si mette a inveire contro Mosè. La paura del futuro genera certo anche tante nostalgie e se voi prendete i capitoli che non posso leggervi ma semplicemente sunteggiarvi Esodo 14, 15, 16, 17 vi accorgerete che il testo è pieno di mormorazioni, di nostalgia, quasi un canto della terra di schiavitù “…avevamo le cipolle, ave-

vamo la carne, avevamo l'abbondanza” e addirittura si inventa una storia di felice schiavitù che non era esistita perché la Bibbia parla dei lavori forzati, ma “ancora un poco - dice Mosè - e mi lapideranno”, ma al capitolo 17 la domanda arriva veramente al vertice “davvero il Signore ci accompagna ancora oppure ci ha illusi?”. Sono le pagine di Massa e Meriba. Se la liberazione fosse la decisione di un giorno, l'Esodo non direbbe che ogni liberazione per entrare in una terra davvero nuova, in una cultura, in uno stile di vita nuovo, è un salire. C'è un cammino in salita, impervio, ad ostacoli. Oltre 75 volte il testo ebraico ricorda che la liberazione è una salita, una strada nel deserto e una salita. Solo in questo cammino lungo e pieno di imprevisti dice il Deuteronomio al capitolo 8, ognuno può riconoscere ciò che ha nel suo cuore. Ma nel Libro dei Numeri c'è un racconto estremamente espressivo. In questo testo biblico, dopo che Mosè ha annunciato che la terra si sta avvicinando e si inviano degli esploratori, ebbene che cosa succede, le notizie degli esploratori sono belle, la terra della libertà è un sogno, è addirittura un paese di felicità, ma ci sono i Giganti che la custodiscono e ne vietano l'ingresso. E allora il popolo discute “ma ancora è un cammino così difficile?”. Il Libro biblico dei Numeri, al capitolo 14 versetto 3, dice allora “diamoci un capo e torniamo in Egitto”. Sì, ci sono sempre quelli che vogliono tornare alla schiavitù, a un dominio larvato, all’illusione di una facile libertà: i salvini, i meloni, i trump, i bolsonaro esistono, eccome, in carne e ossa e quale riscontro hanno! “Diamoci

un capo e torniamo in Egitto”: tanta gente ha voglia di trovarsi un capo e di tornare in qualunque Egitto “restiamo - cioè - in quella situazione, in un sistema di dominio, di disuguaglianza, ma io penserò a me, sarò capace di garantirmi le cipolle, di obbedire, di eseguire senza pensare”. È incredibile come gli idoli e le schiavitù siano affascinanti; lo vediamo ogni giorno in alto e in basso nella società come nelle chiese, com'è difficile uscire dalla prigionia della voce dei padroni, se persino Trump rischia di essere rieletto! Domandiamoci che cosa vuol dire l'illusione della Libertà. Com'è difficile uscire dal bigottismo, verso una fede adulta. Come è difficile per ognuno di noi, ognuna di noi uscire dalle proprie piccole idolatrie, dall'autoreferenzialità. Ma, la Bibbia ebraica ci testimonia che il gruppo dei ricercatori e delle ricercatrici della vera libertà, nonostante le contraddizioni, arriverà nella terra. Non desistono dal loro cammino e compiono passi reali verso questa terra della parziale, crescente libertà. Il linguaggio biblico simbolico ci dice che Dio svela al proprio itine-

rante alcuni sentieri che orientano il cammino verso la meta […]. Il primo sentiero, quello che nella Bibbia noi traduciamo con i dieci comandamenti, una traduzione erronea perché vorrebbe dire le dieci parole della compagnia di Dio verso la responsabilità, è appunto la chiamata alla responsabilità: ognuno deve fare la sua parte, si è in comitiva, comes, diceva il latino, compagno di viaggio. La liberazione è qualcosa che Dio mi invita a far partire da me. Così starò come soggetto attivo, altrimenti sarò dentro la comitiva un gregario, non farò la mia parte. Il secondo sentiero è la memoria collettiva: il saper immergerci nei cammini di liberazione dei millenni, guardare la storia, i tempi, i milioni di anni, pensare a questo cammino della creazione, sapere che il primo luogo della presenza di Dio è il lungo cammino verso i diritti; casa, lavoro, dignità e, notate, la memoria ha bisogno di chi narri, ha bisogno di chi la celebri, di silenzio per portarla nel cuore, ognuno nel suo cuore. C’è bisogno di meditazione, di preghiera, di sosta. * 1 maggio 2020

Critica e autocritica di Zanza Rino

Non è una novità, ma questo covid l’ha messo più che mai in evidenza. Viviamo in un Paese in cui chi non governa critica sempre e comunque e chi governa non fa (quasi) mai autocritica; ministri, presidenti di regione, sindaci e così via fa poca differenza. Nessuno esita a prendersi i meriti quando ci sono, talvolta an-

che quelli che non ci sono; ma (quasi) nessuno si assume le responsabilità che pure ci sono, la colpa è sempre degli altri. Poca autocritica, ma tanta critica. Così succede che se qualcuno decide di aprire altri contestano che bisognava chiudere, o aprire di più (o di meno) o aprire prima (o dopo); e se qualcuno decide di chiudere altri contestano che bisognava aprire, o chiudere di più (o di meno) o chiudere prima (o dopo). Sembra impossibile, ma succede sempre che chi non può decidere abbia le soluzioni in tasca e chi può decidere abbia le tasche vuote. Una proposta. Facciamo che, dopo sei mesi, chi go-

verna viene sostituito da chi critica. A tutti i livelli. Presidente del consiglio e ministri, amministratori regionali, amministratori comunali. Magari anche allenatori di calcio, ora che il calcio riparte. Potremmo cominciare da giornalisti stampa/video, cacasentenze facebook e altri social, chiacchieroni da bar o strada (finalmente possono ritrovarsi, sia pure rispettando il distanziamento sociale, e esercitare l’affilata arma della critica). Per sei mesi governano loro e poi avanti qualche altra categoria. Saranno loro a prendere le decisioni, ovviamente non esattamente quello che vogliono ma quello che possono dopo aver mediato con le di-

verse opinioni di chi governa con loro e che la sa lunga come loro. Ne patisce un po’ la continuità delle strategie politiche, ma si limitano anche i danni delle strategie sbagliate. Passati sei mesi si potrebbe prevedere una settimana dedicata alla esposizione delle critiche e dieci minuti all’esercizio dell’autocritica. Andiamo avanti così per tutto il tempo che serve, fino a quando tutti i maggiorenni con capacità di intendere e di volere avranno sperimentato la differenza tra fare e criticare. Poi, probabilmente, tutto continuerà come prima. Se la proposta non vi piace, criticate pure.


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SCUOLA

Pensieri sparsi segue dalla prima

lastico, impossibilitati a vedere familiari ed amici, privati di qualsiasi attività ludica, ricreativa e sportiva. Mentre i giorni scorrevano nella loro piatta ripetitività, si sono trasformati in bambini apatici, svogliati, tristi ed insicuri. Ogni famiglia ha pazientato incoraggiandoli a comprendere la necessità di certe restrizioni indispensabili per la salute collettiva e sostenendoli a maturare risposte resilienti e creative. La fine dell'emergenza non ha lasciato posto però a risposte certe su come può riprendere la vita di noi tutti. Ogni giorno si accoglie uno spiraglio di maggiori possibilità e il giorno successivo ci si sente annientati da un nuovo arretrare con mille dubbi sul come interpretare cavilli e commi. In questo scenario non comprendo perché il mio Paese non voglia scegliere di rialzarsi partendo dai bambini. Non posso accettare che le fasi successive all'emergenza non prevedano di ripartire dai bambini che sono il nostro presente e il nostro futuro. E non voglio accettare che in quest'ottica la scuola non abbia l'attenzione e la cura di cui ha bisogno per consentire questa ripresa. La scuola si è fermata ai giorni di Carnevale. La didattica a distanza ha cercato di colmare il vuoto ma, raccogliendo le esperienze di tanti genitori e insegnanti, è stata per tanti versi un fallimento mancando chiare indicazioni dall'alto. Ogni Istituto si è attivato ma di fatto la didattica online è stata affidata all'organizzazione, alle capacità e alla volontà dei singoli docenti. In alcuni Istituti si è fatto moltissimo partendo da subito, in altri si è partiti con videolezioni con ritardi imbarazzanti, disparità tra classi e dopo richieste da parte dei genitori. L'organizzazione era impreparata a gestire una scuola via web per svariati motivi: mancanza di strumentazioni da parte di docenti e studenti, scarse competenze informatiche, assenza di piattaforme, organizzazione e scelta delle stesse tra quelle con maggiore facilità di utilizzo e precise garanzie a livello di sicurezza e di privacy. La didattica online ha visto chiaramente che un

"Le undici di mattina" 1926

alunno, soprattutto di una certa fascia di età, ha la necessità di avere la presenza di un adulto accanto a sé al di là dello schermo. Questo ruolo è stato ricoperto dai genitori quando possibile. Questi si sono trovati a gestire quotidianamente l'incarico di essere insegnanti dei propri ragazzi non solo motivandoli quando necessario ma soprattutto sopperendo alla carenza di spiegazioni per veicolare i programmi. La didattica online non può sostituire la scuola vera. La maggior parte dei Paesi Europei ha sentito questa urgenza facendo ripartire le attività didattiche pur con le dovute cautele. Gli stati d'Oltralpe hanno però una politica di valorizzazione della scuola perché da sempre puntano su organici di insegnanti in grado di coprire numericamente il fabbisogno didattico e perché contano su edifici dotati di ampi spazi interni ed esterni.

Temo che l'estate porterà con sé decisioni che cadranno dall'alto e saranno difficili da digerire. Le famiglie richiedono che la scuola riapra per restituire un diritto costituzionale ai bambini e ai ragazzi: richiesta che si deve confrontare ora con il problema tutto italiano della carenza di organico, delle classi pollaio, della mancanza di strutture adeguate. In questi giorni la vita quotidiana riprende il suo ritmo mentre la scuola conclude l'anno con il ricordo di questi mesi immortalato da foto di classe a distanza. La scuola termina ma il pensiero è costantemente rivolto a come riprenderà a settembre. Il Covid 19, come probabilmente le sue inevitabili mutazioni o altri virus nuovi di zecca, continueranno a fare parte della nostra vita. Davvero non è possibile pensare a una strategia che possa consentire di vivere, nel vero senso della parola, nel rispetto della salute e delle fragilità di tutti? Temo che molti diano per scontato che la scuola non possa riprendere le sue normali attività a settembre. La scuola non può essere solo mera trasmissione di nozioni online. Scuola è socialità, incontro dell'altro in cui rispecchiarsi, riconoscersi ma differenziarsi nel rispetto reciproco. È conoscere, scoprire, arricchirsi per tornare trasformati e nuovi. I miei pensieri sparsi vanno a chi in questi giorni è impegnato a scegliere la modalità di riapertura della scuola. Confido che l'esperienza che abbiamo vissuto in questi mesi sproni ad apportare un cambiamento per garantire una scuola di qualità. Investire sulla scuola è il primo dovere di una società civile che desidera coltivare gli adulti di domani. Lo farà soltanto garantendo la diminuzione dell'orario di ogni singola lezione per consentire gli ingressi scaglionati e obbligando i bambini a mantenere la mascherina tutto il tempo scuola o sarà capace di creare una svolta? ….ma questi saranno i pensieri sparsi della prossima volta.

"Camera a Brooklyn" 1932


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USIAMO LA BICI

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Una alternativa di mobilità a vantaggio dell’ambiente e della salute segue dalla prima

primato del mezzo di locomozione. In seguito lo sport ha ridato al mezzo una rinnovata notorietà. Mentre i ciclisti appassionati e gli sportivi hanno le loro modalità d’uso della bici e rituali ormai consolidati, i pendolari dei piccoli centri potrebbero essere interessati nuovamente a questa alternativa di mobilità. Naturalmente perché queste trasformazioni possano essere anche solo ipotizzate è necessario che la popolazione abbia una sensibilità che coniughi l’amore per l’ambiente all’interesse per la propria salute e per il benessere fisico. Affinché ciò abbia un senso pratico e non sia soltanto un sogno occorre che le nostre Amministrazioni Comunali acquisiscano o sviluppino anch’esse una sensibilità sul tema e ci mettano magari anche un po’ di coraggio. Non è una questione puramente economica quella che si deve affrontare, spesso è solo una questione di scelte. Abbiamo esempi di zone in Italia dove il traporto in bici è stato fortemente incentivato con dotazione di infrastrutture importanti; qui spesso l’interesse per l’ambiente si accompagna a quello per il turismo. Anche l’agricoltura potrà, prima o poi, allearsi alla salvaguardia per l’ambiente, e perché no anche al turismo, finanche nelle nostre campagne! È una questione di una nuova cultura. Noi di insonnia vorremmo, sia pur con un po’ di presunzione, contribuire al cambiamento della cultura esistente affiancandoci a coloro che amano la bici oltre alla salvaguardia dell’ambiente. (Esiste una ONLUS - Federazione Italiana Ambiente e Biciclettache promuove iniziative volte a presentare progetti al Ministero dei Trasporti a favore della mobilità in bicicletta – FIAB).

Quando si percorrono chilometri sui pedali, quasi sempre, si incontrano personaggi i quali sentono il dovere di usare il loro amato clacson per intimare ai ciclisti che incontrano sul percorso di spostarsi al margine della carreggiata onde favorire la corsa del loro veicolo privilegiato. Ecco, la campagna promossa dal FIAB “Prima la bici” va nella direzione del cambiamento di cultura che dicevo sopra; in paesi diversi dal nostro sono anni che questo slogan è entrato in testa a tutti i fruitori delle strade pubbliche. Diciamo pure che il percorso da seguire per arrivare a questa trasformazione non è così rapido, un passaggio intermedio è sicuramente quello che porta ad avere coscienza che la strada è di TUTTI e non solo del veicolo più grosso o di quello più veloce,

RACCONIGI – CAVALLERMAGGIORE Km 8 Tempo di percorrenza ½ ora (andatura lenta) Percorrere via Priotti fino all’uscita dell’abitato, proseguire nella medesima direzione verso la frazione Canapile ed al bivio svoltare a sinistra per passare sotto il viadotto della tangenziale est. Dopo 50 mt svoltare a destra e dopo un centinaio di metri svoltare a sinistra dove inizia la strada in terra battuta. Fino a questo punto il percorso è su strada asfaltata con scarso traffico di automezzi. Il fondo della strada sterrata invece è ampiamente cosparso di avvallamenti che dopo piogge o temporali si riempiono d’acqua, in compenso quasi non si incontrano autoveicoli ad esclusione di qualche raro mezzo agricolo; la strada corre parallela alla sp 20 che vediamo a poco più di cento metri sulla destra; appena si ode il rumore del traffico ma se la giornata è serena si gode di una bella veduta

sulle alpi sormontate centralmente dal Monte Viso. Il primo fabbricato nel territorio di Cavallermaggiore lo si incontra alla nostra sinistra e si percorre la costruzione fino ad inoltrarsi sul raccordo asfaltato tra la sp 20 e l’abitato di Cavallermaggiore, dove però, dopo poche decine di metri, è percorribile un tracciato riservato alle biciclette. Al primo incrocio svoltare a sinistra e prima del passaggio a livello della ferrovia svoltare a destra per giungere alla Stazione tenendo la parte destra del tracciato stradale dotato di un marciapiede percorribile con bicicletta. Ci sarebbe ancora un percorso alternativo per Cavallermaggiore, tutto asfaltato ma un po’ più lungo, ne parleremo poi.

Detto ciò cosa si può fare? Intanto a Racconigi ci sono luoghi di lavoro ai quali si può arrivare facilmente con la bici; ma a parte le gambe (che tutti possono allenare anche solo andando in bici), cosa manca? Percorsi sicuri e/o alternativi ed una segnaletica adeguata: basta! Anche le strade ad alta percorrenza possono essere più sicure con una adeguata segnaletica orizzontale ma se ancora non fossero così tranquille esistono percorsi alternativi non ancora conosciuti da tutti che con poco sforzo e segnalazioni minime, potrebbero diventare di pubblico dominio. Le spese sono facilmente sostenibili (miglioramento del sedime stradale in terra battuta con poco materiale che riempia le buche ed una successiva spianatura del manto già esistente per evitare pozzanghere che si riempiono dopo ogni temporale) per rendere facilmente praticabili e piacevoli questi percorsi. Semplici segnalazioni del tracciato faranno sì che dopo averlo percorso un paio di volte lo stesso si valorizzerà da solo. In questo numero vogliamo presentare un semplice percorso presumibilmente praticato da molti racconigesi, sia con bicicletta o anche a piedi; nel prossimo numero descriveremo altri percorsi che si dipartono da Racconigi e qualcuno in una area leggermente più vasta. Noi li percorreremo tutti prima, per darvi il massimo di informazioni. Prima però voglio accennare ad una possibile proposta per il centro del Comune di Racconigi. Non è possibile in tutte le strade a senso unico mettere la adeguata segnaletica che renda percorribili, solo alle biciclette, entrambi i sensi di marcia? Io credo di sì. È stato fatto in altre città con maggior traffico, per esempio a Lucca. Siamo in Italia anche lì.


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Mobilità sostenibile: il Covid accelera i progetti

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Il giornale vuole sostenere localmente una nuova stagione, che si sta aprendo dopo il Coronavirus, in tema di mobilità sostenibile per i percorsi casa-lavoro e casa-scuola Le nostre domande al sindaco di Racconigi Valerio Oderda a cura di Pino Tebano

Cosa si può attivare da subito in tema di mobilità nella nostra città? Abbiamo mandato in Regione una proposta di mobilità urbana sostenibile con richiesta di finanziamento, ci saranno chiaramente dei percorsi promiscui. C’è la volontà di realizzare percorsi per raggiungere le scuole, in quanto non ci saranno più i pulmini per ovvie ragioni di affollamento, i luoghi del turismo e le strade esterne per fare attività motorie, con una serie di pittogrammi e cartellonistica. Se la Regione ci finanzia lo faremo in modo più articolato e corposo ma se non ci finanzia è nostra intenzione farlo comunque. I percorsi brevi casa-lavoro e casa-scuola possono essere già potenziati? L’idea di collegare, in sicurezza, quindi senza passare sulla ex SS 20, Racconigi con la zona industriale a Nord può essere progettata seriamente? In teoria questo è già previsto e come si può vedere nell’allegata mappa nella quale sono previste zone con viabilità di precedenza ai ciclisti e altre con precedenza alle auto e tutte con limite di velocità 30 km all’ora. Dal fondo di Via Girivotto facendo solo piccoli aggiustamenti sulla strada sterrata esistente si arriva sul piazzale delle fabbriche zona pioppeto. Inoltre dove ci sono i punti verdi nelle zone periferiche ci sono i percorsi campestri che si collegheranno al percorso urbano. Dove ci saranno le piste ciclabili le strade, come via Priotti già realizzata, sono strade con precedenza alle auto, dove le strade sono più strette avranno la precedenza i ciclisti con adeguata cartellonistica Zona 30 per entrambi i percorsi. È prevista l’installazione di cosiddetti “Dossi Berlinesi” in alcuni punti più problematici e che permettono alle bici di passare di fianco.

E a sud pensi sia possibile intervenire di concerto con Cavallermaggiore per unire le due città? Di fatto c’è un grandissimo progetto delle “Terre di Mezzo” che prevede un collegamento di tutta l’area della pianura che sta portando avanti l’Ascom saviglianese e che stiamo seguendo con grande interesse perché avrà una grossa valenza sia dal punto di vista turistico che di collegamento tra le città. Sicuramente mettendo un po’ a posto il sedime della strada vecchia con Cavallermaggiore non ci sono problemi. Stessa cosa vale per raggiungere Carmagnola, siamo dell’idea di utilizzare strade esistenti senza intervenire con la realizzazione di nuovi sedimi per le piste ciclabili. Vuoi prenderti, a nome dell’Amministrazione che rappresenti, un impegno a progettare e realizzare questi interventi sulla mobilità sostenibile entro la fine del mandato? Si assolutamente, questo dovrebbe essere un progetto della città e non solo del mandato di un sindaco ed è una speranza che il momento della contingenza Covid ci obblighi a partire con maggiore decisione per la realizzazione di una mobilità agile e sostenibile. È fondamentale per il futuro per la nostra città a maggior ragione perché la nostra è una città turistica. Sono due anni che stiamo progettando e realizzando il possibile, penso che aver iniziato ci possa facilitare il percorso. Io credo che avendo come scadenza l’inizio delle scuole i primi interventi li faremo comunque con risorse nostre. Possiamo dare notizie certe circa la realizzazione, e i tempi, della ciclabile per il Centro Cicogne? No, purtroppo pur avendo ottenuto il finanziamento, stiamo incontrando ostacoli ma stiamo percorrendo la strada della trattativa per realizzare l’opera.

1. Piazza Carlo Alberto non necessita di segnaletica ulteriore, altrimenti si creerebbe confusione 2. L’inizio di via Priotti va segnalato come il resto della via (occorre comunque un riordino funzionale) 3. Via Priotti è messa in sicurezza (le bici possono anche andare su strada ove vi sono ciclopedonali) 4. Via De Gasperi è eventualmente zona residenziale per la presenza di molti fruitori del campetto 5. Via Vitt.Eman.III presenta sosta libera su un lato che va marcata come stalli per dare ordine

6. Via Santa Maria ha una strettoia che potrebbe essere a senso unico alternato per favorire i pedoni 7. Via Divisione Alpina potrebbe essere calmierata con i dossi berlinesi a favore di ciclisti e pedoni 8. La piazza della Stazione è un importante crocevia di percorsi sostenibili da gestire al meglio 9. Via Girivotto e via Vecellio sono molto larghe e potrebbero essere segnalate a “porta di Ingresso” 10. Via Conceria presenta sezioni molto variabili, per cui vanno ragionate bene e percorrenze pedonali 11. Via Ton si presenta al meglio come zona residenziale quale spazio condiviso scolastico

12. Via de Canale necessita di una evidente demarcazione di presenza pedonale sui lati 13. Via San Giovanni è un’altra potenziale Zona Residenziale 14. L’area pedonale del centro e il raccordo a P.zza Carlo Aberto non necessitano di segnaletica 15. Conviene inserire nel circuito anche via Ormesano come rapido raccordo verso la periferia est

Zone previste con modifica della viabilità

Le nostre domande al sindaco di Cavallermaggiore Davide Sannazzaro a cura di Giacomo Castagnotto

Cosa si può attivare da subito in tema di mobilità nella vostra città? Fino ad ora non ci siamo concentrati su questo argomento poiché la nostra città ha una buona vivibilità e un traffico sostenibile che dà spazio anche a pedoni e biciclette. Oltre il fatto che nell'ambito dell'educazione stradale nelle scuole diamo spazio anche all'educazione alla mobilità ciclabile con dei momenti di insegnamento pratico con l'accompagnamento dei vigili urbani.

I percorsi brevi casa-lavoro e casa-scuola possono essere già potenziati? A mio parere sì. Proprio rispetto a questo argomento ho chiesto al gruppo Cavallermaggiore Viva, che supporta l'attuale amministrazione, di riflettere sull'opportunità di costruire un progetto per la mobilità dolce in città in modo da favorire ulteriormente questa modalità di spostamento. A nord pensi sia possibile intervenire di concerto con Racconigi per unire le due città? Alcuni percorsi su strade bianche sono già presenti nella zona delle frazioni Canapile - Tagliata e Foresto.

Inoltre è allo studio la progettazione di itinerari ciclabili che utilizzino in modo misto piste ciclabili dedicate e strade bianche per unire i due paesi. Vuoi prenderti, a nome dell’Amministrazione che rappresenti, un impegno a progettare e realizzare questi interventi? Un impegno concreto in questa direzione l'abbiamo già preso aderendo e mettendo la nostra quota all'iniziativa di progettazione di itinerari ciclabili promossa dall'Ascom e della Fondazione CRS di Savigliano. In passato mi sono occupato di ciclabilità per l'assessorato ai trasporti della Regione Piemonte che sta investendo molto in

questo settore favorendo la collaborazione tra comuni e percorsi di una lunghezza significativa che permettano sia lo spostamento turistico sia il raggiungimento del luogo di lavoro e l'intermodalità soprattutto in collegamento con le stazioni ferroviarie. La rete su cui stiamo lavorando insieme all'Ascom e la Fondazione è fondamentale che abbia queste caratteristiche per poter accedere a dei fondi regionali per mettere noi Comuni nelle condizioni di poter fare degli interventi significativi sul nostro territorio.


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DIECI MINUTI CON LA BELLEZZA:

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Edward Hopper ed il Covid di Rodolfo Allasia

Edward Hopper, un pittore americano che nasce nello stato di New York nel 1882. Precoce nella formazione venne iniziato alla scuola di grafica dal padre: poiché il ragazzo già da giovanissimo voleva diventare un artista, il genitore pensando al suo futuro, voleva assicurargli una base economica più sicura avviandolo verso l’arte della illustrazione, ma Eduard al termine del corso di studi (aveva frequentato il corso con Rockwell Kent e George Bellow, i più noti illustratori americani del periodo) passò al corso di pittura. Nel 1906 si stabilì per un anno a Parigi ma non frequentò né accademie né studi di pittori bensì visitò tutti i musei e gallerie della città; non riportò però particolari influenze da impressionisti o dalle avanguardie molto attive nel periodo. Hopper porterà invece la pittura con mezzi tradizionali ad un limite estremo senza che il risultato fosse tradizionale mai; si servì espressamente di motivi e tecniche convenzionali per rompere le convenzioni. Tornato in USA lavorò come grafico e illustratore di riviste per raggranellare il necessario per vivere (questo lavoro non era ben pagato) ma lui, appassionato di pittura, continuò contemporaneamente a dipingere. Sicuramente fu influenzato dal realismo americano pur avendo nei suoi occhi ancora i pittori francesi e le reminiscenze della scuola, Hopper ha però una sua personalità che si aggiunge a queste tecniche elaborando così un percorso che lo renderà vero riferimento per un linguaggio di molti artisti americani già fin dalla metà del 1900: sono le origini dell’iperrealismo. “Il concetto di stile indica non solo la forma e la struttura del quadro ma anche il contenuto, la tematica dell’opera” (Ivo Kranzfelder). Io credo che in parte il suo stile abbia una derivazione dalla grafica che la scuola ed il lavoro gli hanno lasciato ma i temi, la cultura (Hopper ha una alta statura intellettuale) e l’analisi

"Scompartimento C carrozza 193" 1938

della società americana lo portano a produrre quell’insieme di opere che in tutti i tempi hanno avuto una forte capacità di attrazione tanto da indurre l’osservatore a cercare una interpretazione propria tra le infinite possibili; per i quadri di Hopper di interpretazioni non ne esiste mai una sola, per nessuno.

i mostri che vedevamo da bambini, una delle paure più comuni dell’infanzia. Il punto di vista sistemato “dentro” o “fuori” dell’ambiente in cui si trova il soggetto dipinto, crea una separazione tra due mondi. La stessa cosa accade quando il soggetto dall’interno di un ambiente guarda fuori attra-

"Edward Hopper" 1963

Potremmo dire che l’artista dipinge ciò che vede, ciò che lo attrae, senza voler dare al suo dipinto un proprio significato; il risultato vuole realmente apparire come “luogo comune” pur nella speranza che questi soggetti parlino anche di “sentimenti”, “psicologia” o interiorità”. A mio parere lo fanno veramente. Perché? Semplicemente perché tutto ciò noi lo abbiamo dentro e bastano alcune immagini per farlo venir fuori. Quello che stiamo vivendo in questa pandemia ci ha portato in un mondo irreale, nuovo, estraneo e a me è parso che fosse questo un momento opportuno per far conoscere Edward Hopper a chi non lo conosceva e a chi già lo conosceva a guardarlo con l’occhio covidico che abbiamo assunto in questi mesi. Lui non sapeva nemmeno cosa volesse dire perché visse dal 1882 al 1967. Dopo aver osservato i quadri che qui abbiamo riprodotto proviamo a capire quali sono i caratteri delle sue opere che danno il senso di isolamento che abbiamo vissuto noi negli ultimi mesi. Il punto di vista dall’alto, spesso usato da Hopper, fa sì che le persone, ma anche gli ambienti, appaiano schiacciati come da qualche forza opprimente. Le luci forti creano ombre molto nette, a volte addirittura inquietanti; sembrano far emergere dal buio

verso una finestra o una porta. L’effetto è di prigionia, impedimento a raggiungere ciò che si vede. Se invece dall’esterno si vede ciò che c’è dentro l’effetto è di voyeurismo, in qualche modo è come entrare nel segreto di un altro mondo standone fuori e senza essere visto. In ogni caso le due realtà non sono avvicinabili. Siamo in piena pandemia! Ritorno a parlare di Covid ma senza allontanarmi da Hopper, è per questo che abbiamo voluto realizzare il racconto fotografico con questi dipinti. Ora che stiamo vivendo la “fase due” e potremmo avvicinarci di più, riemergono le antiche paure, perché esse sono dentro di noi; spesso le nostre difficoltà a relazionarci ci impediscono, nonostante i nostri tentativi di avvicinamento, un sereno rapporto con l’altro e non comprendiamo perché (anche nei periodi di bonaccia). Ecco un’altra paura infantile che ci tiene lontani: temiamo il giudizio altrui, non ci sentiamo all’altezza. Questa distanza la possiamo mantenere anche quando siamo nella stessa stanza, ci richiudiamo in noi stessi; vedi la coppia a pag. 5 e a pag.11. Ecco perché ho voluto farvi conoscere Hopper, perché lui tira fuori un mondo che nella cruda realtà della sua pittura suscita sensazioni che proviamo noi senza che l’artista lo abbia fatto di proposito. Le sue luci, le prospettive, i colori, le posture dei soggetti, le assenze, fanno sì che le immagini siano inquietanti e facciano riflettere su noi stessi. Ecco perché Hopper e Covid si accompagnano senza sforzo alcuno.


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Diventare mamma ai tempi dell’epidemia

CARA BAMBINA MIA, COSA TI RACCONTERÒ DI QUESTO TEMPO STRANO? di Chiara Cornaglia

È comune modo di dire che essere genitori sia un mestiere difficile e non si smetta mai di imparare. Sono un'ex cittadina racconigese, da alcuni anni vivo col mio compagno nel verde Casentino e da pochi mesi sono mamma di una meravigliosa creatura, che ogni giorno mi fa capire come la genitorialità non sia un lavoro; impegna a tempo pieno, mette alla prova, trasforma ma è un dono della Vita. Un impegno continuo che si evolve senza avere termine o scadenza a differenza di un rapporto di lavoro. Mia figlia è nata all'inizio di febbraio. Nove mesi sereni di gravidanza in tempi non ancora sospetti e culminati nella gioia di un parto tanto rapido quanto intenso. Abbiamo trascorso i primi giorni insieme nel calore di casa, con l'aiuto di nonni e zie in visita dal Piemonte e la disponibilità dei concittadini toscani. Poi papà ha ripreso a lavorare, i parenti sono tornati a casa propria, le visite sono diminuite e la Vita ha mosso i passi della sua nuova esistenza. Un'esistenza i cui ritmi non sono quelli dell'efficienza produttiva, ma quelli dettati dai bisogni di una creatura che si affaccia in uno scenario tanto diverso da quello della sua essenza e necessita di cure continue e amorevoli. Poi il mondo e il modo in cui viviamo è stato funestato dall'arrivo di un virus dal nome COVID-19. Dall'inizio di marzo, la situazione è precipitata in emergenza sanitaria; per me, un tempo strano. Non giudico reazioni individuali di eccessiva paura o incurante sottovalutazione, ma devo ammettere che sono ancora totalmente inebriata dalla felicità di stringere tra le braccia il mio tesorino. Ma quando mia figlia mi chiederà dei suoi primi mesi di vita fuori dal pancione, che cosa le rac-

conterò? Cara bambina mia, cosa ti racconterò di questo tempo strano? Ti racconterò che un piccolo mostro sta scombussolando una società impreparata al suo arrivo, una società dinamica o meglio frenetica che si sta difendendo dall'attacco improvviso con le armi dell'isolamento, della quarantena, dei tamponi, dell'io resto a casa e dell'andrà tutto bene. Ti racconterò dei disagi delle misure restrittive, delle visite mediche sospese, delle prestazioni garantite in un ospedale dall'insolito silenzio, delle scene di impazienza e agitazione, delle passeggiate in mascherina, del diritto al sole e alla primavera, degli abbracci e baci a distanza, degli incontri e consulenze virtuali e del desiderio pazzo e irrealizzabile dei tuoi nonni, zii e cuginetti di toccarti, accarezzarti. Ma soprattutto ti racconterò che, nonostante un lavoro vittima del lock down, un'indennità come fonte di reddito e un turbinio di notizie allarmanti fatte di numeri e statistiche oggetto di un'ansia mediatica dai negativi risvolti psicologici, noi siamo privilegiati. Non capita spesso ad un neonato e ai suoi neogenitori di vivere INSIEME intere giornate di tenere coccole, di sorprese, di conquiste e di prime volte che valorizzano l'esistenza umana. Senza tv, senza ciuccio e sempre in movimento - anche tra le mura di casa - sulle note di varie canzoncine, mamma e papà stanno godendo uno dei periodi più belli della loro Vita e, rispettosi della situazione, si lasciano illuminare e guidare dai tuoi occhi magnetici. Senza rendertene conto, piccola mia, tu sei luce e gioia per molte persone in questo tempo strano: con i tuoi sorrisi, i tuoi movimenti, le tue espressioni, i tuoi versi e tutto di te, anche in versione

veicolata dalla tecnologia, porti il buon umore negli animi tristi e sconsolati e regali fiducia in una Vita che continua, nonostante il virus. Perché, come tutti i bambini nati in questo tempo strano, tu sei Vita, tu sei Speranza, tu sei la fiamma per risollevare un mondo stanco, che deve ritrovare la forza di offrire un futuro sostenibile ai suoi figli, in pace con la Natura. Perché tu, bambina mia, tu sei Fiamma.

"Camera New York" 1932


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40 anni di Rievoluzione

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a nome del Circolo Legambiente “il Platano”

Sono successe tante cose da quel 20 maggio 1980, tra manifestazioni e piazze piene di bandiere gialloverdi. Sono state approvate leggi importanti, come quelle sugli ecoreati o sulle microplastiche nei cosmetici, denunciati a voce alti pericoli incombenti e creati neologismi fondamentali per capire il nuovo mondo che ci circonda, da “ecomafia” a “terra dei fuochi”. In questi 40 anni Legambiente ha dato un contributo importante, diventando espressione di una consapevolezza pubblica sempre più attenta ai problemi ambientali e non ha certo intenzione di smettere. È mancata la vera festa, per gli ovvi motivi che tutti conosciamo fin troppo bene in questi mesi, ma non è mancata la voglia di festeggiare, concretizzatasi in una celebrazione virtuale ricca di ospiti andata in onda proprio la sera del 20 maggio. Tra le voci illustri che si sono susseguite a fare gli auguri a Stefano Ciafani, attuale presidente in rappresentanza simbolica di ogni tesserato di Italia, quelle di Sergio Costa, ministro dell’ambiente, Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e Gruppo Abele, Piero Pelù, storica voce dei Litfiba, e Filippo Solibello, conduttore di Caterpillar su Radio 2, che ha moderato l’evento. Un ritrovo che ha guardato al passato ma sempre proiettato al presente e al futuro, richiamando l’attenzione sulle sfide che questo periodo così particolare ci pone di fronte. Non solo la mobilità, come tratta-

to nella lettera spedita ai sindaci di tutta Italia, ma l’intero sistema necessita di un’innovazione che già adesso premia chi si tinge di verde. L’impresa green non è più un miraggio e i dati suggeriscono che chi ha il coraggio di investire in sostenibilità viene ripagato anche economicamente. Dopo questa crisi sanitaria, quando ci

guarderemo indietro, sarà fondamentale farlo con un’ottica diversa, perché in un periodo in cui le priorità quotidiane sono state tremendamente capovolte, quelle del pianeta non sono minimamente cambiate ed i rischi a cui il modello di sconsideratezza ci ha portati non sono stati intaccati. Non bisogna fare l’errore di pensare

che due mesi di acque più trasparenti e cieli più limpidi siano stati utili al pianeta e che vedere video di animali che si muovono liberi nelle città ci abbiano regalato più tempo per cambiare le cose. Quello che ci ha dato questo periodo è un’opportunità, quelle opportunità che possono essere strappate solo dalle grandi crisi e che dobbiamo sfruttare con lo sguardo agli anni a venire, non con la fretta di recuperare due mesi ma con la forza di guadagnare il futuro. Niente sarà come prima, lo si sente dire spesso in questi giorni, con un’accezione nostalgica e il pensiero agli abbracci spensierati che d’ora in poi saranno un po’ più freddi e colpevoli. “Niente sarà come prima” invece deve essere un mantra per questi mesi, perché non ci sarebbe niente di più sbagliato di una ripartenza “purché si ricominci”. L’ambientalismo potrebbe diventare utile come non lo è mai stato, indicando le vie da percorrere e trasformando i rallentamenti in occasioni di ripensare la società. A novembre, al raduno nazionale, si parlava profeticamente di tempo del coraggio, con la determinazione e la consapevolezza del peso delle scelte che si prenderanno in questi anni. Adesso è il momento di avere coraggio e rialzarsi più pronti di prima. La Rievoluzione è iniziata 40 anni fa, ma non ha intenzione di fermarsi ora.

MARIA CAMISASSA HA FATTO CENTO

La maestra Maria Camisassa intervistata da Valerio Oderda nel giorno del suo centesimo compleanno: “Cercate la parte migliore della persona con cui interloquite e poi affezionatevi veramente pensando che questa persona non è soltanto per esempio la vostra insegnante, è un’anima: anima, mente e non solo corpo e perciò cercate di estrarre da lei ogni cosa migliore che vedete e cercate di farla vostra”.

"Ombre notturne" - Acquaforte 1921


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Decreto rilancio

EMERSIONE LAVORO NERO E CAPORALATO Pagheremo di più frutta e verdure? di Anna Simonetti

Al tempo del Covid 19, a notte fonda, mentre ci si apprestava ad abbracciare il dio Morfeo, almeno chi non soffre di insonnia, finalmente arrivava la notizia attesa da tempo! No, non si trattava ancora del "liberi tutti", per quello avremmo dovuto aspettare ancora qualche giorno. No, era un'altra la notizia attesa e di tutt'altra natura per la quale però, le diverse e variegate componenti del governo, non riuscivano ad accordarsi: l'emersione del lavoro nero e del caporalato nel settore dell'agricoltura, della pesca, nonché la regolarizzazione di colf e badanti. La ministra dell'agricoltura, Teresa Bellanova che si è battuta con coraggio e perseveranza, convinta dalla sua esperienza personale, come bracciante in terra di Puglia, della necessità di restituire dignità ai lavoratori italiani (60%) e stranieri sottraendoli alla schiavitù del caporalato italiano e straniero, ne ha dato l'annuncio con grande emozione: “Per alcuni la regolarizzazione appena approvata può essere una disposizione accessoria. Per me no. Se penso alla mia storia, alla mia vita, questo è per me un risultato straordinario. Sono state giornate lunghe, faticose ed emotivamente impegnative. Da oggi gli invisibili possono non esserlo più. Un momento importante anche per le tante aziende colpite dalla pratica sleale del sommerso e dello sfruttamento. Per questo voglio condividere questa emozione con chi ha creduto con ostinazione senza mai farsi tremare la mano." E il giorno dopo, al giornalista de "Il mattino" che la intervistava, ha aggiunto: "... un pensiero anche a tutti coloro che in questi giorni hanno trovato il tempo di insultarmi. Non potevate scegliere modo migliore per farmi capire che stavo dalla parte giusta. Se non è lo Stato a farsi carico della tutela del lavoro e della giustizia sociale ci sarà sempre spazio per i caporali di qualsiasi colore essi siano e la criminalità avrà sempre la meglio. Ma io non ho dubbi: lo Stato è più forte della criminalità, lo Stato è più forte del caporalato." Tuttavia proprio chi ha lottato per il riconoscimento dei diritti come Aboubakar Sumahoro, sindacalista della USB, contesta il Dl Rilancio. Sumahoro che come bracciante si è spaccato la

schiena nella raccolta di pomodori per più di 12 ore e per soli 20 euro al giorno, che ha vissuto l'amarezza, la disperazione, la solitudine dello sfruttamento, trova molti limiti al decreto: regolarizza le braccia e non la persona per la quale non ha alcuna considerazione; prende in considerazione solo alcuni settori e solo i lavoratori che hanno un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, con esclusione di tutti coloro che lo hanno perso per i decreti sicurezza tuttora in vigore. Altro elemento contestato è il permesso di soggior-

no condizionato ad un contratto di lavoro che può rendere il lavoratore ricattabile e quindi di nuovo oggetto di sfruttamento. Anche don Ciotti nel commentare il decreto, giudica questo “un primo passo perché la dignità delle persone non è un valore stagionale come il lavoro bracciantile” e aggiunge..."a furia di mediare, si annacquano i diritti e la giustizia". Qualcuno si è chiesto, la regolarizzazione dei contratti può far crescere il prezzo dei prodotti? Pagheremo di più il pomodoro? Questo è un grosso problema che dovrà essere affrontato perché non si può passare sopra al fatto che spesso il prodotto agricolo viene sottopagato al coltivatore che a sua volta si rivale sul bracciante pagandolo in nero o, nel migliore dei casi, una parte in nero e una parte minima in busta paga. Infatti non è cosa rara che il distributore del prodotto proponga al momento della raccolta, specie se questa non va come previsto, di modificare a proprio vantaggio il prezzo pattuito. Richiesta che nella maggioranza dei casi viene accettata dal produttore nel timore di essere escluso dalla lista dei fornitori e, poiché nel settore dei distributori ci sono quelli che vendono con marchio proprio, questi sono in grado di proporre ribassi onerosi con le famigerate aste al doppio ribasso. Rifiutare il ribasso, che per lo più non copre i costi di produzione, significa lasciare marcire arance, pomodori, zucche ed altro, oppure sottopagare i raccoglitori come appunto accade. Per questo Sumahoro, affinché ai braccianti agricoli italiani e stranieri siano riconosciuti i diritti della persona e la dignità di un lavoro giusto, chiede, e a tal fine ha indetto uno sciopero della categoria il 21 maggio, la revisione della GDO (Grande Distribuzione Organizzata, ovverosia la rete di supermercati e intermediari) e l’abolizione delle aste al doppio ribasso. Una proposta di legge in tal senso presentata nel 2017 dalla Associazione “Terra” insieme ai sindacati di categoria, è stata approvata dalla Camera il 27 giugno 2019, ma non è ancora passata per l’approvazione definitiva al Senato!

Una bussola per orientarsi tra le difficoltà nell’epoca della pandemia. Riflessioni su tempo e corpo, esserci e esistere Incontro con lo psicologo Vittorio Gonella e lo psichiatra Giovanni Roagna Primo appuntamento di Progetto Cantoregi dopo la chiusura dovuta all’emergenza sanitaria Segue aperitivo curato da Dream Bar di Racconigi

Venerdì 19 giugno 2020, ore 18.30

SOMS, Via Carlo Costa 23 - Racconigi (Cn) PROGETTO CANTOREGI www.progettocantoregi.it Dopo la chiusura forzata dovuta all’emergenza sanitaria Covid-19, la Soms di Progetto Cantoregi a Racconigi riapre al pubblico le sue porte, nel rispetto di tutte le normative sulla sicurezza. Per festeggiare il ritorno alle attività culturali con chiunque vorrà unirsi, Progetto Cantoregi dà appuntamento venerdì 19 giugno alle ore 18.30 alla Soms, proponendo un confronto e una riflessione con lo psicologo Vittorio Gonella e lo psichiatra Giovanni Roagna sulle conseguenze psicologiche, relazionali, comportamentali, sociali e

mentali che il drammatico periodo sta comportando. Il diffondersi del contagio da Covid-19, con i lutti, il dolore e le ansie che ha provocato, il lockdown per contrastare la diffusione della pandemia, che ha costretto gli italiani all’immobilità, all’isolamento fisico e affettivo, la chiusura di molte attività produttive con le conseguenti ripercussioni su economia, occupazione e povertà sono i tanti aspetti dell’emergenza sanitaria che ha sconvolto il mondo intero e che si ripercuotono sul nostro essere e stare al mondo insieme agli altri. Progetto Cantoregi ha ritenuto utile proporre una riflessione su questi temi e su come sia cambiato il nostro modo di rapportarci con noi stessi e con gli altri. A fine incontro continuerà il confronto in un momento conviviale per un brindisi di buon auspicio, curato da Dream Bar di Raccongi (aperitivo a 5 eruro). L’ingresso è libero fino a esaurimento posti (prenotazione consigliata: info@progettocantoregi.it - 335.8482321) e sarà consentito solo con mascherina.


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SPIAGGIARSI IN GIARDINO COL NASO IN SU. CHI OSA? di Grazia Liprandi

Quand’è l’ultima volta che vi siete coricati in un prato, sotto una pianta? Domenica scorsa? 50 anni fa? Mai???? Guardate che la risposta è importante. Noi pensiamo di capire come gira il mondo stando in posizione eretta, ma questa è un’illusione ottica. Se potessimo vederci dallo spazio, ci spaventeremmo nel coglierci in bilico, con la testa a penzoloni e i piedi incollati al pianeta da quella calamita gigante che si chiama gravità. Altro che lucidità! Non si può comprendere a fondo la vita appesi così su una palla detta Terra che gira come una trottola intorno al sole. Sono arrivata a capire che la chiarezza si acuisce “spiaggiandosi” sull’erba di un prato, col tutto il corpo supino, in “Savasana” (la posizione del “cadavere” nello yoga) sulla Madre Terra.

E allora sì che tutto cambia! La prospettiva, la comprensione... Guardare le nuvole che passano modificando la forma, perdersi tra i rami degli alberi visti al contrario e cogliere un nido nascosto, incastrato tra le chiome... lasciar andare alla terra la ragione con i suoi mille tortuosi pensieri e osservare sprazzi di cielo tra il verde che muove nel vento. Chi si ricorda d’averlo fatto almeno una volta da bambino? Ci concediamo di distenderci all’aperto soltanto al mare o in cima ad una montagna o durante un pic-nic, ma ci vergogniamo come ladri a farlo in giardino: chissà cosa pensano i vicini?? Se poi il giardino è condominiale, per carità! Pensare che non ci sarebbe poi nulla di male ad abbandonarsi sull’erba e guardare in su. Vi confido un segreto: durante i 3 mesi di look down io non ce l’ho fatta ad aspettare. Al mare non si poteva andare, i pic-nic non si potevano fare, così un pomeriggio di una giornata bellissima di aprile ho pensato “me ne frego” e mi sono sdraiata a terra nel bel mezzo del

giardino di casa, sotto il mio acero. “Ah! Meraviglia!” Il primo che si è affacciato curioso è stato mio nipotino di 7 anni: “Nonna che fai?” “Guardo il mondo al contrario, vieni qui che ti faccio vedere com’è bello!” e subito l’ho trovato disteso

accanto a me “È strano, è tutto diverso!” “Ecco, appunto, guarda quanto è bello il mondo sotto-sopra” Siamo stati così, assorti per un tempo infinito; poi è arrivato il fratellino di 3 anni, ha dato un’occhiata e s’è messo anche lui a guardare al contrario allungato nel prato, ridendo di gusto come se fosse una birichinata collettiva. Più tardi s’è affacciata dal balcone mia figlia: “Mamma stai bene? Devo chiamare il medico?” la voce schioccante di una risata. Ecco, lo sapevo. Non puoi fare qualcosa di diverso che rischi il ricovero! “Sto benissimo tesoro, mai stata meglio. Vuoi venire anche tu qui con noi?” “Magari...!!! Ho mille cose da fare”. Allora ho capito. Ecco il bello di invecchiare: te ne sbatti di quel che DEVI fare e inizi a fare quello che VUOI fare, per gustare la vita! Un consiglio della nonna? Non aspettate di morire per sdraiarvi in Savasana sotto una pianta: è molto molto più bello farlo da vivi!

A settembre tutti a scuola... Signor sindaco, è abitudine di questa rubrica proporre all'attenzione dei lettori fatti, vicende o realizzazioni che abbiano trovato compimento non troppo distante da noi e che possano essere di ispirazione anche per la nostra città. Questa volta, invece, il “qualcosa di buono” che proponiamo ce l'abbiamo in casa. Forse. É noto a tutti che l'apertura del prossimo anno scolastico è sottoposta ad un grande punto interrogativo per le note vicende legate al Covid-19 che non sto qui a riprendere. Ci sono problematiche di difficile superamento che obbligano a riflettere sullo sdoppiamento delle classi e sul conseguente ampliamento dei locali esistenti o sulla ricerca di nuovi spa-

zi e locali. Ebbene, pensavo questo quando, percorrendo la via Ferruccio Ton, proprio all'altezza della Scuola Elementare mi sono trovato ad osservare l’ex “collegino” di San Domenico, deserto e abbandonato da anni. Perché allora non pensare ad una concessione o ad un prestito d'uso dell’immobile dell'autorità ecclesiastica a favore della collettività racconigese? Una formula la si potrà trovare. Forse. Perché non avanzare in tal senso una richiesta formale, perché non avviare una trattativa per arrivare ad una convenzione – sempre che qualcuno non abbia già sperimentato questa via – e poi ad un primo

sopralluogo al fine di verificare la fattibilità dell’idea, fosse anche solo per abbandonarla subito dopo? Quante aule si potrebbero reperire, quanti spazi aperti potrebbero essere aggiunti a quelli esistenti, per giunta a portata di …piede, visto che sarebbe sufficiente attraversare la strada per raggiungerli! Quella parte della via Ton, finalmente chiusa al traffico, diverrebbe una piccola Cittadella degli studi! Un'idea balzana? Me lo dite, e … amici come prima. La faccio troppo semplice? È possibile. Ci possiamo provare, però, nella speranza di sostanziare con i fatti il legame di amicizia e di affetto che lega da anni Racconigi ai

frati domenicani, presenza oramai storica per la città. Quanto sarebbe contenta la maestra Maria Camisassa, della quale abbiamo appena festeggiato il centenario dalla nascita, qualora vedesse realizzarsi una collaborazione, un connubio tra la scuola nella quale ha insegnato per più di quarant’anni e la “sua” San Domenico, che frequenta, “aiuta” e ama da così tanto tempo! A volte, i miracoli accadono per la buona volontà, appunto, degli uomini di buona volontà. Guido Piovano Racconigi 7 giugno


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Volontari, GRAZIE!! Mascherina, guanti, gel, distanza di sicurezza. Quando mai avremmo immaginato che ci saremmo abituati a cose del genere. La pandemia ci è piombata addosso

come uno tsunami lasciando una scia di morti. C’è chi ha perso un famigliare, una parente, un amico, o anche semplicemente un conoscente che, in una realtà come la nostra, quando lo incontravi gli

Lib

Libri di Michela Umbaca

“La ragazza si avvicinò alla mummia dell’Antica Madre e pronunciò la frase magica, misteriosa e incomprensibile appresa dalla sibilla atlantica Haddad. Poi, rivolta alla piccola mummia: «Antica Madre, madre di

dicevi “ciao”. Eravamo impreparati, da non crederci all’inizio, ma bisognava fare qualcosa; noi come Cooperativa Neuro dovevamo fare qualcosa per i nostri soci, per i nostri clienti e per la nostra città. Da subito la necessità di servire le famiglie al proprio domicilio, da subito abbiamo detto: tranquilli, la spesa ve tutte le madri, del nostro popolo e di tutti i popoli, fa che io comprenda la strada che devo percorrere.” Antica Madre, il nuovo romanzo storico di Valerio Massimo Manfredi, è la storia di un coraggioso viaggio alla ricerca della sorgente di uno dei fiumi più imponenti e misteriosi delle terre allora conosciute: il Nilo. La spedizione, voluta dall’imperatore Nerone, sotto consiglio del filosofo Lucio Anneo Seneca, è guidata dal centurione Furio Vareno, veterano delle battaglie in Germania. A capo dell’ambiziosa spedizione c’è Varea, una donna numidiana di rara bellezza, scampata dalle lotte sanguigne – le venationes – che precedevano le lotte tra gladiatori, per mano dello stesso Vareno. Un viaggio leggendario, destinato a perdurare oltre al tempo e alla storia tra le pagine de le “Naturales questiones” di Seneca. Ma Varea porta dentro di sé

la portiamo a casa, anche con una buona dose di coraggio. Il nostro personale ha aumentato le ore, ha fatto straordinari, noi amministratori a dare una mano, ma le richieste sono arrivate tutte insieme. Missione (quasi) impossibile, ma è successo un miracolo (a volte succede), e da subito, senza chiamarli, si sono presentati i volontari. Fantastici i ragazzi del “Tocca a Noi” che per due mesi hanno garantito la presenza di tre volontari al mattino e tre al pomeriggio tutti i giorni; i volontari del comune, con Piera, Nando, e poi altri come Nico, Davide, Paolo, i volontari della Croce Rossa per le famiglie in quarantena, tutti coordinati da Giusi con l’aiuto di Paolo. Hanno portato la spesa a centinaia di famiglie, ad anziani, a malati. Ora la situazione si sta normalizzando, e noi vorremmo trovare l’espressione giusta per ringraziare tutti quanti, ma non è facile trovare il modo di dire ciò che proviamo, la nostra gratitudine e quella di chi non si è sentito solo. un segreto: il suo destino è fatalmente legato al filo invisibile della storia del suo popolo e dell’umanità intera. Antica Madre è il ritratto dell’inquietante epoca neroniana, di una Roma imperiale tra le cui mura spira un alito di vento appena percepibile ma carico di funesti cambiamenti. Valerio Massimo Manfredi ci regala un ritratto delle spasmodiche ambizioni, degli intrighi violenti e delle folli passioni che hanno fatto dell’Urbe il centro del mondo, il caput mundi di donne e uomini nell’età imperiale.

Valerio Massimo Manfredi “Antica madre” 2019, pp. 228, € 19 Editore: Mondadori

"Cosa passa per la testa!!!"

In un libro emozioni e testimonianze sull’attuale momento sociale di Fabiola Panero

“Dato il momento politico e sociale, perché non raccogliere le emozioni e le testimonianze dei ragazzi dell'istituto di Istruzione superiore Cigna Baruffi Garelli di Mondovì? Ne è nato un libro, formato da testi e illuminazioni create appositamente per la pubblicazione. Lo scopo è quello di fare conoscere alle generazioni future cosa noi e il nostro paese abbiamo vissuto. Anche l'istituto, con il grande suppor-

to del dirigente scolastico dr. Giacomo Melino, ha voluto dare un contributo a questa iniziativa. La parte grafica e la correzione dei testi è stata curata dalla professoressa Fabiola Panero di Racconigi, per tutti Memole, e visionato dall'esperto tecnico informatico Luca Forestello. Questo elaborato dal titolo "Cosa passa per la testa!!!" è acquistabile previa prenotazione nelle cartoleria o sul sito www.youcanprint.it

Si ringrazia il dirigente dell'istituto tutto il corpo docenti, il personale ATA, il vicepreside, l'assistente alla comunicazione, tecnici di laboratorio, le segreterie e tutte le persone che hanno reso possibile questo progetto che ha emozionato e ha impegnato i ragazzi dell'istituto in modo costante e partecipativo per più mesi.”

Quando sarà possibile faremo una festa con tutti i volontari e i nostri dipendenti, quando potremo abbracciarli tutti, comunque per ora il “grazie” più sincero. Il C.d.A Coop Neuro Lucia, Felice, Giusi, Emanuela, Paolo, Giacomo


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Mus

Musica Eleonora Bordonaro MOVITI FERMA di Giuseppe Cavaglieri

Moviti Ferma è un disco intimo e dirompente in cui la teatralità del dialetto siciliano si scioglie nell'intreccio ritmico di scacciapensieri e percussioni. I testi originali raccontano della ricerca

di equilibrio con la natura, della gabbia del corpo, della necessità di muoversi eppure del desiderio di restare fermi, radicati, delle sfide e del modo di affrontarle. In un contesto composito e corale, tenuto saldamente insieme dalla voce di Eleonora Bordonaro, le connessioni artistiche rendono omaggio alla creatività siciliana, in cui autori e musicisti rinvigoriscono il patrimonio culturale dell'isola con i suoni della contemporaneità. Moviti Ferma, artisticamente prodotto da Puccio Castrogiovanni, è un disco intimo e dirompente in cui la teatralità del dialetto siciliano si scioglie nell'intreccio ritmico di scacciapensieri e percussioni. In Siciliano muvirisi non significa muoversi, ma restare. Un ossimoro, della lingua e del pensiero, che svela l’atavico dualismo tra evolversi o resistere, tra partire e restare, tra il desiderio di andare e la condanna all’immobilità. Di questo, di corpo e di de-

siderio parla Moviti ferma. È un disco corale, intriso di femminilità, potenza e fierezza, generato dalla necessità di sentirsi parte di un mondo affettuoso. È un racconto individuale reso possibile dal sostegno di una collettività, che ne rappresenta forza e paesaggio. È un pensiero a quella generazione che è andata via credendo di essere libera di scegliere il proprio mondo e si è ritrovata spezzata per sempre. Perché chi è libero lo è anche di tornare. In un contesto composito e corale, tenuto saldamente

insonnia

insieme dalla voce di Eleonora Bordonaro, le connessioni artistiche rendono omaggio alla creatività dell'area etnea, in cui autori e musicisti rinvigoriscono il patrimonio culturale dell'isola con i suoni della contemporaneità.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Elisa Reviglio, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

Se è una impressione solo mia, pazienza, ve la faccio conoscere ugualmente. Al massimo penserete di me che sono fol o che sono, semplicemente, solo vecchio. Ai tempi in cui la forza motrice era soprattutto data dalla forza dell’acqua o del vento che facevano girare una ruota a pale, questo movimento faceva girare, a sua volta un albero motore al quale veniva agganciata una cinghia che azionava poi una o più macchine utensili. Non sempre le macchine lavoravano tutte insieme, anche perché più gli utensili lavoravano più diminuiva la potenza dell’albero motore, così quando un utensile non doveva lavorare l’addetto sganciava la cinghia dalla ruota dell’asse motore. In quel momento la cinghia girava su una puleggia senza trasmettere alcuna forza motrice. Qui in Piemonte si diceva che quel movimento avveniva su una puleggia che chiamavano “morta”. Tradotto nella nostra lingua questo fatto suona come “ Giré nsla pulìa mòrta”; questo modo di dire viene tradotto in italiano approssimativamente in “girare a vuoto” ma se riflettiamo, in modo approfondito, questa traduzione risulta impropria nel senso che quella “pulìa” non è affatto morta, non “gira a vuoto”. Il potere che ha in sé è solo momentaneamente inattivo, non sfruttato.

In questo periodo in cui il Covid ha fatto fermare tanta gente io ho sentito che la forza delle persone chiuse in casa o in se stesse era enorme, creativa, unica, forse mai esistita prima. Queste persone non giravano affatto a vuoto. I rapporti tra le persone non si erano interrotti, anzi; alcuni avevano trovato una freschezza mai provata prima, sia pure, o grazie, a strumenti psicologici mai utilizzati precedentemente e questi gli avevano indotto una potenza comunicativa che gli permetteva di farsi comprendere, di comunicare qualcosa che neppure sapevano di poter esprimere. Avevano scavato in loro stessi, visto che non lavoravano, avevano avuto tempo e coraggio e volevano far conoscere ciò che avevano scoperto durante queste riflessioni. Ci sono state persone che si sono rimesse a scrivere; cosa che non accadeva più dai tempi dell’ultima classe che avevano frequentato …insomma, altro che girare a vuoto, “girè nsla pulìa mòrta” vuol dire preparare le armi per una azione futura, chiudersi in una cellula sia pur per un tempo limitato e pensare. Ora siamo usciti dalla cellula ma sapremo far tesoro dei nostri pensieri o mettendo le nostre pulegge di nuovo in movimento tutto tornerà come prima?

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